Villa di Faonte Villa di Faonte Via villa di Faonte, Roma, 00139 Beatrice Coccia, Laura Pila, Alessia Spurio Progetto alternanza scuola –lavoro Anno 2015/2016 Bibliografia Nibby A., Analisi storico-topografico-antiquaria della carta dei dintorni di Roma (volume 3), Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1849, 623 pagine Dove siamo (via delle vigne nuove, km 1060, civ n 128, loc. casale chiari) De Franceschini M., Ville dell’agro romano, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2005, 564 pagine Melchiorri G., Guida metodica di Roma e suoi contorni , Roma, Tipografia Puccinelli, 1836, 887 pagine Svetonio, De vita Caesarum (testo latino) Viene comunemente denominata Villa di Faonte l’area archeologica compresa tra via delle Vigne Nuove (anticamente via della Patinaria) e via Passo del Turchino. In passato questo sito ospitava strutture appartenenti ad una villa privata situata circa al sesto chilometro (quarto miglio) della via Nomentana, in particolare, tra la via Nomentana e la via Salaria. L’archeologo Rodolfo Lanciani scrive che i resti della villa sono “disposti su di un altipiano o dorso perfettamente orizzontale alto sul mare dai 45 ai 46 metri, e dal quale si gode di una vista incantevole sulle sottoposte valli della Melaina e della Cecchina, su quelle più lontane del Tevere e dell’Aniene, sulla città e sui monti Vaticani e Gianicolensi che le fanno da cornice”. 12 1 La villa romana La villa, in età romana, era essenzialmente una casa di campagna. Sorgeva come residenza padronale al centro di un complesso di edifici e di terreni destinati alla produzione agricola oppure adibiti a luogo di riposo dalle attività e dagli affari praticati in città. Vi erano due tipi di villa: la villa urbana, che era una residenza di campagna facilmente raggiungibile da Roma (o da un'altra città) per una notte o due, e la villa rustica, residenza con funzioni di fattoria occupata in modo permanente da servi o schiavi . La villa urbana può essere considerata come la sede del prestigio e del benessere dei Romani più ricchi, il luogo delle relazioni sociali. Col tempo le ville urbane andarono ampliandosi, diventando pian piano simili alle residenze cittadine. Potevano avere biblioteche, sale di lettura, stanze per il bagno , una piscina scoperta ed una palestra. Erano circondate da parchi e giardini molto curati. La villa rustica invece era divisa in diversi settori: la Pars Dominica era la zona residenziale, destinata al dominus e alla sua famiglia; la pars rustica era la zona destinata alla servitù, ai lavoratori dell’azienda; la pars fructuaria era destinata alla lavorazione dei prodotti La pars rustica e la pars fructuaria assieme formavano la pars massaricia. 2 11 Villa di Faonte In questo giardino, le rovine di un’antica cisterna di epoca romana e il reticolato di cunicoli idraulici sottostanti che si diramano per decine di metri fino a Via Cadibona e forse oltre, testimoniano l’esistenza, in superficie, di una grande villa agricola, dotata di un sistema di raccolta e di irrigazione delle acque di età imperiale: la Villa di Faonte. La villa, oggi scomparsa, doveva essere di grandi dimensioni ed era probabilmente suddivisa in due sezioni: una residenziale e l'altra produttiva. Questa ipotesi trova conferma nel ritrovamento da parte del Lanciani di un torcular (frantoio) presso l’attiguo casale Chiari, utilizzato per la produzione di olio e/o vino. Altri studiosi hanno ritrovato anche lastre di marmo, frammenti di colonne, paraste, epistili e capitelli; una ricognizione del Quilici ha individuato inoltre materiali di epoca imperiale: piastrelle romboidali da pavimentazione, frammenti di marmo bianco, ceramica grezza, terra sigillata chiara e scura. L'identificazione della villa con il “suburbanum Phaontis’’ risale già al Nibby ma mancano delle prove certe, la sua denominazione, infatti, si basa esclusivamente sulla sua posizione, e sul ritrovamento, nel 1891 in terreni in prossimità della villa, di un'urna funeraria con incisa l’epigrafe di una certa Claudia Egloge, nutrice di Nerone. Gli studiosi Nibby, Tomasetti e Lanciani riferirono la presenza, sulla collina che ospitava la villa, di murature in opus reticolatum che si estendevano per una superficie di circa 300 mq e la presenza di un