RECENSIONI e note bibliografiche GIUSEPPE TARZIA: Lineamenti del processo civile, Giuffrè Ed., Milano, 2002. Le molte e continue modifiche che il codice di procedura civile è venuto subendo a far tempo dalla legge di riforma 26 novembre 1990, n. 543 hanno finito con il generare un senso diffuso di precarietà e di incertezza che ha fatto rimpiangere i tempi in cui, consultando i classici testi di Calamandrei, Zanzucchi, Rotondi, Satta, Andrioli, Liebman si poteva ottenere un quadro ben disegnato del processo e trovare sicura risposta agli interrogativi volta a volta posti dalla pratica. La recentissima pubblicazione dei «Lineamenti del processo di cognizione» di Giuseppe Tarzia (Milano, Giuffrè, 2002) ha ora avuto il benefico effetto di restituire a tutti gli interessati la possibilità di contare nuovamente su una guida chiara e autorevole alla quale far capo di fronte a dubbi e incertezze. Una guida che viene incontro anche alle attese del lettore più esigente visto che, del processo civile, offre una trattazione sistematica sempre attenta anche ai principi costituzionali e alle convenzioni internazionali. Le 408 pagine del libro si articolano in cinque capitoli: sulla giurisdizione; sulla competenza e il rito; sul procedimento di primo grado (questo capitolo è ripartito in 6 sezioni relative alle premesse, alla fase preparatoria, alla fase istruttoria, alle ordinanze, alle crisi del procedimento e alla fase decisoria); sul procedimento davanti al Giudice di pace; sulle impugnazioni (anche questo capitolo è ripartito in 6 sezioni relative alle disposizioni generali, all'appello, alla Cassazione, al regolamento di competenza, alla revocazione, all'opposizione di terzo). L'adozione di numerazione, titoli e sottotitoli, marcando i singoli temi, rende più agevole la consultazione. Così, ed è solo un esempio, il capitolo primo, dedicato al tema della giurisdizione, esordisce, sub 1, con il titolo «le garanzie generali della giurisdizione e del processo» cui seguono i sottotitoli «A) Le garanzie concernenti la magistratura; B) Le garanzie del processo». All'interno del sottotitolo sub B) figurano le seguenti rubriche: «a) limparzialità e la ``terzietà'' del giudice; b) il diritto di ``accesso ai tribunali'' e il diritto di azione; c) la garanzia del ``giudice naturale''; d) il principio del contraddittorio, il diritto di difesa e la parità delle parti; e) la pubblicità dei giudizi; f) la garanzia delle motivazioni; g) la durata ragionevole del processo». Anche l'uso di caratteri tipografici diversi e la collocazione a pié di pagina delle note, in corpo minore, favoriscono i diversi livelli di lettura. Peraltro le note non si limitano ai rimandi alla dottrina e a giurisprudenza anche inedita ma concretano un'integrazione al testo che così risulta dilatato ben oltre le sue 408 pagine, affiancandosi alla trattazione cui è riservato il maggior rilievo un'assidua glossa di grande ricchezza dove è dato spazio anche a riflessioni critiche sulla normativa vigente e su differenti interpretazioni delle norme. Inutile dire che la grande esperienza dell'Autore come avvocato, oltre che come studioso, gli consente di privilegiare le interpretazioni che più si conciliano con la realtà in cui il processo si svolge e di fornire qua e là anche suggerimenti preziosi sia in vista di future riscritture di singole norme sia con riferimento alle scelte cui sono chiamati i difensori (si veda così la nota 57 a p. 131 ove, ricordato che la stessa persona fisica non può nello stesso processo vedere utilizzate le proprie dichiarazioni nella qualità di teste e nella qualità di parte, l'Autore sottolinea la delicatezza della scelta della persona da far comparire in rappresentanza del cliente «poiché il procuratore, ad evitare effetti probatori sfavorevoli, deve essere bene informato ma non potrà essere successivamente assunto come testimone»). Una novità che va segnalata è la scelta dell'Autore di offrire al lettore anche uno sguardo su quello che potrà essere il diritto del prossimo futuro; tali digressioni sono segnalate dall'avvertenza «N.B.» e dall'uso di caratteri di stampa differenziati. Naturalmente al Tarzia non sfugge che nessuna novellazione potrà risolvere la crisi del nostro processo e ciò Egli esplicita osservando (a p. 84) che «di fronte alla persistente, normalmente eccessiva durata del processo civile, occorre rendersi conto che nessuna riforma processuale _ fosse pure la migliore possibile _ è in grado di incidere sull'efficienza della giustizia civile _ o meglio di combatterne la normale inefficienza sotto il profilo temporale _ se non accompagnata da profonde riforme di struttura, che attengono all'ordinamento giudiziario, all'organico dei giudici, al personale ausiliario, agli strumenti materiali che costituiscono l'indispensabile supporto per l'esercizio della giurisdizione. Ed occorre ripensare attentamente anche la struttura del processo ordinario, come il catalogo dei rimedi processuali speciali _ del resto ovunque diffusi nei Paesi di civil law _ che possono opportunamente alleviare il carico dei giudici e avvicinare il nostro Paese, anche sotto questo aspetto, ai livelli migliori di giustizia negli altri Paesi membri dell'Unione Europea». Ma se questo è vero è pure vero che opere quale quella qui segnalata, dando risposte persuasive alle tante questioni dibattute, contribuiscono a rendere meno aleatorio il corso del processo e quindi anche a contenerne la durata. Concludendo si deve dire che siamo in presenza di un libro nuovo che offre una trattazione organica del processo civile ordinario di cognizione quale è disciplinato dal secondo libro del codice: studiosi, avvocati, magistrati, studenti, ognuno potrà giovarsi di questo testo destinato a restare, nella letteratura del processo, un punto di riferimento. (Salvatore Morvillo) MARCO COMPORTI: Fatti illeciti: le responsabilità presunte - Art. 2044-2048, codice civile Commentario al codice civile, Giuffrè Ed., Milano, 2002. Sul tema dell'illecito extracontrattuale, negli ultimi anni, sono apparse due opere sicuramente di grande respiro: nel commentario Scialoja e Branca il libro di M. Franzoni (Dei fatti