PERCORSO DIDATTICO GLI ANTICHI E LE STELLE Daniela Leuzzi Premessa Il percorso passa in rassegna alcune fonti relative al cosmo, alle stelle, al sistema solare e a fenomeni astronomici che suscitavano curiosità e stupore negli antichi. Materie coinvolte Greco, Latino, Geografia astronomica Inserimento nella programmazione Il lavoro si colloca in III Liceo Classico, nel secondo quadrimestre. Si pensa a una cattedra congiunta di Greco e Latino. Per quanto concerne l’approfondimento di Geografia astronomica si programma invece una compresenza. Strategie didattiche Si prevede una lezione introduttiva per la presentazione dell’argomento, seguita da lezioni partecipate. Tempi 11/12 ore 4 lezioni di 1 o 2 ore, in base a quanto indicato nella descrizione della sequenza didattica, per un totale di 7 ore, compresa la verifica dell’apprendimento in itinere, realizzata tramite domande orali 1 ora per la verifica finale 1 ora per il commento alla verifica 1 ora per recupero e/o potenziamento, da calibrare in relazione al contesto e al feedback fornito dalla prova in uscita Si pensa infine di inserire 1 ora in compresenza con il docente di Geografia astronomica, per esaminare le immagini dei pianeti, delle costellazioni citate e di alcune eclissi contemporanee. 2 Sequenza didattica (brani, quantità, qualità, in lingua e/o in traduzione, in classe e/o a casa) 1) La mitologia nel ko/smoj e della via Lattea - 2 ore Il percorso prende le mosse dall’analisi di alcuni oggetti celesti, associati ai miti antichi: si parte dagli spazi più ampi, cosmo e galassia, per arrivare al sistema solare. Ko/smoj, connesso con il concetto di ordine. Lavorando con gli allievi si costruisce un campo semantico, ragionando sulle parole che presentano tale radice. GALASSIA, legata al latte (ga/la). Si tratta di una striscia lattiginosa che taglia il cielo, chiamata dai latini “via lattea”, la galassia “per antonomasia”, alla quale apparteniamo con il nostro sistema solare. Per i greci rappresentava il latte perso da Era mentre allattava Ercole. Quest'ultimo infatti era figlio di Zeus ed Alcmena la quale, per paura di ritorsioni da parte di Era, sposa del re degli dei, lo abbandonò subito dopo la nascita. Zeus fece in modo, con la complicità di Atena, che Era stessa lo trovasse fra i campi e che, inteneritasi, lo allattasse, rendendolo immortale. Si propone la lettura, in italiano, di brani sulle origini mitiche della galassia: Eratostene, Catasterismi 44 Si dice che il circolo di stelle visibile sia denominato Via Lattea. Infatti non è possibile rendere onori divini ai figli di Giove, se non a colui fra questi che succhiò la mammella di Era; perciò si narra che Ermes avesse condotto Eracle neonato in Olimpo e lo avesse avvicinato al seno (di Era) affinché lo allattasse. Quando Era se ne accorse lo buttò giù, e in questo modo (il latte) versandosi in abbondanza formò la Via Lattea. Plinio, Naturalis historia XVIII 280-281 […] C’è inoltre nel cielo un cerchio che è chiamato Via Lattea (da esso, come da una mammella, sgorga il latte di cui si nutrono tutti i seminati) ed è facile anche da riconoscere se si osservano due costellazioni, nella parte settentrionale l’Aquila e in quella meridionale la Canicola, che abbiamo a suo luogo ricordata. La Via Lattea stessa attraversa il sagittario e i Gemelli, tagliando due volte l’orbita equinoziale lungo l’asse centrale del Sole: le due intersezioni sono occupate l’una dall’Aquila e l’altra dalla Canicola. Ai passi in italiano si associano due brevi testi in latino, invitando gli allievi a tradurli a casa: Ovidio, Metamorfosi I 168-169 Est via sublimis, caelo manifesta sereno; lactea nomen habet, candore notabilis ipso. C’è una via sublime, visibile nel cielo sereno Si chiama “lattea”, per il candore straordinario Igino, Astronomica II 43 Praeterea ostenditur circulus quidam in sideribus, candido colore, quem lacteum esse nonnulli dixerunt. Eratosthenes enim, dicit Mercurio infanti puero insciam Iunonem dedisse lacte; sed postquam rescierit eum Maiae filium esse, reiecisse eum a se. Ita lactis profusi splendorem inter sidera apparere. Alii dixerunt dormienti Iunoni Herculem suppositum, et experrectam id quod supra diximus fecisse. Alii autem Herculem propter nimiam aviditatem - www.loescher.it/mediaclassica.it - 3 multitudinem lactis adpetisse neque in ore continere potuisse: quod ex ore eius profusum, circulum significasse. Appare inoltre tra le stelle un circolo, di colore candido, che alcuni dissero fosse latte. Infatti Eratostene dice che Giunone, inconsapevolmente, allattò Mercurio neonato, ma, quando