DI MONTECASSINO GLI EROI (traditi) DI MONTECASSINO

INTERVISTE
SECONDA GUERRA MONDIALE
GLI EROI (traditi)
DI MONTECASSINO
I polacchi del generale Anders che risalirono la penisola
con l’8a Armata britannica fra 1943 e 1945 vennero traditi
dai governi alleati ma si batterono ugualmente con onore
mentre la Polonia veniva invasa dai sovietici, ridisegnata
sulla carta geografica e assegnata a un governo fantoccio
di Stalin. Luciano Garibaldi ha raccontato la loro storia
in un nuovo saggio. «Storia in Rete» lo ha intervistato
di Alberto Lancia
C
on un anno di
anticipo
sul
settantesimo
anniversario
della battaglia
di Montecassino (18 maggio
1944), la Mondadori ha pubblicato il nuovo libro di
Luciano Garibaldi «Gli eroi di Montecassino. Storia dei polacchi che
liberarono l’Italia» (176 pagine, €
11,00). Il libro non è soltanto la ricostruzione del celebre evento bellico,
ma è una panoramica del contributo
dei polacchi allo svolgimento e alla
conclusione del secondo conflitto
mondiale. Il racconto di Garibaldi è
completato da un’appendice storica
dedicata al rapporto speciale che, fin
dall’Ottocento, unisce Italia e Polonia; da alcuni brani delle opere del
grande scrittore Eugenio Corti (nato
nel 1921) legati alle sue esperienze
di guerra con la gente di Polonia; e
infine dalla lunga intervista al capitano polacco Anton Mosiewicz, eroe
di Montecassino, oggi novantotten-
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ne e cittadino italiano, realizzata dal
giornalista Mirko Molteni. Abbiamo
intervistato Luciano Garibaldi, storico collaboratore, fin dalla nascita,
del nostro giornale.
di Anders, battersi dalla stessa
parte dei boia che avevano massacrato 22 mila giovani ufficiali,
loro compagni, talvolta e spesso
loro commilitoni ed amici».
n Che cosa ti ha spinto ha rico-
n Perciò decidesti di partire
struire e a raccontare la storia
degli eroi di Montecassino, «i polacchi che liberarono l’Italia»?
dall’inizio di questa grande vicenda storica, in gran
parte ancora oggi ignorata.
«La visione del film di Andrei Wajda “Katyn”, oltre ad un mio antico
legame spirituale con la Polonia, risalente agli anni Settanta, quando la
visitai a lungo come inviato speciale
di vari quotidiani italiani, incontrando e intervistando vari esponenti del
mondo politico e culturale e rendendomi subito conto del loro spirito di
insofferenza nei confronti della cappa
sovietica che continuava a dominare
il Paese. Di lì a non molto, la Polonia
sarebbe diventata la terra di Solidarnosc e di papa Woityla. Quanto al
film di Wajda, la domanda che continuavo a pormi, dopo averlo visto,
era come avessero potuto, i soldati
«Esatto. Era indispensabile partire
dalla riscossa nazionale della Polonia, avvenuta durante la Prima
guerra mondiale, quando i giovani
militari polacchi, arruolati in tre diverse armate (quella russa dello Zar,
quella prussiana del Kaiser e quella
austro-ungarica degli Asburgo) e costretti a battersi tra loro durante tutta la Grande Guerra, dopo la conquista del potere, in Russia, da parte di
Lenin, si ribellarono e, sotto la guida
di due grandi generali, Josef Pilsudski e Wladyslav Sikorski, ritrovarono l’unità nazionale e realizzarono
“il miracolo della Vistola”, ovvero la
sconfitta dell’armata sovietica. Ma
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Cartina polacca delle postazioni sul
fronte di Montecassino. Nel riquadro,
soldati polacchi all’assalto della linee
tedesche nel maggio 1944
nel 1939, Russia
comunista e Germania nazista si
accordarono per aggredire e spartirsi
nuovamente la nazione. Il primo e il
17 settembre 1939 furono le due date
dell’invasione. Seguirono il massacro
di Katyn, la cattura e l’internamento
in URSS di centinaia di migliaia di
polacchi, e la drammatica fuga verso la Francia e la Gran Bretagna (attraverso Ungheria, Romania e Italia)
delle poche migliaia di combattenti
riusciti a sottrarsi alla carneficina.
