Il sorgere del potere m​arittimo nell`età moderna

STORIA MILITARE
Il sorgere del potere marittimo nell’età moderna
PROF.
Il potere marittimo dalla metà
del Cinquecento ai primi del Settecento
A
gli inizi del Cinquecento la Spagna,
potenza navale dominante, fu intensamente coinvolta nella guerra degli
Ottant’anni, anche detta d’indipendenza olandese. Il conflitto che durò dal 1558, interrotto
nel 1609 da una tregua di 12 anni, riprese nel
1621 per terminare con il trattato di Westfalia,
nel 1648, che sanzionava il riconoscimento
internazionale delle Province Unite come paese
indipendente e nuova potenza europea. L’Inghilterra partecipò in due riprese alla lotta antispagnola, dal 1587 al 1604, poi dal 1654 al
1659 insieme alla Francia che combattè sul
mare dal 1635 al 1659. Così, nel 1659, con il
trattato dei Pirenei, la Spagna fu vinta, anche se
non completamente, riuscì a mantenere, bene o
male, i suoi possedimenti translatantici e mediterranei. I conflitti sul mare ricominciarono nel
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FRANCESCO FRASCA
1643 con la prima delle tre guerre dano-svedese dal 1643 al 1645) terminata con la pace di
Brömsebro, le altre due seguirono dal 1657 al
1660, e dal 1675 al 1721. Parallelamente nel
Mediterraneo Venezia con il sostegno di molte
potenze europee combatteva la guerra di Candia contro i Turchi dal 1645 al 1669. L’ascesa
dell’Olanda trovò nell’Inghilterra un formidabile avversario. Le guerre anglo-olandesi (la
prima dal 1652 al 1654, la seconda dal 1664 al
1667, poi la terza dal 1672 al 1674, prolungata dalla fase francese, dal 1674 a 1679) determinarono il declino olandese come potenza
marittima. Nel 1679 l’Olanda, anche se ottenne una vittoria diplomatica che gli permise di
mantenere la propria indipendenza, sparì tra le
principali potenze marittime europee. La lotta
per la supremazia navale avvenne allora tra
Francia e Inghilterra, durante la guerra della
Lega d’Agusta (1688-1698), e quella di successione di Spagna (1702-1713). Quest’ultima
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doveva decidere le sorti del suo immenso impero europeo e americano, dopo la morte dell’ultimo sovrano asburgico, Carlo II. La prospettiva che i possedimenti oltreoceano della Spagna
potessero cadere in mani francesi, era inaccettabile sia dall’Inghilterra sia dall’Olanda, giacché
avrebbe significato l’esclusione dei loro mercanti dal proficuo traffico illegale con l’America spagnola. Nella peggiore avrebbe portato alla
creazione di un colossale impero francese nelle
Americhe, e avrebbe incrementato con l’argento del Messico e del Perù la potenza militare
della Francia. La guerra fu decisa e combattuta
soprattutto in Europa, e, benché entrambe le
parti compissero incursioni e attacchi nell’America del nord e nei Caraibi, le ostilità furono
sempre contenute. Sul mare le navi della Marina francese furono ritirate dagli oceani, e il
numero dei bastimenti corsari aumentò considerevolmente, nonostante le consistenti perdite, il commercio britannico non cessò di prosperare. Al contrario la marina mercantile francese spariva dagli oceani, dimostrando come la
guerra corsara fosse lontana da surrogare l’azione di una Marina da guerra.
La pace di Utrech, del 1713, sancì i primi
consistenti riassestamenti territoriali e riconobbe ai vincitori i maggiori vantaggi che mai avessero fatto seguito a una guerra in Europa. Oltre
a confermare il possesso britannico di Gibilterra e di Minorca - basi che rafforzavano la posizione di potenza mediterranea recentemente
acquisito - il trattato mise fine, a vantaggio
della Gran Bretagna, alle diatribe che si trascinavano per territori marginali, ma non per questo privi di valore all’interno dello scacchiere
atlantico. La cessione di Terranova, dell’Acadia
(Nuova Scozia), della Baia di Hudson e dell’isola di San Cristoforo (Saint Kitts) aveva irritato la Francia, che rappresentava l’avversario più
serio della nascente potenza inglese. La sua
popolazione, che raggiungeva i 13 o 16 milioni, era superiore a quella di Gran Bretagna,
Spagna e Olanda messe insieme, e le sue risorse naturali erano sufficienti a soddisfarne i
bisogni. La ripresa, dopo le sconfitte, fu
alquanto rapida, benché legate da alleanza in
Europa fino al 1731, Francia e Gran Bretagna
nelle colonie rimasero tenaci avversari. La
seconda si assicurò la supremazia sui mari, e l'esclusiva del commercio con l'impero coloniale
della Spagna, oramai ridotta a potenza secondaria, con lo smembramento dei suoi possedimenti europei.
