Storia dell`Antico Egitto

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I QUADERNI di HARMAKIS
I
KEMET
Storia dell’Antico Egitto
di
Leonardo Paolo Lovari
© Tutti i diritti riservati alla Harmakis Edizioni
Divisione S.E.A. Servizi Editoriali Avanzati,
Sede Legale in Via Del Mocarini, 11 - 52025 Montevarchi (AR)
Sede Operativa, la medesima sopra citata.
Direttore Editoriale Paola Agnolucci
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Tipografia: Universal Book
I fatti, le opinioni e le immagini riportate in questo libro impegnano esclusivamente l’Autore,
Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo
dove diversamente specificato.
ISBN: 978-88-98301-32-4
Finito di stampare Gennaio 2016
© Impaginazione ed elaborazione grafica: Sara Barbagli
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INTRODUZIONE
KEMET - LA TERRA NERA
La civiltà egiziana, fiorita lungo le rive del Nilo per circa 3000
anni, fu una delle più straordinarie e durature del mondo antico.
Ancora oggi, trascorsi due millenni dal suo tramonto, essa continua a esercitare un notevole fascino. Gli Egizi hanno lasciato
molte tracce della loro cultura, grazie anche al clima secco del
deserto che le ha conservate nei secoli. La Sfìnge e molte piramidi, le mummie, le maschere funerarie, le decorazioni sepolcrali, i
papiri, sono così state preservate dalla distruzione, la sorte comune di tante antiche vestigia.
L’Egitto è infatti noto anche con il nome di “dono del Nilo”, perché le piene del fiume depositavano sui campi uno strato di fertile
limo, vitale per la crescita delle colture. Già in età preistorica, i
primi abitanti impararono a seminare e piantare le loro messi nei
campi ancora coperti dal limo dopo che le acque si erano ritirate.
I raccolti, quasi sempre abbondanti, permisero a quella civiltà di
prosperare e di raggiungere uno splendore mai conosciuto prima.
Gli antichi Egizi chiamarono la fertile valle del Nilo kemet, “terra
nera”, e se stessi remet-en-kemet, “il popolo della terra nera”,
mentre il deserto che circonda il paese fu detto deshret, “la terra
rossa”.
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IL NILO
Il legame che lega l’Egitto con il Nilo è qualcosa di simbiotico,
questo fiume lungo 6671 chilometri, che nasce nei luoghi centro-orientali dell’Africa (Sudan). Il Nilo ha anche due grandi affluenti: Nilo Bianco e Nilo Azzurro, che s’incontrano e si fondono vicino alla capitale del Sudan, Khartoum. Con una portata di
2.830 metri cubi al secondo (la media annuale è di 1.048 mc) e
con un bacino idrografico che copre una superficie di 3.254.555
chilometri quadrati (quasi 11 volte l’Italia), che rappresenta circa
il 10% della superficie dell’Africa è uno dei più lunghi fiume del
Mondo.
Nella zona desertica dell’alto Egitto forma un’oasi fluviale larga
dai 5 ai 20 chilometri utilizzabile per la coltivazione. A nord del
Cairo, si divide in due rami che confluiscono nel Mediterraneo: il
Ramo di Rosetta a ovest e il Ramo Damietta a est che danno vita
così ad un Delta che si estende su 24.000 chilometri quadrati di
superficie. Da Khartoum il corso del Nilo è molto regolare con
una scarsissima pendenza, interrotta solo dalle sei cataratte fino
ad Assuan, che sono un ostacolo alla navigazione solo nelle acque
basse.
Il Nilo è stato ed è tuttora utilizzato per il trasporto di merci lungo
il suo percorso. Mentre la maggior parte degli egiziani vive ancora nella valle del Nilo, la costruzione della Diga di Assuan per
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fornire energia idroelettrica, ha interrotto il rinnovo dei terreni
fertili mediante le piene annuali ed è diventata una delle cause del
progressivo erodersi dell’ampio delta. Essa però assicura costantemente acqua potabile all’Egitto, che nella gestione del fiume si
scontra spesso con le esigenze di altri paesi, come Uganda, Sudan, Etiopia e Kenya. La diga è una delle più grandi al mondo e la
sua costruzione ha creato il grande lago Nasser che si estende per
5250 chilometri quadrati. Altre dighe sono state costruite a Esna,
Asyut e nel Delta.
Fino alla costruzione della diga di Assuan le sue annuali piene
rendevano il terreno circostante estremamente fertile, permettendo di coltivare grano e altre colture. Inoltre l’introduzione ad
opera dei Persiani dei bufali nel VII secolo a.C., che ricercavano
ambienti umidi e con presenza di acqua, in aggiunta ai cammelli,
rappresentò un’eccellente fonte di carne per le popolazioni limitrofe. I bufali addomesticati potevano essere utilizzati anche per
l’aratura, mentre i cammelli come animali da soma.
