La bioeconomia Capitalismo tradizionale e capitalismo naturale

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prospettive
La bioeconomia
Capitalismo tradizionale e
capitalismo naturale
Paolo Broglio
a teoria bioeconomica costituisce il
tentativo di gettare
le basi di una “nuova economia” capace di inglobare al proprio interno le leggi della natura ( termodinamiche e biologiche in
particolare ) e di accettare i limiti da queste imposti. Il nuovo
paradigma bioeconomico rigetta l’obiettivo tradizionale della
crescita economica illimitata e
fornisce all’economia nuova linfa ; al meccanismo meccanicistico utilitarista dell’economia
classica esso sostituisce una
metodologia evolutiva basata
sulle scienze della vita. Il capitalismo tradizionale si basa su
di una serie di regole che potrebbero essere così riassunte:
- il progresso economico è tipico dei sistemi produttivi e distributivi di libero mercato,
dove i profitti reinvestiti creano sempre maggior lavoro e capitale ;
- la concorrenza premia chi riesce a realizzare impianti sempre più grandi, in grado di produrre più merci da riversare su
mercati in espansione ;
- la crescita del Prodotto Interno Lordo ( PIL ) migliora le
condizioni di vita della popolazione ;
- eventuali minori offerte di materie prime stimolano lo sviluppo di risorse sostitutive ;
- è corretto preoccuparsi dell’ambiente, ma tale attenzione
deve essere equilibrata rispetto alle necessità della crescita economica, se si desidera mantenere un alto standard
di vita ;
- la libera impresa e il libero
mercato impiegheranno persone e risorse secondo il miglior uso possibile.
L’evoluzione dei paesi sviluppati verso un’area post industriale e la crescente coscienza
che lo sviluppo illimitato a spese di risorse comuni considera-
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GSA IGIENE URBANA - APRILE / GIUGNO 2003
te fino ad ora gratuite ( terra, foreste, acqua, aria ) non rappresenta un modello ottimale e sostenibile, portano a prendere in
considerazione un modello di
capitalismo denominato “naturale” che nei suoi assunti fondamentali può essere così schematizzato:
- l’ambiente non è un fattore minore ma l’involucro che contiene, rifornisce e sostiene
l’intera economia;
- il fattore limitante dell’economia futura è la disponibilità e
il corretto funzionamento del
“capitale naturale”, e in particolare di quei servizi che
consentono la vita, che non
hanno sostituti e che oggi non
hanno valori di mercato ;
- i sistemi produttivi mal progettati o mal concepiti, la crescita della popolazione e i
modelli di consumo che generano rifiuti sono le cause primarie della perdita di capitale naturale e devono essere riprogettati nel loro insieme per
il raggiungimento di una economia sostenibile;
- il futuro progresso potrà verificarsi al meglio all’interno di
sistemi di produzione e distribuzione diffusi e democratici, basati sui bisogni delle persone e non su bisogno
del mondo finanziario, in grado di valutare soprattutto localmente tutte le forme di capitale disponibili ( capitale
prodotto, umano, finanziario e
naturale ) ;
- si provvede meglio al benessere degli uomini se si migliora
il flusso di servizi forniti anziché aumentare semplicemente il flusso totale del denaro.
La differenza di approccio appare abissale ma esiste la possibilità di coniugare sviluppo e
corretta gestione del capitale
naturale; la bioeconomia, focalizzando gli aspetti irrinunciabili
per ottenere un equilibrio bioeconomico, indica la teoria e la
prassi per una sufficientemente
felice sopravvivenza della specie
umana sul pianeta Terra.
Dalla vecchia economia
alla bioeconomia
La distribuzione, processo mediante il quale viene deciso chi
dovrebbe lavorare in miniera e
chi dovrebbe creare spot pubblicitari oppure chi mangerà i
due polli arrosto e chi niente riportati negli esempi classici di
statistica, è il più cruciale problema dell’economia.
