Diffusione delle religioni
Tra i fenomeni che attraverso i secoli ha costituito elemento di cambiamenti nella geografia antropica del
nostro pianeta c’è sicuramente la diffusione di particolari religioni. Tra queste religioni alcune avevano e d hanno
tuttora in se stesse il principio del proselitismo, e quindi la tendenza più o meno spiccata e perseguita di
diffondere, anche in modo violento, la religione in regioni lontane da quella d’origine. In altri casi migrazioni di
popoli o di gruppi etnici seguaci di una religione la diffusero mantenendo nelle nuove sedi le religioni dei paesi
d’origine in modo più pacifico con quelle coesistenti. Va subito detto che sotto questo profilo molti stati si trovano
coinvolti in lotte, intestine o meno, ascrivibili almeno in parte a motivi religiosi.
Il quadro attuale della situazione, in termini di predominanza di diverse religioni nelle singole regioni,
rende evidente più che altro in termini numerici il risultato di secoli di storia, che hanno portato in alcune religioni
anche divisioni interne definibili come chiese, istituzioni, credenze o sette.
La tabella seguente cerca di evidenziare in termini numerici la diffusione delle religioni più significative.
Non va dimenticato che in tutta la terra esistono stati o entità minori che dichiarano di non aderire a nessuna
religione e che in alcune regioni sono diffusi tutt’ora riti tribali. Oltre a questo va rilevato come all’interno di singoli
stati che si dichiarano atei vi siano religioni radicate da tempo nel territorio.
Cristiana
Islamica
Induista
Buddhista
Confuciana
Tribale
Shintoismo
Gianismo Sikhismo
Daoismo
Ebraica
1.853.000.000
971.000.000
732.000.000
365.000.000
237.000.000
405.000.000
100.000.000
22.000.000
20.000.000
19.000.000
56 Chiese - 175 Istituzioni
3 correnti - 65 movimenti -145 sette
6 dottrine filosofiche - 1256 movimenti
3 dottrine filosofiche - 1680 movimenti
8 correnti - 840 Scuole
26.397 credenze
3 correnti - 12 tribù politiche religiose
Tabellla delle principali religioni
Cristianesimo
La religione cristiana è la prima comunità religiosa nel mondo in termini sia di numero di seguaci (circa
un miliardo e mezzo, ovvero il 32% della popolazione mondiale), sia di diffusione geografica (il cristianesimo è
diffuso in 225 paesi in tutte le parti del mondo).
Il Cristianesimo nasce duemila anni fa nella terra di Israele in seguito alla predicazione di un ebreo,
Gesù di Nazareth. Gesù era un predicatore itinerante che raccolse attorno a sé un movimento composto dai più
diversi strati della popolazione ebraica con un nucleo di discepoli più ristretto. Gesù auspicava l'avvento del regno
di Dio e cioè di un mondo in cui si doveva realizzare la volontà di Dio, l'amore tra tutti gli uomini e il rispetto della
giustizia. In attesa di instaurare il suo regno, Dio concedeva il perdono a tutti i peccatori che si convertivano e che
a loro volta perdonavano a coloro che avevano fatto loro del male. Nel giudizio universale finale Dio avrebbe
punito tutti i malvagi, ma soprattutto quelli che avevano oppresso i poveri, commesso ingiustizie e perseguitato i
giusti. Gesù ottenne successo tra la popolazione ebraica del Terra di Isarele, ma fu fortemente osteggiato da
alcuni gruppi di potenti autorità religiose che lo denunciarono ingiustamente presso i Romani che in quel tempo
dominavano nella Terra di Israele. I Romani arrestarono Gesù e lo misero a morte secondo il supplizio
tipicamente romano della crocifissione.
Immediatamente dopo la morte di Gesù il gruppo dei più fedeli discepoli di Gesù ebbe una serie di
sconvolgenti apparizioni e credette alla risurrezione di Gesù dando vita ad una attivissima predicazione che in
pochi decenni si irradiò in molte parti del mondo antico. Nonostante momenti di persecuzione da parte della
autorità politiche, il Cristianesimo si diffuse nei secoli successivi fino ad ottenere un appoggio da parte dell'impero
romano sotto l'imperatore Costantino. Dalla metà del IV secolo alla metà del VI secolo si attuò la progressiva
cristianizzazione dell'impero romano.
Nel VII secolo l' Islam, nata nella penisola arabica, si diffuse rapidamente in territori che per secoli erano
stati cristiani, come ad esempio tutta l'Africa del Nord. Ma il Cristianesimo continuò la sua diffusione soprattutto in
Europa, ma anche in altre parti dell'Africa e dell'Asia.
Carta della diffusione delle principali religioni nel mondo.
Attualmente non esiste una sola forma di Cristianesimo. Pur essendo una religione unitaria, perché unita
dalla fede in Gesù Cristo, il Cristianesimo si presenta, infatti, suddiviso in quattro grandi gruppi di chiese
principali: le chiese ortodosse (tra le quali si distinguono quelle storicamente riconducibili al patriarcato di
Costantinopoli e quelle riconducibili al Patriarcato di Mosca); la chiesa cattolica (che nella sua origine dipende
dalla chiesa di Roma e rappresenta il Cristianesimo latino), le chiese orientali (come, ad esempio, la chiesa
apostolica armena che risale al III secolo e quella copta) e le chiese protestanti nate da una scissione all'interno
della chiesa latina all'inizio del XVI secolo.
A partire dall'inizio del XVI secolo, grazie all'espansione delle potenze europee in seguito allo sviluppo
della moderna civiltà tecnico-scientifica e industriale, le diverse forme di Cristianesimo si diffusero in tutte parti del
mondo. Nei primi decenni del secolo XX si è diffuso, grazie al movimento ecumenico, nelle diverse chiese
cristiane separate, l'aspirazione alla riunificazione, che tuttavia incontra difficoltà gravissime, poste le grandi
differenze non solo dottrinali ed istituzionali, ma anche culturali, tra le diverse chiese.
Il testo sacro del Cristianesimo è la Bibbia cristiana composta di due parti: l'Antico e il Nuovo
Testamento. L'Antico Testamento è essenzialmente costituito dalle sacre Scritture dell' Ebraismo , che tuttavia il
Cristianesimo interpreta in modo molto divergente rispetto all'interpretazione ebraica. Alcune chiese, come quella
cattolica e quelle ortodosse, ma non quelle protestanti, inseriscono nell'Antico Testamento anche un certo
numero di scritti religiosi ebraici che tuttavia gli Ebrei non considerano rivelati da Dio. Il Nuovo Testamento è,
invece, composto da 27 opere tutte composte dai cristiani prevalentemente nel I secolo e.v.. Fra esse sono
fondamentali i quattro Vangeli: quello di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni.
Il Cristianesimo è una religione monoteista, come l' Ebraismo da cui è sorto. I cristiani infatti credono che
esista un solo Dio. Egli è il creatore dell'universo (che perciò è considerato una cosa buona) e tutto gli è
sottomesso. Dio non solo domina il creato, ma anche interviene nella storia e la guida orientandola verso un fine
futuro positivo. Dio fa conoscere la sua volontà mediante rivelazioni trasmesse dai profeti i quali provvedono
anche a scriverla in libri che costituiscono appunto la Bibbia. Secondo il Cristianesimo, Dio, pur essendo uno
solo, possiede tuttavia una dinamica interna che si manifesta in tre persone divine che non sono altro che l'unico
Dio. È la dottrina della Trinità che ritiene che l'unico Dio si manifesti nella persona del Padre, del Figlio e dello
Spirito santo.
Di questa dottrina fa parte anche la credenza forse più caratteristica del Cristianesimo, quella della
doppia natura, umana e divina, di Cristo: Gesù, pur essendo un uomo vero, nato dalla Vergine Maria per opera
dello Spirito Santo, era anche veramente Dio. Per secoli i cristiani hanno discusso questa dottrina e molte delle
loro divergenze dottrinali possono essere ricondotte alle difficoltà nel mettere d'accordo l'umanità di Gesù Cristo
con la sua divinità.
