DOMANDE CLASSICHE D'ESAME GEOLOGIA:
La formazione del sistema Terra-Luna
Origine del calore terrestre → Le cause che hanno prodotto alla formazione del calore attualmente presente
all'interno della terra sono molteplici. Le principali sono: contrazione gravitazionale, collisioni cosmiche, radioattività e
irraggiamento solare. Gran parte del calore però deriva dal decadimento degli isotopi radioattivi presenti nelle rocce, in
particolare quelle acide della crosta terrestre, che contengono il torio 232, l'uranio 238, e 235 e il potassio 40, e
sarebbero responsabili del 40% delle emissioni termiche della superficie. Gli elementi radioattivi avrebbero determinato
inoltre la fusione dei metalli, in particolare del ferro. Quest'ultimo spostandosi verso il centro della Terra a causa della
gravità, avrebbe liberato grandi quantità di energia gravitazionale sotto forma di calore, alzando ulteriormente la
temperatura. Infine, va aggiunto il calore primordiale della Terra, che si aggirerebbe attorno ai 1000°C, dovuto alla
pressione prodotta dalla compattazione delle particelle e dal loro attrito.
Flusso di calore, gradiente geotermico (unità di misura, ragioni e distribuzione) → Il flusso di calore è la
quantità di energia termica che si allontana dalla Terra per unità di area nell'unità di tempo. L'unità di misura è l'HFU
(Heat Flow Unit), equivalente a 1 µcal/(cm 2·s). Poiché le rocce basiche contengono pochi minerali radioattivi, i valori
dovrebbero essere nettamente inferiori a quelli dei contenenti, invece la differenza è molto lieve. Il motivo non è chiaro;
si suppone che il flusso di calore degli oceani sia aumentato a causa delle correnti convettive del mantello che fanno
risalire materiale caldo lungo le dorsali, e perché la crosta oceanica è molto più sottile di quella continentale. Il gradiente
geotermico è l'aumento della temperatura, espressa in gradi centigradi, ogni 100 metri di profondità. Ha un valore
medio di 2 - 3°C/100 metri, ma può variare anche notevolmente da località a località.
Origine della Luna (come, quando; origine di mari e crateri) → Sono state formulate diverse ipotesi per
spiegare la formazione della Luna. Tuttavia la più accreditata è l' ipotesi dell'impatto . La Luna infatti si sarebbe
originata, all'incirca 4 miliardi di anni fa, per effetto di uno scontro cosmico, quando la Terra era ancora “fluida”, con un
corpo celeste delle dimensioni di Marte chiamato Theia. La superficie lunare è costellata da crateri dovuti al
bombardamento meteoritico; inoltre si notano delle grandi estensioni scure chiamate mari, che in realtà sono
espandimenti di lava basaltica dovuti a zone di frattura, all'interno dei quali è risalito magma.
Bombardamento meteorico. Meteore, meteoriti, meteoroidi → Per meteoroidi si intendono tutti corpi che
attraversano l'atmosfera terrestre, ovvero le meteore e i meteoriti. Le meteore sono i corpi, che attirati dalla gravità
terrestre, entrano nell'atmosfera e si vaporizzano a causa dell'attrito formando una scia luminosa (stella cadente);
mentre invece le meteoriti sono i corpi che attraversano l'atmosfera terrestre e colpiscono la superficie ( 80% ferrosi,
20% silicati). Tramite lo studio della composizione chimica di questi corpi sono stare ricavate informazioni sulla
composizione chimica del nucleo Terrestre.
Atmosfera primordiale e sua evoluzione → I composti volatili, presenti come gas dispersi, sfuggivano alla fora
gravitazionale oltre l'atmosfera. In tal modo l'atmosfera primordiale si arricchì di alte concentrazioni di gas serra quali
metano, vapore acqueo, azoto, ammoniaca e acido solforico. Inoltre la radiazione ultravioletta era tale da spezzare
alcuni aggregati molecolari negli elementi base determinando la liberazione di idrogeno ed ossigeno. Con lo svilupparsi
dei cianobatteri e alghe verdi e blu le grandi concentrazioni di CO 2 vennero abbassate grazie alla liberazione di O2 ,
sottoprodotto delle sintesi biochimiche degli organismi.
Il processo della fotolisi e la genesi della CO 2 → Tramite il processo di fotolisi (processo fotochimico per il quale
una entità molecolare subisce scissione e l'assorbimento di radiazione elettromagnetica) l'ossigeno in presenza di
metano si lega ad esso e genera anidride carbonica. Come conseguenza diretta la concentrazione di anidride carbonica
diventò estrema (95% dell'intera massa gassosa). L'ossigeno crebbe in quantità grazie allo sviluppo dei cianobatteri e
delle alghe verdi, l'alta concentrazione di ossigeno permise lo sviluppo dello ozono O 3, schermando i raggi ultravioletti,
dannosi ai processi biologici.
Origine del magnetismo terrestre → Non c'è ancora una risposta completa ma si è proposto un modello, detto
della dinamo autoeccitante. Per cui si pensa che il campo risulti dalla circolazione a spirale, di ferrolega liquida, presente
nel nucleo esterno della Terra, dovuto alla rotazione terrestre e per le correnti convettive prodotte dal calore derivante
dal decadimento degli isotopi radioattivi. Questi movimenti creerebbero correnti elettriche capaci di indurre il
magnetismo in un ciclo che si autoalimenta.
Magnetosfera → Il campo magnetico agisce come uno scudo contro il vento solare, la zona all'interno di questo scudo
magnetico è detta magnetosfera. La magnetosfera da luogo alle fasce di Van Allen che interpolano particelle alfa,
protoni ed elettroni che si muovono ad una velocità così elevata da poter sfuggire alla parte esterna, e quindi più
debole, del campo magnetico, ma poi rimangono intrappolate dal campo magnetico più forte esistente più vicino alla
Terra. Intrappolando i raggi cosmici, le fasce di Van Allen proteggono la vita sulla Terra da radiazioni pericolose.
Vento solare → Il vento solare è emesso dall'alta atmosfera del Sole e contiene un flusso di particelle cariche.
Fasce di Van Hallen → In sostanza le fasce di Van Allen intrappolano le particelle più veloci dei vanto solare e in
questo modo proteggono la Terra da radiazioni pericolose.
L'interno della Terra rende possibile la vita sulla crosta terrestre? Poiché la composizione chimica e fisica del
nucleo determina meccanismi magnetici che proteggono la Terra da radiazioni pericolose, ciò influenza meccanismi che
permettono la vita sulla Terra. Infatti se il nucleo non fosse in grado di produrre magnetismo, il vento solare non
verrebbe modificato, deformato e influenzato dalla magnetosfera, per cui non si creerebbero le fasce di Van Allen e
sulla Terra arriverebbero particelle dannose ai processi biologici.
Dati diretti e indiretti che consentono di studiare l'interno della Terra
Lo studio dell'interno → Per ricavare informazioni sulla composizione e sulla struttura interna della Terra non
possiamo procedere con un'indagine diretta, poiché i pochi chilometri esplorabili attraverso le miniere o le stratificazioni
sedimentarie delle catene montuose, sono nulla se paragonati al raggio medio terrestre. Ad ogni modo metodi diretti
possono essere forniti dagli studi della geologia marina. Per questo motivo ci si serve di analisi indirette, come quelle
effettuabili dallo studio dei meteoriti, che presentano analoga composizione a quella della Terra, se si suppone che
derivino dalla medesima nebulosa originaria con cui si sono formati i pianeti del Sistema Solare. Molto importanti sono
le informazioni che si ricavano dalla sismologia, che studia le modalità di propagazione delle onde sismiche all'interno
della terra. Poiché le onde modificano la loro velocità in base alla densità del mezzo che attraversano, possono essere
riflesse, rifratte o bloccate (nel caso delle onde trasversali), è possibile ricostruire la struttura dell'interno terrestre. Altri
metodi indiretti sono lo studio della densità, della temperatura e della pressione.
Variazioni di densità, temperatura e pressione con la profondità → La prima stima della massa della Terra
deriva da rilievi topografici eseguiti sulle Ande,i topografi infatti si resero conto che il filo di piombo deviava, l'angolo di
deviazione del filo di piombo rappresenta il rapporto tra la massa della montagna e la massa totale della Terra. Facendo
semplici calcoli si è trovato che la densità media della Terra è di 5,45 g/cm 3 MA le rocce tipiche della superficie terrestre
hanno densità inferiori. Si domandarono se la densità aumenta in modo graduale con la temperatura oppure la Terra
consiste di un guscio meno denso che circonda un nucleo più denso? Grazie allo studio delle onde sismiche furono
trovate le discontinuità , rappresentano un cambiamento pronunciato della natura fisica del materiale in cui si
propagano le onde, si scoprì che il nucleo interno è solido, nonostante le alte temperature che raggiunge, grazie all'alta
densità che è si pensa raggiunga i 13 g/cm 3 . Sia la temperatura che la pressione aumentano con la profondità.
Onde sismiche, sismografi e sismogrammi → L'energia sismica viaggia in forma di onde sismiche (sono onde
elastiche che hanno bisogno di un mezzo attraverso cui propagarsi), mentre l'onda attraversa un materiale, l'attrito
assorbe energia, quindi la quantità di energia trasportata dalle onde sismiche diminuisce allontanandosi dall'epicentro.
Possiamo rilevare le onde sismiche utilizzando uno strumento chiamato sismografo, il peso che si trova all'interno dello
strumento rimane fisso al terreno, mentre una penna fissata ad esso traccia le onde sismiche su un cilindro di carta
attaccato all'intelaiatura, che si muove assieme alla Terra. I sismogrammi ( sono un grafico, risultato della registrazione
fatta da un sismografo) dimostrano che le diverse onde sismiche arrivano a tempi diversi perchè si propagano con
velocità diverse. La differenza nei tempi di arrivo delle onde P e S, messa in grafico su una curva del tempo di
propagazione, consente ai sismologi di stabilire la distanza tra la stazione sismografica e l'epicentro del terremoto e poi
indicare con esattezza la posizione dell'epicentro.
Onde P, S, R e L → I sismologi distinguono diversi tipi di onde sismiche in base a dove e come si muovono. Le onde P
sono onde primarie longitudinali sono onde interne di compressione e sono le più veloci, le onde S sono onde
secondarie trasversali e si propagano più lentamente. In entrambe i casi la velocità di propagazione è direttamente
proporzionale alla consistenza del materiale che attraversano; le onde S non si propagano nei fluidi. Queste onde sono
elastiche, per cui alla fine del loro passaggio lasciano inalterato il volume della roccia iniziale. Le onde R sono onde
superficiale che causano ondulazioni verticali del terreno, mentre le onde L sono onde superficiali che causano
movimenti orizzontali del terreno; le onde superficiali sono le più lente.
Rifrazione delle onde sismiche → La rifrazione avviene quando un'onda passa da un mezzo materiale a un altro,
con densità diversa, per cui la sua velocità e la sua direzione di propagazione subiscono delle variazioni. Per cui le onde P
e S si incurvano verso l'alto a causa delle densità crescenti via via che si procede in profondità.
Zone cieche alle onde sismiche → Sotto la litosfera c'è una zona a bassa velocità che coincide con la parte
superficiale dell'astenosfera, fra i 400 e i 700 km di profondità, dove la velocità ha improvvisi salti, forse questo è dovuto
al “cimitero delle placche” in subduzione che non rendono omogenea la materia causando quindi scatti di velocità nelle
onde P. Questa zona d'ombra individuata è una fascia lungo, la quale, le onde P non riescono ad arrivare. Questa zona
d’ombra ha permesso di individuare l’esistenza di un nucleo composto da un materiale diverso da quello che lo avvolge:
infatti le onde cambiano la loro traiettoria. Quando arrivano al nucleo le onde P perdono la loro velocità, mentre le onde
S non riescono nemmeno ad entrarci. Da questa scoperta si dedusse che almeno la parte esterna del nucleo doveva
essere fluida (le onde S non attraversano mezzi fluidi).
Crosta, mantello, nucleo esterno ed interno → La crosta continentale, forma i continenti emersi e le aree
coperte dai mari poso profondi (piattaforma continentale). Le sue aree più antiche sono i cratoni (formati
prevalentemente da ammassi di rocce metamorfiche). È un involucro leggero con una densità di circa 3 g/cm 3, la
caratteristica principale della crosta continentale è la sua eterogeneità, in contrasto con l'omogeneità della crosta
oceanica. La parte più superficiale è formata principalmente da rocce acide ricoperte da uno spessore variabile di
sedimenti. Subito sotto si trovano diversi tipi di rocce magmatiche, sedimentarie o metamorfiche, che indicano i
differenti tipi di attività e le intense deformazioni che si sono succedute a partire da circa 3.8 miliardi di anni fa. La crosta
oceanica forma le aree sottomarine coperte da mari profondi, a volte inglobate in catene montuose (raramente). La sua
composizione è più basica rispetto alla crosta continentale, ciò determina una densità più elevata, che si aggira intorno
ai 3 g/cm3, ed è abbastanza giovane, non raggiungendo i 200 milioni di anni, poiché va in subduzione. Lo strato più
superficiale è formato da sedimenti oceanici con spessore variabile; lo strato centrale è formato da basalto, mentre
quello più profondo è costituito da gabbro. Il mantello si estende da 30 a 2900 km di profondità, ed è probabilmente
costituito da una roccia ultra-basica, la peridotite, più rigida e più densa del gabbro e del basalto. Esso può essere
suddiviso in due parti: il mantello superiore, fino a circa 700 km, e il mantello inferiore, fino alla discontinuità di
Gutenberg. Nel mantello la temperatura sale progressivamente con la profondità, così come aumenta la pressione e la
densità. A 2.900 km di profondità si trova il nucleo, che le onde sismiche evidenziano suddiviso dalla discontinuità di
Lehmann in: nucleo esterno, allo stato fuso, e nucleo interno, rigido ed elastico, con una temperatura prossima al punto
di fusione, ma che si comporta come un solido per l'elevatissima pressione. Si suppone che il nucleo sia composto
essenzialmente di una ferrolega, mescolato con silicio e zolfo e con altri metalli come il nichel.
Litosfera, astenosfera, mesosfera
Litosfera, astenosfera → Utilizzando la differenza di stato fisico(su base reologica), invece che quella di
composizione, si possono distinguere i seguenti strati: litosfera, astenosfera, mesosfera e nucleo. La litosfera è lo strato
più superficiale mobile, rigido ed elastico della Terra, che comprende la crosta e il mantello litosferico. Ha uno spessore
di circa qualche chilometro sotto i bacini oceanici e 110 - 130 km sotto i continenti. Sotto la litosfera c'è uno strato che
termina a 200 km di profondità, dal comportamento più plastico, l'astenosfera, in cui le rocce, della stessa composizione
del mantello litosferico, si troverebbero allo stato parzialmente fuso. All'astenosfera segue la mesosfera, che termina a
2.900 km, dove si trova il nucleo terrestre.
Limiti del nucleo interno ed esterno → L'esame dei dati ricavati dalle onde sismiche ha permesso di individuare
una serie di strati concentrici all'interno della Terra. Infatti, in tre aree precise, che costituiscono delle vere e proprie
superfici di discontinuità, ci sono dei repentini cambiamenti di velocità e direzione delle onde sismiche, mentre
all'interno di ciascuno strato i cambiamenti sono abbastanza graduali. Sulla base di ciò si può dire che i limiti del nucleo
interno ed esterno sono dati dalla la discontinuità di Lehmann, che si trova a circa 5.100 km di profondità, suddivide in
due parti il nucleo, individuando il nucleo esterno e il nucleo interno.
Differenze termiche e celle convettive → Il flusso termico terrestre (la quantità di calore emessa nell’unità di
tempo per ogni unità di superficie) è in media 0,06 W per m 2. Esistono, però, delle zone dove il flusso termico risulta
essere più elevato della media, come nelle dorsali oceaniche. Si pensa che il flusso di calore sia più alto a causa delle
correnti convettive del mantello che fanno risalire materiale caldo lungo le dorsali,liberando calore e facendo
aumentare il flusso termico locale; mentre altro materiale che si è raffreddato in prossimità della superficie scende
verso il basso; e perché la crosta oceanica è molto più sottile di quella continentale. I moti convettivi sono movimenti
circolari di materia, che avvengono all'interno dei fluidi (liquidi e aeriformi) caldi e attraverso i quali avviene la
propagazione del calore con trasporto di materia. Quando un fluido viene riscaldato, per esempio per contatto con una
fonte di calore, esso diventa meno denso, più leggero, si sposta verso l'alto, trasportando con sé calore, che poi si
propaga e viene ceduto ai materiali circostanti; il fluido, quindi, si raffredda, diventa più denso, più pesante e si muove
verso il basso, dove nuovamente si riscalda: si stabiliscono così, all'interno del fluido, dei movimenti circolari di materia,
detti correnti convettive, o moti convettivi. Non si sa però quante siano, se interessino l'intero spessore del mantello,
solo lo strato superficiale, oppure celle nel mantello superiore coesistenti con quelle del mantello inferiore.
Isotopi radioattivi → I principali materiali che costituiscono la Terra sono, isotopi radioattivi ovvero nuclei di atomi
che hanno lo stesso numero di protoni ma differente numero di neutroni, sono instabili, e con il tempo si modificano
spontaneamente (decadono) con emissione di particelle nucleari, trasformandosi in isotopi di elementi diversi. L’energia
cinetica delle particelle si trasforma poi in calore, da cui deriva il calore terrestre.
Decadimento radioattivo ed età assolute delle rocce → L'età numerica delle rocce si determina con la
datazione radiometrica. Questo perché gli elementi radioattivi, che si trovano in piccole concentrazioni in molti minerali,
decadono con velocità costante. Durante il decadimento radioattivo, gli isotopi genitori si trasformano in isotopi figli. La
velocità di decadimento di un elemento è nota come periodo di dimezzamento, che è il tempo occorrente perché
decadano metà degli isotopi genitori. Il rapporto tra gli isotopi genitori e gli isotopi figli in un granulo minerale definisce
l'età del granulo stesso. In base alla datazione radiometrica di meteoriti e di rocce lunai, i geologi sono arrivati alla
conclusione che la Terra si è formata circa 4,6 miliardi di anni fa.
Inizio della vita e modifiche indotte nel Sistema Terra
Cianobatteri e stromatoliti → Le stromatoliti sono state ritrovate in rocce datate a 3 - 3.5 miliardi d'anni fà. Si tratta
di accumuli e colonne, di cianobatteri, composte di molti strati cresciuti uno sopra l'altro. I cianobatteri sono microbi
unicellulari capaci di fotosintesi, sviluppatesi sul fondo marino. Essendo basati sulla fotosintesi, i cianobatteri hanno
trasformato l'atmosfera terrestre da una miscela ricca di anidride carbonica alla miscela attuale ricca di ossigeno. Nelle
strutture interne delle stromatoliti, si trovano grandi concentrazioni di CO2.
Ossigeno libero e scudo d'ozono → In sostanza tutto l'ossigeno libero proviene dalla fotosintesi; la quantità
prodotta dalla fotolisi è trascurabile. Infatti le radiazioni ultraviolette provenienti dal sole scindono, nella parte
superiore dell'atmosfera, un piccolo numero di molecole di vapore acqueo, in idrogeno ed ossigeno. Gli atomi di
idrogeno possono sfuggire nello spazio, data la loro piccola massa, mentre quelli di ossigeno entrano a far parte
dell'atmosfera generando, per lo più, ossigeno molecolare e ozono. MA la velocità di produzione di ossigeno mediante
queste reazioni è così bassa che si può trascurare completamente il loro contributo. L'ozono O3, è una molecola
triatomica dell'ossigeno ed è l'unico gas in grado di assorbire le radiazioni ultraviolette provenienti dal sole, impedendo
loro di raggiungere la superficie terrestre. In questo modo esso assume un ruolo fondamentale di protezione, rendendo
possibile la sopravvivenza delle specie viventi, che sarebbero pesantemente danneggiate da queste radiazioni ad alta
energia.
Ipotesi Gaia → La Terra è una sorta di organismo complesso, secondo l'ipotesi Gaia si può dire che il sistema Terra,
nell'insieme, è analogo a un organismo vivente complesso. Ciò significa che i cambiamenti che avvengono sulla Terra
riflettono interazioni tra fenomeni geologici e biologici.
Tettonica e Cinematica delle placche litosferiche
Che cosa determina il movimento delle placche? Inizialmente si pensava che il processo che aziona il movimento
delle placche erano i moti convettivi. I moti convettivi in realtà non guidano tutto il movimento delle placche; le placche
si muovono prevalentemente in risposta a due forze, la spinta della dorsale e la forza di trazione della lastra.
Placche litosferiche principali e secondarie → Sono state individuate sette placche principali, aventi grande
estensione (pacifica, nordamericana, sudamericana, euroasiatica, africana, indo-australiana) e un certo numero di
placche minori tra cui la placca di Nazca, di Cocos, caraibica, delle Filippine e araba. Alcune placche sono costituite solo
da litosfera oceanica, altre invece, sono formate da litosfera continentale e oceanica e altre solo da litosfera
continentale.
Margini costruttivi → In corrispondenza di limiti divergenti, abbiamo due placche oceaniche che si allontanano per il
processo di espansione del fondo marino. Tra le placche divergenti, non si forma uno spazio vuoto; mentre le placche si
allontanano, lungo il limite divergente si forma nuova litosfera oceanica (per questo motivo le placche divergenti
vengono dette costruttive). Le due placche possono allontanandosi a una velocità che può essere anche di qualche
centimetro all'anno. Questo processo avviene in corrispondenza delle dorsali medio-oceaniche o lungo le rift valley
continentali.
