Un`emozione legata alla musica raccontata a

PIEMONTEDALVIVO
LA PAROLA AL PUBBLICO
Farfalla
Una storia d'amore in 3'56"
di Alessandro Marzani
Una giornata come tante, un'attesa come tante, la solita: seduto in macchina ad aspettare chi è sempre in ritardo. La
musica dall'autoradio. E poi, silenzio. Uno, due, tre lunghissimi secondi e poi attacca il pianoforte. Mi sei già passata di
fronte e io non me ne sono nemmeno accorto. Ti vedo fermare "Troppo cerebrale per capire che si può star bene". Non
ti conosco, ma non riesco a fare a meno di guardarti; non mi conosci ma non puoi fare altro che venire verso di me. Ti
fermi, mi fissi. Non una parola tra noi due, non un gesto di intesa, solo i miei occhi su di te, solamente tu dentro i miei
occhi. "Togli la ragione, lasciami sognare in pace". Immobile muovo leggermente le labbra per seguire le parole della
canzone, tengo il tempo con i polpastrelli sul volante che stringo, stretto, tra le mie mani. "Torre di controllo aiuto, sta
finendo l'aria dentro al serbatoio". Ti guardo mentre ti avvicini, ipnotizzato dalle tue gambe eleganti che sbucano avide
dal tuo vestito sinuoso. "Libero com'ero stato ieri, ho dei centimetri di cielo sotto i piedi". Conosci questa musica, lo
capisco da come ti muovi, hai fatto tue le sue parole, hai fatto tua questa canzone, la nostra canzone. "Non c'è niente
che mi sposta o vento che mi sposterà". Sono stregato dai tuoi colori, ammagliato dal tuo incedere lento, perso nella tua
leggerezza. Mi sei vicinissima, non una parola, non un gesto, solo un sospiro. Delicatamente mi sfiori una mano. Chiudo
gli occhi. "Leggera leggera si bagna la fiamma, rimane la cera e non ci sei più". Il tempo di sbattere le ciglia, il tempo di
un battito di ali e sei volata via, come una farfalla. Silenzio. Uno, due, tre lunghissimi secondi ed è già ora di
ricominciare. "I remember when I lost my mind"… Mi ricordo di quella volta in cui ho davvero perso la testa!
(Credits: "Giudizi Universali", Samuele Bersani, "Crazy", Gnarls Barkley)
I tamburi di Tozeur
di Mariella Amico
...il deserto! Finalmente da Tozeur eravamo arrivati al deserto e la prima scoperta era stata il silenzio, un grande,
penetrante, immenso silenzio. Gli occhi cercavano un orizzonte che definisse un confine all'infinito. Le dune
apparentemente immobili, mutavano continuamente sotto il nostro sguardo, mentre il vento le scolpiva. Il sole caldo si
muoveva verso il tramonto. La sera in un accampamento Berbero, i fuochi brillavano alti e raccontavano il colore del
giorno, la luce del sole e la speranza di un nuovo mattino. Gli Uomini Blu coperti dalle loro "jiallibie" azzurre, pensieri
raccolti in regali turbanti, muovevano velocemente sguardi di giaietto e regalavano candidi sorrisi. Eleganti, ieratici,
figure eterne del tempo, suonavano tamburi. Con nostalgia, con grazia, con forza creavano attraverso la musica un forte
legame tra noi, la terra, l'aria, il fuoco e
quel deserto che ci accoglieva tutti. Quella musica potente produceva
un'energia che attraversava i nostri corpi come se essi stessi fossero le casse armoniche dei "dijembè"...suoni profondi,
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caldi, ritmati...come quelli del nostro cuore, quando riusciamo ad ascoltarlo. Il suono ci racchiudeva nel suo cerchio
magico e ci guidava, purificati da tutto ciò che non è essenziale per la vita, verso il sole che rinasceva lentamente sulle
dune, in un grande, penetrante, immenso silenzio.
Questioni di frequenze
di Gabriella Bernardi
Esco o rimango a casa? La camicetta bianca con i puntini neri o le equazioni di Lagrange? L’esame è alle porte, il
dubbio sale…Sottrarre un pomeriggio di analisi matematica o percorrere proprio la via dov’è nato questo matematico
per raggiungere la chiesa di San Filippo? Però Mozart è sempre Mozart, quante volte l’ho ascoltato dal vivo? Nessuna,
che vergogna! Ed è pure gratis. Basta indugiare, il tram mi sta già portando all’appuntamento. La chiesa è grande, c’è
parecchio brusio. Arrivo in anticipo, ma i posti sono tutti occupati. Mi accomodo in una cappella laterale, in borsa ho un
libro di analisi. Ripasso la teoria, mi fa sentire meno colpevole, ma non mi concentro. Finalmente è ora. Si fa silenzio:
orchestra, arpa e flauto suonano il primo movimento, tutti tacciono, ma nel secondo movimento noto l’ondeggiare di
certi vetri che pendono da un lampadario laterale. La luce che filtra dalle finestre a cuore di bue li colpisce e
l’impercettibile movimento d’aria creato dal respiro di tante persone crea dei piccoli arcobaleni. Colori che danzano con
la musica. Che bello! Torno bambina, ma il concerto termina. Si fa silenzio e poi esplode l’applauso. Nei pomeriggi di
fine settembre, con la musica in testa, ritorno ad osservare quel lampadario laterale, sperando che la luce giusta ed una
corrente d’aria mi restituiscano quelle emozioni.
