Kadath 2.0

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Kadath 2.0
Nell'aspro e gelido vuoto dello spazio, Kadath orbita e ruota su sé stesso sotto la coperta di nubi che pietosamente ne copre gli orrori.
Fu dopo la prima fase di colonizzazione planetaria che i planetologi rivolsero i loro potenti occhi di metallo e silicio, i telescopi orbitali, verso le regioni meno promettenti ed inesplorate del cosmo. Quando le non­umane e quasi infallibili intelligenze dedicate ad esaminare l'inconcepibile mole di dati prodotta dai telescopi rilasciarono i loro risultati, un sistema subito apparve diverso e sinistro.
La stella al suo centro, che per consuetudine di quei tempi era chiamata Ra, era una orribile nana bruna, una palla di colore cremisi corrotta da vaste macchie nere nelle quali molti vedevano le più terribili forme di demoni e creature d'incubo.
E la stella pulsava, lentamente e regolarmente, facendo immaginare agli osservatori più impressionabili un colossale e mostruoso cuore.
Ma in quegli anni di frenetica e trionfale espansione della razza umana, non erano certo i brutti sogni che potevano fermare quella gigantesca macchina. Presto una nave robotica da esplorazione venne dirottata verso quel sistema e la sua mente artificiale, immune a queste suggestioni, fece quello che era programmata per fare: esplorare, misurare, raccogliere dati ed inviarli alla Terra come fascio di pura energia attraverso lo spazio­tempo deformato dalle potenti macchine che portava a bordo.
Il vascello, per un incredibile scherzo del destino, era stato battezzato informalmente H.P. Lovecraft. Il sistema, venne stabilito, conteneva l'inquietante nana bruna, un pianeta nano carbonioso e totalmente inabitabile, quindi un secondo pianeta di tipo terrestre coperto da una coltre di nubi scure ed impenetrabili, e piu distante nel vuoto abisso cosmico un gigante gassoso decorato da un ampio disco di accrescimento, un oggetto sub­stellare destinato a rimanere morto e congelato. Era un sistema di ben poco interesse, mentre nelle vicinanze ce n'erano diversi altri ricchi di pianeti abitabili, di asteroidi e comete dalle quali estrarre metalli e soprattutto acqua.
Ma le nubi del secondo pianeta riservarono una sorpresa: avevano composizione molto simile a quella dello smog cittadino nei lontani tempi in cui il carbon fossile era il combustibile preferito. La Lovecraft quindi, sulla base delle sue sofisticate euristiche, decise di lanciare una sonda automatica dall'utilitirio nome APE­W120 verso il pianeta, così da poterne esaminare la superficie. La sonda prima rilasciò uno stormo di piccoli satelliti per produrre una mappa radar del pianeta, che subito rivelò altre curiose anomalie: la crosta di quel pianeta era ricca di metalli, ferrosi ma anche attinodi, ed infestata di vulcani attivi che le davano un aspetto repellente e scostante. Ma con giubilo degli scienziati, apparve pure che sulla superficie di quel mondo da incubo c'era acqua liquida, in ruscelli e laghi. È a questo punto che un ricercatore dotato di oscuro senso dell'umorismo battezzò il pianeta Kadath, ed il nome immediatamente prese piede.
Quindi la APE­W120 eseguì la seconda fase del suo programma, ovvero discendere su Kadath, studiando l'atmosfera del pianeta nel tragitto ed infine per rilasciare un veicolo che potesse studiare la superficie da vicino. L'atmosfera di Kadath apparve calda ed umida, polverosa, inquinata e radioattiva– ma ancora in grado di sostenere la vita umana. Come anche le grigie e dense nebbie della Londra del tragico Big Smog non erano immediatamente letali per i suoi abitanti in buona salute.
Il lander atterrò usando i suoi cuscini d'aria in una piana a distanza giudicata sicura da un vulcano, sulle rive di un lago sotto la fioca luce di un Ra rosso sangue. A perdita d'occhio, tranne che sulle pendici dei coni vulcanici, il terreno era coperto da un tenace muschio o lichene che faceva apparire il paesaggio come fosse coperto di un malsana muffa grigio verde, che rilucava di una debole fosforescenza durante le afose notti di Kadath. Il rover si avventurò nelle vallecole che attraversavano la piana per scoprire formazioni fungoidi, detestabili protuberanze grigiastre, tondeggianti come cavolfiori lasciati a corrompersi e marcire sotto la pioggia, che arrivavano a qualche metro di diametro. Dalle protuberanze colava una sostanza catramosa che si mescolava all'acqua dei rivi e copriva parte del lago con uno strato oleoso sul quale prosperava una repellente flora simile a pelosi denti­di­leone coi fiori alti un metro che ondeggiavano al vento.