La pace di Utrech, lasciando sostanzialmente intatto l’impero spagnolo delle Americhe, e i
suoi monopoli commerciali, aveva cercato di
instaurare un sistema politico internazionale
stabile, basato sull’equilibrio delle forze. Si
posero tuttavia le basi delle cause principali di
un conflitto fra le potenze europee. In effetti,
l’espansionismo oltremare continuò per tutto il
XVIII secolo e portò a gravi scontri fra le
potenze coloniali a causa dei monopoli commerciali instaurati, che avevano nel contrabbando una condizione di guerra economica
perenne e generalizzata, soprattutto nelle colonie americane. Così lo sfruttamento delle concessioni che la Gran Bretagna aveva ottenuto
era ostacolato dalle autorità spagnole, che non
tolleravano i troppi traffici illegali degli Inglesi
e non avevano assorbito la perdita di Gibilterra. Entrambe le potenze avanzavano lamentele
più che motivate.
Il governo britannico si dimostrava più permissivo degli altri nei confronti dei suoi sudditi, ma non era disposto a riconoscere il diritto
degli Spagnoli ad intercettare vascelli stranieri
basandosi su un semplice sospetto. Sotto la
pressione dell’opinione pubblica inglese, i
negoziati fallirono e, nell’ottobre del 1739, la
fragile pace fu rotta quando sorse una divergenza con la Spagna, che riguardava i diritti
commerciali britannici nelle acque ispano-americane. La Gran Bretagna inviò una spedizione
navale a distruggere la base di Portobelo nell’attuale Panama, e a saccheggiare Paita in Perù e
Acapulco in Messico.
Oltre a questi conflitti, che videro impegnate principalmente le forze navali negli oceani,
ve ne furono altri non meno sanguinosi, che si
svolsero nei mari “ristretti”. Nel Mediterraneo
in due periodi differenti. Il primo dal 1689 al
1698 coinvolse le marine della Repubblica di
Venezia e dell’Impero ottomano. Il secondo dal
1717 al 1719 vide il tentativo di riscossa spagnola, con l’invasione della Sardegna prima, e
della Sicilia poi. Ma la formazione della “Quadruplice alleanza” - Austria, Gran Bretagna,
Olanda e Francia - determinò la sconfitta della
Spagna nell’unica vera battaglia navale del conflitto, quella di Capo Passero (11 agosto 1718).
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Marina Veneta « Vascello Veneziano durante un combattimento con
navi ottomane» (1750)
R. Claudus, olio su tela, Livorno, Accademia Navale.
Poi nel Baltico dove Danimarca e Svezia si
affrontarono nella terribile guerra del Nord dal
1709 al 1721. Quest’ultima data segnò la fine
delle guerre navali europee iniziate nel XVII
secolo.
A garantire la stabilità politica del Mediterraneo era intervenuta già da tempo l’Inghilterra. La sua marina, grazie alla politica di Cromwell, aveva ottenuto prima gli ancoraggi di
Gibilterra, Orano, Tetuan o Buzema, poi aveva
occupato: Tangeri, dal 1662 al 1683, Gibilterra dal 1704, Minorca dal 1708 al 1783. Era
riuscita ad avere come base la Sardegna dal
1708 al 1714. Necessità di logistica navale
determinarono una politica d’amicizia con il
Portogallo, per ottenere l’uso di una base sul
Tago; e l’opposizione del Parlamento inglese ad
ogni proposta, avanzata da influenti ministri
della Corona, per la restituzione di Gibilterra
alla Spagna.
