Dal sole produciamo anche il freddo

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Pianeta scienza
MARTEDÌ 10 FEBBRAIO 2015 IL PICCOLO
Anche Trieste tra le tappe del
tour di FameLab: il talent
show che gira l'Italia per cercare tra i banchi delle università,
nei laboratori e nei centri di ricerca, i migliori giovani talenti
della comunicazione scientifica.
Solo tre minuti e una manciata di parole per dimostrare
al pubblico e alla giuria di saper raccontare la propria passione per un argomento di
scienza in maniera dinamica e
accattivante, originale e coinvolgente, pur rispettando correttezza e rigore scientifico.
La fase triestina di Fame-
FameLab, appuntamento a Trieste il 20 febbraio
Lab, organizzata per il terzo
anno da Immaginario Scientifico, Università di Trieste, Sissa e Comune di Trieste, andrà
in scena venerdì 20 febbraio al
Teatro Miela e sarà aperta al
pubblico delle scuole e dei curiosi di scienza di tutte le età.
Per prepararsi al meglio alla
sfida, anche quest'anno ai concorrenti di FameLab Trieste
viene offerta la possibilità di
partecipare a uno stage preparatorio con l'attrice Maria Gra-
zia Plos, per "allenare" le proprie abilità comunicative e apprendere metodi e trucchi per
affrontare al meglio il palcoscenico.
Dopo la prima fortunata
esperienza dello scorso anno
si rinnova la collaborazione
con la poliedrica attrice, nata a
Udine ma ormai triestina
d'adozione, che introdurrà i ragazzi alle tecniche per migliorare la propria presenza scenica, per attirare l'attenzione del
pubblico e sfruttare al massimo il tempo a disposizione.
Consigli e metodi che aiuteranno i giovani concorrenti ad
affrontare la selezione locale e
che torneranno utili ai vincitori per le successive fasi della
competizione: quella nazionale, a Milano il 9 maggio, e la finalissima che si terrà in giugno a Cheltenham, in Gran
Bretagna.
FameLab è infatti una competizione internazionale, nata
nel 2005 dal Cheltenham Festival e promossa a livello mondiale dal British Council in 28
differenti Paesi, tra cui l'Italia
(nelle città di Ancona, Bologna, Genova, Napoli, Padova,
Perugia e Trieste).
Per i vincitori FameLab mette in palio la possibilità di partecipare a una masterclass dedicata e in più, solo per la selezione triestina, anche dei premi in denaro ai primi due classificati e un accesso in qualità
di uditore al corso Musei del
Master in Comunicazione della Scienza "Franco Prattico"
della Sissa di Trieste.
Dal sole produciamo anche il freddo
All’Area Science Park realizzati due progetti di cooperazione territoriale di “Solar cooling”
di Federica Marchesich
Dal sole l’energia che rinfresca.
In linea con quanto l’Unione
Europea sì è impegnata a conseguire sul fronte dell’efficienza energetica, mobilitando cittadini, politici, operatori del
mercato e fissando norme minime di rendimento energetico
applicabili a prodotti, servizi e
infrastrutture, sono in fase di
implementazione due importanti iniziative: Emilie (www.
emilieproject.eu) e Adriacold
(www.adriacold.eu), due progetti di cooperazione territoriale sviluppati da Area Science
Park con diversi partner europei, grazie ai quali sono stati realizzati due impianti dimostrativi nel parco scientifico di Trieste per testare la tecnologia del
solar cooling che consente di
produrre il freddo a partire
dall’energia termica raccolta
dal sole.
Marcello Guaiana è coordinatore responsabile del progetto Adriacold, ma anche collaboratore del progetto Emilie, e lo
racconta così: «Adriacold mira
a promuovere e diffondere nei
territori del bacino adriatico
l'uso di energie alternative per
il raffreddamento di ambienti,
al fine di ottenere una sempre
maggiore indipendenza dai
A Trieste sono stati realizzati due impianti dimostrativi nel parco scientifico dell’Area di ricerca
combustibili fossili. La tecnologia del raffreddamento solare o
solar cooling appare oggi particolarmente innovativa e permette il condizionamento di
ambienti mediante l’utilizzo
del calore prodotto da pannelli
solari che viene convertito in
frigoria mediante macchine ad
assorbimento/adsorbimento».
