Relazione - Comune di Sezze

annuncio pubblicitario
PROVINCIA DI LATINA
COMUNE DI SEZZE ROMANO
PIANO DEL COLORE
RELAZIONE
CO.SVI.M.
CONSORZIO PER LO SVILUPPO LOCALE DEL MEZZOGIORNO
SEZZE
RELAZIONE STORICA
L’origine di Sezze risale al periodo preromano; il centro sorse ad opera di popolazioni latine su una
collina calcarea al limite della pianura Pontina. L’elemento caratteristico del primo nucleo urbano
fu l’area religiosa collocata nel punto più alto identificabile con l’Arx.
Veduta di Sezze da sud-est
L’attuale territorio di Sezze conserva testimonianze antichissime di frequentazioni umane e di
organizzazioni di centri urbani. La tradizione vuole che la città di Sezze, come gli altri centri
limitrofi, venne fondata da Ercole. Nel IV secolo fu un centro strategico nella contesa tra Latini e
Volsci come testimoniato anche dalla possente cinta muraria in opera poligonale. Nel 382 a.C la
città ebbe l’appellativo di colonia con il nome di Setia. Nonostante il ruolo di colonia nel 209 i
setini essendosi rifiutati di inviare uomini alla seconda guerra punica, la città dovette subire le
rappresaglie da parte dell’esercito romano. Durante la Guerra Sociale la città si schierò con Mario e
nell’ 82 a. C. fu conquistata dalle truppe di Silla. Con la pax romana Sezze non ebbe un ruolo
particolare ma fu centro di produzione agricola con vocazione prevalente per la produzione
vinicola, il cui prodotto affluiva principalmente nella capitale dell’impero.
Dalla caduta dell’impero romano al periodo medievale, si hanno scarse testimonianze, e si possono
dedurre alcune informazioni solo dall’analisi della struttura urbana e dalle sporadiche testimonianze
archeologiche. In questo periodo fu importante il ruolo della via Appia, che attraversando la pianura
sottostante rimaneva il canale di comunicazione principale lungo il quale si svolgevano le attività
più importanti. Altro fattore determinante che influenzò molto l’organizzazione del territorio e
dell’abitato di Sezze fu l’impaludamento della piana sottostante che determinò anche lo
spostamento più a monte dell’asse viario di collegamento. Mutò anche la gerarchia tra i vari luoghi
appartenenti al territorio comunale, ed all’interno della città, dove gli episodi più significativi si
realizzarono con la trasformazione dei principali luoghi di culto in chiese cristiane; la stagnazione
tardo-antica e altomedievale durò fino alla ripresa economica e sociale iniziata in epoca medievale.
Sotto il profilo feudale ed amministrativo Sezze probabilmente fu civitas poiché era sede vescovile
e godette di una certa autonomia lontana dal potere feudale. Nel 956 era amministrata direttamente
dalla Santa Sede con la quale ebbe un rapporto molto forte, consolidato dai diversi pontefici che vi
soggiornarono. Nel 1073, dopo essere stato eletto papa, Gregorio VII vi abitò per alcuni mesi. Per
circa un anno, nel 1116, vi dimorò anche il pontefice Pasquale II, e successivamente, nel 1182
anche Lucio III.
Carta feudale del Lazio Meridionale secolo XIII-XIV.
Nel 1036 vi fu trasferita la diocesi da Priverno e nel 1217 fu aggregata con pari dignità a quella di
Terracina. Nel secolo XI fu infeudata ai Conti di Ceccano come si evince dalla Cronaca di
Romualdo, mentre il Liber Pontificalis testimonia che successivamente, 1153, fu recuperata al
patrimonio della Chiesa. All’inizio del XIII secolo (1201) per i delicati equilibri politici esistenti in
questo territorio, Sezze fu concessa nuovamente alla famiglia dei Conti di Ceccano e Innocenzo III
concesse il castrum sitinum in beneficium a Giovanni da Ceccano. Tale privilegio fu revocato
propter ingratitudinem nel 1218 dal papa Onorio III. Nel 1227, i Setini furono costretti a giurare
fedeltà al nobile Landolfo, figlio di Giovanni, dal papa Gregorio IX, che riservò sul comune tutti i
diritti della santa sede.
Nel contesto delle continue lotte che investivano i vari centri pontini, Sezze e Trevi, stipularono nel
1305, un accordo di pace con Norma, Sermoneta e Bassiano.
Il papa Giovanni XXII, nel 1322, riconobbe alla città il mero e misto imperio, prerogativa che non
valse a sottrarla all’influenza della potente famiglia Caetani. Benedetto Caetani, conte palatino,
occupò la rocca di Sezze nel 1340. il governo di Sezze passò nel 1369 a Onorato I Castani che con
alterne vicende lo tenne fino al 1399, anno in cui gli fu sottratta da una sommossa popolare guidata
dal nobile Giovanni Ceccarelli.
Durante tutto il medioevo si manifestarono diversi scontri armati tra gli abitanti di Sezze e quelli
delle località limitrofe per la determinazione dei confini e di parti di territorio contese; tali fatti
influenzarono diverse decisioni politiche e provvedimenti amministrativi che sono testimoniati da
numerosi documenti d’archivio e fonti storiche.
Ex Palazzo Comunale – particolare della facciata su piazza Leoni.
Alla riorganizzazione politica ed economica, in epoca medievale, corrispose una riorganizzazione
urbanistica che conservando sostanzialmente inalterato il tracciato della città antica, ne trasformò
solamente alcuni nodi principali; nella riorganizzazione di alcune parti urbane, vennero cancellati
alcuni tratti viari inglobandoli all’interno delle nuove costruzioni. Nel 1278 i documenti
testimoniano che fu acquistata una casa con orti dove localizzare il palazzo comunale e la piazza
pubblica.
L’area del foro della città antica fu scelta per localizzarvi la nuova sede del Comune, dall’autorità
cittadina che sostituiva quella feudale, residente all’interno del castello ubicato nel circuito
dell’antica arx. Nel punto più alto dell’abitato in corrispondenza dell’attuale via castello era
localizzata la fortificazione di proprietà della famiglia di Giordano di Norma che a seguito di un atto
di pacificazione con il comune si impegnò a cedere al comune “domos suas cum turri et redimine et
orto in castro positas in Setia in decarcia Sancti Petri iuxta viam publicam, rem Francisci
Tacconis.…”. A seguito della costruzione della nuova sede del libero Comune l’area perdette il suo
ruolo strategico e col passare dei secoli l’antica struttura fortificata fu notevolmente trasformata.
