DNA COMET
Valutazione del danno del DNA
Rydberg e Johanson (1978) furono i primi a quantificare direttamente il danno del DNA in
cellule individuali mediante lisi di cellule sospese in un gel di agarosio su vetrini da
microscopio, in condizioni mediamente alcaline, tali da consentire la parziale
denaturazione del DNA. In seguito a neutralizzazione, le cellule venivano colorate con
arancio di acridina e l'estensione del danno al DNA quantificato misurando la frazione di
fluorescenza verde (indicante DNA a doppio filamento) su quella rossa (indicante DNA a
singolo filamento), mediante l'utilizzo di un fotometro.
Il gel elettroforesi su singola cellula (SCGE, single cell gel electrophoresis) fu
introdotta per la prima volta da Ostling e Johanson nel 1984 come tecnica adatta per la
visualizzazione diretta del danno al DNA in cellule individuali. Un esiguo numero di cellule
irradiate e sospese in un gel di agarosio su un vetrino da microscopio, vengono lisate da
detergenti ed alte concentrazioni saline, e sottoposte ad elettroforesi, in condizioni di
neutralità. Il DNA danneggiato, estratto dal nucleo durante la corsa elettroforetica, migra
verso l'anodo conferendo alla cellula la morfologia caratteristica di una cometa. Il DNA
migrato viene quantificato utilizzando il bromuro di etidio, un colorante specificamente
affine per il DNA stesso, e misurandone l'intensità di fluorescenza .
Il metodo originale è stato successivamente modificato al fine di accrescerne la sensibilità:
sono state introdotte condizioni denaturanti (pH elevato) durante la corsa elettroforetica, e
ciò ha permesso di rilevare rotture del DNA a singolo filamento e siti sensibili agli alcali
(Singh et al., 1988).
Cellule con aumentato danno al DNA mostrano un incremento di migrazione del DNA, a
partire dal nucleo, verso l'anodo.
Qualsiasi tipo di cellula eucaristica può essere utilizzata per il test, a patto di predisporre
una sospensione di singole cellule.
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Le cellule umane più frequentemente esaminate sono le popolazioni leucocitarie, in
quanto rappresentano un campione cellulare facilmente reperibile e disponibile in gran
numero, oltre a costituire una popolazione di cellule sincronizzate nella fase GO del ciclo
cellulare.
Per l'allestimento del preparato sul vetrino da microscopio vengono seguite due diverse
metodologie: stesura del gel a singolo strato o stratificazione "a sandwich" (in cui le cellule
sono contenute nello strato centrale dei tre strati distinti di agarosio). Quest'ultimo
approccio si è dimostrato più efficace nel proteggere le cellule da una perdita troppo
rapida di sale, nel passaggio dalla soluzione di lisi delle membrane cellulari (soluzione
dotata di un'elevata concentrazione salina) al buffer elettroforetico. In mancanza del
suddetto accorgimento, cellule situate nella porzione più superficiale del gel potrebbero
presentare code di comete più estese (dato che il sale, capace di neutralizzare
parzialmente le cariche negative dei fosfati del DNA verrebbe perduto rapidamente)
rispetto alle cellule degli strati più profondi, risultandone un'inaccettabile eterogeneità .
Effettuata la colorazione, i nuclei cellulari possono essere immediatamente esaminati
utilizzando un microscopio a fluorescenza. In presenza di DNA intatto si osserva un nucleo
fluorescente; nel caso in cui, invece, il DNA sia danneggiato, si palesa una migrazione di
frammenti verso l'anodo, la cui immagine assume la morfologia di una cometa, dotata di
coda più o meno estesa, a seconda del grado di danneggiamento del DNA.
La lettura viene effettuata mediante un sistema di analisi dell'immagine computerizzato, il
quale fornisce informazioni quantitative relative alla intensità di fluorescenza emessa sia
dal nucleo che dalla coda e consente il calcolo immediato della percentuale di danno
presente in ogni singola cellula. Le peculiari caratteristiche della SCGE indicano tale
metodica come test di elezione per applicazioni generali in studi di danno e riparazione del
DNA, monitoraggi di popolazioni umane, tossicologia genetica, biologia delle radiazioni e
altri campi della ricerca scientifica.
Inizialmente il test della cometa è stato applicato, per lo più, al rilevamento di rotture del
DNA indotte da agenti fisici (radiazioni ionizzanti e UV). I raggi UV, a differenza delle
radiazioni ionizzanti, non inducono direttamente rotture del filamento di DNA, ma
provocano la formazione di addotti che possono venir riparati attraverso un processo di
escissione nucleotidica. Cellule danneggiate con UV alle quali è inibita la riparazione del
DNA non mostrano comete. invece avviene riparazione si possono rilevare comete che
successivamente scompaiono, in accordo con le cinetiche della escissione riparativa.
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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO
Il modulo DNA COMET consente l’analisi quantitativa del danno presente nel DNA
cellulare attraverso la valutazione del livello di frammentazione del DNA stesso.
Il modulo opera all’interno del programma di analisi delle immagini Image-Pro Plus 5.1 (o
versioni successive) del quale utilizza le funzioni di manipolazione ed analisi delle
immagini per estrapolare le informazioni di cui necessita per il suo scopo.
Attraverso il programma Image-Pro Plus l’operatore acquisisce in forma digitale le
immagini microscopiche fluorescenti contenenti le cellule da analizzare.
Le immagini vengono quindi selezionate ed inserite all’interno del Database informativo
del modulo DNA COMET che provvede alla loro organizzazione ed alla loro
memorizzazione per future consultazioni.
L’analisi delle cellule prosegue con la definizione da parte dell’operatore del livello di
intensità luminosa (Soglia) che contraddistingue il segnale fluorescente delle cellule stesse
rispetto al fondo.
Ogni singola cellula situata all’interno della stessa immagine deve quindi essere isolata sia
rispetto alle altre cellule eventualmente
presenti che rispetto ai corpi estranei
attraverso l’impiego di delimitatori geometrici
disponibili nel programma Image-Pro Plus.
Le informazioni definite vengono
memorizzate nel Database unitamente alle
immagini.
L’ultima ma più importante fase riguarda
l’analisi delle singole cellule
precedentemente identificate. L’analisi
avviene in forma automatica.
Il modulo DNA COMET carica in ordine
cronologico le immagini salvate nel
Database ed esegue la valutazione della
frammentazione di ogni singola cellula in
essa presente identificando prima il corpo
cellulare con la relativa “coda” e
successivamente il nucleo della stessa.
Dai dati di intensità luminosa di fluorescenza ottenuti dal corpo cellulare e dal rispettivo
nucleo il modulo calcola la percentuale di danno come rapporto tra l’intensità del nucleo
(Head) e l’intensità totale della cellula.
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Le singole misure possono essere rivisitate e corrette manualmente dopo l’analisi in caso
di errore da parte del modulo.
Il risultato totale della valutazione viene salvato su file ASCII al termine dell’analisi.Non
esiste limite né al numero di immagini utilizzabili per l’analisi né al numero di cellule
quantificabili.
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