Il controllo del Mediterraneo, mare ristretto, non fu che un aspetto delle lotte delle
potenze marittime europee, che nel Settecento
avevano come obiettivo l’acquisizione di zone
d’influenza sui vasti territori delle Americhe e
dell’Asia, tanto che restavano ben poche che
potessero essere occupate e sfruttate senza problemi. Tutto ciò aveva drammaticamente allargato l’ambito delle attività europee oltreoceano
ed aveva introdotto una competitività più
aspra nell’antagonismo tra le nazioni. Si era
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formata quell’economia transcontinentale e transoceanica, sul
cui controllo l’Europa si avviò a
stabilire la sua egemonia sulle
terre e sui mari del mondo intero.
Nei conflitti che ne derivarono durante il Settecento, emersero l’Inghilterra e la Francia come
le due principali potenze navali,
mentre cadde in declino la
potenze mercantile dell’Olanda.
Pur conservando i loro grandi
possedimenti coloniali, Spagna e
Portogallo manifestarono minor
dinamismo con i loro commerci
coloniali, sempre più minacciati
dalla concorrenza inglese e francese.
Il potere marittimo nel Settecento
Agli inizi del Settecento il potere marittimo
assunse sempre maggiore importanza, via via
che le nazioni dell’Europa occidentale acquisivano colonie e sviluppavano il commercio
oltreoceano. Le grandi potenze europee, il secolo precedente, avevano già avanzato le loro pretese su vasti territori nelle Americhe e in Asia,
tanto che restavano ben poche zone che potessero essere occupate e sfruttate senza problemi;
tuttavia dal 1721 al 1740, vi fu un periodo di
quasi pace navale completa, fatto questo che
non impedì che dal 1740 al 1780 si mettesse in
moto un fenomeno di mondializzazione dell’antagonismo marittimo. Su sessantanove
grandi battaglie navali combattute nel secolo,
dodici si svolsero nel Baltico (17%), diciannove sulla costa atlantica dell’Europa (30%), tredici in America (17%), nove nell’Oceano
Indiano e diciassette nel Mediterraneo (24%).
Nel 1744 le ostilità anglo-spagnole confluirono nella guerra scoppiata tra Gran Bretagna e
Francia (parte a sua volta di quella di Successione austriaca, che vide impegnata la Francia
sul mare solamente dal 1744 al 1748). La guerra si rivelò per la Francia una prova difficile, ma
non totalmente disastrosa. Per l’occasione, le
operazioni navali si configurarono come una
guerra di convogli. Essa ebbe in Atlantico due
battaglie navali tra squadre francesi e britanniche, presso capo Finesterre il 3 maggio e il 14
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ottobre 1747, che ambedue terminarono con il
sacrificio di buona parte dei vascelli francesi,
per permettere la salvezza dei convogli. Oltre
all’Atlantico, la guerra proseguì nell’Oceano
indiano e nei Caraibi. In quell’area vi erano le
prede più ambite: le isole francesi produttrici di
zucchero. Queste avevano superato il raccolto
delle isole britanniche e lo vendevano meglio, e
la flotta spagnola carica di lingotti d’oro. I tentativi degli Inglesi di conquistare i territori spagnoli in terraferma e nelle maggiori isole caraibiche fallirono a causa delle malattie tropicali.
Abbandonata l’idea di guerra di squadra, le
ambizioni della Marina francese furono limitate alla protezione delle linee marittime della
Francia con le sue colonie. Il bilancio fu pesante, con 23 vascelli francesi perduti contro solo
9 britannici.
La guerra ebbe un debole sviluppo nel
Mediterraneo con l’affare di Tolone (22 febbraio 1744), dove la squadra franco-spagnola
dell’ammiraglio francese de Court La Bruyère,
uscita in mare aperto fu attaccata da quella britannica comandata dall’ammiraglio Thomas
Matthews, ma infine riuscì a rientrare in porto,
essendosi concluso lo scontro con esito indeciso. Il trattato d’Aquisgrana del 1748 non risolse alcuno dei problemi sul tappeto e sotto la
pressione delle contese coloniali, degli interessi
mercantili e commerciali, la guerra ricominciò
in Nordamerica e proseguì in Europa.
