la formazione del sistema politico europeo moderno.

1450-1648. L'Europa degli Stati moderni.
TRA GUERRE, CRISI E RIVOLUZIONI: LA
FORMAZIONE DEL SISTEMA POLITICO
EUROPEO MODERNO.
1. Il quadro territoriale europeo all’inizio del XVI secolo
2. L’Europa dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559)
3. L’Europa dopo la pace di Westfalia(1648)
H. Holbein il giovane, Gli ambasciatori, 1533
Il valore di un
diplomatico si misura
dalla sua capacità di
raggiungere attraverso
negoziati ciò che è
vantaggioso per lo Stato
da lui rappresentato.
De Bernardi-Guarracino,
Epoche, vol .1, p.217
1. Il quadro territoriale europeo all’inizio del XVI secolo
Dalle guerre di predominio in Italia ai conflitti per l’egemonia in Europa
Perché l’Italia seguì un percorso diverso dalle monarchie europee?
E la cagione che l’Italia non sia
in quel medesimo termine né
abbia anch’ella o una republica
o uno principe che la governi,
è solamente la Chiesa: perché
avendovi quella abitato e
tenuto imperio temporale, non
è stata sì potente né di tanta
virtù che l’abbia potuto
occupare la tirannide d’Italia e
farsene principe, e non è stata,
dall’altra parte, sì debole che
per paura di non perdere il
dominio delle sue cose
temporali la non abbia potuto
Non essendo adunque
stata la Chiesa potente da
potere occupare la Italia,
né avendo permesso che
un altro la occupi, è stata
cagione che la non è potuta
venire sotto uno capo, ma è
stata sotto più príncipi e
signori, da’ quali è nata
tanta disunione e tanta
debolezza che la si è
condotta a essere stata
preda, non solamente de’
barbari potenti, ma di
qualunque l’assalta.
convocare uno potente che la
[Machiavelli, Discorsi
difenda contro a quello che in
sopra la prima Deca di
Italia fusse diventato troppo
Tito Livio, I, cap. XII, 1513-
potente.
1519]
L’Italia all’indomani della pace di Lodi (1454); Lega italica (1455) e ruolo si Lorenzo il Magnifico
L’equilibrio italiano garantito da Lorenzo il Magnifico

“pieni tra se medesimi di emulazione e di gelosia, non cessavano
di osservare assiduamente gli andamenti l’uno dell’altro,
sconciandosi scambievolmente tutti i disegni [dedicandosi a
considerare tutte le opportunità] per i quali a qualunque di essi
accrescere si potesse o imperio o riputazione: il che non rendeva
manco [meno] stabile la pace, anzi destava in tutti maggiore
prontezza a procurare [fare in modo] di spegnere sollecitamente
tutte quelle faville che origine di nuovo incendio essere
potessino [potessero].
Tale era lo stato delle cose, tali erano i fondamenti della
tranquillità d’Italia, disposti e contrapesati in modo che non solo
di alterazione presente non si temeva ma né si poteva facilmente
congetturare da quali consigli o per quali casi o con quali armi
s’avesse a muovere [turbare] tanta quiete. Quando, nel mese di
aprile dell’anno mille quattrocento novantadue, sopravenne la
morte di Lorenzo de’ Medici; morte acerba a lui per l’età, perché
morì ancora non finiti quarantaquattro anni; […] Ma e fu morte
incomodissima al resto d’Italia, così per l’altre operazioni le
B. Gozzoli, Il viaggio dei Magi, 1459
quali da lui, per la sicurtà comune, continuamente si facevano. “
[Guicciardini, Storia d’Italia, 1561]
Il fragile equilibrio italiano.
La “bilancia” d’Italia non è tanto il frutto di una sagace o sottile
elaborazione politica, quanto il risultato di una somma di debolezze
economiche e finanziarie, accresciute straordinariamente in questo
periodo dalle aumentate necessità dei bilanci statali, inseguito allo
sviluppo degli apparati amministrativi e militari, ma soprattutto
debolezze interne dei singoli Stati della penisola.
Il prevalere delle oligarchie, il restringersi delle basi di governo
– fenomeni comuni ai vari Stati italiani – rendono precaria la situazione
dei governanti. E a tal proposito – si è rilevato – è significativo che
l’articolo di apertura del trattato per la lega italica impegnasse le parti
contraenti alla «conservazione e difesa dei rispettivi Stati», non solo contro
le minacce esterne, ma anche nel caso che «dai loro sudditi venisse offesa».