Combattenti che si batterono eroicamente contro i tedeschi sui fronti
francesi, in Norvegia e poi inquadrati
nell’aeronautica britannica».
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Polish Institute and Sikorski Museum di Londra
Emilia, dove, nel 1797, era nato il
tricolore italiano ed era stata composta ed eseguita per la prima volta
la “Marcia Dabrowski”, poi inno nazionale polacco. Consapevoli di questi gloriosi precedenti, gli uomini di
Anders sbarcarono in Italia per liberarla dall’occupazione tedesca e affrontarono durissimi combattimenti
con la Wehrmacht».
n E tra questi, la battaglia di
Il generale Władysław Anders (1892-1970)
fra i suoi soldati. Anders volle essere sepolto
nel cimitero militare polacco di Montecassino
n Ma quale fu, esattamente, la
sorte riservata ai polacchi deportati in Russia?
due anni di inferno alla Lubianka.
Poi, dopo l’assalto di Hitler alla Russia il 22 giugno 1941, con l’Operazio-
Anders fu catturato dai sovietici nel
1939 e torturato alla Lubianka. Ma con
l’invasione di Hitler i russi lo liberarono
e gli permisero di raggiungere
gli inglesi per comandare il 2° Corpo
«Indescrivibile. Su oltre un milione e
mezzo (tra militari e civili) di deportati in Russia, ben pochi riusciranno
a sopravvivere. Tra essi il generale
Wladyslaw Anders, che, per avere
rifiutato di organizzare un’armata
polacca di impronta comunista, subì
ne Barbarossa, le cose cambiarono e,
grazie ad un accordo tra Mosca e il
governo polacco in esilio, si formò in
Russia quello che diventerà il Corpo
Polacco in Italia».
n E’ vero che tra italiani e polac-
chi esisteva una lunga ed antica
storia di solidarietà e di amicizia?
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pag. 94
La storia dei polacchi nella
campagna d’Italia è raccontata
da Luciano Garibaldi in «Gli eroi
di Montecassino» (Mondadori,
pp. 180, € 11,00 - http://oscar.
librimondadori.it)
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«Assolutamente sì. “Per la nostra e
la vostra libertà” era stato il motto
del poeta Adam Mickiewicz che, con
la Legione Polacca, aveva preso parte alle Cinque Giornate di Milano del
1848. Lo stesso anno in cui Goffredo Mameli aveva scritto i versi della
canzone “Fratelli d’Italia” destinata a
diventare l’inno nazionale italiano,
e nella quale si canta questo significativo e commovente brano: «Già
l’aquila d’Austria / le penne ha perdute, / il sangue d’Italia, / il sangue
polacco / bevé col cosacco / ma il cor
le bruciò». Una tradizione di unità fra
italiani e polacchi iniziata a Reggio
Montecassino, che dà il titolo al
tuo libro…
«Né poteva essere altrimenti. Infatti,
la battaglia di Montecassino fu determinante per la vittoria degli Alleati
nella campagna d’Italia. Dopo mesi
e mesi di inutili tentativi di conquistare la montagna dalla cui sommità le artiglierie tedesche impedivano
ogni avanzata verso Roma, toccò agli
uomini di Anders andare all’attacco.
Ed ebbero la meglio dopo sei giorni
di scontri corpo a corpo. Si contarono più di mille morti polacchi che
oggi riposano nel cimitero di guerra,
all’ombra della scritta: “Le nostre
anime a Dio, i nostri corpi all’Italia, i
nostri cuori alla Polonia”. La vittoria
del 2° Corpo polacco fu la premessa
per la conquista di Roma».
n Ma il loro contributo alla cam-
pagna d’Italia non si fermò a
quella straordinaria azione militare.