La rivelazione di Dio ha un contenuto essenzialmente morale che si riassume nei Dieci Comandamenti
contenuti nell'Antico Testamento. L'adorazione di un solo Dio e l'amore del prossimo sono spesso presentati
come la sintesi cristiana di questi precetti. Il Cristianesimo, tuttavia, non incita solo gli uomini ad obbedire alla
volontà di Dio spingendoli ad amare il prossimo con tutte le proprie forze. Insiste anche sul principio secondo il
quale bisogna invocare da Dio la forza di compiere il bene. Solo la grazia di Dio rende l'uomo capace di compiere
veramente il bene. Ma, qual è il ruolo della volontà dell'uomo e quale il ruolo della grazia di Dio? Su questo punto
si sono accese spesso divergenze profonde e anche aspre divisioni, come ad esempio nel XVI secolo tra cattolici
e protestanti. In genere tutte le forme di Cristianesimo affermano la libertà dell'uomo e la capacità della sua
volontà di compiere il bene, ma non sono mancate concezioni pessimistiche sulla effettiva possibilità degli uomini
di dominare le inclinazioni malvagie della natura umana.
Il principio dell'unicità di Dio, della bontà della creazione e dell'amore verso tutti gli uomini porta il
Cristianesimo all'idea dell'uguaglianza tra tutti gli uomini e tra i sessi, anche se le diverse forme di Cristianesimo
nelle diverse epoche hanno spesso accettato (come del resto le altre religioni monoteiste) le disuguaglianze
sociali, la stratificazione sociale e la subordinazione della donna.
Lo scopo della vita dell'uomo, secondo il Cristianesimo, è di partecipare alla vita stessa di Dio. L'uomo
non termina il suo destino con la sua morte naturale; egli è destinato ad unirsi con Dio dopo la morte in una
condizione di felicità eterna. La possibilità di partecipare alla futura vita divina è subordinata ad un giudizio di Dio
che riassume tutta l'intera vita di ogni uomo. Il Cristianesimo ha sempre sostenuto che accanto al premio della
felicità eterna sussiste anche la possibilità di una condanna eterna da parte di Dio.
La religione con la quale il Cristianesimo ha il più stretto legame è l' Ebraismo perché Gesù era ebreo ed
ebrei furono i suoi primi seguaci. Dall'Ebraismo il Cristianesimo trae una parte delle proprie Scritture (l'Antico
Testamento), l'idea del Dio unico creatore rivelatore e guida della storia e le basi della sua visione morale. La
divergenza sostanziale con l'Ebraismo sta nella credenza in Gesù Cristo Dio e uomo e nell'interpretazione di tutta
la rivelazione biblica che da questa credenza in Cristo deriva.
Il fatto che la maggioranza degli ebrei del I secolo non abbiano aderito alla predicazione dell'ebreo Gesù
e che nei secoli successivi l'Ebraismo abbia continuato ad esistere e a svilupparsi ha portato ad aspre polemiche
teologiche e politiche. Dal punto di vista teologico i cristiani hanno spesso pensato che il popolo ebraico, avendo
rifiutato di credere in Gesù Cristo avesse perduto il diritto di considerarsi il popolo di Dio, e che la Chiesa fosse
ormai il nuovo Israele che aveva sostituito l'antico Israele. Quando i cristiani conquistarono il potere nell'impero
romano, cominciarono a perseguitare gli ebrei, limitandone le libertà e i diritti. Si diffuse anche la concezione per
la quale gli ebrei avrebbero perduto il diritto alla propria terra destinata ormai da Dio al possesso dei cristiani. La
storia secolare della presenza delle comunità ebraiche nei territori a maggioranza cristiana non è però solo di
intolleranza e persecuzione, e testimonia uno scambio continuo creativo da ambedue le parti, anche se non
mancano periodi ed episodi di straordinaria violenza e drammaticità. Dopo la Shoah, cioè la persecuzione e in
alcuni casi il vero e proprio sterminio della razza ebraica, nelle chiese cristiane, soprattutto protestanti e
cattoliche, si è sviluppata una radicale autocritica dell' antisemitismo cristiano che ha portato ad un diverso tipo di
rapporti e ad una diversa teoria dei rapporti tra le due religioni.
Le relazioni del Cristianesimo con l' Islam sono essenzialmente di due tipi: religiose e politico-culturali.
Dal punto di vista religioso, l'Islam ha in comune con il Cristianesimo la concezione monoteistica e una
notevole quantità di elementi che l'Islam ha tratto dalla religione ebraica e da quella cristiana. L'Islam ritiene, ad
esempio, che Dio si sia rivelato ad Abramo, Mosè e a Gesù ma che, tuttavia, la rivelazione di Mohammed sia
quella definitiva. Questo ultimo punto è inaccettabile per il Cristianesimo, anche perché il Corano, testo sacro
dell'Islam, considera Gesù non Dio, ma semplicemente uomo, figlio di Maria. Là dove i Vangeli cristiani
differiscono rispetto a quanto il Corano scrive a proposito di Gesù, il Cristianesimo non accetta la versione
coranica.
Le difficoltà di natura politico-culturale stanno soprattutto nel fatto che l'Islam si è diffuso in paesi
precedentemente a maggioranza cristiana (si pensi all'Africa del Nord, alla Turchia e anche alla Mongolia). Lo
scontro anche militare durato per secoli sulle sponde del Mediterraneo e in diversi paesi dell'Europa meridionale e
orientale ha contribuito ad una estraneità e ostilità culturale tra le due religioni, acuitasi spesso a causa del
recente colonialismo europeo in diversi paesi a maggioranza musulmana.
Nella sua storia millenaria il Cristianesimo ha spesso assorbito elementi molteplici dalle religioni accanto
alle quali si è diffuso. Ciò vale non solo per le religioni ellenistico-romane, ma anche per quelle delle popolazioni
via via cristianizzate. Dopo il XVI secolo l'espansione coloniale si è accompagnata con una espansione
missionaria cristiana spesso critica verso i metodi violenti e verso lo sfruttamento del colonialismo. Ma la
concomitanza dell'espansione europea con quella delle missioni cristiane doveva necessariamente impostare il
rapporto del Cristianesimo con le religioni delle popolazioni colonizzate in modo non corretto.
Islam
I musulmani nel mondo sono circa un miliardo e trecentomila, il che fa dell'Islam la seconda religione più
diffusa nel mondo. Bisogna evitare di confondere le parole "arabo" e "musulmano". Gli arabi sono coloro che
vivono nei paesi la cui lingua ufficiale è l'arabo, e possono essere musulmani, cristiani o ebrei. I musulmani (o
islamici), invece, sono coloro che seguono la religione musulmana, e non si trovano solo nei paesi arabi, ma
anche in Iran, in Turchia, in diversi paesi africani, presso alcune popolazioni dell'Asia centrale, in Afghanistan, in
Pakistan, in India, in Cina, in Malesia, in Indonesia e (come minoranza) nelle Filippine.
L'Islàm (termine che letteralmente significa "sottomettersi alla volontà di Dio") nasce all'inizio del VII
secolo dell'era volgare nella penisola arabica. In quella zona vivevano molte tribù nomadi, ma c'erano anche
gruppi di commercianti concentrati nelle due città principali, La Mecca e Yathrib (Medina). È a una delle famiglie
agiate della Mecca che apparteneva Maometto (in arabo Muhammad), il fondatore della religione musulmana. Sin
da giovane, Maometto viaggiò e allargò le proprie conoscenze, spinto da una profonda ricerca interiore. Nel 610,
durante uno dei suoi ritiri spirituali alle pendici del monte Hira, la tradizione musulmana vuole che gli si presentò
l'angelo Gabriele, e che gli chiese di recitare alcuni versi, ovvero i primi versi della Rivelazione, rendendo
Maometto il tramite umano della parola di Dio; dopo un periodo di tre anni, durante i quali Maometto temette di
essere stato abbandonato da Dio,a partire dal 613, le Rivelazioni ripresero e Maometto iniziò a comunicare ai
propri concittadini i precetti della nuova religione. Sino a quel momento la religione della penisola arabica era
stata il politeismo, quindi il compito iniziale di Maometto fu quello di convincere i propri concittadini a credere a un
Dio solo. Ma l'opposizione fu tale che nel 622 Maometto decise di compiere l' egira (in arabo higra), ovvero di
migrare a Medina dove, accolto dalle tribù arabe del posto, fondò il vero stato musulmano, dove fece costruire la
prima moschea. Oltre che a rappresentare l'Inviato di Dio, Maometto riuscì anche a imporsi come capo politico
della città e della comunità musulmana. Dal momento in cui giunse a Medina, Maometto ebbe un unico obiettivo:
vendicarsi dei meccani e ritornare nella sua città natale da vincitore. Ci furono molte battaglie tra i fedeli del
Profeta e i meccani. Nel 629, dopo un tentativo fallito, Maometto riuscì a compiere il pellegrinaggio alla Mecca, in
modo particolare alla Kaaba, il meteriotite nero, che divenne da santuario degli dei pagani santuario del nuovo
Dio Allah. Nel 630 Maometto entrò in maniera trionfale alla Mecca, dichiarandola città santa dell'Islam stabilendo
proprio nel rito del pellegrinaggio a questa città uno dei precetti dei fedeli.