Strutture moderne nel luogo della platea de incastellatura
In un altro documento del 1286 riguardante la ricognizione dei beni della chiesa di S. Maria, la
maggior parte delle case è nominata insieme a sedimina, medium, ortum. Questi documenti
confermano che nonostante la crescita della popolazione ed il conseguente incremento edilizio
all’interno delle mura esistevano ancora molti spazi liberi o destinati a giardino.
L’abitato all’interno delle mura fu organizzato in decarcie o contrade che costituirono
l’organizzazione amministrativa della città per molti secoli. I nomi derivano da toponimi
preesistenti come Codarda, Cisterna, Gulletto, o da gruppi familiari importanti e stabilmente
insediati come gli Strumilo, o dalle chiese che ne costituivano il riferimento principale, come San
Pietro e Sant’Angelo. La decarcia era una istituzione di origine bizantina, indicava una delimitata
porzione della città che in base al numero degli abitanti forniva un corrispondente contingente
militare. Ogni decarcia racchiudeva otto vintane, così denominata perché costituita da venti case.
A partire dal secolo XIV inizia un significativo cambiamento nell’organizzazione urbana ed anche
il nome delle decarcie progressivamente assume quello delle maggiori chiese esistenti nel distretto,
Codarda si trasforma in Santa Maria, Gulietto in Santa Parasceve, Cisterna in San Paolo, Strumilo
in Sant’Andrea, mentre Sant’Angelo e San Pietro mantengono la stessa denominazione. La funzione
delle decarcie era strettamente relazionata al numero degli abitanti e delle case che rappresentavano
anche l’unità fiscale per l’organizzazione militare e per la concessione di terre extraurbane. Ognuno
dei sei quartieri doveva avere un uguale numero di case per cui col passare degli anni le
circoscrizioni potevano subire delle modifiche di confine. I documenti testimoniano che le varie
decarcie erano più popolate e più densamente urbanizzata in corrispondenza della Cattedrale e delle
altre chiese dove erano maggiori anche le proprietà ecclesiastiche. Dai documenti si può ricostruire
abbastanza puntualmente la dinamica insediativa e la consistenza edilizia in rapporto alla proprietà;
spesso si riscontrano anche dettagliate descrizioni e la consistenza architettonica, testimoniando
l’esistenza di aree recintate e la presenza di numerose case torri appartenenti alla nobiltà residente
ed a quella proveniente da fuori città. Le altre proprietà più consistenti e numerose erano
generalmente in possesso delle chiese e delle principali comunità religiose.
A partire dalla seconda metà del XIII secolo lo sviluppo urbano divenne così intenso, la
popolazione raggiungeva circa 6000 abitanti, da non lasciare che pochi spazi liberi all’interno delle
mura, fu completato il palazzo comunale, furono riorganizzati gli antichi tracciati viari e
sicuramente furono rafforzate in più punti le mura romane ed in alcune zone se ne costruirono nuovi
tratti, il più importante dei quali è quello tra porta Pascibella e porta Sant’Andrea, in seguito anche
denominata porta Vittorio Emanuele Orlando.
Nel 1301 fu donato un sedimen di proprietà comunale a Riccardo Annibaldi in cambio della
costruzione del suddetto tratto di muro. Negli accordi era previsto che il muro di cinta fosse
costruito della stessa altezza della torre comunale esistente presso la porta Santa Parasceve, fosse
dotato di merlatura e senza nessuna apertura verso l’esterno, tranne lucernari e feritoie di difesa.
Dal documento richiamato si evince che questo tratto murario fu costruito ex novo, nel luogo dove
maggiore era divenuta la pressione demografica, anche in rapporto all’andamento dolce del pendio
della collina e dove l’antica cinta muraria opponeva meno resistenza all’espansione urbana. La
connotazione delle nuove edificazioni si percepisce molto facilmente ancora oggi, poiché il tessuto
edilizio presenta isolati molto regolari e di estensione superiore a quelli dei secoli precedenti; il
muro è quasi privo di salienti ed ha un andamento pressoché rettilineo ed uniforme privo di
qualsiasi traccia di strutture di epoca classica.
Tratto nord delle mura più volte modificato
Anche il settore nord delle mura urbane dovette subire delle trasformazioni ed adattamenti, poiché
troviamo attestata una Porta Nova, creata o attraverso la ristrutturazione di una antica struttura,
probabilmente Porta Rea, o costruita ex novo in rapporto a qualche ampliamento edilizio
verificatosi in quel luogo. Dalla stessa porta aveva inizio la strada che immediatamente divenne la
principale della città e che, come testimoniano i documenti d’archivio, doveva avere la larghezza di
due passi, tale provvedimento era teso a fornire un accesso degno alla nuova sede del palazzo
Comunale e più sopra alla platea de incastellatura dove di fatto, al posto del castello, erano sorte
alcune abitazioni appartenenti alle principali famiglie nobili. Inoltre tale asse tendeva a spostare il
centro di gravitazione verso il palazzo comunale, sede del potere civile sottraendo importanza alla
strada che conduceva attraverso porta Romana alla cattedrale centro del potere religioso.
Durante lo scisma d’occidente, in cui Onorato I fu uno dei maggiori protagonisti, la città di Sezze fu
al centro delle lotte fra le opposte fazioni. Alla morte del conte, proseguendo ulteriormente gli
scontri, per un breve periodo (1404-1414) fu occupata e tenuta dal re di Napoli Ladislao di Durazzo,
dal quale la riscattò il papa Giovanni XXII, versando un forte riscatto.
Cartografia del territorio di Sezze, secolo XVIII.
È probabile che proprio nel corso del XIV-XV secolo, durante i reiterati conflitti con i centri
limitrofi infeudati in maggioranza ai vari rami della famiglia Caetani fu riorganizzata la
fortificazione con l’inserimento di torri tonde nei punti dove le difese naturali e antiche erano più
facilmente attaccabili. Il perimetro murario, che si adattava alla conformazione naturale della
collina si apriva in quattro punti in corrispondenza delle porte che ricalcavano quasi interamente
quelle antiche. Partendo dal lato sud-ovest troviamo porta Romana o porta del Piano, probabilmente
più avanzata rispetto a quella antica, porta Gioberti o porta Nova che sostituisce porta Rea e
successivamente chiamata anche porta Paolina, porta Sant’Andrea, spostata più a sinistra rispetto
alla porta Norbana di cui ancora si vedono i resti e porta Pascibella o Santa Parasceve,
probabilmente anch’essa leggermente spostata rispetto a quella antica.