Dorsali medio-oceaniche → La dorsale oceanica è la struttura lungo la quale avviene l'allontanamento delle due
placche con velocità che va dai 2 ai 10 cm all'anno, è il luogo di risalita del magma che va a formare la nuova crosta
oceanica. La dorsale si presenta rilevata rispetto al fondale a causa del galleggiamento della litosfera oceanica, infatti via
via che l'età del fondo aumenta il mantello litosferico si inspessisce e si raffredda e ciò fa sì che la litosfera affondi
maggiormente nell'astenosfera. La cresta della dorsale presenta uno sprofondamento che è la rift valley,
perpendicolarmente interrotta da una serie di faglie trasformi. Generalmente la dorsale si trova sotto il livello del mare,
ma può anche emergere, come accade in Islanda, o formare isolette vulcaniche, come le Azzorre.
Fosse, terremoti e vulcani associati ai margini costruttivi → Quando avviene l'espansione del fono marino e le
placche della litosfera oceanica si allontanano dalla dorsale, l'astenosfera caldissima risale sotto la dorsale. Salendo
comincia a fondere producendo magma, questo magma essendo più leggero delle rocce, galleggia e sale. Riempie la
camera magmatica, nella crosta sotto l'asse della dorsale; una parte solidifica lungo le pareti della camera (gabbro), una
parte sale fino alla superficie del fondo marino, in prossimità dell'asse della dorsale e sgorga in piccoli vulcani
sottomarini. La lava risultante si raffredda velocemente formando il basalto a cuscini. La distensione che si esercita sulla
crosta oceanica appena formata, quando avviene l'espansione, la fa fratturare, causando la formazione di faglie. Lo
scorrimento lungo le faglie causa i terremoti dei limiti divergenti e crea numerosi dirupi paralleli all'asse della dorsale. I
terremoti lungo le faglie della dorsale, non hanno grandi magnitudo per cui non creano danni in quanto si trovano in
mezzo all'oceano.
Risalita astenosferica: dal rifting al drifting → Un rift è una fascia lineare in cui la litosfera continentale si separa;
la litosfera inizialmente si assottiglia e in superficie, dove la crosta è fredda e fragile, lo stiramento spezza la roccia e
causa la formazione di faglie. Queste poi fanno scivolare verso il basso blocchi di roccia e di conseguenza portano alla
formazione di un'area bassa che viene gradualmente ricoperta di sedimento. In profondità invece lo stiramento avviene
in modo plastico. Via via che la litosfera si assottiglia, l'astenosfera calda risale sotto il rift e in parte fonde. Questa roccia
fusa sgorga nei vulcani lungo il rift. Se il processo di rifting continua per un sufficiente periodo di tempo, si passa al
drifting per cui il continente si spacca in due e si forma una dorsale medio-oceanica con la conseguente espansione del
fondo marino. In alcuni casi, comunque il processo termina prima che il continente si spacchi in due. Esempi di rift
continentale sono: il Rift dell'Africa orientale (consiste in una profonda depressione delimitata sui due lati da alti dirupi
dovuti alle faglie, lungo il rift ci sono molti vulcani tra cui il Kilimangiaro), e il rift Basin and Range Province.
Margini continentali passivi e piattaforma continentale → Quando il continente si è diviso in due blocchi, i resti
del rift evolvono in un margine continentale passivo, che bordano gli oceani maturi e non sono interessati da attività
sismica e vulcanica. Sono tipici dei continenti che si trovano ai bordi dei bacini oceanici in espansione, come l'oceano
Atlantico. Questi margini segnano il confine tra continente e oceano della medesima placca. Spessi cumuli di sedimento
coprono i margini continentali passivi, la superficie di questo strato di sedimento è rappresentato da una regione ampia
e poco profonda del continente, detta piattaforma continentale.
Geometrie dei fondali oceanici → Nel corso del XX secolo grazie all'invenzione dello scandaglio a ultrasuoni è stato
possibile redarre un profilo batimetri dei fondali oceanici rilevando le caratteristiche del fondo oceanico. Il fondo di tutti
i principali oceani comprende due province-. Le piane abissali, vaste regioni relativamente piatte che si trovano a una
profondità di 4-5 Km sotto il livello del mare, e le dorsali medio-oceaniche. Queste sono lunghe catene montuose
sottomarine che si trovano a soli 2-3 Km sotto il livello del mare. I geologi chiamano la cresta della dorsale mediooceanica asse della dorsale; tutte le dorsali sono approssimativamente simmetriche rispetto all'asse della dorsale.
Alcune includono ripide scarpate e una stretta depressione che corre lungo l'asse della dorsale. Lungo gran parte del
perimetro dell'Oceano Pacifico sono state trovate aree molto profonde chiamate fosse oceaniche che delimitano gli
archi vulcanici in zone di subduzione. Lo scandaglio a ultrasuoni ha scoperto molti monti sottomarini oceanici, nati come
vulcani, si presentano in catene, ma a differenza degli archi vulcanici che delimitano le fosse oceaniche, solo un'isola
all'estremità della catena è attiva. Infine sono stare rilevate zone di fratture verticali, in ogni oceano, queste zone di
frattura sono parallele tra loro e approssimativamente perpendicolari alle dorsali medio-oceaniche.
Rocce e sedimenti dei fondali oceanici → Gran parte del fondo oceanico è coperto da uno strato di sedimento
formato da argilla e dai minuscoli gusci del plancton morto. Questo strato ha spessore variabile, infatti non è presente
sull'asse delle dorsali medio-ocaniche, mentre invece verso la costa diventa sempre più spesso. Portando in superficie
dei campioni i geologi si sono accorti che la crosta oceanica contiene soltanto basalto (effusiva) e gabbro (intrusiva).
Concetto di ‘tasso di sedimentazione' → Il tasso di sedimentazione è un metodo di datazione ed è basato sulla
velocità di sedimentazione attuale dei vari tipi di sedimento, supponendola costante. Conoscendo lo spessore di una
formazione e valutandone la diminuzione in conseguenza dei processi di compattazione, è possibile risalire al tempo
necessario alla deposizione del sedimento.
Superficie di compensazione della calcite → I sedimenti calcarei non si depositano al di sotto di una profondità
definita limite di compensazione dei carbonati (CCD); oltre questo limite, che nei mari attuali è ad una profondità di circa
4000 m, il calcare passa in soluzione. Questo limite varia di quota con il variare del chimismo dell’acqua, un pH acido
favorisce la dissoluzione. L’immissione di forti dosi di CO2 in mare, dovuta a eruzioni marine, innalza il limite di
compensazione (rende l’acqua più aggressiva) si spiegano così i diaspri, rocce silicee quasi insolubili, intercalati tra i
calcari selciferi.
Applicazioni del magnetismo terrestre → Le applicazioni del magnetismo terrestre alla geologia sono
essenzialmente due: il paleomagnetismo e la migrazione apparente dei poli. A livello microscopico i materiali ferrosi
(migmatite) si dispongono gradualmente paralleli tra di loro e alle linee di campo magnetico delle località in cui il basalto
via via si solidifica. Questo allineamento è permanente per cui rimane una registrazione dell'orientamento delle linee del
campo magnetico terrestre nella roccia rispetto all'epoca in cui la roccia si raffredda. Prendendo in esame una roccia con
un magnetometro riusciamo a ricavare l'orientamento del campo magnetico e quindi alle inversioni dei poli (sono
sempre esistite da quando si è formato il campo magnetico, ma sono di fatto imprevedibili e non hanno durate costanti).
Dal paoleomagnetismo si è osservato che i dipoli rappresentati dalle rocce prese in esame non indicavano i poli
magnetici attuali. Se si osserva l'orientamento dei minerali ferrosi all'interno delle rocce, si nota che, nella successione
delle epoche, essi presentano una disposizione differente, come se il polo nord magnetico si fosse progressivamente
spostato. Allo stesso modo, rocce della stessa età, ma di zone diverse, danno posizioni differenti del polo nord
magnetico. Da qui si possono formulare due ipotesi: o i poli magnetici si sono spostati nel corso del tempo (migrazione
dei poli magnetici), oppure si sono spostati i continenti. Sì capì che devono necessariamente essersi spostati i continenti,
e questa è una delle prove a favore della Tettonica delle Placche.
Paleomagnetismo → Le informazioni sul campo magnetico del passato possono essere ricavate dallo studio delle
rocce, in particolare di quelle che contengono minerali ferrosi (migmatite, ematite); questo fenomeno è detto
paleomagnetismo. Gli atomi possono orientarsi, se ne hanno la possibilità, secondo il campo magnetico del luogo in cui
si trovano; infatti, essi possiedono elettroni in movimento che sono sensibili ai campi magnetici. Se i minerali dotati di
suscettività magnetica si trovano ad una temperatura elevata, gli atomi dei minerali si dispongono in modo casuale. A
mano a mano che la temperatura diminuisce il magma comincia a solidificarsi, gli atomi si orientano secondo la direzione
del campo magnetico presente in quel momento in quel punto e la loro posizione rimane “fossilizzata” quando la roccia
si è completamente solidificata. In questo modo è possibile ricostruire la storia del campo magnetico della Terra.
Anomalie magnetiche → Nei fondali oceanici sono state riscontrate delle anomalie magnetiche diverse da quelle dei
continenti. Le rocce basiche poste lungo la dorsale presentano bande parallele simmetriche e speculari all'asse della
dorsale, che mostrano alternativamente i minerali ferrosi orientati secondo il campo magnetico attuale e invertito. Si ha
un'anomalia positiva su aree del fondo marino in cui il basalto ha polarità normale, per cui in queste aree la forza
magnetica prodotta dalla roccia si aggiunge a quella prodotta dal dipolo terrestre creando un segnale magnetico più
forte di quello atteso. Si ha un'anomalia negativa su regioni del fondo marino in cui il basalto ha polarità invertita. Qui, la
forza magnetica del basalto si sottrae da quella del dipolo e ha come risultato un segnale magnetico più debole. Nel
1963 F. Vine e D. Mathews formularono un'ipotesi che inseriva queste anomalie nel contesto dell'espansione dei fondali
oceanici. Lungo la dorsale esce lava basaltica che si pone ai due lati della fenditura e l'aggiunta di lava avviene
espandendosi in successioni laterali registrando bande di inversione di polarità messe in simmetria rispetto al centro
d'immissione della lava (una specie di codice a barre). In tutti i fondali oceanici sono state registrate 171 inversioni negli
ultimi 76 milioni di anni.
Le anomalie magnetiche come si misurano? Con un magnetometro.
Inversioni di polarità → Il campo magnetico non mantiene sempre la medesima orientazione, ma subisce una
inversione di polarità (il polo nord diventa polo sud e viceversa). Non si conosce la causa di questa inversione, né se
avviene istantaneamente o si ha una diminuzione progressiva dell'intensità del campo per poi aumentare in direzione
opposta. C'è chi sostiene che sia prossima un'inversione di polarità perché al polo nord, a certe latitudini, sono state
registrati cambiamenti di magnetismo a blocchi, come su Mate, ma non ci sono dati di comparazione; infatti da quando
l'uomo sapiens è apparso non ci sono mai state inversioni.
Utilizzo delle inversioni del campo magnetico terrestre → I geologi si sono resi conto che, se le anomalie del
fondo marino si formavano in conseguenza alla sua espansione, mentre il campo magnetico terrestre cambiava da
polarità normale a inversa, esse dovevano corrispondere alle inversioni magnetiche che erano state scoperte e datate
radiometricamente negli strati basaltici della crosta terrestre. Venne stimata che il fondo marino aveva un età di 4,5
milioni di anni e che la velocità di espansione dei fondali variava da 1 centimetro a 4,5 cm all'anno.
Registrazione e distribuzione delle inversioni magnetiche → Lo schema delle anomalie magnetiche su un lato
della dorsale è praticamente l'immagine speculare dello schema sull'altro. Per cui si forma una striscia di crosta oceanica
all'interno del quale i dipoli di magnetite si allineano al campo magnetico terrestre, al momento della formazione la
roccia di questa striscia si allontana dalla dorsale, metà a destra e metà a sinistra. Successivamente il campo si è invertito
e si forma una seconda striscia con polarità inversa; anche questa, durante la sua formazione, si allontana dell'asse.
Poichè il processo continua per milioni di anni, si producono molte strisce. Attualmente sono state rinvenute in tutti i
fondali oceanici 171 inversioni.
Velocità di espansione delle placche litosferiche → È stato stimato che la velocità di espansione dei fondali, in
genere, varia tra 1 centimetro fino a quasi 20 centimetri all'anno.
Età e posizione dei più antichi fondali oceanici → La crosta oceanica più giovane è quella che si trova più vicina
alla dorsale, ciò significa che man mano che i spostiamo dalla dorsale medio-oceanica aumenta l'età del fondale
oceanico. Sappiamo che nel quadro evolutivo della Terra: nuova crosta oceanica si forma in continuazione dalle dorsali
oceaniche, ma la Terra non è in espansione quindi da qualche parte la crosta in eccesso dovrà scomparire ( margini
convergenti e nelle zone di subduzione). Correlando le inversioni magnetiche con la scala dei tempi geomagnetici è
stato possibile datare i fondi oceanici e si è constatato che non hanno un'età superiore a 200 milioni di anni nelle parti
più antiche, età che è molto diversa da quella registrata per alcune rocce continentali che arrivano a 3.8 miliardi di anni.
Questo significa che il fondo oceanico è cambiato molte volte nel corso della storia della Terra.
Dorsale medio-atlantica → La dorsale medio-atlantica è una catena montuosa sottomarina, situata nell'Oceano
Atlantico e si estende verso sud dalle acque tra la Groenlandia e la Scandinavia settentrionali fino alla punta meridionale
dell'America del Sud. I geologi hanno cartografato i segmenti della dorsale medio-atlantica usando i sonar delle navi.
Hanno scoperto che il nuovo fondo marino i forma soltanto su una striscia molto stretta, lungo l'asse della dorsale.
L'asse si trova a d una profondità di 2-3 km. La dorsale è simmetrica e in lunghezza consiste di brevi segmenti; questi
sono collegati tra loro da zone di frattura perpendicolari all'asse di dorsale e parallele tra loro. I vulcani che la formano in
alcuni punti giungono a superare il livello del mare formando isole famose come Sant’Elena, le Isole di Capo Verde, le
Azzorre, l’Islanda.
Evoluzione geodinamica del settore Corno d'Africa e Rift Valley → La grande Rift Valley dell'Africa orientale è
una lunghissima frattura della crosta terrestre, che prende origine dal Mozambico e si estende verso nord fino
all'Eritrea, terminando nel Mar Rosso. Si compone di vari segmenti. La divergenza sotto il continente tende ad
allontanare i frammenti di litosfera fratturata, spinti anche dal magma in risalita. Si crea così uno spazio dove i blocchi
fratturati sprofondano per il riequilibrio isostatico, formando grandi valli a gradinata, limitate da faglie, le fosse
tettoniche (rift valley o rift).Quando il fondo della fossa raggiunge il livello del mare, le acque la invadono e si genera un
oceano in espansione, a questo proposito si pensa che si aprirà un nuovo oceano nel Mar Rosso.
Evoluzione geodinamica del settore Islanda → L'Islanda è uno dei pochi posti al mondo in cui il vulcanesimo di
dorsale medio-oceanica ha costruito un rilievo di basalto che sporge sul mare. L'isola si è formata nel punto in cui, sotto
la dorsale medio-atlantica, c'è un pennacchio di mantello: la sua presenza indica che l'Islanda oltre a far parte della
dorsale medio-atlantica è anche da considerarsi come un punto caldo. Siccome si trova a cavallo di un limite di placca
divergente, l'Islanda sta subendo uno stiramento, in conseguenza del quale si formano faglie. La parte centrale
dell'isola è uno stretto rift in cui si trovano le rocce più recenti.
Margini distruttivi → Lungo i margini distruttivi (o convergenti), due placche, di cui almeno una è oceanica si vanno
incontro; anziché scontrarsi , la placca oceanica più densa si curva e comincia a sprofondare nell'astenosfera sotto l'altra
placca. I limiti distruttivi sono delimitati da fosse oceaniche. I geologi chiamano il processo di sprofondamento
subduzione, questo processo avviene poiché la litosfera oceanica invecchiando diventa più densa dell'astenosfera
sottostante ma, quando poggia parallelamente sulla superficie dell'astenosfera, non può affondare perché la resistenza
al flusso dell'astenosfera è troppo grande. Però quando l'estremità della placca viene spinta nel mantello la litosfera
comincia ad affondare. Può subdurre solo la litosfera oceanica, quella continentale non può subdurre perché ha troppa
galleggiabilità data dalla bassa densità delle rocce che la compongono. Se della crosta continentale arriva a un limite
convergente, la subduzione cessa.
Subduzioni A e B → Si parla di subduzione di tipo B quando in un margine distruttivo la litosfera subdotta è di tipo
oceanico (fossa Tonga-Kermadec; Perù-Cile), mentre si parla di subduzione di tipo A quando la litosfera continentale
arriva a un limite distruttivo ( catena Himalaiana) . A questi due tipi di subduzione si associano strutture e caratteristiche
geodinamiche proprie.
Fosse, terremoti e vulcani associati ai margini distruttivi → In corrispondenza dei limiti di placca convergenti,
la placca discendete sfrega contro la base della placca sovrascorrente, questo processo genera grandi terremoti che
possono anche provocare massicce distruzioni nelle città costiere. Sono inoltre stati rilevati altri terremoti più in
profondità lungo il piano di Benioff, tuttavia non è ancora del tutto chiaro cosa li causi. Le fosse si formano dove la
placca si flette quando inizia ad affondare nell'astenosfera. Lungo i limiti di placca convergenti si formano archi
vulcanici; questi si formano quando i composti volatili risalgono dalla placca subducente e salgono nel mantello
sovrastante, generando magma che poi sale attraverso la litosfera e fuoriesce. Alcuni iniziano come vulcani sottomarini
e in seguito formano archi vulcanici insulari (Alaska), mentre altri crescono sulla crosta continentale costruendo archi
vulcanici continentali (Ande).
Archi vulcanici → Gli archi vulcanici sono costituiti da fasce vulcaniche parallele alle fosse. Si forma no perché la
litosfera oceanica (basaltica) che sprofonda è riscaldata fino alla fusione a causa del gradiente geotermico, della
compressione delle rocce e per l'attrito. La presenza di volatili, inoltre, abbassa il punto di fusione della roccia. Il magma
fuso risale formando all'inizio dei coni sottomarini, emergendo poi per formare delle isole vulcaniche, che possono unirsi
tra loro. Il vulcanesimo è caratterizzato da eruzioni esplosive con magma medio-acido, prevalentemente di tipo
andesitico (lava intermedia).
Fossa di Tonga-Kermadec → La fossa di Tonga – Kermadec è situata vicino alla Nuova Zelanda, la crosta oceanica
subduce sotto la continentale. Per risalita astenosferica si sviluppano gli archi vulcanici.
Fossa Perù-Cile e Catena Andina → La fossa del Perù-Cile determina punto in cui il bordo orientale della Placca di
Nazca subduce sotto la crosta occidentale della Placca Sudamericana. Nella fossa del Perù-Cile, mentre la placca
discendente scivola sotto quella sovrascorrente, il sedimento (argilla e plancton) che era depositato sulla superficie,
viene raschiato via e incorporato in una massa a forma di cuneo detta prisma di accrescimento. Durante la formazione
del prisma il sedimento tende a schiacciarsi e distorcersi. Dietro il prisma di accrescimento si forma una catena di vulcani
nota come arco vulcanico. Nel caso della fossa Perù-Cile si è formato una catena costiera (continentale) oggi nota come
la Cordigliera delle Ande. In altre parole l'origine della catena andina si fa risalire alla subduzione della placca di Nazca
con la placca Sudamericana che ha generato la cordigliera andina. La placca di Nazca si inabissa al di sotto di quella
sudamericana, l'attrito generato dalla subduzione fonde la roccia la quale risale in superficie sotto forma di magma e
lava creando vulcani e montagne cioè un arco montuoso continentale.
Differenza tra cordigliera e catena orogenetica → La differenza tra cordigliera e catena orogenetica stà nella
tipologia di formazione del sistema montuoso. Un esempio di cordigliera sono le Ande, queste si sono formate in zona
di subduzione; infatti la subduzione della placca oceanica di Nazca sotto a quella continentale sudamericana ha
provocato prima la formazione di un arco magmatico (cordigliera occidentale in cui si trovano numerosi vulcani) e poi,
continuando la subduzione, il sollevamento della cordigliera orientale. Le Alpi e l'Himalaya sono, invece, esempi di
catene orogenetiche formate per collisione tra due placche continentali, rispettivamente della placca africana contro
quella eurasiatica e di quella indiana contro quella eurasiatica.
Prisma di accrescimento e fossa di subduzione → Il prisma di acrezione (o prisma di accrescimento) è la parte più
complessa di un sistema di subduzione. Si forma quando i depositi della fossa oceanica e i depositi pelagici vengono
raschiati via dalla placca inferiore subducente e si accumulano alla placca superiore. La sua struttura interna è molto
variabile; costituisce infatti una mistura caotica di rocce diverse in matrice fine (mélange tettonico): arenarie e siltiti,
radolariti, calcari pelagici. La fossa, è sostanzialmente la linea lungo la quale si ha l'effettivo scorrimento delle placche
l'una sotto l'altra. Mediamente raggiungono una profondità di 7-9 km (la fossa delle Marianne raggiunge i 10.900 metri
circa) e ne sono state distinte 20 di maggiori dimensioni e la loro area è circa il 3% della superficie terrestre.
