L`EREDITÀ DI PADRE PIO PIÙ VERA È LA SANTITÀ Il tema che mi

L’EREDITÀ DI PADRE PIO PIÙ VERA È LA SANTITÀ
Il tema che mi è stato assegnato coincide con una straordinaria ricorrenza: 5 maggio
1956. Padre Pio inaugura la sua straordinaria creatura di carità, la «Casa Sollievo della
Sofferenza». Un anniversario significativo: cinquant’anni, e non li dimostra, perché
tutte le opere dell’amore portano in sé qualcosa che rigenera continuamente a nuova
vita.
Certo, difficoltà, problemi ce ne sono, ma non è venuto meno, in coloro che devono
continuare l’Opera di San Pio da Pietrelcina, il desiderio e l’impegno forte e deciso,
perché questo segno di amore solidale, di amore che si china, di amore che accoglie,
che partecipa, che condivide, non venga meno. Tutti quanti possono vedere, tutti possono guardare, tutti possono sentire forte il richiamo al gesto dell’amore e della carità.
Voi sapete che il ministero del Vescovo è quello della strada, non lo dico io. Il vescovo è colui che cammina, è colui che sente risuonare continuamente alle sue orecchie,
ma soprattutto al suo cuore, la Parola di Gesù: «Andate! Andate!». Il Signore, poi, mi
ha voluto affidare, attraverso l’obbedienza, anche questo compito, di essere il «custode», così mi ha detto Giovanni Paolo II: «il custode dell’eredità di Padre Pio».
Io dico sempre: l’eredità di Padre Pio non ha nulla di materiale. L’eredità di Padre Pio,
la più vera, la più evidente, è la santità. È su questa strada che dobbiamo incamminarci. E poi c’è questa straordinaria opera che sono i Gruppi di Preghiera.
Dobbiamo provarci tutti, perché la santità non è l’avventura di eroi, la santità non è là
dove osano le aquile. La santità è di ogni battezzato, perché è da lì che noi siamo inseriti ontologicamente nell’unica santità di Dio. E il battesimo ci inserisce in questa novità. Allora noi non dobbiamo permettere che il dono si offuschi per nostre inadempienze, per nostri ritardi, per nostri calcoli, per nostre paure.
Io ci sto provando, perché il vescovo è colui che deve guidare sulla strada della santità.
Quindi, come vedete, il Signore mi sta aiutando, lo faccio perché Lui me lo chiede,
non per diletto. Sapeste quanto pesa, ma anche quanto è bello poter dire: «Io faccio
quello che mi è stato affidato», e poi alla fine dire: «Chi sono?». Quello che dice Gesù
nel Vangelo: «Un servo inutile». Ma possiamo dire che siamo «servi inutili» solo quando abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare.
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Conosciamo tutti Padre Pio. Chi lo ha conosciuto direttamente, e chi lo conosce attraverso questa sua significativa proposta di vita santa. Conosciamo la sua vita, conosciamo i tanti segni con i quali il Signore ha voluto autenticare, presentare come suo
inviato, per una particolare caratteristica, Padre Pio al mondo del secolo XX.
Chi è Padre Pio? Paolo VI, ricevendo il definitorio dei Padri Cappuccini, ha detto:
«Chi siete andati a vedere, un filosofo? No, non è un filosofo. È il rappresentante
stampato delle stigmate di nostro Signore Gesù Cristo. E vedete quale clientela mondiale». Ed è vero. Dovunque vado trovo dei segni che ricordano Padre Pio.
Sapete dove ho trovato delle icone, delle statue di Padre Pio? In un negozio di articoli
religiosi, in quella grande realtà dell’ortodossia russa, il Monastero di Zagorsk. Ho trovato Padre Pio. Anche lì, dovunque, la sua clientela mondiale.
Padre Pio «rappresentante stampato delle stigmate di nostro Signore Gesù Cristo»! Voi
sapete quanto grande è stato l’amore e la devozione di Giovanni Paolo II a Padre Pio.
Lo ha conosciuto, giovanissimo prete, studente a Roma, probabilmente la primavera
del 1947. Posso testimoniarvi, me lo ha detto proprio lui personalmente: «Sono stato
una prima volta a San Giovanni Rotondo quando ero giovane prete, e mi sono anche
confessato da lui».