Corrado Vivanti, La storia politica e sociale. Dall’avvento delle Signorie
all’Italia spagnola, 1974
Le guerre d’Italia 1494-1516
Ed era entrata in Italia una
quasi tutta una state, tanto
fiamma ed una peste che non
che le guerre erano
solo mutò gli stati, ma e’
lunghissime ed e’ fatti d’arme
modi ancora del governargli
si terminavano
ed e’ modi delle guerre,
con piccolissima e quasi
perché dove prima, sendo
nessuna uccisione. Ora per
divisa Italia principalmente
questa passata de franciosi,
in cinque stati, papa, Napoli,
come per una subita tempesta
Venegia, Milano e Firenze,
rivoltatasi sottosopra ogni
erano gli studi di ciascuno
cosa, si
per conservazione delle
roppe e squarciò la unione di
cose proprie, vòlti a
Italia ed el pensiero e
riguardare che nessuno
cura che ciascuno aveva alle
occupasse di
cose communi in modo
quello d’altri ed accrescessi
che vedendo assaltare e
tanto che tutti avessino a
tumultuare le città, e’ ducati
tèmerne, e per questo
ciascuno stando sospeso
tenendo conto di ogni
cominciò attendere le sue
piccolo movimento che si
cose proprie né si muovere
faceva e faccendo romore
per dubitare che uno incendio
eziandio della alterazione di
vicino, una ruina di uno luogo
ogni minimo castelluzzo, e
prossimo avessi a ardere e
Miniatura del XV secolo, L‘esercito francese alle porte di Milano.
quando pure si veniva a
ruinare lo stato suo.
guerra erano tanto bilanciati
[F. Guicciardini, Storie
gli aiuti e lenti e’ modi della
fiorentine, 1508-11]
milizia e tarde le artiglierie
che nella espugnazione di
uno castello si consumava
Le guerre d’Italia 1494-1516
Nacquono le guerre subite e violentissime, spacciando ed acquistando in meno tempo
uno regno che prima non si faceva una villa; le espugnazioni delle città condotte a fine
non in mesi, ma in dì e ore; e’ fatti d’arme fierissimi e sanguinosissimi. Ed in effetto gli
Stati cominciorono a conservare, a rovinare, a dare ed a torre non co’ disegni e nello
scrittoio, come nel passato, ma alla campagna e colle arme in mano.
[F. Guicciardini, Storie fiorentine, 1508-11
1494-1516 (pace di Noyon: francesi a Milano e Spagnoli a Napoli): 16 anni di guerre, che hanno come
teatro l’Italia e che sono combattute secondo la strategia dell’equilibrio (ruolo dei principi italiani
che avevano sperato di approfittare dell’alleanza con Francia e Spagna nelle loro lotte interne per riuscire
ad imporre la loro egemonia sulla penisola vd. per es. 1508: lega di Cambrai, promossa dal papa Giulio
II per rafforzare politicamente lo stato della Chiesa contro Venezia, cui aderiscono Luigi XII, l’imperatore
Massimiliano e Ferdinando d’Aragona)
Le guerre per l’egemonia in Europa 1494-1516
L’età di Carlo V
Il pittore e l’imperatore: Tiziano e Carlo V
Il giovane Carlo V
Tiziano, Ritratto di Carlo V con il cane, 1533.
Il sovrano combattente
Tiziano, Ritratto di Carlo V a cavallo, 1548.
Il pittore e l’imperatore: Tiziano e Carlo V
Il sovrano saggio
Tiziano, Ritratto di Carlo V seduto, 1548.
Al cospetto di Dio
Tiziano, La gloria di Carlo V seduto, 155154.
Relazione di Gasparo Contarini ritornato ambasciatore da Carlo V. Letta in
Senato a dì 16 Novembre 1525
Serenissimo principe ed eccellentissimo senato;
in questa mia relazione delle cose pertinenti alla legazion mia presso Cesare, lasciando ogni superfluità
ed ostentazione, mi ristringerò a tre sole parti.
Nella prima narrerò li regni e le provincie soggette alla maestà cesarea, con le cose ad
esse attinenti.
Nella seconda si dirà delli consiglieri della prefata maestà, che sono come istrumenti, per li quali si
governano questi regni.
Nella terza riferirò della persona di Cesare, e delli attinenti a quella per propinquità di sangue; cioè del
serenissimo arciduca Ferdinando suo fratello, delle sorelle, e di madama Margherita sua zia; le quali cose espedite,
sarà il fine di questa mia narrazione. […]
La cesarea maestà è giovane d'anni venticinque, tanti quanti n'abbiamo del millesimo dopo il mille e
cinquecento, e compirà il vigesimo sesto addì ventiquattro del mese di Febbrajo nel giorno di San Mattia, nel quale
ebbe la vittoria contro l'esercito francese, e fu preso il re cristianissimo.
È di statura mediocre, non molto grande, nè piccolo, bianco, di colore più presto pallido che rubicondo,
del corpo ben proporzionato, bellissima gamba, buon braccio, il naso un poco aquilino, ma poco, gli occhi avari,
l'aspetto grave, non però crudele nè severo, nè in lui altra parte del corpo si può incolpare, ecetto il mento, anzi tutta
la mascella inferiore, la quale è tanto larga, e tanto longa, che non pare naturale di quel corpo.
