Storia esterna: storia del periodo storico e del

Sommario
DALLA FILOSOFIA GRECA AI PRIMI DELL‟800 ..................................................................... 5
LE CONDIZIONI .................................................................................................................. 5
DAL MEDIOEVO AL RINASCIMENTO ............................................................................. 6
LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA ...................................................................................... 7
GLI EMPIRISTI E ASSOCIAZIONISTI ............................................................................... 8
GLI IDEOLOGI................................................................................................................... 10
LA PSICOLOGIA SCIENTIFICA IN EUROPA ........................................................................... 15
LA PSICOFISICA ................................................................................................................ 15
LA FISIOLOGIA .................................................................................................................. 16
L’ASTRONOMIA ................................................................................................................. 18
LA BIOLOGIA - L’EVOLUZIONISMO DARWINIANO ........................................................ 18
LA NASCITA DELLO STRUTTURALISMO: WILHELM WUNDT ................................. 19
STRUTTURALISMO .......................................................................................................... 21
IL FUNZIONALISMO ........................................................................................................ 22
LA PSICOLOGIA RUSSA ........................................................................................................... 23
LA RIFLESSOLOGIA......................................................................................................... 24
LA SCUOLA STORICO-CULTURALE ............................................................................. 26
La teoria di Lev Vygotskij.................................................................................................... 26
Il manifesto ..................................................................................................................... 26
Le funzioni psichiche superiori ........................................................................................ 27
Lo stimolo-mezzo ............................................................................................................ 28
La pedologia .................................................................................................................... 29
Pensiero e linguaggio ...................................................................................................... 29
Leont‟ev .............................................................................................................................. 31
Lurija ................................................................................................................................... 31
LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT ......................................................................................... 33
ATTEGGIAMENTO FENOMENOLOGICO ...................................................................... 34
Critica allo strutturalismo wundtiano .................................................................................... 34
La scuola di Graz ................................................................................................................. 35
Critica all‟empirismo ........................................................................................................... 35
La teoria di campo di Lewin ................................................................................................. 36
IL POSTULATO DELL‟ISOMORFISMO DI KOFFKA ..................................................... 36
LA PSICOLOGIA DEL PENSIERO – PROBLEM SOLVING E INSIGHT ........................ 36
LA PSICOLOGIA SOCIALE .............................................................................................. 37
LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT NEGLI STATI UNITI ............................................ 38
Cognitivismo e Gestalt ......................................................................................................... 39
IL COMPORTAMENTISMO ....................................................................................................... 40
JHON B.WATSON ............................................................................................................... 41
THORNDIKE ....................................................................................................................... 43
TOLMAN ............................................................................................................................. 44
HULL .................................................................................................................................. 45
SKINNER ............................................................................................................................. 45
APPRENDIMENTO SOCIALE............................................................................................. 47
LA PSICOANALISI ....................................................................................................................... 48
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FREUD ................................................................................................................................ 48
L’EPISTEMOLOGIA DI PIAGET ................................................................................................. 51
LE FASI DELLO SVILUPPO COGNITIVO ......................................................................... 51
IL COLLOQUIO CLINICO .................................................................................................. 53
IL COGNITIVISMO ...................................................................................................................... 54
IL COGNITIVISMO COME FILIAZIONE DEL COMPORTAMENTISMO........................... 55
HEBB .................................................................................................................................. 55
IL "MENTALISMO" DEI COGNITIVISTI: I MODELLI ....................................................... 56
Dalle teorie ai modelli ......................................................................................................... 58
LO SVILUPPO STORICO DEL COGNITIVISMO (LE TAPPE PIÙ SIGNIFICATIVE) ........ 59
INTRODUZIONE
Storia esterna: storia del contesto sociale di una scienza. Storia interna: storia dell‟evoluzione degli
oggetti specificatamente trattati dalla scienza.
Tutte le scienze ne sono interessate, in particolare la P dove il contesto esterno ha assunto grande
rilevanza.
La matematica, per esempio è quasi avulsa dalla storia esterna: le leggi dei numeri sono quelle
indipendentemente dal contesto storico-sociale. Non è così per la P.
La scienza dell‟uomo è stata a lungo ostacolata dalle credenze religiose, infatti nasce prima come
studio dell‟uomo come macchina, poi, dopo un secolo, si evolve ed affronta il suo pensiero (la res
cogitans e la res estesa di Cartesio). A partire da Cartesio seguono le prime due correnti: i
meccanicisti che studiano il comportamento dell‟uomo attraverso le leggi della fisica, della biologia
ed utilizzano un metodo sperimentale. I volontaristi che fondano le loro osservazioni sui processi
della mente. Il vero passo in avanti si ha quando gli studi della P. si staccano da metodi e tecniche
noti, per averne di autonomi. È per questo che si colloca la nascita della P. come scienza, alla
nascita del laboratorio del tedesco Wihelm Wundt (1879). Il laboratorio costituisce lo spartiacque
tra due millenni di P filosofica e 120 anni di P sperimentale. In questo laboratorio, per la prima
volta si ha la netta differenza tra lo sperimentatore ed il soggetto sperimentale. In pratica si
applicano due regole attualmente ancora riconosciute: lo sperimentatore non influenza quanto
osserva; il soggetto osservato non è influenzato da quello che si studia: è la fine dell‟introspezione o
dell‟autosperimentazione. Ed è l‟applicazione del metodo sperimentale a tutti i settori della P. che fa
nascere le tante branche in cui si divide e che ne costituiscono la forza di una scienza in grado di
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coinvolgere tutti gli aspetti del comportamento umano (psicobiologia, psicolinguistica, psicologia
clinica, dell‟età evolutiva,ecc). Questo atteggiamento scientifico non è che un punto di vista, infatti
esistono altri esponenti che utilizzano come metodo di ricerca il colloquio clinico, l‟introspezione.
In altre parole affermano che la P è una scienza non riconducibile alle scienze classiche e quindi
non ne può utilizzare strumenti e metodi di ricerca: ne devono essere inventati di nuovi e di
specifici. È su questa base che è nata la cosiddetta P. del senso comune, ovvero quella che regola i
rapporti umani quotidiani, pur ignorando le regole e tecniche della scienza psicologica.
L‟avvento del computer costituisce una vera e propria rivoluzione in quanto è in grado, in un
laboratorio, di sostituire la misura della sperimentatore, fornendo quindi delle misurazioni sempre
più precise e non influenzate dallo sperimentatore. Di più, il computer è oggetto di
disumanizzazione, in quanto il ruolo dello sperimentatore perde di significato e quello stesso del
soggetto diminuisce in quanto questo deve partecipare all‟esperimento in maniera sempre più
pilotata e vincolante; simulazione, in quanto il computer può creare realtà e contesti virtuali fino ad
arrivare alla creazione artificiale dei fenomeni. Il computer ha creato il contesto necessario
all‟affermazione del cognitivismo.
La P. come scienza può nascere (con Wundt) soltanto perché nel frattempo si sono affermate altre
scienze che hanno potuto determinare il contesto storico, sociale e scientifico giusto: tra queste la
fisiologia, la fisica, la biologia e l‟astronomia.
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DALLA FILOSOFIA GRECA AI PRIMI DELL’800
Il nome P, o luogo dell‟anima, sembra essere stato coniato per la prima volta da Filippo Melantone.
Di sicuro fu utilizzato per la prima volta, come termine legato ad una scienza, da un allievo di
Leibniz: Cristian Wolff che la pone come quarta delle scienze in cui andava suddivisa la metafisica,
ovvero l‟ontologia, la teologia e la cosmologia.Wolff divideva la P in empirica e razionale, la prima
si occupa dello studio del comportamento basato sull‟esperienza, la seconda di quello basato
sull‟anima e le sue facoltà. Piuttosto che usare il termine P, la tendenza, comunque, era quella di
parlare di scienza della morale e di scienza dell‟uomo (antropologia). Ma perché la P nasce così
tardi come scienza? È uno di quei casi in cui sono i successori a creare i precursori (Hawthorne –
1960).
LE CONDIZIONI
Se la P è la scienza dell‟uomo, è ovvio che le
condizioni affinché possa nascere e che l‟uomo
possa essere oggetto di studio, requisito questo che x
diversi secoli è venuto a mancare. Motivo? Il
principale è la morale medioevale cristiana. Ma non
sempre è stato così, soprattutto nel periodo del
pensiero greco. L‟attività psichica veniva in genere
collocata nel cuore, ma già in un papiro egizio del
2500-3000 a.c. si fa riferimento ad un collegamento
tra i disturbi tra danni cerebrali e disturbi del sistema
periferico: lesioni del cervello implicano lesioni
periferiche.
Anche Omero pone nel cuore l‟origine della vita psichica. Tra i presocratici, l‟unica eccezione è
rappresentata da Alcmeone che praticando la dissezione dei cadaveri, fa delle ipotesi di
collocazione delle attività psichiche nel cervello.
Il primo a fondare una scienza basata
sistematicamente sullo studio dell‟uomo è il medico
Ippocarte di COS (469-361 a.c.). Nelle sue opere
esiste il primo collocamento tra il rapporto di una
malattia ed il contesto sociale esterno (Delle
epidemie e nel trattato Delle aree, acque e dei
luoghi). Ippocrate di Cos afferma che ci sono quattro
umori:
1. il sangue che corrisponde all‟aria calda e
umida, corrisponde ad un carattere
sanguigno;
2. la bile nera = terra fredda e secca,
melanconico;
3. la bile gialla = fuoco, caldo e secco, collerico;
4. il flegma = acqua, fredda e umida, flegmatico.
Con Ippocrate, l‟uomo fa parte della natura e può essere studiato attraverso le sue leggi.
Tali concetti furono sviluppati da Aristotele (trattato Dell’Anima). Comunque in A. la sede del
comportamento è ancora il cuore ed il cervello interviene in una sorta di raffreddamento delle sue
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attività. Ma qui non è importante dove risiede una facoltà anziché un‟altra, è importante che con
Aristotele ci sia l‟affermazione del concetto di uomo come oggetto di studio naturale.
Questa scuola fu poi ripresa da suoi successori illustri tra i quali spicca Erasistrato che
vivisezionando animali e corpi di criminali ci ha lasciato una descrizione del sistema nervoso molto
dettagliata ed iniziarono un‟altra scuola di pensiero, quella pneumatica, poi ripresa da Galeno.
Erasistrato individuava due tipi di pneuma: uno vitale con sede nel cuore e uno psichico con sede
nel cervello.
DAL MEDIOEVO AL RINASCIMENTO
Il pensiero romano non sviluppo l‟eredità lasciata da
quello greco. Il personaggio più rilevante fu Galeno, greco
di Pergamo (131-200 d.c.) che elaborò la scuola di
Erasistrato ed aggiunse un terzo pneuma a quello vitale e
psichico: il fisico costituito da una sorta di vapori del
sangue e regolatore delle funzioni corporee.
Anche se nel periodo romano ci fu un rallentamento degli
studi del comportamento umano è con l‟affermazione della
morale cristiana, nel Medioevo che si ha un vero e proprio
cambiamento di rotta. Il mondo, creato da Dio vede
l‟uomo suo suddito che però NON fa parte della natura!
C‟è una riscoperta di Aristotele che però viene completamente stravolto, soffocandone gli sforzi di
sistemazione dei fatti empirici ed esaltandone la metafisica, peraltro adattata opportunamente alle
esigenze del cristianesimo. Ogni studio dell‟uomo viene punito con la scomunica se non con il rogo.
Magia e soprannaturale prendono drammaticamente il sopravvento.
Questa situazione si protrae fino al 1300, nascita del Rinascimento. In questo periodo l‟uomo torna
a far parte della natura ma ancora non può esserne oggetto di studio. Anche la magia si trasforma da
tentativo di soggiogare il soprannaturale a quello di soggiogare le forze prodigiose della natura che
pervadono il cosmo intero. In questo contesto enorme importanza assume l‟astrologia in quanto il
moto degli astri influenza la natura essendoci un‟interazione reciproca e continua. Quindi il moto
degli astri influenza la vita terrena.
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LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Una vera svolta avviene nel 600 con Galileo, Cartesio e gli
empiristi inglesi, in altre parole, con l‟affermazione del
metodo sperimentale.
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Cartesio pone la base della sua filosofia sul concetto di dualismo:
la res cogitans (cogito ergo sum) che rappresenta lo spirito e la
res extensa che rappresenta il corpo, la materia. Le due res
interagiscono tra di loro attraverso la glandola pineale o epifesi, di
cui non si conosce alcuna funzione. Il corpo, res extensa, è una
macchina perfetta che può essere descritta da leggi fisiche e
matematiche. Il modello è quello di una macchina idraulica, al
simile di orologi, fontane, mulini che allora avevano raggiunto un
altissimo grado di perfezione, dove l‟acqua è sostituita dal sangue.
Il dualismo permise di raggirare tutti i problemi della morale
cristiana, infatti, l‟anima è res cogitans, impalpabile, non si può
studiare, il corpo è res extensa, da studiare attraverso l‟anatomia e
la fisiologia. In questo modo, pur avendo un incredibile
avanzamento delle scienze naturalistiche, ancora esiste un
rallentamento dello studio del pensiero. Cartesio affronta questo
tema attraverso la teoria delle idee innate. Ci sono due tipi di idee:
quelle innate e quelle acquisite. Quest‟ultime sono di tre tipi,
quelle derivanti dai sensi, dalla memoria e dall‟immaginazione.
Quelle innate sono quelle basilari che esistono perché esiste la
mente. Tra queste c‟è l‟idea di Dio, quella di esistenza di sè, degli
assiomi matematici, ecc…
GLI EMPIRISTI E ASSOCIAZIONISTI
Il movimento si sviluppa in Inghilterra con Hume, Locke e
Berkley.
Il valore aggiunto rispetto al dualismo cartesiano è il passaggio
dallo studio dell‟essenza della mente ai processi della mente e il
passaggio dalla concezione del corpo come macchina a quello del
corpo animale. Si passa così dal razionalismo di Cartesio
all‟empirismo.
Non esistono idee innate, la nostra mente è una tabula rasa ed
ogni idea deriva dall‟esperienza e dai rapporti con il mondo
esterno. In verità Hume va a specificare meglio il concetto di idea.
Se, infatti, si fa riferimento alle passioni, alcune di queste, come il
desiderio sessuale e l‟amor proprio sono, in effetti, idee innate. Se
per idee si intendono i pensieri, non c‟è pensiero che non possa
essere ricondotto a qualcosa di precedente sentito e imparato.
Locke non parla più di anima e
di mente, ma di intelletto si ha
così una netta distinzione tra l‟essenza dell‟anima, qualunque essa
sia, e che gli empiristi neanche avevano come oggetto di studio, in
quanto oggetto di metafisica, e la facoltà dell‟anima, ovvero i suoi
processi, le sue manifestazioni, appunto l‟intelletto. Si definisce
quindi una distinzione tra psicologia empirica e quella razionale.
Gli empiristi si focalizzano sulla prima liberando così la
psicologia razionale dalle pastoie della metafisica e individuando
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due distinti campi di azione: lo studio dei processi che si svolgono
nell‟intelletto e lo studio dei rapporti tra mente e corpo.
All‟interno
dell‟empirismo,
David
Hume
fonda
l‟associazionismo, riprendendo dei concetti aristotelici, afferma
che le facoltà dell‟intelletto sono regolate da associazioni.
La mente relaziona più associazioni elementari per formare
un‟idea più complessa. Le
associazioni sono di tre tipi:
somiglianza (il ritratto di una
persona fa pensare alla persona), contiguità (il Colosseo fa pensare a
Roma) e per causazione (il figlio fa pensare al padre). Tra gli
associazionisti si distingue l‟inglese Thomas Brawn (1820) che per
primo sviluppò il concetto di introspezione che è il processo di auto
osservazione di quanto avviene nella propria mente.
James Mill nel 1829 introduce il concetto di associazione sincrona:
ogni idea nasce dall‟associazione simultanea di associazioni più
elementari dette percetti. L‟idea di un fiore rosso esiste perché
simultaneamente riusciamo a mettere insieme il concetto di petalo,
gambo, colore rosso. Il figlio Stuart Mill (1843) modificò l‟idea del
padre introducendo la chimica mentale. Quando le idee semplici, si
associano per formarne una più
complessa, si ha nella mente la
formazione di una nuova idea con una sua specifica struttura ed
identità proprio come gli elementi chimici elementari vanno a
costituire una nuova struttura molecolare combinandosi tra di loro.
Una volta ottenuta un‟idea complessa, non è sempre detto che si
possa ritornare alle idee semplici originarie che l‟hanno
determinata.
Con Bain (1855) evolve
questa
teoria
introducendo
dei
fattori
innati
dell‟organizzazione del pensiero, derivati dall‟esperienza. È
sua la teoria dell‟apprendimento per tentativi ed errori (trials
and errors). Lo studio dei rapporti tra mente e corpo viene
sviluppato da David Hartley
che,
riprendendo
una
posizione
nettamente
dualistica,
afferma
che
l‟uomo è costituito da due
parti: l‟anima ed il corpo. Influenzato da Newton, delinea un
programma scientifico che bandisce le congetture e si basa sulla
teoria delle vibraziuncole. Queste sono dei minimi movimenti
causati nel sistema nervoso dagli organi esterni, attraverso gli
organi di senso. Il ricordo di un‟esperienza passata provocherà nel sistema nervoso un flusso di
vibraziuncole analogo a quello ottenuto in fase di percezione dell‟esperienza originaria.
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GLI IDEOLOGI
Nasce in Francia parallelamente all‟empirismo inglese. Lo spirito principale è quello di riportare
l‟uomo ad essere un individuo facente parte della natura superando l‟essenzialismo dell‟anima.
Dopo aver studiato teologia nella scuola giansenista per
alcuni anni, ad un tratto decise di abbracciare la
professione di medico. Nel 1733 si trasferì a Leiden
(Olanda) per studiare e nel 1742 tornò a Parigi, dove
ottenne il titolo di chirurgo delle guardie. Durante un
attacco di febbre fece alcune considerazioni sulla sua
fisiologia e fra l‟altro registrò l‟accelerazione della
circolazione sanguigna. Questa ed altre osservazioni
connesse ai suoi interessi filosofici lo portarono alla
conclusione che i fenomeni fisiologici dovevano essere
considerati cambiamenti organici nel cervello e nel
sistema nervoso. A seguito di queste osservazioni compilò il suo primo lavoro Storia naturale
dell‟anima (1745) in cui sosteneva la materialità dell‟anima come elemento corporeo allo stesso
titolo di altri organi. Lo scalpore per questa pubblicazione fu così grande che La Mettrie fu costretto
a rifugiarsi a Leiden. In seguito egli sviluppò dottrine ancora più estreme e con argomentazioni
originali come L‟uomo macchina (1747) e L‟uomo pianta, trattati di carattere eminentemente
materialistico. L‟etica di questi scritti verrà poi sviluppata nell‟Anti Seneca, La Voluttà e L‟Arte di
godere in cui il fine della vita è trovato nel piacere dei sensi e la virtù è ridotta all‟amore di se stessi.
In sintesi l‟ateismo è il solo in grado di assicurare la felicità del mondo, che è preclusa dalle guerre
scatenate dai teologi che propugnano l‟idea di un anima inesistente. La reazione contro di lui fu così
violenta che nel 1748 fu costretto ad abbandonare l‟Olanda e a rifugiarsi a Berlino, dove Federico il
Grande non solo gli permise di svolgere la professione di fisico ma lo scelse come lettore di corte.
Qui La Mettrie scrisse l‟Anti Seneca (prefazione al volume delle opere di Seneca, pubblicato nel
1748, e successivamente divenuta uno scritto autonomo con il titolo Discorso sul piacere), che gli
valse la scomunica di pensatori come Voltaire, Diderot, D‟Holbach. Nel 1750 scrisse il Sistema di
Epicuro in cui descrisse un meccanismo di mutazione delle specie per eliminazione degli individui
non adatti, ripreso da Lucrezio, e ipotizzò che l‟uomo abbia avuto origine dagli animali. L‟amore di
La Mettrie per i piaceri dei sensi fu considerata la causa della sua morte precoce. Coloro i quali non
condividevano la filosofia di La Mettrie usarono la sua morte per mostrare che la voluttà ateistica
porta ad un decesso precoce.
L‟ambasciatore francese Tirconnel era molto grato a La Mettrie per come lo aveva guarito da una
malattia, fu così organizzato un banchetto per celebrare il ristabilimento ed onorare il guaritore. Si
racconta che La Mettrie per mostrare la sua robusta costituzione e la sua ingordigia divorò una gran
quantità di pâté ai tartufi. Come risultato ebbe un attacco di
febbre, cominciò a delirare e morì.
George Luis Leclerc di Buffon nacque a Montbard (Côted‟Or). Suo padre, Benjamin Leclerc, era signore di Digione
e di Montbard e consigliere al parlamento di Digione.
Dopo il collegio dei gesuiti di Digione, studiò diritto.
Preferendo la scienza, partì per studiare matematica e
botanica a Angers. Coinvolto in un duello, si vide costretto
a lasciare l‟università. Viaggiò allora in Italia e in
Inghilterra, finché il nuovo matrimonio del padre lo fece
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rientrare per badare alla sua eredità. I suoi primi lavori sono orientati verso la matematica.
Introdusse per la prima volta il calcolo differenziale e il calcolo integrale in probabilità. A Parigi
conobbe Voltaire ed altri intellettuali, entrando poi all‟Accademia delle scienze francese all‟età di
26 anni. Buffon è soprattutto famoso per la sua opera maggiore, l‟Histoire naturelle, générale et
particulière, in 36 volumi apparsi dal 1749 al 1789. Buffon vi incluse tutto il sapere dell‟epoca nel
campo delle scienze naturali. È in quest‟opera che Buffon rilevò le somiglianze tra l‟uomo e la
scimmia e la possibilità di una genealogia comune. L‟attenzione che Buffon accordava all‟anatomia
interna lo pone tra gli iniziatori dell‟anatomia comparativa. L‟interno, negli esseri viventi, è il fondo
del disegno della natura scrive Buffon nei Quadrupèdes. La "Storia naturale" di Buffon, che doveva
comprendere tutti i regni della natura, comprende solo i minerali e una parte degli animali
(quadrupedi e uccelli). È accompagnata da una Théorie de la Terre, dai Discours sotto forma di
introduzione, e dei supplementi tra i quali si trovano le Époques de la nature, una delle più belle
opere dell‟autore. Divenne intendente del Giardino del re (oggi Jardin des Plantes) a Parigi nel
1739. Eccellente amministratore, lo trasformò in centro di ricerca e in museo, ampliando
considerevolmente il parco e facendo piantare alberi di ogni origine. Da quel momento si consacrò
completamente alla storia naturale. La sua Histoire naturelle, i cui primi volumi apparvero nel 1749,
l‟occupò per il resto della sua vita. Buffon ottenne per quest‟opera ogni tipo di ricompensa e di
onore: venne eletto membro dell‟Académie française nel 1753. Per Buffon le variazioni tra specie
erano dovute a degenerazioni. Divenne conte di Buffon nel 1773. Prima di morire, poté vedere la
sua statua posta all‟ingresso del museo di storia naturale con questa iscrizione: Majestati Naturæ par
ingenium. Morì a Parigi nel 1788.
