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METTI A TARANTO ERIN BROCKOVICH - La Repubblica
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METTI A TARANTO ERIN
BROCKOVICH
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ERIN Brockovich, l' eroina della class action immortalata da Julia Roberts,
era una segretaria precaria (e madre sola di tre bambini) di un piccolo studio
legale quando cominciò a indagare sulla Pacific Gas and Electric Company, il
colosso americano produttore di energia che da anni contaminava le falde
acquifere di un paesino californiano provocando tumori e gravissime malattie
ai residenti, infine inquinando prove e cercando, trovandole, sponde solide
tra funzionari pubblici compiacenti. L' azione legale di gruppo che quell'
indagine produsse fu memorabile.
Per la prima volta l' accusa di malgoverno di un' azienda privata comportò il
riconoscimento di responsabilità con un indennizzo miliardario alle vittime
(circa settecento persone). Un esito che fece giustizia senza provocare la
chiusura dell' impianto, come la direzione aveva paventato. La mole di
documenti portati dalla Brockovich davanti al giudice non riuscirono a
provare con certezza scientifica l' esistenza di una relazione causale diretta
tra inquinamento e malattie. Ma la ricorrenza dei tumori e la sola vista di quel
villaggio insalubre (dove i dirigenti della PG&E dissero che non avrebbero
mai voluto vivere) furono sufficienti agli occhi del giudice per decretare la
responsabilità della compagnia. Senza aver studiato né filosofia né diritto,
Erin Brockovich ebbe subito ben chiaro il quadro, ovvero che due sono gli
ostacoli maggiori alla giustizia in questi casi: le connivenze e le coperture
colpevoli di cui i potenti godono, e l' ideologia che l' opinione pubblica fa
passare secondo cui in questi casi ci si trova di fronte a un conflitto
irrisolvibile tra valori fondamentali come la vita e il lavoro, similmente a una
tragedia greca dove nessuno è responsabile se non l' umanità stessa, per la
sua fallibilità e l' incapacità di vivere in armonia con le leggi della natura.
Brockovich era riuscitaa smascherare le connivenzeea confutare questa
filosofia cercando di dare un senso alla massima secondo la quale «la legge
è uguale per tutti». Corruzione e incuria erano stati per anni la pratica
perpetrata da parte di coloro che avevano la possibilità e il dovere di
intervenire. L' Ilva nonè la Pacific Gas and Electric Company,e il gip di
Taranto Patrizia Todisco non è una nostrana Erin Brockovich. L' oggetto del
contendere del resto non è il rimborso per i danneggiati dal malambiente dell'
Ilva, ma il risanamento dello stabilimento. Tuttavia la dinamica dell'
inquinamento, dell' occultamento delle prove, della manipolazione dei dati e
del ricatto sul lavoro è pressoché la stessa. I casi di inquinamento sono casi
di corruzione e di illegalità a tutti gli effetti. Ora sappiamo che l' inquinamento
c' è all' Ilvae c' è stato per anni, fin da quando l' azienda era di proprietà dello
Stato. E più i giorni passano più ci avvediamo delle colpevoli responsabilità
che coinvolgono l' intera filiera decisionale, a partire dai proprietari dell'
azienda fino ai tecnici che dovevano accertare e raccogliere dati veritieri e ai
funzionari pubblici. Fumi e fanghi, dentro e fuori l' Ilva. E poi, incidenti per
anni, fino al più recente. Porta la data del febbraio del 2012. Un grosso
incendio si sviluppò in un' area dello stabilimento producendo una colonna di
fumo visibile a chilometri di distanza e diversi intossicati. Il Sindaco di
Taranto, sulla scorta della perizia svolta dagli esperti incaricati dal Giudice
Patrizia Todisco, ordinò all' Ilva di eseguire entro trenta giorni lavori volti alla
riduzione dell' immissione di fumie polveri, comminando, in caso di mancato
adempimento, la sospensione totale degli impianti. In quell' occasione il
Comitato Donne per Taranto diramò il seguente appello: «Se doveste avere
problemi respiratori, vomito, bruciori alle mucose, tosse recatevi subito al
pronto soccorso.. Il consiglio è tenere finestre e porte ben chiuse e sigillate».
Un lungo ciclo di incurie alla fine del quale è giunta la magistratura. Di fronte
al rischio di chiusura della produzione si ricorre, prevedibilmente, al ricatto
del lavoro. E si getta un' ombra inquietante sull' intervento della magistratura.
Ma non è l' intervento della legge all' origine del conflitto tra lavoro e salute. L'
intervento della legge mette semmai a nudo svelandolo all' opinione
nazionale uno stato di incuria colpevole che dura da anni. La carenza di cura
per l' ambiente di lavoro, per la città, per la natura, ha generato questa
situazione d' emergenza. Incuria ed emergenza sono fenomeni tra loro
concomitanti, una sequenza alla quale il nostro Paese sembra abituato, non
solo nel settore industriale, e che lascia strascichi drammatici e polemiche
inutili e dannose (spingendo l' opinione pubblica a schierarsi addirittura proo
contro la legge) invece di favorire soluzioni giuste (che non vuol dire facili e
indolori) e in tempi rapidi. Lasciare che le cose procedano fino al punto in cui
la legge non può più tacere- questaè la responsabilità immane che porta ad
emergenze come questa. Chi non ha preso le decisioni che doveva
ENTI E SOCIETÀ
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METTI A TARANTO ERIN BROCKOVICH - La Repubblica
prendere, o le ha prese malamente, ha lasciato la patata bollente alla
magistratura. Salvo poi accusarla di aver applicato la legge. La quale, come
ha giustamente scritto Luciano Gallino su questo giornale, ha tra le sue
funzioni essenziali quella di "impedire che il più forte abbia la meglio sul più
debole», chi può danneggiare su chi può solo essere danneggiato. E il più
forte è in questo caso chi ha lasciato che le cose procedessero così, con il
minor dispendio possibile di risorse. Accusare la legge di generare conflitti
insolubili è un assurdo e quanto di più sbagliato si possa fare perché essa
interviene proprio perché il conflitto è giunto a un punto tale da non
consentire più accomodamenti per vie ordinarie. L' intervento del magistrato
è giunto dopo che le scelte ambientali hanno fallito o sono state lasche o
colpevoli. Porta alla luce un problema di incuria che è reale e che gli interessi
di chi è più forte cercano di smorzare, magari servendosi del penoso
argomento della crisi economica e del rischio all' occupazione, infine del
conflitto tragico tra lavoro e vita - come se chi lavora sia per necessità votato
a rischiare la vita. Ma se conflitto c' è questo è un conflitto di interessi che ha
per protagonisti cittadini molto ineguali in potere e che la legge cerca di
riequilibrare nel dovere di non arrecare danno o di riparare ai danni fatti. E
come scrive Gallino, niente è più irrazionale che insistere con il ricatto del
lavoro anche perché recuperare e ristrutturare l' impianto tarantino è esso
stesso un lavoro che può essere meglio svolto da coloro che dall' interno
conoscono quell' impianto. Anche perché, c' è da aggiungere, è irrazionale e
non nell' interesse nazionale pensare di conquistare le commesse straniere
facendo credere al mondo che da noi si può danneggiare ambiente e salute.
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NADIA URBINATI
18 agosto 2012
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