Evoluzione geodinamica del settore Giappone e Filippine → La Placca Euroasiatica, quasi statica, si scontra con
la Placca Pacifica, che si sposta con una velocità di 9 cm/anno. Questo scontro crea la fossa del Giappone. La placca
pacifica si incunea in subduzione sotto la piccola placca delle Filippine, formando fosse oceaniche fra le quali le più
importanti sono la fossa delle Marianne e la fossa del Giappone (che corre parallela all'ampio arco insulare che
costituisce l'arcipelago giapponese) e la fossa delle Bonin. Dietro all'arco insulare, che costituisce l'arcipelago del
Giappone, si ha espansione del fondo marino, grazie a distensioni, e si crea un piccolo bacino oceanico detto bacino di
retroarco; il Mar del Giappone. Inoltre la Placca Oceanica a causa di movimenti nell'astenosfera, che hanno dato diverse
velocità alla placca stessa, hanno portato in superficie zone di rottura dove poi la placca si è rotta e ha creato la placca
delle Filippine. Per cui attualmente la placca oceanica subduce sotto quella delle filippine creando su quest'ultima una
catena di vulcani attivi, ma spostandosi verso ovest della catena, si trova un'altra catena di vulcani spenti. Questo è
dovuto al fatto che talvolta in zone di retro-arco si creano zone di distensione a causa di astenosfera in risalita, per cui si
deduce che il secondo arco di vulcani spenti è dovuto al fatto che si è allontanato a causa della distensione.
Evoluzione geodinamica del settore India e Himalaya → L'India era un piccolo continente separato che si
trovava molto a sud dell'Asia. Prima che si verificasse una collisione tra l'india e l'Asia, la subduzione consumò tutta la
litosfera oceanica finché questa entrava in collisione con l'Asia. La litosfera continentale, a differenza di quella oceanica,
ha troppa galleggiabilità per subdurre. Quindi, quando l'india si scontrò contro l'Asia, la placca oceanica ad essa collegata
si staccò e affondò nel mantello. L'india spinse contro l'Asia schiacciando le rocce e il sedimento che si trovava tra i due
continenti formando la catena Himalaiana. Lo spostamento dell'India è dovuto a seguito dell'apertura del Atlantico
Meridionale ma soprattutto alla grande espansione della dorsale dell'Oceano Indiano.
Posizione del limite di placche tra India ed Eurasia →Attualmente, la spinta esercitata dalla placca indiana
contro quella asiatica, crea profonde deformazioni ai margini occidentale e orientale della catena montuosa. Il limite di
placca si trova in superficie come in profondità, nel tempo però la continua collisione ha formato delle pieghe,
all'interno del quale si trova il limite. La catena Himalayana è data da sedimenti del fondo marino della crosta oceanica
subdotta e dai sedimenti di origine magmatica dati dalla subduzione iniziale di tipo B.
Archi vulcanici e limiti di placche nel settore egeo → Nel settore del Mar Egeo è la zona più attiva del l'Europa.
Infatti vi è una zona di subduzione in corrispondenza del qual si verificano spesso terremoti ed eruzioni vulcaniche. Un
esempio è l’arcipelago di Santorini che un tempo era un’unica isola vulcanica dovuta alla collisione tra una placca
oceanica e una continentale. Intorno al 1400 aC, a seguito di una enorme eruzione vulcanica, il terreno privato del
magma sottostante e’ crollato, la caldera, ampiamente allargatasi dopo l’eruzione, si e’ poi riempita d’acqua per via delle
onde generatesi nel mare, formando quella che e’ la topografia attuale. Si hanno tracce di almeno dodici grandi eruzioni
negli ultimi 200.000 anni a Santorini. Tuttavia, l'eruzione minoica (1400 aC) è stata una delle più grandi del mondo negli
ultimi 10.000 anni e si stima che la sua magnitudo sia stata di dieci volte piu’ potente dell’eruzione del Krakatoa in
Indonesia. Circa 30 km cubi di magma e cenere sono fuoriusciti coprendo una vasta area del Mediterraneo sud-orientale.
Il crollo e la successiva esplosione hanno portato ad un catastrofico tsunami e la cenere e i gas liberati hanno causato
cambiamenti climatici in tutto il Mediterraneo orientale, ma in generale in tutto l’emisfero nord del pianeta. Questo
gigantesco tsunami puo’ anche aver causato il crollo della civiltà minoica nell'isola di Creta, che successivamente si
spostò più a nord, probabilmente consapevole della pericolosità del vulcano. Dal 1956 al centro della caldera si stà
creando un nuovo cono.
Margini trasformi → Quando una placca scivola lateralmente a un'altra placca, senza creazione di nuova placca né
subduzione di una vecchia. Il confine è contrassegnato da una faglia (frattura lungo la quale avviene lo scivolamento). Si
intende per faglia trasforme il tratto di zona di frattura tra due segmenti di dorsale in cui si ha scorrimento attivo. La
maggior parte dei limiti trasformi è abbastanza breve e serve soltanto a collegare segmenti di dorsale. Le faglie
trascorrenti, sono il movimento destro o sinistro di una placca contro un'altra causa effetti facilmente visibili in
superficie. A causa dell'attrito e del comportamento rigido le placche possono non scivolare in modo continuo l'una
sull'altra, accumulando energia elastica sui margini di zolla che, quando viene superata la soglia di rottura delle rocce
interessate dal fenomeno, viene rilasciata istantaneamente provocando così un terremoto di magnitudo variabile.
Dorsali e faglie trasformi: relazioni geometriche e temporali → Le dorsali medio-oceaniche sono spezzate da
faglie trasformi, parallele tra di loro e perpendicolari alla dorsale. In corrispondenza di un limite trasforme, una placca
scivola lentamente oltre un'altra, ma non si forma nuova placca ne si distrugge. Tramite gli studi dei terremoti lungo la
dorsale medio-oceanica si è arrivati alla conclusione che la dorsale inizia contemporaneamente alla formazione delle
faglie trasformi. Il modo in cui la faglia scorre ha senso se si ha espansione del fondo marino.
Tre tipi di faglie trasformi → Esistono tre tipi di faglie trasformi: quelle che collegano due bracci di dorsale (sono le
più frequenti), quelle che collegano una dorsale a zone di subduzione e infine quelle che collegano due zone di
subduzione.
Faglia di San Andreas → I margini trasformi sono presenti solamente nelle aree oceaniche, con un'unica eccezione: la
faglia di S. Andreas, in California. Essa costituisce parte del limite di placca tra la placca nordamericana e la placca
pacifica. In media la placca Pacifica si sposta di 6 cm all'anno verso nord, rispetto alla placca Nordamericana. Se questo
movimento continuerà staccherà la California dalla placca Nordamericana. La condizione iniziale del settore della faglia
di Sant Andreas è dovuta a un insieme di spostamenti, quali l'apertura della dorale e lo spostamento verso ovest della
Placca Oceanica.
Terremoti e dislocazioni associati ai margini trasformi → Lo sfregamento di una placca oltre un'altra lungo
una faglia trasforme che genera numerosi terremoti, alcuni anche di grandi proporzioni, fortunatamente, quasi tutti si
verificano in mare aperto nei bacini oceanici e quindi non sono pericolosi. LO sfregamento provoca stress nelle rocce,
quando arrivano al punto di rottura, l'energia si libera dalla roccia generando terremoti. Tuttavia i terremoti della faglie
trasformi che tagliano la crosta continentale possono essere molto distruttivi come il terremoto del 1906 che distrusse
la città di San Francisco.
Due modi differenti di approccio alla tettonica delle placche (conoscitivo e storico):
dalla Deriva dei Continenti alla Tettonica delle Placche → Nel 1620 Bacone si accorse che le coste dei
continenti sembravano coincidere; in realtà coincidono le scarpate continentali (è solo un'intuizione). Nel 1915 Wegener
formula l'ipotesi della deriva continentale per la quale un tempo i continenti erano incastrati come pezzi di un grande
rompicapo formando un vasto super-continente chiamato Pangea, che in seguito si frammentò in continenti separati
che poi andarono alla deriva allontanandosi e spostandosi nelle attuali posizioni. Le prove erano che le linee di costa sui
lati opposti dell'oceano si corrispondono; la distribuzione della calotta dell'ultima glaciazione paleozoica si piega se i
ghiacciai formavano una calotta polare sull'estremità meridionale di Pangea (studia la distribuzioni di till, impronte di
glaciazione); la distribuzione di fasce climatiche equatoriali del paleozoico superiore/mesozoico inferiore sono
compatibili solo con il concetto di Pangea (studia la distribuzione dei depositi di carbone, scogliere, dune); la
distribuzione delle specie fossili suggerisce l'esistenza di un super-continente; singole unità litologiche che ora i trovano
sui lati opposti dell'oceano formano fasce continue su Pangea. Questa teoria però aveva carenze ed errori, non individua
la forza che fa muovere un continente. Le scoperte relative al paleomagnetismo e all'espansione dei fondali marini
portarono a capire la validità della teoria.
Distribuzioni crostali di vulcani e terremoti → I vulcani non sono distribuiti a caso sulla superficie terrestre, ma
secondo precise fasce geografiche. La maggior parte dei vulcani subaerei (cioè posti su terre emerse) si trova lungo gli
archi insulari ai margini dei continenti che fiancheggiano le fosse oceaniche. Il sistema vulcanico più importante è, però,
quello formato dagli innumerevoli punti di emissione allineati lungo le dorsali oceaniche, che alimentano un imponente
vulcanismo sottomarino, solo raramente tali edifici arrivano ad emergere (Islanda, Azzorre). La distribuzione geografica
dei vulcani coincide in grandissima parte con quella dei terremoti: Ciò è dovuto al fatto che sismicità e vulcanismo sono
fenomeni legati alla stessa causa, costituita dai movimenti litosferici provocati dai moti del sottostante mantello.
Tipi di margini di placca (con esempi) → I margini di placca sono essenzialmente tre: divergenti, convergenti e
trasformi, questi margini si distinguono dal movimento della placca su un lato del limite rispetto alla placca sull'altro
lato. I limiti divergenti sono contrassegnati da dorsali medio-oceaniche, in corrispondenza di questi limiti si ha
espansione del fondo marino, un processo che forma nuova litosfera oceanica (grande rift valley). I limiti convergenti
sono contrassegnati da fosse e archi vulcanici, in corrispondenza di questi si ha subduzione della litosfera oceanica della
placca che affonda sotto una placca sovrastante ( Ande). I limiti trasformi sono contrassegnati da grandi faglie in cui una
placca scivola oltre un'altra, in corrispondenza di essi non si forma nuova litosfera né si distrugge vecchia litosfera.
Età della Terra; dove si concentrano le rocce più antiche e dove le più recenti → L'età della terra è stata
stabilita in 4,5 miliardi di anni. Le rocce più antiche si trovano sulla litosfera continentale, in zone chiamate Cratoni,,
mentre quelle più giovani sulla litosfera oceanica, in quanto la litosfera oceanica subduce.
Significato geometrico e geodinamico dei ‘punti tripli' → Le giunzioni triple sono quei luoghi dove tre limiti di
placca si incontrano. Nella Faglia si San Andreas abbiamo un punto triplo tra la placca Juan de Fuca, la placca
Nordamericana e la placca Pacifica.
Traslazione e rotazione della placca Africa nel Meso-Cenozoico → Circa 180 milioni di anni fa la Pangea
cominciò a lacerarsi. Si spezzò in due placche distinte e nel mezzo prese forma una stretta striscia oceanica, l'oceano
appena nato era l'Oceano Atlantico, inizialmente era solo quello centrale (tra America del Nord e Europa). Al neonato
Atlantico era cresciuto anche un braccio minore, anch'esso in progressivo sviluppo: il cosiddetto Oceano LigurePiemontese. I suoi fondali si estendevano vero la futura Italia, questo oceano però non ebbe vita lunga e la causa della
sua estinzione fu L'oceano Atlantico meridionale (tra America del Sud e Africa). Questo perché nel momento in cui
cominciò ad aprirsi l'oceano Atlantico meridionale (130 milioni di anni fa), diventando tutt'uno con quello centrale,
l'Africa si staccò dall'America del Sud. Così facendo invece di muoversi verso oriente come aveva fatto negli ultimi 50
milioni d'anni le sue rocce sarebbero finite schiacciate e sollevate nella gigantesca morsa Africa-Europa. Il risultato fu
prima la formazione delle Alpi e a ruota gli Appennini.
I vulcani da ‘punto caldo', caratteri ed evidenze → I vulcani di punto caldo si sviluppano al di spora di pennacchi
di mantello incandescente che salgono dalle vicinanze del confine nucleo-mantello. Quando raggiunge la base della
litosfera, il pennacchio, composto da roccia incandescente, plastica ma ancora solida, fonde parzialmente generando
grandi quantità di magma basaltico che sale e alimenta un vulcano nel punto sovrastante della superficie terrestre. Per
nei punti caldi, risalgono, da zone profonde del mantello, pennacchi di magma in grado di perforare la litosfera ed
emergere formando edifici vulcanici. Poiché le placche si muovono e dunque scorrono sul mantello sopra i punti di
risalita del magma, dallo stesso punto caldo si possono formare più vulcani, che si presentano allineati secondo la
direzione in cui avviene lo spostamento della placca; inoltre, essi sono tanto più vecchi quanto più ci si allontana dal
punto caldo.
Vulcanismo di ‘punto caldo' su crosta oceanica e su crosta continentale → La differenza stà essenzialmente
nel tipo di lave emesse, infatti nella crosta oceanica le rocce ignee presenti sono basaltiche, quindi con poco silice,quindi
più fluide, nella crosta continentale invece sono presenti per lo più rocce come granito, e quindi i vulcani eruttando
danno luogo vere e proprie esplosioni. Quando un pennacchio di mantello sale sotto la litosfera oceanica, il magma
basaltico sgorga alla superficie del fondo marino e forma un vulcano sottomarino. Dapprima queste eruzioni
sottomarine producono un accumulo irregolare di lava a cuscini. Col tempo, il vulcano cresce sopra la superficie del mare
e diventa un'isola. Quando però il vulcano emerge dal mare, la lava che emette non si raffredda più così rapidamente e
quindi scorre su grandi distanze, costruendo un vulcano a scudo largo. Questi vulcani a scudo sviluppano la loro forma
particolare perché la lava basaltica incandescente e a bassa viscosità che li comprime si sparge e non riesce a costruire
un rilievo a forma di cono. L'isola più grande delle Hawaii, uno dei più grandi vulcani oceanici di punto caldo della Terra,
consiste attualmente di quattro vulcani a scudo. In seguito al movimento ininterrotto verso nord-ovest della Placca
Pacifica, l'isola di Hawaii alla fine si allontanerà dal pennacchio e quando ciò avverrà, le eruzioni cesseranno; un nuovo
vulcano sottomarino è già entrato in attività a sud est dell'isola, ma la sua cima si trova ancora 1 km sotto il livello del
mare. Nei punti caldi su crosta continentale il vulcano emette sia lava basaltica sia detrito piroclastico riolotico. Ciò
accade perchè il magma basaltico che risale dalla cima del pennacchio deve attraversare quasi 30 Km di crosta
continentale prima di raggiungere la superficie. Parte del magma ci riesce, e sgorga come basalto costruendo piccoli
vulcani a scudo, parte invece si arresta nella crosta continentale e la fonde parzialmente, producendo magma siliceo e
quindi producendo eruzioni piroclastiche ed esplosive. Questa varietà magmatica ha come risultato una varietà di forme
vulcaniche, dai vulcani a scudo alle caldere.
Esempi di vulcanismo da ‘punto caldo' (Hawaii, Canarie, Reunion, Islanda, Etna, Azzorre) → Quasi tutte
le isole Hawaiane sono di origine vulcanica. L'ipotesi prevalente indica la presenza di un punto caldo nel mantello
terrestre che causa la formazione di vulcani sottomarini e in superficie. Lo spostamento della zolla oceanica del Pacifico
spiega il fatto che le isole più a ovest sono più antiche di quelle ad est. L'isola di Hawaii è la più recente e comprende
cinque vulcani principali. Le Isole Canarie sono un grande arcipelago di sette isole maggiori e sei isole minori, tutte di
origine vulcanica, create da un punto caldo. In generale in tutte le altre isole della catena formano un allineamento di
punto caldo, ovvero una linea di vulcani ora estinti, trasportati lontano dal pennacchio di mantello dal movimento della
Placca Pacifica.
Anatomia di un edificio vulcano a scudo di punto caldo → In sezione i vulcani a scudo (sottomarini) dei punti
caldi sono molto complessi. L'interno di un vulcano di punto caldo è un cumulo di basalto a cuscini costruito sulla
superficie della crosta oceanica. Quando il cumulo emerge sul livello del mare, sulla sua cima si forma un vulcano a
scudo. I detriti vulcanici si accumulano lungo il margine del vulcano. Di quando in quando il materiale più debole frana
verso il largo su superfici di scorrimento.
Il punto caldo di Yellowstone: caratteri, evoluzione e rischi indotti → I fenomeni geotermici di Yellowstone,
quali i geysers e le sorgenti termali, sono dovuti ad un flusso termico insolitamente alto. Questo è generato da un
punto caldo stazionario sopra il quale la placca nordamericana slitta da nordest verso sudovest. All'incirca 620000 anni
fa, un'immensa colata piroclastica, unita a una nube di cenere, sgorgò nella regione di Yellowstone durante
un'esplosione molte volte più grande quella del Monte Saint Helen del 1980. Immediatamente vicino all'eruzione si
formarono ignimbriti di decine di metri di spessore, mentre la cenere della nuvola gigantesca si spostò sugli stati uniti
raggiungendo a est il Missisippi. L'eruzione lasciò una caldera enorme, larga quasi 100 Km. Ricerche geologiche indicano
che la caldera di Yellowstone è soltanto una di almeno dodici che si trovano sotto la pianura dello Snake River.
Monte St. Helen , collisione oceano- continente → Nell'eruzione esplosiva del 1980 mezza montagna è sparita
nel giro di pochi minuti. Il 20 marzo 1980 i sismografi della rete sismica di Seattle registrano un terremoto di magnitudo
4,1. La stazione che per prima registra il sisma è quella ubicata sul Sant'Elena. Nei giorni seguenti vengono registrati altri
terremoti di magnitudo 4.0 o superiore. Il 27 marzo avviene la prima emissione di cenere e vapore, nei giorni successivi
avvengono numerose piccole esplosioni che accrescono il cratere alla sommità. L'allargamento del cratere ha provocato
l'abbassamento ed il rigonfiamento del fianco nord del vulcano che in certi punti supera gli 80 metri Infine il 18 maggio
un terremoto di magnitudo 5,2 scuote il vulcano. Il fianco nord si stacca e frana a valle e contemporaneamente
un'esplosione provoca una nube di cenere incandescente che si sposta ad una velocità di oltre 100 chilometri all'ora
distruggendo tutto ciò che trova sul suo percorso. Una nuvola densa e nera si solleva nell'atmosfera con esplosioni ed
oscura tutto nel raggio di 200 chilometri dal vulcano. Alla fine dell'eruzione il vulcano appare completamente distrutto:
circa 2,5 chilometri cubi del suo fianco nord sono scomparsi con la frana e la cima si è abbassata di 350 metri; un ampio
cratere a forma di ferro di cavallo si apre verso nord e risultano eruttati circa 0,2 chilometri cubi di magma che hanno
distrutto 27 chilometri quadrati di foresta secolare.
Paricutin, collisione oceano-continente → Il Paricutin è il vulcano più giovane al mondo, ha preso il nome dal
villaggio omonimo che rimase completamente sommerso dalla sua eruzione iniziata il 20 febbraio del 1943; nel punto in
cui si trovava il villaggio ora c'è il cratere del vulcano (originato da un campo). L'eruzione durò 9 anni e la lava avanzò per
una decina di chilometri, non ci furono vittime perché la popolazione ebbe sufficiente tempo per mettersi in salvo.
Monte Peleè, collisione oceano-oceano → Il Monte Peleè é un vulcano che si trova sulla placca caraibica ed è
famoso per l'eruzione esplosiva nel 1902. Dal mese di aprile erano cominciate emissioni quasi continue di ceneri,
dapprima deboli, poi sempre più abbondanti, accompagnate da piccole scosse di terremoto. Dal 25 aprile, l'eruzione fu
in continuo crescendo, con fitte piogge di ceneri e forte odore di zolfo. Il governo preoccupato per un eventuale
depauperamento dell'elettorato per le elezioni del 10 maggio, fece pubblicare su un giornale locale un rassicurante
articolo in cui si dichiarava: "Il Monte Pelée non rappresenta pericolo per gli abitanti di Saint-Pierre, non più di quanto lo
sia il Vesuvio per i napoletani". Il mattino del 8 maggio, una tremenda esplosione fece andare in pezzi la montagna,
sprigionando una nube ardente che, a causa dell'altissima temperatura del gas e della viscosità della lava, precipitò verso
il mare mantenendo il contatto col suolo. Nel giro di due minuti, la nube travolse la città di Saint-Pierre, distruggendola
completamente. Ci fu un solo sopravvissuto, un prigioniero, che si salvò giacché era incarcerato in una cella sotterranea.
