UA_ Le fibre tessili vegetali
Obiettivi:
• Saper distinguere le fibre vegetali in base alle loro proprietà e caratteristiche
• Comprendere i principi relativi ai processi di lavorazione e trasformazione delle fibre vegetali
• Conoscere quali sono i trattamenti più comuni praticati sulle fibre vegetali per migliorarne le
caratteristiche
• Saper eseguire prove sperimentali sulle fibre tessili.
Prerequisiti:
• Capacità classificatorie
• Capacità di osservazione
Contenuti:
• Le fibre tessili vegetali e loro classificazione
• Caratteristiche delle fibre vegetali
• Il cotone
• Il lino
• La canapa
• La juta
Le fibre tessili vegetali
Le fibre tessili vegetali
Le fibre tessili vegetali presentano caratteristiche morfologiche, cioè forma e caratteri, diverse o
addirittura variabili da pianta a pianta. Impiegate soprattutto nell'abbigliamento e nell'arredamento, le
fibre tessili vegetali danno luogo a una produzione di rilievo sia quantitativamente che
qualitativamente.
Le fibre vegetali si classificano:
• a seconda delle parti della pianta da cui si ricavano: da seme (cotone) , da fusto (lino,
canapa, iuta, ramié), da foglia (sisal, abaca), da frutto (cocco, kapok);
• a seconda della lunghezza delle fibre: in fibre lunghe (seta, fibre artificiali e sintetiche) ed
in fibre corte (cotone, lino, canapa, iuta, ramié, lana, amianto).
Caratteristiche delle fibre vegetali
Le fibre vegetali:
• sono costituite da cellulosa (carbonio, idrogeno e ossigeno) alla quale si aggiungono sostanze
secondarie come la pectina e la lignina, che vanno eliminate durante la lavorazione;
• hanno una eccellente resistenza termica, resistendo al bollore e alle alte temperature, sia nella
lavorazione che nella stiratura casalinga;
• sono buone conduttrici del calore e quindi non riparano dal freddo;
• non presentano in generale fenomeni di elettricità statica e vengono mescolate ad altre fibre
per facilitarne la filatura;
• con una buona igroscopicità presentano anche una buona affinità ai coloranti e per gli appretti
in genere;
• sono sensibili all’attacco di batteri e muffe che decompongono la cellulosa; resistono invece
all’attacco di insetti e le tarme non se ne cibano;
• hanno una modesta resistenza alla luce e alle intemperie;
• hanno buone proprietà fisiologiche (assorbono la traspirazione) anche se non eccellenti come
quelle della lana;
• asciugano con lentezza per l’alta assorbenza e per il fatto che una parte dell’umidità viene
trattenuta dalla fibra;
• bruciano facilmente.
La fibra tessile più usata nel mondo: il cotone
Il cotone è in assoluto la fibra tessile più prodotta al
mondo. La fibra del cotone è costituita dalla fitta
peluria che riveste i 7-10 semi contenuti nel frutto a
capsula della pianta omonima, appartenente alla
famiglia delle malvacee.
La fibra del cotone è costituita da cellulosa quasi pura
(95% circa) ed il valore del cotone è tanto maggiore
quanto più lunghe sono le fibre (fino a 6 centimentri).
La capsula aperta del frutto del cotone
Le qualità migliori crescono nei Paesi desertici in cui il terreno viene bagnato con irrigazione (Egitto,
Pakistan, Russia asiatica), ma cresce bene anche nei Paesi che presentano una stagione umida ed una
stagione secca (Stati Uniti, Cina, India, Brasile).
Per le sue caratteristiche tecnologiche e costi di produzione contenuti il cotone è ancora oggi la fibra
tessile più usata.
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Le fibre tessili vegetali
La produzione del cotone
La pianta di cotone è annuale, con un ciclo vegetativo che dura circa sei mesi. Trascorsi circa tre mesi
dalla semina su un terreno arato e pareggiato, effettuata con una macchina seminatrice, la pianta si
presenta come un arbusto di altezza media. Alla fioritura segue la formazione dei frutti, che sono
capsule ovoidali. Nei tre mesi successivi la sfioritura, il frutto matura e la capsula cresce e si indurisce.
In questo periodo si sviluppano all’interno moltissimi peli, lunghi anche 60 mm, che si avvolgono a
spirale attorno ad una decina di semi e che rimangono ben compressi.
A maturazione raggiunta, quando le capsule (che hanno raggiunto la dimensione circa di un uovo di
gallina) si aprono e mostrano la soffice bambagia dell'interno, si ha il momento della raccolta, che
viene praticata a mano nei Paesi poveri (in cui la manodopera è abbondante e a basso costo) o con
macchine aspiratrici, negli Stati Uniti e in Russia.
Raccolta manuale del cotone
Raccolta meccanica del cotone con macchine aspiratrici
La aspiratrice avanza nella piantagione ed aspira le capsule. Queste vengono poi accumulate in un
grande cesto sistemato sul retro della macchina. Dopo la raccolta il cotone viene trasportato in uno
stabilimento e lì rimane per alcuni giorni, per la maturazione e l’essiccamento, che faciliteranno la
successiva sgranatura o ginnatura.
