Note sulle Linee Guida per le Attività di Programmazione e Progettazione degli Interventi per il Contrasto del Rischio Idorgeologico – Italia Sicura – Versione Maggio 2016 A cura di Francesco Ballio e Scira Menoni – Politecnico di Milano Premessa Sicuramente le Linee Guida rappresentano una sintesi efficace di un insieme molto complesso di problemi, proposte di soluzioni, riferimenti conoscitivi di non poco conto. L’insieme delle schede che affrontano in sintesi ogni aspetto rilevante per gli interventi di mitigazione del rischio e i riferimenti normativi è sicuramente utile nel restituire alcuni punti essenziali e definire un indirizzo per l’azione. Le note a seguire intendono quindi solo costituire un suggerimento per quanto riguarda alcuni aspetti che potrebbero essere ancora meglio esplicitati. Nel proporre la riflessione ci si rende conto che non è affatto semplice lavorare ulteriormente sulle Linee Guida che sono state probabilmente il risultato di mediazioni e forse dell’assenza o dello scarso peso di alcune competenze che purtroppo non sono particolarmente attente ai temi della prevenzione del rischio. Scheda 2. Valutazione comparata Pagina 6 laddove primo comma sui criteri e la CB, con Giulia Pesaro ragionavamo che in realtà sono molte le formule che permettono di calcolare la CB alcune sono sottrazioni, perché “ratio” è inteso in inglese come relazione, non rapporto in senso italiano. Noi proporremmo di mettere relazione per essere espliciti perché qui immagino non si prediliga una formula all’altra. Sempre nella stessa pagina alla voce “Beni non negoziabili”, abbiamo avuto qualche problema nella comprensione della frase “ In ogni caso l’intero sistema di gestione del rischio deve garantire che la probabilità di perdita di questi beni (forse conviene ribadire i beni non negoziabili), qualora vengano seguite correttamente le procedure esplicitate nei diversi strumenti di pianificazione, soprattutto di emergenza, risulti coerente con quella che si registra in condizioni ordinarie”. Non è chiaro se occorre sempre garantire che la probabilità di perdita in caso di evento calamitoso deve essere uguale a quando si è in situazioni normali. Se è così forse occorrerebbe discutere se è davvero possibile. Anche la frase dopo non è tanto chiara e forse occorrerebbe esplicitare meglio quello che si vuole dire. Non siamo certi che sia bene mettere insieme il rischio residuo con la perdita di beni non negoziabili, o comunque il nesso va dichiarato e spiegato non è così intuitivo e semplice come appare da queste righe. Un altro concetto ancora è la questione dei costi da sostenere per ridurre la possibilità di perdita di beni non negoziabili. In sintesi: - Esplicitare il nesso rischio residuo-perdita beni non negoziabili (non è detto che sempre il rischio residuo implichi perdita di tali beni); Esplicitare che è necessario tenere conto dei beni non negoziabili in una costi benefici, sia come costi sia come benefici in termini di danni evitati; Esplicitare di quali costi si sta parlando esattamente non è così chiaro. Cioè quali sono i costi che permetteranno di evitare la perdita di beni non negoziabili. Scheda 4. Analisi sistemica Nella scheda 4, pagina 9 si sottolinea che l’analisi è prevalentemente riferita ad aspetti di pericolosità, laddove si dice “la progettazione dovrà infatti analizzare anche gli effetti che l’opera stessa può indurre alle ulteriori scale spaziali pertinenti, da quella di versante a quella di sottobacino e di bacino o di unità fisiografica”. Il punto è che il beneficio potrebbe essere valutato anche in sistemi territoriali e funzionali diversi, la cui unità quindi non è fisica ma amministrativa (si potrebbe risentire del beneficio in altri distretti industriali, o in aree corrispondenti al bacino di utenza di un servizio). Nel paragrafo sui fenomeni alluvionali nella stessa pagina 9 si dice “si dovrà verificare che l’intervento non vada a favorire, innescare o propagare effetti comunque peggiorativi rispetto allo stato antecedente, sia in termini di incremento dei volumi di deflusso e delle portate di colmo etc.”