«Infatti, ai polacchi era stato affidato
il settore adriatico del fronte italiano:
il più impegnativo. Il primo obiettivo
era Ancona, porto indispensabile per
il rifornimento delle Armate alleate. E
i polacchi lo conquistarono brillantemente. Seguì una serie ininterrotta di
vittorie. Anders aveva ai suoi ordini
52 mila uomini: soprattutto polacchi,
ma anche inglesi e italiani (per un
certo periodo di tempo il CIL del generale Umberto Utili e la Brigata Maiella vennero aggregati al corpo di Anders). Alla liberazione di Loreto (con
la commozione dei soldati polacchi di
fronte all’affresco dedicato a Jan Sobieski, il Re di Polonia che nel 1683
aveva liberato Vienna dall’assedio
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CC 3.0 BY SA Emanuele Mastrangelo
Il contributo del Corpo polacco allo sfondamento della Linea Verde e alla conquista di Bologna (14-21 aprile 1945). Le unità
tedesche sono in grigio, quelle alleate in rosa. I polacchi sono evidenziati in rosa carico. Le unità italiane che parteciparono
alla battaglia sono rappresentate in azzurro per i gruppi di combattimento del Regio Esercito e verde per i reparti della RSI
dei turchi), fecero seguito lo sfondamento della Linea Gotica e la presa
di Predappio (paese natale di Benito
Mussolini), di Forlì e di Faenza».
n Proprio in quelle settimane
giungevano ai combattenti di
Anders tragiche notizie dalla
loro patria: all’insurrezione antitedesca di Varsavia, iniziata il
primo agosto di quel 1944, fece
«Armia Krajowa»
La voce
«Armia Krajowa»
esiste su Wikipedia in 33 lingue
Accuratezza
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Fonti e note
Bibliografia

Controversie
 Vetrina in
nessuna lingua
 Gendarmi
della Memoria
minimo
Maggio 2013
massimo 
seguito la pugnalata dei sovietici che, attestati alle porte della
città, sull’altra sponda della Vistola, impedirono l’atterraggio
degli aerei alleati che giungevano dall’Italia con i rifornimenti
per gli insorti. Il che determinò la
vittoria dei tedeschi e la distruzione di Varsavia.
ery convinse Anders a proseguire:
“Finita la guerra – promise – tutti i
combattenti polacchi troveranno sistemazione in Gran Bretagna con le
loro famiglie”. Frattanto, in Polonia,
il comandante della disciolta Armia
Krajowa [Esercito Nazionale, NdR],
generale Leopold Okulicki, e i massimi esponenti della classe dirigente
Dopo il tradimento russo dei partigiani
di Varsavia e la conferenza di Yalta
il 2° Corpo minacciò di deporre le armi.
Solo le promesse inglesi lo tennero
in linea. Ma non furono mantenute...
«Quell’inaudita e feroce decisione di
Stalin fece sorgere, nell’animo dei
combattenti polacchi, un odio mortale nei confronti dei comunisti. Va
anche ricordato che, dopo il summit
di Yalta (7 febbraio 1945), i russi
insediarono a Varsavia un governo fantoccio denominato “Comitato
di Lublino”. Il governo in esilio a
Londra fu di fatto esautorato. Durissima fu la reazione del 2° Corpo
d’Armata che minacciò di interrompere ogni azione militare in Italia.
Ma il comandante alleato Mac Cre-
polacca non comunisti venivano arrestati, processati e condannati a 10
anni di lavori forzati».
n Intanto, in Italia, agli inizi di
aprile 1945, 27 divisioni alleate
iniziarono a sferrare il colpo decisivo alla Wehrmacht.