Successivamente si passa alla separazione delle fibre dal seme: a questo scopo le capsule sono
trattate con le macchine sgranatrici che separano le fibre più lunghe (fino a 40 mm) del cotone dette
lint (garza, filaccia) dai semi. La qualità del cotone è tanto maggiore quanto più lunghe sono le fibre.
Ogni capsula pesa circa 30 grammi, da cui si ricavano 10 grammi di fibra ed il resto è costituito dai
semi.
Le masse di lint (cotone greggio) vengono pressate in balle per mezzo di torchi (cotone sodo) ed
inviate all'industria cotoniera per la mercerizzazione e la filatura dei tessuti.
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Le fibre tessili vegetali
In varie specie di cotone, i semi, dopo la prima sgranatura - separazione della fibra (lint) dal seme-,
sono ancora ricoperti di una corta peluria, il linter e che ha fibre troppo corte per essere filate. Dopo
aver eseguito una seconda sgranatura, il linter viene adoperato per imbottiture, per fare il cotone
idrofilo e per ricavarne cellulosa per le industrie della carta e delle fibre artificiali. Il linter può essere
utilizzato anche nella fabbricazione del raion, della cellulosa purissima e della celluloide.
Infine, dalla spremitura dei semi di cotone si ricava un olio commestibile. Quanto rimane dopo
l’estrazione dell’olio (sansa) viene usato nella fabbricazione dei saponi, come mangime per bestiame e
come fertilizzante.
Il lint (fibre lunghe) ed il linter (fibre corte) sono le materie prime e con esse si chiude il ciclo della
lavorazione primaria del cotone.
Caratteristiche, proprietà ed impieghi del cotone
Il cotone grezzo contiene fino al 95% di cellulosa, la parte rimanente è costituita da acqua e altre
sostanze organiche e minerali. La caratteristica che più concorre ad adoperarlo per ottenere tessuti e
filati ed a stabilirne la qualità è la lunghezza delle fibre, da 10 a 50 mm circa.
Cotone a fibra corta: da 10 a 18 millimetri; cotone a fibra media: da 18 a 28 millimetri e cotone a
fibra lunga: da 28 a 48 millimetri e più.
Queste hanno una sezione nastriforme e sono percorse da un canale centrale, detto lumen, che
agevola l'assorbimento dell'acqua: per questo il cotone possiede buona igroscopicità, permeabilità
all'acqua e all'aria e, a contatto con la pelle, dà una piacevole sensazione di benessere. Queste
proprietà fisiche conferiscono al cotone apprezzate qualità igieniche: infatti è in grado di assorbire
sudore e umidità e non causa reazioni allergiche. Buona è la sua resistenza alle sollecitazioni (agli
strappi).
Le fibre di lino si presentano al microscopio come un nastro
cavo con avvolgimento a spirale. Micrografia ingrandita
circa 200 volte di fibre di cotone.
I cotoni prodotti in Egitto sono i più apprezzati del mondo sia per finezza sia per lucentezza e
resistenza. I cotoni dell’India sono in genere a fibra corta, grossa e ruvida, quindi scadenti, ma hanno
il vantaggio di avere un costo molto basso.
La mercerizzazione del cotone è uno dei trattamenti chimici più comuni che si pratica sul cotone, allo
scopo di migliorare le caratteristiche naturali della fibra. Consiste nel trattare il cotone in una
soluzione concentrata di soda caustica in modo che diventi brillante, di facile tintura, più elastico e
tenace.
Tra le proprietà tecnologiche, va segnalato che il cotone è facilmente lavorabile, si presta molto
bene alla tintura e all'appretto durante la stiratura, è lavabile senza particolari precauzioni e può
entrare in mischie con altre fibre.
Terminologia. Ricerca sul vocabolario il significato della parola appretto
Appretto = sostanze (fecola, amido) impiegate per conferire ai tessuti caratteristiche particolari,
come morbidezza, peso, impermeabilità, lucentezza ecc.
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Le fibre tessili vegetali
I settori produttivi in cui il cotone trova impiego sono numerosissimi.
Tra i prodotti tessili del cotone si hanno tele, spugne, velluti, tovagliati, popeline, fustagni, mussole,
ecc. Da segnalare la tela blue-jean un prodotto dalle larghissime applicazioni nell'abbigliamento.
Il cotone è impiegato anche nel settore sanitario grazie al suo eleva potere assorbente (garze, bende,
cotone idrofilo).
Esercizio: Completa lo schema ad albero che rappresenti le fasi della lavorazione del cotone
Raccolta
Maturazione ed essiccazione
Sgranatura dei semi
Dura due o tre mesi perché i frutti del cotone non maturano tutti
insieme.
Si compie in mesi diversi a seconda della località.