criptoportico, identificato in seguito come una cisterna fuori terra. Questa, addossata al fianco sud-occidentale 10 3 della collina, presenta una pianta quadrangolare con lati di 29,5 x 14 m divisa in due navate da un muro di spina a sei pilastri di 2,10 metri. I muri perimetrali, così come quello di spina, sono realizzati in opus reticolatum con cubilia in tufo giallo. I lati est, ovest e sud, vennero rinforzati esternamente da un muro in opus cementicium in scaglie di selce. Le pareti interne presentano ancora tratti dell’intonaco di rivestimento, così come il cordolo in corrispondenza del pavimento. Il pavimento della cisterna - in opus sectile - era in cocciopesto, così come il rivestimento de muri. La copertura a volta a botte, che oggi è crollata, era realizzata in opera cementizia in scaglie di selce e tufo. Nell’area esisteva un edificio più antico, del I sec a.C., che venne raso al suolo e utilizzato come fondazione di quello successivo, ovvero la cisterna. Quest’ultima venne edificata durante la prima età imperiale, più precisamente tra I sec a.C. e I sec d.C. L’epoca di costruzione della villa, invece, si ignora. Nulla si sa dell’epoca in cui la villa scomparve; gli ultimi sondaggi hanno messo in luce alcune strutture medioevali e moderne presso l’angolo nordovest della cisterna. In questo sito venne inoltre rinvenuta una cisterna a rete di cunicoli sotterranei scavati nel tufo, non intonacati, dotati di pozzi di accesso. 4 La nostra esperienza... Quest’anno, per la prima volta nei licei, è stato introdotto un progetto di alternanza scuola-lavoro finalizzato a offrire ai ragazzi un’immagine del mondo lavorativo. Noi come classe, abbiamo collaborato con la sovrintendenza capitolina e ci è stata data la possibilità di accedere a siti archeologici situati nel nostro municipio; ci siamo così accorti che anche in periferia è molto facile incontrare luoghi di interesse storico e culturale. Dopo varie visite e lezioni teoriche e una certa diffidenza iniziale, abbiamo cominciato ad apprezzare le bellezze del nostro territorio interessandoci a tutto ciò che in qualche modo avrebbe potuto arricchirci. In seguito, sulla base di quanto avevamo appreso, ci è stato dato il compito di realizzare un progetto di gruppo con lo scopo di approfondire la conoscenza di un determinato sito archeologico. Grazie a questo lavoro abbiamo imparato a collaborare insieme organizzandoci autonomamente. Siamo state a contatto con personale competente e disponibile che ha cercato di stimolarci e motivarci. Tutto sommato possiamo dire che è stata un’esperienza interessante e formativa, anche se probabilmente non del tutto in linea con il nostro percorso di studi. 9 letto dotato di un modesto materasso e ricoperto da un vecchio mantello; tormentato dalla fame e nuovamente dalla sete, disdegnò il pane nero che gli si offriva, ma bevve un bel po' di acqua tiepida. 49 - Poi dal momento che ognuno dei suoi compagni, a turno, lo invitava a sottrarsi senza indugio agli oltraggi che lo attendevano, ordinò di scavare davanti a lui una fossa della misura del suo corpo, di disporvi attorno qualche pezzo di marmo, se lo si trovava, e di portare un po' d'acqua e un po' di legna per rendere in seguito gli ultimi onori al suo cadavere. A ognuno di questi preparativi piangeva e ripeteva continuamente :”Quale artista muore con me!”. Mentre si attardava in questo modo, un corriere portò un biglietto a Faonte: Nerone, strappandoglielo di mano, lesse che il senato lo aveva dichiarato nemico pubblico e che lo faceva cercare per punirlo secondo l'uso antico; chiese allora quale fosse questo tipo di supplizio e quando seppe che il condannato veniva spogliato, che si infilava la sua testa in una forca e che lo si bastonava fino alla morte, inorridito, afferrò i due pugnali che aveva portato con sé, ne saggiò le punte, poi li rimise nel loro fodero, protestando che "l'ora segnata dal destino non era ancora venuta". Intanto ora invitava Sporo a cominciare i lamenti e i pianti, ora supplicava che qualcuno lo incoraggiasse a darsi la morte con il suo esempio; [...]