illeciti, Zanichelli, Bologna-Roma 1993) e nel trattato di diritto civile diretto da R. Sacco il libro di P.G. Monateri (La responsabilità civile, Utet, Torino, 1998). Nel «Commentario» al codice civile (fondato e già diretto da P. Schlesinger e continuato da Francesco Donato Busnelli) è uscito ora un volume di Marco Comporti (Fatti illeciti: le responsabilità presunte) che anch'esso merita di essere segnalato per il suo alto standard. L'opera peraltro non investe l'intera problematica dell'illecito ma è dedicata al commento degli artt. 2044-2048 c.c. e cioè ai temi della «legittima difesa», dello «stato di necessità», dell'«imputabilità del fatto dannoso» del «danno cagionato dall'incapace» e della «responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte». Detti temi _ che all'occorrenza vengono esaminate anche con riferimento alla loro storia e agli orientamenti stranieri _ trovano nel testo e nelle ricchissime note a pié di pagina un'illustrazione molto chiara che tiene esplicito conto dei precedenti giurisprudenziali e dottrinari. In particolare, l'esegesi dell'art. 2047 c.c. è preceduta da un'ampia e importante trattazione del tema delle presunzioni di responsabilità in generale. Dopo un ampio excursus storico e una messa a punto della figura delle presunzioni legali nella più recente dottrina, l'Autore passa infatti ad approfondire l'esame delle presunzioni di responsabilità introdotte nel codice civile italiano sulla scia di quello francese e giunge alla giusta conclusione che «la costruzione più esatta delle norme di responsabilità contenenti la c.d. presunzione di colpa debba invece prescindere da tale giustificazione, e debba risalire alla distinzione, propria di tali fattispecie, dei fatti costitutivi da provare dall'attore, e dei fatti impeditivi da provare dal convenuto, atta a spiegare la dinamica positiva e quella negativa della fattispecie e dell'atteggiarsi dell'onere della prova» (così a p. 146). In pratica, l'Autore ritiene che le norme con prova liberatoria dell'assenza di colpa siano da inquadrare in un sistema intermedio, vero tertium genus, tra responsabilità soggettiva e responsabilità oggettiva. Anche l'esegesi dell'art. 2048 c.c. è preceduta da un'ampia e interessante trattazione generale nella quale viene giustamente rivista l'opinione tradizionale secondo cui l'art. 2048 c.c. stabilirebbe a carico dei soggetti ivi elencati una presunzione di colpa che si baserebbe sul loro comportamento omissivo per culpa in educando e in vigilando. In realtà _ osserva l'Autore _ non si tratta di una presunzione di colpa quanto di una presunzione di responsabilità perché la norma canalizza la responsabilità su soggetti predeterminati, indipendentemente dalla loro colpa, in quanto l'effetto della presunzione, nel caso, è appunto quello di dispensare da qualunque prova il danneggiato a favore del quale la presunzione è prevista (art. 2728, comma 1, c.c.). Le premesse teoriche portano naturalmente a talune conseguenze pratiche che vengono opportunamente illustrate. Chiudono l'opera un indice degli autori, un indice delle fonti e l'indice analitico che forniscono al lettore un prezioso strumento purtroppo spesso trascurato in molte altre opere recenti. (Salvatore Morvillo) Pasquale Castoro: Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Giuffrè Ed., Milano, 2002. La prima edizione risale al 1954. L'A. sottolineava che l'opera non aveva pretesa scientifica assecondando invece una finalità più modesta, quella di rappresentare un contributo teorico-pratico. Anche se _ aggiungeva _ la seppur preminente pratica finiva per coniugarsi spesso ed opportunamente con la teoria, alimentata dalla lunga esperienza dell'A. quale giudice dell'esecuzione della Pretura di Milano. Chi non ha più vent'anni, come chi scrive, conserva ancora vivissimo il ricordo del Consigliere Dott. Pasquale Castoro, giurista di alto livello, magistrato di grande professionalità, persona dall'eccezionale umana disponibilità verso gli avvocati e verso gli stessi cittadini utenti della giustizia. È un ricordo fatto di stima e di affetto inestinguibili. Quanto all'opera di cui qui si tratta, essa è giunta ora alla sua nona edizione aggiornata ed ampliata a cura del figlio avv. prof. Nicola R. Castoro e del nipote avv. Adalberto Castoro, testimoni ed eredi attivi di un Autore e di un'opera che ha rappresentato e continua, anche per merito loro, a rappresentare un testo prezioso, essenziale per la comprensione e l'applicazione di quel complesso intarsio normativo che caratterizza il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico. Tale edizione riporta alcune modifiche che hanno toccato il processo esecutivo dopo l'entrata in vigore della l. 3 aprile 1998, n. 302 con la quale è stato attribuito a giudice dell'esecuzione il potere di delegare ai notai le operazioni di vendita all'incanto dei beni mobili registrati e dei beni immobili. Si tratta dell'art. 6 l. 9 dicembre 1998, n. 431 (rilascio di immobili); del d.lgs. 26 febbraio 1999 (riassetto della disciplina della riscossione coattiva del concessionario mediante ruolo) dell'art. 147 della l. 23 dicembre 2000, n. 388 (raddoppio a centoventi giorni della pausa fra notificazione del titolo esecutivo alla p.a. e il primo atto di esecuzione). L'opera riporta infine, senza commento, lo stralcio del d.d.l. Castelli (modifiche urgenti al c.p.c.) approvato dal Consiglio dei Ministri, ma non ancora divenuto legge, a tutt'oggi (novembre 2002). (g.f.) MARIO CONTE: Le prove nel processo civile, Giuffrè Ed., Milano, 2002. Se non è compito del processo accertare la verità dei fatti, un compito siffatto non è neppure delle parti litiganti poiché ciascuna di esse ha interesse a dimostrare non già la verità ma la «sua» verità ossia quella che gli consentirà di prevalere. Per questo anche i compiti del difensore non sono quelli dello storico, operando egli perché vengano accertati i fatti che giovano alla parte che assiste e, per contro, perché restino dubbi i fatti la cui mancata dimostrazione possa cagionare l'altrui soccombenza. Tutto ciò comporta che il difensore deve, all'interno dei fatti, saper selezionare quelli che potranno