Per qualche giorno in
successiva sgranatura.
magazzini
asciutti,
per
facilitare
la
Con *macchine sgranatrici per separare la peluria (bambagia) dai
semi.
Cernita linters
Per separare i fili *lunghi (lint o cotone) dai fili corti (*linters).
Cotone greggio
In forma di bambagia che, mediante torchi, si comprime in balle
(cotone sodo) che hanno forma e peso vario a seconda della
provenienza (100-400 kg).
I blue jeans
La famosa tela in cotone grosso e robusto, originariamente
di colore azzurro (e da qui il nome che è composto da
blue, blu e jeans, plurale di jean che deriva da Genes,
Genova) che veniva impiegata per realizzare indumenti da
lavoro.
Il jeans è ormai parte del nostro quotidiano, ci
accompagna in tutti i momenti e le occasioni della vita e
spesso ne segna le tappe più significative. In questa sua
funzione il jeans diventa una seconda pelle e vive con noi,
migliorando con il tempo la propria immagine e mostrando
la bellezza delle texture proprio nell'invecchiamento.
La storia del jeans è certamente legata ai mutamenti della
storia del costume e dei “costumi“, partendo dalle più
antiche origini (uso della tela genova, costumi popolari e
manufatti artistici della tradizione tessile ligure e del sud
della Francia risalenti al XVIII e XIX secolo) per arrivare
alla produzione americana dagli anni '20 agli anni '60 del
Novecento, fino ai nostri giorni con le innovazioni nel
campo dei trattamenti su tessuto e su capo finito.
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Le fibre tessili vegetali
Interdisciplinare
La mostra “Jeans!Le origini, il mito americano, il made in Italy”, organizzata dalla Fondazione Museo
del Tessuto di Prato è un percorso espositivo che cerca di chiarire i diversi passaggi storici che hanno
permesso a questo tessuto di affermarsi e di modificare in modo significativo il costume dei nostri
tempi. La prima sezione affronta le origini genovesi del tessuto attraverso reperti che testimoniano la
sua ampia diffusione in epoca storica, sotto la generica definizione di ‘fustagno’, prodotto che
abbraccia diverse tipologie di stoffe di uso popolare. Tale vocazione si mantiene anche nella storia
americana con la nascita dei primi grandi marchi – Levi’s, Lee, Wrangler – che utilizzano il Jeans per
confezionare capi da lavoro studiati secondo esigenze che seguono i tempi e i modi dell’economia
statunitense tra Otto e Novecento. Alla metà del XX secolo, quando il Jeans diventa espressione
dell’abbigliamento informale e giovanile, si assiste al suo ritorno in Italia, accolto dalle prime aziende
toscane che lo promuovono e lo trasformano, nel corso degli anni, in versioni sempre più fashion.
Questo aspetto riguarda ormai la contemporaneità e la trasformazione è il suo linguaggio privilegiato.
Le origini del jeans
L’origine dei blue – jeans si può ricostruire dal nome del capo di abbigliamento più noto e diffuso al
mondo. Blu indica il colore, jeans la città di origine: entrambi i fattori hanno conosciuto nella città di
Genova e nel suo porto l’esordio iniziale. La storia del Jeans si ripercorre attraverso la produzione di
stoffe che soddisfacevano le esigenze di larghe masse di popolazione, denominate genericamente
“fustagni”. Questi nel Medio Evo designavano tessuti di cotone misti a lana o lino che, con il passare
degli anni, si codificano in una struttura con trama di cotone e ordito di lino. Gli addetti alla
lavorazione erano contadini reclutati nelle campagne non iscritti a corporazioni ma dediti alla tessitura
nei periodi di pausa dal lavoro nei campi.
I Teli della Passione, le vesti delle statuine dei Presepi genovesi, i costumi popolari liguri costituiscono
preziose testimonianze di queste tipologie di tessuti e dell’uso della tintura con indaco e guado. In
Europa, già nel Medioevo, la coltivazione del Guado (Isatis Tinctoria) era fiorente e costituiva una
risorsa economica rilevante tanto da essere denominata “oro blu”. In Lombardia, Piemonte, Toscana,
Marche e soprattutto in Umbria esistevano importanti coltivazioni di guado a fini tintori. Ne sono
testimonianza i manufatti denominati “tovaglie perugine” che impiegano questo colorante nelle trame
di cotone che definiscono il disegno. L’indaco (Indigofera tinctoria) proveniente, come dichiara il
nome, dalle ‘Indie’ rappresentava un prodotto costoso ma più ricco di potere colorante e per questo in
alcune epoche osteggiato dai coltivatori e tintori di guado.