Attualmente è in fase di semi- quiescenza.
Santorini, collisione oceano-continente → Attualmente Santorini è un'isola vulcanica che presenta una caldera di
sprofondamento, ma al centro di essa si stà creando un nuovo cono. L'isola fu sventrata in parte da eruzione vulcanica
avvenuta intorno al 1627 a.C. (datazione stabilita attraverso analisi al C14) ed invasa successivamente quasi del tutto dal
mare. Fu la più imponente eruzione avvenuta in Europa in epoca storica, che ebbe conseguenze devastanti per la civiltà
minoica, e fu la principale causa dell'inizio del suo declino completo. L'eruzione del vulcano provocò dapprima una
pioggia di pomici e ceneri, poi piovvero massi più grossi ed infine la caratteristica pomice rosa che ha reso celebre l'isola.
Quindi il vulcano esplose: un getto di materiali compressi e di gas surriscaldati raggiunse la stratosfera ad una velocità di
2000 Km/h. Le ceneri furono sparse per molti chilometri e alterarono, probabilmente condizioni meteorologiche. La
violenta esplosione di magma svuotò il gigantesco bacino magmatico sottostante l'isola, provocando il crollo
dell'edificio vulcanico; l'acqua del Mediterraneo si riversarono nell'abisso incandescente: la repentina vaporizzazione
dell'acqua scatenò una serie di esplosioni titaniche che scardinarono ciò che restava dell'isola, sollevando immense
ondate alte fino a 60 metri, originando uno tsunami che raggiunse la costa settentrionale di Creta con onde alte fino a
20 m devastando tutti i villaggi di quella zona.
Krakatoa, collisione oceano-continente → Il Krakatoa sorge in una zona di margine distruttivo, tra l'isola di Java e
Sumatra c'è un piccolo lembo di mare dove sorge il vulcano come isoletta, attorno si riconoscono vecchie caldere.
Conosciuto per le sue eruzioni molto violente, soprattutto per quella che si verificò il 27 agosto 1883, provocando il
suono più forte mai udito sul pianeta, un boato che arrivò a quasi 5000 km di distanza. L'esplosione scatenò un'onda di
maremoto alta 40 metri. L'eruzione del 1883 espulse circa 21 chilometri cubi di roccia, cenere e pietra pomice,
generando un boato tra i più forti mai registrati da essere umano. L'eruzione del 1883 distrusse i due terzi del territorio
che allora era l'isola di Krakatoa. Nuove eruzioni del vulcano, dal 1927, hanno fatto emergere una nuova isola. L'eruzione
iniziò con piccole emissioni di vapore il 20 maggio 1883, e queste continuarono per i tre mesi successivi. L'11 agosto tre
aperture regolarmente eruttavano dal vulcano. L'11 agosto si vide l'inizio di un'eruzione più ampia, con una colonna
eruttiva carica di cenere proveniente da diverse aperture. Il 24 agosto l'eruzione si intensificò, e il culmine del cataclisma
iniziò il 26 agosto verso mezzogiorno. Nuvole di cenere provenienti dall'eruzione raggiunsero un'altezza di 36 km, e si
generò il primo tsunami. L'ultima di queste eruzioni aprì delle fessure nella roccia del vulcano, ed in questo modo l'acqua
del mare si riversò nella camera magmatica. L'esplosione risultante del vapore surriscaldato distrusse gran parte
dell'isola. Il suono dell'esplosione fu avvertito anche in Australia, lontana 3500km. L'eruzione generò tramonti
spettacolari in tutto il mondo per diversi mesi successivi, a causa del fatto che la luce solare si rifletteva sulle particelle di
polvere sospese nell'aria, eruttate dal vulcano nell'atmosfera.
Campi Flegrei e Monte Nuovo → I Campi Flegrei sono una vasta area di natura vulcanica situata a nord-ovest della
città di Napoli. Nella zona sono tuttora riconoscibili almeno ventiquattro tra crateri ed edifici vulcanici, alcuni dei quali
presentano manifestazioni gassose effusive. Geologicamente l'area dei campi flegrei è una grande caldera in stato di
quiescenza con un diametro di 12–15 km nella parte principale, dove si trovano numerosi crateri, piccoli edifici vulcanici
e zone soggette ad un vulcanismo di tipo secondario (fumarole, sorgenti termali, bradisismo...). Il monte Nuovo è un
vulcano che fa parte dei Campi Flegrei, si formò tra il 28 settembre e il 6 ottobre 1538 a seguito di un'eruzione che
distrusse il villaggio medievale di Tipergole e mise in fuga la popolazione locale. La formazione del Monte Nuovo
rappresenta l'unica eruzione vulcanica dei Campi Flegrei verificatasi in epoca storica. Il 28 settembre il mare si ritirò
repentinamente di circa m 370, il giorno successivo nella piccola vallata posta fra il Monte Barbaro, l'Averno ed il mare, la
terra si era abbassata di qualche metro e qualche ora più tardi, nello stesso avvallamento, si andò formando invece un
rigonfiamento del terreno. In serata si aprì la prima voragine, il "cumulo di terra" collassò ed ebbe inizio l’eruzione. Il
Monte Nuovo finisce di formarsi nel giro di 48 ore. Il 2 ottobre l'attività eruttiva si modera di molto e il monte diventa
visibile quando fumo e ceneri cominciano a diradarsi. Il giorno seguente si ebbe invece nuova fase eruttiva, corta ma
violentissima. Poi il vulcano ritorna in uno stato di quiescenza fino al 6 ottobre.Quando avvenne un'improvvisa e violenta
esplosione. I danni provocati dall'eruzione del Monte Nuovo furono piuttosto circoscritti e non andarono oltre il raggio
di circa 1 km; i materiali eruttati ricaddero soprattutto in loco:Pozzuoli fu sepolta da 30 cm di ceneri, Napoli da 2 cm.
Province magmatiche nella storia della Terra: età, ubicazione e riflessi indotti → Le provincie magmatiche,
sono accumuli estremamente grandi di rocce magmatiche di tipo intrusivo, effusivo, o misto, affioranti sulla crosta
terrestre. Queste immani effusioni laviche, dovute a impulsi di attività magmatica intensi ma geologicamente brevi,
potrebbero aver causato modificazioni importanti nelle condizioni climatiche e ambientali dell'intero pianeta. Sono zone
date da super pennacchi di hot-spot, le regioni più vaste sono quelle dei trappi del Deccan, Ontong Giava, Siberia e
Panarà.
Serie magmatiche e contesti geodinamici → Un termine particolarmente significativo per una grossa distinzione
risiede nell'abbondanza degli alcali nel magma; questi non sono altro che gli ossidi degli elementi alcalini, come sodio e
potassio (Na2O, e K2O). La concentrazione di questi due ossidi influisce drasticamente sulla natura dei futuri minerali che
costituiranno la roccia. In questo modo si discriminano due campi: il campo alcalino, in cui la una quantità di alcali è
confrontabile con quella della silice, e il campo subalcalino in cui la quantità di alcali è al contrario decisamente minore. I
magmi alcalini sono caratteristici dei margini divergenti in ambiente continentale mentre invece i magmi subalcali sono
caratteristici dei margini di placche convergenti. Il concetto di "serie" è basato sull’ipotesi che l’associazione ignea
considerata sia in qualche modo derivata da un magma iniziale detto magma "capostipite"; esso è il primo termine della
serie. La viscosità è la resistenza allo spostamento e dipende dal tipo di fluido e dalla temperatura.
Contesti geodinamici delle varie tipologie di vulcani terrestri → Tipicamente un magma si accumula in una
camera magmatica, parte del magma solidifica nella camera magmatica e si trasforma in roccia ignea intrusiva, ma una
parte sale alla superficie attraverso un condotto e sgorga costruendo un vulcano. In alcuni vulcani, il condotto ha la
forma di un lungo tubo verticale mentre in altri il condotto è rappresentato da una lunga fenditura. Col tempo, i
prodotti solidi dell'eruzione si accumulano attorno a un condotto formando un rilievo o un cono. Alla sommità del cono
si sviluppa una depressione circolare chiamata cratere. Dopo eruzioni molto grandi, il centro del vulcano può crollare
nella grande camera magmatica sottostante prosciugata creando una caldera, ovvero una grande depressione circolare.
Se ricomincia un'eruzione, all'interno della caldera crescerà un nuovo rilievo o cono, chiamato duomo risorgente. I
geologi distinguono tre diverse forme di vulcani subaerei: i vulcani a scudo (lave basaltiche che creano lievi pendii), i coni
di scorie ( le lave creano pendii più o meno ripidi) e infine gli stratovulcani.
Composizione dei magmi, parametri chimici e fisici → Un magma è una massa totalmente o parzialmente fusa
composta da minerali, sostanzialmente silicati, e piccole quantità di gas disciolti come acqua, anidride carbonica,
idrogeno, ecc., che si trova all’interno della crosta terrestre. Se le condizioni tettoniche dalla crosta lo permettono il
magma può spingersi in superficie, trasformandosi in lava e gas vulcanici che si diffondono nell’atmosfera. L’elemento
che più di tutti si tiene in conto per la classificazione dei magmi è, per la sua maggiore quantità, la silice. In base al suo
contenuto in silice un magma può essere classificato come acido, ricco in silice (SiO 2 > 60-65%), o basico, povero in silice
(SiO2 < 50-52%). Dal punto di vista fisico, di un magma bisogna considerare i componenti chimici, ma soprattutto
temperatura, pressione e contenuto in gas. La viscosità dei magmi acidi è maggiore rispetto a quella dei magmi basici
ma in ambedue i casi essa aumenta esponenzialmente all’aumentare della pressione e al diminuire della temperatura.
Forma degli apparati vulcanici → Considerando il tipo di cono vulcanico si hanno due tipi di vulcani: vulcani a scudo
e vulcani a cono (stratovulcani). Un vulcano a scudo presenta fianchi con pendenza moderata, ed è costruito
dall'eruzione di lava basaltica fluida. La lava basaltica tende a costruire enormi coni a bassa pendenza, in quanto la sua
scarsa viscosità le consente di scorrere agevolmente sul terreno o sotto di esso, nei tubi di lava, fino ad arrivare a molti
km di distanza senza consistente raffreddamento. I maggiori vulcani del pianeta sono vulcani a scudo. Il nome viene dalla
geometria degli stessi, che li fa assomigliare a scudi appoggiati al terreno. Il più grande vulcano a scudo del mondo si
trova nelle Hawaii , il suo nome è Mauna Loa. Troviamo un vulcano a cono quando le lave sono acide. In questi casi il
magma è molto viscoso e trova difficoltà nel risalire, solidificando velocemente una volta fuori. Alle emissioni laviche si
alternano emissioni di piroclastiti, materiale solido che viene sparato fuori e che, alternandosi con le colate, forma gli
strati dell'edificio. Eruzioni di questo tipo possono essere molto violente poiché il magma tende ad ostruire il camino
vulcanico creando un “tappo”; solo quando le pressioni interne sono sufficienti a superare l'ostruzione l'eruzione
riprende (eruzione di tipo vulcaniano), ma nei casi estremi ci può essere un'esplosione che può arrivare a distruggere
l'intero vulcano (eruzione di tipo peleèano). Il vulcanismo di questo tipo è presente lungo il margine continentale delle
fosse o dei sistemi arco-fossa.
Freatismo magmatico → Si verifica quando l'acqua ha accesso alla camera magmatica e vaporizza immediatamente.
Depositi piroclastici → I depositi piroclastici sono formati dalla sovrapposizione dei prodotti eruttati da un vulcano
nel corso delle eruzioni esplosive e si presentano spesso stratificati. I piroclasti sono quindi il prodotto dalle
frammentazione del magma durante eruzioni vulcaniche esplosive; derivano da ca cadua, da flusso (piroclasti > gas) o
da sorge (nube ardente gas> piroclasti). In base alle dimensioni si dividono in blocchi e bombe (> 64 mm), lapilli (64-2
mm), ceneri (<2mm) e ceneri fini (0,063 mm).
Rischio vulcanico → Il rischio vulcanico, cioè la probabilità che in una determinata zona si possa verificare un'eruzione
in rapporto ai danni che essa può provocare, non si deve pensare legato a un evento eccezionale: infatti, molti vulcani,
anche se inattivi da decine o centinaia di anni, possono riprendere la loro attività, come si è già verificato in diversi casi.
Tuttavia, poiché la localizzazione dei vulcani è ben nota, gli interventi di previsione e di prevenzione possono essere più
efficaci che nel caso dei sismi. La pericolosità di un vulcano dipende dal tipo di eruzione a cui esso dà luogo. I fattori di
rischio vulcanico sono quindi: depositi cineritici, lahar (cenere e acqua), bradisismi (abbassamenti ed innalzamenti del
terreno dovuti a una camera magmatica in superficie che si svuota e si riempie, ma anche da variazioni di calore che
influiscono sul volume d'acqua contenuta nel suolo molto poroso.
Si Forma, si Deforma, si Modella: circolarità dei processi
Degradazione chimica e fisica → Degradazione chimica e fisica lavorano in sinergia, molto spesso fattori biologici,
chimici e fisici sono correlati tra loro e non avvengono quindi in modo isolato. La degradazione in sostanza si riferisce ai
processi che rompono e corrodono la roccia solida, trasformandola in fine in sedimento. La degradazione fisica è un tipo
di degradazione meccanico che rompe la roccia in granuli più piccoli. Alla degradazione fisica contribuiscono molti
fenomeni diversi come: il termoclastismo, il criclastismo, l'aloclastismo, il disseccamento e l'imbibizione. Il
termoclastismo è dovuto principalmente alle rapide ed ampie escursioni termiche, quando la roccia assorbe calore si
espande, mentre invece quando si raffredda si contrae; questo cambiamento crea nella roccia forze sufficienti a
scheggiare la sua parete esterna (rocce di colore scuro assorbono maggiormente le radiazioni termiche solari). Il
crioclastismo (da crios formazione di ghiaccio) avviene quando abbiamo presenza di fratture ed una porosità diffusa
nella roccia, durante escursioni termiche introno ai 0°C l'acqua intrappolata nelle fessure congela, mantiene aperta la
fessura e può anche allargarla fratturando la roccia (il fenomeno accelera nell'argilla e nelle polveri con composizione
fillosilicatica). L'aloclastismo avviene sopratutto in aree costiere o desertiche favorite dall'azione del vento, il sale
vaporizzato cristallizza e si accumula nei pori e nelle fratture della roccia, la forza espansiva di cristallizzazione
indebolisce a tal punto la roccia che si disgrega. Il disseccamento consiste in una perdita di volume, la perdita di acqua
nelle argille e nei fanghi porta di conseguenza a una perdita di volume. La degradazione chimica riguarda le reazioni
chimiche che alterano o distruggono i minerali quando la roccia viene a contatto con soluzioni acquose o con l'aria. Le
degradazione chimica può quindi avere origine inorganica (processi chimici) o organica (radici, piante, funghi, licheni e
batteri), ad ogni modo i principali agenti sono: O 2, H2O e CO2. Siccome queste reazioni procedono più velocemente in
condizioni di caldo umido la degradazione avviene molto più velocemente ai tropici che sulle cime delle montagne o ai
poi. Alla degradazione fisica contribuiscono molti fenomeni diversi come: ossidazione, idrolisi, idratazione e
dissoluzione. L'ossidazione avviene quando gli elementi perdono elettroni, per esempio la biotite e pirite diventano
ossidi e idrossidi di ferro. L'idrolisi consiste nella scissione delle molecole di acqua nei minerali e li rompe, è più veloce in
acqua leggermente acida. Quando l'acido carbonico reagisce col feldspato potassico (minerale comune nel granito)
alcuni degli atomi che costituiscono il feldspato diventano ioni che si sciolgono in acqua ma altri si riordinano formando
un minerale completamente diverso la caolinite, un tipo di argilla. L'idratazione è l'assorbimento di acqua nella struttura
cristallina dei minerali. La dissoluzione è la degradazione chimica durante la quale i minerali si sciolgono nell'acqua
(piovana).
Fattori che regolano la degradazione di una roccia → La degradazione delle rocce avviene in funzione di più
fattori, consiste infatti in un'insieme di variabili che si auto-alimentano. Essi sono: la durata dei processi, il cima, le
litologie, la discontinuità e disomogeneità degli ammassi rocciosi.
Genesi ed evoluzione dei suoli in base al clima (cenni) → Una volta formato il sedimento, può evolvere sul
posto in superficie trasformandosi in suolo, essere trasportato altrove oppure essere sepolto da altro sedimento e
trasformarsi in roccia sedimentaria. IL suolo è costituito da sedimento che ha subito trasformazioni sulla superficie
terrestre, comprese le reazioni con l'acqua piovana e l'aggiunta di materiale organico, tali da poter sostenere la vita
vegetale. Il suolo è un componente del regolite che indica un qualsiasi tipo di detrito non consolidato che copra il
substrato( il regolite è quanto rimane da un'alterazione che sulla terra è data in larga misura da parte organica, la
regolite presente sul suolo lunare invece è data da componente fisico/chimica). Durante la formazione del suolo l'acqua
che filtra verso il basso crea una zona di accumulo, l'acqua porta verso il basso ioni e argilla. L'evoluzione di un suolo è in
funzione del clima e del tempo, per cui per descrivere un suolo possiamo scrivere la relazione: S=f(C,V,R,M)dT dove S è il
suolo, C è il clima, V la vegetazione, R la roccia e M morfologia. In un clima temperato i minerali liscivati dall'orizzonte A
possono accumularsi nell'orizzonte B a causa della piovosità moderata. In un clima desertico l'orizzonte A consiste in un
sottile strato calcareo, mentre i minerali solubili, come la calcite, che in un clima temperato verrebbero dilavati si
accumulano nell'orizzonte B creando crosta calcarea. In un suolo tropicale, la quantità di acqua che si infiltra dalle
abbondanti piogge è tale che tutti i minerali reattivi si disciolgano o vengano trasportati via, ciò lascia soltanto un
residuo di ossido di ferro o alluminio, non vi è una vera e propria zona di accumulo ma, in profondità, si raccolgono
argille ricche di ferro. [orizzonte A=lisiviazione, orizzonte B=accumulo, orizzonte C=degradazione]
Degradazione differenziata → Quando le rocce di un affioramento si degradano a velocità differenti,
l'affioramento a subito una degradazione differenziale. Ciò è dovuto al fatto che Il paesaggio è composto da più rocce di
composizione diversa, la degradazione chimica e fisica agiscono quindi in maniera differenziale sulle diverse fasce
litologiche a causa delle diverse composizioni. In altre parole le litologie differenti si degradano con velocità e modalità
diverse.
Dissoluzioni: doline, inghiottitoi, solchi (karren) (cenni) → Una zona di assorbimento contraddistinta
dall’assenza di circolazione idrica superficiale presenta morfologie per dissoluzione diretta che possono essere visibili o
mascherate. La progressiva dissoluzione e fratturazione della roccia, comportano la formazione delle doline, degli
inghiottitoi e dei solchi. Le doline sono depressioni chiuse prive di acqua in quanto il substrato che le ospita è altamente
permeabile e non consente il ristagno dell’acqua. La frequenza delle doline può essere così elevata da originare a
fenomeni di interferenza e fusione; numeri elevati di doline sono frequenti soprattutto in presenza di substrati
evaporitici. Le doline a fondo piatto sono più tipiche dei substrati carbonatici mentre nei gessi sono spesso a imbuto;
posso essere influenzate dall’assetto strutturale che ne differenzia la struttura in pianta. Di solito si impostano
parallelamente alle linee di faglia. L'inghiottitoio è il punto su una superficie carsica dove l'acqua penetra o sprofonda
nel sottosuolo. I solchi sono forme di dissoluzione ad andamento longitudinale che si sviluppano in rocce massive
resistenti e impermeabili; sono scanalature che l’acqua piovana ha scavato che si sviluppano dove la roccia è compatta
perché in presenza di fessure verrebbe a mancare la continuità longitudinale. La percolazione dell’acqua sotto la
superficie avviene poi per frattura della roccia.
Erosione da ruscellamento (e. areale): calanchi, ‘piramidi di terra' (cenni) → Le acque meteoriche che non si
infiltrano nel terreno tendono, soprattutto se questo possiede un minimo di pendenza, a scorrere sui versanti soggette
alla forza di gravità. Questo ruscellamento superficiale consiste in una sottile lama d’acqua che provoca una erosione
areale sul versante (cioè con un raggio d'azione molto vasto). Le gocce di pioggia che cadono dalle nubi percuotono il
terreno con violenza: le particelle rocciose vengono disgregate dall’acqua che scorre sul suolo in piccoli solchi, che si
approfondiscono sempre più, si allungano e si ramificano. In questo modo si formano i calanchi, vallette ripide e
ravvicinate, separate le une dalle altre da creste molto strette di argilla nuda, facile preda della pioggia. Nelle zone in cui
questo fenomeno è diffuso, per esempio sull’Appennino tosco-emiliano, i terreni sono completamente improduttivi
perché troppo instabili ed erodibili, con pendii ripidi sui quali la vegetazione non riesce ad attecchire. In molte zone delle
Alpi si possono osservare piramidi di terriccio compatto, sormontate da massi che fanno loro da cappello sono il risultato
di un particolare tipo di erosione. Le piramidi di terra si possono formare solo in terreni incoerenti, costituiti da
frammenti rocciosi di diverse dimensioni, come argilla molto fine e massi. Le acque selvagge che scorrono sul terreno
non ancora incanalate in ruscelli, erodono facilmente l’argilla, ma non hanno nessun effetto sui massi, che sono
costrette ad aggirare. Succede così che attorno ai massi e al terreno sul quale i massi sono appoggiati si forma un solco
di erosione che diventa via via più profondo, modellando lentamente una colonna di terra alta parecchi metri, con in
cima un masso roccioso che la protegge.