San Pietro in Vincoli
di Susanna Bassi
Il cortile è squadrato, abbracciato da un portico su tre lati e decorato da lugubri ornamenti che davvero non
sembrerebbero i più propizi per un ascolto sereno. Eppure, in quell’antico cimitero di San Pietro in Vincoli tante note,
tante voci e melodie mi sono venute incontro amichevoli, danzando, da luoghi vicini o remoti; tra pizzichi di corde,
battere di tamburi e vibrare di fiati mi hanno sorpresa, cullata, entusiasmata, consolata, divertita… il tutto disciolto
nell’aria tiepida delle sere d’estate, odorosa di birra e lozioni antizanzare. Un concerto in particolare mi ricordo, in cui
una musica inconsueta e malinconica mi aveva catturata con un aroma che non sapevo se di steppa o di mare, ipnotica
e avvolgente come una preghiera: un concerto sfortunato, forse, interrotto più volte da corde che insistevano a
spezzarsi dispettose, ma inciso nella memoria dal lungo palpitare d’un tamburo che ci accompagnò nell’attesa, ritmiche
onde di suono che ci blandivano sollevandosi e frangendosi nell’aria, instancabili. Mi è mancata, quest’anno, l’oscurità
accogliente di quel cortile, con le note che indugiano leggere nella sera: quasi come se fosse venuto meno un po’ del
sapore dell’estate.
Il musicista armeno
di Fabio Enrici Bellom
Duomo di Finale Ligure, aria di vacanza, 27 agosto 2008. Suona il vincitore del Concorso Palma d'Oro 2007, l'armeno
Aram Avetyan, timido ventiseienne. Si va con amici amanti della musica e, come me, pianisti in erba. Tre preludi di
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Rachmaninov ci lasciano senza parole, uno Scherzo di Chopin ci fa sognare, due pezzi per mano sinistra di Skrjabin ci
entusiasmano, tre brani di Vecchiato ci allontanano dalla realtà ed alla fine la Toccata di Khacaturjan ci inebria di
potenza e di sogno, mentre lo sguardo di Aram passa dalla tastiera alla chiesa circostante, come fosse in un suo
mondo. Ci guardiamo, stiamo piangendo tutti, anche gli sconosciuti intorno a noi. Applausi infiniti e la dovuta standing
ovation. La mamma di Aram, paffuta, nel suo vestito da festa armeno, sventola il ventaglio, ci guarda, attraversa la
navata centrale e ci abbraccia tutti, con gli occhi pieni di lacrime. Con quell'abbraccio ci ha raccontato tutti i sacrifici per
un figlio genio in una terra tanto difficile e contrastata.
Emozioni in musica
di Beatrice Bonino
Quanta musica accompagna la nostra vita, quanti ricordi fatti di note ed emozioni. Nella memoria si rincorrono le
melodie: giorni, mesi, anni, istanti unici fatti di suoni e silenzi udibili. In questo flusso di pensieri vibranti riaffiorano le
tante colonne sonore della mia vita, le emozioni della musica dal vivo, quella condivisa, che ti fa sentire parte di un
unico organismo, quando il pubblico per un attimo sembra avere un solo respiro. E in questo turbinio di idee ripenso alla
nostra Torino, all’immagine di un palco in piazza Vittorio, illuminata dalle luci della notte, con alle spalle la collina e il Po.
È il ricordo di due sere d’inverno consecutive, due concerti del “Crazy live music”, due eventi che nella mia mente si
intrecciano in un unico racconto. Ritorno al 23 e al 24 febbraio del 2007, durante le notti dell’Universiade: gli artisti
hanno richiamato una folla multietnica, gente di tutte le età è fianco a fianco nella piazza. Durante l’attesa il freddo
pungente si fa sentire ma quando i musicisti salgono sul palco l’atmosfera si riscalda, il pubblico canta insieme a loro,
balla ed è pulsante di vita. I primi sono i Gotan Project, stelle del suono elettro world, con la loro visione digitale del
tango fondono tradizione e nuove sonorità, appaiono come angeli bianchi, raffinati, eleganti e appassionati. Nel loro
canto, nei loro strumenti dialogano Parigi e Buenos Aires e tutto è musica, tutto è tango. Sullo stesso palco la magia si
ripete con Goran Bregovic e la sua Wedding and Funeral band, i colori di una terra, le radici di un popolo brillano sugli
abiti, un’energia contagiosa che conquista e commuove si propaga tra allegria e malinconia. Due sere per un viaggio
che va dall’Argentina ai Balcani passando per Torino, per un dialogo possibile, dove le culture si fondono rispettando le
proprie identità. A vincere è l’ascolto, il confronto, la commistione dei generi, dove passato, presente e futuro possono
coesistere. Ancora una volta la musica si rivela linguaggio universale capace di superare i confini grazie alla forza delle
emozioni proprie di ogni uomo. Rivive il ricordo indelebile di un’emozione dal vivo con la speranza di gettare un ponte
tra le culture, tra i popoli, con la speranza di continuare a sognare sulle ali della musica, pronti a salpare insieme per un
nuovo viaggio.
La fine dell’estate
di Giorgio Almasio
Estate 1994. Diciassette anni. Chiostro del St. Catherine College, Oxford. La luna annegava nel placido stagno accanto
al gazebo, non una nuvola nella volta trafitta di stelle. Le voci degli studenti si rincorrevano come lucciole impazzite,
mentre attendevano l'inizio del concerto per pianoforte che avrebbe concluso i corsi estivi per stranieri.. Mi guardavo
intorno e capivo che quello era il momento che celebrava la fine dell'estate, mentre un carosello di volti sorridenti che
condividevano il mio stesso pensiero, lasciavano che quel momento non finisse mai.. E fu lì che le prime note ci
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rapirono ed il silenzio avvolse tutto come un abbraccio silenzioso.. Il Notturno di Chopin, seguito da quello di Field,
scivolarono leggeri sui nostri animi di adolescenti, non ancora uomini né donne. In quell'attimo capii cos'era la felicità..
In mezzo ad una folla di semisconosciuti, compresi il miracolo e la potenza di una nota, di come marchiò nella mia
memoria quella sensazione di onnipotenza che è propria della giovinezza, quando tutto sembra possibile ed il mondo è
un'autostrada da percorrere.. Ancora oggi, se chiudo gli occhi, posso rivivere quella girandola di emozioni e so che
neanche il tempo è riuscito a scalfire quell'attimo di eternità che un pianoforte non perfetto mi ha donato..