venne a sapere che era il figlio di Maia, lo gettò via lontano da sé. Così lo splendore del latte sparso appare tra le stelle. Altri dissero che Ercole era stato attaccato a Giunone mentre dormiva e che ella, dopo essersi svegliata, abbia fatto quello che abbiamo detto prima. Altri invece (dicono che) Ercole, a causa dell’ingordigia eccessiva, avesse succhiato una gran quantità di latte e che non avesse potuto tenerlo in bocca, (e dicono che questo – il latte), uscito dalla bocca di quello, abbia dato origine al cerchio […] La lettura delle fonti antiche relative alla via Lattea si conclude con l’analisi, in traduzione italiana, di brani tratti dal Commentum ad Somnium Scipionis, nei quali Macrobio parla della via Lattea e passa in rassegna alcune opinioni su di essa, citando Teofrasto, Diodoro, Democrito e Posidonio. Macrobio, Commentum ad Somnium Scipionis I 4, 5 - Infatti, bisogna sapere che il luogo in cui Scipione ha l’impressione di trovarsi durante il sogno è la Via Lattea, chiamata galaci/ a j dal momento che, all’inizio del racconto viene detto: “mostrava poi Cartagine da un luogo elevato, pieno di stelle, luminoso e splendente;” e, poco dopo, dice più chiaramente “vi era poi quel circolo che risplende di luminosissimo candore fra le fiamme, che voi, come avete appreso dai Greci, chiamate circolo latteo. Di qui si offrivano al mio sguardo visioni splendide e mirabili di ogni genere”. Parleremo più diffusamente di questa galaci/ a j quando tratteremo dei corpi celesti. […] I 15, 1-8 [1] Dopo questa narrazione sulla natura degli astri e sull’intelligenza astrale di cui l’uomo partecipa, ancora una volta il padre esortò il figlio ad essere devoto verso il padre; e ancora una volta aggiunse la prospettiva di un premio mostrando il circolo latteo, ricompensa della virtù e sede d’incontro dei Beati, che viene così descritto: “vi era poi quel circolo che risplende di luminosissimo candore tra le fiamme, che voi come avete appreso dai Greci, chiamate circolo latteo. [2] Qui orbis, unito all’aggettivo lacteus ha lo stesso valore di circus, cioè “circolo” vi è infatti un solo circolo latteo […] Il circolo latteo è il solo visibile ad occhio umano, tutti gli altri circoli si intuiscono più con la riflessione che con lo sguardo. [3] Sul circolo latteo furono in molti ad avere opinioni opposte tra loro: alcuni chiamarono in causa spiegazioni fantastiche, altri spiegazioni naturali. Noi però non parleremo di spiegazioni favolose ed esporremo soltanto quelle che sembrano aver pertinenza con la natura del circolo latteo. [4] Teofrasto disse che il circolo latteo era la giuntura dalla quale la sfera celeste era unita ai due emisferi: per questo motivo, dove le due estremità si incontravano dall’una e dall’altra parte, si manifestava una luminosità più intensa. [5] Diodoro sostenne trattarsi di un fuoco di natura condensata e concentrata, pressato fino a costituire una via dal bordo ricurvo la cui compattezza è dovuta alla differenza di consistenza della materia con cui è creato il cosmo: era questo il motivo per cui essa era visibile, mentre il restante fuoco celeste non offriva alla vista la sua luce, dal momento che questa era diffusa con grandissima sottigliezza. [6] Per Democrito si trattava di innumerevoli e piccole stelle che, riunite insieme in uno spazio così ristretto che gli spazi intermedi sono da esse ricoperti, essendo vicine tra di loro e diffondendosi in tutte le direzioni con aspersioni di luce, danno l’immagine di un unico corpo di una luce. [7] Posidonio, la cui definizione ha la maggioranza dei consensi, sostiene invece che il circolo latteo sia un prorompere nel cielo del calore astrale che incrocia obliquamente lo zodiaco, in modo che questo circolo, distanziandosi in obliquo dal sole, riscaldi ogni cosa con la sua calda curvatura, dal momento che il sole, non uscendo mai dai limiti dello zodiaco, lascerebbe la restante parte del cielo col suo calore. Noi abbiamo già indicato quali sono i punti in cui punti lo zodiaco viene ad essere intersecato. [8] Questo è tutto quanto è necessario sapere sul circolo latteo. Ma ci sono altri dieci circoli, come abbiamo già detto, uno dei quali è lo zodiaco stesso, - www.loescher.it/mediaclassica.it - 4 l’unico di questi dieci che sia capace di acquistare larghezza per la ragione che spiegheremo. Al termine della prima fase, si propone anche, in collegamento con Italiano, la lettura e il commento nel passo del Paradiso dantesco, analizzato nel corso dell’anno, nel quale si menziona, in una similitudine, la via Lattea: Dante, Paradiso XIV, 97-102 