Étienne
Bonnot
de
Condillac
(Grenoble, 30
settembre 1715 – Beaugency, 3 agosto 1780) è stato un
filosofo ed enciclopedista francese. È stato esponente di
spicco del sensismo. Condillac fu sia un‟importante
psicologo sia un divulgatore in Francia dei principi di
Locke, che fu apprezzato e riconosciuto soprattutto da
Voltaire. Il suo primo libro, il Saggio sull‟origine delle
conoscenze umane, rimase fedele al suo maestro inglese.
Egli accettò, con qualche modifica, la deduzione di Locke
che la nostra conoscenza derivi da due sorgenti, la
sensazione e la riflessione, e usò come principio cardine
per la dimostrazione di questa tesi l‟associazione delle idee. Il suo libro successivo, il Trattato sui
sistemi, fu una vigorosa critica a quei moderni sistemi che erano basati su principi astratti o su
ipotesi non verificate. La sua polemica, che fu legata allo spirito di Locke, fu diretta contro le idee
innate dei cartesiani, dell‟occasionalismo di Malebranche, del monadismo di Leibniz e dell‟armonia
prestabilita e, soprattutto, contro la concezione della sostanza enunciata nella prima parte dell‟ Etica
di Spinoza. Il suo pensiero, tuttavia, nell‟analisi della mente umana, vertice della sua ricerca, mancò
di trattare la parte attiva e il lato spirituale dell‟esperienza umana. Il suo più importante lavoro è il
Trattato sulle sensazioni, nel quale si libera della tutela di Locke. Era stato condotto, ci dice lui
stesso, in parte dalla critica di Mademoiselle Ferrand, alla dottrina di Locke, per la quale i sensi ci
danno la conoscenza intuitiva degli oggetti, come ad es. accade per l‟occhio che individua
naturalmente gli oggetti, le forme, le posizioni e le distanze. Le sue discussioni con Mademoiselle
Ferrand lo convinsero a considerare le questioni su cui era necessario studiare i nostri sensi
separatamente, per distinguere precisamente quali idee avevamo di ogni senso, per osservare come i
sensi si formano, e come un senso influisce sull‟altro. Scrive il Trattato sulle sensazioni. Il piano del
libro si sviluppa con l‟autore che immagina una statua organizzata all‟interno dell‟uomo, animata da
un‟anima che non ha mai ricevuto nessuna idea, nella quale nessun senso-impressione è mai
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penetrato. Egli libera i suoi sensi uno per uno, iniziando dagli odori, che contribuiscono per primi
alla conoscenza umana. Con la prima esperienza dell‟odore, la coscienza della statua è interamente
occupata da questa esperienza; e questa occupazione è attenzione. L‟odore-esperienza della statua
produrrà piacere o dolore; e il piacere o il dolore diventeranno il principio-padre che, determinando
tutte le operazioni della sua mente, lo innalzeranno a tutta la conoscenza a lei possibile. Il passo
successivo sarà la memoria, che è l‟impressione prolungata del suo odore-esperienza
sull‟attenzione. "La memoria non è altro che un modo di sentire". Dalla memoria nasce il confronto:
la statua sperimenta, per esempio, l‟odore di una rosa, mentre si ricorda quello del garofano; e "il
confronto non è nulla di più che prestare attenzione a due cose contemporaneamente". Confronti e
giudizi diventano abituali, sono contenuti nella mente e sono organizzati, in modo da formare il
principio base dell‟associazione delle idee. Dal confronto del passato con le esperienze presenti,
rispetto al piacere che donano, nasce il desiderio; il desiderare determina il funzionamento delle
nostre facoltà, stimola la memoria e l‟immaginazione, e provoca passioni. Le passioni, poi, non
esistono, ma sono solo sensazioni modificate. Nella seconda sezione della trattazione, Condillac
concede alla sua statua il senso del tatto, che prima lo informa dell‟esistenza degli oggetti esterni. In
un‟analisi molto attenta ed elaborata, distingue i vari elementi del nostro tatto-esperienza del
proprio corpo, il contatto degli oggetti estranei al proprio corpo, l‟esperienza del movimento,
l‟esplorazione della superficie con le mani: segue lo sviluppo delle percezioni della statua delle
dimensioni, delle distanze e delle forme. La terza sezione si occupa della combinazione del tatto
con gli altri sensi. La quarta sezione si occupa dei desideri, delle attività e delle idee di un uomo
isolato che prende possesso di tutti i sensi; alla fine vengono riportate delle osservazioni su di un
"ragazzo selvaggio" che viene trovato vivere tra gli orsi nelle foreste in Lituania.
La conclusione di tutto il lavoro è che nell‟ordine naturale delle cose tutto ha la propria sorgente
nella sensazione ma questa sorgente non è egualmente distribuita in tutti gli uomini; gli uomini
differiscono notevolmente nel grado di chiarezza con cui essi la sentono. Tutte le facoltà innate e le
idee devono essere spazzate via.
Le opere essenziali di Cabanis possono essere classificate
in tre categorie: una a proposito della storia della
medicina, un‟altra sull‟organizzazione dell‟insegnamento
medico e degli ospedali, ed infine l‟ultima che è la più
importante,
sulla
filosofia della
medicina e
particolarmente sui rapporti tra il corpo e la mente, della
fisiologia con la psicologia. Secondo Cabanis, la
formazione delle nostre idee è condotta dalla sensibilità
organica, che dirige anche l‟attività dei nostri organi, e
dunque la totalità di ogni essere vivente.
Dall‟osservazione di stati patologici, o dell‟effetto dei
narcotici e degli stati psicologici associati, presenta i nostri pensieri come risultati fisiologici di una
percezione da parte di un organo appropriato: il cervello. In tal modo Cabanis lega l‟istinto alla
struttura materiale di ogni essere vivente, così come ogni organo è per sua predisposizione portato a
effettuare tale o tal altro compito specifico nell‟organismo. Malgrado i suoi importanti contributi al
pensiero occidentale, Cabanis ha sofferto, a volte, di un‟immagine mediocre dipinta dai suoi
detrattori, costruita con citazioni piuttosto curiose di Cabanis stesso. È lui che ha detto che «il
cervello digerisce i pensieri come lo stomaco digerisce gli alimenti, e opera anche la secrezione del
pensiero», e che «il morale non è che il fisico considerato sotto certi punti di vista particolari».
L‟Idealismo trova un terreno fertile in Germania, dove Federico II cerca di colmare il divario
scientifico con la Francia e l‟Inghilterra, richiamando a sé esponenti di spicco della filosofia e delle
scienze.
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In questo contesto emerge Emanuele Kant che supera le
posizione dei razionalisti (Cartesio – res cogitans ed estesa
e idee innate) e degli empiristi (Locke – tabula rasa scritta
attraverso le esperienze) attraverso la teoria dei giudizi
sintetici a priori.
Il giudizio corrisponde per Kant all‟unione di un predicato
ed un soggetto. Ne esistono di tre tipi:
1) giudizi analitici (sempre a priori). I giudizi analitici
sono ovvi e non derivano dall‟esperienza (sono appunto a
priori), ad esempio: "I corpi sono estesi". Il predicato qui
attribuito al soggetto corpi non dice nulla in più di ciò che
già si sa, l‟estensione è già implicita nella definizione di
corpo, e non occorre esperienza per formulare questa
proposizione. Questo tipo di giudizio perciò non permette
di progredire;
2) giudizi sintetici a posteriori (o empirici). Questi
dicono qualcosa in più di ciò che già si sa, ma derivano
solamente dall‟esperienza personale, non sono perciò
utilizzabili in ambito scientifico. Ad esempio: "Una rosa è
bella". La determinazione "bella" non è implicita nel
soggetto, ma è una determinazione in un certo senso
inaffidabile, perché defice di oggettività.
3) giudizi sintetici a priori (o scientifici). Questi sono quelli in grado di garantire il progresso alla
scienza. Essi predicano qualcosa che non è implicito nella definizione del soggetto, ma
attribuiscono questo predicato basandosi su di un calcolo oggettivo, che non deriva dall‟esperienza
personale, ed è per questo perfettamente attendibile. I giudizi matematici sono, secondo Kant, un
esempio di questo caso particolare: "7+5=12 ". Questo giudizio è sintetico, perché non si rileva il
numero 12 nel 7 o nel 5, perciò arrivare al risultato, significa progredire. Questa operazione è però
oggettiva e non empirica, perciò detta "a priori".
Una futura metafisica, secondo Kant dovrà perciò essere basata su giudizi sintetici a priori, gli unici
che permettono l‟avanzamento scientifico, per cui, non potendo misurare i fenomeni psichici, ne
consegue che non potrà esserci una definizione di psicologia come scienza esatta.
La chiave di svolta si ha con Herbart che supera
l‟ostacolo affermando che è sbagliato ricondurre la
psicologia ad una scienza esatta: è una scienza metafisica,
non sperimentale, quindi, va fondata sull‟esperienza e le
relative misurazioni.
Le idee variano per il tempo e l‟intensità. L‟anima però è
unitaria, e se due idee si presentano contemporaneamente
o possono unirsi in un‟unità complessa, oppure tendono
all‟inibizione reciproca. L‟inibizione di un idea da parte
di un‟altra più intensa non è mai completa. Il fatto che
un‟idea sia scomparsa per inibizione dalla coscienza non
significa che essa abbia per ciò cessato di esistere. L‟intensità minima che un‟idea deve possedere
perché rimanga a livello di coscienza è detta soglia della coscienza. Questa rappresenta il limite al
di sotto del quale un‟idea non esiste consapevolmente, ma solo a livello di inconscio: è la prima
volta che se ne parla. Affermando la necessità di una fondazione matematica della scienza
psicologica, H. compie due operazioni fondamentali per la nascita della nuova scienza:
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• toglie l‟oggetto di studio della psicologia dal dominio del qualitativo e lo trasporta al quantitativo
(passo avanti per l‟equiparazione della psicologia alle altre scienze naturali),
• pone in luce l‟esigenza di fondare una teoria della misurazione dei fenomeni psichici.
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LA PSICOLOGIA SCIENTIFICA IN EUROPA
La nascita della psicologia scientifica è naturalmente
collegata ad altre scienze ed attività scientifiche. Fermo
restando la filosofia, come il motore delle disquisizioni
che hanno portato alla necessità di una scienza autonoma
in grado di descrivere la mente ed i suoi processi, altre
scienze prettamente più oggettive, contribuirono al salto
di qualità della psicologia da scienza non misurabile
(metascienza) a scienza esatta. Tra queste discipline, la
psicofisica, la fisiologia, l‟astronomia e
la
biologia(scompare la teologia!).
LA PSICOFISICA
Nasce in Germania e studia le relazioni tra stimolo e sensazione.
Ogni nostro senso percepisce soltanto un unico tipo di stimolo
esterno e viene percepito solo se supera un certo valore
(Herbart). Queste affermazioni, alla base della psicofisica,
furono introdotte per la prima volta dal fisico tedesco Fechner.
Fisico di grande valore,
dovette abbandonare la
ricerca per una grave
infermità agli occhi. Nel
periodo nel quale in
Germania è aperta la “questione materialistica”, F. presenta il
suo materialismo radicale, per cui l‟anima, lo spirito, è una
proprietà della materia inerente alla sua organizzazione in
atomi. Ogni materia è composta di anima e l‟anima è tanto più
complessa quanto più complessa è la struttura della materia
che la ospita. Spirito e materia sono due facce della stessa
medaglia. L‟anima è conoscibile con l‟introspezione ed è il
frutto della materia che compone il sistema nervoso. La
scienza ci consente di determinare quali sono i processi
che si svolgono nella materia e che causano tali effetti
nell‟anima. Conoscere la materia non spiega l‟anima e
viceversa, quindi F., attraverso la psicofisica, determina in
modo unitario e tramite una precisa relazione matematica
la relazione tra corpo e anima, spirito e materia:
Legge di Weber-Fechner: S = k log R + C
Afferma che la sensazione (S) è proporzionale allo stimolo
(R). k e C sono costanti, di cui k è la costante di Weber
dipendente dalla modalità sensoriale.
L‟attribuzione di tale legge a Weber dipende dal fatto che egli condusse studi sulla sensazione
tattile rilevando che se ad un soggetto venivano presentati due stimoli di intensità diversa ma tale
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per cui la differenza tra i due stimoli fosse appena percepibile, con l‟aumentare del valore di
intensità degli stimoli aumentava anche la differenza appena percepibile, ma rimaneva costante il
rapporto tra i due stimoli.
Ad es. un peso di 30 gr. può essere distinto da uno di 31 ma non da uno di 30,5; ad uno di 60 gr può
essere distinto da uno di 62, ma non di 61. La differenza passa da uno a due gr, ma il rapporto 30/31
= 60/62. Se un oggetto è misurabile, allora esiste!
LA FISIOLOGIA
La fisiologia è stata la scienza che più ha contributo alla nascita
della psicologia scientifica. Lo studio dell‟arco riflesso sarà
fondamentale per le ricerche di Pavlov sul condizionamento:
stimolando determinati recettori sensoriali, si provocano
automaticamente (senza intervento della volontà del soggetto)
delle risposte. Si parla di arco riflesso in quanto il substrato
nervoso è composto di una parte afferente (il recettore
sensoriale e il nervo sensoriale che dal recettore porta l‟impulso
nervoso al centro) e di un ramo efferente (la fibra motoria che
dal centro conduce agli effettori periferici). Al centro (ad es. nel
midollo spinale) ramo afferente ed efferente sono a contatto più
o meno diretto, di modo che l‟impulso nervoso proveniente
dalla stimolazione sensoriale si scarica direttamente sul ramo
efferente, senza dover passare a livelli più elevati che
coinvolgano la volontà dell.individuo.
Whytt studia l‟arco riflesso e a metà del XVIII secolo poté
dimostrare nella rana che l‟asportazione del cervello manteneva
la possibilità di ottenere movimenti riflessi negli arti, possibilità che cessava quando veniva
asportato anche il midollo spinale, confermando che l‟incontro tra afferenze ed efferenze nervose
avviene nel sistema nervoso centrale e non può essere legato
agli organi periferici. La legge di Bell e Magendie dimostra
l‟indipendenza delle vie sensoriali dalle vie motorie: ogni nervo
del midollo spinale ha due radici, recidendo la radice anteriore
di un nervo viene interrotta la possibilità di movimento del
segmento corporeo innervato, mentre si conserva la sensibilità,
e viceversa. Con questa legge si dimostra per la prima volta
che, al di là dell‟apparente unitarietà del sistema nervoso, in
esso vi sono delle funzioni sostanzialmente distinte.
Secondo
la
legge
dell‟energia nervosa specifica, attribuita a Müller, la qualità
delle sensazioni che riceviamo non dipende dal tipo di
stimolazione esercitata, ma dal tipo di organi di senso che
vengono eccitati. Lo stesso stimolo produce sensazioni diverse
a seconda del nervo che stimola e il tempo impiegato
dall‟impulso nervoso è infinitamente piccolo e non misurabile.
Se il cervello riesce a distinguere la natura di un particolare
input sensoriale, allora esso stesso è suddiviso in settori
specializzati ed ogni area ha diverse funzioni. La teoria
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dell‟energia nervosa specifica fu ripresa da Flourens (1774- 1867) che vivisezionando ed
intervenendo sugli animali dimostrò, attraverso la tecnica dell‟ablazione, che rimuovendo alcune
regioni del cervello, i danni dipendevano dalla parte rimossa.
Herman Helmholtz (1821 - 1894) allievo di Müller, fisico e
fisiologo, riuscì a misurare che la velocità di un impulso
nervoso non era di 30 m/s, quindi decisamente minore della
velocità dell‟elettricità attraversio i cavi elettrici. Questa
misurazione consentì di affermare che l‟impulso nervoso era
molto più complesso della corrente elettrica. Helmholtz
cercò poi di risurare i tempi di reazione di un individuo ad
uno stimolo fisico e notò che variava da individuo ad
individuo. L‟esperimento di Helmholtz: somministrare lieve
elettroshock in un punto dell‟arto - il soggetto doveva
premere un pulsante appena ricevuto lo stimolo; misurare il
primo tempo di reazione - somministrare seconda scarica in un punto diverso dell‟arto - misurare il
secondo riflesso. Helmholtz afferma che calcolando la differenza tra i due punti di applicazione in
lunghezza e rapportando la differenza dei tempi di reazione troverebbe la velocità dell‟impulso
nervoso (logicamente corretto, ma non realistico perché la velocità di un impulso nervoso varia
anche a seconda del diametro della fibra).
Dal momento che si potevano misurare la velocità degli impulsi e i tempi di reazione, gli scienziati
cominciarono a credere di poter interpretare la psicologia come scienza.
Di particolare rilievo Il concetto di inferenza inconscia di Stuart Mill, secondo cui il sistema
percettivo corregge, all‟insaputa del soggetto, i valori della percezione, sulla base dell‟esperienza
passata. È noto il fenomeno della costanza di grandezza, secondo cui un oggetto lontano rispetto ad
un oggetto di uguale grandezza ma vicino, è visto sempre della stessa grandezza; ciò potrebbe
spiegarsi in base all‟inferenza inconscia, cioè sulla base dell‟esperienza passata, l‟immagine retinica
del soggetto che si allontana, rimpicciolisce, anche se l‟oggetto rimane di dimensioni costanti. Ciò
fa sì che inconsciamente il soggetto corregga la percezione della dimensione di un oggetto lontano,
sopravvalutandola sulla base della distanza percepita.
Un altro fisiologo, Donders (1818 – 1889) utilizza gli studi di
Helmholtz sui tempi di reazione per calcolare la velocità di
conduzione delle fibre nervose. D. rimane colpito dall‟impiego
del metodo sottrattivo tra i tempi di reazione. La difficoltà per
la psicologia di diventare scienza è l‟impossibilità di fornire
dati oggettivi, secondo parametri fisici, dei processi mentali. A
suo parere, tale difficoltà può essere superata se solo si
potessero rilevare i tempi di durata dei processi mentali.
Dimostrare che, indipendentemente da qualsiasi possibilità di
osservazione sul piano fisiologico, nella mente avviene un
processo che richiede del tempo, significa contemporaneamente dimostrare l‟esistenza di tale
processo. Tra il 1862 ed il 1865, assieme al suo assistente, escogita un esperimento che permetterà
di individuare tre tipi diversi di tempi di reazione.
i tempi semplici 1) a uno
stimolo deve corrispondere una
risposta. Per esempio il
soggetto riceve uno stimolo
alla gamba destra e deve
premere un pulsante con la
mano destra.
i tempi composti 2) risposta i tempi composti 3) il soggetto
diversa a stimolo diverso. Per può ricevere stimoli diversi, ma
esempio il soggetto può solo ad uno si può rispondere.
ricevere uno stimolo sia alla
gamba destra sia a quella
sinistra.
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I tempi 1) sono i più brevi di tutti; i tempi 2) i più lunghi di tutti. La differenza 3)-1) indica il tempo
occorrente per discriminare tra gli stimoli e scegliere quello a cui bisogna rispondere: in altre parole
indica la lunghezza del processo mentale di discriminazione degli stimoli. La differenza 3)-2) indica
il tempo necessario per discriminare tra le risposte. Finalmente si era riusciti a misurare un processo
mentale!
L’ASTRONOMIA
Il rapporto tra astronomia e psicologia inizia quando
l‟astronomo tedesco Bessel notò che i tempi di reazione ad
un‟osservazione, erano funzione dell‟osservatore (anche
Helmholtz lo aveva notato). Non si trattava di negligenza, e
conoscendo la persona che stava facendo l‟osservazione e il
suo tempo di reazione agli stimoli, si poteva avere una
misurazione molto accurata.
LA BIOLOGIA - L’EVOLUZIONISMO DARWINIANO
In campo biologico, il contributo più significativo è dato da
Charles Darwin fondatore dell‟evoluzionismo. Darwin nel
suo famoso libro, L’espressione delle emozioni nell’uomo e
negli animali, espone il concetto di selezione naturale,
ovvero la sopravvivenza degli esseri con il corredo genetico
più adatto all‟ambiente esterno, le specie che non si adattano
all‟ambiente scompaiono. Nel tempo si assisterà ad un
processo di evoluzione, con una progressiva modificazione
delle specie, visto che gli individui che sopravvivono,
daranno vita ad una discendenza che presenterà i caratteri
adattativi con scomparsa di quelli disadattativi. Tale
principio si applica, secondo Darwin, non solo ai caratteri somatici, ma anche a quelli psichici.
Questo aspetto della dottrina evoluzionistica ha influenzato maggiormente la nascente psicologia:
come studio delle caratteristiche psicologiche individuali e della loro trasmissione ereditaria
(Galton, Inghilterra) con il funzionalismo, come studio dei caratteri psichici in quanto mezzi a
disposizione dell‟uomo per adattarsi all‟ambiente (USA).
Secondo la teoria dell‟evoluzionismo l‟uomo è frutto di una duplice evoluzione: filogenetica, che ha
portato attraverso l‟evoluzione al costituirsi della specie umana, ontologica, che porta
all‟evoluzione dell‟individuo singolo dalla nascita all‟età adulta.
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LA NASCITA DELLO STRUTTURALISMO: WILHELM WUNDT
I tempi erano maturi, l‟anima aveva perso la sua essenza, il
rinascimento aveva posto le basi per una scienza
dell‟uomo, la scuola tedesca, con Weber e Fechner
(proporzionalità tra sensazione e stimolo) prima e quindi
con Helmholtz e Donders era riuscita ad effettuare le prime
misurazioni oggettive sui processi quali stimoli e reazioni,
smentendo le affermazioni di Kant che relegava la P a
metafisica.
Wilmhelm Wundt (1832 – 1920), allievo di Helmholtz,
riuscì a organizzare, razionalizzare, e sviluppare quanto di
meglio espresso dai suoi predecessori. Nel 1873-74,
pubblica Fondamenti della Psicologia fisiologica e nel 75 si trasferisce a Lipsia per reggere la
cattedra di psicologia all‟interno della facoltà di filosofia. Qui fondò il primo laboratorio di P che
vide la collaborazione di numerosi scienziati provenienti da tutto il mondo e in cui si affrontano:
la psicofisiologia dei sensi, in particolare della vista e dell‟udito, secondo la tradizione di
Helmholtz,
l‟attenzione misurata con la tecnica dei tempi di reazione di Donders ed Helmholtz,
la psicofisica,
le associazioni mentali.