giovare alla sua tesi e quindi individuare i mezzi per fornirne al Giudice una rappresentazione concorde. I quali mezzi altro non sono che le prove, anch'esse quindi da vagliare accuratamente. Così stando le cose non può sorprendere che, come scrive M. Conte nell'introduzione del libro che qui si segnala, «il tema dell'istruzione probatoria da sempre ha affascinato le culture giuridiche di ogni popolo» onde alla prova sono stati dedicati studi di grande interesse. Peraltro l'opera del Conte non mira tanto ad approfondire la materia quanto a fornire, sulla scorta dei risultati già raggiunti dalla migliore dottrina italiana, un'informazione necessariamente sintetica su tutti gli aspetti della prova nel processo civile. Un primo capitolo (su «la funzione della prova nel processo civile») è così dedicato alle principali distinzioni tra mezzi istruttori (prove e argomenti di prova, presunzioni e indizi, prove semplici e legali, prove ex officio, precostituite e costituende, fatti notori e massime d'esperienza) e alle «fasi di acquisizione» e valutazione delle prove. Il secondo capitolo è dedicato alle «prove precostituite» (con riferimento anche al documento informatico) e al tema della verificazione e della querela di falso. Il capitolo 3 si occupa delle prove costituende e quindi di interrogatorio, confessione, giuramento, testimonianza, consulenza, richiesta di informazioni, ispezioni, esibizione e rendimento dei conti. Il quarto capitolo è dedicato alle prove atipiche e alle prove illecite. Per poter trattare la grande quantità di argomenti l'Autore ha dovuto privilegiare un'esposizione piuttosto spedita che ha comportato la rinunzia a maggiori approfondimenti. Peraltro, all'assenza di note a pié di pagina, l'Autore ha ovviato con guide bibliografiche (che precedono ogni capitolo) relative ai temi ivi trattati nonché con un indice bibliografico e con un indice cronologico delle sentenze che sono posti come explicit del libro. È da rimarcare la mancata menzione non tanto di opere risalenti (quali ad esempio il Trattato del Lessona) ma anche del libro recente di Salvatore Patti che sicuramente meritava di essere ricordato ai lettori (Salvatore PATTI, Prova documentale, in Commentario Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1996). (Salvatore Morvillo) GIUSEPPE MOLFESE: Ricorso e controricorso per Cassazione in materia civile, Cedam Ed., Padova, 2002. In questo volume l'Autore tratta in modo pratico ed esaustivo tutte le problematiche inerenti agli aspetti procedurali e sostanziali del giudizio in cassazione, fornendo tutte le indicazioni per orientarsi tra i possibili mezzi di impugnazione nella fase di legittimità. È trattata invero tutta la disciplina dei ricorsi per cassazione, e sono evidenziati tutti gli aspetti sia da parte del ricorrente che del controricorrente, con suddivisione chiara e lineare degli istituti, dai termini ai motivi, fino alle richieste più particolari, come la cancellazione di frasi offensive o la resposabilità ex art. 96 c.p.c. La completezza poi dell'analisi degli istituti, a livello giurisprudenziale e dottrinale, consente all'operatore del diritto di utilizzare uno strumento valido ed efficace, sia per risolvere piccoli problemi pratici e sia per approfondire la materia. I riferimenti giurisprudenziali integrano e completano le fattispecie, sia sostanziali che processuali, sino agli ultimi interventi anche del Consiglio di Stato, così da fornire un quadro non solo completo ma anche aggiornato. Insomma, un'opera utile e completa anche negli indici, studiati per rendere la consultazione più agevole e pratica. ANNUARIO 2001 dell'Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, Giuffrè Ed., Milano, 2002. Tempo «variabile» per il diritto amministrativo. _ Nel lungo monologo dantesco del VI canto del Purgatorio (per intenderci, quello che inizia con: «Ahi serva Italia, di dolore ostello...»), l'invettiva non risparmia il modo di legiferare e governare di Firenze e così conclude: «te, che fai tanto sottili / provedimenti, ch'a mezzo novembre / non giugne quel che tu d'ottobre fili. // Quante volte, del tempo che rimembre, / legge, moneta, officio e costume / hai tu mutato, e rinovate membre! // E se ben ti ricordi e vedi lume, / vedrai te somigliante a quella inferma / che non può trovar posa in su le piume, / ma con dar volta suo dolore scherma». La perdurante attualità di questa ammonizione è sorprendente e tocca ogni settore del diritto, non solo quelli tradizionalmente più vulnerabili (o «manipolabili» dal Principe di turno) come il diritto tributario. Tra essi, la precarietà si addice al diritto amministrativo. Prendiamo ad esempio la legge Merloni: dopo quattro versioni in poco più di otto anni, è ora preannunciata la quinquies (art. 7, comma 1, della l. n. 166/2002): basta un tratto di penna del legislatore, e cadono intere biblioteche... Due recenti pubblicazioni testimoniano significativamente i «tempi» («variabili») che caratterizzano il nostro diritto amministrativo. La prima è l'«ANNUARIO 2001» dell'Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo (Giuffrè 2002), che dedica la prima parte del volume al tema «I manuali di diritto amministrativo». Se già nel 1970, Massimo Severo Giannini manifestava il dubbio che la redazione del suo manuale di «Diritto Amministrativo» fosse un «atto di orgoglio», perché era molto difficile «fissare in un discorso scritto una realtà in divenire», oggi questo dubbio è quasi certezza. Lo sottolinea Sabino Cassese, nel libro che segnaliamo, quando afferma che «Dinanzi al mutamento, ci si può ritrarre indispettiti, come taluno ha fatto. O si può cercare di registrarlo. Ma, per far questo, bisogna scegliere un metodo particolare, che segnali la tendenza, senza perdersi nella cronaca, se non si vogliono scrivere manuali destinati ad una veloce obsolescenza». E subito dopo ecco un elenco (naturalmente incompleto) di queste linee di tendenza: «Ci si riferisce alla fine dello Stato-cerniera del diritto amministrativo e alla progressiva dominanza che in questo campo ha acquisito l'Unione Europea, all'erosione della supremazia dei poteri pubblici e alla connessa crisi della