In mostra sono presenti abiti popolari liguri dei sec. XVIII – XIX provenienti dal Museo Nazionale di
Arti e Tradizioni Popolari – Roma, dal Museo Civico Etnografico “G. Podenzana” – La Spezia, dalla
Galleria Nazionale di Palazzo Spinola – Genova; statuine del presepe dello scultore genovese Pasquale
Navone e della sua bottega datate alla seconda metà del Settecento raffiguranti pastori abbigliati con
capi jeans, provenienti dal Museo Civico G. Luxoro – Nervi, Genova; una selezione di acquerelli
ottocenteschi dell’autore A. Pittaluga provenienti dal Museo Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari –
Roma, raffiguranti personaggi maschili e femminili nell’abito tradizionale genovese o di altre località
liguri; due parati sacri raffiguranti storie della Passione di Cristo provenienti dal Museo Diocesano di
Genova (“Gesù spogliato e abbeverato di fiele” e “La Deposizione”) dipinte a monocromo su tele blu
databili tra il XVI e il XVII secolo, esempi unici di come questa tela sia stata impiegata per la
realizzazione di apparati liturgico-devozionali del XVI secolo.
Per finire sono esposti anche dei frammenti di tessuti del museo stesso dal XV al XVIII sec. tinti in
guado e indaco.
Il jeans in America
I Jeans costituiscono il capo d’abbigliamento che ha maggiormente influenzato il costume del nostro
tempo.
Per comprendere le ragioni di tale ruolo è necessario tornare alle origini e seguire l'evoluzione del
denim workwear, quello degli indumenti da lavoro, evidenziando i cambiamenti stilistici apportati nel
contesto economico e sociale del loro tempo e mettendo in risalto i meriti di tre importanti produttori
di Jeans americani: Levi Strauss & Co., H.D. Lee Inc. e Blue Bell/Wrangler.
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Le fibre tessili vegetali
Dopo la metà del XIX secolo il Jeans lega la propria fortuna all’abbigliamento da lavoro, data la sua
particolare resistenza all’uso. Dalla funzione di pantalone il jeans si estende alle divise da lavoro degli
operai delle prime ferrovie transamericane, ai custodi di bestiame fino ai taglialegna.
Dal secondo dopoguerra il jeans diventa indumento per la vita all’aperto, per il tempo libero, per un
abbigliamento informale legato alla moda giovane.
Il nucleo centrale della mostra è costituito dall’esposizione di quaranta capi d’abbigliamento, tra
pantaloni e giubbotti, provenienti dagli Archivi A.N.G.E.L.O. e Giovanni Masi.
I capi in esposizione evidenziano i cambiamenti apportati nella confezione in un arco cronologico che
spazia dagli anni Venti del Novecento agli anni Settanta, epoca in cui il Jeans ha ormai da tempo
abbandonato l’immagine workwear per abbracciare un nuovo corso come simbolo dell'abbigliamento
casual più indossato al mondo.
Alcuni esempi: il primo giubbotto in Denim, in 9oz..XX della Levi Strass &Co. , il modello Denim Blouse
506XX First Edition ; i leggendari Lee Bib Overalls in Denim da 8 oz della H.D.Lee, linea di
abbigliamento da lavoro; il modello 11MW (Men's Western) in Denim da 11oz della Wrangler, linea di
Jeanswear per Cowboy e Rodeo Riders.
Il ritorno del jeans in Italia
Il ritorno del Jeans in Italia è segnato dall’esperienza pionieristica di alcune aziende toscane che, più o
meno consapevolmente, hanno conosciuto i capi americani attraverso il mercato dell’usato o come
abbigliamento destinato nello specifico al lavoro. I capi storici delle aziende nella confezione e nella
grafica pubblicitaria mostrano una chiara derivazione da modelli americani, riconoscibile nella proposta
del “cinque tasche western” che prima della guerra rappresentava, per gli autorevoli marchi
statunitensi, la linea di maggiore successo. Il fascino del Far West e il mito dei cowboy attraversano le
prime produzioni italiane sebbene nel giro di poco tempo, dal Settanta ai primi anni Ottanta, si
mettano in luce “forme” e dettagli in linea con moda.
Questo periodo è seguito, alla metà degli anni Ottanta, dalla rivisitazione del “cinque tasche western”
questa volta trasformato in capo fashion grazie a speciali trattamenti che imitano le usure naturali del
denim.
In primo piano le aziende produttrici toscane dell’area tessile/abbigliamento pratese che per prime
hanno prodotto jeans: Rifle (Prato, poi Barberino di Mugello – Firenze) e Manifatture 7bell / Roy
Roger’s (Campi Bisenzio – Firenze).
Insieme ai capi storici di queste due aziende, che coprono un arco cronologico dagli anni Sessanta ai
primi anni Ottanta, la mostra presenta anche una selezione dei più importanti marchi italiani che a
partire dalla fine degli anni Settanta hanno rappresentato l’Italia nel panorama del jeanswear:
Americanino, Carrera, Closed, El Charro, Fiorucci, Jesus, Meltin’pot, Swinger, Ufo e altri.
Il jeans oggi
La produzione contemporanea di jeans, in particolare la realtà del made in Italy, è caratterizzata da
grande versatilità ed il carattere camaleontico di questo prodotto ne fa una vera icona
dell'abbigliamento contemporaneo. Dal denim tradizionale alle proposte più ardite, si va dalle
possibilità creative alle innovazioni tecnologiche. La produzione tessile è rappresentata da una
selezione di campioni che ruotano intorno a cinque nuclei tematici: il tessuto tradizionale, le variazioni
nel colore, nelle fibre, nella texture e le 'divagazioni' sul tema con alcuni prodotti contraddistinti da
una forte componente creativa.
