LEZIONE Una definizione complessa Con il termine ‘sincretismo’ si può intendere, citando dal Vocabolario Treccani: “Accordo o fusione di dottrine di origine diversa, sia nella sfera delle credenze religiose sia in quella delle concezioni filosofiche. Più particolarmente, nella storia delle religioni, fusione di motivi e concezioni religiose differenti, o anche la parziale contaminazione di una religione con elementi di altre”. Il miglior sinonimo di tale termine si potrebbe più semplicemente identificare nel termine ‘cultura’. Ogni cultura, infatti, scaturisce dalla contaminazione di infiniti elementi, dall’incrociarsi dei popoli, degli usi, dei costumi e delle tradizioni. In un secondo tempo, le popolazioni tendono a trasformare le ibridazioni culturali componendole in un complesso di tradizioni statiche, proiettate generalmente su un piano metastorico quali forme di una rivelazione di origine divina. Per affrontare un discorso sul sincretismo culturale, in particolare filosofico, che può abbracciare in ampiezza molti argomenti nei diversi anni di corso e consentirci di decifrare la complessità del presente, pare essere utile soffermarsi sui casi della civiltà ellenistica e sulla formazione del pensiero cristiano. Contaminazioni ellenistiche L’età ellenistica può essere suddivisa in due grandi periodi: I) l’età ellenistica propriamente detta, dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) fino alla conquista romana dell’ultimo regno dei suoi successori, o Diadochi, il Regno d’Egitto (30 a.C.); II) l’età tardo-ellenistica o tardo-antica che per alcuni storici si conclude con l’Editto di Milano (313 d.C.), per altri con l’Editto di Tessalonica (380 d.C.), per altri ancora con la deposizione di Romolo Augusto (476 d.C.), per altri, infine, con la chiusura della Scuola di Atene da parte di Giustiniano (529 d.C.). Si tratta comunque di un lungo periodo, attraversato da enormi ‘ri-orientamenti’ culturali. Il mondo ellenico classico incontra l’Oriente e le due civiltà si fecondano reciprocamente. Contestualmente, la filosofia greca affronta le nuove istanze che emergono prepotentemente dal cambiamento di orizzonti politici, economici e sociali. Alcuni esempi concreti 1) Il culto di Serapide, una divinità greco-egiziana ‘artificiale’: la fondazione del suo culto ad Alessandria da parte di Tolomeo I all'inizio del 3° sec. a.C. è un raro esempio d'istituzione di un culto nuovo, con lo scopo di integrare la religione greca e quella egiziana. Fu escogitato dai Tolomei per creare una religione che potesse unire i sudditi locali e quelli greci all’interno di un regno d’Egitto governato da una dinastia macedone. 2) L’immagine statuaria di Afrodite, che muta nel trascorrere dei secoli dal modello ellenico della prima età classica (la donna è sacra, ma anche segregata socialmente e inferiore e pertanto il suo corpo è celato da pesanti chitoni) per diventare il tipo della Venere-Frejus (nella quale il corpo si intravede sotto un finissimo panneggio aderente), per concludere la metamorfosi nell’Afrodite di Cnido, o nell’Afrodite Callipigia del IV-IIIsec. a.C., la dea nuda e trionfante che 1 afferma e proclama il valore femminile nel mondo – come le nudità achillee degli atleti olimpionici – annunciando al mondo greco il messaggio delle Grandi Madri orientali, delle dee lunari e magiche, Ishtar, Astarte, Iside. 3) L’enciclopedia filosofica di Plotino, nella quale confluiscono l’etica stoica del dominio di sé, il dualismo platonico e la totalità organica aristotelica in una sintesi non eterogenea e originale che va ben oltre l’Ellade, alla ricerca di un Principio supremo che non si può nominare, forse ispirato anche dall’incontro, di cui narra Porfirio, coi ‘ginnosofisti’ (maestri yoga), al seguito della spedizione dell’imperatore Gordiano III in Oriente. La mondializzazione economica e politica Il sincretismo ellenistico nasce quale risposta all’esigenza di dare forma culturale a un primo compiuto esperimento di mondializzazione economica (il Mediterraneo prolunga i suoi contatti fino all’india e oltre) e politica (l’impero di Alessandro) e di elaborare una sorta di lingua franca dell’arte, della religione e della filosofia che possa consentire lo scambio di beni immateriali (credenze e conoscenze) oltre che di merci e valute. Il fulcro di questa cultura non fu Atene – simbolo di una tradizione ellenica nazionale – ma Alessandria, con i suoi due simboli utopici: la Biblioteca, che accumulava il sapere, e il Faro, che si protendeva a illuminare il mondo. Il Cristianesimo: la capacità di assimilare e rielaborare All’ellenismo filosofico si accompagna e si contrappone quello religioso, dominato da un’esigenza di salvezza individuale che poco ha a che fare con il senso della devozione pubblica e familiare greca e latina, tesa piuttosto al mantenimento della pax deorum, dell’equilibrio Cielo-Terra. Le religioni salvifiche di età ellenistica (i culti di Iside, di Mithra, di Cristo) fiorirono non a caso nel contesto orientale, nel quale l’identificazione dell’individuo in quanto ‘animale politico’ non si era radicata, e più facilmente il soggetto aveva proiettato verso orizzonti ultraterreni la propria redenzione dal dolore e dalla sofferenza del presente. Il Cristianesimo prevalse soprattutto per la sua ecletticità, che traspare nelle ragioni storiche della sua affermazione, ossia la capacità di proporsi da un lato come religione degli ultimi, di rendere gli schiavi esseri umani, e dall’altro di fornire stabilità alle élite imperiali, assimilandole al proprio interno e adattandosi flessibilmente alle esigenze di conservazione del potere, proprio dopo avere minacciato di spazzarle via tramite l’esempio tragico, ‘antipolitico’, dei martiri della fede. Il Cristianesimo seppe anche assorbire al proprio interno le religioni concorrenti (l’iconografia della Vergine si modella su quella di Iside regina delle stelle e la festa sacra ai seguaci di Mithra, che celebravano la sua nascita il 25 dicembre, tutti sappiamo cosa sia diventata), assimilando poi lentamente quello che si lasciava assimilare dei culti pagani (per esempio, nelle iconografie e nei culti dei santi) e quello che non si lasciava inglobare lo trasformava in effigie del Nemico (la demonologia era, per altro, un elemento delle principali religioni mesopotamiche e iraniche, già recepito dall’Antico Testamento dopo la cosiddetta ‘cattività babilonese’). Il Cristianesimo vinse per la sua capacità di assimilare e rielaborare e questa caratteristica fu anche alla base del suo pensiero teologico e filosofico: di quello dei Padri Greci, che metabolizzarono il neoplatonismo ellenistico, e dei Padri Latini, primo fra tutti Agostino. L’immagine del ‘Sacro Furto’ rappresenta emblematicamente questa appropriazione di elementi esterni, preesistenti – il pensiero dei classici che avevano intuito, ma non capito la Verità - per costruire in proprio un edificio dichiarandone l’assoluta novità. 2