Struttura di riferimento per la Mediazione culturale in Sanità – Regione Toscana L’albero della salute ® Responsabile dott.ssa Elisabetta Confaloni Descrivere le Migrazioni in trasformazione, costruire strumenti per la salute e l’inclusione in un’ottica di mediazione integrata Seminario a cura della Struttura di Riferimento per la Mediazione culturale in Sanità – Regione Toscana in collaborazione con lo Staff Ricerca e Innovazione Ausl di Reggio Emilia. 26 maggio 2010, Prato Partecipanti Baraldi Claudio Università di Modena e Reggio Emilia Bardicchia Francesco Unità funzionale Salute mentale adulti Asl 9 Grosseto Capitani Giulia Settore Mediazione linguistico culturale e Diritto alla Salute Ucodep Cardamone Giuseppe Unità funzionale Salute mentale adulti Asl 9 Grosseto Chiarenza Antonio Ricerca e Innovazione – Ausl Reggio Emilia Confaloni Elisabetta Struttura di Rif. L’Albero della Salute – Regione Toscana Cossutta Maura Forum Salute donne italiane e migranti, progetto “Ospedale culturalmente competente” Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini Roma Dall’Asta Ilaria Ricerca e Innovazione AUSL Reggio Emilia Gavioli Laura Università di Modena e Reggio Emilia Lazzarotti Beatrice Struttura di Rif. L’Albero della Salute – Regione Toscana Lesi Grazia Unità Operativa Consultori Azienda Usl Bologna Lombardi Lia Associazione BLIMUNDE Sguardi di donne su salute e medicina - Milano Maisano Bianca Area Sanitaria Caritas Diocesana Roma Martello Jessica Centro Screening Oncologico Azienda ULSS 22 Regione Veneto Miltenburg Anke Master in Studi Interculturali Dipartimento di Storia Università di Padova Niemants Natacha Università di Modena e Reggio Emilia Nugara Rosaria Asl 6 Torino Palazzi Mauro Epidemiologia e Comunicazione - Dipartimento di Sanità Pubblica AUSL di Cesena Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g Petrei Fabrizia Struttura di Rif. L’Albero della Salute – Regione Toscana Riboldi Benedetta Ricerca e Innovazione AUSL Reggio Emilia Russo Maria Laura Struttura di Rif. L’Albero della Salute – Regione Toscana Ruzza Antonio Vako Alketa Struttura di Rif. L’Albero della Salute – Regione Toscana Valzania Andrea Rete regionale degli Osservatori sociali provinciali – Regione Toscana Sintesi del seminario Estratto degli interventi Introduzione di Elisabetta Confaloni e Antonio Chiarenza che hanno illustrato come è nata l’idea di questo incontro e gli obiettivi che ci si è posti, ipotizzando le aspettative e le prospettive future che potrebbero scaturirne. L’incontro è nato dalla volontà della Struttura di riferimento per la Mediazione culturale in sanità della Regione Toscana L’Albero della salute, in collaborazione con lo Staff Ricerca e Innovazione della Ausl di Reggio Emilia, di condividere obiettivi, strategie e criticità e di potenziare il lavoro di rete tra esperti delle regioni italiane, al fine ultimo di valutare l’ipotesi di un percorso di studio e di operatività comune. Le trasformazioni che, negli ultimi due anni, stanno accompagnando il contesto in cui le migrazioni hanno luogo, sia da un punto di vista socio-demografico che politico e normativo, hanno imposto infatti una riflessione condivisa sui modelli e le pratiche relativi al rapporto tra migranti e salute, nelle sue molteplici sfaccettature. Descrivere ciò che si trasforma sotto le nostre lenti disciplinari e tende a sfuggire agli strumenti di governo è necessario per aggiornare, in termini di complessità, le nostre conoscenze e modelli e richiede uno sforzo di collaborazione tra attori provenienti da diversi ambiti di ricerca e territori diversi. E’ necessario stilare una check-list delle voci significative che costituiscono un’agenda della salute dei migranti come caso emblematico della salute globale e chançe di valorizzazione di processi di cura centrati sulla persona. Non è, tuttavia, sufficiente: le descrizioni di chi osserva e studia i flussi migratori, i determinanti di salute e le politiche per la migrazione possono e devono misurarsi con l’articolazione di strumenti innovativi e flessibili di misurazione e governo di tali fenomeni, offrendo supporto ai servizi e occasioni partecipative alle persone che da questi sono prese in carico. La mediazione culturale, con il suo interessante percorso storico e le vicende