Il progetto di una monarchia universale
Un monarca, un Imperio,
y una Espada. [Hernando de Acuña]
A questo punto cominciò a diffondersi il timore per la sorte dei regni e dei domini di Carlo, se il
re francese diventava imperatore. I fatti provavano che Mercurino aveva visto giusto. E si decise di non
lasciare nulla di intentato, per tagliar fuori il francese dalla nomina imperiale. [...] Le ambizioni francesi
erano ormai scoperte: si dava per certa l'elezione di Francesco I o col denaro o con le armi. Anche le
pratiche del pontefice Leone X erano note. Tramite il legato a latere, cardinale di San Sisto e i suoi nunzi, il
papa si adoperava ad escludere dall'elezione entrambi i pretendenti e a elevare al trono un principe tedesco,
che sarebbe stato più angusto che augusto. L'obiettivo di limitare e diminuire la potenza dell'impero poteva
essere raggiunto dichiarando Carlo ineleggibile, in quanto investito del feudo del regno napolitano.
[…] Nessuno è debitore a Dio più di Carlo imperatore; a lui l'Altissimo ha fatto e dato più che a
ogni altro al mondo. Basti pensare alla morte di molti che precedevano Carlo nella linea di successione
ereditaria, ai numerosi e immensi regni e domini passati nelle sue mani per diretta successione, quand'era
ancora un fanciullo: tutto ciò, al di fuori di ogni azione e decisione umana, soltanto per grazia della divina
clemenza, tanto particolarmente benevola verso di lui. Perché nulla mancasse, Dio, nella sua benignità, ha
concesso al giovane principe, con voto unanimedei grandi elettori, il sacro romano impero, un giustissimo
titolo per la monarchia universale. [Mercurino Arborio di Gattinara, Autobiografia, 1529]
Il sollecito di Jacob Fugger (aprile 1523)

La Vostra Maestà Imperiale sa, senza dubbio alcuno, quanto i
miei cugini e io siamo sempre stati fin qui sottomessi al servizio
della prosperità e dell'innalzamento della Casa d'Austria, e come
siamo stati condotti, per compiacere Sua Maestà vostro nonno,
l'imperatore Massimiliano, e procurare a Vostra Maestà la
corona romana, a impegnarci nei confronti dei principi che non
volevano accordare fiducia e credito a nessun altro che a me;
come, ancora, noi abbiamo anticipato ai commissari di Vostra
Maestà e per lo stesso scopo una importante somma di denaro,
che noi stessi abbiamo dovuto in gran parte prendere in prestito
dai nostri amici. È poi notorio e verificato che, senza il mio
aiuto, Vostra Maestà Imperiale non avrebbe mai potuto ottenere
la corona romana, cosa che posso provare con scritti di mano dei
commissari di Vostra Maestà. Non ho avuto in vista il mio
interesse personale, perché, se avessi voluto abbandonare la
Casa d'Austria e favorire la Francia, avrei ottenuto molto denaro
e beni, come mi era stato proposto. Quale danno ciò avrebbe
provocato per Vostra Maestà Imperiale e per la Casa d'Austria, il
Il sollecito di Jacob Fugger (aprile 1523)
profondo giudizio di Vostra Maestà vi permetterà di valutare.
L’impero dei Fugger e la nascita del capitalismo commerciale
Tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento la famiglia tedesca dei Fugger edificò un vero e proprio
impero economico che - dagli inizi come tessitori e poi mercanti di tessuti - era arrivato a comprendere miniere di rame e di
argento in America, di mercurio in Spagna, di sale in Austria, di ferro in Germania, oltre a innumerevoli attività
finanziarie e commerciali in ogni angolo d'Europa. L’ascesa dei Fugger si compì con Jacob detto "il Ricco" (14591525), fondatore di una rete di banche che da Augusta si diramava in diverse capitali europee e artefice dei legami che la famiglia
strinse con gli Asburgo concedendo ingenti prestiti all'imperatore Massimiliano e poi al nipote Carlo, il quale proprio grazie
al denaro dei Fugger nel 1519 poté comprare il voto dei principi elettori per ottenere la Corona imperiale . La
società di Jacob gestiva un enorme massa di capitali e forniva non soltanto all'imperatore, ma anche a molti sovrani europei e
ai pontefici, denaro e uomini in armi: dal 1497 le guardie svizzere incaricate della sicurezza del re di Francia e del papa erano
reclutate e armate dai Fugger. In rimborso dei prestiti e degli interessi i banchieri ottennero spesso anche rendite e
privilegi, vantaggiosi contratti per lo sfruttamento di giacimenti minerari e addirittura il possesso di una contea
tedesca, quella di Kirchberg, in Baviera. Sotto la direzione di Anton Fugger, nipote e successore di Jacob, la società seppe
sfruttare il valore commerciale delle scoperte geografiche, finanziando ad esempio la spedizione portoghese che nel
1526 aprì la via al commercio coloniale nelle lontane Molucche, in Estremo Oriente. Al contempo Anton curò gli affari in Europa:
intensificò infatti i collegamenti con le banche della curia pontificia, perlomeno fino a quando non avvertì la crisi del papato
conseguente al saccheggio di Roma compiuto nel 1527 dai lanzichenecchi al servizio di Carlo. Da un lato lo stretto legame
finanziario con gli Asburgo aveva largamente contribuito alla fortuna dei Fugger, dall'altro fece sì che essi risentissero i
contraccolpi delle gravi crisi economiche che avrebbe attraversato la Spagna di Filippo, il quale in due occasioni
sospese del tutto i pagamenti ai creditori. La società di Augusta iniziò un lento declino e cessò di esistere nel 1658.