Vennero condotte anche ricerche non sperimentali in senso stretto, relative alla psicologia evolutiva,
alla psicologia sociale e animale. Il laboratorio aveva una rivista di nome Studi filosofici che nel
1903 cambiò nome in Studi psicologici. Nel 1896 pubblica il Compendio di P ed inizia i lavori ad
un‟opera monumentale in dieci volumi che terminerà di scrivere poco prima della sua morte:
Psicologia dei popoli.
La ricerca viene effettuata, all‟interno del laboratorio, seguendo due
canali principali: la psicologia sperimentale, che utilizzava la
sperimentazione per descrivere i fenomeni psichici più semplici e la
psicologia sociale, che utilizzava l’osservazione, la storia naturale
dell‟uomo, per la descrizione dei fenomeni più complessi. Nel suo
laboratorio definì anche il campo di azione della P che era l’esperienza
umana immediata a differenza della scienza i cui dati sono mediati,
inferiti dallo scienziato. W era influenzato dalla P. come scienza di Herbart, ma al contrario di
questi, che riteneva che la P dovesse fondarsi sull’esperienza, la metafisica e la matematica, la sua
psicologia, per essere scienza, doveva fondarsi sull’esperimento.
La P e le scienze come la fisica hanno come denominatore comune l‟esperimento, ma in P oggetto
di sperimentazione è soltanto l‟esperienza immediata. Il metodo che viene usato è l’autoosservazione. In Wundt è forte anche l‟influeza associassonistica inglese di Mill padre e figlio
(ogni idea è associazione di percetti più elementari e idee oggetto della chimica mentale che
contribuisce a costruire nuove idee più complesse, con una loro nuova e diversa identità) ma
introduce una differenza sostanziale: gli elementi, i percetti non sono statici ma fanno parte di un
incessante fluire e le leggi che le regolamentano non sono astratte, ma provengono da
sperimentazioni di laboratorio. Le attività psichiche sono attuali, in continuo movimento e così le
leggi che le regolano. Ma l‟auto-osservazione, metodo potente per analizzare i fenomeni psichici
più semplici, fallisce nell‟analisi di quelli più complessi. Per questo è necessario procedere
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indirettamente basandosi sullo studio comparato dei prodotti sociali quali i prodotti del linguaggio,
della religione, del costunme, dell‟arte, ecc…
Se le attività psichiche sono in movimento, bisogna scoprire le leggi che ne regolamentano lo
sviluppo.
La legge principale è quella della causalità psichica che regola
tutto il movimento delle attività psichiche. Tutte le altre leggi
rientrano in quella della causalità e si possono distinguere in leggi
di relazione e leggi di sviluppo. Rientrano nel primo caso le leggi
di tipo associazionistico, riprese da Mill. Rientra sempre nel caso
delle leggi di relazione la teoria secondo la quale un contenuto
psichico acquista significato, quando entra in relazione, interagisce
e si confronta con altri contenuti correlati (legge delle relazioni
psichiche). Wundt fu sempre estremamente convinto del dualismo
tra mente e corpo e sull‟argomento espresse la teoria del parallelismo psicofisico: il sistema
causale della materia (corpo) era chiuso come quello psichico (mente), i due sono paralleli, e non si
influenzano tra di loro, anche se al cambiamento di un sistema, corrisponde, per adattamento, un
cambiamento dell‟altro.
Il processo psichico vede coinvolte quattro fasi, lo stimolo, la
percezione, automatica ed immediata, l’appercezione, quando
interviene la coscienza, l‟attività mentale mediata dell‟uomo per
creare delle associazioni mentali, e l’atto di volontà come
risposta allo stimolo originario. Questa teoria del processo che
vede in primo piano la volontà a reagire ad una causa, prese il
nome di volontarismo.
Wundt produce anche la teoria dei sentimenti, secondo la quale
ogni sentimento si può rappresentare in uno spazio
tridimensionale i cui assi sono:
piacere – dispiacere,
tensione – rilassamento,
calma – eccitazione.
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STRUTTURALISMO
Edward Titchener frequenta il laboratorio di Lipsia e
traduce in inglese le opere di Wundt, in verità
elaborando od omettendo quelle parti che riteneva
poco scientifiche perché non sperimentalistiche. Le
opere di Wundt furono la base di un suo sistema
estremamente rigoroso basato sulla sperimentazione
detto strutturalismo (l‟oggetto di studio è la
struttura della mente in idee e sensazioni) o
esistenzialismo o introspezionismo perché il
metodo che utilizza è appunto l’introspezione. Il
sistema viene descritto nel 1898 nell‟opera The
postulates of a structural psicology. All‟università
di Cornell, in USA, fonda il suo laboratorio: una sorta di torre d‟avorio dove effettuava misurazioni
e studi e raccoglie meticolosamente materiale per descrivere le modalità in cui dovevano avvenire
gli esperimenti attraverso l‟introspezione. Questo materiale fu raccolto nei quattro volumi
dell‟opera Experimental psicology.
Titchener affermava che l‟oggetto della psicologia, come
quello della fisica, è l‟esperienza. La differenza tra le due
scienze è che la fisica studia l‟esperienza indipendentemente
dall‟osservatore, la seconda no e quando parla di esperienza
si riferisce al concetto di esperienza immediata di Wundt. Per
esempio in concetto di spazio e di tempo in fisica è costante
ed indipendente dall‟osservatore, in psicologia, il concetto
dipende dalle condizioni oggettive dell‟osservatore, per cui
un‟ora può sembrare più lunga o più corta in funzione dello
stato d‟animo dell‟osservatore. L‟esperienza umana
immediata è costituita da mente, come somma delle esperienze di tutta una vita, e di coscienza,
come somma dell‟esperienza di un determinato momento (hic et nunc – qui ed ora). Lo
strutturalismo vede come obiettivo dell‟indagine psicologica
la descrizione dei contenuti della coscienza e delle leggi che
ne determinano i processi e le connessioni tra i processi si
tratta quindi di una psicologia essenzialmente descrittiva. Tre
sono gli elementi dell‟esperienza cosciente:
1) le percezioni,
2) le idee,
3) i sentimenti o emozioni.
L‟interesse dell‟analista deve essere rivolto agli elementi
semplici di queste
categorie che sono rappresentati, rispettivamente, dalle
sensazioni, dalle immagini mentali e dagli stati affettivi.
Tra questi elementi semplici, le sensazioni sono quelle più
importanti e ricorrenti e corrispondono alla coscienza
derivante dalla stimolazione esterna degli organi sensoriali
periferici. Oltre ai cinque sensi, T aggiunge le sensazioni
derivanti dallo stimolo dei muscoli, tendini e giunture.
L‟elemento immagine si manifesta nei ricordi e nella
capacità di previsione del futuro. L‟elemento stati affettivi
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si manifesta in sentimenti quale l‟amore e l‟odio. L‟esperienza quotidiana è un continuo combinarsi
di questi elementi. Gli attributi degli elementi della coscienza sono quattro:
1) qualità (freddo,caldo, duro, morbido, verde, rosso,
ecc…,
2) l’intensità (forte, piano, ecc…),
3) la durata,
4) la chiarezza, che però manca alle emozioni ed agli
stati affettivi. Infatti, se ci concentriamo sulle
sensazioni e le idee, riusciamo a renderle sempre
più
chiare,
otteniamo
l‟opposto se
ci
concentriamo sui sentimenti.
Così come per la fisica il metodo di indagine è l‟ispezione, in
P è l‟introspezione, e secondo T, questo metodo è il vero
valore aggiunto rispetto alla P razionale prescientifica.
L‟introspezione ubbidisce a regole ferree: adottare il criterio
elementistico, evitare l’errore dello stimolo e la formazione
del soggetto sottoposto a esperimento. Il criterio elementistico implica che ogni osservazione
effettuata attraverso l‟introspezione sia suddivisa nei suoi elementi più semplici fino ad arrivare ad
elementi non suscettibili ad ulteriore scomposizione. I risultati dell‟introspezione devono essere
riportati nella loro essenzialità (di qui il nome di esistenzialismo) e non devono essere mediati da
alcuna manifestazione da parte della persona che sta praticando l‟introspezione. È questo il motivo
per cui la persona va adeguatamente istruita ai fini di un‟introspezione oggettiva.
IL FUNZIONALISMO
Il funzionalismo nasce anche in gran parte, come reazione allo strutturalismo di Wundt e di
Titchener. Il F ha le sue origini nella prospettiva evoluzionistica di Darwin e dei suoi seguaci e pone
ad oggetto della P la funzione dei processi naturali, fra cui il comportamento, tesi all‟adattamento
all‟ambiente ed alla sopravvivenza. Il comportamento viene ricondotto ad un contesto biologico in
quanto necessario all‟adattamento dell‟organismo all‟ambiente.
1) Il funzionalismo studia le operazioni ed i processi mentali, non la struttura (la mente ricorda,
ma non è un contenitore di memoria). Non è sufficiente indagare su cosa la mente fa, ma ci
si deve domandare a quali fini lo fa.
2) Altra critica viene effettuata alla scomposizione in elementi semplici dello strutturalismo.
Infatti, i processi mentali non possono essere studiati isolati, ma devono considerarsi come
facenti parte dell‟attività biologica dell‟organismo all‟adattamento all‟ambiente. Il
comportamento adattativo è caratterizzato da tre componenti:
uno stimolo motivante, interno od esterno all‟organismo,
una situazione sensoriale che recepisce lo stimolo,
una risposta dell‟organismo adatta a soddisfare lo stimolo originario.
3) Il funzionalismo abbatte per la prima volta anche la dicotomia mente-corpo che vengono
considerati come un tutt‟uno facente parte dell‟organismo. Anche l‟atteggiamento verso la
coscienza non è di tipo elementistico, ma prettamente improntato all‟evoluzione. Se noi
abbiamo una coscienza è perché questa ci ha aiutato e ci aiuta a sopravvivere. Una volta
esercitato la sua funzione, lascia spazio a degli automatismi come le abitudini (chi impara a
suonare un pianoforte, dapprima pone molta attenzione a come muovere le dita ed i piedi,
poi suona automaticamente, richiamando semplicemente delle coordinazioni, delle
abitudini).
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Nell‟ambito funzionalista spiccavano alcuni temi di ricerca assenti o secondari in quello
strutturalista: l‟apprendimento, la motivazione, le differenze individuali, la psicologia evolutiva e le
sue applicazioni nel campo dell‟educazione, la psicologia animale. Per certi aspetti, si può
considerare l‟approccio funzionalista come un precursore del cognitivismo. Molti furono gli
scienziati adepti al funzionalismo che si sviluppò principalmente come scuola americana, tra questi,
William James che affermava: il mio pensiero è all’inizio, alla
fine e sempre, per il bene delle mie azioni. Non si tratta di un
pensiero fine a se stesso, la sua funzione è quella di generare
adattamenti adeguati all‟ambiente. Nel 1890 scrivi i Principi della
P. Da vita alla teoria della corrente di pensiero dove si afferma
che la mente non è fatta a pezzi (non è strutturata), ma scorre
proprio come un fiume o una corrente. Le caratteristiche di questa
teoria sono:
ogni pensiero tende ad essere parte di una coscienza
personale (il dato psichico elementare non è il pensiero, ma il mio pensiero);
la coscienza personale cambia in continuazione (una volta trascorso, uno stato psichico non
può ripetersi. Non esiste uno stato psichico uguale ad uno già trascorso);
in ogni coscienza personale, il pensiero, che cambia continuamente, non subisce interruzioni
(non esistono interruzioni significative tra un pensiero ed il successivo);
il pensiero ha funzione di conoscere;
il pensiero è selettivo (la mente è teatro di situazioni simultanee).
In ambito funzionalista, lo psicologo dell‟apprendimento Thorndike affrontò il problema
dell‟apprendimento attraverso esperimenti condotti su animali. L‟apprendimento era regolato da 2
leggi: la legge dell’esercizio, per cui l‟apprendimento migliorava con l‟esercizio e la ripetizione
delle prove; e la legge dell’effetto, per cui l‟apprendimento si sviluppava in funzione degli effetti
(piacere, soddisfazione di un bisogno) conseguenti a un determinato movimento dell‟animale.
Thorndike fu inoltre il primo a formulare chiaramente una teoria connessionistica
dell‟apprendimento: apprendere è connettere e la mente è un sistema di connessioni tra situazionistimolo e risposte. Queste connessioni vengono descritte come processi che si verificano a livello
sinaptico. Le ricerche sull‟apprendimento animale sono alla base degli studi che Thorndike fece nel
campo della psicopedagogia.
LA PSICOLOGIA RUSSA
Grande fu l‟apporto degli scienziati russi sul
cui pensiero incise molto il momento storico
sociale, con particolare riferimento alla
rivoluzione stalinista.
Grande fu anche l‟influenza della scuola
europea con particolare riferimento alla scuola
tedesca e a Wundt.
Due furono le correnti principali: il
riflessionismo e la scuola storico-culturale.
I principali esponenti della riflessologia furuno
Secenov, Bechterev e Paplov. La scuola
storico-culturale fu rappresentata da Vygotskij,
Leontev e Lurija.
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LA RIFLESSOLOGIA
Con questo termine si indica la concezione
secondo la quale i processi psichici sono
ricondotti a riflessi cerebrali, ovvero a processi
puramente fisiologici ed elementari. La teoria
ha origine con Secenov, allievo di Helmholtz.
Il lavoro di Secenov si basa sul concetto di
riflesso. Gli studi si concentravano sull‟arco
riflesso per spiegare i processi semplici. Sia nei
processi complessi che semplici il meccanismo
di base era sempre lo stesso: stimolo - centro
nervoso (arco riflesso) - reazione. Sečenov
distinse un "riflesso spinale" per i meccanismi
semplici e un "riflesso cerebrale" per quelli
complessi. La psicologia ha il ruolo di studiare
l‟analisi dei contenuti dell‟attività psichica. I contenuti vengono acquisiti durante lo sviluppo
ontogenetico e quindi sono legati all‟ambiente in cui l‟individuo interagisce e cresce. La lingua, i
ricordi, le emozioni di un uomo sono tutti
processi psichici che derivano dall‟interazione
uomo-ambiente
ma
il
meccanismo
di
apprendimento è basato sui riflessi, oggetto di
studio della fisiologia.
Secenov che espose la sua teoria nell‟opera I
riflessi del cervello (1898), era un convinto
naturalista e per le sue idee progressiste fu
censurato dall‟amministrazione zarista.
La riflessolegia trova la sua massima
affermazione con Bechterv, medico di Lenin e
Stalin e profondo conoscitore del sistema
nervoso e che nel 1097 fondò a Sanpietroburgo
l‟istituto di psiconeurologia. Cercò di liberare la
P da ogni concetto di introspezione e spiritualismo. Con
Bechterv la Rilessologia diventa la scienza della
personalità umana studiata da un punto di vista bio-sociale,
fondato su un concetto di riflesso rigorosamente oggettivo.
In particolare si concentra sull‟attività riflessa motoria ed
adottò il connessionismo neurale per spiegare i processi
psichici. Allo scopo impiegò degli stimoli che venivano
applicati in diverse regioni corticali; se questi stimoli
interagivano tra di loro, allora i centri corticali dovevano
interagire tra di loro. Per esempio, un cane sente un suono
prima che gli venga data una scossa elettrica alla zampa.
Dopo alcune ripetizioni, il suono in sé provoca la flessione della zampa. Secondo Bechterv, questa
nuova reazione è dovuta allo stabilirsi di un nuovo collegamento nervoso tra quella parte del
cervello che riceve il suono e quella che controlla la flessione della zampa. Una volta che la nuova
via nervosa si è costituita, il nuovo circuito funziona come un riflesso.
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La concezione più sistematica delle basi fisiologiche
del comportamento si ebbe con Ivan Petrovic Pavlov
(1849-1936). Per i suoi studi sulla fisiologia
dell‟apparato digerente, riceve il premio Nobel nel
1904. Dall‟inizio del secolo e fino alla sua morte si
dedicò allo sviluppo della teoria dell’attività nervosa
superiore (apprendimento e comportamento).
Riprende in parte le esperienze di Bechterv e riuscì a
dimostrare che si poteveno avere dei comportamenti
condizionati anche in assenza degli stimoli originari. Il
riflesso condizionato è una reazione prodotta
nell‟animale in cattività da un elemento esterno, che
l‟animale si abitua ad associare ad un preciso stimolo. Il primo agente diventa perciò lo stimolo
chiave, ciò che attiva il riflesso (o risposta) condizionato.
L‟esperimento classico di Pavlov si propone la dimostrazione del riflesso condizionato, cioè con
uno stimolo si è in grado di provocare il verificarsi di un determinato evento (risposta). Gli
organismi (animali ed umani) imparano ad associare uno stimolo con un altro. Centrali per il
condizionamento classico sono i riflessi, ovvero risposte non apprese, come la salivazione, la
contrazione pupillare, la chiusura degli occhi.
Associando per un certo numero di volte la
presentazione di carne ad un cane con un suono di
campanello, alla fine il solo suono del campanello
determinerà la salivazione nel cane. La salivazione è
perciò indotta nel cane da un riflesso condizionato
provocato artificialmente.
Il comportamento è l‟insieme dei processi riflessi che
regolano il rapporti organismo-ambiente ed il riflesso
condizionato ne costituisce parte integrante. In un primo
stadio ci sono i riflessi incondizionati, risposte innate
agli stimoli, le quali, se sono organizzate tra loro,
rappresentano gli istinti. In un secondo stadio, proprio
degli animali superiori e dell‟uomo, i processi sono più
complessi, sono risposte acquisite, riflessi condizionati
che consentono l‟adattamento all‟ambiente.
Quindi, l‟attività riflessa che assicura l‟adattamento
dell‟organismo all‟ambiente è composta da:
riflessi innati, sono incondizionati, si producono
senza alcuno stimolo particolare se non il
contatto diretto tra lo stimolo ed il ricettore. La
reazione è incondizionata;
istinti, come associazione di riflessi innati;
riflessi condizionati (o risposte acquisite). Questi sono appresi nell‟ontogenesi dell‟animale.
Sono quindi individuali e temporanei.
Nell‟uomo esite un‟attività superiore nervosa unica che è quella di produrre riflessi condizionati
verbali per segnalare variazioni dell‟ambiente e regolare, di conseguenza, il comportamento.
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LA SCUOLA STORICO-CULTURALE
Corrente di pensiero che cercava di adattare la psicologia ai principi della nuova società russa,
quella comunista. La rivoluzione ebbe una grande influenza sulla cultura, l‟arte e anche la
psicologia. La scuola storico-culturale si basa su di un‟ impostazione che rivede le basi tecniche e
metodologiche alla luce delle teorie marxiste e leniniste (che ruolo deve avere lo psicologo nelle
scuole, ospedali, etc.) per dar vita ad una scienza utile a capire i problemi, per darne una soluzione
conveniente, della nuova società comunista.
La teoria di Lev Vygotskij
La teoria di Lev Vygotskij, elaborata tra la fine
degli anni „20 e i primi anni „30, ha avuto scarsa
diffusione in quel periodo, ma ha incontrato in
Occidente un crescente interesse solo dopo gli
anni „60 e ha visto un‟esplosione di ricerche e di
studi negli anni „80. Ad ostacolare la conoscenza
della teoria di Vygotskij è stata soprattutto la non
disponibilità delle sue opere, alcune delle quali
sono rimaste inedite fino agli anni „80. La sua
opera contiene una varietà insospettata di
contributi nei campi più diversi: dall‟estetica alla
linguistica, dalla psicologia alla pedagogia, dalla
psicopatologia alla neuropsicologia. Alla luce di
questa nuova ed arricchita rivisitazione di tutta la
sua opera, Vygotskij non è più visto come un pensatore geniale, pieno di intuizioni non
concretizzate a causa della sua morte precoce, è invece uno psicologo e un intellettuale che elaborò
le sue teorie, avviò una nuova scuola di psicologia e poté compiere ricerche e pubblicare una
quantità incredibile di articoli e libri. Sebbene la scuola storico-culturale abbia avuto senz‟altro il
proprio fondamento teorico in Vygotskij, essa non può essere ridotta solo alle sue tesi e ricerche
empiriche, ma appare invece, come un insieme variegato di contributi.
Il manifesto
Il manifesto della scuola storico-culturale fu
esposto nel saggio La coscienza come
problema
della
psicologia
del
comportamento, il quale si basava sulla prima
conferenza che Vygotskij tenne all‟Istituto di
psicologia di Mosca. Il testo della conferenza
conteneva gli elementi essenziali della scuola
storico-culturale.
Si
partiva
dalla
considerazione che le teorie riflessologiche
russe, che consideravano la psiche come un
sistema di riflessi, si erano occupate
esclusivamente dei processi psichici elementari
(es. i riflessi condizionati) escludendo lo studio
dei processi psichici superiori, che avrebbe
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richiesto il riferimento all‟esperienza soggettiva e all‟introspezione. Per Vygotskij questa posizione
comportava la rinuncia all‟indagine sulla specificità dei processi psichici umani, che si
differenziano da quelli degli animali proprio per la presenza della coscienza. Egli riteneva che il
rinunciare ad un‟indagine oggettiva della coscienza corrispondesse ad una posizione idealistica e
dualistica: da una parte i processi psichici elementari, dall‟altra i processi psichici superiori e la
coscienza, come un mondo psichico inaccessibile e irriducibile. Occorreva invece individuare delle
procedure oggettive di ricerca sui processi psichici coscienti. Lo studio sperimentale delle risposte
verbali dei soggetti poteva costituire una chiave d‟accesso alla loro coscienza.
Nella dimensione cosciente della psiche
umana, afferma Vygotskij, vi sono
componenti assenti nel mondo psichico
animale: l’esperienza storica per la
quale tutta la nostra vita, il lavoro, il
comportamento sono fondati sulla
larghissima utilizzazione dell‟esperienza
delle
generazioni
precedenti;
l’esperienza sociale per la quale non si
dispone soltanto delle connessioni
formatesi nella esperienza personale tra i
riflessi incondizionati e i singoli elementi
dell‟ambiente, ma anche di un gran
numero di connessioni che sono state
fissate nell‟esperienza degli altri uomini;
infine l’esperienza duplicata, per la quale il lavoro ripete nei movimenti delle mani e delle
trasformazioni del materiale ciò che prima è stato fatto nella rappresentazione del lavoratore, quasi
con i modelli di questi stessi movimenti e di questo stesso materiale; questa esperienza duplicata
che permette all‟uomo di sviluppare forme di adattamento attivo, manca all‟animale.