Come distinta da minori e maggi lumi biancheggia tra' poli del mondo Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi; sì costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venerabil segno che fan giunture di quadranti in tondo. Siamo nel Cielo V, il cielo di Marte, nel quale si trovano gli spiriti militanti per la fede, che si mostrano in una croce luminosa, paragonata alla Galassia che biancheggia nel cielo tra i due poli celesti. Si associa a tale lettura anche un passo del Convivio (II 15), nel quale Dante riferisce, attribuendola ad Aristotele, l’intuizione che «la Galassia non è altro che moltitudine di stelle fisse in quella parte tanto picciole che distinguer di quaggiù non le potemo; ma di loro apparisce quello albore, il quale noi chiamiamo Galassia». Si legge infine il brano del Sidereus Nuncius, nel quale Galileo Galilei, dopo alcune osservazioni con il cannocchiale, descrive la natura della via Lattea. Si propone l’originale latino, associandolo alla traduzione a fronte. La lettura di tale testo, che conclude la prima fase, offre lo spunto per una riflessione sull’uso del latino nei trattati del 1600. Galileo Galilei, Sidereus Nuncius […] Quod tertio loco a nobis fuit observatum, est ipsiusmet LACTEI Circuli essentia, seu materies, quam Perspicilli beneficio adeo ad sensum licet intueri, ut et altercationes omnes, quæ per tot sæcula philosophos excruciarunt, ab oculata certitudine dirimantur, nosque a verbosis disputationibus liberemur. Est enim GALAXIA nihil aliud, quam innumerarum Stellarum coacervatim consitarum congeries: in quamcumque enim regionem illius Perspicillum dirigas, statim Stellarum ingens frequentia sese in conspectum profert, quarum complures satis magnæ ac valde conspicuæ videntur; sed exiguarum multitudo prorsus inexplorabilis est. Quello che in terzo luogo osservammo, è l’essenza o materia della via Lattea, la quale attraverso il cannocchiale si può vedere così chiaramente che tutte le discussioni per tanti secoli cruccio dei filosofi, si dissipano con la certezza della sensata esperienza, e noi siamo liberati da sterili dispute. La Galassia infatti non è altro che un ammasso di innumerabili stelle disseminate a mucchi, che in qualunque parte di essa si diriga il cannocchiale, si offre subito alla vista un grandissimo numero di stelle, parecchie delle quali si vedono grandi e ben distinte, mentre la moltitudine delle piccole è affatto inesplorabile. - www.loescher.it/mediaclassica.it - 5 2) Il Sistema solare nel mito: tre generazioni di divinità - 2 ore Passando dalla Galassia al Sistema solare, si indicano i corpi celesti in esso compresi, associando a ognuno riferimenti sintetici al mito: SOLE, da sempre ritenuto una divinità universale, era il dio Elios, dio della luce e del calore, che guidava il suo carro solare lungo il cielo, preceduto dalla sorella Eos, l'aurora. Giunto alla sera, si riposava e gli veniva dato il cambio dall'altra sorella, Selene. Oltre che per i greci, anche per gli egiziani il Sole era oggetto di culto infatti essi vedevano in lui il dio Amon-Ra. PIANETI, chiamati così perché “erranti” (cfr. planh/thj) nel cielo, cioè associati a uno spostamento non regolare sulla volta celeste, a differenza di altri corpi, le stelle, che sorgono e tramontano con percorso regolare. Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, rappresenta il dio Ermes, simbolo della velocità e dell'astuzia, inventore di numerose arti, fra le quali l'astronomia, la musica e la ginnastica. Protettore dei viaggiatori e dei mercanti, era anche il "messaggero degli dei". Venere, il pianeta che incarna il mito antichissimo della Gran Madre, dea della fecondità. Veniva anche considerata dai greci e dai romani dea della bellezza e dell'amore. Brillando di luce riflessa dal sole e trovandosi molto vicina ad esso, Venere appare molto luminosa, tanto che gli antichi la ritenevano una stella e la chiamavano Phosphoros (Lucifero) al mattino ed Hesperos alla sera. Terra, il pianeta connesso con gli antichi culti della dea madre Gea, sposa di Urano (il cielo) e madre di Crono-Saturno. Attorno alla Terra ruota un unico satellite, la Luna, regina della notte, collegata alla natura ed al culto dei morti, considerata anche dea della fecondità. Per i greci era la dea Selene, sorella di Elios e di Eos, che guidava il carro lunare. I romani invece vedevano in essa la dea della caccia, Diana, gli egizi la identificavano con Iside. La parola Luna deriva dall'antichissima radice indoeuropea “leuk”, che significa “splendere” ed è passata nel greco “leuko/j” lucente, chiaro, bianco (pensiamo ai leucociti, i globuli bianchi), e poi nel latino “lux”, “luceo”, “lumen”. Luna sta quindi per “la luminosa”. A Efeso il satellite, divinizzato come dea della fecondità, veniva adorato con il nome di Diana o di Lucina. Dalla sincope di Lucina è derivato il nostro “Luna”. Il nome greco della Luna, Selene, deriva da “se/laj”, che significa “splendore”, bagliore, “fiamma”. Marte, il pianeta, che appare come un punto rosso nel cielo a causa della presenza di ferro, è collegato con il dio della guerra, Ares per i greci, Marte per i romani, padre di Romolo e Remo. Era molto amato dal popolo romano tanto che in suo onore fu chiamato il mese della riapertura delle operazioni militari dopo la sospensione invernale, Marzo. Combatteva guidando un carro ed era accompagnato dai figli Deimos (dei/moj) la Paura, e Phobos (fo/boj) il Terrore. - www.loescher.it/mediaclassica.it - 6 Giove è il re degli dei, e dunque anche dei pianeti, tra i quali è il maggiore per dimensioni. Al mito sono associati anche i nomi dei suoi satelliti maggiori, che ricordano quelli di personaggi da lui amati. Si pensi in particolare ai satelliti osservati da Galileo Galilei nel 1610 con il suo cannocchiale, detti “lune galileiane” o “satelliti medicei”: - Io, sacerdotessa di Era, amata da Zeus e trasformata poi in giovenca per sottrarla alle ire della sposa gelosa. - Europa, rapita da Zeus, nelle sembianze di un toro e condotta a Creta, dove il dio generò con lei tre figli: Minosse, re di Creta, Sarpedone, che contese il trono al fratello, e Radamanto, al quale si attribuiva il codice di leggi cretese. - Ganimede, giovane eroe appartenente alla stirpe regale di Troia, rapito da Zeus a causa della sua bellezza e condotto in Olimpo come coppiere. - Callisto, ninfa dei boschi, figlia del re arcade Licaone, fuggiva tutti gli uomini; Zeus, perciò, la amò dopo aver assunto le sembianze della dea Artemide. Callisto, incinta di Arcade, fu costretta a bagnarsi a una fonte insieme con la dea e le compagne: la sua colpa fu svelata e fu mutata in un’orsa, poi uccisa da Artemide con una freccia e trasformata da Zeus nella costellazione dell’Orsa Maggiore. Saturno, il dio Crono, Saturno per i romani, padre di Zeus che regnò sul mondo, spodestando il proprio padre Urano dopo averlo evirato. Sconfitto dal figlio Zeus a sua volta, emigrò nel Lazio, dove fondò una civiltà detta "età dell'oro". Il suo satellite maggiore è Titano, nome generico di ognuno dei figli di Urano e Gea. Urano, il “cielo”, sposo di Gea, la “terra”, padre di Saturno-Crono. Il colore azzurro del pianeta, che ricorda quello del cielo, è dovuto alla presenza di metano. Nettuno, il dio del mare, Posidone per i greci. Il colore azzurro del pianeta, che ricorda quello del mare, è dovuto alla presenza di metano. Ha una luna chiamata Tritone, dio marino figlio di Posidone e della Nereide Anfitrite. Plutone, il dio degli inferi, buio e impenetrabile, è il pianeta più lontano dal Sole ed è difficile da osservare. Ha una luna chiamata Caronte, come il traghettatore delle anime sul fiume infernale Acheronte. Si propone agli allievi la lettura di brani, in parte in traduzione, in parte in lingua originale, tratti dalla Teogonia di Esiodo (VII secolo a.C.), e dalla Biblioteca di Apollodoro (II secolo a.C.), relativi alle tre generazioni degli dei, da quella di Urano e Gea, a quella di CronoSaturno e Rea a quella degli Olimpici, sui quali regna Zeus, figlio di Crono. Tali divinità, Giove, Saturno, Urano, danno il nome ai tre pianeti più grandi del sistema solare. Si invitano gli allievi a stilare una traduzione italiana dei brani in greco e a porre a confronto i testi, ricordando però che sono estrapolati da opere molto distanti sul piano cronologico e formale. All’inizio della Teogonia di Esiodo si dice che l’argomento del canto delle Muse è l’origine degli dei, a partire dalla prima generazione, nata da Gea-Terra e da Urano-Cielo: Esiodo, Teogonia 43-47 [...] ai9 d 0 a1mbrton o3ssan i9e/sai qew=n ge/noj ai0doi=on prow=ton klei/ousin a0oidh|= - www.loescher.it/mediaclassica.it - 7 e0c a0rxh=j, ou4j Gai=a kai\ 0Ourano\j e1tikten, oi3 t 0 e0k 0 tw=n e0ge/nonto, qeoi\ dwth=rej e0a/wn: deu/teron au0=te Zh=na qew=n pate/r 0 h0de\ kai\ a0ndrw=n Ed esse, spargendo l'ambrosia voce, cantano per prima cosa la nascita degli dei, che dapprima Gea e Urano generarono: così nacquero gli Dei, dispensatori di beni. E cantano poi Zeus, padre degli uomini e degli dei. Si legge poi, in traduzione, il passo relativo all’agguato teso da Crono-Saturno al padre Urano, per alleviare le sofferenze della