Est e Ovest
di Marika Cioffi
Il concerto più emozionante a cui abbia mai partecipato è stato quello di Goran Bregovich a Gorizia il I maggio 2004. Il
concerto era organizzato in occasione dell'adesione della Slovenia nell'Unione Europea: le sonorità tipicamente
balcaniche, la maestosità della fanfara, la profondità vibrante delle 3 voci bulgare mi hanno fatto sentire parte della
storia, hanno fatto vibrare in me, allora studentessa di scienze diplomatiche da due anni a Gorizia, la consapevolezza di
essere testimone oculare di un evento eccezionale. La presenza di Romano Prodi, allora presidente della Commissione
Europea e di altri ospiti illustri e i loro roboanti e ottimistici discorsi si infrangevano contro l'alternanza sonora di
"wedding" e "funerals". Quel mio primo intenso contatto con la musica balcanica ha dischiuso davanti ai miei occhi un
mondo quasi sconosciuto, con le sue dimensioni, le sue emozioni, le sue speranze di riscatto di fronte all'ingresso in
quell'"occidente benestante" da cui per lungo tempo era stato bandito, ma anche la sua estrema determinazione a
mantenere le proprie specificità, l'intima necessità di mantenere un legame viscerale con i propri "figli" dispersi nel
mondo. Mi stupivo per la capacità di Bregovich di concentrare e rappresentare un universo intero e la mia meraviglia
diventava a poco a poco compartecipazione, empatia nella sofferenza e nell'orgoglio. Est e Ovest si riconciliavano,
vecchi europei e nuovi cittadini danzavano insieme, il filo spinato che mi ero abituata a vedere costeggiando la frontiera
veniva abbattuto, ed io ero lì, non solo assistevo, ma ero partecipe di ciò che avveniva intorno a me e che la musica di
Goran Bregovich restituiva sottoforma di emozioni rare.
Levarmi in petto questa passion
di Giovanna Maccagno
Fa caldo, la giornata è stata faticosa, ma quando Vinicio è in zona non si può perdere il suo concerto. Nonostante la
fretta riusciamo a litigare, come al solito per una ragione stupida che nemmeno ricordo. Ci troviamo seduti in terra,
davanti al palco, ad attenderlo. Arrabbiati, silenziosi, rivolgiamo il viso in direzioni opposte, per non rischiare di
incrociare lo sguardo, per far sbollire la rabbia trattenuta. Vorrei tornare a casa, non ho nessuna voglia di starmene qui
con te, ci sono anche le zanzare. Eccolo, col solito ritardo, con il viso... nascosto da una maschera da toro! Risate, inizia
a sciogliersi la rabbia. “Che farò lontan da te pena dell’anima, senza vederti, senza averti, nè guardarti ....” ...la mia
canzone preferita, che tristezza ascoltarla così, arrabbiati, silenziosi, ognuno nel suo mondo... “... come levare via il
profumo al fiore? come togliere al vento l’armonia? ...” ...ti sei spostato dietro di me, mi hai abbracciato, ed hai iniziato a
cantare con Vinicio. Chiudo gli occhi, sento il tuo dondolìo lieve, la canzone che scorre dolce, la tua voce calda e sono
felice “... Fuori dalle braccia tue, sulle ginocchia mie, così levarmi in petto questa passion.”
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Un lunghissimo applauso liberatore
di Francesca Bellocchio
Emozioni legate alla musica, ne ho moltissime. Spesso sono emozioni che nascono mentre ascolto i miei brani preferiti
in solitudine, in un momento di pace assoluta, lontana da tutto e da tutti. La musica è un momento di riflessione per
me..e in questo mondo frenetico, ce n'è sempre più bisogno. Eppure ricordo una sera in cui un'emozione personale, si è
trasmessa a tutti coloro che erano venuti con me a vedere un concerto del grandissimo Roberto Vecchioni. Ero seduta
nell'ultima fila della platea..e non vedevo benissimo il palco, ma la voce era inconfondibile e alla fine bastava quella.
L'album che andava a presentare, quella sera, era "Rotary Club of Malindi", un album molto vissuto e sentito, dopo un
periodo non troppo sereno dell'autore. Il concerto muoveva su canzoni malinconiche o piene di rabbia..e il mio cuore,
attraverso la voce di Vecchioni, riviveva quei momenti bui in cui uno non sa che direzione prendere per tornare alla luce
e riprendere il suo cammino..i miei occhi erano già un poco umidi, ma sulle note di Momentaneamente Lontano si sono
sciolti in un dolce pianto, quasi per rappresentare la vicinanza dei miei sentimenti a quelli che trasportarono l'autore al
momento delle composizione. Cercavo di asciugare le lacrime, per non mostrarle a coloro che mi circondavano..ma mi
accorsi ben presto che sia la mia mamma, sia il mio ex ragazzo, in quel momento vivevano con me la stessa
sensazione. Fu un momento di commozione generale, che si concluse in un lunghissimo applauso liberatore. Non so,
se sono riuscita a trasmettervi l'emozione che provai in quei momenti..ma credo saranno attimi che porterò dentro a
lungo e lo devo ad uno dei miei poeti preferiti.
La musica che mi suona dentro
di Ada Gillio
Mi lascio cadere in questo prato di montagna facendo “l’angelo”, spalancando braccia e gambe, sprofondo nell’erba che
in questo inizio d’estate è invitante, folta e alta (cresce fin troppo in fretta per chi la deve tagliare), la mia schiena sente
l’umido della terra ma mi piace guardare gli steli dal basso con lo sfondo del cielo. Ammiro l’abbondanza dei fiori, la
varietà delle loro forme, l’audacia degli accostamenti al colore verde dell’erba, come il giallo-oro della ginestrella e il bluviola della salvia dei prati, di questa prendo una foglia, la schiaccio e ne aspiro il profumo che è elettrizzante. Poi mi
viene in mente l’adagio del Concerto per clarinetto e orchestra di Mozarth e lo lascio suonare dentro di me: ecco che la
musica mi rende più intensa la bellezza del momento. Per contrasto mi tornano in mente i momenti in cui resto
imbottigliata nel traffico della tangenziale, al mattino andando in ufficio, quando mi “sparo” proprio quel brano dal CD
che tengo in auto: qui la stessa musica mi aiuta a superare lo stress. E sento la nostalgia di un concerto dal vivo,
quando l’ambiente privilegiato aiuta tutti i sensi ad aprirsi, a partecipare, i suoni mi colmano la mente e avvolgono il
corpo, e la musica suona fuori e dentro di me.
