Tecnologie e scaffolding - PON - Agenzia Scuola

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Tecnologie e scaffolding. Come costruire impalcature di sostegno
tecnologiche
Marina Fasce e Paola Baroni, insegnanti di scuola primaria e docenti a contratto integrativo
di Didattica generale
Facoltà di Scienze della formazione, Università di Genova
Contribuire ad una riflessione di insegnanti, di educatori, sulle modalità più efficaci per la
costruzione di impalcature di sostegno tecnologico obbliga a compiere, innanzitutto, una
premessa: a partire da uno sguardo panoramico sulla scuola italiana, è innegabile che molti
operatori scolastici non siano ancora avvezzi all’uso delle tecnologie, né va dimenticato che
sussistono mille sfumature tra due poli: l’uno è di chi si avvale in modo limitato delle
tecnologie durante l’attività didattica, chi cioè preferisce l’impiego del mezzo verbale, orale o
scritto; all’altro, invece, appartengono coloro che utilizzano abitualmente media diversi durante
le lezioni. Tra i due estremi si collocano vari livelli e sfaccettature che connotano
differentemente la presenza delle tecnologie nel mondo scolastico: utilizzo entusiasta o
rassegnato, clima laboratoriale disciplinare o interdisciplinare, utilizzo confinato alle ore in aula
di informatica, o delimitato ad aree di progetto, delega allo specialista o compito distribuito,
fino, parafrasando Schon (1), ad un ideale “professionista riflessivo” che rilegge progettualità,
flessibilità e contestualizzazione del proprio lavoro attraverso un costante pensare
tecnologicamente ogni attività didattica, uno stile operativo \ riflessivo che intende animare
tecnologicamente la didattica nel senso illustrato da Parmigiani (2). Individuiamo quindi due
opposte situazioni, da un lato, quella in cui i docenti non sono ancora tecnologicamente
alfabetizzati, dall’altra, quella inversa, ove gli insegnanti più o meno “tecno-svezzati”
comprendono o almeno intuiscono i caratteri della sfida per l’introduzione delle tecnologie e
per il rinnovamento dei processi di insegnamento – apprendimento.
Per quanto riguarda il primo scenario, molti vanno ancora chiedendosi: le tecnologie offrono un
effettivo sostegno o rappresentano un ostacolo al lavoro in aula? In questo senso possono
giocare un ruolo strategico le esperienze di “impatto” con le tecnologie. Pierre Levy (3)
contesterebbe il concetto di impatto. Infatti, è pur vero che molti insegnanti hanno vissuto fino
a ieri senza toccare una tastiera o uno schermo, ed oggi, per fare un esempio, si ritrovano
numerosi a gestire corsi on line che pongono loro una certa serie di inconvenienti tecnici,
scoprendosi come un semplice turista in pantaloncini e ciabattine da spiaggia, ai piedi di una
parete rocciosa da scalare fino alla vetta. Vivono traumaticamente il nuovo compito,
tralasciando il fatto che nei decenni precedenti hanno chiuso la propria attività didattica
sottovetro, ignorando non solo l’avanzare tecnologico nel mondo esterno alla propria classe,
ma negando l’esistenza di una profonda interconnessione tra ciò che un alunno vive ed
apprende nella vita e ciò che vive ed apprende (o non apprende!) a scuola, negando, in ultima
analisi, il suo esistere come persona intera. Per insegnanti di questo tipo, consultare un
ambiente di navigazione, entrare in una classe virtuale, inviare un documento alla piattaforma
e- learning diventa un lavoro faticoso, lungo ed incomprensibile se paragonato alla comodità e
alla bassa problematicità di un corso d’aggiornamento a lezioni frontali, con eventuale
consegna di una relazione finale cartacea “amanuense”. Analogo ragionamento compiuto, si
spera, da un numero sempre più esiguo di docenti, per l’attività da svolgere con i propri
alunni: perché preoccuparsi di installare un proiettore, un televisore, o portare la classe al
parco ad osservare dal vivo le piante, raccogliere foto e documentazioni varie, quando possono
risolvere comodamente il tutto entro le quattro mura dell’aula, attraverso la spiegazione orale,
il libro di testo e così via? Convivono così vissuti della tecnologia come ostacolo che aumenta
costi e tempi, con vetuste concezioni della relazione didattica: rapporto frontale, monopolio
della parola, a volte priva di dialogo significativo, accento sull’insegnamento e non
sull’apprendimento, scuola come isola … tutto quel che si può designare, per brevità di
esposizione, “tradizionale fare scuola”. La tecnologia costituisce un ostacolo e non un sostegno
perché, come qualsiasi altro elemento che perturba l’equilibrio di un rigido sistema, minaccia le
sicurezze di chi teme di perdere un ruolo, un posto, un potere … che di fatto sta già perdendo.
