L’ultima volta abbiamo visto alcune proprietà dell’endotelio, cellula importante in molte malattie, specialmente in quelle trombotiche ed emorragiche. Poi abbiamo visto le cellule muscolari lisce che hanno il compito di regolare il calibro dei vasi e quindi in caso di pressione bassa (ipotensione) si contraggono determinando un aumento delle resistenze periferiche a monte di questa contrazione grazie alla diminuzione del calibro dei vasi che riduce il flusso a valle. Questo è un meccanismo riflesso, queste cellule sono innervate e le cellule muscolari lisce delle arteriole hanno recettori per molecole endocrine (angiotensina, endotelina, noradrenalina) e per i neurotrasmettitori del sistema nervoso simpatico (autonomo). In misura minore anche i capillari sanguiferi (endotelio e periciti) hanno questa capacità. Questa è una sezione che vi mostra che nell’avventizia di una arteria è possibile osservare 2 strutture tipiche delle grandi arterie e delle grandi vene: Un fascetto nervoso: freccia. Vasa vasorum: capillari sanguiferi che vascolarizzano dalla avventizia un altro vaso di grosso calibro (vv) vv Ora vedremo come è fatta la parete dei vasi sanguiferi (arterie, capillari e vene) SCHEMA GENERALE Endotelio: è in contatto con il lume vasale (lo riveste) ed è quella barriera che rende il sangue inaggregabile. Quando la barriera è lesa le cariche negative che si stratificano sulla superficie luminale dell’endotelio spariscono e compaiono le cariche positive che sono nella membrana basale che hanno un funzione adesiva, ciò interviene nella formazione del trombo prima e del coagulo poi ( questo meccanismo limiterà al minimo le perdite di sangue dal letto vascolare). Il volume del sangue che circola è circa ¼ ‐1/5 di quello che servirebbe per irrorare costantemente tutti gli organi e tessuti. Quindi è “poco ma sufficiente”, si possono fare attività sportive senza morire. Gli organi non necessari vengono messi in ischemia perché riposano e il sangue utilizzato per irrorare gli organi che stanno faticando (es. durante la corsa: intestino a riposo versus muscoli degli AAII) Materiale extracellulare: collagene, elastina, proteoglicani, fibronectina prodotta da diverse cellule, endoteliali, cellule muscolari lisce e periciti. I periciti rivestono il versante abluminale dell’endotelio dei capillari e delle più piccole arteriole pre‐ capillari e venule post‐capillari. I periciti e le cellule muscolari lisce sono entrambi inclusi nella membrana basale, quindi non sono cellule epiteliali come gli endoteliociti, sono separati tra loro da fibrille collagene, elastina, sostanza amorfa, proteoglicani, etc. La membrana basale dei periciti è prodotta da essi stessi. All’esterno della membrana basale ci sono le altre fibre collagene del connettivo circostante prodotte dai fibrociti. Anche i fibrociti sono piuttosto numerosi nella tonaca media elastica. I capillari sanguiferi possono anche essere colorati con tecniche di immunofluorescenza usando anticorpi anti‐ collagene 4 (colore rosso) che è un tipico componente della membrana basale, e le cellule verdi NG2+ che sporgono sono periciti. I periciti hanno diverse funzioni: Funzione contrattile di regolazione del lume del vaso Funzione fagocitaria nei confronti di antigeni, (se un batterio o un virus dovesse attraversare l’endotelio potrebbe essere fagocitato dai periciti) Stabilizzano il vaso che cresce durante lo sviluppo. Si allungano per penetrare il neuropilo e raggiungere il vaso parentale sotto influsso di fattori di crescita (foto da Virgintino et al, 2007, 2008) Le cellule muscolari lisce si trovano nella tonaca media di arterie di medio e piccolo calibro in grande numero, in minor numero nelle arterie di grande calibro (cioè elastiche), nelle 3 tonache delle vene di tipo muscolare (propulsive) e raramente poche cml nell’intima di alcune grandi arterie. Contraendosi riducono il lume del vaso facendo aumentare la pressione a monte. Questo è importante nelle arteriole precapillari dove lo spessore della parete è ½ della sezione del vaso e la contrazione può escludere il letto capillare. Le cml secernono elastina, collagene, proteoglicani, possono sostituire l’endotelio danneggiato costituendo una neo‐intima e vanno incontro ad accumulo di NEFFA (degenerazione grassa) durante i processi di ateromasia. Le giunzioni cellula cellula sono di tipo aderente, quelle cml‐collagene (giunzioni cellulo‐stromali) sono tipo emidesmosomi. Queste cml delle arterie sono prevalentemente orientate in senso circonferenziale o meglio elicoidale, nelle vene l’orientamento è vario. STRUTTURA MICROSCOPICA DELLA PARETE DEI VASI 1. tonaca intima 2. tonaca media che conferisce la funzione propria al vaso 3. avventizia che limita il vaso o lo accoglie nell’ambiente circostante CLASSIFICAZIONE DELLE ARTERIE IN BASE AL CALIBRO 1. Arterie di grosso calibro con un diametro >7,5mm 2. Arterie di medio calibro con un diametro tra 2,5 a 7,5 mm 3. Arterie di piccolo calibro don un diametro < 2,5 mm Tale classificazione è importante perché la parete dei vasi sanguiferi a seconda del calibro ha proprietà diverse. Le arterie di tipo elastico sono di grosso calibro cioè la tonaca media è costituita per la gran parte da fibre elastiche, mentre le arterie di medio e piccolo calibro sono essenzialmente di tipo muscolare, cioè la loro tonaca media è formata per la maggior parte da cellule muscolari lisce e una quota minore di fibre elastiche. Quindi ciò che cambia è la quantità di fibre elastiche! Se c’è una alta quantità di fibre elastiche parliamo di arterie elastiche mentre se a prevalere sono le cellule muscolari lisce abbiamo un’arteria muscolare. SERIE DI IMMAGINI ISTOLOGICHE Aorta: arteria molto grande colorata con azan Mallory, sono visibili questi filamenti tralucenti, la cui traslucenza è una caratteristica dell’elastina. Il profilo di queste zone traslucide è pieghettato perché l’arteria dopo essere stata estratta ha subito un leggero collassamento della parete (tali pieghettature in vivo non ci sono). Sopra potete apprezzare i nuclei dell’endotelio, la tonaca intima formata da endotelio e lamina sottoendoteliale, poi tonaca media e visibile solo un po’ di avventizia. Questa colorazione non è molto adatta per far vedere dove finisce uno strato e