madre Gea, gravata da troppi figli (Teogonia 154210). La seconda generazione, quella connessa con Crono e con la sua sposa-sorella Rea, è però minacciata da una profezia, ricordata da Esiodo: Esiodo, Teogonia 453-464 9Rei/h de\ dmhqei=sa Kro/nw| te/ke fai/dima te/kna, 9Isti/hn Dh/mhtra kai\ 3Hrhn xrusope/dilon, i1fqimo/n t 0 Ai1dhn, o4j u9po\ xqoni\ dw/mata nai/ei nhlee\j h9=tor e1xwn, kai\ e0ri/ktupon 0Ennosi/gaion, Zh=na/ te mhtio/enta, qew=n pate/r 0 h0de\ kai\ a0ndrw=n, tou= kai\ u9po\ bronth=j pelemi/zetai eu0rei=a xqw=n. kai\ tou\j me\\n kate/pine me/gaj Kro/noj, w3j tij e3kastoj nhdu/oj e0c i9erh=j mhtro\j pro\j gou/naq 0 i3koito, ta\ frone/wn, i3na mh/ tij a0gauw=n Ou0raniw/nwn a1lloj e0n a0qana/toisin e1xoi basilhi/da timh/n. peu/qeto ga/r Gai/hj kai\ Ou0ranou= a0stero/entoj ou3neka/ oi9 pe/prwto e9w|= u9po\ paidi\ damh=nai. E Rea, unitasi a Crono, diede alla luce splendidi figli, Estia, Demètra ed Era dall'aureo calzare, Ade che ha sotto la terra la casa, dall'animo forte, cuore spietato, ed Ennosigèo che profondo rimbomba, e Giove, saggia mente, padre degli uomini e degli dei, sotto il cui tuono trema tutta la vasta terra. Ma il grande Crono li inghiottiva, non appena ciascuno arrivava dal ventre della sacra madre alle sue ginocchia, escogitava questo in modo che nessun altro tra gli illustri figli di Urano avesse onore regale tra gli immortali, infatti aveva saputo da Gea e da Urano stellato che per lui era destino essere vinto da un figlio. La breve antologia esiodea si conclude con la lettura in traduzione del passo relativo alla nascita di Zeus, sottratto dalla madre Rea alla vista del padre Crono, al quale fu data in pasto una pietra in fasce. Zeus, cresciuto, somministrò al padre un potente emetico, che fece ritornare alla luce le divinità precedentemente inghiottite (Teogonia 468-506). Si assegna poi agli allievi, come lavoro a casa, la lettura dei brani in prosa dalla Biblioteca di Apollodoro, relativi ai medesimi argomenti, associata alla richiesta di stilare una traduzione del passo, fornito in originale greco. Apollodoro, Biblioteca 1, passim Ou0rano\j prw=toj tou= panto\j e0duna/steuse ko/smou. gh/maj de\ Gh=n e0te/knwse prw/touj tou\j e0kato/gxeiraj prosagoreuqe/ntaj, Bria/rewn Gu/hn Ko/tton […] a0lla\ tou/touj me\n Ou0rano\j dh/saj ei0j Ta/rtaron e1rriye […] teknoi= de\ au0=qij e0k Gh=j pai=daj me\n tou\j Tita=naj prosagoreuqe/ntaj 0Wkeano\n Koi=on 9Yperi/ona Krei=on 0Iapeto\n kai\ new/taton a0pa/ntwn Kro/non […]. 0Aganaktou=sa de\ Gh= e0pi\ th|= a0pwlei/a| tw=n ei0j Ta/rtaron r9ife/ntwn pai/dwn pei/qei tou\j Tita=naj e0piqe/sqai tw|= patri/, kai\ di/dwsin a0damanti/nhn a3rphn Kro/nw| […] th= j de\ a0 r xh= j e0 k balo/ n tej tou/ j te katatartarwqe/ntaj a0nh/gagon a0delfou\j kai\ th\n a0rxh\n Kro/nw|= pare/dosan. 9O de\ tou/touj me\n <e0n> tw|= Tarta/rw| pa/lin dh/saj katei=rce, th\n de\ a0delfh\n 9Re/an gh/maj, - www.loescher.it/mediaclassica.it - 8 e0p eidh\ Gh= kai\ Ou0rano\j e0qespiw|/doun au0tw|= le/gontej u9po\ paido\j i0di/ou th\n a0rxh\n a0faireqh/sesqai, kate/pien ta\ gennw/mena. kai\ prw/thn me\n gennhqei=san 9Esti/an kate/pien, ei0=ta Dh/mhtran kai\ 3Hran, meq 0 a4j Plou/twna kai\ Poseidw=na, o0rgisqei=sa de\ e0pi\ tou/toij 9Re/a paragi/gnetai me\n ei0j Krh/thn, o9phni/ka to\n Di/a e0gkumonou=sa e0tu/gxane […] 9Re/a de\ li/qou sparganw7sasa de/dwke Kronw|= katapiei=n w9j to\n gegennhme/non pai=da. Urano fu il primo ad aver il dominio di tutto il cosmo. Dopo aver sposato Gea generò per primi (figli) chiamati Centimani, Briareo, Gie e Cotto […] Ma Urano, incatenati questi figli li gettò nel Tartaro […] Generò poi da Gea (figli) chiamati Titani, Oceano, Ceo, Iperione, Crio, Giapeto e Crono, il più giovane […] Gea, sdegnata per la perdita dei figli gettati nel Tartato, persuade i Titani ad assalire il padre e consegna a Crono una falce d’acciaio. […] Avendo detronizzato il padre (i Titani) riportarono alla luce i fratelli gettati nel Tartaro e diedero il potere a Crono. Ma costui rinchiuse di nuovo i fratelli nel Tartaro, incatenandoli e, dopo aver sposato la propria sorella Rea, divorava i propri figli, poiché Gea e Urano gli avevano fatto una profezia, dicendo che un figlio nato da lui gli avrebbe strappato il potere. E inghiottì la prima nata, Estia, poi Demetra, poi Era e dopo queste Plutone e Posidone. Adirata per tali fatti Rea fuggì a Creta, incinta di Zeus e lo mise alla luce […] Intanto Rea, avvolgendo in fasce una pietra, la diede a Crono, da inghiottire, come se fosse figlio nato. Il brano successivo (Biblioteca 2), nel quale Apollodoro racconta la vendetta compiuta contro Crono da Zeus, viene invece proposto in traduzione italiana. Al termine della lettura gli allievi devono rivedere il testo esiodeo e confrontarlo con quello di Apollodoro. 