La guerra dei Sette anni (1756-63) si sviluppò contemporaneamente in una serie di conflitti in Europa, Asia, America e Africa, mettendo in crisi il sistema d’equilibrio che aveva
retto il quadro delle relazioni internazionali per
oltre mezzo secolo. Le ostilità iniziarono già nel
1755 dalla Gran Bretagna che, senza dichiarazione di guerra, s’impadronì in alto mare di
numerosi mercantili francesi. Le cause furono
la rivalità economica e coloniale anglo-francese
nell'America del Nord e in India, la volontà di
Maria Teresa d'Austria di rientrare in possesso
della Slesia, occupata da Federico II di Prussia
dopo il 1740. Il conflitto rivelò le soglie critiche
sulle quali si arresterà, sotto la Rivoluzione e
l’Impero, la crescita della flotta francese. Se i
primi due anni furono favorevoli alla Francia
(con lo sbarco di sorpresa a Minorca, il 18 aprile 1756, fatto un corpo di spedizione francese,
e la presa di Port Mahon nei mesi d’aprile-mag-
gio 1756), ma ben presto gli Inglesi, grazie
anche all'energica personalità del ministro degli
esteri Willam Pitt “il vecchio”, riacquistarono la
supremazia sul mare.
Le operazioni navali britanniche, contro la
Francia, fecero apparire l’evoluzione continua
della strategia marittima. La Royal Navy inaugurò il blocco del porto di Brest, per impedire
l’uscita delle squadre francesi, tattica poi seguita per tutte le guerre napoleoniche. Ciò permise di neutralizzare la sola arma offensiva del
nemico, la sua flotta di linea, e di mantenere i
Francesi in uno stato costante d’inferiorità in
ciò che concerneva la manovra dei loro vascelli.
Pitt fu il promotore di una nuova politica
militare, che mirava a strappare al nemico le sue
colonie per imporre il proprio dominio commerciale sugli oceani. Per ottenere questo la
Royal Navy dovette assicurarsi il controllo delle
linee di comunicazione, ossia delle rotte e
cimentarsi in vere e proprie operazioni anfibie
in lontani territori nemici. Fu così che una
squadra britannica fu posta nel Mediterraneo,
vicino alla rocca di Gibilterra, per impedire alla
flotta di Tolone di ricongiungersi a quella francese dell’Atlantico; mentre il resto della Royal
Navy sferrò un attacco contro le isole francesi
delle Antille.
Per la Royale (denominazione della marina
da guerra della monarcha francese) la guerra sul
mare, che fu combattuta dal 1755 al 1763, si
concluse con una totale catastrofe. Essa non
percepì il pericolo che derivava dal controllo
dei mari, mantenendo il più possibile la flotta
chiusa nei porti. Quando le circostanze la
costringevano ad uscire in mare aperto, il suo
obiettivo principale era quello di proteggere il
naviglio mercantile, evitando ogni occasione di
scontro. Se costretta a sostenere un combattimento, essa si poneva sempre in posizione di
“sottovento”, utile alla difesa, che costringeva il
nemico ad attaccare con tutti i rischi che ne
derivavano. Così facendo, era di solito in grado
di danneggiarlo durante il suo avvicinamento
evitando scontri decisivi e preservando le proprie navi. Al contrario la Royal Navy, avendo
sempre come obiettivo primario l’attacco e la
distruzione del nemico, sceglieva di solito di
navigare in “sopravvento”, al fine di spingere la
propria flotta verso il nemico. Queste differenti concezioni di tattica navale riflettevano i due
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punti di vista sullo scopo della guerra navale.
Per i Francesi essa era un elemento minore in
rapporto alla guerra terrestre, dove “la marina
non era più che una branca dell’esercito intervenendo su casi specifici, e doveva dunque
essergli subordinata”. Per i Britannici, il “vero
scopo” di una Marina da guerra era “la vittoria
sulla marina nemica e il controllo dei mari,
dove i bastimenti e le flotte nemiche sono i veri
bersagli”.