dove comincia un altro mentre la colorazione fucsina resorcina si! Anche se qui è solo resorcina. Qui si vede l’endotelio (vedete i nuclei) sotto c’è una lamina sotto endoteliale, poi un connettivo sotto‐intimale ed infine questa linea fortemente colorata, essa è la più interna e spessa delle lamine elastiche e si chiama LAMINA ELASTICA INTERNA ed è la massima responsabile della funzione di questa arteria. L’elastina si dispone a reti a maglie piuttosto strette che nei preparati sembrano linee pieghettate. Ma dovete immaginarla come linee circonferenziali che si trovano attorno all’arteria elastica. Le arterie elastiche sono vicine al cuore perché durante la sistole (contrazione del ventricolo) che imprime una forza di pressione al sangue, queste arterie, allargandosi un poco, sono in grado di immagazzinare parte di questa energia che restituiscono in diastole (quando il cuore si riposa). La massa sanguigna non si deve arrestare ma deve progredire, e quindi l’arteria torna alla dimensione originaria e costringe la massa sanguigna nel lume e questa procede. Quindi un flusso molto discontinuo che è quello impresso dal cuore è trasformato, durante il decorso delle arterie elastiche, in un flusso meno discontinuo grazie alle fibre elastiche. Queste lamine elastiche sono molto numerose, la parete è + o – spessa a seconda del punto, cioè è chiaramente più spessa nell’aorta ascendente o nell’arco aortico, poi mano mano diviene + sottile l’intera parete del vaso. Inframezzate tra queste lamine elastiche, anche se non si vedono con questa colorazione ci sono cellule muscolari lisce (non sono abbondanti, ma qualche cellula c’è) e ci sono anche fibrociti che producono le glicoproteine della media. Esiste, anche se qui non si vede, una LAMINA ELASTICA ESTERNA che segna il confine con l’avventizia, nell’avventizia le lamine elastiche non ci sono o solo molto scarse Tonaca avventizia: costituita da fibrille collagene abbastanza dense e dotata di vasi vasa vasorum e nervi. Arterie di tipo muscolare In una immagine colorata con azan mallory si vede l’endotelio, c’è una lamina sotto endoteliale, si vede la traslucenza della lamina elastica interna (esiste anche in queste arterie) e la tonaca media con queste cellule fusate attaccate alle fibrille di collagene tramite dispositivi come i desmosomi le quali assicurano alla parete del vaso la sua contrattilità. Tali cellule si dispongono circolarmente o longitudinalmente. Nella colorazione fucsina‐resorcina si vede che le lamine elastiche ci sono ma c’è una notevole acidofilia data dalla presenza di proteine contrattili dentro le cellule. La forma delle cellule è fusata (anche se nell’immagine non è visibile). Tonaca avventizia: molto ricca di fibre elastiche e di fascetti muscolari disposti in maniera trasversale rispetto a quelli della tonaca media (in questo preparato le cellule muscolari lisce nella tonaca media sono tagliate longitudinalmente, mentre in quella avventizia sono tagliate trasversalmente). La lamina elastica interna diviene sempre meno visibile fino a scomparire del tutto nelle arteriole. Ricordiamo che le fibrocellule muscolari lisce si associano a formare colonne a decorso longitudinale nell’avventizia e assieme al collagene servono ad evitare che il vaso si allunghi eccessivamente durante il passaggio del sangue. ARTERIOLE PRECAPILLARI Successivamente abbiamo le arteriole e quelle più vicine ai capillari sono dette arteriole pre‐capillari, a questo livello si trovano cellule muscolari lisce a formare i manicotti a sfintere la cui contrazione chiude il vaso e determina ischemia temporanea del territorio a valle. Questo fa in modo che il sangue sia sufficiente a vascolarizzare a turno i tessuti non proprio nobili che resistono alle ischemie per qualche minuto (possono rimanere privi di sangue) a beneficio di altri tessuti che lo sono stati un momento prima. Le arteriole hanno una parete molto più sottile, è visibile l’endotelio (ridotto di dimensioni) con i nuclei che sporgono nel lume, non si vede più la lamina elastica interna (assente o poco evidente), si vedono semplicemente le fibrocellule muscolari lisce della tonaca media che sono più voluminose dei tratti arteriosi precedentemente descritti. L’avventizia è piuttosto esile. Le arteriole sono fittamente innervate da fibre adrenergiche Capillari: sono uno dei 2 settori dove avvengono gli scambi tra cellule dei tessuti (istolinfa) e il plasma sanguigno e i globuli rossi. Nel plasma sono disciolte le sostanze nutritizie e la CO2, nei globuli rossi vi è O2 e CO2. Quindi i tessuti rilasciano le loro sostanze di scarto dei metabolismi (cataboliti) e la CO2 e si caricano di O2 ceduto dall’emoglobina. CLASSIFICAZIONE DEI CAPILLARI 1. Capillari continui formati da cellule endoteliali legate le une alle altre con giunzioni occludenti e aderenti, anche la membrana basale è continua. Quindi questi capillari si troveranno in organi che devono essere protetti dal passaggio di sostanze potenzialmente dannose. Vi si trovano nel SNC (barriera emato‐encefalica) che deve essere protetto da molte sostanze (es. ioni metallici, benefici per altre cellule perché fungono come gruppo prostetico di alcuni enzimi, sono invece lesivi per il SNC visto che si accumulano nelle cellule), nel testicolo (barriera emato‐testicolare) e nel timo (barriera emato‐timica), muscolo striato scheletrico e liscio, polmone, alcuni connettivi. 2. Capillari fenestrati perché gli endoteliociti hanno delle finestre, cioè le cellule pur sigillate le une alle altre hanno strutture sulla membrana plasmatica che è giusto chiamare finestre, perché non sono passaggi liberi, ma hanno dei diaframmi proteici che fanno una rete (come ragnatela) che filtra il sangue. La lamina basale è completa. (si trovano nello stomaco, faringe, mucosa intestinale, glomeruli renali, miocardio, ghiandole esocrine ed endocrine, cute e sottocute). 