E sappiamo il ricco magistero di Giovanni Paolo II su Padre Pio. Magistero che leggiamo nei tanti interventi che il Papa ha fatto su Padre Pio. Il primo grande intervento
è stato quando è venuto in visita pastorale a San Giovanni Rotondo, il 23 maggio
1987, lo ricordo bene perché ero parroco a San Giovanni Rotondo. E ricordo quello
straordinario discorso che fece nel santuario di Santa Maria delle Grazie. Cosa disse in
quella occasione? Il Papa disse: «Il desiderio di imitare Cristo crocifisso fu in Padre
Pio particolarmente vivo».
Docile fin da fanciullo alla grazia, ebbe da Dio il dono di veder chiaro nella sua vita.
Comprese che il posto più sicuro, l’asilo di pace era la schiera della milizia ecclesiastica. «E dove meglio potrò servirti, Signore, se non nel chiostro e sotto la bandiera del
poverello di Assisi? Che Gesù mi faccia la grazia di essere un figlio meno indegno di
san Francesco, che possa essere di esempio ai miei confratelli».
Ha ripresentato a tutti noi, ai tanti che andavano a San Giovanni Rotondo, l’amore
crocifisso di Cristo. Ricordiamo quello che è la sua preghiera, lo dice nel suo Epistola-
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rio, raccontando la stimmatizzazione al suo padre spirituale, Padre Benedetto: «Signore dammi i dolori, ma non questi segni, che mi confondono». Partecipazione vera, piena, intima alla Passione, ma senza creare spettacolo.
Io amo definire Padre Pio «Epifania dell’amore crocifisso». La croce salva il mondo, la
croce è piantata al centro della storia, è piantata al centro della nostra vita. La croce
per noi è il segno certo di un amore senza limiti, è il dono di una vita senza riserve,
che ci è stata fatta da Lui, dal Cristo, ma da allora questa croce ci appartiene.
Tutti quanti noi siamo chiamati ad essere, secondo i progetti di Dio, epifania di un
amore che sa soltanto donarsi, senza pretendere nulla. Il dono di Padre Pio, di tutta la
sua vita, in unione a Cristo Crocifisso. Lui ha vissuto profondamente quella affermazione dell’apostolo Paolo, nella lettera ai Colossesi: «Completo nella mia carne quello
che manca ai patimenti del Cristo, a vantaggio del suo corpo che è la Chiesa». Ma questo è per tutti noi.
Nessuno di noi può ritenersi inutile, nessun ammalato può pensare che la sua sofferenza sia soltanto la privazione di una completezza per la propria esistenza, di un dono
completo della propria vita, delle proprie facoltà, della propria libertà. La sofferenza è
la partecipazione alla quale tutti dobbiamo unirci, perché dalla croce del Calvario le
nostre croci completano il grande mistero che poi sfocia nell’alba e nella luce della Risurrezione.
Ma c’è un altro aspetto che vedeva tanti accorrere a San Giovanni Rotondo, e continuano ancora oggi. «Padre Pio – ha detto il Papa nel giorno della beatificazione, il 2
maggio 1999 – è stato strumento della Misericordia di Dio». In tanti andavano a lui
perché cercavano Dio. In tanti cercavano Padre Pio, perché avevano bisogno di capire
la fatica di una vita distrutta, ma che non era accettata. Bisognava trovare la soluzione
per ricostruire. Quanti andavano lì senza fede!
Pensate, uno dei grandi collaboratori di Padre Pio, nella realizzazione della sua Opera
di carità, Casa Sollievo della Sofferenza, è stato il dottor Guglielmo Sanguinetti. Un
medico toscano, che va a San Giovanni Rotondo, accompagna la moglie e incontra
Padre Pio (il Signore poi fa così). Padre Pio lo guarda e gli chiede: «Cosa fai?» (faceva
il medico condotto a Borgo San Lorenzo, vicino Firenze). Poi gli dice «Tu devi venire
qui, perché io ho bisogno di te». «Io? Ma io non credo in Dio!». La risposta di Padre
Pio: «Ma Dio crede in te!».
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Padre Pio si serve di questo uomo, si serve di un farmacista di Zara, il dottor Carlo
Kisvarday, e si serve di un industriale di Perugia, il dottor Sanvico. Con questi tre, sorretto da questi tre, Padre Pio si accinge, e porterà poi a compimento, con l’aiuto di
tanti, con l’aiuto della sua clientela mondiale, a fare la straordinaria Opera di carità che
è la Casa Sollievo della Sofferenza.
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