Erosione da fiumi e ghiacciai (e. lineare): solchi vallivi a V e a U (cenni) → Le acque incanalate esercitano
prevalentemente un'erosione lineare, scavando nel terreno solchi più o meno lunghi e profondi .L’aumento della
quantità o dell’intensità della pioggia, determinano un incremento via via crescente della portata e della velocità, quindi
del potere erosivo delle acque. Queste via via si concentrano entro linee sub-parallele di scorrimento preferenziale
(ruscellamento concentrato), formando dei rigagnoli o rivoli che tendono sempre più ad approfondirsi. Il progressivo
approfondimento dei rivoli produce una incisione a solchi che, una volta innescata, si evolve rapidamente,
approfondendosi, allungandosi e ramificandosi, con un progressivo arretramento delle testate delle incisioni. Le valli
con sezione trasversale a U sono il risultato di un modellamento glaciale, per erosione sui fianchi e sul fondo, di solchi
vallivi preesistenti. I solchi vallivi a V sono stati erosi da un fiume.
Le Rocce sedimentarie: rocce terrigene, organogene (biochimiche, allochimiche) e chimiche
(ortochimiche)
Classificazioni su basi genetiche, composizionali, tessiturali → Nella classificazione delle rocce sedimentarie
intervengono tre fattori: la composizione (contenuto minerale), la dimensione e la forma dei granuli. La composizione è
data dal tipo di minerali presenti; spesso rispecchia almeno in parte quella delle rocce che, interessate dai processi di
degradazione e di erosione, hanno fornito il sedimento. Alcune rocce sedimentarie possono essere costituite da una
gran varietà di minerali, come ad esempio le arenarie, mentre altre presentano una composizione singolarmente
ristretta, essendo formate da un unico minerale. La tessitura riguarda le caratteristiche di: forma, dimensioni,
disposizione spaziale, proporzioni tra granuli di diverse dimensioni. La struttura è data dalle caratteristiche
macroscopiche, quelle che si possono osservare sull'affioramento roccioso. La principale struttura sedimentaria è la
stratificazione, che è l'elemento base per riconoscere una roccia sedimentaria sul terreno.
Differenza tra ‘rocce terrigene' e ‘rocce clastiche' → Le rocce terrigene e clastiche differiscono su basi
genetiche e tessiturali. Le rocce terrigene si identificano su basi genetiche, mentre rocce clastiche si identificano in base
alla tessitura della roccia.
Rocce terrigene
Composizione, tessiture e strutture → Le rocce terrigene o clastiche si originano da sedimentazione meccanica.
Possono essere incoerenti, ovvero formate da particelle sciolte oppure coerenti quelle formate da particelle cementate.
Nelle rocce terrigene si possono quindi ritrovare, in teoria, tutti i componenti mineralogici delle rocce che affiorano
nell’area di provenienza. In pratica, non tutti i minerali delle rocce si conservano durante i processi di erosione e
trasporto: alcuni si disgregano facilmente, mentre altri si trasformano chimicamente (alterazione). Una roccia
sedimentaria è definita da: P = f (m, s, sh, p, o). Cioè le rocce, ma sopratutto le loro tessiture sono in funzione di questi
parametri dove: m=composizione della roccia (e dei granuli), s=tipo di processo sedimentario che ha portato alla
formazione della roccia, sh=forma dei granuli, p=addensamento dei granuli (Packing), o=orientazioni dei granuli. Con il
termine composizione mineralogica si indica la natura mineralogica dei granuli che costituiscono le rocce sedimentarie. I
vari tipi di granuli possono essere granuli monomineralici (cioè singoli minerali), frammenti di rocce preesistenti o fossili.
La tessitura di una roccia sedimentaria è data principalmente da tre fattori: granuli, matrice e cemento. L'assortimento,
l'arrotondamento e la sfericità sono fondamentali per dare una classificazione delle rocce sedimentarie. I granuli, oltre
che in base alla loro natura mineralogica, vengono distinti in base alle loro dimensioni, alla forma, all'orientazione e alla
coesione. Le relazioni tre i granuli dipendono dalla forma e dalle dimensioni dei granuli stessi e dalla loro disposizione
tridimensionale. I granuli a contatto tra loro costituiscono un impalcatura, o scheletro, che si sostiene da se,
indipendentemente dalla presenza o meno di materiale interstiziale (tessitura grano sostenuta). In particolari ambienti
di sedimentazione, dove si ha un grande apporto di materiale fine, la percentuale di matrice può essere notevolmente
alta tanto che i singoli granuli non risultano più a contatto tra loro, ma immersi nella matrice (tessitura fango sostenuta).
Il materiale interstiziale presente tra i singoli granuli e nelle cavità può essere materiale fine (matrice) di deposizione
contemporanea o matriale precipitato chimicamente in tempi anche lontani alla formazione della roccia (cemento).I
processi diagenetici sono tutto quell'insieme di processi che tendono a trasformare un sedimento in una roccia. La
Diagenesi ha inizio non appena si ha sedimentazione, e le prime fasi della Diagenesi avvengono mentre il sedimento è
ancora a contatto con l'ambiente di sedimentazione. Man mano che si ha deposizione di nuovi sedimenti, quelli vecchi
vengono man mano seppelliti e allontanati dal loro ambiente di deposizione e sottoposti a pressioni e temperature via
via crescenti. In questo caso intervengono i processi principali della Diagenesi, fino ai limiti inferiori col metamorfismo.
Processo diagenetico, da sedimento sciolto a coerente (litificazione) → I geologi chiamano litificazione la
trasformazione di sedimento sciolto in roccia solida. La formazione di rocce sedimentari clastiche sedimentarie richiede,
per prima cosa, che con l'accumularsi di sempre nuovi depositi e la subsidenza naturale (è un lento e progressivo
abbassamento verticale del fondo), i sedimenti vengono seppelliti a sempre maggiore profondità e subiscono una serie
di trasformazioni chimico-fisiche (la diagenesi) per opera dell'aumento della pressione e della temperatura, e dell'azione
delle acque sotterranee (consolidamento, compattazione, cementazione), che li trasformano gradualmente in rocce. Le
rocce sono antichi sedimenti litificati. Il processo diagenetico potrà poi evolvere in processo metamorfico, o essere
interrotto in un qualunque momento da un nuovo evento erosivo, con l'inizio di un nuovo ciclo sedimentario. La
diagenesi si divide in 3 processi: costipamento: la pressione esercitata dai sedimenti soprastanti su quelli vecchi causa
una riduzione del volume e l'espulsione dell'acqua verso l'alto; ciò è dovuto al fatto che avviene un assestamento tra i
clasti, ovvero i clasti più piccoli riempiono i vuoti tra i clasti più grandi, creando degli incastri e dei legami chimici; il
sedimento diventa perciò compatto o litificato . cementazione: con la precipitazione dei sali minerali nei pori o vuoti tra i
clasti, si creano dei "cementi"; i più comuni sono la calcite e il quarzo . metasomatosi: serie di reazioni chimiche che
portano alla parziale ricristallizzazione della roccia e una variazione delle sue componenti.
Granuli, matrice, cemento → Ogni roccia terrigena è composta da granuli (clasti), matrice e cemento. I granuli sono i
costituenti fondamentali delle rocce clastiche, ne formano il cosiddetto scheletro, l'ossatura, e possono avere
dimensioni infinitesime quanto decisamente elevate. I granuli dei depositi clastici coerenti sono stati classificati in base
alle dimensioni, riconosciamo infatti pietrisco, ghiaie, brecce e conglomerati se i granuli non sono inferiori ai 2mm;
sabbie e areniti se i granuli sono sotto i 1/16 mm; silt, argille, silititi e argilliti se i granuli sono sotto i 1/256 mm. La
matrice è la porzione fine del sedimento ed è presente negli interspazi tra i granuli. È fango carbonatico che tiene uniti
tra loro i grani in una roccia. Può avere origine organica o inorganica (chimico-fisica). Quella organica è causata
principalmente dall'azione delle alghe verdi che morendo vanno a formare il fango, quella inorganica è dovuta a una
liberazione di CO2 che favorisce precipitazione di CaCO3 e dalla bio-erosione. La matrice è la classe granulometrica
inferiore rispetto a quella dei clasti; non sempre è presente, esistono ambienti in grado di pulire la matrice (spiaggia, la
risacca porta via le eventuali particelle fini). Il cemento è una sorta di legante chimico che in un secondo tempo
cristallizza o deposita all'interno del sedimento ancora sciolto andando a riempire i pori residui presenti tra i costituenti
dell'accumulo, rendendolo coesivo e trasformandolo in roccia compatta. È quindi tardivo, successivo, ed è composto da
minerali (i più frequenti in natura sono il quarzo e il carbonato di calcio) che precipitano dall'acqua sotterranea, riempie
parzialmente o completamente gli spazi tra i clasti e attacca ogni granulo a quello vicino; in altre parole il cemento
riempie e consolida il sedimento.
Tipi di cemento; il cemento quando il sedimento è finissimo → Quando le particelle che formano il
sedimento sciolto sono di dimensioni molto ridotte, è il caso di fanghi, non esistono in teoria degli spazi da riempire con
un'eventuale colla naturale, ma non per questo tali depositi sono destinati a rimanere per sempre incoerenti; saranno le
stesse particelle, in tempi però molto più lunghi, che si consolideranno autocementandosi e dando luogo a strati
ugualmente tenaci e coesi.
Depositi delle fasce montane
Falde detritiche, coni detritici e caratteri dei loro depositi → Una falda detritica è un accumulo di detriti
rocciosi incoerenti. Questi depositi detritici nelle fasce montane sono visibili nei conoidi detritici; in questo caso l'agente
di trasporto è la sola forza di gravità. In genere i conoidi detritici sono posizionati alla base di pareti rocciose il più
possibile ripide, fratturate da faglie verticali (le dolomie solo le rocce più fragili da fratturare). Non sono importanti dal
punto di vista sedimentologico in quanto non si preservano per lungo tempo. Le falde non attive sono ricoperte da
vegetazione, per cui le radici in genere trattengono la caduta dei massi. Nelle zone alte a volte si trova vegetazione
poiché è presente sedimento fine, nelle zone basse invece i sedimenti sono troppo grandi per permettere alla
vegetazione di crescere. Di norma le zone di produzione sono puntiformi creando dei conoidi detritici concentrati in
particolari direzioni. Ciò avviene quando faglie verticali hanno frantumato la parete rocciosa in una zona precisa. I singoli
frammenti presentano una accentuata spigolosità, l'assenza di arrotondamento è la diretta conseguenza del limitato
trasporto subito e quindi della mancata abrasione meccanica. Sedimenti simili sono inoltre molto porosi e la
cementazione riesce molto difficilmente ad occludere i vuoti presenti tra un frammento e l'altro a causa della grande
dilavazione. Lungo il cono detritico c'è una diversa distribuzione spaziale dei clasti in quanto i massi più grandi hanno
maggiore energia cinetica e quindi rotolano verso la base del conoide.
Contesti di formazione delle falde detritiche → Le falde detritiche hanno come agente di trasporto la forza di
gravità. Sono dovuti all'erosione di pareti rocciose ripide, fratturate da faglie verticali in zone precise.
Angolo di riposo in materiali sciolti → L'angolo di riposo è l'angolo che forma un cumulo di materiale incoerente,
naturalmente, rispetto al piano orizzontale. L'inclinazione massima di un conoide detritico è di 45°, in quanto è il
massimo angolo di riposo che possono avere i sedimenti.
Profilo altimetrico fluviale → Il profilo altimetrico fluviale è una sezione del suo corso che mostra la variazione di
quota dalla sorgente alla foce. Vicino alla sorgente il fiume ideale scorre in valli profonde o gole, mentre vicino alla foce
scorre su piane quasi orizzontali. Un sistema fluviale, considerando le zone di pianura, può essere idealmente suddiviso
in tre parti. La zona di alta pianura rappresenta la parte più a monte del bacino, nella quale prevale la produzione di
sedimenti, e abbiamo canali intrecciati. Poi incontriamo, al diminuire della pendenza, una zona caratterizzata
prevalentemente dal trasporto di sedimenti, da parte del corso d’acqua principale, un canale sinuoso. Ed infine la zona di
bassa pianura dove troviamo canali a meandri. I corsi d'acqua approfondiscono il loro alvei scavando, ma c'è una
profondità oltre la quale il fiume non riesce a incidere.
Conoidi di deiezione, dove e perché → Dove esiste un torrente che trasporta una grossa quantità di alluvioni, nel
punto in cui confluisce in una valle più ampia e con minore pendenza, le sue acque perdono velocità e abbandonano il
carico più grossolano costituito da pietrisco e ciottoli. Più che abbandonarlo lo distribuiscono con perfette simmetria su
tutto lo spazio disponibile in prossimità della confluenza, dando origine a dei ventagli alluvionali. Questi ventagli sono
definiti conoidi di deiezione per la loro caratteristica forma e per la natura dei depositi che li compongono. Nei conidi di
deiezione il processo di accumulo prevalente è la colata. Una caratteristica di questi ventagli è l'estrema eterogeneità
delle dimensioni dei materiali che il formano: blocchi, spesso superiori al metro cubo, assieme a fanghi, ciottoli e sabbia.
Il tutto quasi sempre distribuito in livelli caotici e disorganizzati. La distribuzione dei materiali è affidata all'azione della
gravità insieme a quella delle acque superficiali. Hanno due movimenti principali che sono progradazione e
aggradazione. Sono da distinguere dai conidi alluvionali che si posiziona dove la pendenza diminuisce improvvisamente,
creando un'area lievemente inclinata di sedimento che si posiziona come contorno all'uscita di una catena montuosa. I
canali su di esso si suddividono in una serie di piccoli canali che si espandono sul conide.
Trasporto in massa nei conoidi di deiezione e conseguenti tipi di depositi risultanti → Il trasporto in
massa nei conidi di deiezioni consiste nelle colate. La colata è caratterizzata da un flusso viscoso nel quale la presenza di
abbondante fango dà luogo a un impasto da media a elevata densità. La forza di gravità trascina verso il basso
frammenti e blocchi delle più svariate dimensioni, senza selezione, trattandosi di un processo di scivolamento in massa.
Nel deposito che ne deriva dalle colate i frammenti e blocchi si distribuiscono spesso alla rinfusa. Pezzi grandi e piccoli si
alternano casualmente sia alla base sia al tetto dello strato, Anzi, in certi casi i frammenti più grossi si trovano spinti e
accumulati in modo anomalo verso l'alto. I conseguenti tipi di deposito risultanti sono quindi: pietrisco, brecce e
paraconglomerati.
Processi di cannibalizzazione dei conoidi: effetti e motivi di innesco → I conoidi di deiezione hanno una
prima fase di deposizione che produce un ventaglio detritico, seguita da una seconda fase di erosione fluviale nella
quale parte del conoide di deiezione viene cannibalizzato. Le cause sono dovute al profilo altimetrico del corso fluviale e
da una successiva erosione a ripristino del profilo precedente.
Deposizioni delle fasce di pianura
Contesti fluviali: barre di canali intrecciati e barre di canale meandriforme → Il sedimento si deposita
quando il gradiente fluviale diminuisce oppure quando diminuisce la portata, come conseguenza si l'alveolo viene
ostruito dal sedimento e il fiume si suddivide in numerosi rami. Nei canali di tipo intrecciato, le barre fluviali tendono a
migrare nella direzione della corrente. Le barre di meandro si sviluppano parallelamente al tracciato del meandro stesso.
In altre parole in un canale intrecciato durante la fase di piena la corrente, che trascina una gran quantità di materiale sul
fondo e in sospensione, può prendere localmente compattezza abbandonando lungo l'alveo parte del carico più
grossolano, che si organizza in barre. Queste ultime hanno dimensioni molto variabili che dipendono da numerosi
fattori. Quindi al calo della piena in un fiume a canali intrecciati, le barre emergono rendendo visibile con il fiume abbia
depositato e trasportato ghiaie e sedimenti vari; queste barre vengono poi sezionate dai canali di magra che le
intagliano progressivamente. In un canale meandriforme i sedimenti sabbiosi e limosi erosi dalla sponda concava di un
menadro si depositano nelle sponde convesse dei meandri successivi. Mentre la sponda in erosione è verticale, quella
opposta presenta una bassa inclinazione che si sviluppa pressoché completamente sott'acqua. Questo consente un
progressivo accumulo di particelle spinte e abbandonate dalla corrente sul piano inclinato della curva interna del
meandro. Col tempo una serie di strati a bassa inclinazione si affiancano uno all'altro, appoggiandosi alla superficie
erosiva sul fondo del canale, il risultato è la barra di meandro.
alvei pensili, esondazioni e ventagli di rotta → I corsi d'acqua intrecciati sono caratterizzati da elevata instabilità
e da frequenti diversioni per rottura degli argini naturali, creando strutture come gli alvei pensili, esondazioni e ventagli
di rottura. Durante le piene fiumi stessi creano argini naturali, insufficienti però in caso di piena, per questo motivo quasi
tutti i fiumi hanno argini artificiali. Alveo pensile è un alveo il cui letto è posto ad una quota più elevata rispetto al piano
della pianura circostante. È una condizione frequente nei corsi d’acqua in pianura arginati i cui sedimenti, non potendosi
depositare nella piana alluvionale, si accumulano nell’alveo, sopraelevandolo. È una situazione molto rischiosa perché, in
caso di rottura dell’argine, l’intera portata del fiume si riversa nella piana alluvionale creando inondazioni devastanti.
Esempi tipici sono: l'alveo del Po nella zona del Polesine, quello del Reno nel Ferrarese. Le esondazione sono
straripamenti, ossia il traboccare di acque sovrabbondanti che escono dagli argini di un fiume o di un torrente e
inondano le zone poste a quote altimetriche inferiori. Spesso questi fenomeni danno origine a depositi grossolani a
forma di lingua o di ventaglio (ventagli di rotta), ricchi di frammenti d'argilla . Le esondazioni sono causate da una
mancata manutenzione dei corsi d'acqua o da disboscamento incontrollato.
Evoluzione di un sistema a meandri (corsi fluviali ad alta sinuosità) → Il modello di corso fluviale
meandriforme si ritrova nelle aree inferiori delle pianure alluvionali e nelle pianure costiere e deltizie. Un fiume
meandriforme è caratterizzato da ampie divagazioni del corso che presenta sinuosità accentuate. I meandri sono forme
mobili lungo cui le sponde esterne e interne si realizza rispettivamente rapidi e progressivi spostamenti del corso, con
esasperazione della sinuosità capace di portare al taglio e conseguente abbandono del meandro stesso, che finisce per
essere escluso dal nuovo tragitto della corrente. L'erosione e la deposizione contemporanea determinano la migrazione
del canale. Il salto di meandro avviene durante una piena, a causa della modifica dell'ansa. Anche se un corso d'acqua
inizia con un alevo dritto la turbolenza casuale all'interno del letto fa si che la corrente più veloce sia deviata da una
sponda all'altra. L'acqua erode maggiormente la sponda dove scorre più velocemente e l'erosione si fa sempre più
pronunciata in quel punto, finché non crea un meandro. Sulla sponda interna del meandro invece l'acqua scorre più
lentamente per cui porta sedimento che si accumula formando una barra di meandro. Continuando l'erosione il
meandro può curvare di molto per cui la sponda erosa all'ingresso si avvicina sempre di più a quella all'uscita, lasciando
uno stretto istimo di terra che separa le due parti. Quando l'erosione però si mangia un collo del meandro si forma un
tratto dritto (taglio del meandro):
Rischio idrogeologico ed equazione del rischio. Pericolosità, vulnerabilità e danno → Con il termine
rischio idrogeologico si designa il rischio connesso all'instabilità dei pendii dovuta a particolare conformazione geologica
e geomorfologica di questi ed in conseguenza di particolari condizioni ambientali, meteorologiche e climatiche che
coinvolgono le acque piovane e il loro ciclo una volta cadute al suolo, con possibili conseguenze sull'incolumità della
popolazione e sulla sicurezza dei servizi e attività su di un dato territorio. Il rischio idrologico può essere descritto dal
quazione del rischio: R=HxVxE dove H è la pericolosità, V è la vulnerabilità e E è il valore dell'elemento a rischio. Anche il
danno può essere descritto da un equazione: D=VxE. Il rischio è l'entità del danno atteso in una data area e in un dato
intervallo di tempo in seguito a un evento calamitoso.
Interventi strutturali e non strutturali per prevenire e mitigare il rischio idrogeologico → Le opere
strutturali in difesa da alluvioni ed esondazioni possono essere attuate con due strategie possibili: facendo interventi
strutturali per ridurre la pericolosità (serbatoi di piena, briglie, argini artificiali, i canali artificiali e il rimboscamento; ma
queste strutture sono molto costose), o mitigare il rischio con interventi non strutturali per ridurre il danno potenziale
(evaquazione delle aree a rischio, espansione urbanistica, utilizzo del suolo).