3) Il sistema solare: dal mito all’astronomia - 1 ora Si verifica la comprensione del testo di Apollodoro assegnato come lavoro autonomo e, dopo una breve verifica in itinere attuata con domande orali, si prendono in esame le due teorie sulla struttura del sistema nel quale si trova anche la Terra: quella geocentrica, o tolemaica, e quella eliocentrica, o copernicana. Si ragiona innanzitutto sull’etimologia delle due parole, che indicano chiaramente l’idea chiave delle ipotesi: da un lato Gh=, la Terra, al centro, dall’altro 3Hlioj, il Sole. Si collega la prima teoria con Claudio Tolomeo, il quale riteneva che la Terra, che sembra fissa, solida, immobile (mentre si vedono i corpi celesti sorgere e tramontare ogni giorno), fosse al centro dell'universo e che il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle ruotassero attorno a essa. La sua concezione dell’universo è delineata nella Composizione matematica o Almagesto (circa 140 d.C.), in tredici libri: i pianeti, racchiusi nella sfera delle stelle fisse, sono impacchettati sopra la Terra uno sull'altro in un ordine canonico: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. Tale concezione, associata con idee aristoteliche, sta alla base della struttura del cosmo dantesco, esposta nel Paradiso, che è stato esaminato nel corso dell’anno. A tal proposito si riprende con gli allievi la lettura dell’incipit della terza cantica, in cui si parla della gloria di Dio, motore di tutto, secondo una formula di sapore aristotelico, e della sua presenza dell’universo. Si parla poi dei diversi cieli e dell’Empireo, maggiormente illuminato da Dio stesso. Tale esperienza è considerata ineffabile in tutta la sua interezza poiché la memoria non può interamente conservarla: Dante, Paradiso I 1-9 La gloria di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove. Nel ciel che più de la sua luce prende fu' io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende; - www.loescher.it/mediaclassica.it - 9 perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire. Si analizza poi la teoria eliocentrica, collegandola con il pitagorico Filolao di Crotone (VIV secolo a.C.), che avanzò l’ipotesi che al centro dell’universo stesse un fuoco, principio motore, e che intorno ad esso ruotassero un primo pianeta, detto Anti-Terra, la Terra, la Luna, il Sole, i cinque pianeti e le stelle fisse. Fu il primo passo verso la formulazione della ipotesi eliocentrica fatta da Aristarco di Samo (IV-III secolo a.C.) L'eliocentrismo fu ben presto abbandonato per motivi religiosi, se è vera la notizia di Plutarco che Aristarco, nel 338, fu sul punto di fare la stessa fine di Anassagora, il filosofo amico di Pericle, il quale era stato condannato a morte per empietà e costretto a fuggire da Atene perché insegnava che le stelle non erano divinità, ma pietre infuocate. Nel 1543 l'astronomo polacco Niccolò Copernico riprese l'intuizione di Filolao e l'ipotesi eliocentrica di Aristarco in un'opera intitolata De revolutionibus orbium coelestium. Fu poi Galileo Galilei a dimostrare l'esattezza della teoria eliocentrica, grazie alle osservazioni fatte con il cannocchiale che aveva costruito. L’intuizione del fatto che esistessero corpi non in orbita intorno alla Terra si fece strada grazie alla scoperta, fatta nel 1610, dei satelliti di Giove, Io, Europa, Ganimede e Callisto, dei quali si è parlato in precedenza, trattando il collegamento mitologico di tali personaggi con il re degli dei. Si leggono a questo punto, nell’originale latino associato a una traduzione a fronte, brani dal Sidereus Nuncius, opera nella quale Galileo parla dei satelliti di Giove, facendo considerazioni anche sulla validità della teoria eliocentrica copernicana. La scoperta delle lune di Giove fu dedicata a Cosimo II De' Medici ed i nuovi astri furono denominati pianeti medicei, come si evince della dedica con la quale si apre il trattato e da un passo collocato alla conclusione in cui si parla della validità dell’idea di Copernico. Galileo Galilei, Sidereus Nuncius, passim SERENISSIMO COSMO MEDICES II MAGNO ETRURIÆ DUCI IIII […] En igitur quatuor Sidera tuo inclyto nomini reservata, neque illa de gregario ac minus insigni inerrantium numero, sed ex illustri vagantium ordine; quæ quidem disparibus inter se motibus circum Iovis Stellam cæterarum nobilissimam, tanquam germana eius progenies, cursus suos orbesque conficiunt