L'esigenza di riprodurre artificiosamente l'effetto vissuto e consumato dei capi in jeans ha fatto
nascere una vera e propria industria del 'maltrattamento' in capo. L'excursus parte dalle lavorazioni
classiche (stone washed, destroy, bleached) per giungere a quelle più esasperate (macchiati, resinati,
rammendati, disegnati al laser ecc.).
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Le fibre tessili vegetali
Interdisciplinare: Il cotone e la schiavitù
I procedimenti moderni
di coltivazione e di
raccolta si sono diffusi
solo in questo secolo,
mentre
nel
secolo
scorso, fino alla Guerra
di
Secessione
americana (1861-1865)
questi
lavori,
nel
mezzogiorno degli Stati
Uniti, venivano svolti
completamente a mano
dagli schiavi neri.
Per i piantatori del sud,
gli schiavi costituivano
la
proprietà
più
preziosa, e sul loro
lavoro
era
principalmente basata
l’economia
della
regione.
schiavi nelle piantagioni
L’importazione dall’Africa di schiavi da adibire alla coltivazione del cotone (la cosiddetta tratta degli
schiavi) fu particolarmente intensa nella prima metà del secolo XIX: il numero di schiavi neri negli
Stati Uniti, nel periodo compreso tra il 1790 ed il 1860, aumentò infatti da circa 700.000 unità a
4.000.000.
Le popolazioni indigene americane erano piuttosto scarse e si assottigliarono sempre di più, dal
momento che la presenza di conquistatori europei, apportatori di malattie banali (raffreddori,
influenze, ecc), provocò la scomparsa di migliaia di persone, non abituate a queste affezioni, per
loro letali.
Inoltre gli indigeni erano considerati inadatti al
lavoro. I neri dell'Africa, invece, erano molto più
robusti e resistenti alla fatica.
Alla fine del XVIII secolo. un uomo giovane
veniva acquistato per 26 sterline sulla costa
occidentale e rivenduto per 40 in America. Gli
schiavi sbarcati oltreoceano tra il 1501 e 1888
furono circa 9.475.000.
A iniziare la tratta, cioè la deportazione di
centinaia di migliaia di neri verso l'America,
furono i portoghesi nel secolo XV, fin dai primi
contatti con le popolazioni nere della Guinea e,
poco dopo che le tre caravelle di Cristoforo
Colombo sbarcarono nel nuovo mondo (12
ottobre 1492), Lisbona diventò un gigantesco
mercato di schiavi.
Il golfo di Guinea venne ribattezzato "golfo degli schiavi", qui gli schiavi qui gli schiavi superstiti
venivano rimpinzati di cibo, curati, lasciati riposare, ripuliti e addirittura unti con olio di palma per
ben figurare agli occhi dei mercanti: persino i loro denti venivano resi bianchi e lucenti con speciali
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Le fibre tessili vegetali
radici mediche. Alla fine la "merce umana" veniva esposta al mercato degli schiavi, dove i
compratori sceglievano i pezzi migliori con vere e proprie aste.
Poi l'imbarco alla volta di Haiti, Cuba, Brasile,
Santo Domingo; pigiati uno sull'altro incatenati
lunghi catenacci delle stive delle "navi negrierie",
spesso vecchie carrette che si sfondavano dopo
qualche chilometro di navigazione. Altissima
percentuale di quelli che non arrivavano a
destinazione e finivano in pasto ai pesci: dal 50%
al 70%.
Anche i sovrani neri africani, scoprirono il valore
di quel mercato e ne presero subito parte,
vendendo alle potenze europee i propri prigionieri
di guerra in cambio di stoffe pregiate , sete,
perle, pietre preziose, acquavite, cannoni, polvere
da sparo e armi:
con questo sistema vennero venduti e deportati
21 milioni di neri di questi, 10 milioni morivano durante la traversata, a causa delle terribili
condizioni in cui venivano trasportati.
Nella seconda metà del XVIII secolo l'Europa "cristiana" incominciò a rendersi conto della
disumanità di questo traffico. A promuovere la campagna per la sua abolizione furono soprattutto i
quaccheri in Gran Bretagna e in America (per motivi religiosi: gli uomini sono uguali davanti a Dio),
gli schiavi liberati con un'educazione occidentale, che si stabilirono in Inghilterra e rivoluzionari
francesi del 1789, che predicavano la libertà, l'uguaglianza e le fraternità.
La rivoluzione, con la solenne dichiarazione dei diritti
dell'uomo e del cittadino, abolì formalmente la schiavitù,
anche se il turpe commercio continuò indisturbato per
decenni, con una sola differenza: che essendo vietato e
clandestino, fece salire il prezzo della "merce".