Le sue piene sono abbastanza regolari: iniziano a giugno e arrivano alla portata massima alla fine di settembre, dopodiché regrediscono fino al successivo giugno (gli egizi si erano dati solo tre
stagioni divise in quattro mesi ciascuna: estate, autunno e inverno). Questo andamento della piena è causato dalla complessa rete
di affluenti che alimenta il fiume, mentre le sostanze fertilizzanti
sono portate dai torrenti etiopici che con l’impetuosità delle loro
acque erodono i massicci vulcanici asportando le sostanze fertilizzanti.
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Nel passato, a causa di queste piene, il livello dell’acqua aumentava di parecchi metri (presso Assuan di 9 metri), e solo i villaggi
costruiti su alture non subivano danni. L’acqua del Nilo lasciava
nei campi una grande riserva d’acqua oltre ad uno strato di limo
molto ricco di sostanze fertilizzanti.
Tutte le tombe dell’antico Egitto sono state costruite a ovest del
Nilo, poiché gli Egiziani credevano che, al fine di entrare nell’oltretomba, bisognasse essere sepolti sul lato che simboleggiava la
morte.
Mappa dell’Antico Egitto
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LA VALLE DEI RE
Valle dei Re
(Bibān el-Mulük). Necropoli regale dell’antica Tebe (Egitto), situata 5 chilometri a est del Nilo tra aspre montagne desertiche;
contiene 62 tombe di sovrani e privati di altissimo rango delle
dinastie XVIII-XX (ca. 1550 - 1069 a.C.), da quella di Thutmose
I (KV 38) a quella di Ramesse XI (KV 4). Le tombe, scavate profondamente nella roccia, sono composte nella loro essenzialità da
un portale d’ingresso, che veniva nascosto da detriti, un corridoio
discendente, un vestibolo e una camera del sarcofago. Il tempio
funerario, dove il re defunto riceveva lo stesso culto riservato agli
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dei, restava accessibile ai margini della vallata.
Inizialmente le tombe erano costituite da un lungo e ripido corridoio ricurvo, che sfociava in una camera funeraria ovale e in
seguito quadrangolare. Il libro dell’Amduat, una vera e propria
guida dell’oltretomba, decorava le pareti in uno stile lineare, a
imitazione dei papiri iscritti dell’epoca. A partire da Horemheb
(ca. 1323-1295 a.C.), ultimo faraone della XVIII dinastia, i corridoi si ampliarono e divennero retti, conducendo, tra splendide
decorazioni a rilievo dipinto, alla camera funeraria. I testi religiosi si arricchirono in repertorio e colori, comprendendo adesso le
Litanie del Sole, il Libro della Terra, il Libro delle Porte e il Libro
delle Caverne.
Il soffitto della camera funeraria venne decorato con decani e costellazioni, in un tripudio di oro su fondo blu cielo. Depredate sin
dalla fine del Nuovo Regno e visitate in epoca greca e romana, le
tombe della Valle dei Re sono state esplorate in epoca moderna a
iniziare dalla spedizione napoleonica (1798-99), fino alla sensazionale scoperta, avvenuta nel 1922, della tomba pressoché intatta
di Tutankhamon. Al principio del 1990 una spedizione statunitense diretta da K. Weeks riscoprì nella Valle dei Re una gigantesca
tomba collettiva (KV 5), luogo di sepoltura di alcuni figli maschi
(erano circa 45) di Ramesse II (ca. 1279-1213 a.C.), il celebre
faraone della XIX dinastia. Il monumento ritrovato è il più esteso
della Valle, con oltre 110 camere e corridoi e una struttura a forma
di T che ricorda il Serapeum di Saqqâra, il luogo di sepoltura dei
tori sacri Api iniziato proprio da Ramesse II. Lo stesso K. Weeks
è a capo del Theban Mapping Project, che ha ultimato la mappatura completa dell’intera necropoli reale. Se il Museo Egizio del
Cairo ospita le mummie di molti sovrani deposti nella Valle dei
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Re (tra cui Amenofi II, Thutmose IV, Merenptah, Ramesse II, III
e IV), lo dobbiamo all’opera di sacerdoti della fine del Nuovo
Regno, che nascosero i corpi all’interno di nascondigli, scoperti
dagli archeologi solo nel sec. XX con il loro incredibile tesoro di
testimonianze e di informazioni.