Cause delle inondazioni fluviali → Le cause delle esondazioni fluviali posso essere date da fattori naturali, come i
rilievi in via di sollevamento e da fattori antropici. Ovvero da antropizzazioni eccessive, da disboscamento, apertura di
cave, estrazione incontrollata di fluidi dal suolo e mancata manutenzione della pulizia dei corsi.
Rischio e pericolosità delle esondazioni → Stabilizzando i torrenti a monte, con le briglie, si provoca l'aumento
della velocità di corrivazione (tempo che intercorre tra la caduta d'acqua e il suo arrivo a valle); creando piene violente a
valle. Inoltre durante un'alluvione, oltre alla massa d'acqua, grandi quantità di fango e altri sedimenti vengono
trasportati nei territori adiacenti al letto fluviale. Durante le ere, questo meccanismo dà luogo alla formazione delle
pianure alluvionali, qual è, ad esempio, la pianura padana. Un aspetto di fondamentale importanza per quanto riguarda
gli effetti delle alluvioni è la distribuzione delle popolazioni vicino ad un corso d'acqua le Abitazioni sono a rischio di
frane e alluvioni.
Le briglie → Non potendo diminuire la pendenza in totos di un alveo, si utilizzano le briglie (sbarramenti traversali di
torrente) per diminuirla a pezzi. L'effetto delle briglie è quindi quello di diminuire la pendenza reale del corso d'acqua
rallentandone la velocità. Prima si creano la briglie, in seguito si formano depositi di sedimenti anteposti alla briglia che
creano un salto. In alcuni casi il torrente può avere una grande portata di sedimenti che a lungo andare riportano alle
condizioni iniziale di pendenza annullando i benefici delle briglie. Se si costruiscono briglie che non danno possibilità di
fuori uscita di acqua e sedimenti fini, questi non vanno a finire in zone deltizie, si costruiscono per ciò briglie con fori per
annullare l'accumulo di sedimenti fini.
Fattori idrogeologici nell'innesco delle frane → I fattori idrogeologici delle frane sono dati dalla permeabilità
delle rocce o dei sedimenti e dalla profondità delle falde freatiche (La formazione della falda freatica è dovuta all'acqua
dei fiumi o della pioggia che viene lentamente trasportata in profondità dalla forza di gravità finché non giunge ad uno
strato argilloso impermeabile dove si ferma. Dopo l'arresto forzato, si forma un accumulo di acqua. Tale formazione è
alimentata tramite il fenomeno della capillarità superficiale che mantiene il livello costante. La forma di solito non è
regolare ed è dettata dal limite inferiore, cioè il limite della camera impermeabile, e dal limite superiore, ossia dalla
superficie del terreno che la sovrasta). I fattori di innesco geologici invece sono dati dalle litologie, dagli assetti e dalle
fratturazioni; mentre invece i fattori morfologici sono dati dalla pendenza dei versanti.
Depositi delle fasce deltizie e litorali
Dinamica deltizia dovuta alle rotture d'argine → La presenza di molti lobi in un delta, indica che il corso
principale del delta si è spostato in numerose occasioni. Questo avviene quando un lobo avanza a tal punto nel mare che
la pendenza del fiume diventa troppo bassa per cui il fiume stesso non riesce più a scorrere. Quindi più a monte, il fiume
taglia un argine naturale (rottura d'argine) e comincia a scorrere in una nuova direzione, progradando e agradando in
quella direzione, formando un nuovo lobo e abbandonando quello precedente. I lobi del Mississipi fanno pensare che
questo fenomeno si sia ripetuto più volte negli ultimi 9000 anni.
Motivi di distruzione di un apparato deltizio (es. delta storico del Fiume Isonzo) → Notevoli ostacoli alla
crescita e allo sviluppo (avanzamento) dei delta possono essere rappresentati: dall'eccessiva inclinazione del fondo
marino; da eventuali fenomeni di subsidenza del fondo stesso o dall'innalzamento del livello del mare. Nella zona di
Grado dove prima si espandeva un delta ora esiste il mare, questo delta era alimentato dal torrente Torre. Oggi il
torrente Torre è unito al fiume Natisone, di conseguenza non sfocia più nel mar Adriatico attraversando la città di
Aquileia, ma confluisce direttamente nel fiume Isonzo. La deviazione improvvisa e irreversibile del corso del torrente
Torre può essere stata causata da una piena fluviale con tracimazione. Come ovvia conseguenza, al corrispondente delta
di Grado fu sottratta ogni futura alimentazione, da quel momento in poi, le sabbie, i limi e le ghiaie del Torre e del
Natisone furono consegnate all'Isonzo e da lì convogliate al rispettivo delta. Le sabbie del vasto delta di Grado
cominciarono ad essere lentamente rielaborate da mareggiate, lenta subsidenza e e le blande erosioni dei flussi di
marea. Quindi Il delta del Grado, non più alimentato dagli apporti fluviali è stato in gran parte rielaborato della correnti
marine e ha prevalso la subsidenza.
Evoluzione quaternaria del delta padano → L'intera pianura padana ha subito, nel corso delle ere geologiche,
profonde modificazioni che hanno portato a ripetuti avanzamenti e arretramenti della linea di costa. La foce del Po, di
conseguenza, si è spostata anche di centinaia di chilometri e ha modificato innumerevoli volte la sua forma e la sua
estensione. Tra i fattori che hanno causato questi fenomeni si possono citare lo scontro tra le piattaforme continentali
europea e africana (che determina da milioni di anni un lento innalzamento delle Alpi e Appennini correlato a fenomeni
di subsidenza dei territori pianeggianti circostanti, variamente compensata dai depositi alluvionali), la variazione del
livello del mare (correlata alle fasi di glaciazione), l'erosione delle catene montuose (con conseguente deposito sul
fondale marino del materiale asportato) e in generale il fenomeno del trasporto solido. Il maggior apporto di sedimenti
trasportati dagli affluenti appenninici del Po rispetto agli affluenti alpini (che scaricano parte dei sedimenti nei laghi
attraversati) ha comportato nei secoli il progressivo spostamento verso nord del delta del Po con interramenti o
separazione dei vecchi alvei a sud. Questi spostamenti sono avvenuti a seguito di alluvioni. La pianura padana, fino a
circa un milione di anni addietro, non esisteva ed al suo posto vi era un grande golfo che giungeva quasi alle Alpi
occidentali e all'Appennino Ligure. In seguito, durante le grandi glaciazioni del quaternario, il fondo marino di tale golfo
divenne più volte terra emersa, sia a causa dell'incremento dei ghiacci sulle aree emerse e del conseguente
abbassamento del livello del mare sia per l'ingente accumulo dei sedimenti erosi dai monti circostanti.
Propagazione deltizia lacustre: facies (bottomset, foreset, topset), spostamento della linea di riva,
tasso di deposizione, concetti di ‘interfaccia deposizionale' e di ‘clinostratificazione' → Quando
raggiunge una massa d'acqua ferma, il fiume perde velocità e il sedimento si deposita. Se il fiume trasporta un carico di
sedimento considerevole e l'erosione costiera non lo porta via tutto, questo si deposita alla foce, formando una barra al
centro dell'alveo. L apresenza di barre costringe il fiume a dividersi quindi in canali. Col tempo il sedimento di un delta si
compatta e il terreno sotto di esso si addensa, quindi il delta affonda e la superficie diventa una bassa area detta piana
deltizia su cui scorrono i canali. Un delta è un accumulo di sedimenti, o corpo sedimentario, che si forma in un'area di
foce dove un corso d'acqua convoglia sedimenti terrigeni in un bacino con una massa d'acqua relativamente stazionaria.
Il corpo deltizio avanza nel tempo e nello spazio. La formazione di un delta è subordinata alla capacità che hanno i corsi
d'acqua di riversare alla loro foce quantitativi di materiale superiori a quelli che il moto ondoso, le maree e le correnti
litoranee riescono a disperdere. Per questo l'insorgere di un delta è possibile – almeno per i corsi d'acqua minori – solo
nei mari poco profondi e tranquilli. Notevoli ostacoli alla crescita e allo sviluppo (avanzamento) dei delta possono essere
altresì rappresentati: dall'eccessiva inclinazione del fondo marino; da eventuali fenomeni di subsidenza del fondo stesso
o dall'innalzamento del livello del mare. Il corpo deltizio avanza nel tempo e nello spazio, ovvero prograda (si sposta in
avanti) e aggrada (sumenta di spessore). Di conseguenza con il tempo il fronte deltizio, chiamato anche linea di riva,
trasla in avanti. La progradazione è una modalità di deposizione dei sedimenti, che si realizza quando in tempi successivi
si depongono corpi sedimentari parzialmente sovrapposti in posizione sempre più lontana rispetto alla sorgente dei
sedimenti stessi. Un tipico esempio di progradazione è quella dei sedimenti deltizi (sia marini che lacustri), che, a partire
dal punto di foce di un fiume tendono ad "avanzare" sopra i sedimenti del bacino ricevente. La fronte deltizia e il
prodelta sono caratterizzati da clinostratificazione (stratificazione inclinata) a grande scala . L'angolo di giacitura degli
strati (esagerato verticalmente nell'immagine sopra) dipende dal tipo di sedimenti. È maggiore per i sedimenti
grossolani (ghiaie, sabbie) e minore per i sedimenti fini (silt, argille).
Perchè la linea di riva nel tempo è inclinata e non orizzontale? È dovuto al tasso di sedimentazione, lo
spessore dei sedimenti si misura verticalmente alla superficie di stratificazione.
La Duna di Pyla (Francia, costa atlantica) → La duna di Pyla è la più grande duna eolica d'Europa, è lunga più di 3
Km e alta 120 m. La Dune du Pilat si è formata in tempi relativamente recenti. Nel 1855 misurava solo 35 m di altezza e
la sua origine è legata, alla distruzione di un enorme banco di sabbia che nel diciottesimo secolo si estendeva davanti
alla costa attuale, oltre che al continuo apporto di sabbia da parte del vento. La vicina laguna di Arcachon comunica con
l'Oceano Atlantico attraverso un passaggio, attraverso il quale la marea oceanica sposta quotidianamente una quantità
considerevole d'acqua. Durante la bassa marea, il bacino si riduce ad un'unione di canali navigabili. I canali ed i banchi di
sabbia evolvono nel tempo sotto l'influenza della marea portando con sé molta sabbia. I sedimenti sabbiosi mobili che
caratterizzano questo bacino sono distribuiti principalmente delle correnti di marea, che formano canali e barre secondo
una tipica configurazione di piana di marea. Il passaggio con l'Oceano è dominato a sud dalla duna di Pyla.
Dune e ripple: geometrie e significati. Ripple da onda e ripple da flusso. Dune e ripple eolici → Con
particolari velocità della corrente e dell'altezza e periodo delle onde rispetto alla profondità dei fondali, si creano delle
turbolenze che generano piccole increspature di sabbia chiamate ripple. Sono minuscoli rilievi alti poco più di un
centimetro che con l'aumento della velocità della corrente o delle onde possono raggrupparsi dando origine a piccole
dune. A loro volta queste si uniscono in insiemi che danno luogo a estese barre sabbiose subacquee. Lo stesso
fenomeno si verifica quando all'acqua sostituiamo una massa d'aria in movimento. Basti pensare alle dune del deserto,
queste sono sabbie accumulate e spostate dalla spinta dei venti. Aumentando la velocità del vento o dl flusso d'acqua gli
accumuli che si generano aumentano di dimensione. Mentre alle basse velocità si potevano formare piccole
increspature decimetriche, a più alte velocità e spessori del flusso le forme possono aumentare considerevolmente di
volume, trasformandosi in dune. Confrontando fra loro le ripple e le dune, è facile notare che possiedono lo stesso tipo
di profilo, anche se sviluppato a scala molto differente. La loro forma è la medesima perché il meccanismo di
trascinamento e quello di abbandono sono gli stessi. Il trascinamento avviene lungo il lato sopra corrente, poco
inclinato, e l'abbandono in quelle sotto-corrente, ad alto angolo. Le dune sono formate del vento, si ritrovano non solo
nei deserti sabbiosi ma anche al margine interno di alcune spiagge. Le dune, come i ripple, sono forme mobili, tanto
quelle subaeree quanto quelle subaquee. Nelle dune da vento la vegetazione può favorire la stabilizzazione. Se questo
non avviene le dune da vento sono capaci di spostarsi e avanzare moderatamente verso l'entroterra, dove la
vegetazione già presente sul territorio e il calo dell'intensità del vento fermeranno l'avanzamento verso l'interno.
Cause dei rischi idrogeologici costieri e ‘ripascimento litorali' → Gli indicatori di rischio idrogeologico sono i
fenomeni di: erosione costiera, inondazione marina e ingressione del cuneo salino. L'ambiente litoraneo è quindi
caratterizzato da forti elementi di vulnerabilità e rischio per la presenza di accentuati fenomeni di erosione e di
ingressione marina. Questi fenomeni dipendono dalla dinamica del mare ma sono significativamente influenzati dall'uso
che si è fatto in passato del territorio e delle sue risorse. In particolare, l'abbassamento del suolo per effetto della
subsidenza, la diminuzione dell'apporto di sabbia da parte dei fiumi, l'abbattimento delle dune costiere che costituivano
il serbatoio naturale di sabbia, modificano il trasporto del sedimento lungo costa e l'intenso processo di urbanizzazione
della fascia costiera rappresentano le principali cause dell'erosione e dell'ingressione marina. L'area costiera è esposta
anche al rischio di allagamento ad opera delle piene fluviali dei territori posti alle quote più basse e alla contaminazione
delle acque dolci di falda per effetto dell'intrusione delle acque salate marine. Per delimitare l'erosione costiera si
stanno attuando opere artificiali come le scogliere frangiflutti e il ripascimento litorale. Il ripascimento artificiale è una
azione molto delicata e complessa, i sistemi di riporto della sabbia sono molteplici, uno dei più semplici è quello di
riportare la sabbia dai fondali adiacenti la linea di battigia attraverso ruspe.
Bioturbazione dei sedimenti → Per bioturbazione si intende il risultato dell'azione degli organismi viventi sui
sedimenti. I processi biologici, chimici e fisici conseguenti all'azione di questi organismi possono portare alla alterazione,
alla deformazione ed alla distruzione di strutture inorganiche dei sedimenti stessi (stratificaione, laminazione ecc.), fino
alla omogeneizzazione completa del sedimento. Se i ripple sono increspati è a causa di bioturbazioni.
Forme del fondale sabbioso → Le forme del fondale sabbioso sono i ripple (increspature da flusso), le dune, le
lamine (quando il moto del fluido avviene con scorrimento di strati infinitesimi gli uni sugli altri senza alcun tipo di
rimescolamento di fluido) e le piane. Il regime di flusso superiore determina la formazione di lamine e piane, mentre
invece il regime di flusso inferiore determina treni di ripple.
Quali sono gli effetti del moto ondoso sulla piattaforma continentale? → Gli effetti del moto ondoso sono:
il flusso e riflusso di frangenti di battigia (stratificazione a cuneo), oscillazioni regolari da mare basso (stratificazioni
incurvate da ripple) e oscillazioni da onde di tempesta
Depositi delle fasce di mare profondo
Correnti di torbida e strati torbiditici → Gli strati torbidici sono strati sabbioso-limosi, originati dalle correnti di
torbidità, questi depositi si trovano in acque tranquille non soggette a moto ondoso che rimescolerebbero l'ordinata
disposizione delle particelle. Questo tipo di strati i può originare in acque marine profonde, sotto il livello di azione delle
onde. Un massa di acqua, fango, granuli e frammenti di roccia si mette in movimento lungo un pendio subacqueo
spostandosi verso le piane sottomarine. Il fango non è percentualmente abbondante e il flusso è molto diluito ma è più
denso dell'acqua circostante. La sua maggiore densità lo fa scorrere lungo il pendio subacqueo, rasentando nella sua
corsa i fondali del bacino dove scorre per effetto della gravità che lo trascina verso le zone più profonde. All'interno del
flusso in movimento si sviluppa una forte turbolenza. La conseguenza più evidente è che, proprio mentre la massa di
granuli scorre, le particelle più grosse e pesanti si concentrano in basso mentre le più fini e leggere si smistano
occupando livelli via via superiori. Quando la velocità del flusso progressivamente si esaurisce, e questo avviene quando
il pendio sottomarino diventa sempre meno inclinato, il materiale di trasporto viene abbandonato così come si è
smistato durante il movimento, fornendogli una evidente gradazione che resterà fissata nel futuro strato come
indelebile.
Contesto di formazione e velocità di una corrente di torbida → Normalmente i granuli che compongono una
singola torbidite sottomarina hanno origine in zone emerse molto distanti da quelle di accumulo. Sono il prodotto dello
smantellamento di rilievi rocciosi che affiorano all'interno dei continenti o sui margini del bacino marino. Il trasposto
lungo torrenti e fiumi contribuisce a frammentare gli iniziali blocchi che raggiungono i grandi delta sotto forma di
enormi quantità giornaliere di granuli e fanghi. Parte di essi vengono distribuiti dalle correnti lungo le spiagge adiacenti,
parte sono convogliati, per gravità, verso le profondità marine dove si depositano sotto forma di strati torbiditici.
Un'enorme quantità di granuli si trova appoggiata, instabile e precaria, sulla parete superiore di un pendio che sfuma
verso i fondali di un ambiente marino. Le cause che innescano le correnti di torbida sono date dal sovra-accumulo di
materiale o da variazioni eustatiche (globali) del livello marino. L'abbassamento del livello del mare permette che una
vasta area venga sottoposta a smantellamento ed erosione in quanto è esposta all'atmosfera, per cui la velocità di
accrezione è più rapida. Quando la velocità della corrente di torbida inizia a diminuire drasticamente avviene la
deposizione delle frazioni più grossolane del flusso tramite la creazione di livelli di ciottoli seguiti verso l’alto da porzioni
massive di arenarie e da strati con gradazione normale. Le correnti di torbidità (o correnti torbide) sono correnti di fluido
in movimento con materiale in sospensione che si muovono lungo un pendio attraverso aria, acqua o un altro fluido. La
corrente si muove per gravità, a causa della propria maggiore densità rispetto al fluido nel quale scorre e alla presenza di
particelle solide. di solito si tratta di correnti subacquee in laghi, mari od oceani originatesi per effetto di eventi quali
tempeste di elevata magnitudine, piene fluviali o terremoti sottomarini. Spesso, tali correnti possono originarsi
direttamente da accumuli detritici ammassati lungo la scarpata continentale quando, a seguito dell'eccessivo accumulo
di sedimenti, viene superato l'angolo di scarica (l'inclinazione massima capace di mantenere coesa una superficie
sedimentaria non consolidata). Tali eventi possono mobilizzare sedimenti incoerenti provocando fenomeni erosivi che
portano con il passare del tempo alla formazione di canyon sottomarini. Avendo densità maggiore rispetto all'acqua
circostante, queste correnti scorrono velocemente verso il basso, per forza di gravità, lungo la scarpata continentale e
poi, espandendosi sui fondali profondi, rallentano e depositano i materiali in sospensione trasportati. La velocità di
avanzamento della corrente dipende anche dall'inclinazione della scarpata e aumentando la velocità, aumenta anche la
quantità di sedimenti trasportati; questo a sua volta aumenta la densità della corrente e quindi la velocità in un
meccanismo di "autoalimentazione".
Ambiti di sviluppo delle successioni torbiditiche (esempi passati e presenti) → Le più frequenti torbiditi
sono quelle marine, depositate in acque profonde al riparo dai rimescolamenti causati dalle onde. Ma se ne conoscono
anche accumulate sul fondo di grandi e piccoli laghi, seppure con successioni di spessore molto ridotto in confronto a
quelle marine. Quelle in ambiente marino raggiungono comunemente molti chilometri di potenza e possono estendersi
su fondali ampi migliaia di chilometri quadrati. Nel golfo del Bengala si estende il più esteso ventaglio detritico
sottomarino, in realtà si sono formati due grandi ventagli dati dallo smantellamento della catena Himalayana, i granuli e
le particelle coinvolti nella sedimentazione prima di franare confluiscono nel delta del Gange. Il ventaglio è formato da
sedimenti sabbiosi fini e fangosi che da millioni di anni si accumulano in un ambiente marino profondo, uno sull'altro
sotto forma di strati torbidici. Un'altro esempio si trova a Vernasso, in provincia di Udine, è possibile osservare uno
strato di 230 metri. Il Friuli 50 milioni di anni fa era un bacino sottomarino, ciò che causò il pressoché istantaneo
accumulo del mega-starto fu una scossa sismica molto forte.
Cosa indicano distribuzioni di strati in una colonna stratigrafica → Una colonna stratigrafica definisce la
datazione delle rocce ed i rapporti reciproci fra unità rocciose distinte. Un evento torbiditico produce un deposito
organizzato secondo una sequenza sedimentaria. La sequenza comprende cinque livelli. a: ha una base erosiva ed è
costituito da sabbie massive o gradate deposte rapidamente senza trazione. b: è costituito da sabbie a laminazione
piano parallela deposte in regime caratterizzato da elevate velocità del flusso. c: presenta ripple, la velocità della
corrente diminuisce. d: strato debolmente laminato a granulometria siltitica. e: l’energia è prossima a 0, lo strato è
omogeneo e costituito da argilla. I sedimenti grossolani tendono a depositarsi ai margini della scarpata poiché al brusco
cambiamento di pendenza corrisponde una considerevole diminuzione dell'energia cinetica del sistema di trasporto. Il
materiale a granulometria intermedia, viene trasportato a maggior distanza dal margine di scarpata, tenderà a
depositarsi (a meno di fattori perturbativi). Infine, il materiale di granulometria più fine, riesce ad allontanarsi
considerevolmente dal margine della scarpata, depositandosi sulla piana abissale (zona della torbida detta distale).