[Borgognone Carpanetto, L’idea della storia, vol. 1]
L’impero dei Fugger e la nascita del capitalismo commerciale
La città dei Fugger, affresco, particolare, XVI secolo, Augusta, Municipio
Le guerre per l’egemonia in Europa 1494-1516
L’età di Carlo V
CRONOLOGIA
1516: Carlo V re di Spagna;
1519: Carlo V imperatore;
Fronte politico interno:
1520-21: rivolta delle Cortes in Spagna (timori per una possibile subordinazione degli interessi spagnoli alla politica tedesca
e opposizione ai provvedimenti centralizzatori di Carlo);
1521-1555: scontro con i principi luterani;
1555: Pacificazione di Augusta.
Fronte politico esterno:
1521-1559: conflitto per l’egemonia in Europa contro la Francia di Francesco I (Italia: teatro del conflitto 1527: sacco di
Roma; 1529: pace di Cambrai. Predominio spagnolo in Italia)
Scontro con i Turchi di Solimano il Magnifico
1529: i Turchi assediano Vienna;
1538: battaglia navale per il controllo del Mediterraneo
1556: Carlo V abdica dividendo il suo Regno tra il figlio, Filippo II, e il fratello, Ferdinando d’Asburgo.
1559 pace di Cateau – Cambrésis e semplificazione della situazione geopolitica europea (la Francia rinuncia alle pretese
sull’Italia riconoscendo l’egemonia spagnola sulla penisola, ottiene alcuni ingrandimenti territoriali sui confini con l’impero e
l’annessione di Calais)
IL SACCO DELL'URBE E LA FEROCIA DEI LANZICHENECCHI
C. Rendina, La Repubblica, 05/05/2013
All’origine del Sacco di Roma condotto a termine dai Lanzichenecchi, c'è il piano di conquista dell'Italia da parte
di Carlo V contro la lega di Cognac sottoscritta da papa Clemente VII con Francia, Venezia, Milano e Genova.
L'imperatore è sceso dal nord Italia con i suoi 8000 soldati sotto il comando di Filiberto d'Orange, ai quali si sono uniti 14
mila Lanzichenecchi e 500 cavalieri […]. Il pomeriggio del 5 maggio 1527 davanti alle mura si ammassano i soldati
imperiali, e in prima fila i Lanzichenecchi […]. Poco prima della mezzanotte si ha la scalata dei Lanzichenecchi a fronte di
Borgo e Trastevere, senza che sia messo in atto un ostacolo; all'alba del 6 maggio scendono tra i vicoli di Borgo e il papa fa
appena in tempo a rifugiarsi a Castel Sant'Angelo, seguito da tredici cardinali e un migliaio di nobili romani. […] I cittadini
si barricano in casa in preda al terrore e attendono che si abbatta su di loro, inesorabile, il "diritto di
guerra" degli invasori, con licenza di saccheggio sulla città conquistata, ma anche violenza sui cittadini
inermi, autentica carne da macello in un'orgia di sangue, fuoco, stupri, depredazioni e distruzione. A cominciare dal
massacro di circa ottomila romani inermi e dalla feroce violenza sulle donne; sotto gli occhi di genitori e mariti, mogli e
madri subiscono stupri dai soldati di cui sono preda. Inutilmente le nobili signore cercano rifugio nei conventi, perché anche
le monache finiscono vittime dei Lanzichenecchi.