Nel corso della guerra, le colonie francesi
nell'America del Nord rimasero isolate dalla
madrepatria; e prive di aiuto finirono per soccombere una dopo l’altra. Nel 1758 una squadra francese di 6 vascelli e 4 fregate, inviata in
soccorso nel Quebec, fu bloccata davanti alla
fortezza di Louisbourg dalla flotta britannica
comandata dall’ammiraglio Edward Boscawen,
costituita da 22 vascelli con 12.000 a bordo.
L’assedio durò dal giorno 8 giugno al 26 luglio,
data della capitolazione. I coloni francesi furono così costretti ad evacuare la valle del San
Lorenzo e successivamente la città di Quebec;
infine, sconfitti dai Britannici nella battaglia
combattuta sulle pianure d'Abraham (1759),
dovettero pure abbandonare Montreal (1760).
Nello scacchiere europeo, dopo la presa
francese di Minorca, Luigi XIV pensò ad un
piano di sbarco in Inghilterra, quindi ordinò la
riunione nella Manica delle squadre di Tolone e
di Brest. La manovra fu frustrata dall’ammiraglio Edward Boscawen, che inseguì la squadra
di Tolone, fin dentro la baia di Lagos – infrangendo la neutralità del Portogallo - dove il 18 e
il 19 agosto 1759 distrusse cinque vascelli dell’ammiraglio Sabran de La Clue, impedendogli
di ricongiungersi con la flotta di Brest. Questa,
il 20 novembre 1759, sfuggita durante una
tempesta al blocco inglese di Brest e riparatasi
nella baia di Quiberon, fu sconfitta dalla squadra inglese dell'ammiraglio Edward Hawke. I
Britannici avendo così conseguito il controllo
della Manica, ne approfittarono per effettuare
delle operazioni anfibie, con sbarchi di truppe
sul suolo francese a Cherbourg e a Saint-Malo
nei mesi di agosto-settembre 1759.
In India, la lotta anglo-francese ebbe inizio
con la presa di Madras da parte di Joseph
Dupleix, governatore di Pondicherry, nel 1746.
Egli si servì delle proprie truppe per cercare di
trasformare il Deccan e il Carnatico in stati fan-
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toccio francesi. Nel 1750 scoppiò un conflitto
coloniale con la Gran Bretagna, che aveva
anch’essa grossi interessi in India. Anche in
questo caso la potenza della Royal Navy si rilevò alla lunga il fattore decisivo. Dupleix fu
bloccato a Trichinopoly nel 1752. Dopo la conquista del Bengala, i Britannici poterono rafforzare il loro controllo sul Carnatico. Dupleix,
richiamato in patria nel 1754, fu sostituito dal
comandante francese Lally, barone di Tollendal, che dopo aver cercato invano di attaccare il
centro inglese di Madras, fu costretto a capitolare e a consegnare al nemico la principale piazza fortificata di Pondichéry (1761), ultimo
baluardo della potenza francese in India.
Per porre rimedio a queste sconfitte marittime e coloniali e ottenere l'appoggio della flotta
spagnola, la Francia rinnovò l’esistente il “patto
di Famiglia” con i Borbone di Spagna (1761),
ma l'inferiorità tecnica della Marina spagnola
impedì ogni successo, e gli Inglesi colsero inoltre l'occasione per impadronirsi della Florida e
di Cuba.
La pace di Parigi, firmata all’inizio del 1763,
pose fine alla guerra, e fu la consacrazione dell’impero coloniale britannico. Si trattava di un
accordo complesso e controverso, ferocemente
criticato dal ministro degli esteri inglese William Pitt “il vecchio”, che si era dimesso dal suo
incarico nel 1761. Vista la lunga lista delle conquiste inglesi oltreoceano, non potendo mantenerla per intero, si dovette decidere quali territori restituire alla Francia e alla Spagna. L'opinione pubblica britannica criticò il nuovo
governo Pitt per aver lasciato alla Francia, oltre
a parecchi privilegi commerciali, le “isole da
zucchero”: la Guadalupa e la Martinica, conquistate dagli Inglesi rispettivamente nel 1759
e nel 1762. Mantenere nei negoziati di pace un
atteggiamento implacabile, quanto la conduzione della guerra da parte di William Pitt “il
vecchio”, o seguire l’orientamento del nuovo
primo ministro John Stuart Bute, a favore di
“una pace equa e onorevole” per i Francesi,
questo fu il dilemma per il governo inglese.