Le funzioni psichiche superiori
Nel 1931 Vygotskij terminò la monografia sulla Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche
superiori, che rappresenta l‟esposizione più completa della teoria storico-culturale. Su di lui
influirono notevolmente varie teorie contemporanee. Per Vygotskij fra gli animali e l‟uomo c‟è un
salto qualitativo caratterizzato dallo sviluppo di processi psichici superiori dipendenti dal contesto
storico-sociale in cui cresce un bambino (ontogenesi); questi processi psichici superiori conservano
la stessa natura biologica dei processi psichici inferiori, ma rappresentano una nuova
organizzazione funzionale di quest‟ultimi, generatasi sotto l‟influsso dei fattori sociali e culturali.
Sia le funzioni psichiche inferiori che quelle superiori sono processi materiali svolti nel cervello,
con la differenza che i processi psichici
superiori si
sviluppano
in relazione
all‟ambiente sociale e culturale.
Nella conferenza sulla coscienza, Vygotskij
accetta l‟ipotesi che la struttura fondamentale
dei processi psichici sia che una reazione è
prodotta in relazione ad uno stimolo e questa
sequenza è per l‟appunto alla base dei processi
psichici elementari. Nei processi psichici
superiori, nella sequenza si inserisce un nuovo
elemento, quello che l‟autore chiama priem
(strumento, metodo) o stimolo-mezzo. È
l‟introduzione di questo stimolo-mezzo a
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costituire il salto dialettico che modifica qualitativamente il rapporto tra stimolo e reazione. Tra gli
esempi c‟è quello dell‟asino di Buridano: di fronte a due sacchi uguali pieni di fieno, uno a sinistra
e l‟altro a destra, l‟asino non sa scegliere, benché affamato e muore d‟inedia. I due stimoli
equivalenti, i sacchi, producono due reazioni uguali ma di direzione contraria e il comportamento
dell‟animale viene inibito. Un uomo invece, potrebbe lanciare una monetina per scegliere uno dei
due stimoli, creando così, di sua iniziativa uno stimolo di cui si avvale, per cui esso è un mezzo, uno
strumento, per instaurare un nuovo rapporto stimolo-risposta e consentire lo svolgimento del
comportamento in una direzione diversa.
Quindi, la presenza di stimoli creati accanto a quelli dati è la caratteristica distintiva della psicologia
dell‟uomo. Tuttavia per Vygotskij il comportamento umano è quasi esclusivamente guidato da
stimoli-mezzo, che non sono solo strumenti esterni, strumenti acquisiti dall‟ambiente sociale e
interiorizzati ma anche stimoli-mezzi interni denominati propriamente segni. Ogni stimolo
condizionato creato dall‟uomo e assunto come mezzo per dirigere il proprio o l‟altrui
comportamento è un segno. La differenza tra vita psichica dell‟animale e quella dell‟uomo sta nel
fatto che il cervello umano è il cervello di un essere sociale e l‟introduzione degli stimoli-mezzo
nelle funzioni psichiche comporta una modificazione funzionale del cervello stesso. Questi segni
non sono creati soltanto dalla singola persona, ma sono acquisiti nella storia psicologica individuale
attraverso l‟ambiente sociale (la famiglia, scuola,..). L‟esempio più chiaro è la scrittura, cioè un
sistema di segni che l‟individuo acquisisce ad una certa età se vive in un ambiente sociale in cui la
scrittura è conosciuta. Il linguaggio verbale stesso è uno stimolo-mezzo se lo si interpreta come una
forma di comunicazione, basata anche su capacità genetiche della mente umana, ma allo stesso
tempo necessariamente sviluppatasi grazie all‟acquisizione di una lingua che proviene
dall‟ambiente familiare e sociale in cui il bambino cresce.
Lo stimolo-mezzo
Un processo fondamentale illustrato da Vygotskij è
l‟interiorizzazione degli stimoli-mezzo o segni. Il
linguaggio, che all‟inizio nel rapporto madre-bambino è
una forma di comunicazione interpersonale esterna,
diventa negli anni una forma di comunicazione interna
che l‟individuo usa come mezzo per svolgere le proprie
funzioni psichiche superiori. I contenuti di pensiero di
un adulto sono stati acquisiti ed elaborati come
strumenti esterni, divenuti nel tempo strumenti interni.
Lo sviluppo psichico ontogenetico è quindi uno sviluppo
culturale, in quanto fondato essenzialemente sul
processo di interiorizzazione dei mezzi forniti
dall’ambiente socio-culturale. Vygotskij definisce
questo processo come la legge genetica generale dello
sviluppo culturale, per la quale le funzioni psichiche
sviluppatesi
nelle
relazioni
sociali,
funzioni
interpsichiche, divengono successivamente interne
all‟individuo, funzioni intrapsichiche. L‟interesse di
Vygotskij per i problemi della scuola investe tutta la sua
produzione, dagli studi dei primi anni „20
sull‟ostruzione dei bambini handicappati fino ai lavori
degli anni „30 sui processi cognitivi dei bambini normali
e con ritardo mentale in relazione al contesto scolastico. Questa attività si inserisce nell‟ambito
dell‟attiva partecipazione di Vygotskij alla pedologia e oltre che insegnare questa disciplina in vari
istituti di Mosca, scrisse numerose opere pedologiche.
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La pedologia
La Pedologia, dapprima intesa come lo studio
interdisciplinare del bambino, con contributi
della biologia, pediatria, psicologia, pedagogia,..,
divenne, in seguito a continue discussioni
ideologiche, una disciplina che concentrava le
proprie analisi sull‟ambiente sociale in cui si
sviluppa il bambino. Vygotskij caratterizzò la
propria posizione concependo la pedologia non
tanto come un approccio interdisciplinare allo
studio del bambino, ma piuttosto come la ricerca
di una teoria unificata dello sviluppo psichico del
bambino,
fondata
sul
principio
della
riorganizzazione delle funzioni psichiche sotto
l‟influenza dei fattori sociali e culturali.
Nel 1936 il Comitato centrale del Partito comunista approvò la risoluzione con la quale si
condannava la pedologia. La fine del movimento pedologico comportò un ridimensionamento di
tutta la produzione e dell‟attività in campo psicologico. Le opere di Vygotskij furono bandite e
divennero disponibili solo vent‟anni dopo.
Pensiero e linguaggio
Poco prima di morire Vygotskij terminò di scrivere
l‟ultimo capitolo del libro ritenuto il suo capolavoro,
Pensiero e linguaggio. Questo libro è il risultato
dell‟assemblaggio di materiale diverso; le parti
teoricamente più importanti e che ancora oggi
costituiscono un riferimento concettuale per la ricerca
contemporanea, riguardano il rapporto tra pensiero e
linguaggio, la relazione tra linguaggio esterno e
linguaggio interno, la relazione tra senso e significato.
Secondo Vygotskij, preliminare ad ogni indagine sul
rapporto tra pensiero e linguaggio, come ad ogni
indagine psicologica, è la scelta del tipo di analisi. Egli
respinge l‟analisi che scomponeva gli insiemi
psicologici complessi in elementi, perché applicando
questa analisi, si perdono, le proprietà dell‟insieme non
corrispondenti alle proprietà dei singoli elementi
(concetto ripreso e sviluppato dalla Gestalt). Vygotskij
sostiene invece, un‟analisi basata sulla scomposizione
di un insieme unitario di base, in unità componenti. Per
unità componente, intende degli elementi che
continuano a conservare le medesime proprietà
dell‟insieme. Ad es. nell‟incontro tra pensiero e
linguaggio, per cui un contenuto di pensiero è espresso
attraverso una parola, l‟unità componente che conserva le proprietà dell‟insieme rappresentato dal
pensiero verbale è individuata da Vygotskij nel significato. La parola ha un aspetto esterno, quello
sonoro, e un aspetto interno, il suo significato, che conduce al contenuto di pensiero che la parola
esprime. Il linguaggio è una forma di relazione sociale proprio perché le parole esprimono
significati intellegibili per il pensiero di coloro che comunicano. La capacità di pensare, il pensiero
come funzione della mente, seguono sviluppi diversi, sono indipendenti. Nel bambino, ad un certo
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punto dello sviluppo, queste due funzioni si intersecano dando luogo ad una funzione, il pensiero
verbale, nel quale un pensiero specifico prodotto dal pensiero è espresso dal linguaggio sotto forma
di una parola che di quel pensiero specifico trasmette il significato. Lo sviluppo del pensiero verbale
presenta varie tappe, descritte da Jean Piaget, per il quale il linguaggio in età prescolare è un
linguaggio egocentrico, manca ancora il pensiero verbale interno. Il linguaggio egocentrico, tappa
precedente del linguaggio interno, ha origine dall‟incontro tra il pensiero del bambino, un pensiero
di tipo autistico che riflette il mondo psichico infantile, e il linguaggio emesso per sé dal bambino
stesso. Per Vygotskij, al contrario, il linguaggio ha immediatamente una funzione sociale,
interpersonale; in seguito esso diviene strumento di pensiero nella forma silente del linguaggio
interno. Nello sviluppo del pensiero verbale si realizza
di nuovo il processo già descritto per cui una funzione,
il linguaggio sociale, acquisita nella relazione
interpsichica, diviene una funzione intrapsichica,
linguaggio interno. Una delle analisi più fini del libro
di Vygotskij, è quella sulla differenza tra linguaggio
esterno e linguaggio interno. Il linguaggio interno
risulta sostanzialmente diverso dal linguaggio esterno
per le sue caratteristiche sintattiche, essendo un
linguaggio per sé, esso è abbreviato, frammentato.
Un‟altra distinzione che caratterizza il linguaggio
interno è quella tra Senso e Significato di una parola.
Il confine tra senso e significato è sfumato, ma si può dire che il significato di una parola è ciò che è
condiviso dalla maggioranza dei parlanti, ciò che una parola significa attenendoci alla definizione
data dal vocabolario. Il senso è invece il significato
che la parola ha per il parlante, un significato che è
noto a lui solo. Nel linguaggio interno il senso domina
sul significato; nel linguaggio esterno invece domina
il significato, e ciò è indispensabile affinché abbia
luogo una comunicazione. Dalla parola e dai
significati condivisi ai significati personali e ai sensi
della parola; dal linguaggio al pensiero: il
comportamento esterno dipende dunque dal mondo
psichico interno. Tuttavia, dietro al piano del pensiero
vi è, per Vygotskij, il mondo degli affetti, delle
emozioni e delle motivazioni. Nell‟analisi dei piani
interni del pensiero verbale, il pensiero stesso nasce non da un altro pensiero, ma dalla sfera
motivazionale della nostra coscienza, che abbraccia i nostri impulsi e le nostre motivazioni, i nostri
affetti e le nostre emozioni. Dietro al pensiero vi è una tendenza affettiva e volitiva; una
comprensione reale e completa del pensiero altrui è possibile soltanto quando scopriamo il suo
retroscena reale, affettivo-volitivo.
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Leont’ev
Konstantin Nikolaevič Leont‟ev è stato un
filosofo, medico e monaco russo. Di tendenze
conservatrici, monarchiche e reazionarie, cercò di
dimostrare attraverso le sue opere gli stretti
legami intercorrenti tra Russia e l‟Est, nel
tentativo di opporsi alle influenze egualitarie e
rivoluzionarie provenienti dall‟Europa. La più
famosa opera di Leont‟ev è un saggio intitolato
L‟Est, la Russia e gli Slavi (1885-86) nel quale,
come già avevano fatto precedentemente Nikolaj
Danilevskij e Fëdor Michajlovič Dostoevskij, si
scagliava contro la civiltà occidentale ed il culto
della prosperità materiale. Leont‟ev riteneva che
le radici bizantine della Russia erano una benedizione nonché un forte antidoto contro le
liberalizzazioni nella società. Leont‟ev ipotizzò che tutte le società subissero uno stato di "fioritura"
e di espansione a cui seguiva necessariamente uno di "semplificazione secondaria". Riteneva in
particolare che l‟Occidente avesse raggiunto questa seconda fase e per tale motivo invocava una
espansione territoriale, culturale e spirituale della Russia verso l‟India, il Tibet e la Cina. Leont‟ev
fece molte predizioni che nel futuro si sarebbero rivelate veritiere. Profetizzò infatti che nel XX
secolo ci sarebbe stata una rivoluzione sanguinosa in Russia guidata da un "Anticristo". Il nuovo
centro di potere che si sarebbe venuto a creare avrebbe assunto natura socialista e tirannica e i suoi
capi avrebbero detenuto più potere degli stessi zar. Famoso è a tal proposito il suo assunto "il
Socialismo è il feudalesimo del futuro". Leont‟ev riteneva che solo una dura e spietata reazione
avrebbe potuto far sì che questo scenario non si verificasse. Il filosofo predisse anche che la
Germania sarebbe cresciuta tanto da poter scatenare una o due guerre (ma non di più) e che la Cina
avrebbe un giorno minacciato il potere russo. Riteneva infine che la tecnologia avrebbe portato un
giorno alla distruzione del mondo.
Lurija
Aleksandr
Romanovič
Lurija
(Kazan, 16
luglio 1902 – Mosca, 14 agosto 1977) è stato un
medico, sociologo e psicologo sovietico. Discepolo
e collaboratore di Lev Vygotskij fu, tra i fondatori,
uno dei maggiori esponenti della scuola storicoculturale e della neuropsicologia sovietica oltre che
uno dei principali ricercatori della teoria
dell‟attività.
Ha
insegnato
neuropsicologia
all‟università di Mosca e fu membro
dell‟accademia sovietica di scienze pedagogiche. È
conosciuto per le sue ricerche sui meccanismi della
memoria collegata al linguaggio, secondo
l‟approccio della psicologia storico-culturale di
Lev Vygotskij. Ne "Le funzioni corticali superiori dell‟uomo" tratta delle relazioni tra le funzioni
del linguaggio e della memoria ed i meccanismi cerebrali, alla luce delle modificazioni psichiche
causate da lesioni del cervello. Si laureò in scienze naturali nel 1921 all‟Università di Kazan, nella
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quale aveva fondato un‟associazione psicoanalitica dedicandosi per qualche tempo allo studio della
psicoanalisi. Nel 1922 incontrò Vygotskij e Leont‟ev e dal 1923 cominciò a collaborare con loro
nell‟Istituto di Psicologia di Mosca, entrando a far parte del primo gruppo della Scuola storicoculturale che introdusse il metodo oggettivo della ricerca sperimentale nell‟indagine sui processi
psicodinamici e sulle emozioni. Nel 1936 laureatosi in medicina all‟Università di Mosca, iniziò a
lavorare all‟Istituto di Neurochirurgia di Mosca, dando inizio agli studi sul trauma cranico e sugli
esiti di lesioni del tessuto cerebrale; durante la 2^ guerra mondiale contribuirono alle sue ricerche le
esperienze nell‟ospedale neurochirurgico degli Urali. Dopo la guerra ritornò all‟Istituto di
Neurochirurgia ed a partire da 1950 pubblicò alcuni lavori sui disturbi della scrittura. Dal 1953 al
1959 fu allontanato dall‟Istituto per dissensi con i colleghi della dominante corrente di Pavlov, e
lavorò nell‟ Istituto di Difettologia a ricerche sul ritardo mentale nei bambini. Nel 1960 ebbe la
direzione del Laboratorio di neuropsicologia dell‟Istituto di Neurochirurgia, e tornò a occuparsi
della ricerca sulle disfunzioni psichiche in pazienti cerebrolesi, con particolare attenzione per la
memoria, il linguaggio e le aprassie correlate. Da tale esperienza - con la pubblicazione di una serie
di monografie tratte dall‟osservazione di pazienti colpiti da afasia, aprassia, malattia di Parkinson o
affetti da disturbi motori e delle funzioni superiori, e in particolare di lesioni cerebrali riportate da
reduci di guerra - tra il 1962 e il 1973, prese corpo la sua fondamentale teoria sistematica delle
funzioni cerebrali nella quale Lurija formula l‟ipotesi che le funzioni cerebrali superiori sono
processi derivanti dall‟interconnessione di sistemi che investono più aree funzionali cerebrali, anche
molto diverse per caratteristiche e topologia, superando decisamente la teoria meccanicistica della
localizzazione delle funzioni in aree cerebrali specifiche ogni singola funzione. La sua teoria
comportò una radicale revisione del concetto di sintomo: per essa i disturbi del comportamento non
sono sintomi di disfunzioni o danni riguardanti precise aree della corteccia cerebrale, ma devono
essere considerati esiti disfunzionali di processi funzionali integrati di aree cerebrali ad essi
connesse. Nell‟analisi diagnostica, al sintomo si sostituì allora la sindrome, e mediante complessi
esperimenti si riuscì a riferire diversi sintomi neurologici a sistemi funzionali interessanti aree
corticali e sottocorticali connesse tra loro.
L‟architettura delle funzioni cerebrali, scoprì
Lurija, consta di tre grandi sistemi o unità
funzionali:
il primo regola il ciclo sonno-veglia e
modula l‟attività corticale riguardante
l‟attenzione,
la
selezione
delle
informazioni e la percezione delle
emozioni, e vi sono connesse la
formazione reticolare della corteccia con le
relative strutture sottocorticali;
il secondo ha funzioni primarie nella
percezione, nell‟analisi e nella memoria, e
vi sono interessate le cortecce temporali, parietali e occipitali;
il terzo provvede alla regolazione, modulazione e controllo delle azioni volontarie, e
interessa le aree corticali prefrontali e frontali, motorie, il cervelletto e i nuclei profondi.
Tali unità funzionali non sono derminate geneticamente; secondo Lurija, che in ciò segue le teorie
di Vygotskij, esse sono ontogeneticamente costruite per la pressione dell‟ambiente storico-culturale
e perciò assumono caratteristiche differenti secondo i periodi e i contesti della storia e della società
umana. Per tale ragione, sostiene Lurija, il linguaggio è la più importante funzione per la capacità
che possiede fin dalla nascita dell‟individuo, di formarne e regolarne i processi psichici in ogni
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aspetto, dai più evidenti, come il comportamento e l‟espressione, a quelli che non si possono
osservare, come il pensiero e la fantasia; perciò le ripercussioni sulla attività psichica generale
conseguenti alla deprivazione delle relazioni, o alla perdita del linguaggio, possono essere vaste e
distruttive. Esaminando molte centinaia di pazienti cerebrolesi e diverse decine di categorie di
sindromi, Lurija ricercò un modello diagnostico trasversale col quale misurare le componenti dei
processi psicologici nei disturbi della scrittura, nella tensione emotiva nella disgrazia e nei processi
di ristrutturazione che seguono a lesioni del tessuto cerebrale; poté sperimentare in tal modo
strumenti e metodi che fossero utili alla riparazione delle funzioni danneggiate. In tale ricerca egli
trascurò in buona parte il metodo clinico, in cui il singolo caso viene esaminato attraverso elementi
individuali, e applicò il metodo statistico alla neuropsicologia per determinare se vi fossero, e quali
fossero, gli aspetti comuni a più casi con lesioni simili.
LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT
Con i termini psicologia della Gestalt, e psicologia della forma si intende quel corpo di
affermazioni teoriche e impostazioni metodologiche che si sono sviluppate a partire dai lavori di
Wertheimer 1880 - 1943), Kohler (1886-1941) e Koffka (1887-1967). La Gestalttheorie è
inquadrabile nella grande reazione antimeccanicistica che ha avuto luogo ai primi del „900 in
Europa, dovuta in parte alla profonda crisi del positivismo ed in parte alle nuove acquisizione
scientifiche. In Germania, isola culturale dell‟Europa, dove già nel campo filosofico con Kant si
erano gettate le basi per il superamento della controversia fra razionalisti ed empiristi, Wundt riesce
a rendere scientifica la nascente psicologia con un metodo molto simile alla chimica dell‟ottocento,
con la scomposizione di ogni fenomeno nei suoi aspetti elementari per ottenere unità semplici e non
ulteriormente riducibili.
I Gestaltisti rifiutano le concezioni teoriche della dottrina degli elementi e l‟analisi attraverso
l‟introspezione addestrata, in quanto non in grado di tener conto della complessità dei fenomeni,
tanto che la Teoria della Forma fu detta "la risposta tedesca alla psicologia di Wundt". Il metodo di
Wundt, era molto simile a quello della chimica: scomporre ogni fenomeno nei suoi aspetti
elementari per ottenere unità semplici non ulteriormente riducibili. Gli psicologi della Gestalt
rifiutano completamente questa impostazione e si distinguono soprattutto per il loro
antielementarismo. Secondo la teoria della Gestalt la qualità propria del tutto non è data
semplicemente dalla somma degli elementi che costituiscono il tutto stesso, ma è data dalle
relazioni che intercorrono tra i vari elementi che compongono il tutto. Si tratta dunque di una
visione dinamica. Il concetto fondamentale della Gestalt è dunque: "il tutto è più della somma delle
parti". È da questo punto di vista che la Gestalt ritrova la matrice del pensiero di Kant per ciò che
concerne il senso attivo della mente (giudizi sintetici a priori), ma soprattutto trova la sua
filiazione in quella Psicologia dal punto di vista empirico di F. Brentano (1874), che getta le basi
per una psicologia fondata sull‟atto, sull‟intenzionalità: quest‟ultima intesa come l‟atto che rapporta
il soggetto all‟oggetto. L‟oggetto ha realtà sua propria ma diviene esistente in sede psichica solo
quando un atto rapporta ad esso l‟essere umano. La psicologia dell‟atto convoglia l‟attenzione verso
il soggetto, verso il suo mondo e verso i dati immediati dell‟esperienza. Il passo più determinante
che ha compiuto la Gestalt è stato quello di osservare che una stessa parte ha caratteristiche diverse
se presa singolarmente o inserita nel tutto e che quindi una stessa parte inserita in due diverse
totalità può assumere caratteristiche diverse.
I principali temi caratterizzanti la psicologia della Gestalt sono:
1) atteggiamento fenomenologico
2) teoria di campo
3) postulato dell’isomorfismo
4) la psicologia del pensiero
5) la psicologia sociale.
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ATTEGGIAMENTO FENOMENOLOGICO
Per la Gestalt ciò che deve essere preso in considerazione direttamente e con privilegio sono i fatti
così come ci vengono forniti dai nostri organi di senso (in un certo senso il campo d‟azione viene
ricondotto all’esperienza immediata di Wundt). Questo è un atteggiamento che si pone esattamente
agli antipodi dell‟introspezionismo. Un gestaltista osserva il reale e accetta l‟esperienza in maniera
diretta, attribuendole quel valore che manifestamente ci presenta, un introspezionista, invece, al di
là degli oggetti che popolano il nostro mondo, cerca di scoprire sensazioni elementari attraverso
un‟impostazione che per necessità mira a distruggere l‟oggetto come entità organizzata.