La Sepoltura del Faraone Tutankhamon
Tomba di Tutankhamon - Valle dei Re - Luxor
Howard Carter fu il primo ad accedere a una tomba quasi intatta
di un re d’Egitto, il suo contenuto fornì ben poche informazioni
storiche sul giovane Tutankhamon. E’ un piccolo sepolcro, inizialmente costruito per un personaggio civile, che fu trasformato
in tutta fretta alla morte del faraone. Lo spazio era molto ridotto
per contenere il corredo del re; ogni stanza del complesso fune12
rario svolgeva una funzione architettonica e rituale. Una scala di
diciassette scalini e un corridoio conducono all’anticamera e a un
vano secondario. Entrando a destra, a un livello inferiore, si trova
l’accesso alla camera sepolcrale con la sala del tesoro.
Vano secondario
Al suo interno fu rinvenuta una grande quantità di oggetti, molti
in frantumi: vasi, mobili, armi, ushabti, destinati in origine ad altre stanza. Svolse la funzione di magazzino di oli, unguenti, cibo
e vino.
Corredo Funerario
Anticamera
Qui fu depositata soprattutto gran parte della mobilia del re: letti
rituali, troni, vasi di alabastro, carri e armi. Scrigni e urne conte13
nevano gioielli, sandali, vestiti, teli di lino, ventagli, trombe di
bronzo, cibo. Sulla parete nord, due figure custodivano l’entrata
alla camera sepolcrale.
Trono di Tutankhamon- Museo del Cairo
La camera funeraria
L’estremità nord dell’anticamera era chiusa da una parete sigillata
e ingessata. Al lato opposto, si trovava la camera funeraria del re,
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l’unica stanza decorata con dipinti: Misura 6,37m x 4,02m. Una
porta aperta sulla parete est dava accesso alla camera del tesoro.
Camera del Tesoro
Carter diede questo nome alla stanza per gli oggetti qui depositati.
Viene chiamata pure “camera dei vasi canopi”, poiché l’elemento
più significativo era il complesso monumentale dove riposavano
le viscere del re. In questa stanza si trovavano gli oggetti “più
sacri” e preziosi del culto funerario.
Maschera di Tutankhamon - Museo del Cairo
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Corredo Funerario
Nel corredo funerario di Tutankhamon un elemento noto a tutti, questo è, senza dubbio, la sua maschera funeraria. Per la sua
realizzazione fu necessaria una grande capacità artigianale. Con
un’altezza di poco più di mezzo metro, modellata partendo da due
fogli d’oro che pesano dieci chili, lavorati con il martello e decorati in seguito con intarsi di lapislazzuli, è una delle creazioni più
riuscite dell’arte faraonica. La maschera rappresenta il faraone
con il nemes, che ricade sulla schiena e termina in una pesante
coda. Sulla fronte vediamo un cobra e un avvoltoio, le dee protettrici rispettivamente del Basso e Alto Egitto; oltre ad essere
abbellito con la barba intrecciata, il faraone ha le orecchie forate
per indossare orecchini. Gli occhi, truccati con lapislazzuli, sono
un intarsio di quarzo e ossidiana.
Collare
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L’ampio collare di Tutankhamon è formato da una combinazione
di pietre semipreziose di diversi colori: turchesi, lapislazzuli e
corniola. La principale caratteristica di questi collari è che sono
talmente pesanti da essere indossati con un contrappeso nella
schiena.
Il pettorale con il nome del re. Gli antichi egizi adoravano i giochi di parole e per dare più risalto agli scritti ricorrevano alla
crittografia. Sul pettorale del re, compare uno dei nomi del re,
Nebkheperura, scritto facendo ricorso a geroglifici che sostituiscono quelli comuni e possono essere letti solo da persone molto
esperte.
Ventaglio
I ventagli per resistere alle alte temperature e al fastidio degli insetti. I ventagli del monarca erano confezionati in piuma di struzzo. Uno di questi, dal manico corto, le conservava ancora intatte
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al momento del ritrovamento.
Placca d’oro forata di Tutankhamon che tiene a bada le forze del
caos, i nemici dell’Egitto, rincorrendoli e calpestandoli; due dee
alate lo proteggono dal male.
Cassa forata: gli egizi conservavano i loro effetti personali in casse o urne, fatte con un tipo di legno piuttosto leggero e decorato
con geroglifici e intarsi di legno dorato. Con le gambe protette da
cantonali di bronzo e l’interno suddiviso in 16 scomparti.
Centro tavola scolpito in calcite rappresentante una nave cerimoniale con la prua e la poppa a forma di testa di gazzella. l’incarico
di capitanare l’imbarcazione da poppa spetta ad una nana nuda, al
lato opposto della cabina c’è una donna inginocchiata che stringe
un fiore di loto all’altezza del petto.