Interessante, ma in questa sede lo si può solo accennare, sarebbe una riflessione sul come
effettivamente traghettare il mondo della scuola dal primo al secondo scenario. Diciamo
soltanto, anche banalmente, che sarà un lungo percorso, giocato in buona parte sulla partita
delle formazioni iniziali e permanenti dei docenti. Per continuare la metafora, si può affermare
che non sono pochi i docenti che si stanno impegnando nel “guado” e si trovano attualmente in
una delle situazioni di “sfumatura” all’inizio delineate.
D’altra parte, non si può confidare nell’uso delle tecnologie come garanzia d’innovazione:
l’insegnamento può restare caratterizzato nel senso più tradizionale, pur avvalendosi delle
tecnologie più evolute; ad esempio, una cosa è utilizzare il PC come macchina da scrivere per
“mettere in bella copia” i testi migliori scritti a mano, altro è sfruttare le potenzialità di un word
processor nell’organizzazione e strutturazione del testo, altro, ancora, vedere nell’uso delle
tecnologie l’“apertura di nuovi, rilevanti canali comunicativi e cooperativi” (4). L’insegnante
consapevole delle opportunità cognitive e formative specifiche offerte dalle diverse
strumentazioni evita la semplice replica di proposte didattiche normalmente realizzate anche
senza apparecchiature particolari; le utilizza invece in modo proficuo individuando contesti
d’uso concreti e significativi, sfruttando anche il coinvolgimento emotivo dell’allievo.
Per analizzare il secondo scenario, ci soffermiamo meglio sul concetto di scaffolding. Il termine
evoca le impalcature che sostengono l’edificio durante la costruzione e che possono essere
rimosse una volta completata l’opera. Esso compare ormai frequentemente nei testi di
didattica, da quando si affronta il rapporto tra tecnologie, didattica e teorie costruttiviste (5).
In Varisco - Grion ( 6), le tecnologie sono considerate sempre “una preziosa risorsa per
sostenere (scaffolding) l’apprendimento in un ambiente didattico dove il sapere è distribuito
anche in esse, ed il lavoro viene svolto collaborativamente anche attraverso esse”.
Nel modello dell’apprendistato cognitivo di Collins, Seely Brown e Newman (7), il maestro
adotta la strategia dello scaffolding, quando fornisce all’apprendista appoggio, stimolo; questa
condotta rappresenta un aspetto particolare del coaching, cioè l’assistere in modo continuo
l’allievo, secondo le necessità, il dirigere la sua attenzione su un aspetto, compiere opportuni
feedback, facilitare il lavoro; successivamente, al fine di avvicinarsi progressivamente ad un
apprendimento autonomo e più responsabile, il maestro passa al fading, alla graduale
eliminazione dei supporti, degli aiuti.
Il concetto di scaffolding è strettamente connesso a quello che Vygotzskij ci ha lasciato in
eredità: il fondamentale costrutto detto Zona di Sviluppo Prossimale, la distanza tra un livello
di sviluppo effettivo di un alunno ed un altro livello di sviluppo potenziale di problem solving
che egli raggiunge grazie alla guida, al sostegno di un adulto, educatore, o di un compagno,
più esperto (8). Ne scaturisce che, come ha affermato Calvani (9), secondo un’ottica
costruttivista, l’ambiente educativo può essere interpretato come “una virtuale intersecazione
di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono a disporre possibili impalcature (scaffolding)
che assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando tuttavia forte spazio alla
responsabilizzazione autonoma del soggetto; i partecipanti si muovono così attraverso
differenti strade e velocità, in un clima di condivisione e scambio reciproco; la partecipazione è
sempre basata su una negoziazione situata e rinegoziazione del significato nel mondo”.