celeritate mirabili, interea dum unanimi concordia circa mundi centrum, circa Solem nempe ipsum, omnia simul duodecimo quoque anno magnas convolutiones absolvunt. AL SERENISSIMO COSIMO II DE MEDICI IV GRANDUCA DI TOSCANA […] Ecco dunque quattro Stelle riservate al vostro inclito nome e non del numero gregario e meno insigne delle fisse, ma dell'ordine illustre dei Pianeti che con moto diverso, attorno a Giove nobilissima Stella, come progenie sua schietta, compiono l'orbita loro con celerità mirabile, e nello stesso tempo con unanime concordia compiono tutte insieme ogni dodici anni grandi rivoluzioni attorno al centro del mondo, cioè al Sole. […] Eximium præterea præclarumque habemus argumentum pro scrupulo ab illis demendo, qui in Systemate Copernicano conversionem Planetarum circa Solem æquo animo ferentes, adeo perturbantur ab unius Lunæ circa Terram latione, interea dum ambo annuum orbem circa Solem absolvunt, ut hanc universi constitutionem, tanquam impossibilem, evertendam esse arbitrentur: nunc enim, nedum Planetam unum circa alium convertibilem habemus, dum ambo magnum circa Solem perlustrant orbem, verum quatuor circa Iovem, instar Lunæ circa Tellurem, sensus nobis vagantes offert Stellas, dum omnes simul cum Iove, 12 annorum spatio, magnum circa Solem permeant orbem. - www.loescher.it/mediaclassica.it - 10 […] Abbiamo dunque un valido ed eccellente argomento per togliere ogni dubbio a coloro che, accettando tranquillamente nel sistema di Copernico la rivoluzione dei pianeti intorno al Sole, sono tanto turbati dal moto della sola Luna intorno alla Terra, mentre entrambi compiono ogni anno la loro rivoluzione attorno al Sole, da ritenere si debba rigettare come impossibile questa struttura dell'universo. Ora, infatti, non abbiamo un solo pianeta che gira intorno a un altro, mentre entrambi percorrono la grande orbita intorno al Sole, ma la sensata esperienza ci mostra quattro stelle erranti attorno a Giove, così come la Luna attorno alla Terra, mentre tutte insieme con Giove, con periodo di dodici anni si volgono in ampia orbita attorno al Sole. L’approfondimento sulle teorie geocentrica ed eliocentrica, affrontato in questa fase in collegamento con le fonti, può essere poi svolto dal docente di Scienze e geografia astronomica in 1 ora distinta. 4) L’astronomia degli antichi dalla poesia alla storia - 2 ore Si esaminano in questa fase alcuni riferimenti a costellazioni e a fenomeni astronomici, come le eclissi, che suscitavano stupore negli antichi. Il punto di partenza è la lettura, in originale greco e latino, dei passi dell’Iliade e dell’Eneide nei quali si fa riferimento a un astro, Sirio, che appare talvolta di colore rosso e che venne considerato dagli antichi un segno di sventura. Iliade XXII 27-32 30 30 ˜j r(a/ t ) o)pw/rhj ei)=sin, a)ri/zhloi de/ oi9 au)gai_ fai/nontai polloi=si met ) a)stra/si nukto_j a)molgw?= o3n te ku/n ) )Wri/wnoj e)pi/klhsin kale/ousi. lampro/tatoj me_n o3 g ) e)sti/, kako_n de/ te sh=ma te/tuktai, kai/ te fe/rei pollo_n pureto_n deiloi=si brotoi=sin: w4j tou= xalko_j e1lampe peri_ sth/qessi qe/ontoj. Come si innalza l’astro autunnale, luminosi i suoi raggi appaiono, tra i numerosi astri nel cuore della notte lo chiamano Cane d’Orione è il più lucente, ma porta presagio sinistro e molta febbre agli infelici mortali, così risplendeva il bronzo sul petto di (Achille) che correva. Si confronta tale passo con la descrizione dello splendore dell’elmo di Enea: Eneide X 270-275 270 275 270 275 Ardet apex capiti cristisque a vertice flamma funditur et vastus umbo vomit aureus ignis: non secus ac liquida si quando nocte cometae sanguinei lugubre rubent aut Sirius ardor ille sitim morbosque ferens mortalibus aegris, nascitur et laevo contristat lumine caelum. Arde l’elmo e dal vertice s’irradia una fiamma e lo scudo d’oro sprigiona vasti bagliori così talvolta nella notte limpida rosseggiano sinistre comete o nasce l’ardore di Sirio portando sete e morbi ai mortali infelici e rattrista il cielo con sinistra luce - www.loescher.it/mediaclassica.it - 11 Si passa poi all’analisi di alcuni fenomeni astronomici attestati nelle fonti antiche e si legge il frammento di Archiloco connesso con il fenomeno dell’eclissi, intesa come un totale sconvolgimento dell’ordine del mondo: Archil. fr. 122 West = 114 Tarditi 5 Xrhma/twn a1elpton ou)de/n e)stin ou)d )a)pw/moton ou)de_ qauma/sion, e)peidh_ Zeu_j path_r )Olumpi/wn e)k mesambri/hj e1qhke nu/kt ) , a)pokru/yaj fa/oj h9li/w? la/mponti: lugro_n d ) h)=lq ) e)p ) a)nqrw/pouj de/oj: e)k de_ tou= kai_ pista_ ka)pi/elpta gi/netai a)ndra/sin: mhdei_j e1q ) u9me/wn ei)sore/wn qaumaze/tw mhd ) e)a_n delfi=si qh=rej a)ntamei/ywnta nomo/n e)na/lion, kai/ sfin qala/sshj h)xe/enta ku/mata fil/ter ) h)pei/rou ge/netai, toi=si d ) u9lh/ein o1roj. 5 Nulla c’è che si possa non aspettarsi o si possa negare giurando nulla che desti stupore, poiché Zeus, padre degli Olimpi a mezzogiorno ha fatto notte, nascondendo la luce al sole luminoso, giunse per gli uomini una triste paura da allora tutto diventa degno di fede, tutto può essere atteso per gli uomini, nessuno di voi si stupisca nemmeno vedendo le fiere scambiare il pascolo marino con i delfini e che a quelle diventino più gradite le onde risonanti del mare rispetto alla terra, a quelli il monte boscoso. La più famosa eclisse solare dei tempi classici è quella che si è verificata nel mezzo della battaglia tra Persia e Lidia il 28 maggio 584 a.C.: i due eserciti stavano combattendo quando avvenne un'eclisse di Sole e "il giorno si fece notte". Quest'eclisse fu predetta anche da Talete (ca 624-548 a.C.), astronomo e filosofo greco, ma la sua predizione non era conosciuta dai popoli in lotta. Secondo Erodoto, entrambe le parti guardarono all'eclisse come ad un presagio e immediatamente cessarono di combattere, dopo ben sei anni di guerra. “il sesto anno, un giorno accadde che nel furore del combattimento, il giorno si cambiò subito in notte: i Lidi e i Medi, vedendo che la notte succedeva rapidamente al giorno, posero fine al combattimento”. Erodoto, con divertita ironia, narra inoltre dell'eclissi di Sole che spaventò Serse nel momento in cui stava per sferrare il disastroso attacco alla Grecia nel 480 a.C. I suoi magi, però, lo assicurarono che l'eclissi era un buon segno, perché "la Luna è con noi, il Sole è con i Greci": se la Luna oscura il Sole, quindi, la vittoria è sicura. Plutarco ci informa che gli astronomi del suo tempo sapevano bene che le eclissi di Sole erano causate dalla sovrapposizione della Luna, ma che non riuscivano a capire perché il satellite della Terra apparisse come un corpo oscuro. Nelle Vite parallele fa spesso riferimento ad eclissi di Sole e di Luna. Una delle sue storie è dedicata ad Alessandro Magno, e in essa si descrive un'eclisse totale di Sole avvenuta il 20 settembre del 331 a.C. Nelle Vite Parallele molti personaggi nascono, muoiono, o compiono grandi gesta in coincidenza di eclissi di sole o luna. Romolo supera tutti: secondo Plutarco, viene concepito durante un’eclissi di Sole e muore (o viene assunto in cielo come divinità) durante un'altra. Plutarco descrive nei dettagli un'altra eclissi, osservata da Cheronea, sua città natale della Beozia, il 20 marzo 71 d.C. Nell'opera De facie in orbe lunae, Plutarco scrive: “La congiunzione di Sole e Luna recentemente avvenuta, cominciando dopo mezzogiorno, fece risplendere molte stelle in varie parti del cielo e temperò l'aria come avviene al crepuscolo”. - www.loescher.it/mediaclassica.it - 12 Altre notizie relative all'eclissi lunari, probabilmente copiate da testi babilonesi perduti, si trovano nell'Almagesto di Tolomeo (150 d.C. ca). Tolomeo menziona 19 eclissi di Luna, avvenute tra il 720 e il 380 a.C., tratte da antichi elenchi babilonesi. Al termine del percorso si pensa di inserire un’ora in compresenza con il docente di Geografia astronomica per esaminare alcune eclissi contemporanee. Modalità di verifica Si colloca alla fine del lavoro una verifica di 1 ora, con quesiti a risposta chiusa relativi ai testi affrontati e domande a risposta aperta connesse con i nodi concettuali focalizzati. È prevista poi 1 ora per il chiarimento di eventuali dubbi sorti durante la prova e per considerazioni conclusive. Recupero e/o potenziamento In base all’andamento della prova in uscita si propone 1 ora di lavoro differenziato, durante il quale la classe è divisa in due gruppi: Recupero: si riesaminano i passi letti durante il percorso per arrivare a elaborare uno schema riassuntivo delle idee-chiave. Potenziamento: si propone la lettura di un brano tratto dalla Biblioteca di Apollodoro, non esaminato durante le lezioni e si chiede di provare a formulare una traduzione, riflettendo anche sulle origini mitiche del cosmo. Storie della letteratura utilizzate per la progettazione del percorso Carotenuto G. Letteratura greca. Storia. Testi. Traduzioni, Treviso 1989. Monaco G., Casertano M., Nuzzo G. L’attività letteraria nell’antica Grecia. Storia della letteratura greca, Palermo 1991. Montanari F. Storia della letteratura greca, Roma - Bari 1998. Rossi L.E. Letteratura greca, Firenze 1995. - www.loescher.it/mediaclassica.it -