Nel 632 Maometto morì a Medina, che diventò la seconda città sacra dell'Islam, e nel luogo dove è
spirato sorge oggi una moschea. Siccome Maometto non aveva lasciato né figli maschi né indicazioni per la
successione, alla sua morte si discusse molto su chi aveva il diritto di succedergli alla guida della comunità. I
primi due califfi (in arabo khalifa vuol dire "successori [del Profeta]"), Abu Bakr e Omar, appartenevano al gruppo
dei Compagni del Profeta. Il terzo califfo, Uthman, era invece membro della famiglia aristocratica meccana degli
omayyadi. Uthman venne assassinato e Ali (cugino e genero di Maometto) ottenne il potere. Una parte della
comunità musulmana, convinta che Ali stesso avesse fatto uccidere il predecessore, nominò immediatamente un
anti-califfo. Cominciò una serie di lotte armate tra i due gruppi. Alla fine l'anticaliffo, Mu'awiya (che apparteneva
alla famiglia omayyade), riuscì a farsi eleggere nuovo califfo. Fu così che avvenne il principale scisma all'interno
dell'Islam, quello tra sunniti e sciiti (da shi'a ovvero "partito di Ali"). La dinastia omayyade (661-750) diede inizio a
una nuova epoca, caratterizzata dalla politica di espansione avviata dai primi califfi, sino a raggiungere a ovest la
Spagna (l'Andalusia) e a est la Cina. L'espansione rese necessario lo spostamento della capitale in una città
meno isolata dal resto dell'impero: la scelta ricadde su Damasco, città dove gli omayyadi avevano molti fedeli. Ma
la dinastia venne ben presto accusata dai fedeli di essere troppo laica e mondana.
Diffusione del Cristianesimo nel mondo
L’espansione dell’Islam da Maometto (622-632) al tempo del califfato omayyade (661-750).
Fu così che, nel 750, si impose la seconda grande dinastia della storia musulmana, quella degli
abbasidi, che detenne il potere sino al 1258 (anno in cui Baghdad venne occupata dai Mongoli). Sotto gli
abbasidi, la capitale venne trasferita da Damasco a Baghdad. Ma il territorio era troppo grande per essere
controllato, e il potere venne sempre più affidato a piccole dinastie di principi (gli emiri) che, pur dipendendo
sempre dal potere centrale, guadagnavano una maggior indipendenza.
Dopo il 1258, i singoli territori furono amministrati da diverse dinastie. Attualmente i sunniti (gli ortodossi,
coloro che seguono la Sunna, ovvero la tradizione musulmana) rappresentano la maggioranza dei musulmani. Gli
sciiti (che in origine erano i partigiani di Ali) riconoscono la guida non di un califfo - sovrano che, secondo loro,
non ha alcun rapporto privilegiato con la divinità - bensì di un imam (una guida) che, appartenente alla famiglia di
Ali, è dotato di potere sia temporale sia spirituale. La maggior parte degli sciiti si trova oggi in Iran.
Una corrente particolare dell'Islam è il sufismo, ovvero il misticismo musulmano. Fine ultimo del mistico
musulmano (sufi) è il raggiungimento della divinità sino ad annullarsi in Essa. Per l'ortodossia islamica è
impensabile una fusione dell'uomo con Dio, e per questo motivo essa non accetta alcune forme di sufismo.
Il testo sacro dell'Islam è il Corano (in arabo Qur'an ovvero "ciò che viene recitato"). Secondo la
tradizione islamica, il Corano è Parola di Dio trasmessa al mondo tramite il Profeta Maometto, ed è l'ultima e
definitiva rivelazione divina. Il Corano è composto da 114 capitoli detti sure che sono disposti, a esclusione del
primo capitolo, in ordine di lunghezza dal più lungo al più breve. Le sure più lunghe sono le più recenti, mentre
quelle più brevi sono le più antiche. Ogni capitolo (tranne il nono) ha inizio con la basmala, ovvero con
l'espressione "nel nome di Dio, Clemente e Misericordioso". Per quanto riguarda il contenuto, le sure vengono
suddivise in meccane e medinesi dal luogo dove vennero elaborate.
Le sure del periodo meccano esprimono i princìpi fondamentali della nuova religione: il monoteismo; la
lotta contro l'ingiustizia sociale, poiché la nuova religione si scaglia contro i ricchi e gli usurai; l'annuncio del
giorno del giudizio. Con la migrazione di Maometto a Medina i contenuti cambiano. Le sure di questo periodo
offrono le regole a cui deve sottomettersi la comunità musulmana: ad esempio il divieto di consumare bevande
fermentate, il divieto dell'usura e così via. Al Corano si affiancano altri due testi che vanno a costituire la
tradizione musulmana (in arabo sunna): gli hadith, ovvero i detti e fatti del Profeta Maometto, e la sira, la biografia
di Maometto. Gli hadith sono narrazioni riguardanti il Profeta che si occupano di tutti quegli aspetti della vita
sociale e religiosa di cui non parla il Corano: ad esempio, come si devono svolgere le preghiere, i funerali, i
matrimoni e così via.
Tutti i musulmani credono in alcuni concetti base e imprescindibili, ma al contempo ciascuno di loro li
mette in pratica in base alla tradizione e alle condizioni dell'area in cui vive. Il credo islamico può essere riassunto
da quelli che vengono comunemente chiamati i cinque pilastri dell'islam (in arabo arkan al-islam):
Al primo posto viene la professione di fede (in arabo shahada) che consiste nel recitare con intenzione la
seguente frase: "Professo che non esiste altro dio all'infuori di Iddio e Maometto è l'Inviato d'Iddio" (in ambito
sciita si aggiunge: "E Ali è il suo Prediletto");.
Viene poi. la preghiera rituale (in arabo sala) è rappresentata dalle cinque preghiere giornaliere: all'alba,
a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e alla sera. Per compiere la preghiera il musulmano deve trovarsi in
stato di purità rituale - questo è il motivo per cui nelle moschee v'è sempre una fontana per le abluzioni - e deve
rivolgersi verso la qibla, ovvero verso la Kaaba della Mecca. La preghiera comunitaria è quella del venerdì a
mezzogiorno.
L'elemosina sociale purificatrice (in arabo zaka) è una somma che ogni musulmano deve versare
annualmente, il cui ammontare è stabilito in base al suo reddito e che viene usata per aiutare i poveri e i
bisognosi.
Segue il digiuno (in arabo sawm) del mese di ramadan, nono mese del calendario lunare. Durante
questo mese il musulmano si deve astenere nelle ore diurne soprattutto dal mangiare e dal bere.
Per finire il pellegrinaggio (in arabo hagg) alla Mecca, che è obbligatorio per ogni musulmano adulto
almeno una volta nella vita. anch’esso in un mese stabilito del calendario lunare.
L'Islam si pone per definizione come l'ultima e definitiva religione rivelata, quindi come "sigillo" delle
religioni monoteistiche. Ma proprio per questo motivo sia ebrei sia cristiani vengono definiti dall'Islam "genti del
Libro" e vengono rispettati e tollerati in quanto possiedono un Libro rivelato. Nei confronti delle altre religioni,
invece, l'atteggiamento dell'Islam è stato spesso meno aperto: la nozione di gihad, originariamente intesa come
sforzo contro i politeisti, è stata interpretata da alcuni movimenti estremistici come una lotta contro chiunque non
appartenga all'Islam.
Gli Ibaditi costituiscono l'unico ramo oggi esistente dei kharigiti, quella corrente religiosa islamica che
costituisce una "terza via" tra sunniti e sciiti, le cui origini risalgono ai primi tempi dell'Islam.