differenza tra diritto pubblico e privato; alla sostituzione del rapporto autorità-libertà con il consenso (e allo sviluppo all'interno di questo di nuove e più insidiose forme di autorità); allo spostamento del governo dal centro del diritto amministrativo; alla varietà di figure soggettive e di formule organizzative e al loro policentrismo; al sempre più complicato assetto delle relazioni che la tradizione inglese fa definire intergovernative; all'affermazione della piena giurisdizione del giudice amministrativo». Altro settore in grande turbolenza è quello dei «servizi pubblici», al quale il volume in questione dedica un'ampia trattazione con l'intervento di alcuni dei maggiori specialisti in materia. Anche questa materia è stata oggetto di una recente modifica legislativa (l'art. 35 della l. 28 dicembre 2001, n. 488 - legge finanziaria 2002), dedicata in particolare ai servizi pubblici locali. Si tratta di uno dei settori più influenzati dalla normativa comunitaria, a partire dall'art. 86 (ex art. 90) del Trattato, che ha imposto l'apertura al mercato di molti settori oggetto di «riserve» monopolistiche non più necessarie (è il fenomeno della c.d. privatizzazione, che ha contraddistinto il diritto amministrativo degli anni '90). L'altra pubblicazione che segnaliamo è un manuale di diritto processuale amministrativo («Elementi di diritto processuale amministrativo», di Maria Grazia Antoniucci, Giuffrè 2002), che espone in modo chiaro e sistematico l'innesto della riforma introdotta con la l. n. 205 del 21 luglio 2000 nel previgente ordinamento processuale. Se il diritto processuale è specchio del diritto sostanziale, è illusorio pretendere un processo amministrativo perfetto e compiuto. Ma proprio questa constatazione rende particolarmente pregevole l'opera della Antoniucci, che ha confezionato un manuale molto adatto per chi voglia avvicinarsi a questo ordinamento processuale senza particolari conoscenza previe. D'altronde il processo amministrativo risulta oggi disciplinato _ tra le numerose fonti _ da un testo regolamentare approvato con r.d. del 17 agosto 1907, n. 642 e, al contempo, da norme recentissime, come ad es. gli artt. 12 e 13 del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 in materia di risoluzione di controversie per alcune categorie di opere di pubblica utilità (norme che hanno creato un regime processuale binario all'interno di un altro regime speciale, quello dei procedimenti per l'affidamento contratti pubblici di cui all'art. 23-bis della l. n. 205). Coesistenza normativa, di testi distribuiti nell'arco di cento anni, davvero emblematica dello stato di confusione che regna in questo settore del diritto. Il libro della Antoniucci non poteva poi non dedicare ampio spazio a un importante principio di civiltà giuridica che recentemente ha fatto ingresso nel nostro diritto positivo: la responsabilità civile della pubblica amministrazione per attività provvedimentale illegittima. Il muro della irrisarcibilità degli interessi legittimi è infatti crollato per effetto della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 500 del 22 luglio 1999, ma era stato lungamente auspicato dalla più accorta dottrina e da ultimo sollecitato anche da alcune Direttive europee (in materia di contenzioso degli appalti pubblici). Principio (di diritto) sostanziale che non ha mancato di influenzare in maniera decisiva anche la struttura del processo amministrativo, che adesso appare dotato di un settore di «giurisdizione esclusiva» assai ampio: l'art. 7 della l. n. 205/2000, infatti, prevede ora espressamente il potere del Giudice Amministrativo di condannare l'Amministrazione al risarcimento del danno, persino nelle materie oggetto di giurisdizione di legittimità. Si tratta di un'importante riforma che probabilmente è destinata a mutare molti comportamenti dei pubblici funzionari, non più coperti dal privilegio della irresponsabilità. Anche il «tempo» del procedimento amministrativo, prima rimesso al quasi totale arbitrio del funzionario, non è ora più una «variabile indipendente», essendo specificamente disciplinato dalla l. n. 241/1990 (e provvedimenti attuativi) e sanzionato infine con il possibile risarcimento del danno. Insomma, assieme a tante incertezze non mancano significativi progressi. Sarebbe tuttavia da auspicare, per le riforme di fondo dell'ordinamento, un'ampia convergenza delle parti politiche e sociali, onde evitare che il sistema maggioritario dell'alternanza comporti la riscrittura di testi da una legislatura all'altra. Quando le leggi sono scritte bene, e sono ispirate a condivisi principi di giustizia, reggono bene l'usura degli anni. E possono, se non eliminare, almeno diminuire quel continuo e fastidioso rigirarsi del malato nel letto, di cui parlava Dante, alla ricerca della quiete. L'insonnia dell'avvocato che non riesce a liberarsi delle sue insicurezze. (Bruno Amadio) GUGLIELMO GULOTTA-SERENA PEZZATI: Sessualità, diritto e processo, Giuffrè Ed., Milano, 2002. Nello scenario di trascuratezza in cui versa la sessualità in campo scientifico, contrariamente alla sua ipertrofica diffusione mediatica e pornografica spicca in antitesi l'impegno del lavoro di scienza e di integrazione impiegato dai quarantacinque autori e dai due curatori per realizzare «Sessualità, diritto e processo»: oltre settecento pagine dedicate ai rapporti fra legge e sessualità. Da una parte la pulsione vitale e irrefrenabile, dall'altra il limite doloroso, ma necessario posto dalla cultura per la costruzione e l'evoluzione della civiltà. Il pregio dell'opera è determinato dal rigore scientifico, dall'interdisciplinarietà difficoltosa ma indispensabile nei temi sessuologici e dal contesto attuale della letteratura sull'argomento estremamente povero e carente in cui essa si inserisce: medici e psicologi, riguardo ai problemi sessuali, escono di norma disorientati dai rispettivi corsi di laurea deficitari su questi temi e si trovano in difficoltà in campo clinico dove cercano di supplire con training provati; tuttavia l'ambiente forense è ancor più sprovvisto di strumenti adeguati in quantoché la sessuologia clinica è più evoluta di quella giuridica. Ben