Nell‟impiegare il metodo fenomenologico un gestaltista ritiene di cogliere un‟oggettività più
genuina e in grado di estendersi anche a quegli aspetti non perfettamente misurabili. L‟oggettività,
infatti viene fondata su ciò che osserviamo direttamente.
Critica allo strutturalismo wundtiano
L‟idea portante dei fondatori della psicologia della Gestalt, che il tutto fosse diverso dalle singole
parti (questa teoria è detta qualità Gestalt o Ehrenfels), in qualche modo si opponeva al modello
dello strutturalismo, diffusosi dalla fine dell‟Ottocento, ed ai suoi principi fondamentali, quali
l‟elementarismo.
Le teorie della Gestalt, si rivelarono altamente innovative, in quanto indicarono di rintracciare le
basi del comportamento, nel modo in cui viene percepita la realtà, anziché per quella che è
realmente; quindi il primo pilastro della teoria della Gestalt fu costruito sullo studio dei processi
percettivi e in una percezione immediata del mondo fenomenico.
Successivamente, importanti studi furono condotti da Lewin con la teoria del campo e Goldstein
con una teoria della personalità secondo la quale l‟intero organismo partecipa al comportamento.
Per la psicologia della Gestalt non è giusto dividere l‟esperienza umana nelle sue componenti
elementari e occorre invece considerare l‟intero come fenomeno sovraordinato rispetto alla somma
dei suoi componenti: "L‟insieme è più della somma delle sue parti" (posizione del molarismo
epistemologico).
Quello che noi siamo e sentiamo, il nostro stesso comportamento, sono il risultato di una complessa
organizzazione che guida anche i nostri processi di pensiero.
La stessa percezione non è preceduta dalla sensazione ma è un processo immediato - influenzato
dalle passate esperienze solo in quanto queste sono lo sfondo dell‟esperienza attuale - che deriva
dalla gestalt, come combinazione delle diverse componenti di un‟esperienza reale-attuale.
Per comprendere il mondo circostante si tende a identificarvi forme secondo schemi che ci
sembrano adatti - scelti per imitazione, apprendimento e condivisione - e attraverso simili processi
si organizzano sia la percezione che il pensiero e la sensazione; ciò avviene di solito del tutto
inconsapevolmente.
Con particolare riferimento alla percezioni visive, le regole principali di organizzazione dei dati
percepiti sono:
Buona forma (la struttura percepita è sempre la più semplice)
Prossimità (gli elementi sono raggruppati in funzione delle distanze)
Somiglianza (tendenza a raggruppare gli elementi simili)
Buona continuità (tutti gli elementi sono percepiti come appartenenti ad un insieme
coerente e continuo)
Destino comune (se gli elementi sono in movimento, vengono raggruppati quelli con uno
spostamento coerente).
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La scuola di Graz
Gli elementi della teoria della Gestalt hanno inizio in Austria,
presso la scuola di Graz, dove Meinong introduce la Teoria della
produzione che si basa sulla distinzione tra oggetti di ordine
inferiore ed oggetti di ordine superiore e per ogni ordine si ha una
rappresentazione. Le rappresentazioni non prodotte, o elementari,
sono generate dagli oggetti di ordine inferiore, ovvero quelle che
per esserci non hanno bisogno di nessun altro oggetto. Si
definiscono rappresentazioni prodotte quelle che producono gli
oggetti di ordine superiore, quelli che derivano la loro esistenza
dagli oggetti di ordine inferiore.
Si può riscontrare dunque nella Scuola di Graz un atteggiamento
antielementista, nel senso che le rappresentazioni prodotte non dipendono
necessariamente dagli elementi semplici, né sono necessariamente
determinate da aspetti materiali.
La qualità-gestalt (Ehrenfels), la qualità propria del tutto, non è data dagli
elementi, ma dalle relazioni che intercorrono tra essi.Il tutto è più della
somma delle parti.
Una stessa parte ha caratteristiche diverse se presa
singolarmente o inserita nel tutto e quindi, una stessa parte
inserita in due diverse totalità può assumere caratteristiche
diverse. Il modo di rapportarsi all‟esperienza non parte dal
basso (processo bottom-up), ma si propone di considerare entità
globali aventi una loro intrinseca organizzazione (processo topdown). Il termine Gestalt stesso indica proprio questo concetto
di unità avente una sua propria forma.
La nascita della Gestalt è fatta risalire al 1912, anno
della pubblicazione del lavoro di Wertheimer sul
movimento stroboscopico, noto come fenomeno ψ
(l‟illuminazione alternata di due oggetti, abbastanza
vicini, da un fascio emesso da un proiettore, produce
come risultato percettivo la vista di un solo oggetto
che si sposta velocemente da destra a sinistra) è
estremamente importante per gli aspetti teorici che
sottende: quello che avviene nell‟esperienza
(percezione) non può essere spiegato da ciò che
succede agli oggetti fisici. I risultati sperimentali
mettono in crisi la presupposta corrispondenza tra
piano materiale (realtà fisica) e piano percettivo
(realtà fenomenica).
Critica all’empirismo
Il problema consiste sostanzialmente nel peso da attribuire all‟esperienza passata nella formazione
di risultati percettivi e di fenomeni psicologici in generale. Secondo un empirista gli oggetti che si
presentano alla nostra esperienza si sono formati così come appaiono per il fatto che siamo abituati
a vederli in tal modo: è determinante la ripetizione dell‟esperienza ed i contatti che si hanno nella
vita quotidiana. I gestaltisti ritengono che gli oggetti siano generati in base all‟autodistribuzione
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dinamica dell‟esperienza sensoriale. Se fosse vero che gli oggetti si formano nella nostra esperienza
in base all‟apprendimento della ripetuta esposizione, dovrebbe conseguire che gli oggetti presentati
più volte vengano riconosciuti con maggiore facilità. Gottschaldt presenta ai suoi soggetti figure
come l‟esagono. Mostrando figure che comprendevano l‟esagono, i soggetti non lo riconoscevano.
L‟esperienza passata non è l‟unico fattore che determina l‟organizzazione della percezione.
La teoria di campo di Lewin
Lewin propone il passaggio da una modalità aristotelica a una concezione galileiana di ricerca
scientifica che tenga conto a livello metodologo della concretezza del caso individuale. Pone alla
base della sua teoria i seguenti passi:
1- il metodo “genetico” (come un soggetto si costruisce in un ambiente concreto),
2- l‟impostazione dinamica (forze che determinano le azioni in specifici contesti),
3- l‟impostazione psicologica (il campo = lo spazio percepito dal soggetto),
4- l‟analisi della situazione come punto di partenza (poi si passa alla differenziazione delle
parti),
5- il comportamento, come funzione del campo esistente nel momento in cui si compie
l‟azione,
6- la rappresentazione matematica della situazione psicologica (la persona concreta in una
situazione concreta, descritta mediante nozioni topologiche).
La formula della teoria di campo è:
C=f(P,A)
ovvero il campo (C), cioè la totalità dei fatti che determinano il comportamento di una persona in un
determinato momento è funzione dell‟interazione della persona (P) e dell‟ambiente (A).
Lewin raccomanda di identificare le dinamiche psicologiche e le forze sociali che rendono conto dei
vari comportamenti nei contesti in cui si producono.
IL POSTULATO DELL’ISOMORFISMO DI KOFFKA
Il postulato è stato formulato nel 1935 da Koffka afferma che:
esite identità strutturale tra il piano dell’esperienza diretta (piano
fenomenico) e quello dei processi fisiologici ad esso sottostanti.
Cioè, qualsiasi manifestazione del livello fenomenico (percezione,
pensiero, memoria, apprendimeno) trova un corrispettivo in processi
che, a livello cerebrale, presentano caratteristiche funzionalmente
identiche.
Ciò significa che:
se il nostro mondo fenomenico possiede una forma, una struttura, una dinamica dobbiamo
trovare, a livello del sistema nervoso centrale, una forma, una struttura, una dinamica che la
rispecchi;
se conosciamo le leggi che organizzano la nostra esperienza fenomenica necessariamente
conosciamo anche le leggi che operano tra fatti che avvengono nel cervello.
Questo atteggiamento ha due ordini di conseguenze:
tutte le scoperte sui fatti fisiologici che non siano in grado di "restituirci" il dato fenomenico
sono progressi di un sapere che, per quanto vicino, non è ancora di tipo psicologico,
il mondo, quello che così ci appare, su cui ragioniamo, che accettiamo o rifiutiamo, sia
riconducibile in tutti i suoi aspetti a un unico ordine coerente di principi.
LA PSICOLOGIA DEL PENSIERO – PROBLEM SOLVING E INSIGHT
La psicologia della Gestalt anche se sorta in relazione alla percezione (forma), elabora un impianto
teorico che si estende al pensiero, la memoria e l‟apprendimento, la dinamica della personalità, la
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psicologia sociale, l‟espressività e la psicologia dell‟arte, la psicologia genetica, la psicologia
animale, la patologia della personalità. Di particolare importanza ebbero gli studi di Kohler sugli
scimpanzé, ove dimostrò che esisteva una componente creativa del pensiero, discontinua,
richiamabile in caso di necessità a dover risolvere un problema, che permetteva di utilizzare degli
strumenti per risolvere il problema stesso.
Per molti psicologi, primi tra tutti i comportamentisti, l‟apprendimento, il pensiero, e i processi
problem solving si attuano mediante un processo cumulativo di nozioni e per tentativi ed errori. In
tale ottica l‟apprendimento ha carattere continuativo. Per i gestaltisti invece all‟occorrenza,
mediante l‟insight si colgono in maniera subitanea i nessi chiave della situazione, e mediante il
"pensiero produttivo" (che non segue procedimenti mnemonici nè è passivo) gli elementi del
problema si ristrutturano in una totalità significante funzionale alla soluzione del problema. In tale
ottica, l‟apprendimento ha carattere di discontinuità.
In una situazione che non presenta evidenti possibilità di ristrutturazione, in assenza di altre
strategie, il soggetto ricorrerà a quel repertorio di comportamenti che gli è già noto; la
"discontinuità" rispetto alle condizioni precedenti avviene solo quando le condizioni sono tali da
permettere il salto qualitativo richiesto. Per es, la scimmia con un bastone per prendere del cibo: nel
campo cognitivo della scimmia il bastone è presente anche prima che essa riesca a risolvere il
problema, ma quando lo utilizza per trarre a sé il cibo il valore del bastone è mutato; ora fa parte di
una nuova e più stabile organizzazione, non viene rappresentato come un qualsiasi oggetto per
giocare o battere, ma come quell‟unico oggetto che tra i presenti possegga la caratteristica di essere
funzionale ai fini della soluzione.
Lo stesso Wertheimer introduce il concetto di pensiero produttivo, ovvero di una situazione
creativa che va ad aggiungersi a delle cognizioni già acquisite per esperienza, mnemoniche, che
chiama pensiero bruto, per risolvere un problema.
LA PSICOLOGIA SOCIALE
Per elaborare una tecnica che permetta una rappresentazione di una situazione psicologica concreta,
Lewin si avvale della topologia, un filone della matematica che si interessa delle relazioni spaziali
in modo non metrico. Utilizzando il costrutto di "regione" si può rappresentare uno spazio grafico
racchiuso in un confine che può indicare situazioni di tipo psicologico.
La tesi è che una persona sia un‟unità articolata in regioni e che le regioni abbiano un diverso grado
a) di interdipendenza; b) di valenze positive o negative. Ciò consente una rappresentazione
simultanea e soddisfacente delle caratteristiche dell‟ambiente psicologico di un bambino, di un
adulto, ad ogni dato momento.
La persona viene intesa da Lewin come regione o insieme di sub-regioni interdipendenti con
l‟ambiente e non come entità separata (teoria del campo). Lewin fa uso "costrutti topologici" (la
topologia si interessa in modo non metrico a relazioni di tipo spaziale) per descrivere con
linguaggio universale situazioni dinamiche concrete, quali le caratteristiche dell‟ambiente
psicologico e delle strutture della persona :
costrutto "regione" (uno spazio racchiuso da un confine detto "barriera"): indica situazioni di
tipo psicologico (es "stare a leggere" o "stare al cinema").
per passare da una regione ad un‟altra bisogna effettuare uno spostamento psicologico
(locomozione) da un luogo a un altro superando varie regioni e relative barriere;
le situazioni, gli oggetti, le regioni possono inoltre godere di valenza positiva o negativa: la
spinta, favorevole o contraria, che sentiamo generarsi in situazioni a valenza positiva o
negativa, è descritta graficamente mediante un vettore la cui direzione, intensità e punto di
applicazione sono indicativi del tipo di tensione che si sta generando in quel momento.
La persona è il luogo in cui nascono tensioni più o meno consistenti, in grado di mutare l‟equilibrio
che può essere ristabilito solo mediante saturazione della valenza. La persona quindi è una sorta di
gerarchia di regioni alcune tra loro fortemente connesse e funzionalmente dipendenti, altre meno,
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altre infine solo debolmente o per niente collegate. E questa struttura muta nel tempo a seconda
dello sviluppo della persona, delle sue condizioni di salute mentale, e perfino dello stato generale
psico-fisico. La traduzione grafica delle differenze, degli spostamenti che intercorrono tra
l‟ambiente fisico e l‟ambiente psicologico, fra lo spazio fisico e quello non fisico (o ideologico) in
cui ci si muove in tutte le occasioni, compresa quella della soluzione dei problemi, può essere
descritta nei termini topologici e in termini di teoria di campo, per evidenziare le locomozioni
psicologiche che siglano il passaggio da una situazione o da un‟attività all‟altra. Lewin applica
questi presupposti nello studio della debolezza mentale e sottolinea come la ristrutturazione
improvvisa del campo possa essere causata sia da eventi semplici, compiti facili, sia da eventi
complessi, compiti difficili. Ciò porta ad affermare che proprietà fondamentali degli atti di
comprensione sono sempre presenti in ogni individuo. La differenza sta nel grado di articolazione,
nel tipo di strutture e nella facilità con cui cambiano. Un grado di articolazione rigido comunque
ostacola l‟atto intuitivo, sia nei normodotati che nei deboli di mente.
La psicologia dei gruppi è una logica estensione delle formulazioni riguardanti la persona e
l‟ambiente. Al di fuori di un soggetto, come parte dell‟ambiente, sono presente anche "altre
persone" in grado di generare un campo attorno a sé: variazioni nel comportamento altrui (del
campo generato dagli "altri) possono generare variazioni nel comportamento del soggetto. Si può
complicare lo schema e pensare al gruppo come una serie di interazioni tra regioni (individui)
ognuna in grado di generare vari tipi di campi. Si può pensare al caso di gruppi formati in maniera
non avventizia o contingente, a relazioni dinamiche piuttosto specifiche. A volte il gruppo è tanto
forte da divenire esso stesso una regione speciale in cui sono vietati o concessi comportamenti
diversi da quelli riscontrabili fuori del gruppo.
LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT NEGLI STATI UNITI
Acausa della persecuzione nazista, molti scienziati si trasferiscono in america, dove la psicologia
ufficiale nordamericana vive una piena fase di sviluppo del comportamentismo, completamente agli
antipodi:
Gestalt
privilegia l‟organizzazione e la globalità dei
fenomeni;
utilizza un metodo di tipo fenomenologico:
validità del dato "ingenuo" fornito dalla
realtà direttamente, così come viene
percepite;
approfondisce discussioni teoriche;
analizza variabili di ordine superiore,
complesse, globali;
si interessa di problemi di teoria della
conocenza (filo-filosofici) quali il pensiero e
la percezione.
Comportamentismo
bandisce ogni metodo non oggettivo in
senso di misurabile;
rifiuta il ricorso a entità come la
"coscienza";
è incerto sul grado di oggettività da
attribuire al resoconto verbale dei soggetti;
analizza variabili estremamente semplici
(molecolari) e rifugge da quelle di tipo
complesso (molari);
antiteoricista;
del comportamento studia prevalentemente
le modalità di apprendimento.
Kohler: "L’esperienza umana, nel suo significato fenomenologico, non può essere affrontata
neppure con i nostri metodi più attendibili: e quando abbiamo a che fare con essa, possiamo essere
costretti a formare nuovi concetti che a prima vista sembrano un po’ vaghi. La maggior parte degli
sperimentalisti [americani] perciò rifugge dall’osservare la scena fenomenica o perfino di riferirsi
ad essa. Eppure è questa la scena sulla quale, per ciò che riguarda gli attori, si svolge
continuamente il dramma della vita umana’ di ogni giorno. Se noi non studiamo mai questa scena,
ma insistiamo su metodi e concetti sviluppati in indagini "dall’esterno", i nostri risultati
sembreranno facilmente estranei a coloro che vivono intensamente dall’"interno" .
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La psicologia americana, fin dagli inizi, ha accettato temi e metodi della teoria della Gestalt solo
nell‟ambito della psicologia sociale, perchè:
il paradigma comportamentista è inefficace nei confronti della psicologia sociale in cui i
fenomeni sono complessi non analizzabili in senso sterettamente quantitativo;
i temi della psicologia sociale sono molto più "concreti" delle teoriche affermazioni generali
dei gestaltisti.
Cognitivismo e Gestalt
A partire più o meno dagli inizi degli anni „60, la riscoperta dei temi gestaltisti si è fatta più
consistente soprattutto con l‟affacciarsi alla ribalta di una nuova corrente: il cognitivismo. La
psicologia cognitivista nasce infatti con lo scopo di spiegare proprio quegli aspetti organizzati,
costruttivi, globali dei fenomeni psichici che sfuggivano al metodo rigidamente analitico-riduttivo
del comportamentismo. In questo quadro appare naturale un riavvicinamento o almeno una
rivisitazione dei temi e dei metodi gestaltisti.
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IL COMPORTAMENTISMO
Nasce agli inizi del „900 quando entra in crisi il funzionalismo di James e Thorndike, e si fa strada
un nuovo metodo basato sulla ricerca dei comportamenti osserrvabili. Inizialmente viene applicato
soprattutto agli animali. Si ha un tentativo di eliminare ogni speculazione, ogni ragionamento
astratto e di attenersi esclusivamente a fatti sperimentali. Il comportamentismo ufficialmente nasce
nel 1913 quando Watson pubblica un articolo sul rapporto tra comportamento e psicologia. Le fasi
del comportamentismo si dividono in:
1913-1930 fase del comportamentismo
classico (Watson);
1930-1950 fase del comportamentismo
operante (Skinner);
1950-1980 fase dell’apprendimento sociale
e dello studio del comportamento in
ambito sociale.
I concetti chiave si possono sintetizzare in:
rifiuto della coscienza. Si restringe il
campo d‟indagine al comportamento
osservabile cercando di utilizzare i
risultati ottenuti in diversi campi
(educazione, addestramento…), e
rifiuto deciso dell‟introspezione
wundtiana e dell‟insight perché in questo caso, l‟osservatore coincide con l‟osservato e
l‟oggetto dell‟osservazione è privato;
oggetto della P è la previsione ed il controllo del
comportamento, attraverso il metodo scientifico;
estendere lo studio effettuato sugli animali e
trasferire i risultati ottenuti all‟uomo.
Punto di partenza del comportamentismo è il
classico
dualismo
mente-corpo
-->
Il
comportamentismo sceglie il secondo polo - il corpo
- e, all‟interno di esso, si definisce l‟oggetto, il
comportamento. Il comportamentismo cambia
l‟oggetto di studio della psicologia, che da "psiche
(anima)" passa a "comportamento osservabile",
arrivando a negare la rilevanza della. In altre parole
l‟oggetto "psiche" viene esplicitato nei "contenuti psicologici" (emozione, abitudine,
apprendimento, personalità, ecc.) e per essi si propone lo studio attraverso la loro
manifestazione osservabile nei termini di comportamenti emotivi, comportamenti abitudinari,
comportamenti d‟apprendimento, comportamenti costitutivi della personalità, ecc.
Il comportamento è stato inteso dagli stessi comportamentismi ora in un modo ora in un altro:
il movimento molecolare, del tipo delle contrazioni muscolari, (originaria definizione di
Watson);
attività nervosa, (riduzionismo: psicologia ridotta a neurologia);
movimento molare (cioè irriducibile alle sue componenti);
movimento molare con un effetto sull‟ambiente;
comportamento molare diretto verso uno scopo;
azione umana.
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I comportamentisti hanno optato per il "corpo-esibente un comportamento" perchè il
comportamento appare osservabile in maniera più scientifica della psiche.
Nel privilegiare il comportamento, la relazione comportamento-mente può essere intesa in
diversi modi:
un parallelismo psicocomportamentale: ogni evento psichico ha un suo
corrispettivo comportamentale; --> il comportamentismo si giustifica sul piano
metodologico (data l‟equivalenza, è meglio studiare il polo più facilmente
osservabile),
una priorità del comportamento, da cui si originano in un secondo tempo i
fenomeni psichici (ad esempio, il pensiero si genera dall‟azione, il livello
motivazionale è provocato dalle contingenze esterne di rinforzo, ecc.). -->il
comportamentismo si giustifica sia sul piano metodologico che sul piano dei
contenuti.
Nei comportamentisti c‟è l‟esigenza di una psicologia che da un lato sia capace di risolvere i
grandi problemi incontrati dall‟uomo di fronte alla macchina e all‟urbanesimo, e dall‟altro
rispettosa di taluni valori tipici dell‟american way of life. Diversi psicologi hanno fatto
l‟implicita dentificazione fra metodo sperimentale e comportamentismo metodologico. Il
comportamentista si è lasciato guidare dai risultati della sua ricerca piuttosto che dalle
assunzioni filosofiche dei suoi capiscuola. I movimenti che ebbero influenza sul
comportamentismo:
Il funzionalismo (Watson nasce nel contesto del movimento funzionalistico):
influì per gli aspetti quali:la biologia darwiniana, l‟idea che l‟uomo è un animale che
reagisce all‟ambiente, e lo spostamento dell‟attenzione dalla natura della coscienza ai
processi adattivi che essa esibisce,
la scuola russa (Secenòv, B‟echterev, Pavlov).
Elemento distitivo del comportamentismo fu lo studio della psicologia animale. Era plausibile
fare ricerca psicologica anche con gli animali perché l‟evoluzionismo darwiniano aveva chiarito
che fra l‟uomo e le altre specie animali non vi era una differenza radicale, tale per cui l‟uomo ha
un‟anima e gli animali no. E ciò è vantaggioso perché: si può a) studiare taluni eventi in
organismi meno complessi; b) controllare variabili; c) tenere sotto controllo l‟influenza
dell‟esperienza passata; d)libertà nelle procedure (sperimentazioni lunghe e stressanti,
disponibilità del soggetto all‟ora e nell‟ambiente desiderato, ecc.); e) manipolabilità
dell‟organismo (danneggiamento delle funzioni sensoriali, operazioni chirurgiche, ecc.).