Chi utilizza le tecnologie, seppure in modo quantitativamente e qualitativamente diverso, ha in
qualche maniera intuito il loro ruolo di scaffolding, in modo più o meno consapevole. Ad un
livello più basso, tale consapevolezza potrebbe rivelarsi addirittura assente, con una tecnologia
solamente presente come baby sitter, intrattenimento, utilizzata come riempitivo a scuola
(videogiochi, collegamenti all’intervallo, nelle ore buche e simili) al pari del brano filmico
visionato l’ultimo giorno prima delle vacanze natalizie, e così via. Ai livelli crescenti, la
tecnologia trova sempre più spazio all’interno delle attività didattiche, a macchia di leopardo, a
seconda che quel certo docente di quella certa disciplina sia più o meno volenteroso o abbia
più o meno il pallino tecnologico; la si incontra entro alcune zone progettuali o laboratoriali, o
grazie al docente, al team di docenti per noi ideale: i docenti che, evocati all’inizio, animano
tecnologicamente la didattica. Per accrescere la consapevolezza di quanto il mezzo tecnologico
possa rappresentare un sostegno alla didattica, si può delineare una distinzione tra situazioni,
connotazioni, potenziali proprietà di “sostegno” della tecnologia:
a) l’area di impalcatura “diretta”, interna, cui l’insegnante deve saper fare riferimento: offre
le tecnologie per usarle in situazione, in aula, rendendole visibili agli alunni, e ponendosi
l’obiettivo di ottenere ricadute sull’apprendimento dei medesimi; si tratta di impalcature
rimovibili nel senso caro a Vygotzskij: l’aiuto di cui il discente ha bisogno oggi, non sarà più
necessario domani, o meglio, oggi utilizza l’aiuto di alcune tecnologie sotto ausilio o
suggerimento dell’insegnante, domani ne usufruirà da solo, autonomamente, in quanto
studente, lavoratore, cittadino;
b) un’area di impalcatura “esterna”, invece, riguarda più direttamente quel lavoro “invisibile
dei docenti” di progettazione, pianificazione, organizzazione, valutazione, costruzione di
professionalità: qui rientra un intreccio di zone di sviluppo prossimali, contesti progettati ed
organizzati dai docenti, impalcature invisibili agli alunni, ma sempre presenti, e più o meno
consapevolmente create e manovrate dagli insegnanti.
Esemplifichiamo le due aree:
a) AREA DI IMPALCATURA
TECNOLOGICA DIRETTA O
INTERNA
b) AREA DI IMPALCATURA
TECNOLOGICA INDIRETTA O
ESTERNA
Gestire ed organizzare
progettazione, realizzazione,
Attivare le risorse cognitive e valutazione, documentazione
metacognitive degli alunni,
delle attività (UA, PSP, OSA,
consolidando lo sviluppo di
Portfolio, …), con varie
particolari forme di pensiero possibilità di condivisione,
scambio, ordinamento,
retificazione \
interconnessione,
catalogazione, …
Amplificare le potenzialità
comunicative verbali e non
verbali, sviluppare così la
creatività
Implementare ambienti di
apprendimento, in particolare
atti ad incentivano zone di
sviluppo prossimale,
cooperative learning …
Trovare materiali in rete
Valorizzare le multimedialità, (grezzi quali immagini, suoni,
le ipermedialità umane,
… già elaborati per la didattica
cognitive, corporee, emotive come presentazioni, testi,
software, …)
Sviluppare comunicazione:
rompere l’isolamento tra
classi, scuole, altre agenzie
educative, mondo esterno
Creare o modificare materiali
utili per le proprie attività (per
preparare lezioni, dispense,
sintesi o altro, Learning
Object..)
Documentare, rendere visibile Costituire reti di insegnanti,
il lavoro della scuola
comunità di pratica, …
Sfruttare la connotazione
“ludica” che accompagna la
tecnologia
Scegliere ed utilizzare
software specifici per la
didattica, software “a uso
didattico”, o “risorse
tecnologiche per
l’apprendimento” (A. Calvani
(10))
Formarsi e autoformarsi (a
distanza, blended …)
…
Utilizzare supporti tecnologici
per disabilità fisiche e
sensoriali
…
Analizziamo brevemente alcuni aspetti possibili di tali “impalcature”.
Un uso accorto della tecnologia ne può fare un “amplificatore cognitivo” (11). A titolo
esemplificativo, i videogiochi, per quanto efficaci nel promuovere determinate abilità (la
prontezza di riflessi, la coordinazione oculo-manuale, …), stentano a difendersi da accuse di
passivizzazione dell’alunno, ma possono diventare strumenti per il potenziamento del pensiero
metacognitivo se l’insegnante stimola la riflessione sulle strategie messe in atto nel gioco,
semplicemente fruito o, ancor più, se costruito o ricostruito insieme.