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Intorno tutto è silente.
di Simona Colucci
Il tempo è scandito da note,
intorno tutto è silente.
E' come essere sul palco, soli.
Sguardo fisso sulle dita
che danno colore e calore a tasti bianchi e neri
da cui scaturiscono suoni
accompagnati da altri suoni e poi da altri.
L'orologio si è rotto.
Il tempo è fermo. Tutto è fermo.
Solo la musica danza e scorre..
insieme ad una lacrima,
prova che in realtà qualcos'altro si muove, ma dentro.
Una fiaba per l'umanità intera
di Sabrina Olivieri
L'ultima volta che un concerto dal vivo mi ha fatto provare una forte emozione è stata al Salone del libro di Torino 2008.
Mi trovavo lì per lavoro: facevo la standista. Seguivo ritmi allucinanti, cercando però di essere sempre disponibile nei
confronti del pubblico. Per altro era un momento in cui infuriava la polemica tra i sostenitori degli autori israeliani e i
sostenitori dei palestinesi, che manifestavano fuori dal palazzo. In mezzo centinaia di poliziotti. Sembrava di stare in un
castello sotto assedio. Si avvertiva forte la tensione, all'entrata e all'uscita, come se ci si aspettasse uno scontro da un
momento all'altro... Durante un turno serale, approfittando della disponibilità di una collega, sono riuscita, dopo
un'affannosa ricerca della sala, ad intrufolarmi al concerto-incontro col pubblico del pianista Giovanni Allevi: una volta in
ascolto, ho potuto apprezzare la sua grande ironia nel raccontare degli esordi, e poi le sue dita scorrere sul pianoforte.
Non c'erano parole, solo note. Era un inno alla vita. C'era qualcosa nella melodia, che mi ha toccato il cuore: non so
dire se fosse il ritmo o la passione che l'artista trasmetteva, ma improvvisamente ho sentito la tensione sciogliersi e al
suo posto, insieme ai brividi, una sensazione finale di tepore, come un caldo abbraccio. In quel momento ho avuto
come la percezione che ogni disputa o conflitto che divide gli abitanti della terra potesse essere risolto con una semplice
stretta di mano ed un sorriso, riconoscendosi come appartenenti al genere umano e quindi più simili, che diversi. Era
come se improvvisamente fossi tornata bambina, ed un fratello maggiore mi stesse raccontando una fiaba. Una fiaba
per l'umanità intera. Quando il concerto è finito ho sentito, insieme agli applausi della platea, una sensazione di tristezza
intensa per la fine della bella fiaba e per il distacco dal sogno. La nostalgia mi ha accompagnato ancora per giorni. E
ripensandoci, la sento ancora ora.
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Compagna della nostra vita
di FrancaDaniela Aleotti
Mia nipote suona la viola, e si è trasferita a vivere da Parigi in Valle Varaita dopo la nascita del piccolo Lorenzo che in
questi giorni compie 3 mesi. L'altra domenica lui era un po’ agitato e non si sapeva più cosa fare. Sua mamma che
stava camminando per i sentieri con lui in spalla ha cominciato a suonare e come d'incanto ha smesso di piangere e le
espressioni del suo viso erano assorte e serene. E' stata un'emozione fantastica, complice la musica, vedere un
bambino così piccolo con quelle stupende espressioni di beatitudine. La musica è magica, la musica è compagna della
nostra vita.
Una voce di sirena
di Elisa Pais
Dopo aver sfogliato e risfogliato, girato, rivoltato e infine segnato attentamente cosa seguire tra i miliardi di incontri
proposti nella guida della Fiera del Libro: eccomi lì, puntuale, ad una delle mete prescelte per godermi il readingspettacolo di Michele di Mauro sullo “Scandalo della Bellezza”. Ad un certo punto si insinua tra la mordacità dell’attore
e le sonorizzazione del dj Fabrizio Vespa una voce femminile “di sirena” la cui lingua in lontananza mi risulta
sconosciuta, ma di cui non posso non ricercarne la fonte, appena terminate le letture. Scopro così Miriam Meghnagi,
che ci regala, pezzo dopo pezzo, intense interpretazioni vocali del vasto patrimonio musicale ebraico, accompagnata
da quattro musicisti virtuosi che si destreggiano tra più strumenti. Il pubblico ammaliato (compresa la sottoscritta) la
segue senza distrarsi neanche un momento, pian piano si aggiunge gente incuriosita, tutti partecipano battendo le mani
e lasciandosi trasportare dai ritmi ed i suoni mediterranei. Una mezz’ora preziosa di scambio e ascolto tra culture
diverse che riescono ad incontrarsi.
In un film di Kusturica
di Silvia Cittadini
Una calda serata di fine luglio. Mi trovavo su un furgoncino che mi portava verso il Kosovo. Ero stanca dopo più di
quindici ore di viaggio, chilometri di autostrada in mezzo al nulla, se non qualche vecchio con il suo carretto di angurie e
autogrill di nuova costruzione, e tutti i problemi che credevo essermi lasciata dietro a pesarmi sulla testa. Eravamo sulla
strada che porta al confine con il Kosovo: la lunga autostrada era finita, solo più piccoli villaggi di serbi che ci vedevano
passare e sapevano bene dove stavamo andando. Passando pensavo che quella era una terra abbandonata da Dio,
una nuova Eboli, fin quando il furgoncino non si abbatté in una festa di matrimonio; tutto il paese era presente, la banda
suonava, la gente ballava e improvvisamente ci risvegliammo dalla nostra sonnolenza in un film di Kusturica. La musica
ripetitiva e gioiosa ti travolgeva, costringendoti a scendere e ballare, a bere e salutare gli sposi. Quale emozione? Gioia
pura, quella felicità malinconica che si prova ogni volta che si ascolta Bregovic, ma che si può capire solamente
tuffandosi nel calderone balcanico. Guerra, povertà, desolazione, ma quello era un giorno di festa e festa nei Balcani è
musica ed è per tutti. Tutti sapevano dove stavamo andando ma questo non ci impedì di partecipare, anche solo per
qualche istante, alla loro festa.