Poi c'è la depredazione, che inizia dai palazzi, i cui padroni per evitare il saccheggio consegnano denaro in migliaia di
ducati; […] La profanazione del sepolcro di Giulio II comporta il furto dei gioielli che ricoprono la salma, mentre nella Sala
delle Prospettive della Farnesina alla Lungara si registra lo sfregio con il graffito "Babilonia" inciso a caratteri gotici sul
campanile, nell'angolo della parete del camino, e la frase "I Lanzichenecchi hanno fatto correre il papa". […] Il sacco dura
tutto il mese di maggio, ma lo stato d'assedio finisce solo il 15 dicembre, quando Roma viene riconsegnata da Carlo V alle
truppe pontificie, anche se il papa è fuggito da Roma già una settimana prima con il sopraggiungere della peste, rifugiandosi
a Viterbo;e da lì tornerà solo il6 ottobre del 1528
L’Italia sotto il dominio spagnolo dopo la pace di Cambrai (1529)
L’Impero di Solimano il Magnifico (1520-1566)
 efficiente
amministrazione centrale
 potere assoluto del
sovrano
 relativa libertà di culto
2. L’Europa dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559)
Il secolo di ferro (1562-1648)
Il secolo di ferro (1562-1648)
F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II (1556-1598)
Filippo II paladino della Controriforma (1559)
Contemporary illustration of the Auto-da-fe held at Valladolid Spain 21-05-1559
Le guerre di religione
La scissione del credo religioso produsse al tempo stesso crudeltà e confusione. Nel 1530, prima
che il calvinismo impedisse ulteriormente al movimento riformistico di presentare un volto compatto sotto
il profilo dottrinale, così Sebastian Franck (storico e mistico tedesco) manifestava la sua disperazione: «Chi
non avrebbe ragione di dolersi, costretto a vivere in questo mondo ottenebrato? ... Guardate quante fedi,
quante sette, quante fazioni esistono, solo fra quanti praticano la religione cristiana! Trascuro poi di
indugiare sulle suddivisioni delle sette in altre sette, e su come le parti delle varie chiese s'ignorino a
vicenda». Ma fino alla condanna al rogo di Serveto (riformatore e medico spagnolo condannato al rogo per
le sue dottrine antitrinitarie) a Ginevra, le sette, più che distruggersi vicendevolmente, ricorrevano all'arma
della persecuzione e dell'esilio.
[…] Spettò per contro alla divisione in chiave politica fra cattolicesimo e
protestantesimo, inteso nel suo complesso, e all'identificazione del non conformismo con il
tradimento, scatenare la repressione più feroce, messa in atto nelle prigioni
dell'Inquisizione disseminate fra Roma e Lisbona o con i roghi inglesi sotto il regno di Maria la Cattolica
[J.R. Hale, La civiltà del Rinascimento in Europa, A. Mondadori, 1994]
Filippo II paladino della Controriforma (1609-1613)
L’ideale della limpieza de
sangre (“purezza del
sangue”) divenne una vera e
Pere Oromig e Francisco
propria ossessione nella
Peralta, L'espulsione dei mori
seconda metà del XVI secolo:
da Alicante, 1609
a chiunque fosse sospettato
di avere sangue “impuro”,
ossia che discendesse da un
antenato ebreo o moro, fu
negato l’accesso a cariche
pubbliche, università e
scuole, ordini militari e
perfino corporazioni
professionali.
Filippo II paladino della Controriforma. (1571)
La battaglia di Lepanto, Galleria delle carte geografiche, Musei Vaticani
Philip Moro, Ritratto
di Filippo II, partic.
XVI secolo
Il quadro sintetizza metaforicamente
il contrasto tra la Spagna cattolica di
Filippo II e l’asse protestante
guidato da Elisabetta I d’Inghilterra
nella vicenda dei Paesi Bassi,
dominio spagnolo ribellatosi
all’autorità del re cattolico in nome
dell’indipendenza politica e della
libertà religiosa. La mucca
rappresenta i Paesi Bassi su cui
domina Filippo II. Il duca d’Alba,
inviato del re, è raffigurato nell’atto
di mungere la mucca; la regina
Elisabetta porge del fieno alla mucca
sotto lo sguardo compiacente di
Guglielmo d’Orange Nassau, il capo
calvinista della rivolta.
P. Bruegel il Vecchio, La
strage degli innocenti, 1566
Il pittore Bruegel è stato testimone
delle violenze che la controversia
religiosa ha determinato nel paese,
tanto che i suoi dipinti anche quando
hanno soggetti religiosi sono quasi
sempre ispirati all’attualità politica.
In questo quadro Bruegel trasferisce
al suo tempo l’avvenimento
evangelico della strage dei neonati.
L’evento è ambientato in un villaggio
fiammingo. Al centro della scena la
strage è tenuta sotto controllo da una
pattuglia di cavalieri chiusi nella
grigia corazza dei lancieri spagnoli,
guidati da un austero comandante
vestito di nero con la fisionomia del
Duca d’Alba (d’altra parte
soprannominato “il nero d’Alba)
I Paesi Bassi dichiarano l’indipendenza (1581). Il diritto di resistenza come diritto di natura.
E' a tutti evidente che un principe è posto da Dio al governo di un popolo per difenderlo
dall'oppressione e dalla violenza, come il pastore il suo gregge; e Dio non creò il popolo schiavo del suo principe, per
obbedire ai suoi ordini a ragione ed a torto, ma creò piuttosto il principe per il vantaggio dei sudditi e per reggerli secondo
giustizia, per amarli ed aiutarli come il padre i suoi figli, o il pastore il suo gregge, e per difenderli e proteggerli finanche a costo
della vita. E quando egli non si comporti così, ma al contrario, li opprime, tentando di violare loro antiche
consuetudini e privilegi esigendo la loro servile ubbidienza, allora egli non è più un principe, ma un tiranno e
i sudditi non devono considerarlo in altro modo. E in particolare, quando ciò è fatto deliberatamente, senza
autorizzazione degli Stati (Generali), essi possono non soltanto rifiutarsi di riconoscere la sua autorità ma
procedere legittimamente alla scelta di un altro principe per la loro difesa.