3. Capillari sinusoidi o discontinui dove le cellule endoteliali sono solo parzialmente legate tra loro lasciando ampi spazi liberi tra cellula e cellula, anche la membrana basale è incompleta e quindi gli scambi avvengono con estrema facilità. Si chiamano sinusoidi perché persino il lume è irregolare. (i primi 2 tipi di capillari hanno un lume tra i 5 e i 10 micron mentre nei sinusoidi il lume è irregolare 10‐ 50 µm). (sono nel fegato, milza, alcune ghiandole endocrine, midollare del surrene, midollo osseo emopoietico, dove metaboliti e cellule devono passare in maniera rapida tra le discontinuità!) Ciò spiega come sostanze cariche o esogene (farmaci) possano passare più o meno facilmente. Nei capillari continui e fenestrati queste molecole sfruttano carrier per altre sostanze, aminoacidi, ioni, ecc. Quindi il passaggio nei capillari continui tra cellula e cellula è impedito ed qui è presente solo il passaggio transcellulare che avviene o tramite carrier o tramite caveole (vescicole di micropinocitosi). LINFA INTERSTIZIALE O LIQUIDO INTERCELLULARE A cosa servono i capillari sanguiferi? All’esterno delle cellule c’è un liquido che è composto diversamente rispetto a quello citoplasmatico (il citoplasma è gelatinoso e a seconda di quanto concentrato è il citoscheletro la cellula può avere una morfologia peculiare e quando il citoscheletro è scarso può avere una forma sferoidale, cmq nelle cellule vi è sempre un liquido nel quale sono disciolte molte sostanze, così anche all’esterno delle cellule). Il liquido esterno è detto linfa interstiziale o liquido intercellulare è prodotto da 2 componenti, una è un ultrafiltrato del plasma (ciò che riesce a passare del sangue attraverso le cellule endoteliali) ed esso sarà molto selezionato se le cellule endoteliali sono continue, meno selezionato se sono fenestrate e se sono discontinue non è selezionato. A questo è aggiunto un liquido prodotto dai tessuti chiamato cito o istolinfa. (l’ultrafiltrato del plasma è molto più abbondante) Le forze fisiche che regolano i passaggi dell’emolinfa sono 2: pressione colloido‐osmotica che è data dalla presenza di ioni e proteine in questo liquido extracellulare (la pressione data dagli ioni è più importante perché essi sono piccoli e molto più numerosi=concentrati) il sodio ad esempio è a 140 milliequivalenti/litro mentre il collagene è ad 1 nanoequivalente/L. Dove sono più concentrati gli ioni e le proteine giunge l’acqua. pressione idrostatica che risponde alle leggi imposte dalla forza di gravità ed è anche quella pressione esercitata sulle pareti dei vasi grazie alla forza generata dal cuore. Entrambe queste forze regolano gli scambi di liquidi e ioni tra liquido intracellulare e liquido extracellulare e tra quest’ultimo e il plasma sanguigno. Queste 2 forze regolano la PERMEABILITA’ CAPILLARE. edema vs disidratazione Se la forza colloido‐osmotica è prevalente nel liquido extracellulare rispetto al plasma sanguigno il liquido non rientra nei vasi a livello del settore venoso dei capillari e nelle venule post‐capillari e rimane nel tessuto dando edema (imbibizione del tessuto), possiamo vedere questa condizione di edema a livello del sottocutaneo, della caviglia e della cavità addominale delle persone con insufficienza epatica e ipoalbuminemia. Se uno ha una malattia del rene, presenta un accumulo di ioni extracellulari, che non vengono espulsi con le urine, edema palpebrale e poi degli altri tessuti molli. Il contrario dell’edema è la disidratazione: se io ho poca acqua,quella poca acqua è risparmiata per far circolare il sangue e il sottocutaneo è disidratato, gli occhi appaiono scavati, la cute è secca. [Ricordiamo che le molecole lipidiche possono diffondere perche sono liberamente disciolte nella fase lipidica della membrana plasmatica, quindi è abbastanza pericoloso assumere alcool perchè esso diffonde in maniera rapida e non ci sono barriere che valgano a segregare l’alcool. Ecco perché, dopo che qualsiasi quantità sia stata assunta (anche minima), immediatamente raggiunge i neuroni e ne determina depolarizzazioni inconsulte, si abbassano i freni inibitori, perchè le cellule + sensibili sono piccoli neuroni che inibiscono i circuiti eccitatori e quindi prevale l’eccitazione in un primo momento e poi l’inibizione dei circuiti attivatori in un secondo momento. Comunque questo vale anche per le medicine liposolubili che possono raggiungere il SNC, le altre sostanze passano tramite o caveole (micropinocitosi) oppure tramite carrier]. Nel tratto arterioso quando la pressione è ancora alta nel capillare, diciamo che è di 15 – 20 mmHg, tale forza è sufficiente a far uscire i liquidi all’esterno del capillare per formare una quota di fluidi extracellulari. Questo perché la pressione idrostatica intravasale è superiore alla pressione colloido‐osmotica + quella idrostatica che si trova nel tessuto. metà del capillare La quota di liquido che passa fa aumentare la pressione idrostatica dell’ambiente esterno e a quel punto non c’è flusso, o se c’è, è in entrambe le direzioni. Sul versante venoso del capillare e delle venule post‐capillari avviene il contrario, cioè la pressione idrostatica nel lume del vaso diviene molto bassa (3‐4 mmHg) ed è inferiore alla pressione idrostatica del connettivo circostante il vaso. In più, siccome il plasma sanguigno si è disidratato, avrà una pressione colloido‐osmotica incrementata e inviterà l’acqua a rientrare nel lume vasale. DIAPEDESI DI CELLULE DEL SANGUE Alcune cellule del sangue possono facilmente passare le barriere endoteliali, siano esse continue, fenestrate o discontinue. 1. Monociti 2. Polimorfo nucleati 3. Linfociti Quindi non passano globuli rossi e piastrine. Quando riescono a passare questi ultimi si parla di emorragia. I leucociti possono attraversare gli endoteli dei linfatici e dei capillari sanguiferi. Ovviamente non attraversano i vasi dotati di una parete esterna spessa, quindi questi passaggi, che avvengono nei 2 sensi, sono possibili solo a livello del letto capillare e delle venule postcapillari dove avvengono anche gli scambi di liquidi e gas e sostanze nutritizie. Nelle venule post‐capillari è molto importante il discorso del passaggio di cellule del sangue ossia di cellule delle difese aspecifiche e specifiche=immunitarie. DIAPEDESI ED EMPERPOLESI ci sono 2 tipi di passaggio DIAPEDESI: passaggio in fasi nel quale una cellula dapprima si adagia sull’endotelio, rotola sull’endotelio, lo attiva, si aprono le giunzioni cellula‐cellula (siano esse giunzioni di tipo tight, di tipo aderente) e la cellula del sangue può passare slaminando le fibrille della membrana basale e di qui poi migrare