Scarpata continentale, canyon sottomarini, piane abissali → La scarpata continentale è una zona sottomarina
costituita da un pendio che collega la piattaforma continentale alla piana abissale. Questa zona è piuttosto ripida, molto
di più rispetto alla piattaforma continentale; è una zona spesso attraversata da profondi solchi, chiamati canyon
sottomarini, la cui origine è dovuta all'azione erosiva delle correnti di torbida o, in altri casi, dall'azione erosiva di corsi
d'acqua continentale, svoltasi in epoche in cui il livello delle acque oceaniche risultava sensibilmente inferiore rispetto
all'attuale. I canyon sottomarini sono caratteristici della scarpata continentale, poiché frutto dell'azione erosiva intensa
esercitata dalle correnti di torbida, che in queste zone risultano particolarmente frequenti a seguito della maggior
inclinazione del fondale; ammassi di sedimenti sciolti, in seguito al superamento dell'angolo di scarica o di piccoli sismi,
possono originare correnti torbide molto dense, che riescono ad esercitare un'azione incisiva profonda sul substrato
sedimentario e roccioso. La piana abissale è quella parte della provincia oceanica che si origina al piede della scarpata
continentale.
Strati torbiditici e significato delle impronte di fondo (flute e groove cast) → Non di rado la base di uno
strato tobiditico presenta strane tracce. Sono le cosiddette impronte di fondo, si formano sulla superficie inferiore degli
strati mentre questi ultimi si depositano. Attraverso il loro orientamento è possibile misurare, tramite l'uso di una
bussola, la direzione dalla quale proveniva il flusso di corrente, questi dati sono indispensabili per tentare di capire le
provenienze dei flussi di torbidità e, indirettamente, la forma dell'antico bacino marino che accoglieva i sedimenti, quasi
sempre costituiti da sabbie e fanghi. Con l'aiuto di simili indicazioni si ricava anche la posizione delle terre emerse che
fornivano i prodotti erosi. Le impronte di fondo che si presentano con maggiore frequenza sono le impronte da
trascinamento e i vortici da corrente. Le impronte da trascinamento sono riconoscibili per le loro tracce perfettamente
rettilinee, quasi sempre estese ben oltre la superficie visibile dello strato. Sono causate da piccoli oggetti che per la loro
dimensione e forma sono trascinati sul fondo della torbida in movimento a incidono il sedimento ancora soffice sul
quale scorrono. Si formano così piccoli solchi, larghi fino a qualche centimetro e profondi pochi millimetri, che la stessa
corrente di torbidità, con il suo carico di infiniti granuli e fango, provvederà a colmare immediatamente dando origine a
potenziali future impronte e calchi del riempimento appena avvenuto. Ancora più comuni sono le impronte dei vortici da
corrente che, quando presenti, si concentrano numerosi alla base di strati torbiditici. Il flusso di torbidità può subire
locali perturbazioni dovute all'attrito sul fondo. Le perturbazioni generano improvvisi rallentamenti che inducono degli
avvenimenti nel flusso stesso. Il flusso procede per breve tratto con andamento spiralato capace di generare delle
caratteristiche erosioni. I micro-vortici che ne derivano danno origine a piccole incisioni coniche svasate, che il successivo
deposito colmerà.
Significato del ‘trend negativo' in una successione sedimentaria torbiditica → Il trend negativo in una
successione torbiditica sta per facies negativa. Una facies negativa è caratterizzata dal calo della granulometria
registrato in una successione sedimentaria torbiditica partendo dalla base dello strato fino all'apice dello stesso strato.
Per cui sulla base incontreremo sabbie, poi silt e infine argille.
Rocce organogene
Rocce organogene → Le rocce organogene sono costituite da carbonato di calcio, la loro formazione è dovuta ad
attività di organismi che sottraggono all’acqua il carbonato di calcio necessario per la formazione dei gusci e
scheletri.Foraminiferi, alcuni tipi di alghe, briozoi, spugne, echinodermi, coralli, molluschi, ecc. possono dar vita a grandi
costruzioni subacquee con impalcature rigide (le scogliere) oppure ad accumulo di gusci e altre strutture di origine
organica che dopo la morte si deposita in fondo ai mari. Sono questi organismi i principali responsabili della formazione
dei sedimenti carbonatici. Quindi i sedimenti carbonatici (e le rocce carbonatiche) si formano per accumulo di minerali
carbonatici precipitati organicamente o inorganicamente. I minerali che precipitano (sedimentano) sono il carbonato di
calcio ed il carbonato doppio di calcio e magnesio cioè calcari e dolomie. La maggior parte dei sedimenti carbonatici
marini sono bioclastici. Molto più frequenti sono le rocce organogene calcaree perché molto più abbondanti e numerosi
sono gli organismi che hanno la capacità di estrarre direttamente dall’acqua i sali necessari per costruire i loro gusci ed
infatti i calcari organogeni costituiscono uno dei gruppi più importanti delle rocce di deposito organogeno.
Depositi delle fasce di mare basso (clima caldo umido)
I costituenti dei sedimenti carbonatici biochimici (rocce organogene) → I costituenti delle rocce
carbonatiche biochimiche sono: i bioclasti, gli ooidi, gli intraclasti, i peloidi e la micrite. La genesi dei sedimenti
carbonatici è strettamente legata all'azione diretta o indiretta della biosfera. Pertanto le rocce carbonatiche mostrano
differente composizione, tessitura e struttura oltre che per il variare delle condizioni ambientali anche per i mutamenti
di composizione della biosfera che i processi evolutivi provocano con il trascorrere del tempo geologico. A differenza
delle rocce clastiche, le rocce carbonatiche sono costituite da strutture organogene che si formano e si accrescono nel
luogo della deposizione, per l'azione di organismi di vario tipo che secernono carbonato di calcio (es. coralli) o ne
favoriscono la precipitazione anche all'interno dei loro tessuti (es. coralli, spugne, alghe calcaree).
I cinque elementi lagunari (bioclasti, intraclasti, ooidi, peloidi, micrite) → I cinque elementi lagunari sono i
bioclasti, gli intraclasti, gli ooidi, i peloidi e la micrite. I bioclasti derivano nella maggior parte dei casi dalla disgregazione
di gusci o parti scheletriche di organismi marini. I gruppi fossili più comuni che vanno a costituire i bioclasti delle rocce
carbonatiche particellari sono: molluschi, coralli, echinodermi, foraminiferi, alghe calcaree, gasteropidi, brachiopodi, ecc.
Gli intraclasti, sono granuli derivati dal rimaneggiamento di sedimenti carbonatici appena deposti a opera di onde,
correnti. Le dimensioni degli intraclasti variano da quelle di un granulo di sabbia molto fine a quelle di un ciottolo. Gli
intraclasti possono essere molto o poco arrotondati in relazione alle caratteristiche iniziali del sedimento da cui derivano
e al tipo di rimaneggiamento subito. Gli ooidi sono piccoli granuli di dimensioni inferiori ai 2 mm, costituiti da carbonato
di calcio precipitate chimicamente attorno ad un granulo di qualunque origine . Si formano in acque soprassature,
tipicamente (ma non esclusivamente) in ambienti ad alta energia, e hanno strutture costituite da cristalli disposti
tangenzialmente alla superficie. Sono, in altre parole, composti da micrite, e sono piccoli corpuscoli derivati da gusci o
granuli di quarzo che diventano nuclei di addensamento durante il rotolio in mare. I peloidi possono essere di natura
organica e inorganica: i primi costituiscono gli escrementi di Invertebrati marini (coproliti, fecal pellets) e possono
mostrare una struttura interna granulare; i secondi, chiamati anche grani di matrice, sono aggregati di aragonite criptoo microcristallina e si originano principalmente per alterazione di particelle scheletriche da parte delle alghe. La micrite
può avere origine biochimica dall'alga halimeda (agglutina a se carbonato di calcio, con la bassa mare si secca al sole e si
polverizza, quando ritorna l'alta marea la polvere viene sedimentata come fanghiglia), viene anche chiamato fango
carbonatico (<276 mm). Ha anche un'origine chimica, può derivare infatti, anche da sovra-saturazione in ambienti
lagunari me è estremamente limitata in quantità percentuali.
Cemento spatitico e cemento micritico → Il cemento spatitico è dato da carbonato di calcio che si deposita nelle
porosità della roccia. Il cemento miccitico è dato da quei sedimenti finissimi (fango carbonatico) che si sedimentano
senza cemento.
Scogliera organogena e ripartizione in facies (slope, porzione biocostruita, laguna): assetto delle
facies, tipi litologici e genesi → La scogliera organogena è un esempio di strati che si originano inclinati,
l'inclinazione diventa percepibile in modo chiaro solo in depositi accumulati nel tempo, consolidati, poi emersi e infine
parzialmente rosi. La porzione a stratificazione obliqua è il fronte esterno della scogliera stessa: quel pendio subacqueo
che raccorda il fondo del mare con la porzione di scogliera vera e propria, generata da organismi costruttori. Il fronte
esterno della scogliera, inclinato verso il mare aperto, è costituito dai frammenti strappati dalla porzione massiccia
biocostruita e caduti per gravità verso il fondo. Frammenti, da grossolani a molto fini, che la forza delle onde di
tempesta e i divoratori di biocostruttori producono incessantemente, trasformando parte della scogliera massiccia in
detriti che scivolano verso le profondità marine stratificandosi obliquamente. Al fronte del margine biocostruito della
scogliera, verso l'oceano, i frammenti si accumulano per gravità nelle profondità marine, dando luogo a gigantesche
falde detritiche. La porzione biocostruita di una classica scogliera intertropicale ha la velocità di sviluppo molto rapida
perchè rigogliosa è la crescita e la proliferazione dei suoi organismi costruttori. I polipi dei coralli sono in simbiosi con le
alghe e secernono gusci di calcite che formano gradualmente un cumulo di solito calcaree, la cui parte superiore si trova
proprio sotto il livello di bassa marea. In ogni momento è vivo solo la superficie del cumulo. Le barriere coralline
assorbono l'energia delle onde e quindi funzionano da barriere viventi che proteggono le coste dall'erosione. I coralli
hanno bisogno di acqua limpida, calda, e con salinità oceanica normale. Crescono soltanto lungo coste pulite e a
latitudini inferiori ai 30°. Non possono quindi formarsi ai lati di un delta perchè ci sono sedimenti di argilla che in acque
basse sporcano l'acqua. Infatti i cnidari possono vivere solo in acque pulite senza particelle argillose.
Geometrie delle scogliere organogene ricostruite sulla base dell'interazione delle due variabili
‘livello marino' e ‘tasso di sedimentazione del bacino' (esercizi) → Sono due le geometrie che concorrono a
determinare le geometrie di un corpo di scogliera che prograda verso il mare aperto: il livello del mare e il tasso di
deposizione. Si è visto che il livello marino è soggetto a periodiche fluttuazioni, sia positive che negative. La risposta
delle scogliere a tali cambiamenti è correlata alla necessità di acque limpide, ossigenate e soprattutto con elevato
irraggiamento solare, da parte degli organismi costruttori. Se il livello del mar si mantiene stabile la fascia massiccia dei
biocostruttori non può che dar sfogo alla propria esuberanza espandendosi orizzontalmente e spostando rapidamente
verso l'interno i depositi brecciati a stratificazione obliqua. In questo caso i sedimenti lagunari avranno degli spessori
esigui. Se il livello marino a continuato ad innalzarsi con lenta regolarità si può osservare lo spostamento verticale e
laterale della fascia massiccia biocostruita; gli spessori dei depositi lagunari suggeriscono una crescita durante una fase
di lento approfondimento marino. Se la velocità di innalzamento relativo del mare è molto ripida la pur elevata
proliferazione degli organismi costruttori può non riuscire a compensarla e questo di fatto decreta l'estinzione della
scogliera per annegamento.
Ambiente lagunare: elementi fisici (canali mareali e barre tidali, piane fangose di marea) e sedimenti
che vi si producono → Le lagune rappresentano uno degli ecosistemi di transizione tra terra e acqua più diffusi nel
mondo. La loro origine è dovuta a fenomeni di sedimentazione. I materiali solidi trasportati dai fiumi raggiungono le
coste e si depositano sul fondo per effetto della diminuzione della velocità, dovuta all'incontro con le sabbie, con i
fanghi e con le acque marine spinte dal ciclico movimento delle maree. Le correnti marine distribuiscono l'accumulo di
sedimenti il lunghe strisce sabbiose che lentamente emergono. I venti modellano le spiagge formando dune costiere
contribuendo a formare così dei cordoni di terra che separano il mare dalle acque della laguna. Tali acque risultano così
"salmastre", cioè a salinità altamente variabile: più alta vicino agli ingressi marini (bocche di porto) e via via più bassa più
ci si avvicina alla terra ferma e alle foci dei fiumi. Il livello di salinità varia anche in considerazione del flusso e riflusso
delle maree. I depositi tipici di questo ambiente sono in genere calcari, che si distinguono da quelli marini perché
contengono organismi adatti a sopportare sbalzi di salinità, che spesso si verificano nelle acque di laguna. Un particolare
tipo di correnti costiere sono le correnti di marea che hanno origine dell'escursione mareale. Le correnti di marea
possono raggiungere velocità e forza notevole (fino ad alcuni metri al secondo), e possono erodere i sedimenti costieri
formando veri e propri canali che penetrano nell'entroterra dal mare. Il flusso e riflusso della marea, nella zona
compresa tra i livello di bassa e di alta marea (zona intertidale) dà quindi luogo ad erosione, trasporto e ridistribuzione
dei sedimenti sia verso terra che verso mare, formando la piana di marea. Nei delta che sfociano in bacini a regime
macrotidale (con escursione di marea superiore a 2 metri), le correnti di marea invadono i canali distributori del delta
stesso, influenzandone il decorso e la sedimentazione, mentre nelle zone tra i canali deltizi (zone interdistributarie), si
possono formare piane di marea. Dove le maree hanno una escursione notevole il trasporto di acqua e sedimento lungo
costa è generalmente molto limitato. Le correnti di marea nella zona intertidale possono essere molto pericolose, sia nel
periodo di flusso (marea montante) sia nel periodo di riflusso (marea calante), ma soprattutto in quest'ultimo caso, con il
rischio per le persone eventualmente sorprese dal fenomeno di essere travolte e trasportate. Si definisce piana di marea
un ambiente sedimentario in cui la sedimentazione è controllata dal flusso e riflusso della marea. Le piane di marea si
sviluppano lungo coste basse, a debole inclinazione, con elevata escursione di marea, nelle quali quindi l'innalzamento e
l'abbassamento del livello marino comporta sommersione ed esposizione ciclica di ampie estensioni di territorio. Le
barre tidali sono accumuli di sedimenti deposti, dalla corrente di marea entrante, per perdita di carico dovuta alla brusca
diminuzione di velocità.
Ooliti e barre oolitiche: genesi e composizione → Gli Ooidi sono granuli di forma sferica o ellittica composti da
livelli concentrici di Carbonato. In generale le ooliti si formano per precipitazione di argonite attorno a un nucleo
composto da materiale terrigeno o carbonatico (spesso minuti frammenti di gusci o conchiglie, o microfossili); il
fenomeno si origina in acque marine pulite, calde e agitate di clima tropicale e in ambiente di piattaforma carbonatica.
La precipitazione avviene in lamine concentriche a causa del rotolamento sul fondo marino durante l'accrescimento
dell'oolite. una massa di acque oceaniche fredde verrebbe portata dal flusso della marea sopra l’area di piattaforma a
bassa profondità. L’aumento improvviso di temperatura porterebbe alla liberazione di CO 2, determinando la
sovrasaturazione in carbonato della massa d’acqua e la sua precipitazione diretta intorno a nuclei detritici preesistenti.
Le ooliti si formano in acque molto basse (meno di 2 m), ad alta energia, e sono quasi costantemente in agitazione.
Formano corpi sedimentari a fior d’acqua (barre e secche) definiti barre oolitiche e caratterizzati da laminazione interna
obliqua (ripple e dune) da onde e correnti. La loro velocità di accrescimento è molto bassa (poche decine di micrometri
per migliaio di anni). Gli Ooidi si formano attualmente in zone tropicali, e principalmente nella zona delle Bahamas, dove
formano grandi accumuli detti "barre Tidali ad Ooidi".
Struttura concentrica e/o radiale delle ooliti: significato e genesi → Un oolite è granulo di forma sferica di
dimensioni comprese tra 0,2 e 1 mm (non supera quasi mai i 2 mm), costituito da carbonato di calcio (detto anche
ooide). Le ooidi sono formate da due parti fondamentali: un nucleo interno, che può essere un peloide, un granulo di
quarzo, un organismo planctonico o un frammento scheletrico (pezzi di gusci di diversi tipi di organismi) e un involucro
di lamelle concentriche che racchiude il nucleo. Con riferimento alla struttura interna vengono distinti due tipi principali
di ooliti: a) a struttura concentrica, molto comune tra le ooliti marine, in cui le singole lamine concentriche sono
costituite da aghetti o prismi di aragonite che si appoggiano tangenzialmente sulla superficie della lamina precedente;
b) a struttura radiale o raggiata, piuttosto rara e tipiche di ambienti tranquilli, in cui gli aghi di aragonite o di calcite si
dispongono perpendicolarmente alla superficie dell’oolite.
Micrite: origine e caratteri → La micrite è la matrice carbonatica microcristallina di rocce clastiche calcaree, vine
anche chiamato fango calcareo, con particelle di dimensioni 1-4 micron, di origine chimica e biochimica, generalmente
costituito da accumulo di resti scheletrici di organismi planctonici. La micrite può avere origine biochimica dall'alga
halimeda (agglutina a se carbonato di calcio, con la bassa mare si secca al sole e si polverizza, quando ritorna l'alta marea
la polvere viene sedimentata come fanghiglia). Ha anche un'origine chimica, può derivare infatti, anche da sovrasaturazione in ambienti lagunari me è estremamente limitata in quantità percentuali.
Onde di tempesta cosa generano → Se la spiaggia si imposta come cordone litorale con una laguna alle spalle,
spesso la potenza delle onde di tempesta arriva a scavare delle brecce nel cordone stesso scagliando materiale verso
l'interno, che si depone in piccoli corpi sedimentari a conoide (ventagli di rotta o wash-over fans): veri e propri piccoli
delta caratterizzati da laminazioni interne inclinate verso terra (a differenza delle lamine di battigia, inclinate
prevalentemente verso mare).
Ragioni delle variazioni globali (eustatiche) del livello marino → Il livello delle acque del mare non è stato
sempre lo stesso nel corso dei milioni di anni, anzi più volte il livello del mare è sceso portando alla luce parecchi
chilometri quadrati di superficie, e risalito sommergendoli nuovamente. Queste variazioni prendono il nome di variazioni
eustatiche del livello marino e le velocità con cui queste variazioni si attuano si riflette in modo significativo sia sulla
dinamica della sedimentazione sia sulle risultanti successioni stratigrafiche. Le variazioni globali, dette eustatiche, del
livello marino coincidono solitamente con drastiche variazioni climatiche come il glacialismo (una variazione del volume
totale dell'acqua nei mari) , formazione di catene orogenetiche (notevoli quantità di sedimenti provenienti dall'erosione
dei continenti che avrebbero innalzato il livello delle acque), da incrementi di velocità nell'espanzione dei fondali
oceanici (una variazione della capacità volumetrica dei bacini marini e quindi una variazione della loro forma). Le
variazioni locali di un bacino sono attive su bacini marini circoscritti, le cause sono le variazioni relative del livello del
mare dovute a subsidenza tettonica, a bradisismi positivi e negativi.
Rocce chimiche
Rocce evaporitiche, singenetiche deposizionali → Le rocce evaporitiche sono una sottoclasse delle rocce
chimiche. Le evaporiti sono sali precipitati per evaporazione del solvente, quindi l'evaporazione rimuove soltanto
l'acqua, gli ioni disciolti in essa rimangono e con il tempo l'acqua diventa una soluzione concentrata di ioni disciolti. Se il
clima lo permette può avviene l'evaporazione di una laguna e si ottengono deposizioni di sale diverse; ovvero a seconda
della diluizione durante l'evaporazione o a causa delle diverse temperature abbiamo disposizioni diverse di sali
(carbonati, solfati, clorati). In altre parole il tipo particolare di sale che forma le evaporiti dipende dalle quantità di
evaporazione, quando evapora per l'80% dall'acqua si forma il gesso, quando evapora il 90% dell'acqua precipita l'alite.