venga pertanto quest'opera a colmare in parte il vuoto, a fare un po' di luce e promuovere gli studi in un settore tanto delicato e importante, tutt'oggi oscurato da reticenze, tabù, rimozioni, negazioni, fantasie misteriose. I contenuti. _ Il volume è suddiviso in cinque parti: le norme giuridiche che regolano il comportamento sessuale, i problemi legali legati in particolare alla procreazione e al transessualismo, i rapporti bidirezionali fra danno psichico e comportamento sessuale, i reati sessuali, il processo per reati sessuali. Vengono toccati e sviscerati molti temi rilevanti e problematici nelle professioni sanitarie e giuridiche: la rettificazione dell'attribuzione di sesso, l'uso degli stimoli sessuali nella pubblicità, l'attività sessuale nelle carceri, la regolamentazione della fecondazione assistita, la genitorialità degli omosessuali, il transessualismo, le parafilie e in particolare la pedofilia, la sexual addiction, la prostituzione, il danno psichico e la sua valutazione conseguente a violenza ed abuso sessuale, le aggressioni sessuali, l'omicidio passionale, i serial killer, il profilo psicologico dei criminali, la gelosia patologica, le molestie sessuali (stalking), i reati dei minori, violenze e abusi perpetrati dal sesso femminile, la comunicazione non verbale nello svolgimento dei processi per reati sessuali con le sue inferenze circa l'attendibilità dei testimoni, il problema complesso, angosciante e tuttora non del tutto risolto del discernimento tra vero e falso nelle indagini sugli abusi ai minori. Viene anche analizzato il ruolo dell'operatore sanitario quando è coinvolto in questi problemi, chiamato a svolgere la difficile opera di mediazione fra la complessità della persona umana e l'inevitabile riduttivismo della legge. La visione della sessualità nell'ottica della psicologia evoluzionista proposta da Gulotta nell'introduzione, la pedofilia come confusione semantica che sorge nel sacrario della famiglia secondo l'analisi di Veglia, i delinquenti perversi e seriali visti da Fornari come espressione di disturbi dell'umore bipolare sono esempi di spunti fertili e suggestivi da me riscontrati. Curatori e autori. _ Guglielmo Gulotta, Professore Ordinario di Psicologia Giuridica dell'Università di Torino, autore di numerose pubblicazioni sulla psicosessuologia giuridica tra cui il trattato «Elementi di psicologia giuridica e di diritto psicologico», coadiuvato da Serena Pezzati, psicologa, ha svolto l'oneroso compito di integrare quarantacinque cultori di scienze diverse per generare un costrutto interdisciplinare, essendo l'interdisciplinarietà necessaria per affrontare adeguatamente i problemi sessuali. Tra gli autori figurano: giudici, avvocati, psicologi, psicoterapeuti delle diverse scuole, sociologi, neuropsicologi, psicologi investigativi, criminologi, psicologi giuridici esperti di Tribunali di Sorveglianza, esponenti della Polizia scientifica, psicopatologi forensi, medici legali, consulenti tecnici e periti di Tribunale. La visione così articolata e complessa costituisce un netto passo avanti nel settore: strumento indispensabile al professionista e utile alla società. Struttura editoriale. _ Anche se l'opera prende spunto dagli atti di un congresso, il lavoro minuzioso di cura l'ha trasformata in un vero e proprio libro di formazione e di consultazione particolarmente indirizzato agli psicologi, ma anche al medico, a qualsiasi operatore sanitario, al giudice, all'avvocato, all'assistente sociale. In particolare ho apprezzato la ricca paragrafatura dei vari capitoli, l'elenco dei paragrafi riportati all'inizio di ogni capitolo: in tal modo il lettore può rapidamente rintracciare i vari contenuti. Conclusioni. _ Anche se non completamente esaustiva sul binomio sessualità e legge (premesso che non esistono attualmente lavori che soddisfino questa caratteristica) l'opera costituisce un punto di riferimento fondamentale sul tema per tutti i professionisti coinvolti, per la ricchezza degli argomenti trattati, per il lavoro interdisciplinare e per la cura del testo. (Giovanni Cociglio, Coordinatore Didattico della Scuola Superiore di Sessuologia Clinica di Torino) CARLO BENUSSI: I delitti contro la pubblica amministrazione, Cedam Ed., Padova, 2001. Si tratta del tomo I (i delitti dei p.p. u.u.) del primo volume della Parte Speciale del TRATTATO DI DIRITTO PENALE diretto da Giorgio Marinucci ed Emilio Dolcini. L'intento pienamente raggiunto da questa prima monografia è quello di fornire al lettore, fra l'altro, una ragionata ed esauriente fonte di conoscenza e di approfondimento dei reali problemi quotidianamente affrontati nelle aule di giustizia alla luce dei più significativi orientamenti dottrinali e della più rilevante giurisprudenza di merito e di legittimità. Giorgio Marinucci ed Emilio Dolcini, nella presentazione di questa prima monografia, sottolineano che, nel curare il Trattato, hanno inteso percorrere il metodo tracciato dai grandi giuristi del passato, da Vincenzo Manzini a Cogliolo e ad Eugenio Florian, valendosi del contributo di vari studiosi cui affidare l'elaborazione di una serie di volumi monografici. Il risultato di questa prima monografia si compendia nell'esemplare approfondimento che sollecita l'attenzione alla conoscenza della parte speciale del diritto penale, spesso costretta nell'area di una limitata gamma di reati. La monografia di Carlo Benussi, tratta in particolare delle qualifiche soggettive (nozione di pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, esercente un servizio di pubblica necessità e funzionario comunitario); delle varie forme di peculato; dei delitti di illecita destinazione e percezione di pubbliche erogazioni; della concussione; dei delitti di corruzione in genere; del delitto di abuso d'ufficio e di quelli relativi al segreto d'ufficio nonché di rifiuto ed omissione di atti d'ufficio; di interruzione di un servizio di pubblica necessità; dei reati di sottrazione e danneggiamento di cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa; della circostanza attenuante della particolare tenuità. L'accuratezza sistematica dell'opera è arricchita da un puntuale