Mentre in passato il Kharigismo ibadita ha conosciuto momenti di grande espansione (all'epoca del
regno rustumide di Tahert, che tra l’ottavo e il nono secolo giunse a comprendere gran parte del Nordafrica),
attualmente esso è la confessione maggioritaria in un unico paese: il sultanato dell'Oman, mentre altrove sussiste
solo in piccole comunità, a Zanzibar e in alcune regioni dell'Algeria (Mzab), della Tunisia (isola di Djerba) e della
Libia (Gebel Nefusa).
Come gli altri kharigiti (da cui si distinguono per una particolare moderazione e per il ripudio della
violenza), anche gli Ibaditi ritengono che il comando della comunità non spetti necessariamente ad un
discendente del Profeta, ma solo al più degno dal punto di vista religioso, indipendentemente dalla sua parentela,
dalla sua appartenenza etnica e dal colore della sua pelle.
Anche se gli Ibaditi non sono propensi a considerarsi kharigiti, sembra indubbio che essi ebbero origine
proprio all'interno di questo gruppo
Colui che diede il nome allo scisma fu ʿAbd Allāh ibn Ibāḍ al-Tamīmī, che intorno al 685 si pose a capo
della parte moderata dei kharigiti, i quali poterono così rimanere a Bassora mentre i kharigiti più estremisti — tra
cui gli Azraqiti — dovettero abbandonare la città. Fu comunque un suo successore, Jābir ibn Zayd al-Azdi, di
Nizwa (Oman), colui che diede al gruppo la sua fisionomia, raccogliendo gli ḥadīth da essa accettati e
definendone la dottrina, tanto che molti lo considerano il vero fondatore dell'ibadismo.
A causa di scontri con le autorità politiche dell'Iraq, al-Ḥajjāj ibn Yūsuf, Jābir e i suoi seguaci si
trasferirono ben presto nell'Oman, e in breve l'Ibadismo si diffuse in gran parte dell'Arabia meridionale. Nell’VIII
secolo la setta si diffuse in seguito anche all'Africa orientale e a Zanzibar.
Nell'Oman la presenza ibadita si è protratta, tra alterne vicende, fino al giorno d'oggi.
Questa duplice presenza perdurò nel paese fino al giorno d'oggi: le regioni costiere sono più aperte agli
influssi anche religiosi esterni, mentre quelle dell'interno conservano un atteggiamento chiuso verso gli estranei e
mantengono la confessione ibadita.
Gli Ibaditi dell'Oman elessero i loro Imām fino al 1154, quando si costituì la dinastia ereditaria che
governò le regioni fino al 1428 quando venne ripreso l'uso di eleggere gli Imām da parte della comunità.
Ma la diffusione maggiore avvenne, ben presto, in Nordafrica, dove il Kharigismo in generale riscuoteva
grandi consensi, soprattutto per la sua apertura agli apporti di popoli diversi, che permetteva ai Berberi di non
farsi necessariamente governare dagli Arabi. Va ricordato che, mentre sunniti e sciiti hanno sempre sottolineato
l'esigenza di un unico capo della comunità dei Credenti (califfo o Imām), la tradizione ibadita al contrario consente
ad ogni regione di avere un proprio Imām locale, per cui si sono avuti simultaneamente Imām ibaditi in Iraq,
Oman e Nordafrica.
In seguito a vicende alterne con popolazioni locali le comunità ibadite cercarono rifugio nel deserto,
prima a Sedrata (vicino a Ouargla), e poi nella regione dello Mzab, dove fondarono cinque città (Ghardaia,
Melika, Beni Isguen, Bou Noura e El-Atteuf) che sono ancor oggi rette secondo le consuetudini ibadite, con un
governo formato da un consiglio di religiosi, detti 'Azzaba.
Altre comunità ibadite esistono oggi a Gerba (Tunisia), a Zuara e nel Gebel Nefusa (Libia). Anche in
queste località, gli abitanti conservano, insieme alla fede ibadita, l'uso della lingua berbera, nella quale sono
anche state composte opere religiose sia in epoche antiche sia in tempi più recenti.
A differenza di altri gruppi kharigiti, gli Ibaditi considerano gli altri musulmani non come kāfir
"miscredenti", bensì come kuffār al-niʿma "coloro che rinnegano la grazia di Dio". Per loro il comportamento che
un vero credente deve tenere nei confronti degli altri deve esprimersi in tre modi: walāya: amicizia ed unità con i
veri credenti e praticanti, nonché con gli Imām ibaditi; barāh: dissociazione e ostilità nei confronti dei non credenti
e dei peccatori, e di quanti sono destinati all'inferno. Infine wuqūf: riserva (lett. "sospensione") nei confronti di
coloro di cui non è chiara la situazione.
La teologia ibadita ha molti punti di contatto con quella mutazilita per quel che riguarda il concetto di
tawḥīd (unità e unicità di Dio). Essi rigettano ogni descrizione antropomorfica di Dio, arrivando a negare che i
beati, nell'Aldilà, possano goderne la vista. Rifiutano anche di riconoscere a Dio degli attributi che siano distinti
dalla Sua essenza (come per esempio, un Corano increato e distinto da Dio).
Un aspetto dottrinale che ha concrete conseguenze nella vita quotidiana degli Ibaditi è il fatto che per
essi la salvezza non viene solo dal credere in Dio e nel Profeta, ma anche dalle opere. Per questo, gli Ibaditi
sentono come forte dovere morale quello di impegnarsi seriamente nelle proprie attività lavorative (per lo più
artigianato e commercio). Una sorta di etica del lavoro che li distingue spesso da musulmani di diversi
orientamenti.
Un aspetto interessante della dottrina ibadita è la sua concezione del Corano. Per essa, infatti, il Corano
non è increato ed eterno, come ritiene la maggioranza dei musulmani, tanto sunniti quanto sciiti. Eterno infatti è
solo Dio e se anche il Corano fosse eterno, ciò equivarrebbe ad "associare" altri a Dio, minandone il dogma
dell'unicità.
Gli Ibaditi hanno un proprio sistema legale (madhhab), basato in gran parte su proprie raccolte di hadīth.
In generale, gli Ibaditi hanno molti rituali analoghi a quelli dei sunniti, probabilmente a seguito di una lunga
convivenza con essi. Tra le piccole differenze che si osservano nei rituali vi è il fatto che gli Ibaditi quando
pregano non sollevano mai le braccia ma le lasciano lungo il corpo. Essi affermano che questa sarebbe stata la
maniera consueta di pregare del Profeta, che sollevò le mani solo in un'occasione, quando aveva ragione di
temere che qualcuno celasse delle armi per ferirlo: sollevando le braccia, egli avrebbe così scoperto il congiurato,
costretto a tradirsi e a lasciar cadere a terra l'arma.
Nella preghiera del venerdì, essi non accettano la pratica del qunūt in cui si maledicono i nemici. Gli
Ibaditi non hanno difficoltà a pregare insieme a musulmani di altra confessione, possono condividere il cibo con
essi, ed anche sposarsi con loro.
Ebraismo
Attualmente, gli ebrei nel mondo sono circa 12.800.000 milioni e sono distribuiti in più di cento paesi. Di
questi, l'unico paese in cui l'Ebraismo costituisce la religione della maggioranza della popolazione è Israele. Fuori
da Israele, le comunità ebraiche più numerose si trovano negli Stati Uniti, in alcuni paesi europei (le comunità più
numerose in Europa sono quelle inglese e francese), in Russia, in diversi paesi asiatici, nell'America Latina e in
Australia.
La storia dell'Ebraismo inizia circa quattromila anni fa quando, secondo la Bibbia, Dio si rivolse ad
Abramo per stringere un'Alleanza con il suo popolo. Oltre ad Abramo, gli altri due padri fondatori della religione
ebraica sono Isacco (figlio di Abramo) e Giacobbe (figlio di Isacco).
Cartina dell prevalenza sul territio delle principali correnti islamiche
La Bibbia racconta la storia del popolo ebraico, dalle sue origini fino alla ricostruzione del secondo tempio di
Gerusalemme (516 a.C.). Secondo il testo biblico, Dio (in ebraico JHVH, o Jahvè) promise ad Abramo, capo di una tribù
nomade, che i suoi discendenti avrebbero ereditato la Terra Promessa, a condizione che essi avessero accettato e
rispettato la sua Legge.