Le evaporiti singenetiche-deposizionali essenzialmente sono i gessi, un esempio è dato dai gessi del miocene superiore
(5.5 milioni di anni fa). Negli anni 50 venero fatte numerose perforazioni adiacenti al Nilo, dovunque si scavasse si
attraversavano spessi strati di sabbia e fango. Sì scoprì un enorme canyon, curca delle dimensioni del Grand Canyon
dell'Arizona; ma a differenza di questo, il canyon del Nlo è stato completamente riempito di sabbia e fango e la sua base
si trova molto sotto il livello del mare. I geologi si chiesero dunque se era possibile che la superficie del Mediterraneo si
fosse trovata un tempo 1,5 Km sotto il livello attuale. La risposta arrivò nel 1970 studiando il fondo del Mediterraneo, i
geolgi trovarono uno strato spesso 2 Km di salgemma e di gesso, minerali che precipitano dall'acqua di mare soltanto
quando questo si prosciuga. Per produrre lo strato di salgemma e gesso tutto il Mediterraneo doveva essersi
prosciugato completamente e trasformato in deserto molte volte. Circa 6 milioni di anni fa quando la Placca Africana in
deriva verso nord andò a scontrarsi con la Placca Europea, lo stretto di Gibilterra si chiuse in seguito il mare si abbassò e
il Mediterraneo evaporò, tutto il sale disciolto nell'acqua si depositò sul fondo del bacino in forma di sedimento di sale e
di gesso. Ora si poteva spiegare la formazione del canyon del Nilo:quando il mare si prosciugò, il fondo si trovava 1,5 km
sotto l'attuale livello, quindi il Nilo scavò una gola per raggiungerlo. Quando il Mediterraneo si riempì nuovamente
d'acqua, la valle del fiume venne inondata e riempita di sabbia e di ghiaia fino al livello odierno.
L'esempio della Fm. Gessoso-solfifera (Vena del Gesso) → La formazione gessoso-solfifera indica i sedimenti
evaporitici primari e secondari di età miocenica superiore situati nell'area appenninica, presenti dal Piemonte all'EmiliaRomagna, Marche e Toscana, e poi in Sicilia e Calabria.Si tratta di depositi di gesso, calcari, salgemma e altri sali in
quantità inferiore risalenti al periodo Messiniano (ca. 6-5 milioni di anni fa). All'origine della formazione gessoso-solfifera
vi è un evento tettonico localizzato nel Mediterraneo occidentale che causò il sollevamento di una soglia e la
conseguente chiusura dello stretto di Gibilterra. L'assenza di comunicazioni con le acque oceaniche atlantiche determinò
condizioni di ipersalinità nel Mediterraneo e la sua tendenza al prosciugamento: l'intensa evaporazione favorì la
formazione di pozze salmastre dove si depositarono grosse quantità di sali: principalmente gesso e cloruri. Il fenomeno
ebbe una ciclicità tale da formare più di quindici depositi gessosi spessi fino a 20 metri, alternati a livelli sottili di argille.
all'inizio del Pliocene (ca. 5 milioni di anni fa), un ulteriore evento tettonico abbassò il livello della soglia, generando la
riapertura dello stretto di Gibilterra, generando un'improvvisa ingressione di acque oceaniche del bacino del
Mediterraneo e ricoprendo i sedimenti evaporitici con sedimenti di mare profondo: principalmente carbonati pelagici e
argille fini. Nel Quaternario, durante le fasi terminali dell'orognesi appenninica il fondo marino si sollevò, formando
l'attuale catena appenninica. I movimenti tettonici, particolarmente intensi verso la Pianura padana con formazione di
pieghe e faglie, portarono all'esposizione e alla parziale erosionedei depositi messiniani, che oggi affiorano attualmente
in modo estremamente discontinuo lungo quasi tutta la catena appenninica. La formazione è presente anche nel
sottosuolo della Pianura padana.
Travertini prodotti a temperatura normale e travertini termali → Il travertino è una roccia sedimentaria
calcarea di tipo chimico. In generale possiamo dire che i depositi di travertino si formano quando acque ricche di
carbonati cedono anidrite carbonica all’atmosfera ed organismi vegetali foto sintetici. Il riequilibrio di questa reazione
chimica (fenomeno carsico,precedenti carbonati trasformati in bicarbonato di calcio, che al variare di una delle
condizioni ambientali pressione, temperatura si decompone in: carbonato di calcio CaCO3, anidrite carbonica ed acqua)
implica la precipitazione del carbonato di calcio. La precipitazione da luogo ad ammassi che crescono, si compattano
dando luogo a edifici complessi. Sotto il profilo genetico possiamo distinguere due tipi di travertino: travertini
provenienti da acque calde (dal sottosuolo); travertini provenienti da acque a temperatura ambiente. Attorno ad alcune
sorgenti di acqua calda, si accumulano terrazzi di calcare chimico, questi accumuli si formano perché quando raggiunge
la superficie del terreno, l'acqua calda si raffredda e degassa, cioè l'acido carbonico disciolto ne esce in bolle gassose di
anidride carbonica, quindi può sciogliere meno calcite; come risultato, la calcite precipita formando la roccia (un
esempio di travertino termale lo troviamo a seguito del vulcanesimo laziale). Il travertino a temperatura ambiente si
origina quando le acque sotterranee vengono in superficie e per il fenomeno carsico avviene la precipitazione del
carbonato di calcio. Ovviamente la perdita di anidride carbonica è superiore in prossimità della sorgente, in
corrispondenza di salti, rapide, cascate, dove si genera una nebulizzazione dell'acqua che cade, ciò favorisce la
precipitazione del carbonato di calcio in quanto la superficie di intercambio diventa enorme. Un ulteriore contributo alla
perdita di anidrite carbonica è data dagli organismi foto sintetici, il ruolo della vegetazione, per questi tipo di
formazione di travertino risulta molto importante. Facendo funzione di filtro trattiene le molecole di carbonato di calcio
con le scabrosità delle fibre vegetali favorendone la deposizione e quindi la formazione di ammassi di travertino Il
fenomeno coinvolge tutto l’ambiente interessato dal flusso delle acque, le incrostazioni ricoprono la vegetazione, la
roccia.
Travertino delle acque Albule → Durante il Pliocene, ca. 2-3 milioni di anni fa, gran parte della penisola italiana era
invasa dal mare, anche l’area del bacino delle Acque Albule (Lazio) era sommersa da questo antico mare. Forse a causa di
una glaciazione, il livello del mare, nel bacino delle acque Albule, cominciò a regredire fino a ritirarsi completamente
dall’attuale posizione. Quindi il bacino interessato si presenta come un’estesa area depressa a forma di conca in cui
affiorano i terreni sabbiosi lasciati dal mare pliocenico che poggiano sui calcari di origine mesozoica. Da questo
momento su questa area depressa, cominciano a risalire in superficie acque calde termominerali (23°C) miste a gas
solforosi provenienti dalle ultime manifestazioni vulcaniche dei Colli Albani. Queste acque, risalendo verso la superficie
attraversavano ingenti masse calcaree e sottoposte a forti condizioni di pressione e temperatura, hanno disciolto il
carbonato di calcio e se ne sono arricchite abbondantemente. Una volta in superficie, per effetto di gravità, cominciano
a defluire verso i punti più bassi del bacino. A questo punto, ricchissime di bicarbonato di calcio, subiscono un
abbassamento di temperatura, perché si mescolano con le acque fredde di superficie. Inoltre subiscono anche un
abbassamento di pressione perché risalite in superficie. Tale diminuzione di temperatura e di pressione determina le
condizioni chimico- fisiche che favoriscono la precipitazione e quindi la successiva sedimentazione del carbonato di
calcio sotto forma di una specie di melma calcarea, formando travertino termale.
Speleotemi carbonatici e solfatici → Con il termine speleotema s'intende qualsiasi concrezione formatasi nelle
grotte formatasi grazie alla precipitazione del sale (in genere calcite) a seguito della diminuizione di pressione che si
verifica sull'interfaccia roccia-aria. I speltotemi con aggiunte di spatite (il cristallo limpido del carbonato di clacio)
prendono il nome di speleotemi solfatici.
Dolomitizzazione (processo metasomatico): meccanismi di formazione → Le dolomie di sostituzione in
genere non si formano direttamente per sedimentazione di una soluzione ma per deformazione di rocce precedenti. Si
formano per metasomatismo di un sedimento clacreo o di una roccia calcarea, per sostituzione parziale degli ioni Ca ++
con Mg++ . Si realizzano per azione delle brine ipersaline (acque sature di sale). Le dolomie di precipitazione diretta, sono
rarissime ed è un processo molto lento; sembra che sia un processo molto raro anche nel passato geologico, tranne nel
Precambriano, quando il processo sarebbe di sedimentazione diretta sarebbe stato favorito dalle alte pressioni e
concentrazioni di anedride carbonica in atmosfera, mentre le frequenti eruzioni vulcaniche causavano un alto rapporto
di Ca++ /Mg++nell'acqua. La dolomitizzazione si verifica in condizioni di ipersalinità in ambienti tidali, dove si incontrano
acque meteoritiche e marine. Alla dolomitizzazione può concorrere l'attività biologica, in particolare alghe e batteri. I
requisisti fondamentali sono un rapporto di ioni Ca/Mg elevato, un meccanismo in grado di far fluire attorno alla roccia
la soluzione e un tempo necessario affinchè la soluzione possa fissarsi. La maggior parte della dolomite si forma per
reazione chimica tra la calcite solidia e acqua sotterranea contenente magnesio. Gran parte del calcare dolomitico che si
può trovare in un affioramento, in realtà, ha avuto origine come calcare ma poi è nuovamente cristallizzato e così la
dolomite ha sostituito la calcite. I geologi classificano il calcare dolomitico come roccia sedimentaria chimica anziché
biochimica perché i cristalli di dolomite si formano per reazione chimica, non direttamente per l'attività di un organismo
vivente. La formazione del calcare dolomitico rappresenta un tipo di diagenesi, ovvero la ricristallizzazione di una roccia
sedimentaria già formata, in seguito a pressione e aumento di temperatura e reazione con l'acqua. Il processo della
diagenesi comunque avviene a temperature troppo basse perché avvenga il metamorfismo.
Selci di sostituzione (selce secondaria) → Le selci secondarie si sono accumulate per caduta di decomposizione di
gusci di radiolari che subiscono una ricristallizzazione nei processi diagenetici, per questo motivo sono rocce così
compatte e pesanti. Sono quindi orcce organogene con deformazione chimica. Per cui diversamente della selce di mare
profondo che è una roccia biochimica, la selce secondaria si forma quando il quarzo va a sostituire i cristalli di calcite
all'interno di un corpo calcareo dopo che si è depositato.
Struttura geòpeta → In un tipo di selce, nota come agata, cresce in cerchi concentrici in cavità della roccia e finisce
con l'assumere un aspetto stratificato verticolare, dovuto alle variazioni del contenuto di imputirà avvenuta durante la
precipitazione. Un geode, per cui, è una cavità interna ad una roccia, di forma tendenzialmente sferica, rivestita di
cristalli. Può avere dimensioni variabili, da pochi centimetri fino ad arrivare, in casi eccezionali, ad alcuni metri, delle vere
e proprie grotte. Il geode è originato da infiltrazioni di minrali in soluzione acquosa che, tramite mineralizzazione
secondaria, creano la cristallizzazione interna, che può essere totale o parziale. Il geòpeta risulta quasi sempre ispessito
nella parte bassa da silt vadoso ( se si considera una falda freatica dove c'è roccia, la roccia deve essere in un qualche
modo fratturata, la falda però deve appoggiarsi a qualcosa, un livello di argilla, per cui tra la fine superiori della falda e la
superficie terrestre abbiamo ancora sedimento nel quale l'acqua piovana pergola fino a rimpinguare la faglia), derivando
dalla precipitazione di acque vadose tendenti ovviamente ad infiltrarsi verso il basso. Al contrario, la presenza di
cemento chimico, risulta concentrata nella parte alta della struttura.
Le deformazioni di una successione rocciosa
Pieghe simmetriche e asimmetriche, significato di vergenza → La piega è il tipo di deformazione più comune
nelle rocce stratificate sottoposte a compressione. A secondo della posizione del piano assiale le pieghe si possono
suddividere in simmetriche e asimmetriche. Si definisce piega simmetrica quella in cui la superficie assiale è un piano di
simmetria della piega. Negli altri casi le pieghe che si indicano come asimmetriche, hanno in genere, in misura più o
meno accentuata, il piano assiale inclinato. Per tutte le pieghe asimmetriche il senso di rovesciamento della struttura
viene indicato come vergenza della piega. Per cui il senso di vergenza, desta o sinistra, indica lo spostamento subito dalla
successione deformata.
Se la piega fa parte di ampie strutture con vergenza opposta? → Si valutano sugli affioramenti le polarità dei
settori piegati e si applicano i risultati alle due ipotesi per poi scartarne una.
Pieghe anticlinali e sinclinali e simbologie connesse → In base alla convessità (dal punto di vista stratigrafico) si
possono distinguere pieghe anticlinali e sinclinali, entrambe rientrano nella classificazione di piaghe simmetriche. Le
pieghe anticlinali sono un tipo di piega con convessità rivolta verso l'alto; essa è il risultato degli sforzi compressivi a cui
sono state sottoposte le rocce nel corso del tempo, che le ha deformate plasticamente. Si possono riconoscere su una
carta geologica per la presenza delle rocce più antiche al nucleo della sequenza stratigrafica, dovuto alla successiva
erosione; le anticlinali sono tipicamente affiancate dalle sinclinali, pieghe con convessità verso il basso, in sistemi
formatisi durante le fasi orogenetiche. Le pieghe sinclinali invece sono rivolte verso il basso (gli strati più giovani
vengono a trovarsi in prossimità del nucleo).
Piano assiale e cerniera di una piega e simbologie connesse → La cerniera di una piega corrisponde alla parte
di massima della curvatura, in corrispondenza della quale si congiungono i fianchi, cioè le superfici laterali della piega. Il
piano assiale invece è il piano sul quale giacciono tutti i punti di massima curvatura di tutte le superfici piegate, e
pertanto rappresenta il piano di simmetria.
Tipi di faglia e simbologie connesse → La faglia è una struttura che mostra uno spostamento importante lungo
una frattura della roccia tra due lembi . Le faglie vengono classificate in base alla direzione del movimento relativo delle
due parti separate dalla superficie di rottura: il movimento può essere orizzontale, verticale o una combinazione di
movimenti . i concetti di tetto e muro sono importanti nel definire i differenti tipi di faglie verticali . La parte
dell’ammasso roccioso che giace sopra il piano di faglia è detta tetto, quella che sta sotto è detta muro . Le faglie
trascorrenti sono prodotte da forze di taglio, le parti opposte scorrono l’una rispetto all’altra . Sono originate dal
movimento orizzontale lungo la frattura; il movimento può essere destrorso o sinistrorso rispetto all’osservatore
(guardando la linea di faglia, nel caso di faglia destrorsa è la parte destra della faglia che si è mossa verso l’osservatore,
mentre, nel caso di faglia sinistrorsa si è mossa verso l’osservatore la parte sinistra) . Le faglie distensive sono prodotte
da forze di distensione ; le parti opposte si allontanano l’una dall’altra. Le rocce sovrastanti il piano di faglia (tetto) si
muovono verso il basso rispetto alle rocce sottostanti (muro), causando una distensione ed un conseguente
assottigliamento crostale . Le faglie di compressione sono prodotte da forze di compressione e hanno le parti opposte
che si muovono l’una verso l’altra . Le rocce sovrastanti (tetto) il piano di faglia si muovono verso l’alto rispetto alle rocce
sottostanti (muro) causando un accorciamento crostale .
Ricostruzione, in un contesto di compressione, di effetti deformativi trascorrenti, distensivi, e
compressivi sviluppati contemporaneamente in porzioni differenti del volume crostrale (esercizi) →
Come si formano le faglie? → In prima approssimazione le rocce possono comportarsi in maniera fragile oppure in
maniera duttile. Nel primo caso si ha la formazione di una faglia; nel secondo di una piega. Di solito il comportamento
fragile si ha in condizioni di bassa temperatura e pressione, quindi a basse profondità, mentre il comportamento duttile
delle rocce è caratteristico di zone con temperature e pressioni alte, condizioni che si trovano quindi a profondità
maggiori. Le rocce che si comportano fragilmente, se sottoposte ad uno sforzo eccessivo, si deformano superando il
campo elastico fino ad arrivare ad un punto di rottura (comportamento fragile). Le due parti di roccia che così vengono a
separarsi determinano la dislocazione e, riacquistando molto velocemente il loro volume originario, generano una serie
di onde che danno origine ai terremoti.
Catene orogenetiche e raccorciamenti litosferici → Una catena montuosa si può formare fondamentalmente in
due situazioni differenti. Quando vi è subduzione di litosfera oceanica lungo un margine continentale: si forma una
catena montuosa formata prevalentemente da rocce magmatiche intrusive ed effusive prodotte dalla solidificazione del
magma proveniente dalla subduzione delle zolle. Oppure quando due continenti entrano in collisione può verificarsi un
fenomeno di subduzione o collisione: una delle due zolle scivola sopra l'altra e le rocce risultanti sono prevalentemente
sedimentarie. L'orogenesi più recente (denominata Alpino-Himalayana) non si è ancora conclusa e le fasce di crosta in cui
si è manifestata mostrano le tracce di un'intesa attività geologica, come vulcanismo, sismicità, rilievi accentuati e in forte
erosione. Le placche convergenti quindi causano una significativa riduzione crostale .
Terremoti: ipocentro ed epicentro (calcolo dell'epicentro) → I terremoti sono vibrazioni o oscillazioni
improvvise, rapide e più o meno potenti, della crosta terreste, provocate dallo spostamento improvviso di una massa
rocciosa nel sottosuolo. L'ipocentro corrisponde al centro di propagazione delle onde in profondità; mentre invece
l'epicentro è il centro di propagazione in superficie delle onde sulla verticale. Per calcolare l'epicentro si considerino i
dati relativi a tre stazioni sismografiche di un dato terremoto. Se l'epicentro del terremoto si trova a 2000 Km dalla
stazione 1, tracciamo un cerchio con raggio di 2000 Km attorno alla stazione, facendo lo stesso per le stazioni 2 e 3,
possiamo localizzare l'epicentro nel punto di intersezione dei tre cerchi. La chiave infatti sta nella differenza di velocità,
e perciò del tempo di arrivo, dei diversi tipi di onde sismiche, per cui per il calcolo si usano i ritardi tra gli arrivi, a una
stazione sismografica, di un'onda P e quelli di un'onda S.
Perché si sviluppano le onde superficiali (R e L) → Le onde superficiali R e L si generano per effetto di fenomeni
di interferenza con le onde P e S (interne). Ovvero vengono a crearsi a causa dell'intersezione delle onde di corpo con
una superficie di discontinuità fisica. Vengono definite onde superficiali perché si propagano solo sulla superficie del
mezzo smorzandosi rapidamente con la profondità, sono inoltre onde che si propagano molto lentamente.
Scala Mercalli-Cancani-Sieberg e Magnitudo → Le scale che si usano per i terremoti dono essenzialmente due:
Mercalli-Cancani-Sieberg (misura il danno o l'effetto del terremoto, si tratta di una misurazione soggettiva, non c'è alcun
strumento che misuri il danno) e Ricthell (misura l'energia liberata da una scossa, si tratta di una misurazione oggettiva
che avviene per mezzo di sismogrammi). Per cui la scala Ricthell si basa sulla magnitudo che è una misura dell'energia
meccanica prodotta da una scossa sismica. Si basa sull'ampiezza delle onde sismiche registrate dai sismografi.
Rischio sismico ed equazione del rischio. Pericolosità, vulnerabilità e danno → Il rischio sismico utilizza i
risultati dell'analisi del pericolo sismico, includendovi le probabilità di occorrenza dell'evento. Il rischio sismico è stato
definito, dalla maggior parte dei propositi governativi, come conseguenze di un potenziale economico, sociale ed
ambientale di eventi pericolosi che possono succedere in un periodo specificato di tempo. L'equazione del rischio
sismico ci porta ad una stima di quanto si possa perdere, in termini di costi e quindi di danni, al verificarsi di un evento
sismico in una data area. Il rischio sismico è dato dal prodotto di tre fattori sostanziali pertanto la relativa equazione
sarà: Rischio sismico = Pericolosità x Vulnerabilità x Valore esposto. Dove la pericolosità è la probabilità che in una data
area si verifichi un evento sismico in un dato intervallo di tempo. La vulnerabilità, seconda variabile della nostra
equazione, è una 'caratteristica intrinseca' di un territorio e dei manufatti in esso presenti; è quindi la resistenza di una
data area, sia esso terreno, fabbricato, patrimonio artistico o qualsivoglia prodotto dell'attività antropica più in generale,
al terremoto. Per valore esposto, lo dice già il nome, si intende quanto possa essere il danno subito da un terremoto in
termini di vite umane, danni a fabbricati, opere d'arte, infrastrutture, insomma l'eventuale esposizione ad un evento
sismico in materia di costi. Si evince con estrema facilità che qualora uno dei tre termini tendesse o fosse pari a zero
allora anche il rischio sismico sarebbe tendente o pari a zero. Infatti basta che uno dei termini, pericolosità, vulnerabilità
o valore esposto, sia nullo per annullare - visto che è un prodotto - tutta l'equazione.
Perché non si può stabilire la prevedibilità di eventi sismici in un determinato punto? → Se le scosse
fossero effettivamente precedute da altre piccole scosse a grappolo si potrebbe stabilire l'avvenuta di un terremoto ma
non si avrebbe comunque la certezza del dove.
Processo metamorfico (cenni) → Il metamorfismo indica processi di modifica della struttura e della mineralogia di
una roccia in risposta ai cambiamenti di temperatura e pressione e dalla quantità e composizione di fluidi circolanti nei
volumi crostali. Si tratta dunque di un processo di ricristallizzazione allo stato solido di un volume roccioso in risposta alla
variazione delle condizioni crostali. Le rocce prodotte derivano da modificazioni di rocce sedimentarie, magmatiche o
anche di precedenti rocce metamorfiche.