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Il senso di appartenenza
di Enrico Grande
Ricordo con gioia il mio primo concerto importante. Era il 1993 ed andai a vedere i Metallica a Torino. In quel periodo
ero un metallaro fedele e sincero. Piovve per gran parte del pomeriggio. Ben presto il mio amico ed io ci ritrovammo
zuppi, intenti a vorticare nel bel mezzo di una massa furibonda che si agitava sotto i colpi dei musicisti, resi
ulteriormente crudeli dalla pioggia. Ricordo che lo tenevo per un braccio, temendo di poterci perdere nella bolgia
infernale. Ad un certo punto la sua mantellina gialla, che aveva messo per limitare i danni della pioggia, cominciò a
cedere e in un attimo mi ritrovai con la manica in mano. Ci guardammo e cominciammo a ridere. A ridere e a girare in
tondo a causa del "pogo" sfrenato dei fans! Mi sentii felice e libero come mai in vita mia. Ero in mezzo a tanta gente,
insieme ad uno dei miei migliori amici, stava piovendo a dirotto ed ero bagnato fradicio. E tutto questo mi faceva sentire
parte di un tutto. Una enorme e comprensiva comunità che avrebbe accolto chiunque. E' il senso di appartenenza che
mi conquistò e mi fece capire che la musica era davvero una delle cose alle quali non avrei potuto rinunciare in tutta la
mia vita.
Che quest’estate non sia dolore
di Eliana Frontini
Queste immagini sono dedicate a tutti coloro che, durante un’estate, hanno aspettato. Hanno aspettato un amore,
hanno aspettato un sorriso, hanno aspettato un cenno, quasi increduli fosse rivolto a loro. Foto di concerti di un’estate,
non importa dove siano state scattate. Non importa perché le sensazioni provate in questa estate possono essere
comuni a tutte le estati di tutto il mondo. Il concerto è attesa, attesa di un qualcosa che succederà dopo. Centinaia,
migliaia di persone ascoltano musica, si perdono in essa, le loro ombre si proiettano sul terreno erboso dei vari stadi. Le
ombre sono i desideri. Le ombre si trasformano in oro. Il fotografo scatta e ritrae la realtà. L’artista opera sulla realtà
fotografata, trasformando in oro le ombre e i desideri.
Cortigiani in attesa del re
di Gianni Contarino
Un mare di colori nella platea e nella galleria. Il suono di migliaia di parole di saluti, di commenti e di un’unica attesa.
L’odore della sala, fra arredi ed essenze femminili. Il soffice velluto della poltroncina. Il sapore del caffè dopo un
aperitivo consumato a pochi metri dal Regio. Un sipario rosso si apre sulle note di musicisti altri, di esploratori del
passato e del futuro, dell’armonia e delle parole di altri. Occupano il palcoscenico come cortigiani in attesa del re, che
invece arriva in platea dalla porte di ingresso del pubblico. Un manto di ermellino ed un applauso imponente lo
riscaldano: già sudato arriva sul palco. Una corona ed una barba da stregone incorniciano le prime parole di una
canzone. Non c’è superbia, non c’è vanto: sul palco c’è un vero re, che commenta “ci hanno fatto suonare al Regio, mi
sono dovuto adeguare”. Chi c’era ricorda, chi non c’era forse non ha mai ascoltato Vinicio.
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Dove il mondo non esiste
di Valentina Quaranta
Quando ascolto una musica che mi piace, solitamente mi siedo o mi sdraio... Poi chiudo di occhi e mi lascio trasportare
dove vuole Lei, la musica. "Seguimi, avanti!" sembra dirmi. E allora io mi slego, mi slaccio da tutto ciò che ho intorno.
Inizio a fluttuare nell'aria, il mio corpo si fa leggero e d'improvviso, senza che la mente glielo abbia comandato, inizia a
muoversi, ad agitarsi... poiché ora segue solo più il ritmo delle note, come se ne fosse rimasto affascinato e posseduto
nel medesimo istante. Non esiste più nulla, non sento più nulla, non vedo più nulla al di fuori di quello che sto provando.
Non sono qui, sono in un posto che non esiste nella realtà, solo nella mia fantasia...ma io sono certa della sua esistenza
poiché lo sento qui dentro di me, nel mio cuore che batte all' impazzata, nel brivido che corre veloce lungo la schiena
fino a raggiungere le gambe...e infine lo sento nel calore delle lacrime che improvvisamente riempiono i miei occhi
senza che io non possa farci nulla. Eccomi, completamente ipnotizzata davanti alla forza disarmante della musica.
Totalmente posseduta. Sono un'anima solitaria che è riuscita a spezzare le catene della tristezza e che ha trovato
finalmente un posto dove poter fluttuare liberamente, senza vergogna di esprimere la sua essenza più intima poiché qui
non esiste dolore, paura, rabbia, rancore... Qui la stupidità del mondo non può arrivare perché questo è un posto dove il
mondo non esiste, esiste solo la cosa più bella che la musica possa regalare a tutti noi, la libertà di provare emozioni.
Quella canzone
di Cinzia Crisafulli
Quella canzone: è la vita che gorgoglia, che si fa più viva. Ogni nota risuona lungo la spina dorsale, attraversa le
tempie, penetra nei profondi meandri dell'inconscio, per rievocare immagini, colori, odori... Ricordi di amori sfuggiti, di
passioni consumate, di caldi abbracci coinvolgenti. Le labbra continuano a ripetere quei suoni, quelle parole,
scandiscono il ritmo degli strumenti, affinché quella musica diventi ancora più tua, come ti appartenesse fin nel corpo.
Un ritornello sempre uguale che a te appare diverso ad ogni suono di chitarra, ad ogni fiato di voce che ripercorre quella
canzone densa di esistenze, di vissuti, di sorrisi alla vita. E poi una lacrima sopraggiunge ad inumidire il viso, i brividi,
che fanno sussultare il corpo, si fanno sempre più intensi: la canzone è terminata, la musica non suona più...l'emozione
rimane eterna.