. Ora si parla degli interventi in termini di incremento della pericolosità che occorre evitare, ma non si parla dell’incremento del rischio che pure l’opera potrebbe indurre, ad esempio in caso di crescita dell’urbanizzazione. Secondo noi occorrerebbe esplicitare anche questo aspetto nella definizione dell’efficacia delle misure di difesa, che da un lato devono raccordarsi con la pianificazione di emergenza, ma dall’altro devono raccordarsi con una pianificazione del territorio che non incrementi esposizione e vulnerabilità. Il concetto di non aggravio delle condizioni di rischio è ribadito nelle indicazioni a fine pagina, tuttavia nel seguito si sottolinea che la valutazione dei rischi alluvionali deve essere preceduta da una caratterizzazione del bacino idrografico e del sistema fluviale ma non si parla esplicitamente di sistema territoriale, che è parte integrante del rischio stesso. Scheda 10. Effetti sociali ed economici Scheda 10, pagina 20. Nel criterio guida sembra che si faccia riferimento agli aspetti urbanistici e territoriali solo relativamente agli aspetti strettamente connessi all’opera (espropri e occupazione temporanea), non è chiaro a che cosa ci si riferisca con “in relazione al ciclo di vita dell’opera”. Cioè non è chiaro se parliamo degli impatti dell’opera sul territorio o se parliamo di quanto il territorio potrà incidere sull’efficacia dell’opera stessa. Lo stesso dicasi per gli Aspetti specifici. Nel paragrafo “analisi e condivisione”, secondo noi non si può mettere insieme in poche righe il concetto di rendere l’opera fruibile (rendendola “verde” ciclopedonale) con il concetto dell’ascolto e della partecipazione. Anche perché gli aspetti specifici riguardano ancora l’opera e quello che si dice ha sicuramente impatto sul turismo e in parte sull’agricoltura, ma per quanto riguarda le attività produttive in senso più generale non è chiaro come. Le informazioni relative ai comparti produttivo etc sono già raccolte da vari enti, in particolare Camere di Commercio e Istat, ci si domanda se debba essere il progettista a occuparsi di campi di cui non è esperto. Su tutto il tema degli effetti sociali ed economici occorre una competenza specifica. Si sottolinea inoltre la stranezza di non avere nessuna scheda sugli effetti territoriali, che invece sono di grande rilevanza dal punto di vista della pianificazione e gestione del territorio. Alcuni elementi sono all’interno di questa scheda socio-economica, si rileva tuttavia che aspetti territoriali e socio-economici non coincidono del tutto e comunque in una pagina è difficile trattare entrambi. Si segnala inoltre un probabile refuso nel terso paragrafo dove si dice “l’incremento della fruibilità dell’area di interesse, viale anche attraverso…”. Sempre in questa scheda nelle Indicazioni si parla di percezione degli impatti sul sistema sociale ed economico, anche questo è un grande tema, ma che qui non è collegato sufficientemente ai punti precedenti. In sintesi l’accento è troppo sull’opera per potere poi espandere ad aspetti socio-sistemici (che non possono ricondursi solo alle dinamiche demografiche) in generale. Scheda 11. Considerazioni sulla resilienza Scheda 11, pagina 21, nelle Indicazioni, si legge “considerando la successione logaritmica dei tempi di ritorno…, saranno da preferire quelle soluzioni tecniche che garantiscano comunque significativi effetti positivi dell’intervento, oltre che per lo scenario preso a riferimento, anche per quelli immediatamente inferiori e superiori”. Ci si domanda se questo è fattibile, o meglio se è vero che l’opera ha una relazione costi benefici buona per tutti gli scenari. In alcuni casi studiati la risposta sembra no. Questo è un punto su cui riflettere: se un’opera salvaguarda un territorio per gli eventi più frequenti ma non per quello catastrofico è da considerare buono oppure no. La storia ci dice di sì. Nel contempo questo punto in particolare fa emergere il problema della necessità di integrare diverse misure di mitigazione, come d’altronde già nei piani stralcio delle fasce fluviali…