Il Cesaropapismo Sistema di relazioni tra potere civile e religioso in forza del quale il primo si attribuisce il diritto di intervenire in ogni ambito della vita religiosa. Manifestatosi già con Costantino con l'assunzione della vecchia carica imperiale di pontifex maximus da parte degli imperatori romano-cristiani, si diffuse nel mondo bizantino, ove i sovrani si definirono uguali agli apostoli. Questa teoria e prassi politica fu poi fatta propria dagli zar di Russia. Contro il cesaropapismo combatté la Chiesa cattolica, in particolare con Gregorio VII, Innocenzo III e Bonifacio VIII, che gli contrapposero, a loro volta, soluzioni teocratiche. Gli storici sono soliti far iniziare il potere temporale della chiesa romana con la cosiddetta Donazione di Sutri che i Longobardi le fecero nel 728. Ma ciò che permise davvero a tale chiesa di costituirsi come "Stato" fu il rapporto coi Franchi. Quando Carlo Magno entrò in Italia per farsi incoronare imperatore del sacro romano impero da papa Leone III, sottomettendo quasi tutti i Longobardi della penisola, i patti, in funzione antilongobarda e anti-bizantina, erano già stati decisi sin dal tempo di Pipino il Breve. I Longobardi erano serviti alla chiesa fintantoché combattevano contro i Bizantini, ma quando non vollero riconoscere al papato, che li aveva appoggiati, un vero potere politico, la loro funzione, per la chiesa, era terminata. Quando Carlo Magno accettò di farsi incoronare da un pontefice, gli abusi politico-istituzionali dei Franchi, iniziati sin dai tempi di Pipino il Breve, avevano raggiunto il culmine e trovarono nella chiesa romana una sanzionatrice d'eccellenza. Il termine caesaro-papia comparve per la prima volta nel manuale di teologia protestante di Justus Henning Böhmer (1674-1749), per caratterizzare l'atteggiamento di un sovrano laico come Giustiniano il Grande, il quale, non avendo più fiducia nel clero, intervenne direttamente negli affari religiosi sotto il pretesto di assicurare la salvezza della Chiesa. Nel medesimo contesto era associato a un termine esattamente inverso ma destinato a ottenere minor successo, papo-caesaria, per descrivere un capo della Chiesa che subordina il potere temporale o se ne appropria e tenta di stabilire una teocrazia o una ierocrazia. In origine il cesaropapismo era bizantino. Lo stesso Giustiniano ammeteva che “i due doni più grandi di Dio concessi agli uomini dalla filantropia celeste sono il Sacerdozio e l'Impero e dal loro accordo dipende il pubblico bene”. Si profilavano due problemi, ossia quello dei diritti d'intervento dell'imperatore negli affari della Chiesa, che portava a tracciare un limite, tortuoso e sovente violato, fra il potere spirituale e il potere temporale, corresponsabili della cristianità, e quello della sacralità conferita da Dio all'imperatore direttamente o tramite la mediazione del clero. Il primo, a prescindere dai domini ben demarcati della definizione della fede e dell'amministrazione dei sacramenti, atteneva alla prassi più che ai principi, mentre il secondo concerneva la definizione dell'Impero. La riforma gregoriana, in effetti, aveva cambiato radicalmente i termini del problema, privando del suo significato la formula equilibrata dei 'due poteri' che insisteva sull'auctoritas sacrata pontificum, superiore in quanto spirituale alla potestas degli imperatori, ma senza che questo primato attribuisse competenza alla Chiesa in qualsiasi dominio e associando l'imperatore, nella sfera che gli era propria, all'esercizio di una sovranità unica.