La navigazione in Internet richiede lo sviluppo di nuovi stili e abilità cognitive, nuove forme di
decodificazione testuale, non solo per utilizzare proficuamente un motore di ricerca, ma anche
per individuare l’informazione all’interno di una “pagina”, per cogliere velocemente il significato
di una schermata, per anticipare l’esito di un link… (12). Gli strumenti multimediali possono
offrire un grande potenziale educativo, non solo nella trasmissione di contenuti: facendo leva
sui diversi canali comunicativi (testo, audio, video, …) ed integrandoli tra loro in funzione del
raggiungimento di obiettivi formativi, agevolano modalità di comprensione e di assimilazione
migliori rispetto a strumenti più tradizionali, permettendo una reale personalizzazione
dell’apprendimento. La struttura di ipertesti e di ipermedia consente di scegliere percorsi di
fruizione differenti in funzione di particolari esigenze. “In sostanza, l’ipertesto altro non è che
la pratica realizzazione dell’idea del testo come “opera aperta”, il cui significato dipende
sempre dalle mosse del lettore, e dell’idea della lettura come riscrittura cui concorrono scelte,
gusti e vissuti personali di chi legge, oltre si rimandi ad altri testi che ogni opera reca in sé.”
(13) L’uso di semplici programmi di presentazione permette di giocare con linguaggi e media
diversi, offrendo l’occasione di essere autori e costruttori della propria conoscenza e non
semplici fruitori di contenuti. Internet e il computer offrono, altresì, una potente banca di
risorse per l’insegnamento: banche d’informazioni più o meno già organizzate per approfondire
aspetti disciplinari (siti specialistici, enciclopedie multimediali..), ambienti di simulazione per
far sperimentare agli alunni situazioni altrimenti difficilmente disponibili (ad esempio, costruire
e governare una città, immedesimarsi in un ambiente storico, manipolare variabili di un
processo chimico…), software per esercizi e verifiche …, costituendo così un efficace mezzo di
informazione e comunicazione per una formazione permanente e per la collaborazione con
colleghi. Potenzialmente, allora, le tecnologie rappresentano un fulcro per il rinnovamento della
didattica non solo dal punto di vista formale, ma anche da quello sostanziale, ridisegnando
ruoli, ambienti, compiti, azioni, metodi … Si impone, a tal punto, una serie di domande. Cosa
intendiamo per tecnologia? Quale rapporto concepiamo con la didattica? A quali
strumentazioni, mezzi, media ci riferiamo quando parliamo di tecnologie in classe? Esiste
davvero una netta suddivisione tra le strutture di scaffolding tecnologico “puro” ed altre
impalcature generanti scaffolding?
Si può intendere il binomio tra tecnologie e didattica come un rapporto sinergico tra le due
istanze: la didattica, scienza dell’educazione col suo bagaglio teorico \ pratico inerente a
contesti, ruoli, azioni, relazioni, sistemi che mirano a realizzare processi di insegnamento –
apprendimento, riflette e agisce anche nelle tecnologie (tecnologie come ambiente culturale in
cui siamo immersi e da cui trarre sollecitazioni), con le tecnologie (per mezzo di), rispetto alla
tecnologia (verso cui stabilire rapporti di criticità, elaborazione, interpretazione), in quanto
elemento del sistema educativo e del sistema - cultura (14); la tecnologia, o meglio, la cultura
tecnologica, offre una lettura sui contesti didattici in termini di razionalizzazione sulla didattica
e i suoi oggetti, i suoi contesti, i suoi sistemi, poiché la didattica si concretizza entro un
sistema, caratterizzato come struttura e come processo comunicativo fatti di eventi scanditi da
routine, norme, ma anche da unicità ed imprevedibilità
Quando pensiamo, allora, alle tecnologie in classe, ci riferiamo non solo ad una vasta
strumentazione: pensiamo al computer, certo, ai mass media, ma anche a qualsiasi mediatore
possa rendersi utile per portare a buon fine i processi di insegnamento – apprendimento. Per
dare fondamento a questa tesi, abbiamo due punti di riferimento, già fatti nostri (15). Il primo
contribuisce a delineare lo sfondo in cui ci si muove: Olson (16) ha offerto un’ampia quanto
preziosa accezione di medium, purtroppo non ancora coscientemente assunta ed inglobata
nelle intenzionalità dei docenti: medium è ogni campo di attività esecutiva umano, compresi il
muoversi, l’afferrare, parlare, disegnare, perciò possono essere considerati media tutti gli
strumenti, nonché ogni agire utili per adempiere una funzione comunicativa e per gestire
simboli. Il docente che adotta consapevolmente scaffolding tecnologico, di aree diretta ed
indiretta, applica un’interpretazione del testo educativo \ didattico in senso olsoniano, lo
“legge” come un sistema comunicativo ove scegliere il canale più adeguato per ottenere una
comunicazione didattica efficace, tale che raggiunga lo scopo di far giungere il messaggio al
destinatario – alunno.
