Ciao a tutti! Il segnale che arriva, sotto forma di luce visibile, è quello

Ciao a tutti!
Il segnale che arriva, sotto forma di luce visibile,
è quello che permette di studiare quei puntini
luminosi che vediamo in cielo la notte.
Se analizziamo quel segnale luminoso possiamo capire parecchie
cose sulla sorgente che lo ha emesso (che si chiama sorgente
luminosa).
• La posizione - esistono parecchi fenomeni di cui occorre tenere
conto quando “vediamo” una stella e che ne alterano la
posizione vera: quindi la prima cosa da capire è la posizione
della stella.
• Di che cosa sono fatte - l’uso dello spettroscopio che hai costruito
nelle pagine precedenti, permette di capire quali sono gli
elementi chimici principali che si trovano sulla superficie della
stella da cui è partito quel segnale luminoso.
Per costruire la “carta di identità” di una stella dobbiamo introdurre la
luminosità, che ci dice quanta luce ci arriva da lei.
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Come sai c’erano una volta i Greci... Fra le stelle che vediamo ce ne
sono di più o meno luminose. Fin dall’antica Grecia, quindi prima di
Cristo, le stelle visibili ad occhio nudo, da 4 a 5.000, sono state studiate
e catalogate. Il primo a redigere un catalogo stellare fu Ipparco, un
famoso matematico ed astronomo greco che operò a Rodi attorno al
150 a.C. Le stelle visibili vennero allora divise in 6 classi di luminosità,
che viene chiamata “apparente” (perché è quella che ci appare,
non quella reale!!!). Questa scala è fondata sul funzionamento
dell’occhio umano, che, anche se sono passati 2.000 anni funziona
ancora allo stesso modo.
Guarda stasera il cielo e
prova, con questa nuova
informazione, a vedere se
riesci a dividere le stelle in
diversi gruppi, prova cioè a
catalogarle. Ne fissi una come
campione e guarda quelle un
po’ più luminose, poi quelle
un po’ meno... Poi, se hai
voglia, mandaci questo tuo
catalogo.
La costellazione del Grande Carro, ben
visibile dalle nostre parti
Questo modo di catalogare le stelle resiste ancora oggi, ed è stato
esteso anche alle stelle che vediamo con l’ausilio di cannocchiali e
telescopi, che sono ovviamente molte di più.
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Ma quante sono le stelle visibili ad occhio nudo? Prova a contarle. Ma
non sono tutte; molte non riusciamo a vederle ad occhio nudo.
Perché con un telescopio vediamo molte più stelle che ad occhio
nudo? Probabilmente pensiamo che sia a causa dell’ingrandimento
dell’immagine, dato che siamo abituati all’uso dei binocoli. Pensiamo
insomma che un telescopio “ingrandisce” stelle troppo piccole per
essere viste ad occhio.
Invece non è così: coi telescopi riusciamo a collezionare molta più
luce e quindi a vedere stelle molto più deboli.
Nel mondo in cui viviamo
c’è abbondanza, e a volte
sovrabbondanza, di luce; quando invece si studia il cielo e le stelle la
luce a disposizione è pochissima.
Prova a pensare alla luce come composta di particelle: una fila di
pacchetti ognuno dei quali trasporta una piccolissima quantità fissa di
luce.
Facciamo un semplice paragone con la pioggia.
Nel mondo in cui viviamo abbiamo detto che c’è abbondanza di
luce, insomma una pioggia torrenziale, non c’è proprio problema a
raccogliere l’acqua che cade dalle nuvole, e quindi non c’è
problema a raccogliere la luce che arriva dalle stelle più luminose.
Ma il nostro obiettivo è scoprire quante più stelle possibile e, ciò
significa vedere stelle sempre più deboli. In questo caso pensiamo ad
una debole pioggerella primaverile, ma in cui riusciamo ancora, con
un po’ di pazienza a raccogliere dell’acqua.
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Se le gocce di pioggia diventano
sempre più rade e meno frequenti
raccogliere
problema.
acqua
Per
farlo
è
un
bel
possiamo
prendere un secchio che diventerà
tanto più largo quanto minore è il
numero di gocce di pioggia che
cade.
Il telescopio assomiglia al nostro secchio.