Porta Gioberti
Porta Pascibella
Tra il XVI ed il XVIII secolo, Sezze, governata dai legati pontifici, così come tutto il territorio
circostante dovette attraversare un periodo di crisi testimoniato dal progressivo intensificarsi del
fenomeno del banditismo che spesso fu utilizzato dai signorotti locali per raggiungere qualche loro
scopo particolare. Tale tipo di tensione fu ulteriormente acuito dalle ripetute lotte tra comuni
limitrofi per la definizione dei confini e dalle distruzioni subite nel 1556 dalle truppe spagnole
impegnate ad occupare tutta la Marittima, al comando del viceré di Napoli il Duca d’Alba;
nell’occasione nominò capitano e governatore Bernardo di Cordova. Nel 1559, in coincidenza
dell’elezione a pontefice di Pio IV, per le reiterate rivendicazioni territoriali, esplose una vera e
propria guerra tra Sezze e Sermoneta, le cui milizie distrussero il castello di Petrara, baluardo del
territorio setino. Tale distruzione fu accompagnata dalla morte di diverse centinaia di vittime. Ad
aggravare la situazione, nel 1655-56, scoppiò un’ epidemia di peste che propagatasi per tutta l’Italia
non risparmiò Sezze, dove il contagio fu portato da cittadini che l’avevano contratta a Bassiano.
A partire dalla fine del XVI secolo, ebbe inizio iniziò una fase di trasformazione urbana che si
manifestò maggiormente nel settore dell’edilizia religiosa, probabilmente in ossequio ai nuovi
dettami del concilio di Trento. In questo periodo vennero trasformate alcune delle chiese medievali,
furono ristrutturati interi isolati in rapporto alle nuove edificazioni di complessi religiosi che spesso
si sovrapposero al tessuto edilizio preesistente alterandone la configurazione orizzontale e verticale
in più punti. Nell’arco dei tre secoli successivi i complessi religiosi furono sistematicamente e
periodicamente oggetto di interventi di ristrutturazione o nuove edificazioni. Uno dei casi più
significativi è rappresentato dalla costruzione del nuovo complesso del vescovado sul sito della
chiesa di San Paolo di cui ancora si conserva il campanile romanico.
Venne edificata la chiesa del Bambino Gesù, probabilmente sui resti della chiesa di San Cosma,
all’incrocio tra via Corradini e via G. Matteotti, venne ricostruita la cattedrale o chiesa di S. Maria,
subendo una radicale trasformazione che ne mutò anche l’orientamento, venne ricostruita la chiesa
di S. Pietro sui resti della distrutta chiesa di S. Nicola, alla quale successivamente si affianco la
nuova chiesa di S. Angelo e Nicola. Ancora dopo vennero costruite la chiesa di S. Chiara con
l’attiguo complesso, la chiesa di S. Anna con il chiostro adiacente, e la chiesa di S. Rocco, distrutta
dai bombardamenti nel corso della seconda guerra mondiale.
Cartografia del territorio di Sezze, secolo XVIII-XIX.
Nei secoli successivi pochi furono i fatti storici che caratterizzarono Sezze, che seguì la dinamica
storica e politica dello Stato Pontificio, fino all’unità d’Italia, fatta eccezione per la breve
occupazione francese, alla quale si ribello nel 1798, abbattendo l’albero della libertà. Non vi furono
significative modifiche nell’organizzazione amministrativa e sociale; poche furono anche le
trasformazioni urbanistiche ed edilizie come testimoniato dalla cartografia del XIX secolo - catasto
Gregoriano.
Rappresentazione cartografica dell’abitato di Sezze, secolo XIX.
Le trasformazioni più significative furono quelle legate alla soppressione degli ordini religiosi con
la conseguente confisca dei loro beni.
In un ambito territoriale più ampio sono collocabili le trasformazioni legate alla localizzazione della
stazione ferroviaria nella piana che determinò la nascita di un nuovo polo di sviluppo Sezze Scalo
che ricevette nuovo impulso dalle opere di bonifica che investirono tutto il territorio pontino
nell’arco temporale tra le due guerre mondiali. Gli eventi bellici della seconda guerra mondiale
investirono solo parzialmente il tessuto cittadino ed i danni non furono ingenti come in molti altri
centri della provincia. Poche furono le distruzioni la più significativa fu quella che distrusse la
chiesa di San Rocco, evidenziando un tratto del muro di sostruzione dell’arx, risalente al periodo
romano.
Tutte le trasformazioni verificatesi nella prima metà del XX secolo ebbero poco influsso sull’assetto
del centro storico, dove verranno eseguiti principalmente opere di ammodernamento tecnologico ed
infrastrutturale, viceversa a partire dal secondo dopoguerra quando la sistemazione di nuovi assi
viari determinerà uno sviluppo urbano significativo ma localizzato interamente all’esterno del
circuito murario e della città storica. Fortunatamente gli episodi di “sostituzione” o
“ammodernamento” del tessuto edilizio storico sono rimasti molto limitati, lasciando intatta la
trama urbana.
ANALISI DELLA CONFIGURAZIONE ARCHITETTONICO-URBANISTICA
Il centro storico di Sezze si adatta alla configurazione orografica della collina, alta circa m. 320
s.l.m., che ha un andamento fortemente scosceso, degradando di m. 100 circa verso sud-ovest, dove
affiorano alti strati di roccia calcarea ed ha un andamento quasi pianeggiante sul versante nord-est
dove l’impianto originario ha subìto le maggiori trasformazioni in rapporto alle strade di accesso.
L’impianto originario si sviluppa intorno al nucleo costituito dall’Arx romana su cui si sono
stratificati alcuni dei monumenti più significativi che hanno condizionato lo sviluppo urbano.
Il centro urbano, nel corso dei secoli si è articolato su un impianto in parte regolare ed in parte a
ventaglio adattandosi alle curve di livello, con stradine strette, spesso gradonate, nel lato sud, che ne
hanno configurato gli isolati e gli spazi liberi.
Dall’analisi della morfologia urbana e delle tipologie edilizie, in rapporto ai vari organismi
architettonici superstiti si possono individuare gli elementi significativi delle diverse evoluzioni e
trasformazioni urbane, riconducibili principalmente a tre periodi storici: quello antico, il medievale
ed il moderno.
Tratto della murazione antica e postierla
Tratto della murazione antica e postierla
L’abitato antico, su cui si è stratificato quello medievale e moderno, è racchiuso da un cinta muraria
che si sviluppa per m. 1550 circa e racchiude un’area di mq. 122000 circa.
Le caratteristiche della cinta muraria antica, sulla cui articolazione non tutti gli studiosi concordano,
sono quasi completamente conservate, essa è costituita da una cortina in opera poligonale di II, III,
IV maniera. In essa si aprivano quattro porte che prendevano il nome delle città vicine, porta
Romana, porta Ninfina, porta Norbana e porta Signina, più alcune postierle di cui si conservano i
resti di due di esse sul lato sud della murazione.