attivamente nel tessuto circostante. Questo meccanismo è il + comune. EMPERIPOLESI: passaggio di cellule attraverso il citoplasma dell’endotelio (è una specie di fagocitosi da parte dell’endotelio di una cellula del sangue che poi è rilasciata sul versante abluminale). Tali passaggi sono stati abbondantemente studiati per comprendere processi infiammatori o malattie infettive. In questi passaggi ci sono miriadi di molecole e farmaci coinvolti. Pensate che queste funzioni permettono di curare delle malattie gravi (specialmente nella reumatologia e nella neurologia: artrite reumatoide, lupus:,sclerosi multipla) abbastanza efficacemente, è possibile bloccare i recettori che farebbero passare i linfociti nel versante abluminale (es alfa 4 integrina) e così impedire che l’infiammazione tissutale abbia abbastanza cellule da provocare lesione. VASI LINFATICI I CAPILLARI LINFATICI Per drenare l’eccesso di liquido che si trova nei tessuti connettivali tissutali esiste sia il letto capillare e post‐capillare sia un sistema a parte di vasi linfatici. I linfatici iniziano come capillari a fondo cieco con parete forata, andamento discontinuo (come cannucce forate sul fondo e sulla parete) nell’interno di organi e drenano il liquido chiamato linfa, che non è diverso da quello extracellulare. L’eccesso di linfa nel connettivo è così drenato dai capillari sanguiferi, le venule e i capillari linfatici. I capillari convergono tra di loro in dotti capillari di diametro maggiore fino ai grandi collettori che riversano la linfa nelle vene alla base del collo. VENULE POSTCAPILLARI Le vene più piccole si chiamano venule post‐capillari e sono sede di scambio, specie di cellule. Hanno diametro medio di 30 µm e ricevono da 3 a 5 capillari. Queste venule non hanno cml nella parete e la membrana basale è piuttosto lassa (vasi di scambio). Le venule post‐capillari sono piuttosto sottili, hanno la parete composta da endotelio, lamina basale, periciti e fibrociti adesi a formare una piccola avventizia. Nell’intestino, linfonodi, timo e bronchi le cellule endoteliali delle venule sono più alte e le giunzioni intercellulari sono sensibili alle interazioni con i leucociti favorendo l’attraversamento del vaso con pronta apertura intercellulare e successiva richiusura. In una venula a calibro maggiore potete apprezzare l’esistenza di cellule muscolari lisce che sono sia nella intima che nella media e si hanno poi nell’avventizia. Le cml sono disposte in maniera trasversale tra uno strato e l’altro, solitamente quelle dello strato medio sono a decorso circonferenziale, quelle dell’avventizia sono poste trasversalmente alle precedenti, quindi sono poste parallelamente rispetto all’asse maggiore della venula o vena. Le venule postcapillari riversano il loro sangue refluo nelle venule muscolari (con cml nella media che ricompare) e queste in vene di raccolta di calibro progressivamente maggiore. VENE Le vene hanno uno spessore di parete che è più sottile di quello delle arterie di pari calibro. Questa parete facilmente si deforma e, nel cadavere, spesso rimane piena di sangue, a differenza che nelle arterie. Se per le arterie il calibro poteva aiutarci a classificarne la funzione (elastiche o muscolari), per le vene questo non vale perché la composizione della parete non dipende dal calibro, cioè le vene o hanno un calibro maggiore o ne hanno uno minore la parete va osservata perché non c’è alcuna regola che ci dice che quelle più grandi siano elastiche e quelle più piccole siano muscolari. Se le vene devono spingere sangue contro la gravità, o in vicinanza di ostacoli (ossa, muscoli) allora esse devono essere muscolari indipendentemente dal proprio calibro. Ricordate che ogni individuo per la maggior parte del tempo è in ortostasi e quindi le vene sottodiaframmatiche devono vincere la forza di gravità per portare il sangue al cuore. Le vene degli arti inferiori sono muscolari indipendentemente dal loro calibro, mentre le vene sovra‐ diaframmatiche hanno una parete poco muscolare, prevalentemente fibrosa o fibro‐elastica. Ricordiamo che l’elastina c’è ma è poco apprezzabile mentre le cellule muscolari possono essere presenti in tutti gli strati. Di solito la parete delle vene è un po’ più sottile a parità di calibro rispetto a quella delle arterie, i regimi pressori sono inferiori. Ad esempio nella vena cava inferiore sono tra i 20 e gli 0 mmHg, e questa pressione non ha niente a che fare con i 120‐70 mmHg delle grandi arterie, i 50‐30 mmHg delle piccole arterie. Quindi la parete non è molto spessa perché non deve sopportare forze troppo elevate. Talora la pressione diventa negativa e la parete non collassa perché ancorata a fasce circostanti. Si vede al LAMINA ELASTICA INTERNA che spesso è discontinua perché non ha una funzione propria di accumulare energia per poi restituirla. Analizzando una vena di tipo fibro‐elastico si vedono le lamelle elastiche che sono meno evidenti e più rade rispetto a quelle nella parete delle arterie elastiche. VALVOLE DELLE VENE Le vene sottodiaframmatiche hanno tali formazioni, che impediscono che il sangue una volta progredito in senso centripeto possa tornare indietro da dove proveniva per forza di gravità o per contrazione muscolare. Un certo volume di sangue attraversa una valvola andando al di sopra di essa, poi il suo peso che grava sulla valvola ne provoca la chiusura e il sangue non può più tornare da dove proveniva. Le valvole sono delle tasche a nido di rondine e sono nelle vene solitamente e non nelle arterie (con qualche eccezione), Di solito sono da 1 a 3 ad occludere il lume della vena. Le valvole possono essere di 2 tipi Parietali se si trovano sul decorso di una vena lunga Ostiali se si trovano alla confluenza di una vena minore in quella di calibro maggiore. Sono formazioni intimali: sono formate da un asse di connettivo sottoendoteliale ed endotelio (non vi è tonaca muscolare). Sul versante parietale, cioè nel versante che guarda la parete del vaso che è scarsamente in contatto con il sangue, le cellule endoteliali sono allungate e disposte trasversalmente al flusso di sangue, al contrario sul versante luminale l’endotelio è disposto parallelo al flusso sanguigno quindi allineato alla lunghezza del vaso, così che il sangue che un liquido