Le clausole definitive del trattato di pace
confermarono la linea politica di Bute, sancendo la vittoria britannica in campo coloniale,
senza umiliare i franco-spagnoli. Così la Francia cedeva alla Gran Bretagna: nell'America
Settentrionale, il Canada, o Nuova Francia
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(conservando però l'arcipelago di Saint-Pierre e
Miquelon e il diritto di pesca a Terranova
(importanti per il reclutamento dei marinai), i
Paesi ad est del Mississippi, tranne Nuova
Orleans, che passava alla Spagna; nel Mar
Caraibico, le isole di Dominica, San Vincenzo,
Tobago e Grenada; in Africa il Senegal (tranne
Gorée). La Francia rinunciava inoltre ad ogni
pretesa di dominio in India, dove conservava
tuttavia cinque stabilimenti, e nel Mediterraneo restituiva alla Gran Bretagna Minorca,
occupata nel 1756. La principale potenza
marittima d’Europa. Questa lotta, combattuta
a più Spagna cedeva alla Gran Bretagna la Florida, ma fu compensata dall'acquisizione della
Louisiana occidentale francese, trasferitale col
trattato segreto di Fontainebleau (3 novembre
1762). La guerra dei Sette anni e il trattato di
Parigi avevano distrutto l'impero coloniale
francese. Per la Gran Bretagna,
quali che fossero le controversie
emerse dalle clausole del trattato,
si trattò di un notevole passo verso
la sua ascesa a riprese fino al 1815,
si dimostrò ben presto un duello
fra Gran Bretagna e Francia per la
supremazia mondiale.
Le potenze borboniche (Francia
e Spagna) furono sconfitte ma non
annientate. Una fase del conflitto
fu conclusa a favore della Gran
Bretagna. Ma la volontà di rivincita portò la Francia a un nuovo programma di costruzioni navali che,
dal 1761 al 1795, impegnò tutti
cantieri navali. Così alla fine del
regno di Luigi XVI si superarono i
65 vascelli e le 35 fregate, ma tutto ciò non eliminò le debolezze strutturali della Marina, che
erano le difficoltà riscontrate nel reclutamento,
le carenze dell’istruzione dei quadri e le difficoltà finanziarie dovute ai tagli di bilancio. Problemi che non si risolsero con il brillante recupero, che la Marina francese dimostrò durante
la guerra d’Indipendenza americana, lungamente preparato, fra il 1763 e il 1778.
La Gran Bretagna per tutta la durata della
guerra d’Indipendenza americana fu costretta a
una strategia difensiva. Dovette subire gli avvenimenti in America, nei Caraibi e in India, e far
fronte a più di una minaccia d’invasione del
proprio suolo senza avere, per la prima volta,
un alleato continentale. Nel 1780 fu affrontata
da una coalizione formata da Francia, Spagna e
Olanda, e minacciata dalla cosiddetta “Lega
armata dei neutri“ - costituita da Russia, Prussia, Austria, Svezia, Danimarca, Portogallo e
Napoli – in più fu pure logorata dallo sforzo di
difendere un impero che si estendeva dal Canada all’India. Serrata dagli eventi bellici la Gran
Bretagna fu costretta a cedere il controllo delle
acque nordamericane, mantenendo tuttavia
quello dei Caraibi, grazie alla provvidenziale
vittoria dell’ammiraglio George Brydges Rodney sulla squadra francese, comandata da François Joseph Paul marchese de Grasse, davanti
all’isola dei Santi (Guadalupa), tra il 9 e il 12
aprile 1782. Vittoria che salvò i possedimenti
britannici nelle Indie occidentali.
La guerra ebbe degli sviluppi anche nel
Marina Veneta - «Nave Veneziana»
Anonimo, olio su tela, Venezia, Museo Civico Correr (foto Museo Correr).
Mediterraneo, dove i franco-spagnoli tentarono
la presa della piazzaforte di Gibilterra, per terra
e per mare dal luglio 1779 al febbraio 1783.