Dell’organizzazione della città romana si possono ancora riconoscere gli elementi più significativi,
individuabili in veri e propri terrazzamenti concentrici, che hanno condizionato lo sviluppo urbano
nei secoli successivi. L’elemento più significativo è rappresentato dall’arx, che coincide con la
terrazza più alta e dominava sul resto dell’abitato; essa era caratterizzata sicuramente da uno dei più
importanti edifici di culto, probabilmente identificabile con il tempio di Ercole.
La terrazza intermedia costituiva il cuore della città, in essa era ubicato il foro in corrispondenza
dell’incrocio delle attuali via Roma con via scalette del Duomo. Su una parte di quest’area, nel
corso dei secoli occupata da costruzioni, nel medioevo fu costruito il palazzo Comunale con
l’antistante piazza pubblica.
La terza terrazza era rappresentata dalla città bassa che si estendeva fin sotto le mura. Era
caratterizzata dal proseguimento delle strade che prendevano origini dall’arx e si diramavano con
andamento a ventaglio in tutte le direzioni. Il complesso edilizio più significativo era la chiesa di
Santa Maria Annunziata o cattedrale, edificata nell’angolo sud-ovest dell’abitato, abbastanza
decentrato, ma in prossimità dell’accesso principale alla città, porta Romana.
Con la lunga pace romana, essendo divenuta la murazione non più strettamente funzionale alla
difesa, venne scavalcata dalla costruzione di alcuni edifici importanti lungo la strada principale di
collegamento, l’attuale via Fanfara. Di questi edifici ancora si conservano i possenti muri di
sostruzione che confermano la dinamica dei terrazzamenti anche fuori delle mura. I resti più
significativi sono rappresentati dalle sostruzioni del cosiddetto tempio di Saturno, che alcuni hanno
suggestivamente confuso con le strutture di un probabile anfiteatro. I resti ancora visibili mostrano
chiaramente un andamento rettilineo delle strutture non compatibile con la forma ellittica del
supposto anfiteatro. Altri resti significativi di questo periodo sono quelli del cosiddetto tempio di
Saturno, situato all’ingresso del centro storico. Impropriamente detto tempio, poiché risulterebbe un
bastione difensivo in opera quadrata edificato nel IV secolo. Nei secoli successivi fu sopraelevato
con altre strutture in opera incerta.
Altri resti sono rappresentati da pavimenti a mosaico ubicati uno in via Scalelle del Duomo e l’altro
in via Dante.
Schema della città antica con gli elementi più significativi.
A - Porta Romana, B - Porta Ninfina, C - Porta Norbana, D - Porta Signina.
1- Acropoli, 2- Probabile area del Foro, 3- Probabili resti dell’Anfiteatro, 4- 5-Resti di pavimento a mosaico,
6- Resti del cosiddetto Tempio di Saturno, 7- Resti di una struttura idraulica.
Nel periodo altomedievale, in concomitanza con la diminuzione della popolazione per i noti eventi
bellici e le conseguenti distruzioni legate alle invasioni barbariche, ed alle mutate condizioni sociali,
la città dovette subire un ridimensionamento, restringendosi nuovamente all’interno dell’antica
cinta muraria, lasciando libere molte delle aree precedentemente costruite. Tale fenomeno può
essere confermato solo indirettamente dai resti archeologici e dai documenti di epoca
bassomedievale che testimoniano la presenza di molte aree libere all’interno delle mura rioccupate
solo a partire dai secoli XIV-XV.
La murazione medievale riprende quella antica apportandovi solamente piccole variazioni dettate da
parziali distruzioni o dalle mutate esigenze difensive. Generalmente alcune torrette quadrangolari si
sovrappongono a tratti della murazione antica, soprattutto in prossimità delle porte. Una successiva
fase di potenziamento ed adeguamento alle mutate esigenze difensive è rappresentato
dall’inserimento di torri tonde nel lato nord, quello più accessibile, perciò bisognoso di maggiori
apprestamenti fortificati. Dalla tipologia delle torrette e dalla loro stratificazione muraria, questa
fase potrebbe corrispondere ad una ristrutturazione fatta eseguire nel XIV-XV secolo,
probabilmente in coincidenza con il periodo di occupazione da parte del re di Napoli.
Schema della città medievale con gli elementi più significativi.
A - Porta Romana, B – Porta Nova o Gioberti, C - Porta S. Andrea, D - Porta S. Parasceve o Pascibella.
1- San Cosma, 2- S. Maria - Cattedrale, 3- Palazzo domini Leonardi, 4- Palazzo del Comune 5-Casa torre di
via Flacco, 6- San Giacomo, 7- San Paolo, 8-Casa torre, 9- Palazzo Taccone, 10- Casa torre, 11- San Pietro,
12- Casa torre, 13- Palazzo de Ovis.
Le torrette semicircolari sono ubicate, ad un intervallo variabile, in corrispondenza delle strade di
collegamento che terminavano nell’anello viario che correva parallelo ad esse. Esse sono costruite
prevalentemente con pietra calcarea a conci irregolari attualmente ricoperte da intonaco grezzo che
ne nasconde le caratteristiche originali; conservano quasi intatto il loro sviluppo verticale che
raggiunge un altezza media di m. 10 circa.
Sempre al periodo medievale risale la torretta rettangolare sita poco distante dalla porta Romana. Il
suo sviluppo planimetrico e di m. 4x3 circa e si conserva per un’altezza di m. 6 circa. Si eleva su
precedenti strutture di epoca romana e presenta notevoli danni alla parte sommatale. L’impianto
interno, oggi pieno di macerie, non conserva nessun interpiano, mentre l’esterno conserva alcune
delle caratteristiche originari. I paramenti murari sono realizzati con filari irregolari di pietra
calcarea locale con ricorsi regolari negli angoli disposti per testa e per taglio.
Torretta della murazione medievale
Torretta vicino porta Romana
Sul bordo delle mura ed in adiacenza alla medievale porta Romana fu costruito il palazzo Normisini
che prende il nome dell’antico proprietario. Il palazzo conserva un impianto planimetrico
abbastanza regolare, con una pregevole facciata caratterizzata da tre finestre bifore al piano nobile.
Palazzo Normisini
Altre caratteristiche del tessuto medievale sono rappresentate dalle numerose case torri ampiamente
ricordate in documenti coevi di cui si conoscono le diverse ubicazioni e di alcune di esse si
conservano cospicui resti. Quella che si è conservata pressoché intatta è la casa torre di via V.