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PERIODO PREDINASTICO
Pare che 14000 anni fa abbia avuto inizio il processo di desertificazione dell’Africa settentrionale (Sahara), quando in Europa finì
l’ultima glaciazione (da circa 20000 a 12000 anni fa). La desertificazione di quest’area ricchissima di foreste e fiumi ha subito
un’improvvisa accelerazione circa 5500 anni fa ed è andata avanti
sino a 2700 anni fa.
Reperti archeologici fanno risalire la presenza dell’uomo nel
Sahara a più di 10000 anni fa, ma le prime popolazioni agricole
stabili nella sua valle, dedite all’agricoltura secca, adatte alle aree
paludose, si sono formate circa 8000 anni fa. Ancora prima che
si diffondesse l’agricoltura (coltivazione di grano e orzo) la valle
offriva, lungo le sponde del fiume, selvaggina di grossa taglia (antilopi, rinoceronti, elefanti), mentre le acque erano piene di pesci,
e le stesse paludi davano rifugio a molta fauna di uccelli stanziali
e migratori.
Le piene annuali del Nilo erano dovute allo scioglimento delle
nevi nella zona delle sorgenti dell’Africa equatoriale. Esse portavano grande fertilità, ma anche allagamenti di precedenti coltivazioni, per cui era impossibile potersi insediare stabilmente nei
pressi del fiume, almeno non senza prima averlo controllato con
appositi bacini e canali, ed è appunto da questa esigenza che nasce la necessità di uno Stato centralizzato (uno dei primi della
storia), in grado di garantire la manutenzione costante di quelle
strutture da cui dipende la sopravvivenza di tutti.
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E’ sicuramente stato questo fenomeno che ha indotto le popolazioni a spostarsi progressivamente verso il Nilo. La Valle del Nilo
è un corridoio formato tra pendici di roccia che viene talvolta interrotto dallo sbocco di un uadi. I primi popoli ad insediarsi nella
Valle del Nilo furono i Naqadiani che successivamente coesisterono con i Badariani: i primi occupando L’Alto Egitto; i secondi
il Medio Egitto concentrandosi nella Regione di Badari.
Queste popolazioni impararono a vivere prima sotto l’autorità di
capi locali (fase della formazione dei distretti o nomos). I vari
nomos si scontrarono e si allearono tra loro, nell’arco di circa un
millennio, fino a formare due regni, l’Alto Egitto a sud (costituito
dalla parte meridionale della valle del Nilo, montuoso e poco fertile) e il Basso Egitto a nord (costituito principalmente dal delta
del fiume, pianeggiante e molto coltivato).
Il regno dell’Alto Egitto ebbe, come ultima capitale, Hierancopo-
Corona rossa
Corona bianca
del Basso Egitto dell’Alto Egitto
Corona dell’Egitto
Unificato
lis, il cui sovrano portava una bassa corona rossa con il simbolo
di un serpente, mentre il Basso Egitto (che arrivava fino al delta
del Nilo) aveva Buto come capitale, il cui sovrano portava un’alta
corona bianca col simbolo dell’avvoltoio ad ali spiegate.
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La tavoletta di Narmer, (ca 3.100 a.C.) da Hierakonopolis, schisto, alt. cm 64,
Museo Egizio, Il Cairo.
I due regni vennero unificati con la forza, verso il 3100 a.C., in un
solo impero da Narmer (o Menes in greco), re dell’Alto Egitto,
che inaugurò le trenta dinastie dell’antico Egitto, fissando inizialmente la capitale a Thinis, capoluogo dell’VIII nomos, situata nel
medio Egitto. Narmer unificò i due copricapi come simbolo. L’unificazione fu ottenuta con una sola battaglia; il processo fu lento
e comportò prima l’unificazione culturale, e solo più tardi quella
politica. L’unificazione dei due regni fu il prodotto di numerose
battaglie, come dimostrano le diverse tavolozze del periodo predinastico che sono giunte fino a noi. I nemici non erano solo gli
abitanti del Delta, ma si combatteva anche contro le tribù beduine
o i Nubiani. In questo periodo storico compaiono le tombe a ma21
staba, ossia coperte da una struttura a forma di tronco di piramide
che sovrasta la camera funeraria. Fin dalle prime dinastie il re si
afferma quale dio in terra, con la precisa funzione di conservare
l’ordine, il sistema, anche cosmico, che da lui dipende. Da
qui deriva il regime faraonico, autocratico per diritto divino, che
accentra ogni funzione dello stato sul re e che, sia pure con alternative e variazioni, si mantenne tale sino alla fine della civiltà
egiziana.
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