Cado giù in picchiata
di Giulio Pascali
Teso ed arrabbiato dissi: “non ci credo, non lo capisco, mi dici che la musica è tutto; ma io non credo che questa
assurda sequenza di valori sia veramente tesa ad irraggiare i monti e a smuovere i cuori. Non è che rumore in fin dei
conti! messo in forma di sirena, ammaliante e traditore. Non è che una bugia che di effimere favole è piena!”. Lei
avvicinò labbra ed orecchio, sorridendo disse: “ma no! ma no! senti qui! senti come la mia voce stonata ti avvicina al
sole. Senti qui che nota accompagna quel passo di danza che tanto ci aderisce al dolore. Senti che rabbia accende il tutump di questo ritmo sfrenato. Tutta musica amore mio che mi esprime insieme a te. “Io ero zitto ma lo sguardo cedeva,
vedevo nel volto sereno di lei l’effimera favola farsi sonora; in silenzio capivo; lei continuò: ”senti! senti! senti se questo
non è il nostro lasciarci andare in un amplesso dolce, stiracchiando mani che scorrono note sul corpo. Ascoltiamo
insieme queste tenui parole che sembrano un cigolio passeggero di ruote, che girando emettono un suono di pulce.
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Questo non lo dimenticherai facilmente; come il mio amore non lo toglierai dalla mente. L’amore giunse con il suo
accordo; allora disse: “Dimmi ora se il tuo rumore, quando mi vieni a trovare, non è l’accordo delle nostre estasi. Dimmi
se il tuo amarmi intenso non è ora questo grido riversato su un file, se non è diventato ora la nostra melodia, che ci
accompagna e da questo mondo infame ci porta via”. Ammisi gridando: “Io si! ora si! ora lo so! ora capisco il tuo senso,
che mi guida per il verso giusto”. Ascoltando questo suono esatto, finalmente mi alzo di scatto, sobbalzo ed esco dal
dubbio. Finalmente cado giù in picchiata, scoprendo insieme a questa musa generosa e cinica, di averla sempre amata
Dove le parole finiscono
di Dalila Pisapia
sai, nel cuore porta tanti ricordi, immagini, atmosfere..profumi.. ricorda la tua voce, il tuo modo di parlare, il gesticolare
delle mani.. ricorda te che ascolta per ore i suoi occhi, i suoi pensieri.. ricorda i silenzi, quelli che più amava, insieme a
te... quelli che più ama, ancora oggi..che la tua voce è spenta.. lui ama il tuo silenzio, perché sa che dove le parole
finiscono, inizia la musica...
Un solco, un’incisione
di Mirko Ardizzone
Teatro degli Arcimboldi – 24 marzo 2006 – Milano. On an island tour – David Gilmour. E' ormai trascorso del tempo da
quella sera, ma il ricordo è ancora vivo e consistente; profondo. Uno di quei ricordi che lascia il segno; un solco,
un’incisione, una cicatrice dentro di te. Una traccia indelebile nell’intimo del tuo "io" musicale e personale. Un
susseguirsi di emozioni nel quale vieni trascinato tuo malgrado, attimi di spettacolo ricchi di suggestione visiva e
sensoriale; se per un istante ti guardi intorno cercando lo sguardo di qualcuno che comprenda quello che stai vivendo
tu, è inutile; tutti sono li come te a bocca aperta, come ipnotizzati, sedotti; rapiti, musicalmente stregati da quegli artisti
che a pensarci bene non stanno facendo musica, stanno facendo qualcosa di più, qualcosa che forse nemmeno loro si
rendono conto di fare. Ma io mi rendo conto invece che, ancora oggi, ogni pezzo musicale riascoltato mi riporta a quei
momenti irripetibili, per me fantastici. "...la musica è l’armonia dell’anima..." dal romanzo "Castelli di rabbia" di
Alessandro Baricco. "...l’amore è l’armonia dell’anima a cui la musica fa da cornice..." da una lettera della mia carissima
amica Giada.
Chi si muove per primo è un vigliacco
di Enrico Miolano
Tensione ed emozione, adrenalina che scorre per ore allo stato puro. Questa, in estrema sintesi, una giornata da
direttore artistico di Suoni dal Monviso. Sabato 6 settembre era la volta di uno degli appuntamenti clou, era l’ora di
Marco Paolini… Arrivano le 17, salgo sul palco, e la soluzione cromatica che mi regalano le 1000 persone sedute sul
prato di Montoso è un primo tuffo al cuore, poi sale lui, Paolini, insieme ai Mercanti di Liquore, e per 90 minuti è
l’autentico padrone del palco. Lo guardo e ne scorgo la passione, lo ascolto e non posso fare a meno di apprezzarne la
bravura, e poi scruto l’espressione della gente, che ascolta e sorride, che applaude, che canta con lui... Magia della
voce, magia della musica. La soddisfazione per aver centrato una scommessa importante inizia a prendere il
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sopravvento, l’obiettivo di dare un piccolo contributo per promuovere la cultura e territorio attraverso il connubio
“musica-teatro” è vicino ad essere raggiunto, ma non è ancora finita... Ore 18,35... la pioggia. “La sento anch’io... –
tuona dal palco Paolini – ma chi si muove per primo è un vigliacco”. Il pubblico resta immobile e lui continua lo show...
Si va avanti per 10 minuti sotto la pioggia, ma nessuno sembra sentirla, prima della meritatissima standing ovation... Il
Paolini teso e serioso del “pre-concerto” adesso stringe le mani, firma autografi e si dedica alla sua pipa... con tanto di
chiave di violino. Il cuore mi batte forte e dentro di me c’è un solo pensiero: ce l’abbiamo fatta!
Voglia di gridare
di Alberto Calorosi
E allora tre, due, uno, via.
Sopra le mani alzate risuona un ritmo house, niente fronde di note solo tunzetetunz.
Un prato di teste ondeggia piano, bandiere che sventolano a tempo col sound.
La gente ascolta, si sbraccia, ride, si diverte, si accende una paglia, respira, attende.
Finalmente arrivano le note basse, sono quelle che trascinano e che spaccano le casse.