– Bisogna aver coraggio in questi frangenti. – Su, svegliati." Ormai si stavano avvicinando i cavalieri ai quali era stato raccomandato di ricondurlo vivo. […]Poi si affondò la spada nella gola con l'aiuto di Epafrodito, suo segretario. […]Con queste parole spirò e i suoi occhi, sporgendo dalla testa, assunsero una tale fissità che ispirarono orrore e spavento in coloro che li vedevano. La prima e principale richiesta che aveva preteso dai suoi compagni era che nessuno potesse disporre della sua testa, ma che fosse bruciato intero a qualunque costo. […] 8 Stoia del rinvenimento e degi studi Nibby per primo da una descrizione della cisterna, che egli inizialmente interpretò come un criptoportico (un corridoio o una via di passaggio coperta); nel 1890 Lanciani identificò nuovamente il sito come cisterna. I primi scavi si svolsero nel 1848. Nel 1959, durante i lavori di costruzione, si rinvennero nella zona due sarcofagi di travertino e nello stesso periodo venne scoperta la cisterna a rete di cunicoli sotterranei, probabilmente edificata durante l’età repubblicana. Nel 1980-81 la vennero esplorati i cunicoli sotterranei. Fra il novembre 1987 ed il gennaio 1988 fu eseguito un nuovo scavo della cisterna assieme a sondaggi sulla collina per trovare la villa, sondaggi che però non diedero alcun risultato. Da Luglio 2010 Roma Sotterranea, su incarico della Sovrintendenza Speciale ai Beni Archeologici di Roma, nella persona del Dott. Francesco di Gennaro, è stata incaricata di effettuare il rilievo e lo studio degli ambienti sotterranei della Villa. Considerazioni finali Trattandosi di un sito archeologico di un certo rilievo culturale, sarebbe auspicabile una maggiore cura dell’area interessata; le condizioni del parco circostante trasmettono infatti quasi un senso di “abbandono”. 5 Opus reticulatum Questo tipo di muratura, molto usato dai Romani, trae il nome dall'aspetto che presentano nella facciata i piccoli blocchi di pietra disposti con i giunti inclinati a 45 gradi sul piano. I blocchetti, o tesserae, sono tagliati in forma di piramidi tronche e posti con la base all'esterno e la parte rastremata all'interno. Opus caementicium A partire dal II secolo a.C., si sviluppò l’uso dell’opus caementicium, realizzato utilizzando un conglomerato costituito da un impasto di malta e frammenti di pietra che veniva gettato in “casseformi” di legno per assumerne la forma: rottami di pietra e mattone (30-50 mm) venivano conficcati a mano nella malta colata, e venivano compattati con una mazza di ferro. I “caementa” ( frammenti lapidei irregolari) potevano essere di calcare, tufo, lava, selce, travertino, laterizio, materiale fittile (terracotta) e marmo. 6 Una piccola curiosità... Nerone nel giugno del 68 d.C., cercando di sfuggire agli uomini di Galba che ormai aveva ottenuto l'appoggio da parte del senato, scappò da Roma, trovando asilo presso la villa del liberto Faonte, dove si tolse la vita per non essere catturato. Questa vicenda viene ampiamente narrata da Svetonio nella Vita di Nerone: 48 - […] cominciò a desiderare un rifugio appartato, per raccogliere le forze. Il suo liberto Faonte gli propose allora la sua casa in periferia, situata tra la via Salaria e la via Nomentana, a quattro miglia circa da Roma. Restando com'era, a piedi nudi ed in tunica si gettò addosso un piccolo mantello di colore stinto, si coprì la testa, stese un fazzoletto davanti alla faccia e montò a cavallo, accompagnato soltanto da quattro persone, tra le quali vi era anche Sporo. […] Uno dei passanti che incontrarono disse perfino: "Ecco gente che insegue Nerone" ed un altro domandò loro: "Vi è qualche novità a Roma, a proposito di Nerone?" […]Come giunsero ad una strada laterale, lasciarono i cavalli, e passando in mezzo a macchie e cespugli per un sentiero bordato di canne, Nerone arrivò a fatica, non senza che vestiti fossero stesi sotto i suoi piedi, al muro posteriore della casa. Qui, poiché Faonte lo esortava a riposarsi un momento su un mucchio di sabbia, disse che non voleva essere interrato vivo e , fatta una breve sosta, intanto che gli si preparava un ingresso clandestino nella casa, per dissetarsi attinse con la mano un po' d'acqua da una pozzanghera che stava ai suoi piedi, esclamando: “Ecco il ristoro di Nerone." Poi, facendosi strappare il mantello dai rovi si aprì un passaggio fra i cespugli e penetrò, trascinandosi sulle mani attraverso il cunicolo di una grotta che era stata scavata, nella stanza più vicina, dove si distese su un 7