Flacco. Fu edificata probabilmente nel secolo XIII a metà della strada, il suo impianto planimetrico
è di forma quadrangolare con il lato di m. 5 circa e si sviluppa per un’altezza di m. 15 superando
tutte le costruzioni circostanti. Presenta l’ingresso principale, costituito da un portale in pietra
sormontato da una lunetta semicircolare, che apre direttamente sulla strada. Sopra il portale si apre
una finestra con balconcino e ringhiera ricurva, di ispirazione barocca che testimonia i rifacimenti
subiti dalla torre nei diversi secoli. Nei piani superiori si conservano una finestra sormontata da una
lunetta simile a quella del portale e nell’ultimo livello una lunga e stretta feritoia rettangolare ed
un’apertura circolare. La tessitura muraria è costituita da scapoli regolari in pietra calcarea di medie
dimensioni, che presentano angolari squadrati più grandi posti di punta e di taglio.
Casa torre di via V. Flacco
Indicazioni sulle caratteristiche architettoniche del tessuto edilizio medievale sono fornite anche dai
resti del castello corrispondente alla platea de incastellatura, parzialmente visibili nella omonima
strada, di cui restano probabilmente alcune torri ancora riscontrabili in loco. Quella che ancora si
conserva, presenta un impianto quadrangolare con il lato di m. 4,50 circa e si sviluppa per
un’altezza di m. 16 circa. Pur essendo inglobata nei moderni edifici conserva ancora alcune delle
caratteristiche originarie, tra cui una finestra al primo piano. La struttura è costituita da un
paramento murario in pietra calcarea di medie dimensioni disposto in filari regolari.
Altro elemento significativo del tessuto urbano era l’Aringo, il luogo delle riunioni popolari,
ampiamente documentato dai documenti medievali, nel quale si svolgevano le riunioni popolari;
esso era localizzato nei pressi dell’antico foro, sostituto dalla piazza del Popolo l’attuale piazza
Leoni.
Il medievale palazzo del Comune fu edificato alla fine del XIV secolo nei pressi della platea
maggiore in posizione baricentrica, al posto di preesistenti strutture. Il consiglio comunale, riunitosi
nel 1278, deliberò la spesa di 400 libre di denari per l’acquisto della proprietà di Landolfo ed
Ottaviano Parola, appartenente alla parrocchia di San Pietro. L’edificio di rilevanti dimensioni si
articola su un cortile interno, al quale si accede attraverso un portale in pietra con arco ogivale.
Nonostante le notevoli trasformazioni subite nel corso dei secoli conserva ancora molte delle
caratteristiche architettoniche e decorative originarie sottolineate principalmente dagli archi, dai
ricorsi e dalle modanature in pietra calcarea. Alla fine del XIX secolo fu trasformato in carcere
mandamentale e pretura, dal 1969 ospita l’antiquarium comunale dove sono collocati i numerosi
reperti archeologici del territorio setino.
Ex palazzo comunale sede dell’Antquarium
Altri elementi significativi sono i resti delle diverse finestre bifore e dei numerosi profferli, scalette
esterne con ballatoio di accesso diretto dalla strada, e portali con archi ogivali di diverse dimensioni
e fatture, più o meno conservati nell’edilizia attuale.
Finestra bifora inclusa nell’edilizia attuale
Profferto incluso nell’edilizia attuale
I monumenti più significativi, oltre quelli precedentemente illustrati, che nel corso dei secoli hanno
caratterizzato il tessuto urbano, condizionandone lo sviluppo ed indirizzandone le trasformazioni,
sono rappresentati nella maggior parte da chiese e complessi religiosi e da edilizia civile,
prevalentemente ex palazzi nobiliari, oggi destinati ad attività pubbliche come l’ex palazzo del
Comune o l’ex palazzo de Magistris attuale sede comunale. Il palazzo affaccia sulla omonima
piazza, ricavata nel 1866 dal giardino attiguo appartenente alla stessa famiglia. Nella piazza fu
costruita la monumentale fontana, su progetto dell’architetto Tito Armellino commissionato dal
papa Pio IX; tale fontana aveva anche lo scopo di fornire acqua corrente alla popolazione cittadina.
La famiglia de Magistris, dopo vicende politiche e personali molto controverse decisero di
nominare erede universale dei loro beni l’amministrazione comunale di Sezze che alla morte della
signora Pacifici, nel 1825, si attivò per attuare le volontà testamentarie che prevedevano tra l’altro
la istituzione di scuole e istituzioni pubbliche a sostegno dei bisognosi, da finanziare con i proventi
del lascito patrimoniale. Negli anni seguenti il palazzo fu al centro di controversie per la sua
utilizzazione fino al 1885 quando definitivamente vi furono allocati il ginnasio e la scuola tecnica al
primo piano, mentre al secondo piano si trovava la Pretura. Alla fine del secolo con il trasferimento
delle scuole e della pretura il palazzo fu adibito a sede del Comune.
Palazzo De Magistris attuale sede del Comune
L’impianto del palazzo e abbastanza irregolare, presenta un andamento curvilineo verso la piazza
antistante e rettilineo sulla retrostante via V. E. Orlando. Anche la disposizione dei piani conferma
un adattamento di strutture preesistenti con orizzontamenti diversi. Dopo le numerose
trasformazioni subite nel corso degli ultimi anni poco rimane delle strutture originarie, e pochi sono
gli elementi architettonicamente significativi fatta eccezione per la facciata principale che conserva
intatto il gusto neoclassico. L’analisi dell’andamento planimetrico del palazzo, un semicerchio
preciso, in rapporto alla sua posizione nel contesto urbano, adiacente all’arx di epoca classica,
l’andamento delle strade a semicerchio ed in forte declivio quelle lungo la facciata principale e
perfettamente rettilinea quella posteriore, richiamano alla mente, la forma di un teatro antico, tale
suggestione, purtroppo, non è supportata al momento da indizi o da notizie che ne possano far
supporre la presenza in sito.
L’architettura religiosa rappresenta la sintesi delle principali trasformazioni che la città ha subito in
epoca moderna. I principali complessi religiosi che si sovrappongono ai precedenti e si ampliano
sono: il complesso del Gesù, Santa Chiara, La Cattedrale, Sant’Anna. Anche l’architettura civile
subisce profonde trasformazioni accorpando proprietà precedenti e ristrutturando, molto spesso
distruggendo anche importanti costruzioni medievali ed antiche.
Schema della città moderna con gli elementi più significativi.
A - Porta Romana, B – Porta Paolina o Gioberti, C - Porta S. Andrea, D - Porta S. Parasceve o Pascibella.