Rielaborazione del modello della meditazione didattica di E. Damiano
Per il secondo punto di riferimento ci viene in aiuto il modello della mediazione didattica di
Damiano (17), che interpreta l’esperienza didattica come un’integrazione di tre elementi
costitutivi, oggetto culturale, soggetto in apprendimento, azione di insegnamento: in ogni
azione didattica si struttura un processo di metaforizzazione che costruisce un ponte
dall’oggetto culturale al soggetto di apprendimento; l’operatore didattico s’inserisce per una
mediazione, compiendo le azioni necessarie per rendere il primo accessibile al secondo
avvalendosi di mediatori di vario tipo. Il computer, il mezzo tecnologico che oggi per primo
sovviene alla mente, è soltanto uno fra i molti; è il docente a scegliere come, dove, quando
utilizzarlo all’interno della scena didattica: può, anzi deve valutare se, ai fini di un certo
obiettivo educativo, in relazione ai bisogni degli alunni, ai loro stili di apprendimento, le
tecnologie, le comunicazioni in forma multi ed ipermediale, il tal medium o il tal altro agevolino
o no rispetto alla distanza spazio-temporale dell’oggetto culturale.
Un docente che si avvale di sostegno tecnologico è allora un docente che sa riflettere, sa
osservare, sa leggere il contesto cui egli stesso partecipa, di cui è elemento, fattore influenzato
ed influenzante. Un docente che “costruisce” le impalcature tecnologiche conosce ad un grado
più o meno approfondito le tecnologie ma, soprattutto, sa che importanza esse possano
assumere all’interno del sistema didattico, quale valore in quanto mediatori, quale peso, quali
vantaggi e limiti. Il docente esperto in scaffolding tecnologico e didattico si avvale di
impalcature del primo e del secondo tipo delineati; inoltre, è in grado di “costruire” perché è in
grado di manovrare il tutto in modo flessibile: in base all’interazione fra tutti i fattori in gioco,
in relazione alla specifica attività che sta svolgendo, tenendo conto degli alunni che ha di
fronte; valuta se, come, quando utilizzare quella certa tecnologia. Per usare ancora una
metafora, per andare sulla luna, non usa la bicicletta, per spostarsi dal bagno alla camera da
letto non sale sulla Jeep … ! capita, però, di vedere un insegnante che detta fiumi di pagine per
svolgere quel tale argomento nell’amara illusione che quest’azione si traduca magicamente in
sapere nella testa dei propri alunni … Insomma, è “… solo la progettualità pedagogica a dare
senso a ciascun elemento, anche a quelli di ordine tecnologico” (18). Il docente che anima
tecnologicamente la didattica necessita di quel substrato riflessivo che gli consenta di
governare il timone del sistema didattico: consapevolezza delle diverse dimensioni della
didattica, delle finalità educative, del proprio ruolo formativo, culturale, sociale (19). C’è
bisogno di competenze tecnologiche e di cultura tecnologica: le tecnologie offrono nuove
opportunità alla didattica in termini di stimoli, riflessioni, implementazioni, suggestioni. C’è
bisogno di competenze meta- didattiche: efficaci impalcature di sostegno tecnologico alla
didattica in classe, in ambienti educativi e di apprendimento possono essere costruite in base a
riflessioni, oltre il domandarsi “quale sostegno tecnologico? … sostegno tecnologico sì o no?”
per porsi la domanda “come rinnovare seriamente la didattica …?”.