Daniele Silvestri alza i palmi e ammicca, parla di musica funky e di anni ottanta.
Ci fa divertire, fa finta di niente. Ma ha in mente qualcosa, è più che evidente.
Basta vederlo lassù, dondolare nel mentre.
Immagina uno slogan detto da una voce sola
è debole, ridicolo, è un uccello che non vola
ma lascia che si uniscano le voci di una folla
e allora avrai l'effetto di un aereo che decolla
Daniele ci sussurra parole discrete, ci ha quasi distratti e il ritmo cresce, cresce.
Continuiamo a saltare, alziamo la voce. Attendiamo il ritornello, che arrivi veloce.
La gente che grida parole violente non vede, non sente, non pensa per niente.
Daniele alza le braccia, è venuto il momento. Gridiamo a gran voce, che la violenza è atroce.
Non mi devi giudicare male
anch'io ho tanta voglia di gridare
ma è del tuo coro che ho paura
perché lo slogan è fascista di natura
Daniele porge il microfono, e tutto per noi. Tocca a voi, tocca a voi, sù, dài, tocca a voi.
lo slogan è fascista di natura gridiamo e ancora
lo slogan è fascista di natura sì, sì, certo
lo slogan è fascista di natura tutti insieme, le braccia al cielo
lo slogan è fascista di natura!
Daniele sorride.
Ci ha fregati, maledetto.
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Una vibrazione musicale
di Susanna Vair
"Don Giovanni" di Mozart, alcuni anni fa: mi recai al Teatro Regio di Torino per assistere alla rappresentazione di
quest'opera. Lo feci solamente per accompagnare mia madre e le sue anziane ma vitali
amiche e non per un reale interesse, nonostante io sia un'amante dell'arte in tutte le sue svariate manifestazioni. Seguii
le vicende con un certo coinvolgimento ed ecco che, ad un tratto, dimentica di me stessa e di tutto il resto, divenni la
musica ed il canto dei protagonisti. Ero quella sorta di onda fluttuante che si espandeva d'intorno e mi sentivo leggiadra
anzi, ero leggiadria stessa. L'accadimento fu così intenso al da farmi scordare la scena in cui avvenne la magia, poiché
di questo si tratta. Il ricordo dell'esperienza è però rimasto: meraviglioso, indelebile. Capii davvero il significato della
parola "TRASPORTO". Raccontai le mie sensazioni alle anziane signore che mi guardavano estasiate e grate perché le
avevo rese partecipi di un'emozione speciale. Posso dire di essere stata, per un po’ di tempo, una vibrazione musicale.
È come se spuntasse fuori il sole dietro te
di Elisa Bevilacqua
Mi ha scritto il testo di Bella più che mai, cantata dagli Stadio. L'ho letto centinaia di volte, fino ad impararlo a memoria.
Ma non conoscevo la melodia. Al nostro incontro successivo, me l'ha fatta ascoltare. Bella, bellina, sì, ma…io freddina.
Forse dovevo ancora farla mia, capire come le parole si inserivano sulla musica, la sua armonia interna. Poi siamo stati
lontani per un po', e ogni tanto mi canticchiavo "Che sorriso che c'hai questa sera sembra quasi che sia primavera" ma
senza tanta convinzione: sono così stonata! Però sorridevo, questo sì. Quando ci siamo rivisti, in un momento speciale,
ha cantato solo per me. "Mentre dai senso a tutto il mondo e incontrarti è come se spuntasse fuori il sole dietro te...". In
quel momento ho capito. Ho capito il suo amore e il mio. E la musica, ora, me la porto dentro sempre.
La notte zero
di Antonella Lacandela
Era il 2004. Era fine agosto. Fine della stagione estiva. Fine di una parte della mia vita. La mia vita vissuta per
ventisette anni nella mia terra madre. Le mie radici. Il mio cuore. Il mio sangue. La Puglia. Come ogni sera si usciva.
Quella sera per festeggiare la partenza, io in compagnia dei miei amici siamo andati giù, al fondo degli inferi, al fondo
della povera Puglia per ascoltare e ballare la pizzica. Arrivati abbiamo trovato un carnaio di gente che sembrava come
impossessata, la musica dal palco arrivava incessante, i suoni dei tamburelli continui, ossessivi, martellanti ti
confondevano, ti stordivano, intorno uomini, donne che si torcevano, ruotavano, saltavano, cadevano giù in un ritmo
senza freni, ci si abbracciava senza toccarsi veramente, si faceva l’amore solo guardandosi e muovendo il corpo a
distanza gli uni dagli altri, mantenendo però sempre costante una linea immaginaria di contatto, sopra di noi solo il cielo
illuminato da migliaia di stelle, intorno a noi solo armonia pura. Era il 25 agosto. Era la notte zero della mia vita, o
almeno della prima parte della mia vita. Sono passati anni da quella serata di addio e di nuovo inizio. È fine agosto, è la
fine della stagione estiva. Sono sola con il mio figlioletto di quattro anni. Cammino nelle vie della città magica d’Italia. E
forse lo è. Giriamo l’angolo con la sua manina nella mia e vedo i suoi brillare, comincia a saltare, a muovere
incessantemente i piedi, mi guarda, lo guardo, i miei occhi anche brillano, lì dietro l’angolo di nuovo il suono del
tamburello, qui in una terra non “pizzicata”, eccolo nuovamente tornare incessante ad irrompere nella mia vita, a
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ricomporre quella linea immaginaria di contatto che mai si interrompe, dalla punta delle mie dita alla punta delle tue dita,
e che ora lega anni, luoghi diversi, presente e futuro col passato, nella mia testa e in quella del mio bimbo che per un
attimo nel mio ventre è ritornato.