Nel complesso la maggior potenza schiavistica fu il
Portogallo, con 30 mila traversate atlantiche in quattro
secoli, seguiti dall'Inghilterra, con 12 mila.
Gli ultimi paesi a spezzare le catene degli schivi furono il Brasile e Cuba, nel 1888. Nel 1926, dopo
la prima guerra mondiale, la società delle nazioni deliberò ufficialmente la fine della tratta e dello
schiavismo in tutto il mondo.
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Le fibre tessili vegetali
Il lino: una fibra di qualità di uso antichissimo
Il lino è la fibra tessile che si ricava dal fusto dell'omonima pianta
erbacea appartenente alla famiglia delle linacee.
Le fibre sono i vasi conduttori che trasportano l’acqua dalle radici
alle foglie, sottili come capelli e lunghi, dai 60 ai 120 cm circa,
come lo stelo.
Pianta di lino dal fiore viola
Originaria dell'Asia Minore, I Babilonesi e gli Egiziani usavano corde di lino per innalzare i blocchi di
pietra per le loro costruzioni e di lino erano anche le bende in cui erano avvolte le mummie dei
Faraoni. Il lino si coltiva oggi in regioni a clima temperato umido, soprattutto in Europa (Francia,
Olanda e Romania) e nelle repubbliche europee dell'ex URSS.
La produzione del lino
Il lino è una pianta annuale, con un ciclo vegetativo di circa quattro mesi.
Su un terreno arato e pareggiato si effettua la semina dei semi mediante una macchina seminatrice.
Le piante sono state seminate molto fitte, così durante la successiva crescita non avranno possibilità
di prendere vigore e resteranno quindi esili. In questo modo anche i vasi conduttori resteranno sottili e
le fibre saranno fini e morbide.
Dopo circa tre mesi le piante hanno già un stelo alto circa 1 metro, con foglie sparse e strette. Il fiore
può essere bianco o azzurro, a seconda della qualità. Alla fine del quarto mese gli steli verranno
raccolti con una macchina che li sradica da terra senza tagliarli. Così facendo la fibra non viene
accorciata e conserva la lunghezza della pianta.
Inoltre la pianta viene raccolta prima della maturazione dei semi, per evitare la lignificazione, ossia un
irrigidimento delle cellule che si impregnano di lignina, che danneggerebbe la finezza della fibra
stessa.
Steli e fibre grezze di lino
Dopo il raccolto, le piante vengono raccolte in fasci e le cime vengono battute per recuperare il seme.
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Le fibre tessili vegetali
Per ottenere la fibra tessile, occorre innanzitutto separare le fibre della pianta, che sono saldate tra
loro da una sostanza di natura proteica, le pectine, che costituiscono un collante naturale. Ciò si
ottiene con la macerazione dei fusti in acqua stagnante o, più modernamente e rapidamente, in
cisterne piene d’acqua riscaldata a circa 30°, allo scopo di sciogliere la pectina, per separare, grazie
all’azione dei batteri, la fibra dalla foglia.
Dopo l'essiccazione al sole dei fasci macerati, altri trattamenti meccanici (stigliatura) separano la parte
fibrosa dalla parte legnosa e da altre impurità : con la maciullatura, il materiale viene fatto passare tra
due serie di rulli, per separare le sostanze legnose ed estranee dalla fibra vera e propria, chiamata
filaccia; la scotolatura conclude la pulizia della fibra.
Successivamente le fibre sono sottoposte alla pettinatura che permette la separazione delle fibre
troppo corte e spezzate (stoppe) dalle fibre lunghe che quindi vengono disposte parallelamente tra
loro per pi comporle in matasse ed avviarle alle successive operazioni di filatura e tessitura.
Il lino più pregiato è quello raccolto non ancora maturo.
Il colo re dipende i parte dal tipo di macerazione subita dagli steli e varia dal bianco al giallognolo al
grigio; il più pregiato è un bianco-argenteo lucente, serico.
Le stoppe, fibre corte e spezzate, costituiscono un sottoprodotto della lavorazione del lino e sono
utilizzate come materia prima nell’industria cartaria e nella preparazione di cordami.
Dai semi del lino si ottiene l’olio, utilizzato nell’industria delle vernici e del linoleum ed in farmacia
come emolliente e lassativo.
Esercizio: Realizza lo schema ad albero che rappresenti le fasi della lavorazione del lino
etroina
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Le fibre tessili vegetali
Ciclo produttivo del lino
raccolta e sgranellatura: gli steli staccati da terra, riuniti in fasci, vengono fatti essiccare e liberati
dai semi;
macerazione: in cisterne con acqua calda a circa 30°C per 4-14 giorni, allo scopo di sciogliere la
pectina ad opera dei batteri e separare la fibra, oppure con metodi microbiologici (in presenza di
microrganismi);
essiccazione: all’aria per eliminare l’umidità in eccesso;
stigliatura: la filaccia viene separata dalla parte legnosa per battitura con macchine munite di cilindri
rotanti (gramolatura) ovvero di coltelli di legno (scotolatura);
pettinatura: ha lo scopo di separare le fibre corte e di parallelizzare le altre;
confezione: la fibra viene confezionata in trecce da 200-300 g ed inviata alle filande.
