Embrioni ibridi, le mani sull'uomo (Ilaria Nava e Francesco Ognibene intervistano Augusto Pessina e don Roberto Colombo in Avvenire, 7 settembre 2007) «Vedere cosa succede». Secondo Augusto Pessina, microbiologo all’Università di Milano e presidente dell’Associazione italiana di colture cellulari, è questo l’unico motivo ipotizzabile per spiegare esperimenti come quello che in Inghilterra presto porterà alla creazione di embrioni ibridi uomo-animale. Un modo di procedere che, sia nel contenuto che nel metodo, di scientifico sembra avere ben poco. Andiamo con ordine. Dal punto di vista tecnico che cosa vorrebbero fare i ricercatori inglesi? «Semplificando, potremmo dire che si tratta di clonazione. Vorrebbero prendere un ovocita animale, svuotarlo del nucleo e inserirvi il nucleo di una cellula umana o una cellula umana intera. A questo punto dovrebbe iniziare la divisione cellulare». Di che specie è l’embrione così ottenuto? «Se si inserisse solo il nucleo di una cellula umana, sarebbe un embrione al 99% umano e all’1% animale. Il Dna nucleare sarebbe umano, mentre il Dna mitocondriale sarebbe animale. Se invece si inserisse nell’ovocita bovino una cellula intera, come mi sembra che si voglia fare, si otterrebbe un essere al 100% umano e all’1% bovino. In questo caso, infatti, si avrebbe un surplus di patrimonio genetico». Di che natura sarebbe l’essere vivente? «A mio parere, apparterrebbe alla specie umana, anche se ibrido. In entrambi i casi, infatti, il Dna nucleare è umano al 100%». Qual è la differenza tra ibridi e chimere? «Solitamente si parla di chimera quando ci riferiamo a un organismo composto da cellule di specie diversa. Ad esempio, se fondo uno zigote di mucca con uno zigote di uomo otterrò un essere con organi formati da alcune cellule completamente umane e altre completamente bovine. L’ibrido, invece, è un essere formato da tutte cellule ibride, in parte umane e in parte bovine. Come nel caso inglese. Ma stiamo parlando di ipotesi, visto che oggi non si sa ancora se sarà possibile effettuare questo tipo di esperimenti». Ammettiamo che lo sia: è vero che potrà essere utile per curare alcune malattie? «Dietro questi esperimenti non c’è alcun argomento scientifico. Sono assolutamente infondate le prospettive di cura, innanzitutto per una ragione di tipo teorico. Il problema della medicina è di avere un modello che si avvicini il più possibile a quello reale, tant’è vero che una delle obiezioni mosse dagli animalisti contro gli esperimenti sui topi è negare l’attendibilità scientifica, proprio perché l’uomo è differente dal topo. Nel caso degli ibridi, mi chiedo come si possa pretendere di studiare una patologia umana aggiungendo al modello preso in considerazione qualcosa di non umano. Dal punto di vista scientifico mi sembra un controsenso. Ma ci sono ragioni anche pratiche, perché, ad esempio, non si sa quali interazioni si produrranno tra il Dna umano e quello mitocondriale animale. Insomma, biologicamente è un gran pasticcio, che denota un modo di procedere irrazionale, motivato solo dalla curiosità di vedere cosa succede». Perché allora fare questo tipo di esperimenti? «Non si sa se e quale utilità potrà avere un esperimento simile. Di certo le cellule prelevate dall’ibrido non si potranno iniettare in un essere umano per le cure. Immagino che nella migliore delle ipotesi, si creeranno linee cellulari brevettabili. A mio parere, comunque, il fine è arrivare alla clonazione umana. Una volta realizzato questo tipo di esperimento, l’utilizzo di un ovocita umano anziché animale sembrerà un ritorno al meglio. Anche Minger, il fautore di questi esperimenti, ha affermato che in futuro si utilizzeranno ovociti umani». Gli embrioni ibridi verranno distrutti dopo 14 giorni, tutti ci rassicurano che non si creeranno "minotauri". Cosa ne pensa? «Il fatto che l’embrione non si sviluppi non diminuisce la responsabilità morale d i averlo creato. Sarebbe come sparare a una persona confidando nel fatto che tanto non la si colpisce. Il problema non è colpirla o meno, ma