A livello pratico: «L’energia
solare viene catturata da pannelli solari di diverse tipologie e
produce acqua calda che viene
immagazzinata in un serbatoio
di 1000-2000 litri. Da qui l’acqua calda viene convogliata in
una macchina termica chiamata chiller dove induce un cambiamento di stato di alcuni flui-
di/sali che assorbono il calore
emettendo freddo che viene
utilizzato per raffrescare l'aria/
acqua che viene portata nelle
singole zone dell'edificio attraverso un sistema di canalizzazioni o una rete di distribuzione».
Al momento dati i costi elevati il solar cooling è possibile so-
Onde gravitazionali? Illusione ottica
Planck e Bicep2 si sono messi insieme per esaminare meglio il problema
A marzo dell’anno scorso il team dell'esperimento Bicep2
(l’osservatorio in Antartide)
sosteneva di aver osservato,
per la prima volta, gli effetti
delle onde gravitazionali nella
radiazione cosmica di fondo.
A settembre Planck dimostrava che nel segnale osservato non si poteva escludere l’effetto di “contaminanti” dovuti
alla radiazione polarizzata
prodotta dalla nostra Galassia.
Planck e Bicep2 si sono dunque messi insieme per esaminare meglio il problema, e
pubblicheranno un lavoro su
Physical Review Letters, in cui
confermano l’osservazione di
Planck: anche dopo un’analisi
più accurata (e l’adozione di
nuovi strumenti) resta l'evidenza di contaminati che sono difficilmente controllabili
e impediscono di fare affermazioni certe sulle onde gravitazionali cosmologiche.
Terzo capitolo della vicenda della "prima immagine diretta delle onde gravitazionali
attraverso il cielo primordiale": a marzo dell’anno scorso
il team di Bicep2 annuncia di
aver osservato la porzione di
radiazione cosmica di fondo
(la “radiazione fossile” originatasi con il Big Bang) provocata dalla onde gravitazionali.
Si tratterebbe della prima os-
servazione di effetti cosmologici di questo fenomeno previsto dalla Relatività Generale di
Einstein, così importante ma
ancora cosi elusivo. La scoperta, se confermata, sarebbe
una pietra miliare nella storia
dell’astrofisica, della cosmologia e della fisica delle forze fondamentali. Proprio per questo
più di qualcuno ha subito drizzato le antenne: «Siamo sicuri
che il segnale osservato sia genuino e non l’ effetto di contaminanti dovuti all'emissione
polarizzata della nostra galassia, piuttosto?»
Il team però lo esclude: già
nell’articolo di marzo i ricercatori sostengono che le cono-
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
scenze attuali indicano che la
radiazione contaminante è
piccola rispetto al segnale osservato. A settembre però arriva la risposta di Planck, che sostanzialmente dice: «Attenzione, i nostri dati dimostrano
che la radiazione polarizzata
galattica in queste misure non
è trascurabile».
La voce di Planck in questo
panorama è autorevole perché questo strumento osserva
(anche) la stessa porzione di
cielo osservata da Bicep2, con
il vantaggio di farlo su una
gamma di frequenze molto
più ampia.
Da settembre Bicep2 e Planck si uniscono in uno sforzo
lo per sistemi di condizionamento di tipo centralizzato, ma
«scopo del progetto è quello di
valutare la fattibilità tecnica ed
economica di macchine sotto i
35 kW attraverso una stretta
collaborazione tra ricercatori,
impiantisti e istituzioni del settore pubblico. Per questo motivo, il progetto ha installato e sta
sperimentando la tecnologia
con macchine di piccola taglia
presso edifici di enti pubblici e
privati, strutture turistiche, serre estive e strutture commerciali».
L'applicazione di questa tecnologia appare particolarmente idonea nelle regioni adriatiche dove si registra un consumo crescente di energia, soprattutto elettrica, per la climatizzazione di edifici e locali. Sei
gli impianti pilota progettati a
Trieste, Rimini, Bari, Pirano,
Crikvenica e Dubrovnik, di cui
5 già avviati; già disponibili dati
sperimentali che daranno delle
linee guida su fattibilità tecnica
e convenienza economica di
questi sistemi.