Caratteristiche, proprietà e impieghi.
Le fibre del lino, ricavate dal fusto, sono lunghe 50-60 cm: ciò conferisce loro resistenza meccanica
superiore a quella del cotone e migliore attitudine ad essere filate. Poiché le fibre contengono, oltre
alla cellulosa, grassi e cere, il lino possiede una brillantezza e un aspetto sericeo tipici, molto
apprezzati.
L'elevata conducibilità termica e la conseguente sensazione di freschezza che trasmette quando viene
indossato è una ulteriore proprietà che fa del lino una fibra pregiata e dal costo piuttosto elevato. Gli
impieghi della fibra di lino sono esclusivamente tessili. Dai filati si ottengono tessuti finissimi e di
qualità, per biancheria, lenzuola, corredi di pregio per la casa. In particolare, il lino è ricercato nella
produzione di capi d'abbigliamento per la stagione estiva.
Le fibre di lino si presentano con le estremità affilate e con
venature trasversali ad X. Micrografia ingrandita circa 200
volte di fibre di lino.
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Le fibre tessili vegetali
La canapa
È la fibra che si ricava dal libro del fusto della
Cannabis sativa, una pianta erbacea annuale
appartenente alla famiglia delle urticacee. La
canapa, originaria dell' Asia, è coltivata in Cina,
India, nell'ex URSS, in Europa. La lavorazione
dei fusti, alti dai a 3m ai 5m, è simile a quella
del lino: raccolta, macerazione, lavatura ed
essiccamento, stigliatura, cernita e pettinatura
della fibra.
Canapa posta a marcire ed essiccare
Negli opifici, la fibra grezza viene sottoposta ad operazioni di cernita e di pettinatura:
• durante la cernita viene suddivisa a seconda della lunghezza, del colore e della morbidezza;
• durante la pettinatura le fibre lunghe vengono separate dalle fibre più corte e scadenti, che
verranno utilizzate per fabbricare corde, sacchi e rivestimenti.
Inoltre nelle industrie oggi, la canapa viene sottoposta alla cotonizzazione, cioè viene imbiancata,
disintegrata, fino a ridurla in fiocco come il cotone allo scopo di trasformarla in filato fine, regolare e
morbido.
Fibre grossolane e fibre fini costituiscono quindi le materie prime della lavorazione della canapa.
La canapa che è costituita essenzialmente da cellulosa, possiede un buon potere assorbente ed ha
proprietà analoghe a quelle del lino, ma è più resistente, ruvida e grossolana. Trova impiego
nell'abbigliamento, nell'arredamento, nella fabbricazione di tele-sacco, tendoni e cordami.
Micrografia ingrandita circa 200 volte di fibre di canapa
etroina
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Le fibre tessili vegetali
Il colore della fibra varia dal bianco avorio al bruno corda. La canapa italiana è di colore biondo chiaro,
morbida, lucente e molto pregiata.
Le migliori qualità di canapa si usano per fare tele, spesso miste con lino, per l’abbigliamento, per
l’arredamento e per la tovaglieria. La canapa è anche utilizzata nella fabbricazione degli spaghi,
cordami, cinghie, nastri, cavi, ecc. I cascami in genere servono per produrre carta ad alta resistenza.
Ciclo produttivo della canapa
raccolta e sgranellatura: gli steli staccati da terra, riuniti in fasci, vengono fatti essiccare e liberati
dai semi;
macerazione: in cisterne con acqua calda a circa 30°C per 4-14 giorni, allo scopo di sciogliere la
pectina ad opera dei batteri e separare la fibra, oppure con metodi microbiologici (in presenza di
microrganismi);
essiccazione: all’aria per eliminare l’umidità in eccesso;
cernita: per dividere le fibre in base alla lunghezza, al colore, alla morbidezza;
pettinatura: ha lo scopo di separare le fibre corte e più scadenti (stoppa) e di parallelizzare le altre.
etroina
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Le fibre tessili vegetali
L’Agave.
Si tratta di un vasto gruppo di piante erbacee perenni,
originarie dell' America centromeridionale, con foglie lunghe,
carnose e aculeate, lunghe fino a 2 m. La varietà più usata è
l'agave sisalana. Dalle foglie, lasciate essiccare al sole, si
ricavano fibre robuste e rigide, adatte per la fabbricazione di
stuoie e cordami.
La Iuta.
La iuta è la fibra tessile, a base di cellulosa fortemente
significata, che si ricava dal fusto del Corchorus, della famiglia
delle gigliacee, pianta tropicale erbacea perenne originaria
dell'India e coltivata principalmente in India, Indovina, Birmania.
La fibra si ricava dal fusto tramite un trattamento di
macerazione seguito da una serie di operazioni meccaniche.