I discendenti di Giacobbe (che in seguito fu chiamato Israele) diedero origine a dodici tribù e giunsero in Egitto.
dovri divennero schiavi del Faraone; solo dopo molte tribolazioni, Mosé li liberò dalla schiavitù e li condusse fuori
dall'Egitto. Per quarant'anni dopo la liberazione dall'Egitto, il popolo ebraico attraversò il deserto (dove, sul monte Sinai,
Dio consegnò a Mosé le Tavole della legge) e, condotto da Giosué (successore di Mosé), ritornò nella Terra Promessa,
dove le dodici tribù si insediarono in varie zone della Palestina.
Quando le tribù furono a poco a poco unificate, reclamarono un re: il primo re fu Saul, seguito da Davide; questi
combatté contro i filistei (una popolazione che abitava in Palestina) e fondò la "Città di Davide", che successivamente
prese il nome di Gerusalemme.
Il figlio di Davide, Salomone, diede inizio alla costruzione del primo Tempio di Gerusalemme.
Alla morte di Salomone, dieci delle dodici tribù di Israele si separarono, mentre le due tribù che restarono fedeli
al figlio di Salomone, Roboamo, formarono il regno di Giuda, o Giudea (da cui viene la parola "giudeo").
Nel 587 a.C. Gerusalemme venne distrutta dal re babilonese Nabucodonosor, il Tempio fu bruciato e gli ebrei
furono esiliati in Babilonia. L'esilio in Babilonia diede il via alla diaspora, ovvero alla dispersione del popolo ebraico nel
mondo.
Nel 538 a.C., il nuovo re di Babilonia autorizzò il ritorno degli ebrei in Israele e la costruzione del Secondo
Tempio di Gerusalemme (che fu poi distrutto dai romani nel 70 d.C.).
Gli ebrei passarono sotto varie dominazioni fino a quando, nel II secolo a.e.v., la rivolta dei Maccabei restituì
l'indipendenza politica al popolo di Israele, indipendenza che durò fino al 63 d.C.., quando i Romani conquistarono la
Giudea.
Tra il I e il IX secolo e.v. vennero redatti la Mishnah e i due Talmudim (il Talmud di Gerusalemme e il Talmud di
Babilonia), testi fondamentali della religione ebraica che racchiudono la giurisprudenza e le credenze dell'Ebraismo.
In questo periodo, gli ebrei vivevano in diversi imperi: in quello romano, che lentamente stava diventando
cristiano, e in quello babilonese, che stava diventando musulmano.
Intorno all'anno mille, sorsero in Europa due nuovi poli della cultura ebraica: in Spagna si formò la comunità
sefardita (fino a quando, nel 1492, gli ebrei furono cacciati dalla Spagna), mentre l'Europa orientale divenne la culla
dell'ebraismo askenazita.
Mosé Maimoide fu uno tra i più importanti filosofi e teologi del mondo ebraico medievale: le sue opere, tra cui La
guida dei perplessi, divennero di fondamentale importanza per tutti gli ebrei. Egli riformulò la legislazione rabbinica (cioè
dei Marestri) in modo da renderla di facile comprensione ed elaborò un sistema di credenze normative per tutti gli ebrei.
Fino al XIX secolo, gli ebrei hanno vissuto in tanti paesi come gruppo religioso di minoranza, spesso
perseguitato. Dalla metà del Cinquecento vennero obbligati a risiedere in quartieri separati - i ghetti - che venivano chiusi
di notte e riaperti di mattina. Le persecuzioni si intensificarono tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, quando in
Russia gli ebrei subirono numerosi massacri e saccheggi (pogrom). Sotto il nazismo (1933-1945), milioni di ebrei
vennero perseguitati, deportati e sterminati (Shoah).
Fu circa nello stesso periodo che si affermò il sionismo, un movimento culturale e politico il cui scopo era di
ricondurre gli ebrei nella terra di Israele per costituirvi una comunità nazionale, al riparo dalle persecuzioni.
Attualmente, l'Ebraismo si suddivide in diversi movimenti religiosi. I gruppi più importanti sono: gli ebrei riformati
(che lasciano ai singoli credenti la libertà nell'interpretare gli insegnamenti della Bibbia e nell'osservare le leggi rituali), gli
ortodossi e ultra-ortodossi che seguono più strettamente le leggi rituali e i cerimoniali.
L'Ebraismo ritiene che vi sia stata una Rivelazione di Dio messa per iscritto nella Bibbia (dal greco ta biblia, "i
libri"). La Bibbia ebraica è composta da 24 libri, ed è suddivisa in tre sezioni: la Torah (o Pentateuco, i primi cinque libri
della Bibbia ebraica), i Nevi'im ("Profeti") e i Ketuvim ("Scritti"). Nella Bibbia sono narrate le vicende storiche del popolo
ebraico, l'Alleanza instaurata tra il popolo e il suo Dio, e i princìpi che gli ebrei devono seguire per non rompere
l'Alleanza.
Tutti i libri della Bibbia ebraica sono scritti in ebraico salvo alcune brevi sezioni in aramaico. I libri biblici furono
scritti in diverse epoche: le tradizioni più antiche risalgono al 1000 a.e.v., mentre la maggior parte dei testi vennero
redatti intorno al VI secolo a.e.v.. Nel mondo antico la Bibbia fu tradotta in greco e i suoi insegnamenti e i suoi princìpi si
diffusero velocemente.
La Bibbia è un testo sacro anche per il Cristianesimo , che inizialmente era costituito da un gruppo di ebrei
(Gesù e alcuni suoi discepoli), ed è la base dell' Islam, che si ritiene compimento sia dell'Ebraismo che del
Cristianesimo.
Accanto alla Bibbia, il Talmud (che significa "insegnamento") è il grande libro sacro dell'Ebraismo: diversamente
dalla Bibbia ebraica, il Talmud è infatti riconosciuto solo dall'Ebraismo, che lo considera come la "Torah orale", rivelata
sul Sinai a Mosè e trasmessa a voce, di generazione in generazione, fino alla conquista romana. Il Talmud fu fissato per
iscritto solo quando, con la distruzione del Secondo Tempio, gli ebrei temettero che le basi religiose di Israele sparissero.
Il Talmud consiste in una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti (hakhamim) e i maestri (rabbi) circa i
significati e le applicazioni dei passi della Torah, e si articola in due livelli: la Mishnah (o "ripetizione") raccoglie le
discussioni dei maestri più antichi (giungendo fino al II secolo e.v.), mentre la Ghemarah (o "completamento"), stilata tra
il II e il V secolo, fornisce un commento analitico della Mishnah. Il Talmud ci è giunto in due versioni diverse: il Talmud di
Gerusalemme (redatto tra il IV e il VI secolo nella Terra d'Israele) e il Talmud di Babilonia (redatto tra il V e il VII secolo in
Babilonia).
A seconda del contenuto, il Talmud si suddivide in due generi di testo: una parte legislativa, chiamata Halakhah,
in cui sono registrate le norme che regolano la vita quotidiana di ogni ebreo praticante (anche se non tutti gli ebrei, e non
tutte le scuole, interpretano queste norme allo stesso modo), e una parte narrativa, chiamata Aggadah, in cui gli
insegnamenti rabbinici assumono la forma di leggende e di racconti.
Il principio che fonda la religione ebraica è la credenza in un solo Dio che - dopo avere creato il mondo - si è
manifestato agli uomini attraverso una Rivelazione, tramandata per mezzo dei Libri Sacri (per questo motivo l'Ebraismo
è chiamato anche Religione del Libro).
Un altro principio fondamentale, strettamente collegato al primo, è quello dell'Alleanza tra Dio e il popolo
ebraico. Attraverso l'Alleanza, che in origine Dio strinse con Abramo, il popolo ebraico si impegnò a riconoscere Dio, a
sostenere il suo progetto e a rispettare le sue Leggi. È tramite l'accettazione di questo patto che gli ebrei si riconobbero
come il "popolo eletto": ciò non significa che gli ebrei si aspettino di ricevere particolari privilegi da Dio, o che si sentano
migliori degli altri popoli, bensì che ritengono di essere stati designati da Dio per testimoniare agli altri - attraverso
l'esempio delle loro azioni - la presenza di Dio sulla terra.