JHON B.WATSON
Il comportamentismo nasce ufficialmente nel
1913 nel Nord America, anno in cui Watson
pubblica l‟articolo "La psicologia così come la
vede un comportamentista". Watson era stato il
primo dottore in psicologia dell‟università di
Chicago 1903, presso la cui sede stava
delineandosi il funzionalismo. Benché non sia
facile ritrovare delle coordinate precise
dell‟orientamento funzionalistico si può dire che
esso influì ampiamente sul comportamentismo,
sia accogliendo decisamente la biologia
darwiniana, sia spostando l‟attenzione dalla
natura della coscienza ai processi adattivi che
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essa esibisce, sia per l‟idea che «l‟uomo è un animale che reagisce nell‟ambiente», sia per la fiducia
nelle grandi capacità conoscitive e nelle potenzialità applicative della psicologia.
Nel saggio di Watson è evidente l‟influenza esercitata sul
comportamentismo dalla sperimentazione sugli animali. Dà
un impulso decisivo alla preparazione di apparati di
laboratorio (il labirinto a T e la gabbia) adatti per la
sperimentazione animale.
Watson ha specificato differentemente l‟oggetto della
psicologia, il comportamento è stato esplicitato nei termini di
“adattamento dell’organismo all’ambiente”, “contrazioni
muscolari”, “insieme integrato di movimenti”, “azioni”.
L‟unità d‟osservazione psicologica è per Watson il
comportamento nel senso di azione manifestata
dall‟organismo, nella sua interezza. Il suo “molecolarismo”
o “riduzionismo” stanno a significare l‟idea che quei
comportamenti non sono altro che la combinazione di
reazioni più semplici, di molecole costituite da singoli
movimenti fisici che in quanto tali sono studiati dalla
fisiologia e dalla medicina. I principi a cui Watson fa
principale riferimento sono la frequenza, la recenza e il
condizionamento. I principi dela frequenza e delle recenza
ci dicono che tanto più spesso o più recentemente
un‟associazione si è verificata, con maggiore probabilità si
verificherà.
Il condizionamento comincia ad occupare un posto centrale
nella teoria comportamentista,verso il 1916. Watson appare
influenzato non solo da Pavlov, ma anche dai riflessuologi
russi in particolare Secenov, che già verso il 1960 avevano
affermato che gli atti della vita cosciente ed inconscia non sono altro che riflessi. Il principio del
condizionamento parte dalla constatazione che nell‟organismo esistono risposte incondizionate a
determinate situazioni. Ad esempio un organismo affamato che riceve del cibo sicuramente reagirà
salivando. Il cibo è chiamato stimolo incondizionato, cioè evento che si produce nell‟ambiente e che
provoca incondizionatamente una determinata risposta nell‟organismo. Altri stimoli che siano stati
associati allo stimolo incondizionato provocheranno pure essi la reazione incondizionata, pur non
avendo per se stessi alcuna relazione con essa.
Si ipotizzava che i comportamenti complessi esibiti dall‟uomo potessero essere il risultato di una
lunga storia di condizionamenti. Per questo motivo, per Watson assunse particolare importanza lo
studio dell‟apprendimento a cominciare dalle prime
acquisizioni infantili. Uno studio assai noto di
apprendimento delle emozioni è il caso del piccolo
Albert che Watson studiò. Albert giocava
piacevolmente con un topolino allorché gli venne fatto
sentire alle sue spalle un violento rumore. Da quel
momento, il bambino manifestò una grande paura sia
per i topi, sia per altri animali e oggetti pelosi. Il
rumore era uno stimolo incondizionato in grado di
provocare per sé una risposta di paura; la sua
associazione con un altro stimolo (il topolino) faceva
sì che il bambino fosse condizionato ad avere paura
anche del topolino e anche per altri oggetti aventi caratteristiche simili. Nell‟analizzare le emozioni,
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Watson esprimeva l‟idea che la paura, la rabbia, e l’amore siano le emozioni elementari e si
definiscano sulla base delle stimoli ambientali che le provocano. A partire da quelle emozioni si
costruirebbero le altre emozioni. Per Watson, le stesse leggi che regolano l‟apprendimento emotivo
erano alla base delle altre acquisizioni e in particolare delle cosiddette abitudini. La proposta era
quella di negare reale esistenza al pensiero e assimilarlo direttamente al linguaggio. Per Watson, il
linguaggio veniva acquisito per condizionamento e l‟attività di pensiero era il risultato degli
apprendimenti comunicativi. Quidi:
(A)Formazione del linguaggio:
il linguaggio viene acquisito per condizionamento: il bambino sente associare ad un oggetto il suo
nome e di conseguenza il nome finisce per evocare la stessa risposta evocata dall‟oggetto;
(B)Formazione del pensiero:
progressivamente all‟intero sistema di movimenti (delle corde vocali, ecc.) che provocano
l‟emissione del suono-parola può sostituirsi una parte di movimenti, per cui la parola viene solo
pronunciata sotto voce, oppure muovendo silenziosamente le labbra, oppure mediante semplici
"abitudini laringiche". ---> il pensiero è così riconducibile ad un insieme di abitudini laringiche.
---> l‟attività di pensiero è un risultato degli apprendimenti comunicativi (che non si esauriscono
nel linguaggio verbale, ma posono includere altre
forme di comportamento: ad esempio, l‟atto di alzare
le spalle) e non ha per se stesso rilevanza e interesse
conoscitivo.
Nel 1925, nel suo libro “Behaviorism”, Watson
giunse ad affermare che il neonato ha un repertorio
di reazioni estremamente limitato, quali riflessi,
reazioni posturali, motorie e muscolari, ma tali
reazioni interessano il corpo e non sono tratti mentali.
Il bambino nasce senza istinto, intelligenza o altre doti
innate e sarà solo l‟esperienza successiva a
caratterizzare la sua formazione psicologica. Watson
in questo modo assumeva una posizione egualitaristica (gli uomini nascono tutti uguali) e fiduciosa
di poter influenzare lo sviluppo del soggetto controllando le esperienze cui viene sottoposto.
Secondo questa posizione l‟uomo era dunque totalmente il prodotto delle sue esperienze.
Conseguentemente, assumeva importanza centrale lo studio dell‟apprendimento, cioè della maniera
in cui l‟uomo acquisisce, attraverso l‟esperienza, un repertorio di comportamenti motori, verbali,
sociali ecc. che verranno poi ad essere gli elementi costitutivi della sua personalità complessiva
nell‟ambiente e che provocano incondizionatamente una determinata risposta nell‟organismo.
THORNDIKE
Thorndike decide di dimostrare le sue teorie con l‟osservazione degli animali attraverso esperimenti
rigorosi ed accuratamente progettati. Egli rinchiudeva gli animali (pulcini, cani e gatti) in delle
gabbie da cui dovevano uscire. T. dava dei motivi validi per uscire, cani e gatti erano lasciati a
digiuno per molte ore prima dell‟esperimento per far sì che essi avessero fame e metteva all‟esterno
delle gabbie del cibo. Per i pulcini,dato che non resistono molto senza mangiare, si contava sul loro
senso di socialità e sul fatto che non amano la solitudine e metteva all‟esterno della gabbia altri
pulcini. Le gabbie possedevano dei particolari congegni d‟apertura (meccanismi per aprire) che
l‟animale dall‟interno poteva far scattare solo se indovinava l‟azione giusta. Per es. Ruotare una
barretta, tirare una cordicella, premere un bottone. Per questo le gabbie vengono chiamate puzzle
box (gabbie rompicapo). T. inseriva un gatto all‟interno della gabbia e ne osservava il
comportamento. Inizialmente i gatti erano molto nervosi movendosi in modo scoordinato,
saltavano, graffiavano e infilavano le zampe tra le sbarre della gabbia e prima o poi, casualmente,
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facevano l‟azione giusta in modo da poter uscire. Egli ripeteva lo stesso esperimento con lo stesso
animale più volte, fino a quando aveva appreso il comportamento corretto. Ogni volta T. calcolava
il tempo che l‟animale aveva utilizzato per uscire dalla gabbia e da queste informazioni ricavava dei
grafici chiamati “curve di apprendimento”. In queste curve sull‟asse delle ascisse troviamo il
numero delle prove effettuate mentre sull‟asse delle ordinate troviamo il tempo impiegato
dall‟animale per uscire dalla gabbia. Inizialmente il tempo varia continuamente ma solo dopo un
certo numero di prove decresce in modo continuativo fino a diventare costante. Questo dimostra che
l‟animale non afferra immediatamente la soluzione, per cui non c‟è un processo di insight, ma
procede per tentativi ed errori finché non memorizza il comportamento corretto. T. pensava che
l‟animale messo nel puzzle box attivava diversi comportamenti ed inizialmente avevano la stessa
probabilità di essere utilizzati. Col passare del tempo l‟animale memorizzava e metteva in essere
solo quelli che servivano per uscire dalla gabbia (stamping in); viceversa tutti quei comportamenti
che non servivano per uscire dalla gabbia non vengono più attuati (stamping out).
Thorndike concluse che l‟apprendimento si verificava gradualmente, attraverso una serie di
"tentativi ed errori", che portava al consolidamento delle reazioni dell‟organismo che erano state
ricompensate (legge dell’effetto). Secondo questa legge, un‟azione accompagnata o seguita da uno
stato di soddisfazione tenderà a ripresentarsi più spesso. Un‟azione seguita da uno stato di
insoddisfazione tenderà a ripresentarsi meno spesso". --> se questa legge spiega le nostre
osservazioni ed è in grado di predire quello che probabilmente faremo in futuro, non c‟è motivo per
sostituirla con un‟altra.
La legge dell‟effetto sottintende le seguenti convinzioni:
il carattere adattivo e utilitaristico dell’azione umana, il cui manifestarsi è legato a
possibilità di venire ricompensati;
l‟apprendimento è graduale (col passare delle prove, il tempo necessario ad un gatto
per uscire da una gabbia decresceva regolarmente e gradualmente, senza brusche
cadute).
TOLMAN
Tolman si discosta dalla maggior parte dei
comportamentisti, Ma di essi egli ha
tuttavia adottato la metodologia e il punto di
partenza: il comportamento.
Tenta di specificare meglio l‟oggetto
psicologico: mentre Watson ha una
posizione "molecolaristica", che scompone
il "comportamento" negli elementi costituiti
da "contrazioni muscolari" e che rimanda
allo studio alla fisiologia, Tolman ha una
posizione "molaristica", ritenendo che il
comportamento possiede uno "specifico
psicologico" irriducibile (non scomponibile
in componenti semplici), cioè è dotato di
proprietà emergenti con la precisazione che
tale specifico psicologico non è di natura psichica, ma di natura comportamentale.
Predicato dell’intenzionalità (o comportamentismo intenzionale): Tolman afferma che lo scopo è
descrittivamente presente, quando è presente almeno una delle seguenti condizioni in rapporto
all‟oggetto-meta, cioè allo scopo dell‟azione:
la costanza dell‟oggetto-meta a dispetto delle variazioni nell‟adattamento agli ostacoli
intervenienti;
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la variazione nella direzione finale corrispondente alle posizioni differenti dell‟oggettometa;
la cessazione dell‟attività quando un determmato oggetto-meta è tolto.
In altre parole, la descrizione del comportamento diventerebbe insoddisfacente, se non si facesse
riferimento ad un oggetto-meta. Con Tolman si abbandona l‟idelae per cui dato lo stimolo S, si
verifica sempre la risposta R:
R = f (S)
per passare alla convinzione che S può provocare risposte diverse, Rl, R2, H3 ...Rn, a secondo
di una variabile I (=interveniente) che interviene tra S e R:
R=f(I x S)
I può avere caratteristiche di necessità o di cognizione. Successivamente I farà riferimento
all‟intera personalità.
HULL
Nel tentativo di dare un‟interpretazione logica e matematica presente nelle scienze fisiche, Hull
costruisce una teoria ipotetico-deduttiva (1943) formata partendo da definizioni, postulati,
corollari e teoremi ed equazioni.
Tale teoria si fonda su:
il comportamentismo molecolare (Watson);
la ricompensa costituisce un requisito fondamentale dell‟apprendimento (Thorndike);
le variabili intervenienti (Tolman);
il principio del condizionamento classico.
Tale teoria consente di fare previsioni sul comportamento relativamente a:
la direzione
gli aspetti qualitativi (rispondere al telefono)
gli aspetti quantitativi (quanto tempo impiegherò), attraverso equazioni sofisticate.
Tale teoria si limita a poche situazioni sperimentali (topi).
SKINNER
La variante del comportamentismo formulata da Skinner è detta radicale per i seguenti motivi:
Il comportamento deve essere studiato in quanto tale, senza riferirsi ai processi
fisiologici da cui è generato. Di questi ultimi si occupa la biologia e non la psicologia.
Tutto il comportamento, incluso quello umano, può essere
spiegato col comportamentismo radicale.
Il comportamento è completamente determinato dalla storia personale (niente “volontà”
o “libero arbitrio”).
In queste affermazioni Skinner segue Watson abbastanza da vicino, ma il suo comportamentismo è
molto più raffinato. In particolare, Skinner non esclude gli stati interni dalla sua analisi, e non è un
semplice teorico stimolo-risposta. Skinner chiama la sua scienza “analisi sperimentale del
comportamento”. Per Skinner “spiegare”un comportamento significa identificare ed esser capaci di
controllare tutte le influenze che determinano la comparsa del comportamento. L‟organismo è
concepito come “luogo” in cui l‟interazione di variabili indipendenti (stimoli o altro) produce la
variabile dipendente del comportamento. L‟analisi di queste variabili e delle loro interazioni è lo
scopo della psicologia skinneriana.
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Il contributo di Skinner ai metodi della psicologia sperimentale è
cruciale. Introduce la “camera operante”, o Skinner box. In essa
l‟animale è libero di fare quello che vuole e il comportamento può
essere registrato continuamente e automaticamente. Allo stesso
tempo, è un ambiente semplice e completamente controllabile dal
ricercatore. Ci`o che viene controllato sono le condizioni in base
alle quali l‟animale riceve rinforzi. Skinner investiga
comportamento e apprendimento in relazione al comportamento
“operante” (in quanto “opera” sull‟ambiente). Per Skinner tali
comportamenti (p.es. premere la leva da parte del gatto di
Thorndike) sono semplicemente compiuti di quando in quando,
spontaneamente. La
probabilità che un
certo operante sia
“emesso” può venir
cambiata da eventi
“rinforzanti” (questa proprietà definisce il rinforzo
secondo Skinner). Lo studio del comportamento
operante richiede quindi lo studio di tre elementi: la
situazione in cui il comportamento è emesso
(stimolo), il comportamento stesso, e il rinforzo.
Skinner vede quindi l‟apprendimento in modo
analogo all‟evoluzione darwiniana: le varianti
spontanee del comportamento (i diversi “operanti”)
corrispondono alla generazione di variazione
genetica nelle specie. Il rinforzo agisce in modo
simile alla soluzione naturale, aumentando o
diminuendo la probabilità che un operante
“sopravviva” nel comportamento futuro. Come
Darwin aveva eliminato il concetto di “scopo” dal
comportamento, così Skinner lo elimina dalla sua
psicologia: il comportamento esistente è
semplicemente il prodotto della selezione operata
dai rinforzi ricevuti nell‟arco della vita. L‟analisi
che Skinner fa dell‟apprendimento operante si
differenzia da una visione stimolo-risposta in almeno tre punti:
1) Primo, lo stimolo non causa il comportamento. Lo stimolo permette all‟animale di distinguere
una situazione in cui un rinforzo è certo o probabile da una situazione non rinforzata. L‟animale usa
questa informazione per emettere l‟operante opportuno.
2) Secondo, secondo Skinner non tutte le variabili indipendenti (cause del comportamento)
sono stimoli. Per esempio, non considera la fame uno stimolo, ma semplicemente una variabile
(definita empiricamente dalla deprivazione di cibo) in grado di influenzare il comportamento. Per
Skinner, la connessione tra variabile e comportamento, una volta dimostrata, non necessita di essere
ulteriormente “spiegata” col ricorso a processi interni.
3) Il terzo punto in cui Skinner si discosta dall‟analisi watsoniana del comportamento riguarda la
definizione stessa di comportamento. Per Watson la descrizione adeguata del comportamento era in
termini di risposte muscolari. Per Skinner, un “operante” descrive una classe di comportamenti
accomunati dal loro significato funzionale, non dal fatto di essere simili in termini di contrazioni
muscolari. Per esempio, la pressione della leva da parte del gatto di Thorndike può essere effettuata
in modi di volta in volta diversi, ma è sempre lo stesso “operante”. Similmente, lo stesso
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comportamento muscolare può appartenere a diversi operanti, a seconda del suo significato nel
contesto. Skinner propone di usare i risultati dell‟analisi sperimentale del comportamento per
migliorare la società. Poiché vede le cause del comportamento nell‟ambiente, non attribuisce nè
colpe nè meriti alle persone. Una “tecnologia del comportamento” va invece sviluppata per
rinforzare i comportamenti desiderabili. Per Skinner questo è un approccio razionale migliore che
non lasciare la società in mano ad antiquati concetti quali libertà, dignità, valori, morale. Per queste
sue idee Skinner fu criticato ferocemente, spesso in maniera infondata (non era un totalitarista,
proponeva di usare solo il rinforzo positivo, le sue figlie sono cresciute normalmente e non si sono
suicidate come si è detto).
APPRENDIMENTO SOCIALE
Un primo contributo significativo del comportamentismo alla problematiche sociali fu uno studio di
Miller e Dollard (1939) sull‟aggressività, che presupporrebbe la presenza di una frustrazione (si è
però visto successivamente che ogni sentimento negativo predispone all‟aggressività e addirittura
ogni tipo di eccitazione, non importa a cosa sia dovuta).
Anche Bandura si è occupato di aggressività (ma più tardi, negli anni „60): l‟assistere a
comportamenti violenti (per esempio su una bambola chiamata Bobo Doll) determinava nei
bambini un apprendimento che sfociava in comportamenti violenti di fonte ad una situazione
stressante (dei bei giocattoli prima dati e poi tolti). L‟influenza dell‟ambiente è anche e soprattutto
influenza degli altri, per cui ci si poteva aspettare che il comportamentismo contribuisse in modo
importante alla psicologia sociale.
I teorici dell‟apprendimento sociale come Bandura sostengono che non c‟è bisogno di rinforzo, ma
basta osservare, essendoci una tendenza ad imitare persone attraenti e rilevanti (apprendimento per
imitazione sociale). Così basterebbe vedere genitori violenti, o anche solo programmi televisivi
violenti, per aumentare la probabilità di avere comportamenti violenti. I rinforzi intermittenti
sarebbero i più efficaci per mantenere comportamenti aggressivi. I rinforzi non agirebbero tanto
nell‟acquisire le risposte ma nel mantenerle e nell‟aumentare la loro forza. I rinforzi possono
incentivare le risposte ma anche inibirne altre apprese precedentemente. Nell‟apprendimento sono
particolarmente importanti le emozioni. Infine si ammette che un comportamento sbagliato può
derivare, invece che dall‟aver appreso risposte sbagliate, da una carenza di apprendimenti sociali.
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LA PSICOANALISI
Il termine psicoanalisi compare nel 1896 e sostituisce altri termini usati da Freud (“analisi ipnotica”,
“analisi psichica”, “analisi”, per la conoscenza e il trattamento di determinati disturbi psichici, in
particolare l‟isteria. Per giustificare questa pratica terapeutica, viene costruita una teoria unitaria che
spiega i fenomeni patologici. Essa viene poi usata per spiegare anche il comportamento normale e
poi anche applicata a settori affini, come la creazione artistica, la linguistica e l‟antropologia.
Pertanto la psicoanalisi può essere intesa come:
una tecnica terapeutica nella quale una relazione, quella del paziente con l‟analista, aiuta il
paziente a trovare un assetto psichico migliore,
una impostazione teorica, un metodo che partendo dai fenomeni osservati nelle
psicoterapie ha qualcosa da dire in altri campi (arte, religione, antropologia, linguistica, …).
Oggetto della psicoanalisi è l’inconscio che condiziona l‟intero funzionamento psichico e che non
può essere relegato a una cieca forza biologica e istintuale. L‟inconscio è a tutti gli effetti un mondo
dotato di senso. Durante la psicoanalisi, il terapeuta non mette qualcosa di suo ma aiuta il soggetto a
riappropriarsi di quella parte di se che c‟è già, ma è dimenticata e quando appare sembra priva di
senso. Antiche relazioni affettive vengono rivissute con tutta la loro carica emotiva nella relazione
psicoanalitica (traslate nel tempo e nel luogo, da cui transfert o traslazione). La permanenza di
ricordi molto antichi e della loro carica emotiva lascia pensare che i contenuti memorizzati
nell‟inconscio non vengono dimenticati col tempo. In psicoanalisi ci sono due aspetti chiave:
poiché l‟inconscio sta sotto al conscio, nel modello psicoanalitico, allora la centralità
dell‟inconscio comporta che psicoanalisi sia la psicologia del profondo;
poiché l‟incontro tra conscio e inconscio è uno scontro che produce un cambiamento nelle
strutture psichiche e nel comportamento, la psicoanalisi è una psicologia dinamica.
FREUD
Sigmund Freud (Příbor, 6 maggio 1856 – Londra, 23 settembre 1939) è stato un neurologo,
psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della
moderna psicologia. Ha elaborato la teoria dell‟iceberg, secondo la quale l‟inconscio governa il
comportamento e il pensiero degli esseri umani e delle interazioni tra individui. Nella psicoanalisi
l‟impulso sessuale e le sue relazioni con l‟inconscio sono alla base dei processi interpretativi. Molti
dissensi con Freud, e quindi la nascita di indirizzi alternativi (Adler, Jung e altri) nasce dalla
contestazione di un ruolo riconosciuto da Freud alla sessualità ritenuto eccessivo. In un primo
momento si dedicò allo studio dell‟ipnosi (sviluppò assieme a Breuer il metodo catartico che
vedeva l‟uso dell‟ipnosi, e la possibilità di aiutare il paziente a ricordare esperienze particolarmente
dolorose ritenute la causa della nevrosi) e dei suoi effetti nella cura di pazienti psicolabili,
influenzato dagli studi di Josef Breuer sull‟isteria, in particolare dal caso Anna O. (ossia Bertha
Pappenheim, futura fondatrice dei movimenti di assistenza sociale e di emancipazione femminile),
al quale si interessò sulla base delle considerazioni di Charcot che individuava nell‟isteria un
disturbo della psiche e non già una simulazione come ritenuto fino ad allora. Dalle difficoltà
incontrate da Breuer nel caso, Freud costruì progressivamente alcuni principi basilari della
psicoanalisi relativi alle relazioni medico-paziente: la resistenza e il transfert. Di questo periodo
furono anche le intuizioni che formano il nucleo della psicoanalisi: il metodo di indagine mediante
l‟analisi di associazioni libere, lapsus (da cui appunto il lapsus), atti involontari e l‟interpretazione
dei sogni.