Note
(1) Donald SCHON, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari, 1993
(2) Davide PARMIGIANI, Tecnica-Tecnologia. Falsa opposizione nella didattica in A. Calvani (a
cura di), Form@re - Newsletter per la formazione in rete, Erikson.it, Trento, n°32, gennaio
2005, in http://formare.erickson.it/archivio/gennaio_05/4_PARMIGIANI_1.html
(3) Pierre LEVY, Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, Milano, 1999.
Altri possibili approfondimenti in rete: http://www.altrascuola.it/article.php?sid=394 offre una
sintetica recensione sul testo, nonché altri link, in particolare interviste dell’autore;
http://www.sisde.it/sito%5CRivista27.nsf/servnavig/28 la rivista italiana di Intelligence, Gnosis
on line, commenta brevemente il suo concetto di intelligenza collettiva, che porta a riflettere
ben oltre le conseguenze materiali della rivoluzione tecnologica; infine,
http://bfp.sp.unipi.it/rec/levy.htm Bollettino telematico di filosofia politica dell’Università di
Pisa, conduce al pensiero di Levy e suggerisce ricchi approfondimenti in rete
(4) Antonio CALVANI, Costruttivismo, progettazione didattica e tecnologie in
http://www.scform.unifi.it/lte/allegati/2/Costruttivimo%20e%20progettazione.doc
(5) Per un approfondimento del rapporto tra didattica, tecnologie e costruttivismo, si può
consultare la pagina http://www.oppi.mi.it/equipe/IAD/sitografia/costruttivismo.htm che offre
numerosi link fra cui il contributo di Antonio CALVANI già citato.
(6) Bianca Maria VARISCO – Valentina GRION, Apprendimento e Tecnologie nella Scuola di
Base, Utet, Torino, 2000, p. 40.
(7) Allan COLLINS, John Seely BROWN, Susan E. NEWMAN, L'apprendistato cognitivo, per
insegnare a leggere, scrivere e a far di conto, in Clotilde PONTECORVO, Anna Maria AJELLO,
Cristina ZUCCHERMAGLIO (a cura di), I contesti sociali dell'apprendimento, Acquisire
conoscenze a scuola, nel lavoro, nella vita quotidiana, Ambrosiana, Milano, 1995, pp. 181-231.
(8) Lev S. VYGOTZSKIJ, Il Processo cognitivo, trad. it. Boringhieri, Torino,1980.
(9) Antonio CALVANI, Elementi di Didattica, Carocci, Roma, 2000 pp. 80-81.
(10) Antonio CALVANI, Valutazione software didattico, in Puntoedu Indire Formazione DL 59,
http://puntoeduri.indire.it/formazionedl59/
(11) Antonio CALVANI, Il bambino e il computer nella scuola, in Puntoedu Indire Formazione
DM 61
(12) Antonio CALVANI, Valore aggiunto delle reti telematiche alla didattica, in Puntoedu
Formazione Tecnologica a.s. 2002/2003
http://puntoeduft.indire.it/160mila/b/moduli/app/corsi_fortic/b5/approfondimenti/
app_1/RetiDidattica.PDF ; si può vedere anche Antonio Calvani – Mario Rotta, Comunicazione e
apprendimento in Internet. Didattica costruttivistica in rete, Erickson, Trento, 1999.
(13) Pier Cesare RIVOLTELLA, Comunicare in Internet, in TD Tecnologie Didattiche, n1-2001,
Edizioni Menabò Ortona (CH)
(14) La suddivisione (nelle, con, rispetto alle – tecnologie) è ispirata a quella proposta da
Renza CERRI MUSSO, Tecnologie Educative, Sagep, Genova, 1995, p. 147.
(15) Marina FASCE, L'ipertesto e l'ipermedia, il nodo e la rete in Davide PARMIGIANI (a cura
di), Tecnologie per la didattica. L’antropologia multimediale dai fondamenti all’azione
educativa, Franco Angeli, Milano, 2004
(16) David OLSON, Linguaggi, media e processi educativi, Loescher, Torino, 1979.
(17) Elio DAMIANO, L’azione didattica. Per una teoria dell'insegnamento, Armando, Roma,
1993
(18) Renza CERRI MUSSO, Tecnologie Educative, Sagep, Genova, 1995, p. 147.
(19) in proposito, Renza CERRI MUSSO, Le Dimensioni della Didattica, Vita e Pensiero, Milano,
2002.
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