1- Complesso del Gesù, 2- S. Maria - Cattedrale, 3- Palazzo de Magistris, 4- Palazzo del Comune 5-Casa
torre di via Flacco, 6- Carceri papaline, 7- San Paolo-nuovo vescovado, 8-Palazzo Quadrasso, 9- ex torre di
palazzo Taccone, 10- San Rocco, 11- San Pietro, 12- Palazzo de Magisteri - Comune, 13- Palazzo de Ovis,
14- San Lorenzo, 15- S. Anna, 16- Palazzo Pitti, 17- Palazzo Rappini, 18- Complesso di S. Chiara, 19Palazzo del XIX secolo.
Chiesa di Santa Maria (Annunziata) ex cattedrale
La chiesa, di stile gotico-cistercense, risale al XII-XIII secolo e fu costruita sull’area della chiesa di
S. Luca, di modeste dimensioni. La chiesa cattedrale fu ristrutturata a seguito di un incendio sotto il
pontificato di Urbano V, fu riconsacrata il 18 agosto 1364 da Giovanni da Sora, vescovo di
Terracina e Sezze. Sul finire del XVI secolo il vescovo di Terracina, Luca Cardino, (1582-1594)
operò uno stravolgimento della cattedrale probabilmente per soddisfare le nuove esigenze liturgiche
scaturite dal concilio di Trento. Fece aprire il portale d’ingresso, mentre nella parte opposta fece
costruire il transetto e l’altare.
Sopra l’attuale ingresso si innalza la massiccia torre campanaria, terminante con grandi finestre
rettangolari per consentire una migliore diffusione del suono delle campane.
L’interno è a tre navate, con transetto sopraelevato e coro. Al centro della croce si trova il
baldacchino ligneo barocco con la statua lignea di S. Lidano del XVII secolo.
Chiesa di Santa Maria ex Cattedrale facciata su piazza Duomo
Interessanti le mensole e capitelli con decorazioni antropomorfe e fitomorfe poste sotto il
cornicione interno ed esterno dell’originaria abside.
Nella prima cappella a destra vi è il tabernacolo e il leggio di calcare del XII-XIII secolo
raffigurante un uomo e sovrastante aquila, opere dello scultore setino Paolo Romano.
All’interno della chiesa si conservano numerose opere d’arte come il Crocifisso ligneo a grandezza
naturale del XVI secolo. Sotto l’altare maggiore è collocata l’urna in cui si conservano le reliquie di
San Lidano, patrono della città.
Molte sono le opere pittoriche, tra cui spicca un “ Cristo Salvatore”, eseguito nel 1472 di Giovanni
da Gaeta.
Chiesa di San Pietro
La chiesa ed il convento di San Pietro e Paolo risalgono al XVI-XVII secolo. La struttura fu il frutto
di una riqualificazione urbanistica dei luoghi, consistente nella demolizione di case diroccate, di orti
e di due chiese, quella di San Angelo e di San Nicola. Il progettista fu Giovanni de Rosis, abile
architetto gesuita, che seguì i lavori del cantiere dal 1591 al 1608, che proseguirono anche nei
decenni successivi. Nel 1774 i locali del collegio passarono al Seminario vescovile interdiocesano
per la soppressione della compagnia di Gesù che venne ricostituita solo dopo molto tempo.
L’esterno presenta una facciata rivestita con mattoni di colore rosso e scandita da lesene in pietra
calcare locale che reggono un ampio timpano triangolare al centro del quale si apre una finestra
circolare.
Chiesa di San Pietro facciata principale
L’interno articolato su una sola navata
con copertura piana caratterizzata da cassettoni
ligneiconservano diverse opere pittoriche di Giuseppe Turchi e molti dipinti tra i quali una S. Lucia,
una Annunciazione, la Decollazione di San Giovanni, la Madonna Borghesiana, tutti del XVII
secolo.
Chiesa di San Michele Arcangelo e Nicola
Per dare spazio alla costruzione della chiesa e del convento di S. Pietro e Paolo, frutto di una
riqualificazione urbanistica dei luoghi, nel
XVI-XVII secolo furono demolite, oltre a case
diroccate, anche due antiche chiese, quella di S. Angelo e di S. Nicola, ricordata in diversi
documenti medievali. Molte furono le difficoltà per l’abbattimento della chiesa di S. Angelo,
chiamata “S. Agnilo”, i cui parrocchiani non vedevano di buon occhio la costruzione così invasiva
della nuova chiesa e del convento di S. Pietro.
La realizzazione della nuova chiesa, finita nel 1602 ed intitolata ai due santi, fu condizionata
proprio dalla demolizione dei due edifici preesistenti e fu posizionata alle spalle dell’abside di S.
Pietro e Paolo.
Chiesa di San Michele Arcangelo e Nicola facciata e campanile
L’esterno è caratterizzato da paraste che scandiscono lo spazio verticale ed inquadrano il portale di
accesso. Il livello superiore è caratterizzato da un corpo centrale più ampio e due laterali più piccoli,
caratterizzati da nicchie con arco a tutto sesto intervallati da modanature in stucco. Sul corpo
centrale si eleva un timpano triangolare aggettante.
Sul lato destro al limite con la chiesa di San pietro si eleva un alto campanile in mattoni, articolato
in diversi livelli sormontato da un capolino a base quadrata.
L’interno della chiesa è a navata unica con altari laterali scanditi da lesene. L’altare maggiore è
collocato sotto un arcone a tutto sesto. La copertura piana è caratterizzata da un cassettonato ligneo.
La struttura che per molti anni ha versato in precarie condizioni è stata adibita recentemente ad
auditorium comunale.
Chiesa di S. Anna
La chiesa, originariamente cappella privata, è ubicata in via Pitti, fu costruita nel XVI XVII secolo.
L’edificio fu fatto restaurare, nel 1822, da Giacinta Pacifici De Magistris, come riporta l’epigrafe
posta in facciata.
Chiesa di S. Anna lapide dedicatoria e facciata
L’esterno presenta quattro paraste robuste, con al centro un portale sovrastato da un timpano
triangolare e da una finestra rettangolare. Le quattro paraste reggono un architrave molto aggettante
sormontato da un imponente timpano triangolare. L’interno è a navata unica con cappelle laterali e
conserva ancora parte della decorazione originaria.
La chiesa viene officiata una volta l’anno in occasione della festa di S. Anna.
Chiesa di Sant’Andrea
La chiesa è situata all’ingresso principale del centro storico, la troviamo menzionata in diversi
documenti del XIV secolo con dignità parrocchiale. La struttura attuale fu ricostruita nel 1700,
durante la realizzazione del contiguo palazzo Rappini.