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I sogni, proposti come "la via regia che conduce all‟inconscio", sono gli indizi migliori per la
comprensione della nostra vita inconscia e ne
L’interpretazione dei
sogni,
Freud sviluppò
l‟argomento dell‟esistenza dell‟inconscio e descrisse
una tecnica per accedervi. Il preconscio venne descritto
come uno strato a cui si può accedere con meno sforzo,
in quanto interposto tra il conscio e l‟inconscio (il
termine subcosciente, benché usato popolarmente, non
fa parte della terminologia psicoanalitica). Anche se
molti aderiscono ancora alla concezione razionalista e
positivista, è ormai comunemente accettato, anche da
coloro che rifiutano altre parti delle teorie di Freud, che
l‟inconscio è una parte della mente e che parte dei
comportamenti possono avere luogo senza il controllo
della coscienza. Elemento cruciale del funzionamento
dell‟inconscio è la rimozione. Secondo Freud, spesso i
pensieri e le esperienze sono così dolorosi che la gente
non può sopportarli. Tali pensieri ed esperienze, e i
ricordi associati, ha argomentato Freud, sono banditi
dalla mente, ma potrebbero essere banditi anche dalla
coscienza. In questo modo costituiscono l‟inconscio.
Benché Freud più tardi tentasse di trovare strutture di rimozione tra i suoi pazienti per derivare un
modello generale della mente, egli ha anche osservato una differenziazione tra i singoli pazienti
dovuta alla rimozione di pensieri ed esperienze diverse. Freud ha osservato, inoltre, che il processo
di rimozione è in sé un atto non-cosciente (cioè non si presenta con pensieri o sensazioni dipendenti
dalla volontà). Freud ha supposto, insomma, che ciò che viene rimosso è in parte determinato
dall‟inconscio. L’inconscio, per Freud, era sia causa che effetto della rimozione. Freud ha
cercato di spiegare come il subconscio opera e ne propose una particolare struttura. Egli ha proposto
una suddivisione del subconscio in tre parti: Id, Ego ("Ich" in tedesco o "Io" in italiano) e Superego
("Überich" in tedesco, "Super-Io" in italiano). L’Id (= latino, = it in inglese, = es in tedesco) viene
rappresentato come il processo di identificazione–soddisfazione dei bisogni di tipo primitivo. Il
Superego rappresenta la coscienza e si oppone all‟Id con la morale e l‟etica. L’Ego (Ich) si
frappone tra Id e Superego sia per bilanciare le istanze di soddisfazione dei bisogni primitivi, sia le
spinte contrarie derivanti dalle nostre opinioni morali ed etiche. Un Ego ben strutturato garantisce la
capacità di adattarsi alla realtà e di interagire con il mondo esterno, soddisfacendo le istanze dell‟Id
e del Superego. Freud era particolarmente interessato al rapporto dinamico tra queste tre parti della
mente, argomentando che la dinamica fosse
governata da comportamenti innati, ma ha anche
asserito che il rapporto dinamico mutasse col
cambiare del contesto dei rapporti sociali. Ha
creduto che gli esseri umani fossero guidati da due
comportamenti istintivi: dalla libido (Eros) e
dall‟istinto di morte (Thanatos). La descrizione di
Freud della libido comprende la creatività e gli
istinti. L‟istinto di morte è definito come un
comportamento istintivo finalizzato alla creazione di
una condizione di calma, o non-esistenza, ed è
ricavato dai suoi studi sui protozoi. Freud credeva
anche che la libido si sviluppasse negli individui cambiando il suo oggetto. Egli ha argomentato che
gli esseri umani nascessero "polimorficamente perversi", volendo con ciò significare che qualsiasi
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oggetto potrebbe essere una sorgente di piacere. Egli più avanti ha argomentato che gli esseri umani
si sono sviluppati in differenti stadi di sviluppo identificati nella fase orale (piacere del neonato
nell‟allattamento), quindi nella fase anale (esemplificato dal piacere del bambino nel controllo della
defecazione) e ancora nella fase genitale, che a sua volta comprende la fase fallica. Freud arguisce
che i bambini passino a uno stadio nel quale si identificano sul genitore di sesso opposto, mentre il
genitore dello stesso sesso viene visto come un rivale. Freud ha cercato di inquadrare questa
struttura di sviluppo nel dinamismo mentale. Ogni stadio è una progressione della maturità sessuale,
caratterizzata da un ego più forte e dalla capacità di ritardare la soddisfazione dei bisogni (principio
di piacere e principio di realtà). Cercò di dimostrare che il suo modello, basato soprattutto sulle
osservazioni della borghesia viennese, fosse universalmente valido. Ha per questo orientato i suoi
studi verso la mitologia antica e l‟etnografia del suo tempo per trovare materiale comparativo.
Freud ha utilizzato la tragedia greca Edipo Re di Sofocle per precisare che, soprattutto negli
adolescenti, è presente il desiderio dell‟incesto e contemporaneamente la necessità di reprimere quel
desiderio. Il complesso di Edipo è stato descritto come una condizione dello sviluppo e della
consapevolezza psicosessuale.
Egli sperava che le sue ricerche fornissero una solida base scientifica per le sue tecniche
terapeutiche. L‟obiettivo della terapia psicoanalitica (psicoanalisi), era di portare allo stato cosciente
i pensieri repressi/rimossi, rafforzando così il proprio ego. Per portare i pensieri inconsci al livello
della coscienza, il metodo classico prevede delle sedute in cui il paziente, è invitato ad effettuare
delle associazioni libere ed a descrivere i suoi sogni. Un altro elemento importante della
psicoanalisi è l‟assunzione, da parte dell‟analista, di un atteggiamento distaccato durante l‟analisi,
che permette al paziente di proiettare i pensieri e le sensazioni sull‟analista. Con questo processo,
chiamato transfert, il paziente può riesumare e risolvere i conflitti rimossi, particolarmente quelli
infantili e quelli con i suoi genitori.
La teoria e la pratica freudiana sono state messe in discussione dalla mancanza di successive
validazioni scientifiche. Alcuni continuano a praticare la psicoanalisi tradizionale freudiana, ma la
maggior parte degli psichiatri attuali rifiutano gran parte del lavoro di Freud in quanto non sarebbe
confermato da prove evidenti o da studi sufficienti. Benché Freud sviluppasse il suo metodo per il
solo trattamento delle nevrosi, c‟è chi oggi utilizza la psicoanalisi non come una cura per una
malattia, ma come parte di un processo di analisi introspettiva. Nel suo ultimo libro, "Compendio di
psicoanalisi", scritto sul letto di morte, Freud individua i pilastri della psicoanalisi nel complesso
edipico, nella teoria della rimozione e nella sessualità infantile.
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L’EPISTEMOLOGIA DI PIAGET
Jean Piaget (Neuchâtel, 9 agosto 1896 – Ginevra, 16
settembre 1980) è stato uno psicologo e pedagogista
svizzero.
È
considerato
il
fondatore
dell’epistemologia genetica, ovvero dello studio
sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi
legati alla costruzione della conoscenza nel corso
dello sviluppo ontogenetico. Piaget dimostrò
innanzitutto l‟esistenza di una differenza qualitativa
tra le modalità di pensiero del bambino e quelle
dell‟adulto e, successivamente, che il concetto di
capacità cognitiva, e quindi di intelligenza, è
strettamente legato alla capacità di adattamento
all‟ambiente sociale e fisico.
Secondo Piaget i due processi che caratterizzano
l‟adattamento
sono
l’assimilazione
e
l’accomodamento che si avvicendano durante
l‟intero sviluppo.
L‟assimilazione consiste nell‟incorporazione di un
evento o di un oggetto in uno schema
comportamentale o cognitivo già acquisito. In
pratica il bambino utilizza un oggetto per effettuare
un‟attività che fa già parte del suo repertorio
motorio o decodifica un evento in base a elementi
che gli sono già noti (l‟esempio è il caso di un
bambino di pochi mesi che afferra un oggetto nuovo
e lo porta alla bocca, l‟afferrare e il portare alla
bocca sono movimenti già acquisiti che vengono
però applicati ad un nuovo oggetto).
L‟accomodamento consiste nella modifica della
struttura cognitiva o dello schema comportamentale
per accogliere nuovi oggetti o eventi che fino a quel momento erano ignoti (nel caso del bambino
precedente se l‟oggetto è difficile da afferrare dovrà per esempio modificare la modalità di presa).
I due processi si alternano alla costante ricerca di un equilibrio fluttuante (omeostasi) ovvero di una
forma di controllo del mondo esterno. Quando una nuova informazione non risulta immediatamente
interpretabile in base agli schemi esistenti il soggetto entra in uno stato di disequilibrio e cerca di
trovare un nuovo equilibrio modificando i suoi schemi cognitivi incorporandovi le nuove
conoscenze acquisite.
LE FASI DELLO SVILUPPO COGNITIVO
Nei suoi studi sull‟età evolutiva Piaget notò che vi erano momenti dello sviluppo nei quali
prevaleva l‟assimilazione, momenti nei quali prevaleva l‟accomodamento e momenti di relativo
equilibrio. Ancor più, individuò delle differenze strutturali nel modo con il quale, nelle sue diverse
età, l‟individuo si accosta alla realtà esterna e ai problemi di adattamento che essa pone. Sviluppò
così una distinzione delle fasi dello sviluppo cognitivo individuando 4 periodi fondamentali dello
stesso.
Fase senso-motoria. Dalla nascita ai 2 anni circa. Come suggerisce il nome, il bambino utilizza i
sensi e le abilità motorie per esplorare e relazionarsi con ciò che lo circonda, evolvendo
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gradualmente dalla fase (sottostadio) dei meri riflessi a quella dell‟inizio della simbolizzazione,
passando attraverso periodi intermedi di utilizzazione di schemi senso-motori via via più complessi.
Fase pre-operatoria. Dai 2 ai 7 anni. In questa fase
l‟atteggiamento del bambino è ancora molto
"egocentrico", ovvero si rappresenta le cose solo dal
proprio punto di vista. Per cui ad esempio spiegherà
che "l‟erba cresce così, quando io cado, non mi
faccio male". Crede che tutti la pensino come lui e
che capiscano i suoi pensieri; tipicamente se
racconta una storia lo farà in modo che un
ascoltatore che non conosce la storia non capirà
nulla. Il bambino è in grado di fingere, e quindi
apprende ad usare i simboli. Un simbolo è un
oggetto che ne rappresenta un altro. Un esempio è il gioco creativo nel quale il bimbo usa, per
esempio, una scatola per rappresentare un tavolo, dei pezzetti di carta per rappresentare i piatti ecc.
Il gioco in questa fase è appunto caratterizzato dalla decontestualizzazione (il coinvolgimento di
altre persone o simulacri), dalla sostituzione di oggetti per rappresentarne altri e dalla crescente
integrazione simbolica. Il suo ragionamento in questa fase non è né deduttivo, né induttivo, ma
transduttivo o analogico, dal particolare al particolare. Ad esempio se un insetto gli fa paura perché
l‟ha molestato, è facile che molti altri insetti che non l‟hanno molestato gli facciano paura. Ciò si
traduce in una modalità di comunicazione piena di "libere associazioni", senza alcuna connessione
logica, in cui il ragionamento si sposta da un‟idea all‟altra rendendo pressoché impossibile una
ricostruzione attendibile di eventi.
Fase delle operazioni concrete. Dai 7 agli 11 anni. Il termine operazioni si riferisce a operazioni
logiche o principi utilizzati nella soluzione di problemi. Il bambino in questa fase non solo utilizza i
simboli ma è in grado di manipolarli in modo logico. Fra 2 e 5 anni il bambino non classifica gli
oggetti secondo una proprietà ma li distribuisce a seconda della vicinanza spaziale. Intorno ai 6/7
anni il bambino acquisisce la capacità di conservazione delle quantità numeriche, delle lunghezze e
dei volumi liquidi. Per conservazione si intende la capacità di comprendere che la quantità rimane
tale anche a fronte di variazioni di forma. Il bambino nella fase pre-operativa, per esempio, è
convinto che la quantità di liquido contenuto in un contenitore alto e stretto è maggiore di quella
contenuta in un contenitore basso e largo e a nulla varranno dimostrazioni e travasi. Un bambino
nella fase delle operazioni concrete è invece in grado di comprendere che la quantità è la stessa, di
"conservare" quindi il volume liquido. Intorno ai 7/8 anni il bambino sviluppa la capacità di
conservare i materiali. Prendendo una palla di creta e manipolandola per trasformarla in tante
palline il bambino è conscio del fatto che riunendo le palline la quantità sarà invariata. Questa
capacità prende il nome di reversibilità. Intorno ai 9/10 anni è raggiunto anche l‟ultimo passo della
conservazione, la conservazione della superficie. Messo di fronte a dei quadrati di cartoncino si
rende conto che occupano la stessa superficie sia che siano messi tutti vicini sia che siano sparsi.
Fase delle operazioni formali. Dai 12 anni in poi. Il bambino che si trova nella fase delle
operazioni concrete ha delle difficoltà ad applicare le sue competenze a situazioni astratte. Se un
adulto gli dice: "Non prendere in giro X perché è grasso, cosa diresti se lo facessero a te?" la sua
risposta sarebbe "Io non sono grasso". Calarsi in una realtà diversa dalla sua è un‟operazione troppo
astratta. A partire dai 12 anni il bambino riesce a formulare pensieri astratti: si tratta del cosiddetto
pensiero ipotetico dove il bambino non ha bisogno di tenere l‟oggetto dinanzi a se ma può ragionare
in termini ipotetici.
Le idee dei bambini. Utilizzando la tecnica del Colloquio Clinico, Piaget ha tratto delle
conclusioni a proposito di ciò che pensano i bambini. A 4 anni essi si cominciano a fare domande
sull‟origine delle cose. A 6-7 anni vi è una tendenza all‟animismo, a 8 pensano che siano stati degli
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esseri antropomorfi a creare il mondo (artificialismo). A 11-12 anni i bambini definiscono esseri
viventi solo piante ed animali. Il bambino è un costruttore di teorie trial‟n error, fa delle
generalizzazioni ed applica dei copioni e ama fare narrazioni. Appena nati i bambini riescono a
riconoscere i propri simili. A 2 anni compare il desiderio, a 4 la credenza, la capacità di elaborare
spiegazioni complesse dei comportamenti degli altri. A 4 anni i bambini non sono in grado di dire
bugie complesse ed intenzionali, a 5 sì.
IL COLLOQUIO CLINICO
Per lo studio dei processi sottostanti lo sviluppo cognitivo e dell‟intelligenza, Piaget non trovava
adatto nessuno dei metodi allora disponibili. Infatti:
il metodo introspezionista non era adatto ad un bambino non allenato a scomporre il
contenuto della sua coscienza, ma adatto solo al gioco o attività coinvolgenti;
il metodo comportamentista non permetteva dal semplice osservazione del comportamento
di risalire ai processi di pensiero sottostanti;
il colloquio psicoanalitico non era adatto perché questo è un resoconto libero dei contenuti
mentali, mentre Piaget voleva vedere l‟intelligenza alle prese con uno specifico problema;
allora Piaget inventò un nuovo metodo: il "colloquio clinico". Questo è un sistema misto tra il
colloquio, l‟osservazione e l‟interpretazioni, che può consistere in:
un colloquio mirato alla ricostruzione delle credenze del bambino;
un colloquio mirato mentre il bambino risolve un compito;
un colloquio accompagnato dalla manipolazione di oggetti da parte dello sperimentatore e
del bambino (es i vasi e i bastoncini, per la reversibiltà delle operazioni),
(per i bambini più piccoli) la semplice osservazione dei comportamenti e la loro descrizione
(tradizione dei "diaristi").
Il limite del metodo consiste nel fatto che il colloquio clinico e le osservazioni dei comportamenti
vengono filtrati dagli occhi del teorico, che finisce per
vedere dietro i comportamenti strutture sottostanti del pensiero;
interpretare risposte e azioni alla luce dei suoi presupposti teorici.
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IL COGNITIVISMO
La psicologia cognitiva è la
branca della psicologia che
ha come obiettivo lo studio
dei processi mediante i quali
le informazioni vengono
acquisite
dal
sistema
cognitivo,
trasformate,
elaborate,
archiviate
e
recuperate. La percezione,
Modello
TOTE:
Test-Operate-Test-Exit
(verificare, eseguire, verificare, terminare),
l‟apprendimento,
la
esposto nel testo Piani e struttura del
risoluzione dei problemi, la
comportamento di Miller, Pribram, Galanter.
memoria, l‟attenzione, il
linguaggio e le emozioni
sono
processi
mentali
studiati dalla psicologia
cognitiva.
Essa studia il funzionamento
della mente come elemento
intermedio
tra
il
comportamento e l‟attività
cerebrale prettamente neurofisiologica. Il funzionamento della mente è assimilato, metaforicamente
a quello di un software che elabora informazioni (input) provenienti dall‟esterno, restituendo, a sua
volta, informazioni (output) sotto forma di rappresentazione della conoscenza, organizzata in reti
semantiche e cognitive.
La seconda metà degli anni „50 vide non solo il fiorire di nuove impostazioni teoriche e procedure
sperimentali, ma anche la diffusione di una prospettiva differente da quella comportamentista
dominante negli Stati Uniti: la prospettiva della psicologia cognitiva o del cognitivismo. Vi
confluirono i contributi di discipline diverse: oltre alla psicologia sperimentale di impronta
neocomportamentista, la linguistica, la teoria dell‟informazione e la cibernetica, le neuroscienze e la
filosofia della mente. Si considera abitualmente come "data di nascita" del movimento cognitivista
il Convegno di Boulder (Colorado) del 1955. Oltre all‟impostazione interdisciplinare, la psicologia
cognitiva aveva altri suoi aspetti caratteristici. In primo luogo, si interessava dei processi cognitivi
(la percezione, l‟attenzione, la memoria, il linguaggio, il pensiero, la creatività), che erano stati
trascurati dai comportamentisti o considerati come dei prodotti dell‟apprendimento. A questi
processi veniva riconosciuta sia un‟autonomia strutturale sia una interrelazione e interdipendenza
reciproche. Un‟altra importante caratteristica della psicologia cognitiva è che la mente è concepita
come un elaboratore di informazione, avente un‟organizzazione prefissata di tipo sequenziale e una
capacità limitata di elaborazione lungo i propri canali di trasmissione. L‟analogia tra mente e
calcolatore era basata sulle nozioni di informazione, canale, sequenza di trasmissione ed
elaborazione dell‟informazione, strutture di entrata (input) e uscita (output) dell‟informazione
dell‟elaboratore, strutture di memoria. Per spiegare tale organizzazione strutturale e funzionale si
diffuse l‟uso di diagrammi di flusso, formati da unità (scatole) e aventi ciascuna compiti definiti
(percezione, attenzione, ecc.) e da vie di comunicazione.
Nei primi modelli cognitivistici, l‟elaborazione dell‟informazione era concepita come un processo
che avviene per stadi consecutivi, terminate le operazioni proprie di uno stadio si passa al
successivo, e così via. Negli anni „70 furono presentati nuovi modelli che mettevano in evidenza sia
la possibilità di retroazione di uno stadio di elaborazione su quelli precedenti, sia la possibilità che
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si attivassero le operazioni di uno stadio successivo senza che quelli precedenti avessero già
elaborato l‟informazione per quanto li riguardava.
Un altro aspetto importante fu l‟accentuazione del carattere finalizzato dei processi mentali. Il
comportamento veniva ora concepito come una serie di atti guidati dai processi cognitivi ai fini
della soluzione di un problema, con continui aggiustamenti per garantire la migliore soluzione. La
nozione di “retroazione”, feedback, sviluppata dalla cibernetica divenne centrale in questa
concezione del comportamento orientato verso una meta.
Lo psicologo sperimentale del linguaggio George Miller, con le sue opere rappresentò un‟autentica
svolta nella rappresentazione del comportamento: il comportamento era visto come il prodotto di
una elaborazione dell‟informazione, quale è compiuta da un calcolatore, per lo svolgimento di un
piano utile alla soluzione del problema. Il comportamento non era quindi l‟epifenomeno di un arco
riflesso (input sensoriale, elaborazione, output motorio), ma il risultato di un processo di continua
verifica retroattiva del piano di comportamento secondo l‟unità TOTE ( test, operate, test, exit):
l‟atto finale (exit) non consegue direttamente ad un input sensoriale o a un comando motorio, ma è
il risultato di precedenti operazioni di verifica (test) delle condizioni ambientali, di esecuzione
(operate) intermedie e di nuove verifiche (test).
Il cognitivismo non è una scuola, non vi è mai stato un "manifesto" cognitivista (se non si vuole
considerare tale Psicologia cognitiva di Neisser, uscito però quando il movimento si era già
affermato da almeno un decennio). Molti libri o articoli usciti negli anni '50 e '60 si sono rivelati
solo a posteriori tappe fondamentali nello sviluppo del movimento, ed è dubbio che vi fosse sempre
consapevolezza da parte dei diversi autori che hanno costruito il cognitivismo del reale senso di
quanto andavano facendo o scrivendo.
IL COGNITIVISMO COME FILIAZIONE DEL COMPORTAMENTISMO
Il cognitivismo è una diretta filiazione del comportamentismo: è da questo che, sia pur per
differenziarsi, il punto di riferimento dei cognitivisti. Il cognitivismo e altre teorie che si sono poste
alla sua base (cibernetica, teoria della comunicazione, teoria della decisione) entrarono nel mondo
della psicologia specificamente attraverso il comportamentismo.
Il termine cognitivismo sarà utilizzato solo dopo l'uscita ne 1967 di "Psicologia cognitivista" di
Neisser. In precedenza gli stessi cognitivisti si ritenevano dei comportamentisti di "terza
generazione": dopo la prima di Watson, e la seconda (il neocomportamentismo) di Tolman, Skinner
e Hull, essi
pensavano di vivere una nuova fase del comportamentismo chiamata
"cenocomportamentismo".
HEBB
La fase cenocomportamentistica era iniziata con D.O. Hebb.
Hebb studia le "variabili intervenienti" (i processi interposti tra stimolo e risposta, svolgentisi
all'interno dell'individuo - e quindi non direttamente osservabili- introdotti dai neocomportamentisti
come "costrutti ipotetici" per spiegare tutti quei fenomeni che non potevano essere interpretati
direttamente come semplice corrispondenza tra stimolo e risposta).