Tuttavia l’aspetto pratico della
questione ( ma chi mangia veramente i polli ? ) è sempre stato omesso non avendo impatto
sulle macro questioni ma ha
sempre interessato, moltissimo,
la popolazione.
Anche sulle questioni energetiche la vecchia economia non si
è mai posta il problema della trasformazione e dei costi e delle
perdite che comportano più passaggi considerando per definizione l’energia illimitata e a costi trascurabili.
In realtà se si accetta di considerare il nostro mondo finito e
semi aperto ( nel senso indicato dalla Fisica ), ovvero isolato
con le sue risorse e alimentato
solamente dall’energia solare,
dobbiamo considerare la degradazione qualitativa della materia-energia, che procede a velocità crescente, il problema fondamentale per il futuro della
specie umana.
Un ambiente “finito” non può offrire che “finite” risorse e anche
“finite” possibilità di assorbimento di rifiuti i quali potranno
anche essere trasformati in rifiuti
meno dannosi o in materie ancora utili ma al prezzo di una ulteriore fornitura di energia. In pratica la vecchia Terra non ha nessuna possibilità di trasformare
materia in energia (e = mc2) e, in
attesa di progressi nella tecnologia di “fusione atomica”, non facciamo altro che dissipare.
La conclusione fondamentale è
che l’energia terrestre è molto
scarsa rispetto all’energia solare, la quale inoltre è un bene libero ma ha lo svantaggio di arrivare a noi in forma altamente
diluita. Di conseguenza, in un bilancio ecologico, dobbiamo considerare la materia distinta dall’energia e dobbiamo anche riconoscere che in questo bilancio
la materia costituisce l’elemento più scarso.
Il fatto, ricco di testimonianze
empiriche mai contraddette, che
la materia ordinata e l’energia
possono essere usate una volta
sola allo stesso livello energetico, ci porta ad una graduale e irrevocabile diminuzione del potenziale energetico terrestre.
Gli economisti standard hanno
sempre ignorato il ruolo delle risorse naturali nell’ambito del
processo economico: la straordinaria abbondanza di minerali
e di petrolio che ha caratterizzato gli ultimi cento anni li ha
portati a credere che le risorse
naturali siano fornite gratis come il filosofo Carlo Marx disse
per primo.
Ma risulta evidente sia giunto il
momento in cui occorre riconsiderare questo punto.
Il progresso tecnologico
Il capitale viene prodotto da lavoro e risorse naturali ; la strada dello sviluppo sostenibile
passa quindi dal rovesciamento
della logica di distruzione del
pianeta per investire in stock di
capitale naturale affinché la biosfera ci fornisca il maggior numero possibile di servizi e risorse.
In particolare dobbiamo anche
occuparci di produttività delle risorse ovvero come aumentare di
almeno dieci volte l’efficienza
nell’uso dell’energia, delle risorse naturali e dei materiali.
Questo obiettivo è effettivamente alla nostra portata; fare di più
con meno richiede uno sforzo
tecnologico in grado di ripagarsi in pochissimo tempo.
La produttività delle risorse può
migliorare la qualità della vita: il
frastuono e l’inquinamento quotidiano delle strade ed i rifiuti sono segni di inefficienza e rappresentano denaro sprecato. Tut-
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to ciò scomparirà come è scomparso il letame e le deiezioni dalle strade di Milano, Parigi o
Londra, nuovi sistemi produttivi
ci daranno prodotti migliori, più
confortevoli, che ci faranno viaggiare meglio, ci illumineranno
meglio.
Un sistema di condizionamento
che usa il 90 % di energia in meno o di un’ automobile che consumi un decimo e costi la metà
del prezzo attuale dovrebbe affascinare anche il più rigido
scettico.
Bio imitazione
Per capire il potenziale di un radicale ripensamento della produttività delle risorse occorre ricordare che l’attuale sistema industriale potrebbe essere paragonato ad signore grasso e pigro
che mangia troppo e male e non
fa abbastanza esercizio.