viscoso possa scivolare + facilmente (endotelio luminale). Le valvole sono semilunari cioè a cuspidi e con il margine convesso si inseriscono sulla parete della vena, il margine concavo è libero e finché il flusso è centripeto sono appiccicate alla parete, se il flusso si inverte la tasca si gonfia e impedisce il flusso centrifugo. CAVITA’ TORACICA APERTURA SUPERIORE Dalla fossa giugulare, margine anteriore della clavicola, apice della spalla (come articolazione gleno‐ omerale), poi una linea immaginaria che congiunge l’apice della spalla con il processo spinoso della settima vertebra. Quindi la parte apicale del polmone è nel collo perché si trova più in alto della faccia superiore della 1 costa, perlomeno anteriormente, mentre posteriormente è allo stesso livello. Gli organi che attraversano lo stretto superiore sono: a) medialmente, da avanti all’indietro:‐ origini di mm sternotiroidei e sternojoidei, timo, vv tiroidee inferiori, trachea, esofago, plesso vago, nn laringei ricorrenti, dotto toracico, mm lunghi del collo e legamento longitudinale anteriore; b) ai lati: pleura e apice polmone, tronco dell’ortosimpatico, arteria intercostale suprema, primo nervo toracico, arteria e vena toracica interna, nervo frenico. A destra passa l’arteria brachiocefalica e la vena brachiocefalica, a sinistra le arterie carotide comune e succlavia e la vena brachicefalica. APERTURA INFERIORE Questa è più ampia trasversalmente ed è inclinata in basso e posteriormente, cosicchè la cavità risulta più ampia posteriormente che anteriormente. Il diaframma chiude questa apertura. La comunicazione tra cavità toracica e cavità addominale non è totalmente esclusa perché il diaframma ha alcuni orifizi che fanno passare strutture. Per esempio un orifizio fa passare l’esofago e i nervi vaghi, c’è un orifizio che fa passare l’aorta e il dotto toracico e poi un orifizio per la vena cava inferiore e piccole fessure per i nervi piccolo e grande splancnico. SUDDIVISIONE DELLA CAVITA’ TORACICA DUE LOGGE PLEUROPOLMONARI SEPARATE DAL MEDIASTINO Il mediastino è quella porzione della cavità toracica che è posta direttamente in continuità con gli spazi profondi del collo. Quindi ci saranno strutture che passano dal collo al mediastino: le più importanti sono la trachea, l’esofago, alcuni vasi sanguiferi (arteria carotide comune, arteria e vena succlavia di sinistra, tronco venoso brachiocefalico), alcuni nervi (nervo vago, nervo frenico), muscoli (sternoioideo, sternotiroideo), l’apice del polmone. SUDDIVISIONE DESCRITTIVA DEL MEDIASTINO ARBITRARIAMENTE il mediastino è suddiviso in superiore e inferiore mediante un piano obliquo immaginario tracciabile dal margine inferiore del manubrio dello sterno (angolo sternale di Luys) al margine inferiore del soma della 4° vertebra toracica (T4). Il mediastino superiore va dall’apertura superiore del torace a questo piano e accoglie il timo e l’emergenza dei grossi vasi che dipartono dal cuore o che al cuore arrivano, tipo la vena cava superiore, l’aorta, l’arteria polmonare. Si trovano anche la trachea e i bronchi, i dotti principali che da questa nascono, fino alla porzione superiore dell’esofago, più una serie di linfonodi, altri vasi sanguiferi. Al di sotto del piano si trova il mediastino inferiore è suddiviso in tre settori nella letteratura anglosassone: mediastino anteriore, spazio fra il corpo dello sterno e il pericardio e i margini delle pleure mediastino medio, il cuore e il pericardio con i grossi vasi che da questo partono o arrivano; mediastino posteriore, dietro il pericardio ove trovano spazio l’esofago, l’aorta, il nervo vago e linfonodi. Nella letteratura italiana mediastino anteriore e medio sono insieme e i settori inferiori sono solo 2: anteriore e posteriore. PERICARDIO Il cuore è rivestito esternamente da un sacco fibroso connettivale, il pericardio. Tutti i rapporti che vedremo pel cuore sono mediati dal pericardio. Per esempio lateralmente ci sono le pleure quindi il rapporto è tra il pericardio fibroso e il foglietto parietale della pleura mediastinica. Stessa cosa tra il centro tendineo del diaframma e il cuore c’è la parte inferiore diaframmatica del sacco fibroso. Questo sacco fibroso circoscrive tutto il cuore e le parti adiacenti dei grossi vasi. All’interno del sacco fibroso c’è un rivestimento mesoteliale che direttamente circoscrive il cuore senza aderirvi. La sierosa pericardica deriva dalla cavità pleurica secondaria ed è formata di due sacchi rivestiti di mesotelio posti l’uno dentro l’altro. Quello che si trova all’esterno del cuore è il foglietto parietale e aderisce al connettivo del sacco fibroso, mentre quello interno (epicardio) aderisce al cuore stesso. Rimane circoscritta una cavità sierosa chiusa all’esterno che è quella pericardica. Il volume della cavità è piccolo, c’è scarsissima quantità di liquido che consente scivolamento e mobilità senza riscaldamento, sfregamento e attriti in completa libertà rispetto agli organi circostanti. Esistono dei punti in cui il foglietto viscerale si continua indistintamente con quello parietale che riveste la superficie esterna del cuore. Queste linee di riflessione visceroparietali formano una coppia di tubi complessi: uno racchiude aorta e arteria polmonare, l’altro le vene cave e le vene polmonari. Il tubo intorno alle vene ha forma di J capovolta e il cul di sacco all’interno della curva si trova dietro l’atrio sinistro e viene chiamato seno obliquo. Il passaggio tra i due tubi è il seno trasverso. Si formano così dei recessi del pericardio. Sono difficilmente esplorabili, ma sono da conoscere per la loro importanza in cardiologia e cardiochirurgia. Il seno trasverso si trova dietro la radice delle arterie (l’aorta dal cuore sinistro, l’arteria polmonare dal cuore destro). Il seno trasverso è interposto tra la vena cava superiore e le vene polmonari di sinistra posteriormente e anteriormente la radice delle due arterie. In questo punto il sacco fibroso che riveste la radice delle arterie e delle vene si ribalta a rivestire la parte esterna del cuore e quindi posteriormente il corpo vertebrale, l’esofago, i nervi vaghi, mentre lateralmente le pleure e anteriormente il corpo dello sterno. Ripetizione ribaltamento: il pericardio fibroso esterno passa al di sopra