«L’obiettivo era Bologna. E vi arrivarono per primi i polacchi, che alle
5,30 del 21 aprile issarono la bandiera bianco-rossa sulla Torre degli
Asinelli. Per i tedeschi fu l’inizio della
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Soldati polacchi entrano a Bologna il 21
aprile 1945. Subito dopo iniziarono gli
scontri coi partigiani italiani comunisti
fine. Dirà Churchill: “La grande battaglia finale in Italia rimarrà a lungo
nella storia come uno degli episodi più
famosi della Seconda guerra mondiale”. Ma troppi erano stati i soprusi consumati dai sovietici ai danni della loro
patria, per trattenere i sentimenti anticomunisti dei combattenti del 2° Corpo
polacco. Ne fecero le spese quei partigiani comunisti italiani che continua-
d’Armata, (divenuto nel frattempo
forte di 110 mila uomini per il continuo afflusso di giovani polacchi che
erano stati costretti a combattere nella
Wehrmacht e, via via fatti prigionieri chiedevano ardentemente di poter
indossare la divisa polacca) fu suddiviso in vari reparti con destinazione
in diverse regioni italiane, dal Veneto
alla Puglia. Fu l’inizio di una serie di
Dopo la Liberazione ci furono scontri
fra i polacchi e i partigiani italiani
comunisti. Il PCI di Togliatti fece
affiggere dei manifesti che dicevano
«Polacchi fascisti tornate a casa!»
vano a provocare i soldati di Anders
sventolando sotto i loro occhi bandiere
rosse con la falce e il martello».
n Questo è un aspetto assai poco
conosciuto, anzi dimenticato, del
periodo che fece seguito alla liberazione dell’Italia.
«Infatti, è perciò che ho ritenuto opportuno e storicamente corretto ricostruirlo in un capitolo del mio libro.
Dopo che un sanguinoso scontro tra
la 3a Divisione Carpatica e le formazioni partigiane comuniste fu evitato
per un pelo all’atto della presa di Bologna, terminate le ostilità il 2° Corpo
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scontri armati con numerosi morti e
feriti da entrambe le parti. Il PCI aveva tappezzato di manifesti le città italiane con la scritta: “Polacchi fascisti,
tornate a casa!”».
n E’ vero che dopo l’esito del re-
ferendum del 2 giugno 1946, il
generale Anders offrì ad Umberto
II la piena disponibilità sua e dei
suoi soldati per fare piazza pulita
dei comunisti?
«E’ vero, ma non accadde nulla. “Non
una goccia di sangue per me e la
mia Casa”, rispose infatti re Umberto II. Pochi mesi dopo, nell’autunno
1946, i polacchi lasciarono l’Italia
per raggiungere la Gran Bretagna. Fu
l’ultimo dramma. Infatti, mentre, in
Polonia, gli ufficiali dell’Armja Kraiowa finivano in prigione, il governo
polacco in esilio a Londra fu completamente esautorato. E alla fine, a
Varsavia, i servi di Mosca ricevettero
il riconoscimento ufficiale delle potenze vincitrici occidentali».
n Un vero e proprio tradimento ad
opera di Gran Bretagna, Francia e
Stati Uniti.
«Proprio così. La stragrande maggioranza dei 112 mila componenti il 2°
Corpo polacco, originaria delle regioni
a Oriente della Linea Curzon, rifiutò
infatti di rientrare nelle proprie case.
Accettare, avrebbe significato diventare sudditi dell’URSS. Alcune migliaia
restarono in Italia ricostruendosi una
nuova vita. Gli altri finirono esuli nel
mondo: dagli Stati Uniti al Sud America all’Australia. L’ultima pugnalata
alla schiena dei valorosi eroi polacchi
arrivò dal nuovo premier britannico
Clement Attlee, che cancellò l’impegno preso da Churchill di offrire
una patria in Inghilterra ai reduci
polacchi. Il 2° Corpo fu sciolto ufficialmente il 3 settembre 1946. Ad
Anders e ai suoi uomini non restò
che la piena solidarietà di una sola
personalità: papa Pio XII».
Alberto Lancia
Maggio 2013