Questa è la sola via lasciata ai sudditi, le cui umili petizioni e rimostranze non riuscissero a persuadere il loro
principe, o a dissuaderlo da provvedimenti tirannici; e questo è ciò che la legge di natura impone per la difesa della
libertà che noi dobbiamo trasmettere ai posteri anche a costo della nostra vita (…)
Non avendo alcuna speranza di riconciliazione e non trovando alcun altro rimedio, noi siamo stati
costretti in conformità alla legge di natura, a nostra difesa e per mantenere i diritti i privilegi le libertà dei
nostri concittadini, delle nostre mogli e dei nostri figli e dei nostri discendenti, siamo stati costretti per non
essere resi schiavi dagli spagnoli, a rifiutare l'obbedienza e sudditanza al Re di Spagna e a prendere le misure
che ci sembreranno opportune per conservare le nostre antiche libertà e privilegi.
La nascita delle Province Unite (1581/1648)
Le ragioni di una sconfitta.
… non esiste una singola causa della
disfatta dell’Armada, ma un insieme di
cause concomitanti, ognuna delle quali da
sola non avrebbe potuto determinare il
risultato ma che complessivamente lo
resero inevitabile. […] Qualche spazio
bisogna lasciarlo al caso, cioè alla fortuna:
nel 1588 gli inglesi ebbero indubbiamente
fortuna, cioè furono aiutati sia dal clima sia
dagli errori sia dalle scelte dell’avversario.
Dopo la battaglia di Gravelines [vicino a
Calais, di fronte a cui fu combattuta la
battaglia principale] l’Armada era
intaccata, ma sostanzialmente ancora
quasi intatta : tuttavia con il vento
contrario e le navi in condizioni precarie, a
Medina Sidonia [il giovane comandante a
Anonimo, La sconfitta dell’Invencible Armada (agosto 1588)
capao della flotta spagnola] non rimase che
scegliere la perigliosa rotta a Nord, intorno
alle isole britannicche, dove la tragedia
della sua flotta si sarebbe compiuta.
A. Martelli [docente si strategia e politica aziendale alla’università Bocconi di Milano ], La disfatta dell’invincibile Armada. 2008
Il regno di Elisabetta I (1558-1603)
Il ritratto del
setaccio
Il ritratto è la sintesi di un'idea
complessa della regalità che
Elisabetta d'Inghilterra coltivò e
fece valere. "Regina vergine" per
una scelta di dedizione al suo
popolo, regina legittimata a
governare, e conquistatrice dei
mari: sono i richiami più evidenti
del quadro. Il setaccio che
Elisabetta tiene in mano rimanda
alla vergine vestale Tuccia, che
dimostrò la propria castità
sottoponendosi alla prova che
prevedeva di trasportare
nell'acqua in un setaccio dal
Tevere al tempio di Vesta senza
versarne nemmeno una goccia. I
medaglioni incastonati nella
colonna a sinistra narrano le
imprese di Enea, a suggerire una
discendenza della dinastia Tudor
dall'eroe mitologico che doveva
fungere da legittimazione per il
regno di Elisabetta.
Le compagnie di commercio inglesi (secolo XVII)

Queste nuove compagnie si organizzarono come società per
azioni: la diminuzione del capitale di rischio individuale
permette allora una maggiore intraprendenza economica.
Non sono più soltanto le tradizionali famiglie mercantili a
rischiare il proprio capitale: spinti dai successi dei viaggi di
Drake, dalla ripresa della marina inglese, dalla
partecipazione regia a più di una compagnia, nobili e
gentiluomini partecipano coi loro capitali alle numerose
imprese commerciali per ottenere quei rapidi profitti che la
terra e le professioni non possono dare. Anche la guerra di
corsa contro la Spagna viene finanziata allo stesso modo. Elis
abetta è priva di capitali sufficienti per finanziare una guerra
per mare e l'associazione con il capitale mercantile permette
profitti personali alla sovrana. Così spesso sulle rotte
commerciali battute dalle compagnie inglesi compaiono
anche le navi dei pirati. La stessa compagnia delle Indie
Orientali deve il finanziamento delle sue colonie a capitali
accumulatisi con la pirateria. [M. Ambrosoli, L’Inghilterra
dei Tudor, La biblioteca di Repubblica, Roma 2004]
La crisi del Seicento e la guerra dei Trent’anni
Sebastien Bourdon, I mendicanti, XVII secolo
La crisi del Seicento e la guerra dei Trent’anni
La crisi del Seicento e la guerra dei Trent’anni
La guerra dei Trent’anni (1618-1648)
Viviamo come
animali,
Dicono che la
strappando
terribile guerra è
l’erba con i
finita. Ma qui
denti. Molti
non ci sono
dicono che qui
segni di pace; c’è
non c’è Dio.
solo odio e
(Annotazione a
violenza. Questo
margine di una
abbiamo
Bibbia tedesca
imparato dalla
(17 gennaio
guerra.