Su quella sorta di prateria vagavano branchi di disgustose masse gelatinose e scure, come amebe giganti che avevano dimensioni da circa venti centimetri a due metri ed evidentemente si nutrivano dell'onnipresente muschio e soprattutto degli oleosi funghi. A volte, gruppi di gasteropodi apparivano a predare le amebe, divorando la gelatina in maniere che facero rivoltare lo stomaco ad alcuni degli scienziati che sulla stazione avanzata Saturnia esaminavano le scoperte da quel mondo morboso.
Mentre altri gruppi di esseri simili ad artropodi alati sembravano prendersi cura delle amebe e difenderle dai predatori gasteropodi in cambio di qualche genere di secrezione prelevata dal dorso delle amebe erbivore – se di erbe si può parlare. Questa oscena imitazione di quello che poteva essere un ecosistema terrestre affascinava ed allo stsso tempo repelleva gli scienziati ed il pubblico. La fauna locale dimostrava solo poca curiosità per quelle macchine aliene atterrate all'improvviso in mezzo a loro, segno che la vita su Kadath era abbondante ma non intelligente.
Pochi giorni dopo però il rover venne travolto e sopraffatto da una carica di amebe terrorizzate che fuggivano da un violento tremore; l'intrepida macchina continuò a registrare immagini fino all'ultimo fornendo viste fin troppo ravvicinate di quelle abominevoli forme gelatinose. I tremori divennero sempre più intensi, finché il vulcano più vicino esplose con inusitata forza distruggendo il lander rimasto ormai solo in quella piana. Terminata così la sua missione, la Lovecraft lasciò il sistema di Kadath per andare ad esplorare altri mondi più lieti.
Ma nel Sistema Solare, i sognatori morbosi, gli occultisti e gli amanti dell'orrido e del portentoso furono galvanizzati. Raccolsero abbastanza fondi per costruire una nave dall'opprimente estetica gotica e propriamente battezzata Randolph Carter, ed una squadra di dieci arditi e facoltosi fra i maniaci di Kadath, accompagnata da un equipaggio di quattro duri veterani professionisti dei viaggi spaziali, fece rotta dai cantieri di Saturnia verso Kadath sotto l'attenzione spasmodica dei media.
Il viaggio di alcune settimane andò come da programma – per quanto viaggi pioneristici come quello possano andare, e finalmente la nera Carter ornata di guglie entrò in orbita intorno a Kadath. Alcuni giorni vennero spesi per i preparativi finali e quindi il modulo d'atterraggi con due veterani ed i dieci turisti­esploratori a bordo atterrò su Kadath mentre capitano e secondo ufficiale restavano sulla nave orbitale.
Dopo solo poche ore la spedizione iniziata con entusiasmo però si trasformò in orrore e tragedia. Solo pochi e sparsi frammenti di registrazioni sono sopravvissuti ed in quegli inquietanti spezzoni si vedono persone terrorizzate che gridano o farfugliano nel panico frasi senza contesto come “Non può essere vero, non può!”. Solo il primo ufficiale, una composta donna dal passato militare, guarda diritto nella telecamera, un'espressione grave sul suo viso, e dichiara: “Questo è l'inferno. Che il nostro sacrificio serva di lezione, non mettete piede su Kadath!”.
Dopo avere cercato inutilmente di ristabilire un contatto col modulo di atterraggio per diversi giorni, la Carter tornò mestamente verso il Sistema Solare. I due superstiti ritornarono cambiati per sempre, ansiosi e tormentati, e rimasero sempre estremamente reticenti riguardi i terribili fatti della spedizione su Kadath. Anche di fronte ad una commissione d'inchiesta ufficiale e sotto la pressione dell'intera Rete, la loro dichiarazione congiunta fu:
“Dovevamo capirlo prima. Kadath non è per gli umani”.
Cikarang, 26 Luglio 2016
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