L’assedio, uno dei più memorabili della storia,
venne alla fine tolto per la strenue resistenza
degli Inglesi. Le colonie americane furono indipendenti nel momento in cui i Britannici
abbandonarono la loro politica di bloccare la
flotta francese a Brest, disperdendo le loro
forze, per tentare di difendere i loro possedimenti nel Continente americano, nelle Indie
occidentali e orientali. La Francia e i suoi allea-
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STORIA MILITARE
ti non seppero prendere al volo l’occasione di
assicurarsi il controllo della Manica, ma preferirono conseguire il controllo delle acque americane, dove le operazioni di blocco effettuato
dalla squadra navale francese ebbe un ruolo
determinante per la decisiva sconfitta terrestre
inglese a Yorktown.
In questo villaggio della Virginia, a sud-est
di Richmond e allo sbocco del fiume York nella
baia di Chesapeake, nella fase finale della guerra d'Indipendenza americana il generale inglese
Charles Cornwallis, ritiratosi nella città, fu
assediato per terra e per mare dalle forze francesi (al comando del conte Jean-Baptiste de
Rochambeau e dell'ammiraglio de Grasse) e
americane (guidate da George Washington).
Privi di rinforzi, gli Inglesi si arresero il 19 ottobre 1781, determinando a tutti gli effetti la fine
della guerra in America.
La rinascita del potere navale francese fu uno
degli aspetti più allarmanti della sconfitta britannica, e fu causa di serie preoccupazioni per
una nazione che tendeva a dare per scontato il
proprio dominio dei mari. L’indipendenza fu
concessa alle ex colonie americane nel novembre del 1782 e la pace con Francia e Spagna fu
stipulata l’anno successivo, con il trattato di
Versailles. La Francia risultò in apparenza soddisfatta aveva preso sulla sua rivale marittima la
rivincita del trattato di Parigi del 1763, in gran
parte grazie alla sua Marina, ma senza grande
profitto materiale. Il trattato conservava alla
Gran Bretagna il possesso dell’India, di Terranova e delle isole adiacenti, conferendo il diritto di
pesca per la Francia in quelle
acque e il possesso di Saint-Pierre
e Miquelon, la reciproca restituzione delle isole delle Antille
occupate durante la guerra, la
restituzione alla Francia dei suoi
stabilimenti in India e nel Senegal. La Gran Bretagna inoltre
riconosceva alla Francia il diritto
di fortificare Dunkerque, mentre
la Spagna otteneva la restituzione
di Minorca e della Florida, e restituiva a sua volta le isole di New
Providence e delle Bahamas.
La Gran Bretagna, anche dopo
l’unica sua sconfitta in età moder-
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na e contemporanea, aveva mantenuto la gran
parte delle sue basi sulle rotte marittime. La
decisione del suo Governo di mantenerle vitali
ebbe conseguenze determinanti per la sua predominante posizione sul mare, che dipendeva
non solo dalla grande forza materiale e dalle
superiori dottrine strategiche della sua Marina,
ma anche dal controllo dei “mari ristretti”. In
questi mari, che si potevano controllare con
relativa facilità a partire dalle coste, così importanti per la storia navale moderna - Manica,
stretto di Gibilterra, canale di Sicilia, Dardanelli, Bosforo e Adriatico - la Gran Bretagna riuscì
a costituire un numero d’avamposti navali che,
grazie alla Royal Navy, le dettero, dopo la battaglia di Trafalgar (1805), il dominio incontrastato dell’est dell’Atlantico e del Mediterraneo fino
a tutta la seconda guerra mondiale.
Nel 1793 lo scoppio in Francia della guerra
rivoluzionaria, e l’invasione di Napoleone
Bonaparte dell’Italia, al quale non era sfuggita
l’importanza del dominio delle rotte marittime
per il successo delle sue operazioni, l’occupazione francese di Malta e dell’Egitto, costrinsero i Britannici a intervenire militarmente, confermando la tesi di come la sicurezza del Mediterraneo si realizzi nella storia solo quando l’esercizio dell’influenza e del sea control sull’intero bacino marittimo sia gestito da una sola
potenza egemone: Roma nell’antichità, la Gran
Bretagna nel periodo napoleonico, gli Stati
Uniti attualmente.
Marina Pontificia (1835)
Particolare.
M. Fonda, tempera su carta, Museo di Roma (Palazzo Braschi).