il fatto che hai sparato». Embrioni bridi uomo-animale per ottenerne cellule su cui sperimentare: il via libera di mercoledì da parte dell’authority inglese per l’embriologia (Hfea) apre scenari molto inquietanti. L’invito a non sottovalutare la notizia viene anche dallo scienziato e bioeticista dell’Università Cattolica don Roberto Colombo. Una parte del mondo scientifico ha accolto la notizia con entusiasmo. Come lo spiega? «Il progetto di ricerca sugli ibridi è solo l’epilogo di una serie di manipolazioni dell’embrione umano che ne costituiscono un uso strumentale, ben diverso dal suo destino che è quello della procreazione. Essersi abituati a usare l’embrione e le sue cellule come oggetti di ricerca dimenticando che è anzitutto un soggetto umano destinato a svilupparsi in feto, neonato e adulto ha favorito questa concezione culturale ed etica aberrante. L’attrattiva esercitata sui ricercatori dalla prospettiva della terapia cellulare ha incoraggiato molti di loro a battere qualunque strada prima di altri». Quanto c’è di scientifico in queste ricerche? «L’avventura della scienza è una delle più potenti espressioni della ragione. Ma si sta perdendo di vista il fine ultimo della ricerca biomedica, il bene di tutto l’uomo e di ogni persona dal concepimento al termine della vita. L’aver dissociato l’interesse per la scoperta della realtà dalla passione per l’uomo e il suo destino ha favorito questa deriva». Ci viene detto che è gli ibridi servono il bene dell’uomo... «Il bene di quale uomo? Non si può conseguire il vantaggio di un essere umano a scapito di un altro, sia pure all o stadio embrionale. E poi è ancora tutto da dimostrare che cellule embrionali autologhe rappresentino una necessità che non può essere supportata con altre cellule, derivate da tessuti del paziente stesso». La presenza animale nell’ibrido viene definita come insignificante, anche per il giudizio etico. È d’accordo? «L’umanità dell’embrione non è una quantità, una percentuale di Dna, ma una qualità della natura. In quell’embrione c’è il genoma nucleare intero di un uomo che si sviluppa all’interno di una struttura accidentalmente animale, con la presenza di alcuni elementi animali (citoplasma e mitocondri). La commistione tra uomo e animale non è mai stata osata nei laboratori di ricerca, ed è un vero attentato alla natura stessa dello sviluppo dell’uomo». Cosa significa mettere le mani sulla natura umana? «È un passo drammatico, terribile: significa che non si distingue più tra la ricerca sull’uomo e sull’animale, una differenza sinora chiarissima in biomedicina. È stata superata una barriera biologica, antropologica ed etica che da sempre separa l’inviolabile dignità dell’uomo dalle forme di vita animale, degne di rispetto ma non intangibili. L’uomo è trattato come un animale da esperimento, manipolato nella sua genesi embrionale e poi distrutto, e lo stesso animale viene coinvolto nel processo di sviluppo in vitro di un uomo a partire da un suo genoma. L’uomo diventa strumento della ricerca, non è più un fine in sé». È un punto di non ritorno? «Mi auguro in un ripensamento perché esistono altri modelli sperimentali per studiare quello che si desidera conoscere». Viene fissato un limite di 14 giorni nello sviluppo dell’ibrido. Perché? «È un altro inganno: si fa credere che stiamo parlando non di un embrione ma di un’entità destinata a evolversi solo per due settimane per poi essere soppressa. Il 14° giorno è lo stesso limite posto dall’authority inglese alla ricerca sull’embrione umano tout court: i ricercatori hanno dunque "presentito" che quell’ibri do genetico è una realtà umana. Se fossero stati certi che non lo era, nemmeno avrebbero posto quel confine». L’Europarlamento intanto raccomanda di rispettare le grandi scimmie... «Si è persa la coscienza della fondamentale distinzione antropologica ed etica tra uomo e animale. Il rispetto per l’animale è segno di civiltà, ma è sintomo di barbarie che venga meno l’inviolabilità della vita umana individuale, che ha una dignità unica nel creato».