In particolare studia i processi di "mediazione", che consentono all'individuo di non rispondere
immediatamente allo stimolo, ma che, creando delle strutture interne, fanno sì che questo possa
comportarsi avendo a disposizione degli stimoli e delle risposte interne. Hebb si distacca dal
comportamentismo per il seguente motivo:
- per i neocomportamentisti le variabili intervenienti sono solo dei costrutti ipotetici, che non hanno
una base "realistica" ma una funzione puramente logica;
Page 55
- Hebb concepiva queste strutture interne collegate al sistema nervoso centrale:
a) i neuroni si organizzano in "assembramenti cellulari" in cui circolano per un certo tempo le
informazioni all'interno del sistema nervoso, consentendo così di ritardare la risposta rispetto allo
stimolo
b) la formazione di determinati assembramenti costituiva di fatto il processo di memorizzazione;
c) alcuni assembramenti - base neurale di comportamenti semplici - sono già presenti alla nascita;
altri si formano attraverso l'apprendimento: i comportamenti complessi oppure "nuovi"
(quest'ultimo un problema del comportamentsimo classico) si spiegano come "sequenza di fase" di
più assembramenti, corrispondenti ognuno a un comportamento semplice.
Con Hebb per la prima volta l'interesse si rivolge ai processi che si svolgono all'interno
dell'individuo, non più sul piano del puro costrutto ipotetico, ma su quello del modello logico dello
svolgimento dei processi mentali. Introduce in psicologia una tipica modalità di concettualizzare i
fenomeni (propria del cognitivismo): creare modelli che di volta in volta possono fare riferimento a
un'idealizzazione del sistema nervoso o ai circuiti di un elaboratore, in cui non è importante
identificare realisticamente gli elementi del modello, ma che il modello sia uno schema valido sul
piano puramente logico. Il modello viene accettato o respinto se il comportamento in studio può
essere simulato dal modello. Il modello può basarsi o sul funzionamento del sistema nervoso, o sul
funzionamento di un elaboratore programmato: in entrambi i casi il fatto che la simulazione dia dei
risultati positivi non porta assolutamente ad accettare un'identificazîone realistica degli elementi del
modello con quelli sin qui noti del funzionamento del sistema nervoso o dî un elabobatore.
L'interesse è rivolto ai processi mentali, visti questi sì con occhio realistico, mentre il substrato
"fisico" del modello può essere in ogni momento accantonato, e sostituito con qualcosa di diverso
man mano che le nostre conoscenze si modificano.
IL "MENTALISMO" DEI COGNITIVISTI: I MODELLI
La psicologia cognitivista può sotto molti aspetti essere considerata una psicologia mentalistica.
Il termine mentalismo ha avuto una storia complessa:
- comportamentismo radicale : le categorie "mentali", non essendo direttamente osservabili come
quelle comportamentali (intese come insieme di reazioni muscolari o ghiandolari), non possono
essere oggetto di ricerca scientifica, e chi se ne occupava si poneva automaticamente al di fuori
dell'ambito della scienza.
- neocomportamentisti: con le variabili intervenienti si introducono concetti tipicamente
mentalistici.
La riflessione epistemologica dei comportamentisti è stata di massima molto più approfondita di
quella dei cognitivisti che hanno mostrato largamente la tendenza a disinteressarsi dei fondamenti
delle loro concezioni.
I cognitivisti non hanno mai mosso critiche epistemologiche, dimostrando piuttosto una certa noia e
un sostanziale disinteresse per le basi epistemologiche della psicologia, in cui vedono soprattutto la
sterilità e l'angustia di prospettive. Ciò può essere visto come una reazione eccessiva alla delusione
proveniente dal rigore epistemologico comportamentista.
Gli orientamenti epistemologici dei comportamentisti sono stati principalmente operazionismo,
neopositivismo e l'empirismo logico. Ed è relativamente a questi che vanno fatte delle
considerazioni.
(*)Operazionismo
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Per i teorici operazionalisti i concetti non corrispondono ad altro che alle operazioni attraverso cui
vengono effettuate determinate misurazioni. Analogamente il comportamentista ha a disposizione
delle precise operazioni di misura attraverso le quali può definire sia la situazione ambientale sia le
risposte del soggetto --> i concetti psicologici non sono altro che l'operazione attraverso cui queste
due classi di operazioni di misurazione sono poste in corrispondenza
Es: la definizione dell'apprendimento in termini di frequenza di determinate risposte in
corrispondenzà di certe contingenze ambientali risponde perfettamente ai criteri operazionalisti.
Segue che: le variabili intervenienti non sono altro che dei costrutti ipotetici che trovano una
legittimazione solo quando le correlazioni tra variabili ambientali e variabili comportamentali non
riescono a fornire un risultato univoco che possa essere interpretato senza ambiguità facendo ricorso
unicamente a tali due classi di eventi osservati. Accade infatti a volte che, tale univocità non possa
realizzarsi. La variabile interveniente è allora qualcosa che si può ipotizzare per risolvere
l'ambiguità.
Con paricolare riferimento alle teorie di Hull, le variabili intervenienti da un certo punto di vista
sono realistiche, ma "celata all'interno del sistema nervoso"; da un altro punto di vista non lo sono
affatto, perché nessuna operazione è in grado di definirne realmente il concetto. La variabile
interveniente è pur tuttavia un concetto chiave nel sistema di Hull: è indispensabile perché l'intero
sistema teorico stia in piedi.
Tolman sebbene sia il comportamentista più accurato nel definire in termini esclusivamente
operazionali i suoi concetti, appare come il più cognitivista dei comportamentisti poiché
a) sviluppa concetti tipicamente mentalistici ("mappa cognitiva", sorta di rappresentazione mentale
che l'organismo si costruisce dell'ambiente che lo circonda). Di fatto però:
- ogni concetto mentalistico viene da Tolman risolto in un sistema di correlazioni tra eventi di
stimolazione e risposte dell'organismo.
- i contenuti mentali vanno comunque esclusi dalla possibilità di indagine, non essendo possibile
definirli operazionalmente.
b) ammette l'uso dell'introspezione. Tuttavia: tale metodo non va utilizzato per studiare i contenuti
mentali, ma solo per quelle ricerche in cui può essere interessante determinare se il soggetto è in
grado di riferire su quelli che ritiene siano i suoi contenuti mentali (i quali vanno esclusi dalla
possibilità di indagine).
Tolman è comunque lontano dai cognitivisti perchè non è riuscito a gettare l'indispensabile ponte
tra struttura mentale (i cui contenuti sono stati confinati nel limbo del concetto di variabile
interveniente) e azione.
(*)L'empirismo logico
Qui l'interesse è rivolto alla scienza considerata come linguaggio, e ai rapporti che intercorrono tra
linguaggio teorico e linguaggio osservativo; e alla possibilità di definire, attraverso una serié di
trasformazioni sugli enunciati relativi alle osservazioni empiriche (i cosiddetti "protocolli"), gli
enunciati teorici.
- Nella "versione ristretta dell'empirismo" (adatta ad un radicale come Watson) si ritiene possibile
dare di ogni concetto teorico una definizione contestuale o esplicita in termini di osservabili.
- Nella successiva versione, la "prima liberalizzazione dell'empirismo" (adatta a
neocomportamentisti come Hull o Tolman) si è resa necessaria l'introduzione di altri procedimenti
definitori (ad esempio, per "riduzione") per i termini disposizionali, quelli cioè che designano
caratteristiche degli eventi fisici osservabili solo in determinate circostanze (ad esempio l'elastîcità
di un laccio, che si manifesta solo quando lo "tiriamo").
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- Nella "seconda liberalizzazione dell'empirismo" ('50): non è possibile sperare di definire tutti i
termini teorici in funzione di osservabili, ma esistono dei termini primitivi nd sistema teorico che
vanno introdotti indipendentemente dall'osservazione.
-->È in questo momento di crisi che emerge il cognitivismo.
Es: la figura-sfondo, alcune parti del campo acquistano valore diverso da quello delle altre parti,
e questa situazione è reversibile, secondo le intenzioni del soggetto, che di volta in volta può
stabilire quali parti del campo consîderare figura, e quali sfondo. È quindi evidente che la
significanza di concetti come quello di figura-sfondo non è data né da predicati immediatamente
osservativi, né dalla possibilità di operare una riduzione a predicati osservativi; ciò che infatti conta
è l'ope-razione che svolge il soggetto, che determina modi del tutto diversi con cui interpreta i dati
ambientali.
Dalle teorie ai modelli
Il disinteresse epistemologico dei cognitivisti si spiega anche con lo spostamento di interesse dalle
grandi teorie ai piccoli modelli:
- piuttosto che legarsi ai grandi principi generali delle grandi teorizzazioni - informatori del
comportamento globale di ogni individuo- ma che spesso sono incapaci di "rendere giustizia alla
complessità del "comportamento", è preferibile interessarsi a modelli, anche limitatissimi, che siano
però in grado di spiegare perfettamente un singolo comportamento in ogni minimo dettaglio;
(l'enunciazione di grandi principi generali, erano state fatte dal comportamentismo, la psicologia
della Gestalt, e lo strutturalismo).
Il mentalismo dei cognitivisti si manifesta nell'uso dei Modelli.
MODELLO: è una rappresentazione semplificata della realtà, concepita come assolutamente
realistica per ciò che riguarda le funzioni svolte dalla mente, ma non per forza una riproduzione
fedele di ciò che vi può essere nel sistema nervoso dell'individuo.
In altri termini, se in un modello rîferito a un certo comportamento percettivo viene inserito un
element'o destinato a memorizzare per tempi molto brevi le informazioni in arrivo prima del loro
riconoscimento, l'autore del modello non pretende con ciò di affermare che vi sia un organo, o una
parte del cervello deputata a tale funzione; più semplicemente, che tale funzione è logicamente
necessaria, quale che sia la parte del sistema nervoso che la svolge; e la necessità logica di tale
funzione ne costituisce il criterio di esistenza.
Il mentalismo dei cognitivisti ha quindi delle caratteristiche molto peculiari, diverse dal mentalismo
metafisico contro cui era soprattutto indirizzata la polemica dei comportamentisti.
Alcune conseguenze:
a. Tali modelli sono sovenete derivati dai modelli cibernetici, in termini di flusso di informazioni
che vengono elaborate a vari stadi nd corso del loro passaggio all'interno dell'organismo --> ciò
consente l'utilizzo di un altro criterio: la simulazione mediante calcolatore elettronico.
b. L'uso dei modelli consente di superare le ambiguità di cui sono affetti gli eventi difronte ai quali
lo psicologo si trova spesso ad operare, perché nel modello ogni elemento è definito con precisione.
Ciò si paga, però, in genéralizzabilità dei risultati che si ottengono.
c. il cognitivismo (che criticava il comportamentisino per la sua incapacità di spiegare il
comportamento dell'uomo al di fuori dell'ambiente asettico del laboratorio), ha finito spesso per
allontanarsi dalla vita reale, spezzettandosi nella costruzione di modelli sempre più sofisticati, ma
sempre più lontani da ciò che l'uomo è e fa nel suo agire quotidiano.
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LO SVILUPPO STORICO DEL COGNITIVISMO (LE TAPPE PIÙ SIGNIFICATIVE)
Inizio probabile del cognitivismo: II guerra mondiale - Cambridge - Craick fa ricerche sul
comportamento di tracking: un compito in cui vi è un bersaglio mobile che si sposta su uno
schermo, e al soggetto viene chiesto di tenere allineato un segnale con il bersaglio --> il soggetto
umano non appare in grado di operare più di una correzione ogni mezzo secondo --> ipotesi:
all'interno dell'organismo esiste un meccanismo decisore che deve impiegare almeno mezzo
secondo per elaborare le informazioni in arrivo, e che non era in grado di elaborare un nuovo lotto
di informazioni sintantoché non erano state elaborate tutte le precedenti.
Si affermava quindi per la' prima volta che:
a) l'uomo è assimilabile ad un elaboratore di informazioni, un servomeccanismo di tipo cibernetico;
b) l'uomo aveva un tipo di funzionamento discreto;
c) il meccanismo decisore era unico, e non potevano essere eseguite più cose alla volta.
Viene riscoperto il tempo per compiere le azioni come indicatore dei processi mentali sottostanti
alle azioni stesse (Donders).
Limite al funzionamento dei processi cognitivi dell'uomo:
a. l'uomo è in grado di eseguire un unico compito per ogni atto di decisione
b. esiste un limite della quantità di informazioni che si possono elaborare alla volta (Miller) --> 7
"pezzi" (cbunks) di informazione alla volta, più o meno due, a seconda del compito eseguito
(memoria a breve termine, giudizi assoluti, quantità di apprensione=quanti elementi possono essere
colti in una volta con un singolo atto per'cettivo). NB: "pezzi" e non "singoli elementi" (per cui per
memorizzare 21 numeri è preferibile memorizzare 7 gruppi da 3 numeri).
(*)La memoria
Temi prediletti dai cognitivisti: memoria a lungo, breve e brevissimo termine, vigilanza, tempi di
reazione, l'attenzione (selettiva), il linguaggio.
La memoria era studiata anche dal comportamentismo per gli stretti legami con l'apprendimento,
ma per essi non aveva senso distinguere tra diversi tipi di memoria a seconda dei tempi di
memorizzazione.
Brown --> distinzioe memoria a lungo (secondaria) e a breve (primaria) termine
Es: la memoria secondaria è suscettibile a interferenza sul piano semantico, la memoria a breve
termine è suscettibile a interferenza di tîpo fonologico.
Sperling --> a fianco della memoria primaria e secondaria esiste una memoria a tempi di
immagazzmamento molto più brevi e con modalità di funzionamento affatto diverse, e comunque
precedenti al riconoscimento degli stimoli memorizzati.
(*) L'unità TOTE
L'influenza della cibernetica o la teoria dell'informazione per lo sviluppo del cognitivismo si fa
sentire nell'opera "Piani e struttura del comportamento" di Miller, Galanter e Pribram, libro che è
una pietra miliare del cognitivismo.
In questa opera:
- l'unità di analisi della psicologia - che nel comportamentismo era il il riflesso - diventa l'unità
TOTE (Test-Operate-Test-Exit)
- l'analogia fra uomo e calcolatore è spinta all'estremo.
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(*) Il linguaggio - Chomsky
In "Piani e struttura del comportamento" si parla di "piani per parlare", con riferimento alla
psicolinguistica generativo-trasformazionale di Noam Chomsky.
La considerazione del linguaggio fino agli anni '50 era saldamente in mano agli strutturalistî (in
linguistica!): esso trascurava l'"utente" linguistico, e si concentrandosi maggiormente sull'analisi del
messaggio.
Allo strutturalismo lingustico fanno riferimento prima di tutto i comportamentisti.
Chomsky ruppe con lo strutturalismo (e con il comportamentismo):
- nell'uomo il linguaggio aveva una base innata: l'uomo apprende a parlare come l'uccello a cantare
e nidificare.
- distinzione tra "competenza" ("saper come") della lingua da parte del parlante ed "esecuzione",
la produzione reale, determinata oltre che dalla competenza, da altri processi psicologici
(percezione, attenzione, ecc.).
Aspetti sintattici: la sua linguistica è detta generativo-trasformazionale, perché mirante a
individuare le regole attraverso cui le frasi vengono generate, e attraverso cui sullo stesso nucleo di
significato vengono operate delle trasformazioni (da attive a passive, interrogative, negative).
LA PROSPETTIVA ECOLOGICA E LA SCIENZA COGNITIVA (MODULARISMO E
CANNESSIONISMO)
[In brev: il cognitivismo tra gli anni '80-90 si va diversificando lungo due filoni: 1) impostazione
ecologica e 2) Scienza cognitiva;
- per entrambi c'è il rifîuto dei micromodelli e di un ampliamento del respiro teorico;
- l'indirizzo ecologico ha maggior interesse per l'uomo e si suoi problemi "quotidiani", e rifiuta
l'analogia dell'uomo con il calcolatore
- la scienza cognitiva insiste sull'intelligenza artificiale, e sull'utilizzo della simulazione, operando
di nuovo una saldatura tra il mondo dell'intelligenza artificiale e la psicologia dei processi cognitivi]
(**) Il punto di partenza: l'autocritica.
- Molti ricercatori avvertono il bisogno di un ritorno alle "grandi teorie".
- Convegno 1972 alla Pennsylvania State University su processi cognitivi e processi simbolici autocritica molto profonda:
a. diffuso rifiuto dei "micromodelli"
b. perplessità nei confronti dell'analogia tra uomo e calcolatore; o meglio, dell'uomo concepito in
puri termini di elaborazione delle informazioni.
- Neisser (nel 1976) muove tre fondamentali critiche alla psicologia cognitivista:
1. c'è stato un progressivo restringimento di campo, con un'attenzione focalizzata sempre di più
sull'esperimento di laboratorio, e sempre di meno rivolta al mondo esterno, quello della vita
quotidiana.
2. le ricerche attuali sono sempre più sofisticate. ma sono genuinamente produttive? --> ripiegarsi
della ricerca su se stessa, e gli esperimenti che vengono effettuati sembrano sempre più rivolti alla
situazione sperimentale stessa, e sempre meno volti a comprendere il funzionamento dell'uomo,
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3. il concetto di "elaboraziane delle informazioni" ammette un'ambiguità di fondo:esso muta del
tutto significato nel momento in cui le "informazioni" vengono definite in modo diverso dai
differenti autori.
(**) La prospettiva ecologica
Secondo Neisser (influenzato da Gibson): le "informazioni" che l'individuo elabora vanno viste
nell'ambiente, perché è lì che sono, ed è l'ambiente che le offre. Nella sua nuova concezione,
l'individuo possiede nella sua struttura cognitiva degli "schemi" che gli consentono di coglierle, e
che costituiscono il fondamentale legame tra percezione e pensiero.
--> si afferma così una nuova linea all'interno del cognitivismo: la linea "ecologica" (dati i richiami
a Gibson, ispiratore di gran parte della ricerca successiva)
Nota: Gibson rifiuta quello che'è il postulato primo del cognitivismo: la mente come capace di
rappresentazione ed elaborazione delle informazioni
--> teoria della percezione diretta: le informazioni sono già presenti nello stimulus array, nella
stimolazione come si presenta direttamente al soggetto; il soggetto coglie le informazioni
direttamente dalla stimolazione in quanto affordances (to afford = fornire) presentate dall'ambiente
in relazione al valore evolutivo che hanno per l'organismo --> il soggetto non deve ricorrere a
sistemi computazionali, flussi informazionali, strutture rappresentazionali.
(**) La "scienza cognitiva"
In direzione opposta alla tendenza ecologica, si raggruppano studiosi delle più diverse provenienze,
che hanno dato inizio alla cosiddetta "scienza cognitiva" che domina il quadro contemporaneo.
Nasce nel 1977, quando R. Schank, A. Collins e E. Charniak fondano una nuova rivista chiamata
"scienza cognitiva".
Il programma della rivista:
- esiste un insieme di problemi comuni, che riguardano intelligenza naturale e artificiale per studiosi
provenienti da psicologia cognitiva e sociale, tecnologie dell'educazione, intelligenza artificiale,
linguistica, logica ed epistemologia,
- le questioni comuni: rappresentazione delle conoscenze (reti semantiche), comprensione del
linguaggio, comprensione delle immagini, risposte alle domande, inferenza, apprendimento,
soluzione dei problemi, pianificazione, ragionamento, comunicazione e studio dei rapporti uomomacchina.
- le aree di indagine: sistemi di credenze, coscienza, evoluzione, emozione, interazione, linguaggio,
apprendimento, memoria, percezione, prestazione, abilità, pensiero.
La scienza cognitiva si configura come una vera e propria disciplina autonoma con provenienze e
apporti multidisciplinari, e sempre meno come uno sviluppo del cognitivismo interno alla
psicologia.
Modularismo e Connessionismo
Sono i 2 paradigmi della scienza cognitiva dominanti negli anni '80.
Il modularismo (di Fodor):
I sistemi di analisi di input hanno un'architettura cognitiva distinta in moduli, strutture verticali che
trasformano computazionalmente gli input in rappresentazioni che offrono alla parte centrale del
sistema cognitivo.
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I sistemi di analisi dell'input hanno queste caratteristiche:
- sono specifici per dominio: strutture altamente specializzateper per specifici tipi di input;
- funzionamento obbligato: quando sono in presenza del tipo specifico di 'input'che sono deputati ad
analizzare, non possono fare a meno di entrare in azione.
- accesso centrale limitato per le rappresentazioni che computano: i livelli intermedi di analisi
dell'input sono relativamente inaccessibili agli stati centrali di coscienza.
- notevole velocità di funzionamento.
- sono incapsulati informazionalmente: durante il loro funzionamento non possono avere accesso ad
informazioni provenienti da altre parti dd sistema cognitivo dell'individuo (es dalle conoscenze
generale che possiede l'individuo, memorizzata a lungo termine).
Connessionismo
C'è una forte presenza dei sostenitori del connessionismo (Rumelhart e MacClelland).
Paradigma basato su due ordini di considerazioni: tecnologiche e (neuro)psicologiche:
1) considerazioni tecnologiche: la struttura dei calcolatori (di terza/quarta generazione) si è rivelata
sempre più inadeguata rispetto a compiti molto coplessi, per via di a) un'architettura sequenziale; b)
una memoria passiva che non può essere utilizzata per compiere le operazioni; c) e quindi con una
strozzatura tra memoria e processore, che produce un rallentamento globale dd sistema, anche se le
operazioni possono essere eseguite singolarmente in tempi brevissimi.
2) considerazioni (neuro)psicologiche: esiste incongruenza tra l'hardware del SNC e quello dei
calcolatori:
- il SN opera con elementi relativamente lenti, ma massivamente interconnessi in parallelo -->
l'elevata rapidità del SN == elevato grado di parallelismo nell'esecuizione di operazioni;
- i calcolatori aveva operato (e, nell'intelligenza artificiale, avevano cercato di simulare il
comportamento) con elementi rapidissimi ma operanti serialmente.
--> vecchia la modellistica non aveva tenuto conto di questa differenza: i modelli affermatisi nel
paradigma dello HIP (human information processing) sono modelli seriali.
Il connessionismo suggerisce una modellistica con funzionamento parallelo massivo (modelli
connesionisti a parallelismo massivo).
Con ciò si è riprenso la vecchia concezione interattiva di campo della Gestalt. Anche principi di
minimo, o di economia, che regolano il funzionamento del campo, possono essere concepiti anche
attraverso l'interazione diretta di numerosi eventi mutuamente indipendenti.
Le teorie del campo potrebbero trovare un nuovo impulso basandosi su questi modelli.
Il modelli processuali si omogenizzano con i modelli computazionali, potendosi concepire la
computazonioni in termini di interazione diretta tra un ampio numero di unità locali nel cervello.
Questa concezione della computazione può essere intesa come una versione formalizzata di due
tradizioni di pensiero tradizionalmente distinte: idee qualitative delle funzioni del cervello di Kohler
l'approccio connessionista di Hebb.
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