L’attuale sistema richiede enormi dispendi energetici, dipende
dal petrolio e ha bisogno di grandi flussi di sostanze chimiche pericolose e tossiche.
Questo eccesso produce inquinamento e provoca danni al sistema ambientale sociale e finanziario.
L’economia USA, ad esempio,
rimane a livelli di assoluta inef-
ficienza : si valuta che solo il 6%
dei suoi attuali flussi di materia
finisca effettivamente nei prodotti. L’intera economia è mediamente efficiente al 10% di
quanto lo permetterebbero le
leggi della fisica.
Le politiche che premiano l’estrazione indiscriminata delle
materie prime e le emissioni in
atmosfera, oltre a distorcere il
mercato, tengono i costi delle
materie prime vergini artificialmente bassi rendendo non concorrenziale il riciclo. Finché si
considererà l’acqua, l’aria, le foreste, la terra e i minerali come
“merci gratuite” continueranno
prevalere metodi produttivi ad alta densità di materiali che via via
marginalizzano il lavoro.
La necessità di riesaminare i
processi produttivi ha individuato soluzioni che utilizzano input
energetici minimi, temperature
inferiori e reazioni enzimatiche.
I processi biologici e ecosistemici vengono presi da modello
per produrre sostanze chimiche
attive a bassa temperatura e
senza l’ausilio di prodotti tossici, nuovi materiali e nuovi microprocessori pseudorganici.
L’emulazioni dei processi naturali pur raggiungendo risultati
neanche lontanamente paragonabili a quelli esistenti in natu-
ra, iniziano a dimostrare la loro
fantastica efficienza.
I ragni costituiscono un materiale tessile di estrema resistenza senza dover ricorrere a
sostanze tossiche e alte temperature; l’abalone ( mollusco marino) costruisce una conchiglia
forte come le migliori ceramiche
e la diatomea costruisce vetro,
entrambi semplicemente utilizzando acqua marina e nessuna
fornace.
Gli alberi trasformano la luce del
sole, l’acqua e l’aria in cellulosa
e poi la ricombattano in legno
che ha caratteristiche meccaniche superiore a cemento e acciaio. L’ottimizzazione delle risorse che deriva dall’applicazione di processi bio imitativi ha
portato industrie farmaceutiche
ad utilizzare batteri i quali attraverso enzimi specifici riescono a sintetizzare molecole farmacologicamente complesse.
L’agricoltura biologica gestisce i
suoli, lavorando sulle catene alimentari, per migliorare la qualità e la quantità di prodotto. Le
grandi centrali elettriche ad alta temperatura cominciano ad
essere sostitute da impianti a
scala inferiore a base di energie
rinnovabili.
Esiste la concreta possibilità di
sostituire sostanze che hanno
segnato negativamente questo
secolo come il DDT, il PCB, i
CFC, la talidomide, il dieldrin con
composti biodegradabili dotati di
maggiore efficienza.
E’ ormai più che evidente il vantaggio di ispirarsi a organizzazioni di tipo biologico sia per
quanto riguarda la capacità di
produrre senza sprechi, di sfruttare al massimo le energie rinnovabili e anche nel settore comunicazione/informativo.
In pratica l’uomo ha sempre imitato malamente la natura ma ora
la presa di coscienza dell’esistenza di modelli molto più efficienti, pronti ad essere studiati,
imitati e adattati potrebbe avviare un’età d’oro della razza
umana altrimenti destinata a
perire causa la rovina del suo habitat (la Terra).
La modificazione della nostra
scala di valori potrebbe essere
un grande aiuto a far emergere
le potenzialità della bioeconomia
la quale con i suoi concetti guida di energia non rinnovabile, sistema semi aperto, ottimizzazione della produttività delle risorse, capitale naturale e bioimitazione rimane, nel medio e
lungo termine, la sola possibilità
che il genere umano ha per perseguire uno sviluppo realmente
sostenibile.
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