indice analitico e da uno cronologico delle sentenze, citate capitolo per capitolo. (g.f.). GIORGIO MARINUCCI-EMILIO DOLCINI: Corso di diritto penale, Giuffrè Ed., Milano, 2001. È alla sua terza edizione, la quale completa la trattazione del tema della legge penale. All'analisi delle fonti segue l'esame dell'efficacia della legge penale nel tempo, nello spazio e rispetto alle persone. Completezza espositiva nonché esemplificazioni e riferimenti giurisprudenziali (che richiedono oggi particolare attenzione) rappresentano una non discutibile virtù di quest'opera. La speculazione approfondita dei vari capitoli si riferisce anche a tutta la letteratura apparsa fino all'ultimo scorcio del 2000, confrontandosi apertamente con essa, nel consenso e nel dissenso, attraverso una coinvolgente «curiosità» verso i temi più delicati della legge penale e dei riscontri giurisprudenziali. Ad esempio si segnala il capitolo sulla struttura del reato a fronte dei principi costituzionali, dove l'analisi critica del principio di colpevolezza _ del tormentato itinerario storico dal fascismo ad oggi _ offre un quadro particolarmente intrigante dal punto di vista teorico ed altresì pratico. GIORGIO MARINUCCI-EMILIO DOLCINI: Diritto penale. Parte generale, Giuffrè Ed., Milano, 2002. L'opera segnalata si affianca al «Corso di diritto penale» di cui alla precedente nota. Ha la fisionomia di un manuale differenziandosi, peraltro, per un'accentuato impegno di sintesi, dai manuali classici. È indirizzato specialmente ai nuovi corsi di laurea triennali, ma si segnala comunque anche per la visione tutt'altro che sommaria del pianeta penalistico, particolarmente in virtù dell'appropriata trattazione dei più importanti capitoli della parte generale del diritto penale. MARIO ROMANO: I delitti contro la pubblica amministrazione (Delitti dei privati qualifiche soggettive e pubblicistiche - artt. 336-360 c.p.), 2a edizione, Giuffrè Ed., Milano, 2002. Questa parte del ben noto commentario sistematico giunto alla sua seconda edizione reca la seguente premessa dell'A.: «i tre anni trascorsi dalla prima edizione richiedevano già, oltre ad un non irrilevante aggiornamento, soprattutto ma non solo giurisprudenziale, un sostanziale adeguamento sia in tema di oltraggi a pubblico ufficiale, a seguito dell'abrogazione della norma della figura-base dell'oltraggio a pubblico ufficiale, sia di alcuni reati divenuti nel frattempo illeciti amministrativi». A parte la conversione delle sanzioni pecuniarie in euro, si è reso necessario anche l'esame di un nuovo delitto (art. 337bis) che _ dice l'A. _ il nostro provvido inesausto legislatore non ha mancato di recente di inserire nel codice penale. Mario Romano è autore troppo noto per la serietà dei suoi contributi per essere «presentato». Si presenta da sé anche in questa seconda edizione per l'accuratezza tecnica della trattazione oltre che in virtù della consueta chiarezza comunicativa che conduce con facilità il lettore interessato lungo un percorso logico privo di inutili insistenze e di acrobasmi dialettici. FRANCESCO ANTOLISEI: Manuale di diritto penale - Leggi complementari (i reati societari, bancari, di lavoro e previdenza), Giuffrè Ed., Milano, 2002. La dodicesima edizione aggiornata ed integrata dal Prof. Luigi Conti, reca questa «avvertenza»: L'autentica rivoluzione copernicana apportata nella materia del diritto penale societario dalla l. 3 ottobre 2001, n. 366 e dal d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61 ha imposto di riscrivere buona parte di questo volume delle leggi complementari. E nel far ciò ancora una volta (il Conti ha curato tutte le edizioni successive alla prima, datata 1959, n.d.r.) ho sentito vivo e presente, pur dopo quant'anni, il ricordo del mio Maestro, del suo fervido operare, del suo nitido stile espositivo di indirizzi ed idee, frutti sempre di lunga meditazione e di profondo convincimento. È un lavoro indispensabile per la biblioteca di ogni penalista e, comunque, di ogni operatore che tratti del diritto societario. L'analisi della nuova e controversa disciplina dei reati societari e bancari, sia nella parte generale che in quella speciale, descrive e commenta puntualmente le innovazioni in relazione ai reati di false comunicazioni sociali e, poi, alle offese delle funzioni di garanzia, all'infedeltà ed agli eccessi di potere degli organi sociali, alle inosservanze di obblighi funzionali, alle attività e partecipazioni non autorizzate, alle violazioni di requisiti o limiti di legge, alle responsabilità degli Enti, alle disposizioni in materia di assegno cambiale e valuta. Infine l'A. ha trattato la materia del lavoro e previdenza. In particolare si sottolinea la trattazione dei reati di false comunicazioni sociali e, in special modo, la «vicenda» riguardante il vecchio ed il nuovo nell'art. 2621 c.c. e nell'attuale ripartizione normativa dello stesso. I problemi nascenti da tale riforma, com'è noto, sono molteplici e talvolta di non facile soluzione. La riforma trae spunto da interpretazioni giurisprudenziali che hanno teso a dilatare la sfera di efficacia del «vecchio» art. 2621 c.c. In proposito l'A. riconosce che, con la recente riforma, è stato effettivamente perseguito un maggior ordine nella materia «seppur non sempre con successo». Non è più attuale, prosegue l'A., il dibattuto problema fra le norme speciali che sanzionano le false comunicazioni agli organi di vigilanza e la norma generale di cui all'art. 2621, n. 1, vecchio testo, dal momento che la nuova norma limita il suo oggetto alle comunicazioni sociali, dirette ai soci o al pubblico. Il Conti, nel commentare esaustivamente i nuovi reati previsti dagli artt. 2621 e 2622 c.c., osserva criticamente fra l'altro che l'ipotesi contravvenzionale appare costruita incoerentemente rispetto agli elementi costitutivi propri del delitto rispetto all'elemento soggettivo dopo la riforma. Il progetto ha abbandonato il discusso richiamo alla frode («fraudolentemente») e lo ha sostituito con due requisiti: l'esigenza del dolo intenzionale; l'esclusione di un dolo eventuale ed il limite ulteriore del perseguimento di un ingiusto profitto. Sotto questo profilo