Un elettrochoc
di Vittoria Salomè
Pino stava lì. Suonava la chitarra davanti a me. Fuori Il Cairo era un casino come sempre. Lui, i suoi due figli, le mie
due figlie e la chitarra. Alle prime note non l’avevo riconosciuta la canzone…ma dopo 15 secondi esatti lacrimoni giganti
mi rigavano il viso e un nodo stretto stretto mi stringeva la gola. Piangevo a dirotto, come la pioggia d’inverno. Tra i
rumori sentivo solo la pioggia della musica e delle parole: “Tu lontano da me, pescatore lontano dal mare…solitudine e
malinconia in ogni angolo e in ogni via”. Quella sera avevo il cuore affranto ma felice, lì in Egitto in pochi minuti avevo,
grazie ad una canzone, rispolverato e capito tutta la mia vita, che non è mai finita, anche quando ti pare lo sia. Un
elettrochoc al cuore. E’ questa la potenza della musica.
Prima della maturità
di Susanna Fazio
Avevo diciannove anni e il giorno dopo iniziava l’esame di maturità. Quel pomeriggio avevo staccato ed ora ero lì nella
conca per il gemellaggio con Barjols. Nuvole bianche come gonfaloni, il vento protagonista ad esaltare la musica
provenzale di pifferi e tamburi. Tutto in armonia anche i finti cavalli cavalcati da ballerini in costume. Intorno la gente
sorridente e felice che avrebbe voluto slanciarsi a ballare.
Bella musica, stupendo palcoscenico naturale
di Antonio Santise
Una bellissima serata "musicale" quella di luglio col concerto di Pino Daniele, a Venaria nell'ambientazione dei giardini
della Reggia. Minacciava pioggia ma il tempo ha tenuto, le nuvole sono passate veloci e una mezzaluna gialla è
comparsa sulla Reggia. E il maestro Pino Daniele e i suoi compagni di un tempo hanno rallegrato il loro pubblico anche chi il napoletano non lo parla e fa difficoltà a comprenderlo. In un istante, il pensiero triste e nostalgico va a
Massimo Troisi, una scomparsa inattesa; le musiche scritte per i suoi film dall'amico Pino Daniele si identificavano
perfettamente col suo sguardo malinconico o era il suo sguardo che si adattava alla musica del film? E' un dubbio che
ho sempre avuto e sempre mi rimarrà. Ben vengano queste iniziative, auguri a MITO - Settembre Musica - eccezionale
e ben consolidato programma culturale della nostra regione.
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Luci a San Siro
di Anna Piera Neirotti
Per me la vita è fatta di colori, calore, suoni e musica, tanta musica. La musica è sempre stata la mia compagna sin dai
tempi della mia infanzia, della mia giovinezza. Tempi duri, dolorosi per tanti motivi, ma la musica riusciva sempre a
darmi la carica, la spinta a continuare a lottare, a continuare a sperare. C’è un musicista e cantante in particolare che io
adoro e ascolto sempre: Bruce Springsteen!!! The Boss!! Veramente il Boss per eccellenza della musica!! Volevo
perdere il suo concerto a San Siro il 25/06/08??? Ma neanche per sogno!! Dopo un’affannosa ricerca dei biglietti, ecco
giunto il gran giorno. Si parte per San Siro, chiedo una mezza giornata di ferie e dico il vero motivo della richiesta, santi
numi!! ne vien fuori un pasticcio (e dire pasticcio è poco!)! Era meglio dire una bugia? Inventarsi una visita medica? A
volte essere sinceri è un peccato anche dopo 32 anni di servizio! Arrivo a S. Siro tempio del calcio e della musica, devo
salire al 3° anello, si sale dalle torri, mamma mia che caldo, che stanchezza, arrivo alle gradinate che sembro la sorella
gemella di Paperoga!! Lo stadio è tutto un movimento di persone, un fermento di colori, di risate, di voci. Ed ecco l’inizio
del concerto, grande brivido, una grande emozione, The Boss ci regala una serata indimenticabile, un’emozione
indescrivibile! Questa sera su S. Siro si sono accese le luci della gioia, dell’armonia, di una serata magica. Il tutto nella
correttezza, nel rispetto di tante persone diverse tra loro ma con un unico amore: la grande musica.
Emozioni alle Olimpiadi di Torino 2006
di Anna Simeone
Momento magico per Torino, bella la città, le luci i colori e la musica, l’atmosfera che si respirava era di festa e di
magia. Ci sii ritrovava sulle strade e sulle piazze e i turisti in città, mai visti così dagli anni ‘60 … La sera in Piazza
Castello al concerto Venditti cantava “Notte prima degli esami”, le persone stavano vicine e si sorridevano, sì perché in
questa città la gente è sempre ombrosa e scontrosa, eppure si cantava insieme, nell’emozione e sognavamo ad occhi
aperti!!!! Venditti è stato grande coinvolgente, presente insieme a noi!! Ecco perché la musica è vita per me..
Con i compagni di scuola
di Parigi Manuela
Sembra strano da credere ma le più belle emozioni che ho vissuto nella mia vita, le ricordo grazie alla musica di Goran
Bregovich. Ricordo in particolare il concerto seguito con la mia classe delle superiori, dove accanto a me era seduto il
mio professore di italiano. E’ grazie a lui che ho cominciato ad ammirare questo splendido artista venuto da lontano, che
ha portato nella nostra Italia un genere di musica diverso dal solito. I ritmi dei suoi testi, e l’allegria con la quale furono
interpretati i brani, riuscirono a suscitare in me un senso di gioia indescrivibile. Allora mi chiedo: chi meglio di me
dovrebbe vincere questi due biglietti per andare a vederlo a Torino all’Alfieri? Di quell’anno scolastico, e anche dei
precedenti il momento del concerto di Bregovich è un ricordo per me molto particolare, perché spesso ripenso ai sorrisi
dei miei compagni durante quello spettacolo e alla voglia di passare del tempo insieme nell’atmosfera della musica
balcanica. Quel giorno ha segnato in particolar modo la mia vita, perché ormai nonostante siano passati cinque anni,
continuo ad ascoltare le stesse canzoni sentite durante il concerto, e con gioia ripenso ai ricordi di quella splendida
giornata dove per la prima volta ho visto questo meraviglioso artista che ormai seguo da parecchio tempo. Per tanti miei
compagni quello è stato un giorno indimenticabile, e mi piacerebbe tornare all’Alfieri a distanza di qualche hanno per
provare di nuovo forti emozioni, e in qualche modo ripensare anche al passato.
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