delle arterie e le contorna anche posteriormente. Da quel versante posteriore il pericardio si ribalta a rivestire la superficie esterna del cuore che è il foglietto viscerale e si formano due recessi, due piccole tasche molto sottili in cui può entrare uno specillo (strumento chirurgico). L’Immagine del Netter mostra il cuore sollevato e si può osservare il pericardio diaframmatico e la parte posteriore del pericardio che sta rivestendo l’esofago e l’aorta, questo è il recesso detto seno obliquo perché ha una forma obliqua, una “j” capovolta. Si vede il pericardio fibroso esterno che trapassa nel pericardio viscerale sopra l’arteria polmonare e sopra l’aorta e più in basso sopra gli atri e i ventricoli. Siccome la cavità sierosa pericardica è completamente chiusa all’esterno, il pericardio viscerale è continuo con quello parietale, questa continuità circoscrive l’emergenza delle arterie e delle vene quindi forma dei tubi esterni che fanno passare le arterie e le vene. Le arterie e le vene non hanno sempre lo stesso colore nei disegni e pure in vivo a causa del sangue che contengono: le vene della grande circolazione hanno sangue desossigenato quindi blu (dovuto allo stato di ossidazione dell’emoglobina) e nella piccola circolazione anche l’arteria polmonare contiene sangue desossigenato perché è lo stesso che ha poco prima circolato nelle vene cave e dal seno coronario e passando nel ventricolo destro è spinto nell’ arteria polmonare quindi non ha ancora avuto il tempo di ossigenarsi. Mentre nella grande circolazione il sangue ritorna all’atrio destro e va nelle quattro vene polmonari, il colore è rosso perché è ossigenato quindi l’Hb è nello stato ridotto e assorbe nello spettro del rosso vivo rutilante. Immagine TC assiale: il cuore è al centro, dietro vertebra toracica (forse la settima), corpo dello sterno, varie coste, muscoli intercostali ed erettori della colonna. Ciò che si vede è che c’è liquido iperdenso nella cavità pericardica. È un esempio di tamponamento cardiaco per emoraggia ventricolare, cioè si è rotto un vaso in un territorio di miocardio necrotico colliquato che versa nella cavità pericardica. Ciò è un pericolo di morte per aumento esponenziale della pressione arteriosa e diminuzione della gittata sistolica. Il medico del pronto soccorso deve pungere il pericardio (pericardiocentesi) al di sopra della quinta o sesta cartilagine costale di sinistra medialmente, proprio per evitare di pungere i vasi sanguigni toracici interni presenti lateralmente e la pleura più cranialmente e lateralmente, quindi si ha fuoriuscita di sangue con sollievo del paziente. CUORE Pompa muscolare che deriva dalla fusione di 2 tubi muscolari che si sono uniti, come se fossero 2 arterie in cui la tonaca media è divenuta molto preponderante. Ha una funzione propulsiva, cioè esso trasforma la contrazione delle proprie cellule muscolari STRIATE CARDIACHE in una forza di pressione che genera un flusso di sangue. Essendo l’organismo un insieme di tessuti posti a notevole distanza gli uni dagli altri deve esistere un sistema vasale in cui il sangue cammina e può portare a distanza le sostanze nutritizie. Il cuore quindi costituisce due pompe poste funzionalmente in serie ma topograficamente stanno insieme. È nella cavità toracica, nel mediastino e precisamente nella parte inferiore del mediastino (porzione media). Vi sono 4 cavità cardiache, ma cuore destro e cuore sinistro non comunicano tra loro, mentre ciascun atrio comunica con il corrispondente ventricolo a livello di un ostio dotato di valvola che impedisce il reflusso di sangue. FACCIA ANTERIORE Il cuore è rivestito da pericardio, che è una membrana sierosa a 2 foglietti che servono a far flottare il cuore senza attrito durante l’attività contrattile. Questa sierosa è direttamente in contatto con la superficie interna dello sterno (legamenti sternopericardici sup e inf di diversa lunghezza) e con le cartilagini costali solo nella sua porzione inferiore. Per la maggior parte questo rapporto è mediato dalla presenza delle pleure e del polmone. Il pericardio è ancorato al centro tendineo del diaframma ed in parte alla cupola del diaframma di sinistra, perché il cuore pur essendo un organo impari non è diviso in due metà simmetriche dal piano sagittale mediano. Il cuore è po’ ruotato ed adagiato sul diaframma e la maggior parte sporge sulla sinistra: i 2/3 del cuore sono a sinistra del piano sagittale mediano , l’altro 1/3 è a destra. AREA DI PROIEZIONE DEL CUORE È importante per il medico pratico che potrà utilizzare queste finestre ascultatorie per sentire i toni del cuore. L’interventista in urgenza userà queste nozioni per poter arrivare a pungere il pericardio in caso di tamponamento. Bisogna considerare la medicina proiettiva come una materia importante. Per i tipi longilinei il cuore è più verticalizzato, per i tipi brachitipi invece è molto più esteso sul diaframma. Il cuore è nascosto dallo sterno. Piccole porzioni possono essere facilmente accessibili sulle linee parasternali, tra cartilagine costale e cartilagine costale soprattutto tra la seconda e la quinta, sia a destra sia a sinistra. Il CUORE ha forma più o meno conoide o assimilabile a una piramide a base triangolare. Si distingue una base che è postero‐superiore e un apice che è antero‐inferiore. Va immaginato come una piramide che ha l’apice rivolto verso il basso in avanti a sinistra e la base posteriormente in alto a destra. Si possono descrivere alcune facce: sterno‐costale, diaframmatica, superficie destra e superficie sinistra. I margini (spigoli che separano le facce) superiore, inferiore, destro e sinistro (detto anche ottuso) separano queste facce. La radiografia del torace serve a dimostrare che il cuore ha questa morfologia e, se schiacciato nelle due direzioni, si può descrivere una specie di trapezio in cui si riconoscono i vari margini. L’asse del cuore non è allineato ad alcun piano, ma è disposto da destra a sinistra, dall’alto in basso, da dietro in avanti. È importante questa nozione perché negli elettrocardiogrammi si esplora come è disposto l’asse del cuore. Per esempio individui molto longilinei hanno il cuore in piedi, mentre altri più bassi, brachitipi, hanno il cuore appoggiato sul diaframma. L’asse del cuore può