è significativa l'opinione dell'A. secondo il quale i caratteri che tali requisiti, cui dedica un'apposita analisi esegetica, hanno finito per ridurre la funzione social-preventiva dei reati in questione rendendo ardua la prova anche delle manipolazioni più ardite e spericolate. Lo sviluppo di tale tematica è di notevole interesse. (g.f) ALESSIO LANZI-ALBERTO CADOPPI: I movimenti societari, Cedam Ed., Padova, 2002. La riforma introdotta a far tempo dal 16 aprile (d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61) è l'oggetto della ragionata lettura di tale pubblicazione, coordinata dagli AA. sopra citati. Il testo è redatto dagli AA. predetti col contributo di altri qualificati interpreti (avvocati e magistrati, docenti universitari e giovani giuristi). La lettura spazia anche in direzione del nuovo reato fallimentare (art. 223 cpv., n. 1, l. fall.) e della responsabilità delle persone giuridiche. Si tratta di un'opera che si propone di offrire un contributo all'operatore di giustizia sotto il profilo dell'interpretazione _ articolo per articolo _ di una novella legislativa «che in quanto tale si può criticare o condividere, ma che comunque merita un sereno approccio interpretativo, trattandosi di una legge dello Stato, espressione della sua volontà e così di quello stesso principio di legalità che tutti riconosciamo come cardine del nostro sistema penale». Questo si legge nella prefazione del libro la lettura del quale consente di formulare un giudizio certamente positivo sotto l'aspetto pratico della finalità propostasi dagli AA. A corredo dell'opera il cui commento è stato svolto articolo per articolo al fine di agevolare la consultazione e l'utilità immediata per l'interprete (fino al tormentato tema del reale abolitio criminis ovvero della modificazione delle leggi penali nel tempo). Il commento è integrato da numerose e interessanti note bibliografiche. MARCO GAMBARDELLA: Il controllo del giudice penale sulla legalità amministrativa, Giuffrè Ed., Milano, 2002, pp. XII-331. «È proprio grazie al principio della separazione dei poteri che il giudice ordinario può controllare la legalità dell'azione amministrativa, e non è quindi vero il contrario _ come comunemente si afferma _ che il principio di matrice illuministica impedisca al giudice di prendere cognizione degli atti della pubblica amministrazione». Questa la premessa base dell'attento lavoro di Marco Gambardella dedicato all'analisi dei complessi rapporti correnti tra l'accertamento condotto dal giudice penale e la disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo. L'opera, divisa in quattro parti (origine ed evoluzione del controllo di legalità del giudice penale sull'atto amministrativo, la disapplicazione dell'atto amministrativo da parte del giudice penale, la posizione dell'atto amministrativo rispetto alla norma incriminatrice, il controllo del giudice penale sulla legalità dell'atto amministrativo nel reato di abuso di ufficio), prende spunto da un sintetico ma completo, pregevole ed anche affascinante esame storico-comparatistico sulla legislazione esistente in Francia, Belgio e Italia con riguardo al controllo del giudice penale sulla legalità dell'attività amministrativa. Vengono così attentamente ripercorse le tappe di un itinerario che parte dal divieto ai giudici di prendere cognizione del contenzioso amministrativo, contenuto nell'editto di Saint Germain en Laye del 1641, l'originario modello legislativo regolante i rapporti tra giudice ordinario e attività amministrativa della Francia ancien régime. Si passa, poi, attraverso la Rivoluzione francese ed il principio della separazione dei poteri, che riconosce al giudice il controllo sull'attività amministrativa quando essa pregiudichi le libertà fondamentali dei cittadini, per arrivare sino alla costituzione belga del 1831, la quale stabilisce una competenza generale dei giudici ordinari nei confronti della legalità degli atti amministrativi. Da quest'ultimo ordinamento trae ispirazione il sistema italiano, fondato sulla l. 20 marzo 1865, n. 2245, All. E, relativa all'abolizione del contenzioso amministrativo, che ha devoluto la competenza a decidere sulle questioni di diritto soggettivo ai tribunali ordinari, seppur con molte eccezioni (si pensi, ad esempio, alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato in determinate materie, nonché all'esistenza di molteplici situazioni di interesse risolte all'interno della P.A.). La successiva evoluzione ha visto quale norma qualificante l'art. 113 Cost., che prevede la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione. La lettura integrata degli artt. 2, 4 e 5 della l. n. 2245 del 1865, della norma dell'art. 101, comma 2, Cost., che vuole il giudice soggetto soltanto alla legge, e del principio della gerarchia delle fonti consente, secondo Gambardella, di affermare che l'ambito della potestà di disapplicazione dell'atto illegittimo coincide con l'area della giurisdizione del giudice ordinario. Ciò significa che il giudice penale ha il generale potere-dovere di disapplicare gli atti amministrativi non conformi a legge. Giunto a questo punto l'Autore approfondisce l'analisi del concetto di disapplicazione, in riferimento tanto ai principi costituzionali, quanto a quelli comunitari, quanto ancora all'elaborazione giurisprudenziale in tema di concessione edilizia illegittima. Di particolare interesse risulta la terza parte dell'opera, ove vengono esaminati i rapporti tra norma incriminatrice e atto amministrativo. Il principio cardine da cui muove l'intera analisi è quello costituzionale di legalità in materia penale e dei suoi corollari, dal quale scaturiscono _ ad avviso dell'Autore _ gli unici veri limiti al generale potere di controllo che il giudice penale esercita sulla legalità amministrativa, quando svolge un accertamento sull'esistenza di una condotta penalmente rilevante. In linea generale, ad avviso dell'Autore il giudice penale non potrebbe controllare la legalità amministrativa dell'atto, al fine di disapplicarlo, quando esso concorra a descrivere il comportamento vietato dalla norma penale, essendogli ciò precluso dall'esistenza del principio