1647)
S. Vranck, Soldati saccheggiano una fattoria durante la Guerra dei Trent'anni, sec XVII
La guerra dei Trent’anni (1618-1648)
Una parola chiave: Rivoluzione.
Il termine rivoluzione indica un rapido cambiamento di direzione politica, una «sostituzione violenta per opera
dei sudditi di un potere vecchio con uno nuovo». (Oxford English Dictionary). In origine, il termine aveva però tutt'altra valenza
e solo attraverso un notevole slittamento semantico esso ha assunto il significato attuale. Esso nasce come termine astronomico,
che designa il moto immutabile e regolare degli astri: Copernico intitolò De revolutionibus orbium coelestium la sua opera del
1543 in cui esponeva la sua teoria eliocentrica. L'estensione del termine nel campo politico, a indicare il corso delle vicende
storiche, il succedersi delle forme storiche di governo, lungi in un primo momento dall'accentuare il valore del mutamento del
passaggio a un nuovo ordine, mantiene questo significato di ciclicità, di eterno ritorno. Ancora Machiavelli, per esempio, non
usa, a proposito dei rivolgimenti politici, il termine «rivoluzione» ma «mutazioni», variazioni, alterazioni. Il termine rivoluzione
entra nell'uso in Inghilterra nel Seicento, ma non a designare la rivoluzione di Cromwell, bensì la Restaurazione del 1660, intesa
come un ritorno all'ordine naturale delle cose.
Il vero e proprio cambiamento semantico, l'introduzione dell'idea di rivoluzione come un rinnovamento radicale,
rapido e violento del nuovo ordine di cose, avvenne con la rivoluzione francese: «È una rivolta», sembra che abbia esclamato il
re alla notizia della presa della Bastiglia; «No, sire, è una rivoluzione! », sembra gli sia stato risposto. Ciò che caratterizza una
rivoluzione, quindi, non è tanto la violenza dei mezzi di cui si fa uso ma, da una parte, la forza irresistibile con cui si afferma - e
che richiama l'idea dell’inesorabilità del volgere degli astri -, e dall’altra il suo mirare, a differenza di una semplice rivolta, a
creare un nuovo ordine di cose, ad af­fermare, come sottolinea Hannah Arendt, «il regno della libertà».
Una parola chiave: Rivoluzione.
… Dopo il 1789, il termine viene adottato sempre più frequentemente: di rivoluzione parlano sia gli artefici della
rivoluzione francese che i suoi critici e oppositori. L'idea di una trasformazione, di un cambiamento rapido, connettendosi
all'idea di progresso, muta la concezione della storia, influenza la filosofia dell'Ottocento, la concezione hegeliana e infine il
marxismo, per cui il concetto di rivoluzione diviene la chiave di lettura privilegiata del mutamento storico. La storia è ormai
divenuta lineare, e il problema è divenuto quello di valutarne le continuità e le rotture. La rottura che il termine «rivoluzione»
indica non rappresenta un ritorno ciclico al passato, la chiusura di un circolo, bensì l'apertura di una nuova età, l'inizio di
un'altra storia.
«Solo là dove è presente questo pathos della novità, - scrive Hannah Arendt nel suo importante saggio Sulla
rivoluzione - e la novità è connessa con l'idea di libertà, possiamo legittimamente parlare di rivoluzione. Questo naturalmente
significa che le rivoluzioni sono qualcosa di più che insurrezioni riuscite e che non è giustificato chiamare rivoluzione qualsiasi
colpo di stato o addirittura vedere una rivoluzione in ogni guerra civile. [...] Tutti questi fenomeni hanno in comune con la
rivoluzione il fatto che si compiono in modo violento [...]. Ma per descrivere il fenomeno della rivoluzione, la violenza come
criterio è tanto poco adeguata come il cambiamento; solo quando il cambiamento avviene nel senso di un inizio nuovo, quando
la violenza è impiegata per costituire una forma di governo del tutto diversa, [...] possiamo parlare di rivoluzione».
[da Scaraffia, Bravo, Foa, I fili della memoria]
Le rivoluzioni inglesi
CRONOLOGIA. 1558-1603: regno di Elisabetta I Tudor; 1588: sconfitta dell’Invincibile armata spagnola; 1600: istituzione della Compagnia inglese delle Indie
Orientali. 1628: il Parlamento presenta a Carlo I Stuart la Petition of rights; 1629: Carlo I scioglie il Parlamento ed avvia il progetto di costruzione di una
monarchia assoluta; 1642-1648: I rivoluzione inglese; 1647: dibattiti di Putney; 1649: condanna a morte di Carlo I e proclamazione della repubblica; 1651: Atto
di navigazione; 1652-1654: guerra tra Inghilterra e Olanda per l’egemonia commerciale sui mari; 1660: restaurazione della monarchia; 1679: Habeas corpus
act; 1689: II rivoluzione inglese; Bill of rights.