L'Alleanza di Dio e con il popolo ebraico viene rinnovata quando gli ebrei osservano nella vita pratica le leggi di
Dio: alla base del sistema etico ebraico ci sono i Dieci Comandamenti che Dio consegnò a Mosé sul Monte Sinai. Vi
sono poi 613 precetti, o mitzvot (di cui 365 divieti e 248 obblighi), registrati nella tradizione talmudica, che regolano la
vita quotidiana di ogni ebreo praticante, e che comprendono leggi relative a tutti gli aspetti della vita sociale, dal
matrimonio alle procedure cerimoniali, nonché diverse regole e divieti alimentari.
Nel patto tra Dio e il suo popolo, il premio per la buona condotta è dato dal possesso della terra, che
innanzitutto appartiene a Dio. Ogni volta che il popolo trasgredisce alle leggi di Dio, rompendo l'Alleanza, Dio lo esilia. La
speranza di un ritorno nella Terra Promessa, più per volontà di Dio che per la diretta azione dell'uomo, ha dato luogo in
certi periodi alla credenza nell'arrivo di un messia, e cioè di un capo carismatico che avrebbe ricondotto il popolo nella
Terra d'Israele.
Un aspetto molto rilevante della religione ebraica è l'importanza che essa attribuisce alla lettura e allo studio
della Torah e del Talmud. Non si può essere un buon credente se non si studia, e studiare significa interrogare
incessantemente i Testi, ricercandone tutti i significati possibili.
La religione ebraica non è interessata al proselitismo attivo e non incoraggia (anche se non esclude) le
conversioni. Tuttavia, l'Ebraismo incoraggia un rapporto di collaborazione interreligiosa in campo sociale e morale.
Secondo il Talmud, l'ebreo deve rispettare le leggi del paese in cui vive. Nel corso dei secoli, gli ebrei hanno subito
discriminazioni e persecuzioni da parte di altre religioni (in particolare da quelle cristiane).
Buddismo
Si ritiene che i buddhisti siano circa 350 milioni (il 6% della popolazione mondiale), e ciò fa del Buddhismo la
quarta religione più diffusa nel mondo.
Le varie scuole buddhiste si raggruppano in due tradizioni principali, le quali divergono nel modo di intendere la
dottrina del Buddha:
La prima è il Theravada, o Insegnamento degli Anziani: corrisponde alla dottrina antica ed è praticato
soprattutto in Sri Lanka, in Birmania, in Laos, in Bangladesh e in Cambogia; l’altra è il Mahayana, o Grande Veicolo, si è
sviluppato in Tibet, in Cina, in Corea, in Vietnam, in Mongolia e in Giappone. Uno degli sviluppi più originali del
Mahayana è il Vajrayana, o Veicolo del Diamante, che caratterizza la tradizione tibetana (uno dei cui vertici è il Dalai
Lama).
Il fondatore del Buddhismo, Siddharta Gautama, visse nell'India del nord tra il VI e il V secolo a.e.v.. Secondo
l'insegnamento tradizionale, dopo avere condotto un'esistenza molto agiata al riparo dalle sofferenze, Siddharta
abbandonò il lusso della casa paterna e trascorse sei anni nell'ascetismo assoluto, secondo i precetti delle più rigorose
scuole induiste della "rinuncia" al mondo (vita di elemosine, digiuno, yoga, meditazione in luoghi solitari). Deluso da
questa esperienza, mitigato il regime ascetico e praticando intensamente la meditazione, Siddharta raggiunse infine lo
stato di suprema coscienza che fece di lui il Buddha (o "Risvegliato"). Dalla sua predicazione, e dal proselitismo dei suoi
primi seguaci, si formò una comunità estranea al sistema castale, a cui tutti potevano aderire per scelta personale, che si
separò gradualmente dall' Induismo.
I testi sacri del Buddhismo sono raccolti in due "Canoni" chiamati Pali e Sanscrito, in base alle lingue in cui sono
stati scritti. Il Canone Pali, proprio della tradizione Theravada, è composto da tre parti (o "canestri"): il Vinaya Pitaka
(canestro della disciplina), che contiene le regole della vita monastica; il Sutta Pitaka (canestro della dottrina), che
contiene i sermoni del Buddha; l'Abhidamma Pitaka (canestro della filosofia), che contiene i commenti dotti alla dottrina
esposta nel Sutta Pitaka. Le denominazioni e le suddivisioni interne del Canone Sanscrito (adottato dalla tradizione
Mahayana) variano molto da paese a paese, ma conservano la stessa tripartizione.
Partendo da alcuni concetti induisti (ma anche intervenendo su di essi in maniera radicale), come quelli del ciclo
delle rinascite (Samsara), dell'anima eterna di ogni essere vivente (atman), e dell'atto con le sue conseguenze sulle vite
successive (karma), il Buddhismo pone al centro del suo insegnamento la via per raggiungere la cessazione della
sofferenza e la fine delle trasmigrazioni di esistenza in esistenza.
Il nucleo centrale della dottrina buddhista si articola nelle tradizionali Quattro Nobili Verità.
La prima è l'universalità della sofferenza (o dukkha): la vita è dolore, rimpianto (per ciò che abbiamo avuto e
non abbiamo più), l’insoddisfazione (per ciò che desideriamo e non abbiamo) e l’inquietudine (per l'inconsistenza di ciò
che abbiamo): soffriamo perché ci rendiamo conto che tutto è effimero.
La seconda Verità è che la sofferenza ha origine dentro di noi, nel nostro tentativo, destinato all'insuccesso, di
cercare la felicità in ciò che è transitorio, spinti dalla desiderio (o tanha - "sete") di far nostre delle cose o delle situazioni,
che consideriamo attraenti;
La terza Verità è che potremo porre fine alla sofferenza solo se impareremo a liberarci dalla scala di valori
ingannevole per abbandonare ciò che nella vita è soltanto provvisorio (i desideri, le passioni, l'idea errata che esista un
"sé" permanente), estinguendo la "sete";
L'ultima nobile Verità riguarda la strada da intraprendere per avvicinarsi al nirvana (all'estinzione del ciclo delle
rinascite), che il Buddha indica un percorso caratterizzato da retto pensiero, retta intenzione, retta parola, retta azione,
retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione (dove "retto" significa conforme agli
insegnamenti buddhisti e ai precetti esplicitati dalle varie scuole).
Il Buddhismo può coesistere in modo molto flessibile con altre religioni e si adatta ai diversi contesti culturali in
cui è di volta in volta inserito, spesso integrandosi profondamente con la cultura preesistente. Secondo i buddhisti, infatti,
tutte le pratiche spirituali hanno come obiettivo il progresso dell'umanità verso il bene. Le strade che portano alla
salvezza sono molteplici e non si escludono a vicenda.
Induismo
Gli induisti rappresentano la terza comunità religiosa del mondo e sono quasi 650 milioni (circa il 13% della
popolazione mondiale), diffusi in 84 paesi. La maggior parte di essi vive in Asia meridionale, e in particolare in India, in
Nepal, in Sri Lanka, in Bhutan, in Malesia, a Singapore, in Indonesia (Bali). Vi sono comunità induiste in Africa
(Mauritius), in America latina (Guyana, Trinidad), nelle isole Figi, negli Stati Uniti e in diversi paesi europei.
L'Induismo non ha un fondatore e più che una religione unitaria, esso è un insieme di movimenti religiosi diversi,
che però sono accomunati da alcuni princìpi fondamentali.
Vi sono diverse ipotesi sulla preistoria di questa religione e dei popoli dell'India. Secondo molti studiosi, le origini
dell'Induismo risalgono a più di tremila anni fa, quando le tribù indo-arie si installarono nel nord dell'India e elaborarono
alcune concezioni filosofiche e pratiche sociali che costituirono le basi del sistema filosofico induista. Altri invece, e in
particolare alcuni studiosi indiani contemporanei, ritengono che non vi sia stata un'influenza esterna sulla cultura indiana
delle origini, la quale deriverebbe direttamente dall'antica civiltà dell'Indo (fiorita più di quattromila anni fa), di cui
rimangono alcune importanti tracce architettoniche, ma della cui storia e della cui fine si sa molto poco.
In ogni caso, la storia dell'Induismo più antico viene suddivisa in due fasi: la fase vedica (ca. 1500 - 900 a.C..),
caratterizzata dalla pratica dei sacrifici e dal culto di un numero molto elevato di divinità - tra cui spiccano il potente Indra
e il dio del fuoco Agni -, e la fase post-vedica o brahmanica (ca. 900 - 400 a.e.v.), in cui sia il sacrificio, sia molte delle
divinità vediche perdono importanza, e compare il dio creatore Prajapati (identificato con il brahman, l'assoluto).