di legalità in campo penale e dai suoi corollari, il principio di tassatività, il divieto di analogia, il principio di irretroattività. Secondo l'Autore, i casi nei quali può essere ammessa la disapplicazione dell'atto in malam partem, e cioè che conduce alla condanna, sono limitati alle ipotesi in cui l'atto amministrativo non è un elemento della fattispecie e quindi non concorre a definire il contenuto precettivo della regola di condotta, presidiata dai principi costituzionali anzidetti (l'esempio è quello delle cause estintive del reato, analoghe alla sanatoria edilizia). Naturalmente _ osserva l'Autore _ il principio di legalità non vincola in alcun modo la generale potestà del giudice penale di disapplicare l'atto amministrativo illegittimo in bonam partem, al fine di escludere l'esistenza del reato. Questo accade quando tra gli elementi costitutivi del reato è presente un atto amministrativo restrittivo della sfera giuridica del privato in funzione di presupposto della condotta incriminatrice (es. art. 663, comma 2, c.p., che punisce chi affigge scritti o disegni senza osservare le prescrizioni della pubblica amministrazione), oppure quando si è in presenza di norme penali che sanzionano l'inottemperanza ad un ordine della pubblica amministrazione (es. il reato di cui all'art. 2, l. n. 1423/1956, che punisce chi contravviene al provvedimento di rimpatrio adottato dal questore) o, infine, in riferimento a quelle ipotesi nelle quali la legalità dell'atto amministrativo è presente espressamente nella descrizione della condotta vietata (es. art. 650 c.p.). L'ultima parte della monografia è dedicata ad un'approfondita disamina del controllo da parte del giudice penale sulla legalità amministrativa nel reato di abuso di ufficio. Tale disposizione rappresenta una norma chiave del tema trattato da Gambardella, poiché investe direttamente i rapporti fra giudice penale e attività amministrativa, essendo _ a detta dell'Autore _ «lo strumento normativo che permette un certo controllo del giudice penale, e quindi del potere giudiziario, sull'esercizio dell'attività discrezionale della pubblica amministrazione». L'analisi del tema prende le mosse dall'opinione negativa dell'Autore sulla riforma che nel 1997 avrebbe sottratto al giudice penale il controllo sull'eccesso di potere in tema di abuso di ufficio. Egli infatti si mostra dell'avviso che l'abuso di ufficio sia ontologicamente legato all'abuso di potere. Da questo presupposto di ritenuta inopportunità della voluntas legislatoris, l'Autore conduce il suo lettore attraverso una complessa ricostruzione esegetica, all'esito della quale viene introdotto il distinguo tra «violazione di legge» _ intesa come vizio deducibile davanti alle autorità giurisdizionali amministrative _ e «violazione di norme di legge» prevista dal nuovo testo dell'art. 323 c.p. L'Autore perviene allora alla conclusione, peraltro difforme dalla prevalente dottrina e giurisprudenza, che quest'ultima espressione si riferisca non già al vizio di legittimità amministrativa, ma alla violazione di qualsiasi norma di legge o costituzionale, comprese anche quelle di principio o programmatiche e persino quelle derivanti da strumenti normativi di carattere regolamentare. Poiché l'eccesso di potere è, dunque, anche una violazione di legge, in quanto violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, esso sarebbe tuttora ricompreso nell'ambito del reato di abuso di ufficio. In sostanza, l'espressa intenzione del legislatore del 1997 non si sarebbe, ad avviso dell'Autore. affatto tradotta sul piano della legislazione positiva. Il volume si conclude con una proposta de lege ferenda sulla necessità di introdurre nella parte generale del codice penale una norma che positivizzi il controllo del giudice penale sulla legalità amministrativa, sul modello dell'art. 111 del codice penale francese, pur con tutte le differenze del caso, considerando che in Italia è storicamente ignorata la contrapposizione fra principio di legalità nella giurisdizione e il principio di legalità rilevante in materia penale ex art. 25 Cost., problema già ampiamente superato in Francia ove la preminenza del secondo sul primo comporta che il giudice penale possa disapplicare l'atto amministrativo solo per garantire la libertà del cittadino, dunque mai in malam partem. In sintesi, ecco i contenuti a cui la norma in oggetto dovrebbe uniformarsi: «i) il giudice deve disapplicare l'atto amministrativo illegittimo rilevante per l'accertamento di un reato, quando dall'esercizio di tale potestà può conseguire l'assoluzione dell'imputato; ii) il giudice non può disapplicare l'atto amministrativo illegittimo rilevante per l'accertamento di un reato, se da questa operazione può conseguire la condanna dell'imputato; iii) il giudice deve disapplicare l'atto amministrativo illegittimo rilevante per l'accertamento di un reato, anche se dall'esercizio di tale potestà può derivare la condanna dell'imputato, se l'atto non concorra in alcun modo a descrivere la condotta penalmente sanzionata». (Massimo Bassi) Codice penale, a cura di Giorgio Lattanzi, annotato con la Giurisprudenza, Giuffrè Ed., Milano, 2002. La seconda edizione, aggiornata al 31 luglio 2002, ripete il ben noto ed apprezzato schema della prima edizione come, d'altronde, tutte le opere dirette da Giorgio Lattanzi. Puntualità e ricchezza dei riferimenti giurisprudenziali, descritti per oggetto specifico. Difficile aggiungere alcunché se non doverosamente sottolineare l'accurata, funzionale veste tipografica. I quattro codici e le leggi complementari, Giuffrè Ed., Milano, 2002. Un'iniziativa editoriale che soddisfa l'esigenza avvertita anche in relazione alla nota interminabile serie di novelle riformatrici. Un volumetto compatto, aggiornato al settembre 2002, con l'impronta ormai familiare della collana «Cosa e Come», contraddistinta dalla razionalità strutturale e dalla completezza anche relativamente alle leggi complementari ai codici (per esemplificazione sommaria: dall'adozione, alla disciplina della professione di avvocato fino al processo informatico, alle spese di giustizia, al tema degli stranieri extracomunitari).