cambiare a seconda dell’altezza, ma anche a seconda di altre condizioni come nel situs inversus in cui il cuore è girato al contrario anziché trovarsi a sinistra. L’asse varia anche a seconda delle fasi di respirazione: inspiro e si verticalizza, espiro e si orizzontalizza. Dimensioni del cuore: 12(asse) x 8 (trasversale) x 6 (profondità antero‐posteriore) cm. Questi valori possono variare, per esempio nello sportivo aumentano. Peso del cuore: nell’individuo di sesso maschile pesa tra i 280 e 340 grammi; nell’individuo di sesso femminile sedentaria tra 130 e 280 grammi. Si calcola che rappresenti lo 0,45% del peso corporeo, questi valori standard variano a seconda delle caratteristiche specifiche dell’individuo. Questo peso e questo volume sono raggiunti all’incirca a 17‐20 anni. Il cuore però può crescere anche dopo questa età per esempio in uno sportivo, però ciò che cresce è solo la tonaca media. Se sovrapponiamo il cuore a un trapezio possiamo individuare un margine acuto o inferiore perché la faccia anteriore sterno‐costale del cuore subisce un brusco cambiamento passando nella faccia diaframmatica inferiore e si chiama acuto perché è acuto. Le figure sono mostrate come se l’individuo è dissezionato di fronte a noi quindi tutto ciò che per noi è destra nel paziente è a sinistra. Ciò vale anche per tac, risonanze, radiografie, ecc… Il margine destro corrisponde al cuore destro, non è acuto ma convesso. Il margine sinistro è ottuso e corrisponde al ventricolo sinistro che è la parte più spessa del cuore. L’ultimo margine si chiama base ed è sia un margine che una superficie detta base del cuore. Bisogna tagliare tutte le emergenze dei vasi per vedere questa superficie che è un po’ quadrangolare. FACCIA POSTERIORE O BASE DEL CUORE Guarda indietro a destra ed è separata dal corpo delle vertebre toraciche (dalla 5° all’8°=supino; 6°‐9° in piedi) mediante il pericardio, le vene polmonari di destra, l’esofago e l’aorta. Appartiene per la maggior parte all’atrio sinistro e in minor parte all’atrio destro. Questa superficie e solcata dal solco interatriale che si porta in basso verso la croce del cuore. La base del cuore è rivolta posteriormente in alto a destra, è di forma quadrangolare ed è caratterizzata dal fatto che vi emergono vasi sanguiferi, cioè le quattro vene polmonari, la vena cava superiore, l’aorta ascendente e l’arteria polmonare FACCIA STERNO COSTALE Questa faccia guarda in avanti ed è separata mediante il pericardio fibroso dal versante posteriore dello sterno, dalle cartilagini costali, specialmente a sinistra, dagli spazi intercostali chiusi da muscoli, da fasce fibrose. Una porzione periferica di questa faccia è direttamente in contatto con la pleura e tramite questa con i polmoni. È possibile osservare alcuni dettagli: l’esistenza della parte anteriore del solco coronario sulla superficie del cuore, ricco di tessuto adiposo a livello del quale sono accolte arterie e vene. Si chiama coronario perché è disposto a coronare la base del cuore, circonda tutto il cuore e manifesta in superficie quello che in profondità è il limite tra atri più in alto e a destra e ventricoli che sono inferiori, e a sinistra. La parte anteriore e in alto del solco coronario è un po’ nascosta da un processo triangolare nell’atrio destro detto auricola, una piccola cavità atriale in comunicazione con la più grande cavità atriale a destra. L’auricola ha forma piramidale e abbraccia la radice dell’aorta e nasconde la parte più alta del solco coronario. Un altro solco obliquo nasce dal solco coronario e si porta in basso e a sinistra terminando 2 cm a destra dell’apice del cuore è il solco interventricolare anteriore. FACCIA DIAFRAMMATICA Poggia sul centro tendineo e sulla cupola sinistra del diaframma. Vi si osserva la parte inferiore del solco coronario (la parte superiore del solco coronario si trova sulla faccia sterno costale del cuore). A metà di questa faccia c’è il solco interventricolare posteriore. Quindi entrambi i solchi denunziano l’ esistenza in profondità del setto interventricolare, che è un muro muscolare teso tra i primi due e che separa la cavità del ventricolo sinistro dalla cavità del ventricolo destro. FACCIA SINISTRA appartiene al ventricolo sinistro, corrisponde al margine ottuso del cuore, in alto una piccola porzione di atrio sinistro e di auricola sx prospettano questa faccia. Ha rapporto con la pleura mediastinica e quindi con il polmone di sinistra (fossa cardiaca), nervo frenico e vasi satelliti. FACCIA DESTRA appartiene alla parete dell’atrio destro, è una faccia convessa e equivale al margine destro del cuore. Si prolunga in alto con la vena cava superiore ed in basso con il breve tratto intratoracico della vena cava inferiore. Il solco terminale, visibile su questa faccia, separa in profondità il seno venoso dall’atrio propriamente detto e in superficie la faccia destra da quella sternocostale. L’apice anatomico del cuore essenzialmente appartiene al ventricolo sinistro. Esso è in stretto rapporto, di solito, con il muscolo intercostale del quinto spazio a sinistra, più o meno sulla linea emiclaveare (2 cm medialmente) quindi è un punto di repere strategico: si può toccare la punta del cuore e sentirla battere contro la parete ad ogni sistole; è anche un punto elettrocardiografico perchè vi si attacca uno degli elettrodi dell’ elettrocardiografo. MORFOLOGIA DELLE CAVITA’ INTERNE DEL CUORE L’atrio di destra (AD) è più o meno assimilabile ad un cubo o parallelepipedo con asse lungo verticale parallelo e proiettante sulla linea marginosternale destra, si trova in alto a destra davanti all’atrio sinistro in vicinanza sia delle cartilagini costali, tra la seconda e la quarta, almeno per il versante anteriore, sia all’ilo del polmone di destra. Costituisce la parte superiore destra della faccia sternocostale, la faccia destra e una piccola porzione destra della base del cuore (>parte atrio sinistro). È suddivisibile in due parti: il seno delle vene cave è il settore di accoglienza del sangue che ritorna dalle vene cave (la vena cava inferiore –VCI‐ che si immette nel pavimento dell’AD e raccoglie il sangue refluo da tutti gli organi sottodiaframmatici [=tutti gli organi addominali, pelvici, gli arti inferiori] e la vena cava superiore –VCS‐ che si immette nell’AD all’angolo superiore destro e raccoglie sangue da tutti gli organi sopradiaframmatici tranne il cuore, quindi gli organi del mediastino, del collo, della testa, dello splancno‐ e neuro‐cranio e gli arti superiori. Il seno delle vene cave ha superficie endocardica liscia, l’endotelio si stratifica su una parte di miocardio che non presenta rilevatezze. Il confine tra seno delle vene cave e atrio propriamente detto, il quale si trova leggermente a sinistra e avanti rispetto al seno delle vene cave, è determinato da un cordoncino fatto di miocardio sul quale si adagia l’endocardio. Questo cordoncino si chiama cresta terminale, visibile anche sulla superficie dell’AD come solco terminale, il quale decorre intorno alla vena cava superiore e discende verticale sino alla VCI a destra degli orifizi delle vene cave. Dalla cresta terminale prendono origine alcune rilevatezze che si chiamano muscoli pettinati, questa muscoli originano ad angolo retto dalla cresta e sono tutti paralleli tra loro. La parte che si trova leggermente a sinistra dell’atrio destro è la parte contrattile quindi non solo di accoglienza, ma anche di spinta attraverso l’orifizio atrio‐ventricolare; infatti l’atrio comunica ampiamente con il sottostante ventricolo perché entrambi gli atri sono al di sopra dei ventricoli. L’auricola destra, che non ha una funzione ben precisa, è una zona dell’atrio che abbraccia la radice dell’aorta ascendente, nascondendo il seno coronario destro, auricola che molto spesso non ha sangue, forse è un residuo di come era fatto il cuore nei primordi dello sviluppo. Pavimento: La vena cava inferiore sbocca nell’atrio destro sul suo pavimento e nell’80 % dei casi è fornita di un lembo valvolare che non impedisce il ritorno venoso. Accanto alla valvola della VCI di Eustachio, e in continuità con questa, esiste un’altra piccola valvola che in parte occlude un altro orifizio, quello del seno coronario. Quando abbiamo visto la faccia diaframmatica del cuore abbiamo notato che nel solco coronario diaframmatico scorreva in superficie una grossa vena, il seno coronario, che ha il suo sbocco nel suddetto orifizio e raccoglie sangue refluo che ha già circolato nella maggior parte del miocardio ma ad esclusione di quello che ha circolato nella parte muscolare superoposteriore dell’atrio destro che viene drenato da piccole vene (dette vene minime) che gettano il loro sangue refluo direttamente nell’atrio destro. Nello spessore del solco terminale, davanti o a destra dell’orifizio della VCS, si trova il nodo seno‐atriale (SA), importante dal punto di vista della genesi del ritmo cardiaco endogeno (vedi sistema di conduzione del cuore). La cresta terminale, nascendo dalla parte superiore del setto interatriale, contorna dal davanti l’orifizio della vena cava superiore (VCS), scende verticalmente dalla destra dell’orifizio della VCS alla destra del contorno della vena cava inferiore (VCI). La cresta in superficie corrisponde al solco terminale, nel suo spessore è accolto il nodo SA e segna il limite tra seno delle vene cave (endocardio levigato= parete destra AD) e atrio propriamente detto (endocardio rugoso). Il setto interatriale= parete sinistra, superiormente all’origine della cresta, mostra un’altra superficie che sporge nel lume dell’atrio destro e si chiama toro aortico che è la sporgenza nell’atrio destro dell’emergenza dell’aorta, precisamente dietro questa parte dell’atrio si trova il seno aortico di Valsalva non coronarico con la corrispondente valvola semilunare dell’aorta. Al di sotto del toro aortico, il setto interatriale accoglie la fossa ovale che è una zona di endocardio infossato che è ciò che rimane della comunicazione interatriale destra‐>sinistra in epoca fetale. In circa il 33% della popolazione ci può essere un forame ovale pervio che permette lo shunt di sangue dx‐>sx. il septum primum del cuore fetale non si è fuso con il septum secundum e una fessura nel contorno superiore della fossa ovale lato AD continua con un canalicolo che si insinua tra i due septi e fuoriesce in AS presso il contorno inferiore. Teoria dell’emicrania causata dal forame ovale pervio e relativa correzione chirurgica. La parete anteroinferiore è occupata dall’orifizio atrio‐ ventricolare dotato di valvola tricuspide. La parete posteriore è rilevata dai muscoli pettinati. La volta è dotata di orifizio per la VCS. Il pavimento contiene l’orifizio della VCI con valvola. Esiste un triangolo (di Koch) delimitato dal margine aderente all’orifizio della cuspide settale della valvola tricuspide, dal margine anteromediale dell’orifizio del seno coronarico ove il lembo della valvola di Eustachio si fonde con quello della valvola di Tebesio e dal tendine di Todaro, fascio fibroso che si porta verso il corpo fibroso centrale dello scheletro del cuore. Al centro o in vicinanza dell’apice di questo triangolo si trova il nodo atrioventricolare AV, il fascio di His e i tessuti di conduzione del cuore. Aldisopra e davanti al tendine di Todaro, il setto interatriale ha parete sottile, è la porzione atrio(dx)‐ventricolare(sx) del setto membranaceo. Aldisopra c’è il toro aortico. Bisogna immaginare una specie di parallelepipedo che ha la volta forata dalla vena cava superiore, il pavimento è forato dalla vena cava inferiore, mentre la altre quattro pareti sono diverse: quella laterale destra è liscia ed appartiene al vestibolo e le altre sono rilevate dalla presenza dei muscoli pettinati, il miocardio si stringe attorno alla massa sanguigna che è arrivata dalle vene cave e dal seno coronario e la spinge attraverso la tricuspide che è una delle quattro pareti, quella che guarda verso sinistra e dà accesso alla cavità del ventricolo di destra. Ovviamente questo orifizio non è sempre aperto: quando c’è la sistole atriale i lembi sono sospinti verso la parete del ventricolo destro, l’orifizio è aperto e il sangue passa, al contrario quando c’è la diastole atriale e la sistole ventricolare questi lembi si avvicinano e, siccome sono un po’ più grandi, aderiscono tra loro e l’orifizio atrioventricolare è per lo più ostruito e il sangue non può tornare nell’atrio dal quale proveniva. Segnalare eventuali errori, omissioni oppure frasi poco comprensibile a [email protected]