Per
raccogliere
segnale
più
possibile,
(le
gocce di acqua o meglio
la luce), dispongono di
uno
specchio,
raccoglie
più
che
luce
possibile e la riflette e
focalizza in un unico
punto
in
cui
viene
misurata ed analizzata.
Quindi, più grande è lo specchio e più “pacchetti” di luce riuscirà a
raccogliere e questo è molto importante quando ci interessano quelli
che arrivano da sorgenti molto deboli, di cui ci arrivano pochissimi
pacchetti di luce, cioè pochissime gocce.
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E’ per questo che si costruiscono telescopi con specchi enormi; ad
esempio il più grande telescopio esistente è il VLT dell’Osservatorio
Europeo in Cile, che ha uno specchio collettore di 8 metri di diametro!
Purtroppo però il nostro occhio non va tanto bene come sensore di
sorgenti deboli, in quanto “scarica” al cervello la luce che si è
accumulata sulla retina ogni decimo di secondo. E’ come se ogni
decimo di secondo gettasse via la luce che gli è arrivata. Se il segnale
è molto debole è probabile che, in quel tempo, non siano arrivati
abbastanza “pacchetti” di luce perché il cervello possa formare una
immagine. Il nostro cervello ha insomma bisogno di una quantità
minima di segnale per poter riconoscere un’immagine. Se in quel
decimo di secondo il segnale magari è arrivato, ma non in una
quantità tale da raggiungere il minimo richiesto dal cervello, non si
forma alcuna immagine.
Per questo non possiamo vedere, ad occhio, stelle più deboli di una
certa quantità. Il nostro occhio si comporta come un signore che, ogni
decimo di secondo, prende il nostro secchio d’acqua e lo svuota, se il
numero di gocce raccolto in quel decimo di secondo non è arrivato
ad un minimo non succede nulla.
Per sfruttare a fondo il segnale accumulato occorre mettere, lì dove si
convoglia tutto il segnale ricevuto, un sensore diverso dall’occhio,
capace di accumulare il segnale per più tempo.
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Si può utilizzare una pellicola fotografica particolare o un sensore
CCD, simile a quello che si trova nelle macchine fotografiche digitali
oggi molto diffuse.
Ma che cosa succede ad una pellicola fotografica?
Entrambi questi sensori sono in grado di accumulare segnale luminoso
e ci permettono di rivelare e studiare stelle anche molto deboli.
Ma queste stelle, sia che le vediamo ad occhio nudo che con un
potente telescopio, sono veramente come ci appaiono? Quelle che
vediamo più deboli sono veramente tali? O sono solo più lontane e
quindi appaiono più deboli?
Hai visto con la esperienza con la lavagna luminosa che la luce
emessa da una sorgente si espande nello spazio circostante
diminuendo molto velocemente la propria intensità con l’aumentare
della distanza; quindi anche la luce delle stelle diminuirà molto
velocemente all’aumentare della loro distanza da chi guarda.
Le stelle sono poste a distanza diversa e le vedi più o meno luminose a
causa di due fattori, la loro luminosità intrinseca (cioè quella che loro
possiedono davvero) e la loro distanza. Come fare quindi per capire
quale è la effettiva luminosità?
Semplice, esattamente come si può fare per
capire quale di due automobili diverse ha i
fari più luminosi: basta mettere le due
automobili alla stessa distanza da noi.
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Certamente questo è semplice per le automobili, ma come si fa a
mettere le stelle tutte alla stessa distanza? Se lo fossero avremmo la
possibilità di capire a colpo d’occhio quali stelle siano più luminose e
quali meno.
Dobbiamo trovare un altro metodo per venire a capo del problema.
In effetti è semplice, almeno concettualmente: se non possiamo
mettere le stelle tutte alla stessa distanza possiamo però “lasciarle” lì
dove sono e procurarci la loro distanza; diciamo che questa è
sicuramente la cosa più saggia!
Ma il problema che ci troviamo ora a dover risolvere è calcolare la
distanza delle stelle...
Ricorda che se vuoi
avere altre informazioni,
vedere più immagini o
anche rivolgere una
domanda direttamente
ad un astronomo puoi
recarti
sul
sito
Web
www.scopriticielo.it.
Entra nel sito e clicca sul tuo Osservatorio, quello di Monte Rosa.
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