La parola hindu fu introdotta con l'arrivo dei musulmani (nel secolo VIII), mentre coloro che appartengono a
questa religione preferiscono il termine classico dharma, che significa legge, sostegno, norma, giustizia, dovere, e si
riferisce all'ordine eterno delle cose.
Dapprima tramandati oralmente e poi, molto più tardi, fissati per iscritto, i Quattro Veda (Veda degli inni, Veda
delle melodie, Veda delle formule sacrificali, Veda delle formule magiche) costituiscono i fondamenti dell'Induismo.
Ciascuno dei quattro Veda è ordinato in quattro diversi livelli, che sono le Samhita, una considerevole raccolta
di inni composti tra il 2000 e il 1000 a.C.; i Brahmana, commenti liturgici in prosa; gli Aranyaka, o libri "della foresta"; le
Upanishad, che fungono da commenti filosofici dei Veda. Il Mahabharata è un vasto poema, scritto tra il III secolo a.C. e
il III secolo d.C., che riassume in 18 libri il codice guerriero e alcuni presupposti filosofici e religiosi dell'Induismo (in
particolare nella Bhagavad-gita, poemetto che affronta alcune questioni morali fondamentali e la fede personale in una
divinità salvatrice, Krishna/Vishnu).
Il Ramayana è un'altra grande epopea che narra le vicende di un eroe (in seguito identificato con il dio Vishnu)
costretto a combattere una guerra con il demoniaco re di Lanka (Ceylon) per riprendere la sposa rapita.
I Purana, infine, sono 36 raccolte di miti e leggende, biografie e insegnamenti filosofici che costituiscono una
sorta di enciclopedia dell'Induismo.
Le divinità vediche non sono tanto degli esseri superiori, quanto delle rappresentazioni delle forze della natura.
Nel corso dei secoli, dopo il periodo vedico, due di queste divinità, Vishnu (dio benefico e solare, di cui Rama e Krishna
sono le principali incarnazioni) e Shiva (dio al contempo distruttore e ricreatore, probabilmente ricollegabile alla divinità
vedica Rudra) hanno acquistato un particolare rilievo, dando luogo a correnti differenti: il vishnuismo e lo shivaismo (che
è, oggi, quella seguita dalla maggioranza degli indiani). Una terza corrente è costituita dallo shaktismo (Shakti, sposa di
Shiva, è l'energia creativa della divinità). Tuttavia, le diverse scuole non si escludono necessariamente a vicenda poiché
uno degli aspetti caratteristici dell'Induismo è che esistono diverse vie per raggiungere la salvezza.Le varie scuole
concordano su alcuni punti fondamentali. Questi sono:
Il ciclo della rinascita (samsara): alla morte, ogni creatura rinasce in un altro corpo, vegetale, animale, o umano.
Lo scorrere delle esistenze, ovvero la successione delle rinascite, è visto come un dramma dal quale si desidera liberarsi
con l'aiuto di determinate tecniche, come lo yoga e la meditazione. La liberazione - o moksha - consiste nella scoperta
dell'identità del nucleo più profondo di sé (atman), con il brahman, che è l'assoluto, l'Uno indivisibile che pervade tutto
l'universo.
Il rispetto della vita: l'anima dell'individuo può rinascere anche in forme animali e vegetali. Ne deriva che gli
induisti tendono a manifestare un grande rispetto per ogni tipo di essere vivente (ad esempio, molti di essi sono
vegetariani).
Il karma ("azione"): in base a questo concetto, la condizione in cui un determinato individuo nasce nella vita
successiva dipende dalle azioni che ha compiuto in quella precedente. In altre parole, ogni azione che l'individuo compie
nella vita attuale avrà delle ripercussioni nelle sue vite future.
La divisione della società in gruppi sociali (varna: "colore"): i brahmani (brahmana), i guerrieri (kshatriya), i
produttori (vaishya) e i servitori (shudra), oltre ai fuoricasta che si situavano al di fuori del sistema. Successivamente, la
società si è articolata in una gran quantità (dalle 2000 alle 3000) di caste (jati) e sottocaste. L'appartenenza a una casta
piuttosto che a un'altra dipende dal karma dell'individuo, e dunque dalla sua condotta nelle esistenze precedenti. Chi
nasce all'interno di una certa casta deve essere consapevole dei doveri e delle conseguenze della propria condizione
(ad esempio ci si può sposare o sedere alla stessa tavola solo con membri della propria casta): un adempimento dei
propri doveri castali è necessario per ottenere una rinascita migliore. Va peraltro aggiunto che la Costituzione dell'India
moderna vieta ogni discriminazione in base all'appartenenza castale sebbene, nella pratica, il sistema delle caste
continui a essere applicato.
Dato il principio induista secondo il quale le vie che conducono all'Assoluto sono molteplici e non si escludono a
vicenda, questa religione si dichiara tollerante nei confronti sia delle altre religioni, sia delle varie espressioni religiose
che si esprimono al suo interno. Ciò che l'Induismo rifiuta è l'assolutizzazione di una forma particolare di culto, nonché,
nella maggior parte dei casi, il proselitismo.
Shintoismo
Lo Shintoismo è praticato quasi esclusivamente in Giappone. Difficile stimare il numero complessivo degli
shintoisti in quanto si può essere shintoisti e, contemporaneamente, aderire al Buddhismo. Secondo alcune fonti vi sono
circa 100 milioni di giapponesi che praticano una combinazione di Shintoismo e Buddhismo.
Lo Shintoismo è la religione autoctona del Giappone e non ha fondatore. In origine, lo Shintoismo era il frutto
della mescolanza di riti, miti, credenze, tecniche divinatorie, usi e costumi profondamente radicati nella vita quotidiana
del popolo giapponese. Dapprima tale complesso di pratiche e di credenze non portava nessun nome, e soltanto con
l'avvento del Buddhismo in Giappone (nel VI secolo) venne a essere distinto con il nome di shinto (che significa "via degli
dei").
Dal VI all'VIII secolo lo Shintoismo e il Buddhismo ceosistettero pacificamente in Giappone, ma poi lo stato di
simbiosi si tramutò addirittura in fusione. Nel XII secolo, lo Shintoismo si combinò anche con il Confucianesimo.
Separato dagli altri culti a scopo politico, nel 1868 lo Shintoismo divenne praticamente la religione di Stato.
Nel Giappone contemporaneo non gode più di tale posizione privilegiata, in quanto l'attuale Costituzione
garantisce a tutti i giapponesi l'assoluta libertà religiosa.
Sebbene lo Shintoismo non abbia dei veri e propri testi sacri, vi sono alcuni libri che raccolgono i miti e le
tradizioni religiose del popolo giapponese: tra questi, i principali sono il Kojiki ("Memorie degli avvenimenti dell'antichità"),
e il Nihon shoki ("Annali del Giappone"), scritti nell'VIII secolo, in cui si trova la storia del Giappone dalla sua creazione per opera della coppia divina, Izanagi (maschio) e Izanami (femmina) - all'anno 697.
La filosofia di vita shintoista ruota intorno all'idea che vi sia un'armonia profonda tra gli esseri umani, la natura, e
le numerose divinità che popolano l'universo. Gli esseri divini si chiamano kami, sono generalmente benigni e
proteggono coloro che si rivolgono a essi. I kami si identificano con numerosi oggetti naturali (montagne, ruscelli,
animali, alberi, ecc.), con alcuni personaggi mitici o storici e con gli antentati.
Secondo la mitologia shintoista del Kojiki e del Nihon shoki, la famiglia imperiale (il cui primo imperatore è
ritenuto Jimmu Tenno) discende direttamente dalla dea del sole Amaterasu, considerata come capostipite.
Lo Shintoismo convive facilmente con le altre religioni e, difatti, molti shintoisti sono contemporaneamente
devoti al Buddhismo. Si tratta di una religione che non incoraggia il proselitismo poiché è considerata inadatta ai popoli
non giapponesi.