Fu parzialmente distrutta, insieme all’archivio storico, durante l’ultimo conflitto mondiale.
La sua connotazione architettonica si sviluppa su navata unica, con volta a botte. L’altare, collocato
nella parte absidale è rialzato rispetto al piano della navata.
La facciata presenta un semplice portale con sovrastante oculo; sulla cuspide si innalza un
campanile con una doppia arcata a tutto sesto.
Tra le opere pittoriche di rilievo si conserva una Madonna con Bambino, olio su tela del XVI
secolo.
Chiesa di Sant’Andrea
Chiesa di San Lorenzo
La chiesa, addossata alle mura cittadine, nei documenti del XIII secolo è citata come chiesa
parrocchiale. La chiesa fu costruita sopra i resti di un edificio pagano, ed era caratterizzata anche da
una cripta risalente ai primi secoli della cristianità ora inaccessibile. La struttura fu profondamente
modificata dal restauro della fine del XIX secolo, quando furono demolite le strutture antiche, come
testimonia C. Enlart, nel suo libro Origines francais de l’architecture gotique en Italie, del 1894.
La chiesa è a navata unica rettangolare, coperta da tre campate con volta a crociera. Vicino al
presbiterio si conservano due capitelli originari, uno con due ordini di piccole croci, l’altro con
motivi a foglie ricurve. L’altare maggiore in marmo risale al 1942, anno in cui la chiesa fu oggetto
di un ulteriore restauro. L’esterno è caratterizzato da un campaniletto a vela.
Chiesa di Santa Parasceve
La chiesa fu costruita nell’alto medioevo da monaci bizantini in ricordo del martirio di Parascevere,
fatto uccidere da Antonino Pio nel 171 d. C.. Dai documenti risulta che in epoca medievale era
chiesa parrocchiale retta da un collegio di clero regolare; essa è citata con diversi nomi Santa
Paribelle, Santa Pascibelle, Santa Parubelle. Da altri documenti del 1865 è dichiarata in buono stato
di conservazione.
Chiesa di Santa Parasceve
L’interno si articola su una navata unica con una cappella laterale posta sul lato destro. Conserva un
altare del XVIII secolo inquadrato in un abside. Vi si conservano diverse opere d’arte tra cui un olio
su tela raffigurante il Martirio di Santa Parasceve, l’affresco del Crocifisso, una tela della Madonna
entro una Ghirlanda di fiori ed un Crocifisso ligneo del XIX secolo.
Chiesa e monastero di Santa Chiara
Il monastero venne fatto costruire nel luogo attuale nel 1566 con le elemosine della popolazione di
Sezze e con le donazioni della famiglia Normisini. La chiesa fu completata nel 1603, e per tutto il
XVII secolo fu una istituzione molto attiva, vengono operati numerosi lasciti di proprietà e nel 1706
viene ampliato con la costruzione della nuova ala che si affaccia su via Cavour caratterizzata da un
pregevole portale in pietra con la lapide che ne ricorda la data di costruzione.
All’inizio del XIX secolo, durante il governo francese, per effetto della legge di soppressione, il
monastero fu abbandonato e andò disperso l’archivio. Dopo la parentesi della restaurazione il
complesso fu nuovamente requisito da governo unitario e solo nel 1894 il monastero venne
riacquistato dalle suore. Durante la seconda guerra mondiale fu un luogo di soccorso per tutta la
popolazione, ma inizia la parabola discendente poiché le entrate sono sempre più scarse e non si
riesce a mantenere in efficienza il vasto complesso, nel 1968 le suore optano per il trasferimento in
un nuovo complesso da costruirsi a latina, lasciando definitivamente il monastero che dopo anni di
abbandono, nel 1987, viene acquistato dall’Amministrazione Provinciale di Latina.
Chiesa di Santa Chiara facciata principale
Il complesso architettonico occupa una vasta area compresa tra via Cavour e via Corradini, esso è
costituito da due corpi contigui costruiti in epoche diverse, ed anche la chiesa annessa costituisce un
corpo a parte, con accesso indipendente. La connotazione architettonica del monastero, articolata
intorno ad un cortile centrale, è molto austera e presenta solamente una decorazione in pietra
intorno alle cornici ed il barocco portale di accesso.
La chiesa ubicata sul lato sinistro del complesso, risulta molto arretrata rispetto alla strada su cui
prospetta il monastero. Essa si articola su un impianto centrale coperto a cupola, dove si nota una
grossa grata che permetteva alle monache di assistere alle cerimonie religiose. Le decorazioni in
stucco, ripartiscono lo spazio interno scandito da lesene, configurando una spazialità tipicamente
barocco.
Tra le decorazioni più significative risulta una pregevole pala d’altare con la raffigurazione di Santa
Chiara e San Francesco in adorazione della Madonna e di Gesù Cristo con sullo sfondo l’abitato
di Sezze, eseguita nella seconda metà del XIX secolo dal pittore Giuseppe Turchi. Al complesso del
monastero appartiene anche una torretta quadrata costruita in pietra calcarea, che si eleva più alta
della cupola; inoltre, tra le strutture si notano ampie tracce di mura poligonali da mettere in
relazione con quelle che si conservano su via Corradini.
Chiesa e monastero del Bambino Gesù
Il complesso monumentale sorge all’incrocio tra via Corradini e via Matteotti, e si estende su
un’ampia area che arriva fino alle spalle del palazzo Normisini. Il complesso fu riorganizzato nella
forma attuale nel 1717, e l’anno successivo fu completata la chiesa. Durante la seconda guerra
mondiale le strutture subirono notevoli danni, ed attualmente la chiesa è chiusa al culto.
L’impianto del monastero si articola intorno ad un chiostro quadrato centrale su cui prospettano tutti
gli ambienti, al centro del quale si trova il pozzo. La chiesa si articola su un impianto centrale dal
quale si accede agli altri ambienti laterali, al chiostro ed al campanile posto in posizione arretrata
sul lato sinistro della facciata. La spazialità e la decorazione della chiesa risentono fortemente del
gusto barocco e conserva molte delle caratteristiche originarie.
L’esterno è caratterizzato da una facciata scandita da lesene…………….vedi foto
Ex Palazzo vescovile
Il nuovo palazzo vescovile fu progettato nel sito della chiesa di San Paolo. Non si conosce la data di
demolizione della chiesa, ma è testimoniata con precisione la fase di edificazione del palazzo
vescovile. Esso fu fatto costruire durante l’episcopato di Cesare dei Conti di Ventimiglia, durato dal
1615 al 1645, come riporta la scritta ancora visibile sugli architravi di porte e finestre che così
recita: CAESAR EX COMITIBUS VENTIMILAE PATRITIUS BENEVENTANUS EPISCOPUS
TERRACINENSIS ET SETINUS PONTIFICIAS HAS AEDES EXTRUXIT ANNO DOMINI
MDCXLII.