Il colore della fibra può essere giallo chiaro o bruno-giallastro.
La iuta è una fibra ruvida grossolana,
che trova impiego
essenzialmente nella produzione di tele e sacchi da imballaggio
o per tessuti utilizzabili come stoffe per rivestimenti murali e
supporto per tappeti.
Altre fibre vegetali
Nel panorama delle fibre tessili vegetali vanno inoltre ricordati il kapok, il ramié e la sisal che sono
ricavati da piante tropicali ed il cui uso è limitato generalmente a reti, cordami ed imballaggi.
etroina
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Le fibre tessili vegetali
Rispondi alle seguenti domande sul tuo quaderno
1. Che cos'è il cotone? Descrivine caratteristiche, proprietà e impieghi.
2. Come avviene la produzione della fibra del cotone? Traccia un semplice diagramma a
blocchi.
3. Che cos'è il lino? Descrivine caratteristiche, proprietà e impieghi.
4. Come avviene la produzione della fibra del lino? Traccia un semplice diagramma a
blocchi.
5. Illustra mediante uno schema, le fasi di lavorazione della canapa.
Indagine da svolgere a casa. Osserva nella tua casa e ricerca almeno 6 capi di biancheria e di
abbigliamento realizzati con fibre vegetali (cotone, lino e canapa) e cerca di spiegare i motivi che
fanno preferire quel tipo di fibre per quell’uso. Raccogli i dati in una tabella.
Materiali
Cotone
Lino
Canapa
Nome del capo
Impiego
Dovrai esporre in classe oralmente i risultati della tua indagine.
etroina
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Le fibre tessili vegetali
Obiettivo: Saper distinguere le fibre vegetali in base alle loro proprietà e caratteristiche
Esercizi:
Il costituente essenziale delle fibre vegetali è:
la
la
la
la
fibroina
cellulosa
cheratina
caseina
Le fibre vegetali sono:
buone conduttrici del calore
cattive conduttrici del calore
isolanti
assorbenti
Le fibre vegetali alla prova della combustione:
bruciano con difficoltà
bruciano con fiamma viva
non bruciano ma si contraggono
fondono
La fibra di cotone al microscopio si presenta:
come un nastro cavo con avvolgimento a spirale
a struttura embricata
come due fili paralleli
a forma di cilindro regolare
La fibra di lino si presenta al microscopio:
a struttura embricata
con estremità affilate e con striature trasversali
a forma di cilindro regolare
come due fili paralleli
La fibra di canapa al microscopio si presenta:
come un tubo rigato longitudinalmente e trasversalmente
a forma di cilindro regolare
come due fili paralleli
a struttura embricata
etroina
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Le fibre tessili vegetali
Obiettivo: Comprendere i principi relativi ai processi di lavorazione e trasformazione delle
fibre vegetali
Esercizi:
La fibra di cotone si ottiene:
mediante
mediante
mediante
mediante
la sgranatura di semi
la sfilacciatura del fusto
la stigliatura
pettinatura
Per ottenere la fibra di lino, il fusto della pianta viene sottoposto a macerazione allo scopo
di:
sciogliere la pectina per separare, grazie all’azione dei batteri, la fibra
dalla foglia
per eliminare la corteccia
per renderlo più morbido
per renderlo più bianco
Il lino e la canapa vengono sottoposti alla pettinatura, che ha lo scopo di:
rendere le fibre parallele
eliminare le fibre scadenti
separare le fibre dai semi
sfilacciare le foglie
Obiettivo: Conoscere i
caratteristiche
trattamenti
praticati
sulle fibre vegetali
per
migliorarne le
Esercizi:
Il cotone viene sottoposto alla macerazione per renderlo più brillante, tenace ed elastico.
Tale trattamento consiste:
nel trattarlo con soluzione concentrata di soda caustica
nell’immergerlo in acqua bollente a 100°C
nel sottoporlo all’azione di vapore surriscaldato
nel trattarlo con calce
La canapa viene sottoposta alla cotonizzazione allo scopo di poterla lavorare come il cotone
e trasformarla:
in
di
di
di
filato fine e regolare
renderla più elastica
renderla più sottile
imbiancarla
etroina
18
Le fibre tessili vegetali
Prove di verifica sperimentale
Materiali:
una striscia di tessuto di fibra vegetale
soluzione bollente di potassa caustica al 10%
acido cloridrico concentrato
2 provette di vetro
un ago grosso
per verificare il comportamento delle fibre vegetali alla combustione:
stacca dal tessuto alcuni fili, aiutandoti con l’ago ed avvicinali alla fiamma di una candela. Appena
inizierà la combustione allontanali dalla fiamma tenendoli orizzontalmente ed osserva.
per verificare il comportamento delle fibre vegetali all’azione di acidi e di alcali:
versa in due provette di vetro separate la soluzione di potassa caustica e l’acido cloridrico. Immergi
una parte del campione nella potassa e l’altra parte nell’acido cloridrico. Lascia immerso per 5 minuti
ed osserva.
etroina
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