Entrambi gli impianti sono
anche dei laboratori aperti e disponibili alla comunità scientifica, alle imprese e agli enti locali che possono visitarli, conoscerne le caratteristiche e le
performance.
comune, il cui risultato è lo
studio pubblicato su Physical
Review Letters, che conferma
ulteriormente la versione di
Planck: nonostante l’analisi
più approfondita e nonostante l’acquisizione di un nuovo
strumento (Keck) da parte di
Bicep2, viene confermato che
i contaminanti di natura galattica sono abbastanza intensi
da non consentire, allo stato
attuale della strumentazione
e qualità dei dati, affermazioni certe sulla presenza o meno
di onde gravitazionali cosmologiche.
«Quello che essenzialmente
concludiamo qui - spiega Carlo Baccigalupi, cosmologo delle Sissa - è che qualunque studio di questo tipo non può sottrarsi da uno studio sistematico delle fonti contaminanti. E
questa sistematicità si può
avere solo usando più strumenti insieme».
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AL MICROSCOPIO
Correre fa bene
ma sempre
senza esagerare
di MAURO GIACCA
I
mmaginate un alieno che
osservi le abitudini di noi
terrestri. Cosa penserebbe
nel vedere frotte di umani che,
abbigliati con scarpette e magliette hi-tech, spendono tempo e risorse energetiche per correre, avendo come meta
nient’altro che il punto da cui
sono partiti?
La necessità di fare jogging è
un’esigenza delle società tecnologicamente avanzate, in cui le
comodità hanno sostituito il lavoro fisico: dal momento che il
nostro metabolismo è rimasto
quello dell’uomo cacciatore-raccoglitore della savana,
che percorreva non meno di
una decina di chilometri ogni
giorno per garantirsi la sopravvivenza, ecco che il nostro benessere fisico trae giovamento
dall’imitare quell’abitudine ancestrale. Molteplici studi hanno
dimostrato che correre fa bene:
migliora l’utilizzo dell’ossigeno,
aumenta la sensibilità all’insulina, abbassa trigliceridi e colesterolo, diminuisce la pressione
sanguigna, riduce la probabilità
di trombosi, migliora funzione
cardiaca, densità ossea e risposta immunitaria. E per di più i
muscoli sotto sforzo gratificano
il jogger e rinforzano la sua dedizione premiandolo con un po’
di doping endogeno, attraverso
la stimolazione dei recettori della morfina nel cervello.
Nel 1976, fu iniziato a Copenaghen uno studio che aveva lo
scopo di seguire, in maniera
prospettica, la salute cardiovascolare di più di 20mila uomini
e donne di età tra i 20 e i 93 anni.
Lo studio aveva già dimostrato
un paio di anni fa che il jogging
regolare aumentava l’aspettativa di vita di 6.2 anni per gli uomini e 5.6 anni per le donne. La
sorpresa è però venuta fuori
ora, quando gli autori hanno
analizzato i dati relativi ai 1098
jogger più convinti: studiandone il tasso di mortalità negli ultimi 12 anni, è risultato che chi
aveva corso più di 3 volte alla
settimana, per più di 2.5 ore e a
velocità elevata non risultava in
realtà avere avuto alcun beneficio rispetto a chi aveva fatto vita
del tutto sedentaria e non aveva
corso per nulla. Pubblicato sulla rivista dei cardiologi americani Journal of American College
of Cardiology, questo studio va
aggiungersi ai risultati di altre ricerche degli ultimi anni, che
avevano dimostrato, addirittura, che l’eccesso di esercizio aerobico nei maratoneti e negli
sciatori di fondo ha un effetto
negativo sulla salute cardiovascolare.
La ricetta ottimale per vivere
a lungo e stare in salute, insomma, è esclusivamente quella del
jogging leggero: da 1 a 2.4 ore alle settimana, con una frequenza di non più di 2 o 3 volte, e a
velocità bassa (circa 8 km
all’ora). Il troppo è nemico del
bene, dicevano i nostri nonni, e
anche in questo caso sembra
proprio che avessero ragione.