Confucianesimo
Il Confucianesimo è una delle maggiori tradizioni filosofiche, morali, politiche della Cina. Si è sviluppato nel
corso di due millenni a partire dagli insegnamenti del filosofo Kǒngfūzǐ, il «Maestro Kong» (551-479 a.C.), conosciuto in
occidente col nome latinizzato di Confucio. Confucio creò un sistema rituale e una dottrina morale e sociale, che si
proponevano di rimediare alla decadenza spirituale della Cina, in un'epoca di profonda corruzione e di gravi
sconvolgimenti politici
Confucio, d’altra parte, non volle mai, invece, trattare questioni soprannaturali e che trascendessero
l'esperienza umana, elemento questo che ha spinto molti a non considerarlo una vera e propria religione
Dopo essersi confrontato con le scuole di pensiero concorrenti, talora anche conoscendo repressioni, il
confucianesimo fu imposto come dottrina di Stato sotto l'imperatore Han Wudi (156-87 a.C.) ed è rimasto tale fino alla
fondazione della Repubblica di Cina nel 1912.
Oltre che in Cina, il confucianesimo ha esercitato un'influenza grandissima in Giappone, in Corea e nel
Vietnam.
Il confucianesimo può considerarsi un complesso di credenze, riti e costumi fondati sull’antica saggezza cinese
e associati al nome di Confucio
Non disponiamo di fonti che possano essere fatte risalire a Confucio. Gli scritti di cui disponiamo furono
tramandati dai discepoli del filosofo, che raccolsero le parole e il pensiero del loro maestro. Nel caso di Confucio, inoltre,
il problema delle fonti è reso ancora più grave dalla persecuzione di cui furono fatte oggetto le scuole filosofiche
all’incirca due secoli dopo la morte di Confucio.
I frammenti esistenti permettono comunque di avere un quadro abbastanza chiaro del pensiero confuciano.
Viaggiando attraverso la Cina egli cercò di diffondere le sue idee politiche e di influenzare i sovrani dei numerosi
piccoli regni in lotta per il dominio della Cina, sorti dopo l'indebolimento della dinastia Zhou. Intimamente persuaso di
avere una missione terrena, Confucio era un instancabile promotore delle virtù degli antichi sovrani illustri. Cercò di
acquistare potere politico, ma non ebbe mai l'occasione di mettere in pratica le sue idee; più volte espulso dai vari regni,
tornò infine nella terra natale dove spese l'ultima parte della sua vita dedicandosi all'insegnamento.
I Dialoghi, l'opera più vicina alla fonte del pensiero confuciano, riportano le discussioni del filosofo con i suoi
discepoli. Essendo una compilazione di conversazioni, domande e risposte e di parti dedicate alla vita di Confucio, i
Dialoghi non sono la descrizione di un sistema filosofico coerente che si sviluppò invece più tardi con numerosi altri
successori sul piano etico e politico.
Il confucianesimo riuscì a sopravvivere alla persecuzione di cui fu fatto oggetto nel corso della sua storia solo
grazie ai letterati che ne conoscevano i testi a memoria. Successivamente, alcuni ritrovamenti diedero un supporto di
prove storiche a quanto era stato ricostruito solo in base a testimonianze orali. I rapporti con il potere politico conobbero
nel corso del tempo momenti più o meno felici
Lo studio dei classici confuciani divenne la base degli esami per il reclutamento o la certificazione dei funzionari,
facendo così del confucianesimo il cuore del sistema educativo cinese, anche se il pieno regime degli esami imperiali
iniziò soltanto nel VII secolo. Il confucianesimo penetrò quindi profondamente nel sistema di pensiero dei cinesi e dei
loro statisti, divenendo il pensiero politico dominante, raramente messo in discussione fino agli inizi del XX secolo.
Quando il confucianesimo divenne dottrina ufficiale si potevano già riconoscere varie correnti al suo interno.
Successivamente, due millenni di commenti, rinnovamenti, interpretazioni e ritorni alle origini hanno contribuito alla
complessità del quadro.
Gli studiosi distinguono almeno sei periodi nella storia della dottrina confuciana, che conobbe forme di
professione legate all’interpretazione di testi riportabili a discepoli o successori anche quando il confucianesimo si
confrontò con la cultura occidentale.
Il confucianesimo diventò religione di stato anche in Corea e in Giappone.
Nel VII secolo, il confucianesimo fu fatto proprio dalle classi nobiliari durante il periodo dei tre regni di Corea e,
quando questi vennero unificati dalla dinastia Goryeo, fu alla base dell'ordinamento politico che il nuovo stato si diede.
La dinastia Goryeo fu soppiantata dalla dinastia Chosun nel 1392, che proclamò la Corea stato confuciano
Sotto il dominio cinese, il confucianesimo conquistò presto una posizione importante anche nella società
vietnamita, anche se iniziò a diffondersi solo dopo che il Vietnam conquistò l'indipendenza dalla Cina nel 939. Come in
Cina, si sviluppò una élite intellettuale, ed i principi di obbedienza e di rispetto per l'istruzione e per l'autorità furono
recepiti da tutti gli strati della società. Il confucianesimo influenzò profondamente la struttura familiare e fu alla base del
rigido sistema di gerarchia sociale. Nel XV secolo il confucianesimo prese in Vietnam il posto del buddhismo e divenne
religione nazionale.
In Giappone, a partire dal 592 d.C., fu adottato il buddhismo come religione di stato, le istituzioni vennero
rifondate secondo il modello cinese ed ispirate dal confucianesimo. Fautore delle riforme fu il principe Umayado,
reggente dell'imperatrice e ancor oggi venerato dai giapponesi come protettore del buddhismo, della casa imperiale e del
paese.
Ispirandosi al pensiero di Confucio, egli ristrutturò i ranghi della società, assegnando i più alti in base ai meriti, e
non più in base alle discendenze familiari.
Nel 604 compilò la costituzione di 17 articoli, che fissava i codici di comportamento di governanti e sudditi
nell'ambito di una società buddhista e che sarebbe rimasta in vigore fino al 1890.
Il termine animismo coniato solo in tempi relativamente recenti è usato in antropologia per classificare le
tipologie di religioni o pratiche di culto nelle quali vengono attribuite qualità divine o soprannaturali a cose, luoghi o esseri
materiali. Queste religioni cioè non identificano le divinità come esseri puramente trascendenti, bensì attribuiscono
proprietà spirituali a determinate realtà materiali.
Questo tipo di credenze è così chiamato perché si basa sull'idea di un certo grado di identificazione tra principio
spirituale divino (anima) e aspetti “materiali” di esseri e realtà (anche "demoni" e altri enti).
La posizione filosofica corrispondente all'animismo viene di solito chiamata panpsichismo.
Il termine e quanto ad esso faceva riferimento venne usato per la prima volta nel 1720 in ambito medico per
definire una teoria secondo la quale l'anima svolgeva una funzione diretta nel controllo di ogni funzione corporea, in
particolare come meccanismo di difesa nei confronti degli agenti patogeni. Si trattava di una teoria rivelatasi
scientificamente di scarso successo, anche quando venne applicata in ambito chimico.
Successivamente l'espressione animismo fu utilizzata per definire una forma primitiva di religiosità basata
sull'attribuzione di un principio incorporeo e vitale (anima) a fenomeni naturali, esseri viventi e oggetti inanimati, in
special modo per tutto ciò che incide direttamente con la vita di queste popolazioni ed è essenziale per la loro
sopravvivenza: i prodotti alimentari e la loro caccia e raccolta, i materiali per costruire utensili, monili e ripari, i fenomeni
atmosferici, la morfologia stessa del territorio. Tutto ciò viene riconosciuto come animato e progressivamente associato a
forme di venerazione, spesso direttamente funzionali alla buona riuscita delle azioni quotidiane per vivere.
Questo culto dell'anima, semplice, spontaneo, irrazionale, basato sulle esperienze comuni e quotidiane,
sarebbe stato secondo alcuni alla base di un'"evoluzione" del pensiero religioso che avrebbe condotto, di pari passo con
la civilizzazione, a religioni sempre più strutturate, con pratiche sociali ben definite, fino a svilupparsi attorno alla figura di
un essere creatore.
Un approccio alternativo vede interpretare la cultura animista basata sull'ipotesi che i temi mitologici delle civiltà
più antiche non si siano sviluppati in modo indipendente, ma si siano diffusi, invece, progressivamente in Mesopotamia e
India a partire da un nucleo primitivo africano, successivamente nelle isole del Pacifico, e da lì nell'America Centrale e
equatoriale.
Studi sull'animismo sono presenti anche nella letteratura psicoanalitica. e nella cultura filosofica del
meccanicismo.
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