1605, La congiura delle polveri
Incisione del secolo XVII: gli autori della cospirazione delle polveri.
Il viaggio dei padri pellegrini
William Halsall, Mayflower, XIX sec
1628, Petition of rights
1640-1648, La guerra civile inglese
Le rivoluzioni inglesi
Le rivoluzioni inglesi: i dibattiti di Putney ottobre-novembre 1647
RAINBOROUGH Nulla di quello che
ho sentito può convincermi del perché un uomo nato in Inghilterra non dovrebbe
avere il voto nell'elezione dei deputati. Si dice che, se un uomo non ha un interesse permanente, non può averne il
diritto [...]. Non trovo nessun passo nella legge di Dio che affermi che un Lord debba scegliere venti deputati, e un
gentiluomo soltanto due, e un povero nessuno: non trovo nulla di simile nella Legge di Natura né nella Legge delle
Nazioni. Ma trovo che tutti gli inglesi devono esser soggetti alle leggi inglesi, e credo sinceramente non vi sia persona
che neghi che il fondamento di ogni legge risiede nel popolo e, se risiede nel popolo, bisogna che qualcuno sia
responsabile della sua esclusione dal voto.
IRETON Mi pare d'aver
convenuto su quel punto che la rappresentanza deve essere egualmente distribuita. Ma la
questione è se debba essere distribuita fra tutti [...] Penso che nessuna persona abbia diritto a partecipare agli affari
del paese, a determinare o a scegliere coloro che determineranno da quali leggi dobbiamo essere governati, nessuna
persona ha diritto a ciò la quale non abbia un interesse permanente e fisso in questo paese. Non abbiamo riguardo
per gli interessi del paese se non collochiamo la base del potere conferito ai rappresentanti in coloro che hanno un
interesse locale e permanente nel paese. Se io voglio venire a vivere in un paese come forestiero, o se vivo in un paese
senza possedere in esso un interesse permanente [...] allora dovrò sottomettermi a quelle norme che stabiliranno
coloro che esprimono interessi del paese.
Documento tratto da G. Garavaglia, Società e rivoluzione in Inghilterra.
Le rivoluzioni inglesi: Il mondo alla rovescia
"Rovescio" è un concetto relativo. Il fatto che significhi il contrario di dritto esprime di per sé che
cosa ne pensano quelli che stanno dalla parte superiore. L'idea che il fondo potesse giungere in cima,
che i primi potessero essere gli ultimi e gli ultimi i primi che la "comunità chiamata Cristo o amore
universale" potesse scacciare "la proprietà, chiamata diavolo o avidità", e che le schiavitù interiori
della mente" (l'avidità, l'orgoglio, l’ipocrisia, le paure, la disperazione e il collasso mentale) potessero
essere "causate tutte alle schiavitù esteriori che un tipo di persona impone ad un altro": idee come
queste non si oppongono necessariamente all'ordine, si limitano a immaginarne uno diverso. Forse
siamo troppo condizionati dalla posizione in cui si è trovato il mondo negli ultimi trecento anni per
giudicare con serenità coloro che nel Seicento concepirono possibilità diverse. Ma dovremmo
provarci.
Christopher Hill, Il mondo alla rovescia. Idee e movimenti rivoluzionari nell’Inghilterra del
Seicento, 1981
Le rivoluzioni inglesi: Il mondo alla rovescia
Tra le speranze dei radicali c’era anche quella di un sistema educativo riformato,
che avrebbe realizzato qualcosa di simile all'ideale di Comenio (teologo e
pedagogista 1570-1670) : educazione universale in volgare per maschi e femmine
fino al diciottesimo anno, seguita da sei anni di università per i migliori. [...].
William Dell (uno dei leader dei levellers) chiedeva scuole in ogni città e villaggio,
con scuole a indirizzo classico nelle città e nelle borgate più grandi, e università in
ogni grande città. Anche Winstanley (il capo dei diggers) voleva l'istruzione
universale, senza distinzioni di classe o sesso, da unire al lavoro manuale, per
assicurarsi che non sarebbe sorta una classe privilegiata di cittadini inattivi. [...]
Le università erano dunque un fattore fondamentale nella società del secolo XVII.
Esse preparavano chi formava l'opinione, i persuasori.
C. Hill, Il mondo alla rovescia. Idee e movimenti rivoluzionari nell'Inghilterra
del Seicento, 1981
Dalla rivoluzione
alla monarchia
parlamentare
Tutta l’Europa ha preso
posizione, tutti gli Stati,
tranne la Francia, hanno
appoggiato le rivoluzioni
dell’Inghilterra e si sono
pronunciate a favore dei
popoli contro le pretese
dei sovrani. La libertà ha
vinto la sua causa e il
poteere arbitrario è
condannato. I diritti dei
sudditi sono rimessi in
vigore e il potere dei
sovrani riportato nei suoi
giusti confini. [Elie
Benoist, Histoire de l’Edit
de Nantes, 1694)
La monarchia assoluta francese