Il palazzo attualmente è divenuta una proprietà privata. Nonostante le moderne trasformazioni del
palazzo si conservano ancora numerose strutture evidenziate soprattutto dalle modanature in pietra
della facciata lungo vicolo della Speranza. Di estremo interesse sono anche le cornici di porte e
finestre che conservano tutte le iscrizioni originali che richiamano i vari vescovi che vi fecero
eseguire i lavori.
Dall’analisi accurata dei paramenti si evince ancora la suddivisione delle unità edilizie preesistenti
ed alcune caratteristiche decorative evidenziate da archi e conci di pietra conservati nell’ultimo
piano.
Campanile medievale della chiesa di San Paolo
Ingresso al complesso dell’ex vescovado
La testimonianza più significativa è comunque rappresentata dal campanile romanico dell’antica
chiesa di San Paolo che si conserva intatto all’interno delle strutture di epoca successiva. Esso si
articola su un impianto quadrato con il lato di m. 6 ?? circa con un’altezza di m. 20??? Circa. Il suo
sviluppo verticale si articola in quattro livelli intervallati da cornici in pietra. L’ultimo piano e
caratterizzato da una cella campanaria aperta su tutti i lati e caratterizzata da una bifora con archetti
in pietra a tutto sesto retti da una colonnina anch’essa in pietra.
La struttura presenta un paramento murario in pietra calcarea squadrata con ricorsi regolari e
rinforzi angolari posti di testa e di taglio. Nella parte bassa a fianco del campanile si conserva un
pregevole a sesto acuto con conci in pietra locale.
Edilizia storica
Edilizia di sostituzione
Il tessuto edilizio di Sezze, sia quello monumentale, sia quello rappresentato dall’edilizia “minore”
mantengono inalterate alcune caratteristiche. La più significativa è rappresentata dall’uso diffuso di
cornici in pietra che ripartiscono prevalentemente i piani orizzontali delle facciate e dalle cornici in
pietra intorno ai vani di apertura, con gli architravi che riportano frequentemente scritte con i nomi
dei proprietari o dei committenti. Dall’analisi storica-architettonica e dall’organizzazione
urbanistica si evince anche una ulteriore differenziazione tra il tessuto edilizio attestatosi intorno
alle strade principali, alle piazze ed alle chiese, e quello lungo i vicoli e le strade interne. Essi
presentano una diversa impostazione planimetrica ma soprattutto sono sottoposti ad una diversa
manutenzione. Rispetto all’edilizia che fiancheggia le strade principali e le piazze, frequentemente
meglio tenuta, si nota, soprattutto nelle strade secondarie, un diffuso abbandono o sottoutilizzo
dell’edilizia storica, che mostra con evidenza i segni negativi di tale situazione e necessita di un
coordinato intervento di rivitalizzazione. Gli interventi di manutenzione avvengono maggiormente
lungo le strade principali, dove le trasformazioni sono meno eclatanti, fatta eccezione per pochi casi
di edilizia di sostituzione, viceversa sulle strade secondarie le trasformazioni sono avvenute ed
avvengono con minore rispetto delle regole, frequentemente si rintracciano superfetazioni e corpi
aggiunti.
Un aspetto significativo delle trasformazioni edilizie è costituito anche dalla sempre più consistente
abitudine a decorticare le facciate mettendo in evidenza le tessiture murarie sottostanti, spesso prive
di ogni caratteristica costruttiva. Tale atteggiamento, dettato prevalentemente dalla “moda”
contribuisce a trasformare completamente l’aspetto originario e creando delle false regole
decorative che storicamente non sono mai state utilizzate.
Tale lettura del tessuto urbano ed architettonico-edilizio è di notevole importanza al fine di un
corretto inquadramento del Piano del Colore in quanto fornisce gli elementi fondamentali per la
riconoscibilità delle caratteristiche originali e degli aspetti formali, dei quali il colore delle facciate
è il momento finale, che esalta o riduce la riconoscibilità e conferisce un aspetto unitario al contesto
urbano, in termini di percezione visiva e di configurazione dell’immagine complessiva.
ELEMENTI DELLA LETTURA STORICO-URBANISTICA CHE DEBBONO ESSERE
CONTEMPLATI NELLE NORME TECNICHE DEL PIANO DEL COLORE
Dalla lettura del contesto storico urbanistico e dall’analisi dell’edilizia di base scaturiscono alcuni
punti fondamentali che incidono nella formazione delle norme e degli indirizzi di intervento da
recepire nel Piano del Colore.
I principali elementi che dovrebbero essere salvaguardati sono i paramenti e le decorazioni lapidee a
vista. Dovrebbero essere spicconati gli intonaci di tutti i paramenti murari attinenti il castello, le
torri, le porte, la murazione e le opere di fortificazione in genere.
Dovrebbero essere evidenziate le integrazioni dei paramenti sopra richiamati con un sottosquadro o
un soprasquadro e successivamente andrebbero intonacati, mentre quelli originali delle opere di
fortificazione andrebbero lasciati a vista e restaurati con materiale lapideo simile e con tessitura
analoga.
Elementi decorativi
Prima di intervenire sulle superfici intonacate nelle aree sopradescritte o ritenute “sensibili”,
andrebbe condotta una indagine preventiva da eseguirsi prima di qualsiasi intervento edilizio, per
accertare la presenza di tessiture murarie originarie e conseguentemente ripristinarle con le modalità
sopra richiamate o comunque rispettando le norme del moderno restauro architettonico (tale
operazione dovrebbe essere preventiva ed obbligatoria a qualsiasi forma di intervento tecnico,
consequenziale sia alla DIA che al Permesso di Costruire o qualsiasi forma di autorizzazione ad
eseguire lavori, compresi quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria, ed anche quelli
riguardanti la apposizione di targhe, tabelle o insegne pubblicitarie.
Particolare di un tratto di murature di epoca romana.
Nell’esecuzione di qualsiasi intervento edilizio andrebbero evidenziati i numerosissimi elementi
antichi o materiali archeologici di spoglio reimpiegati nelle costruzioni, come lapidi, colonne,
decorazioni in marmo etc.
Dovrebbero essere mantenute le partizioni decorative originali anche se eseguite con intonaco
semplice, cioè andrebbero conservate zoccolature, paraste, cornici, ornie, cornicioni e tutti gli
elementi decorativi ulteriori come le edicole votive o altri elementi folcloristici o di cultura
popolare.
Scarica