della sua trasformazione può offrirsi a modello di governance delle inevitabili differenze che sempre di più si evidenziano nelle società complesse, travalicando i contesti sanitari. È seguito un giro di presentazioni da parte di tutti i partecipanti. Antonio Chiarenza ha esposto una mappatura delle priorità e delle raccomandazioni europee, sottolineando come spesso ci sia una coincidenza di intenti seppure di difficoltosa implementazione. Ha successivamente illustrato l’esperienza della Asl di Reggio Emilia, evidenziandone le potenzialità: il modello dell’approccio globale dell’impatto dell’immigrazione sui servizi sanitari risulta infatti fondamentale a garantire equità di accesso e appropriatezza delle cure. Il superamento della frammentarietà degli interventi verso una maggiore sistematicità degli stessi nell’esperienza emiliana viene garantita dal lavoro congiunto di un Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g Tavolo centrale composto dai referenti dei servizi (spesso a contatto con i pazienti migranti), i consorzi e i mediatori, che si incontra ogni tre mesi, e da sei Tavoli distrettuali di confronto in cui emergono le questioni locali riportate successivamente a livello centrale, da cui partono eventuali azioni. I tre livelli di analisi e attività sono: la comunicazione interculturale e la mediazione; l’informazione rivolta alla popolazione immigrata (analisi delle conoscenze, del livello di coinvolgimento e delle forme di partecipazione per l’individuazione dei bisogni informativi, delle traduzioni, ecc.); la competenza culturale degli operatori (percorsi formativi adeguati). La qualità dell’assistenza ai migranti passa cioè attraverso una riorganizzazione e uno sviluppo dei servizi in cui è l’intero sistema a diventare un determinante di salute. Ciò comporta una revisione dei processi, delle strutture, delle procedure e di tutto ciò che concerne l’organizzazione dei servizi. A tal fine risulta necessario dimostrare attraverso le evidenze che la mediazione culturale non può più essere un elemento a discrezione della direzione aziendale, ma che è piuttosto un elemento di impatto sulla qualità delle cure, della comunicazione e anche un impatto economico (percorso diagnostico e di cura più efficiente ed efficace). L’obiettivo ultimo è quello di un servizio di qualità ed equo nell’accesso e nel trattamento, in grado cioè di riequilibrare le disuguaglianze. È bene quindi individuare degli stardard minimi che i servizi in questo senso devono garantire. Elisabetta Confaloni sottolinea dell’intervento di Antonio Chiarenza il bisogno di costruire un’agenda di punti indispensabili per rendere il lavoro comune meno fragile. Maria Laura Russo ha sottolineato come un elemento importante nelle politiche per la salute dei migranti sia la discrezionalità del livello locale e le differenze territoriali che caratterizzano l’Italia. L’osservatorio privilegiato dell’Albero della Salute permette di avere uno sguardo esteso dalle realtà delle aziende sanitarie toscane, ai mediatori, fino agli utenti. Si osserva una doppia spinta: da un lato verso una divisione e una polarizzazione sociale e sanitaria, che tende verso un’esasperazione delle diseguaglianze fino ad arrivare a letture allarmistiche della situazione (es. uso “improprio” del Pronto Soccorso da parte dei migranti, lettura stemperata dall’analisi dei dati); dall’altra verso una tendenza a non fare distinzioni e a fare un calderone di tutto ciò che concerne il fenomeno migratorio. Servirebbe piuttosto un approccio ecologico, che accolga i diversi elementi della salute in un’ottica globale. È essenziale riflettere quindi in primis sugli elementi metodologici necessari a conoscere questa porzione di realtà, con tutte le problematiche connesse alla riflessione sull’appropriatezza o meno degli strumenti utilizzati. Basti pensare alla raccolta dati sul fenomeno migratorio: diversi istituti raccolgono dati per finalità diverse su mandati istituzionali, con tutti i limiti di lettura derivanti dalla restrizione della categoria dei migranti con “non-italiani”. A lato dei dati ufficiali ci sono le ricerche ad hoc, non cumulative, che hanno l’obiettivo di fotografare porzioni ben precise di realtà. Successivamente Maria Laura Russo ha presentato il lavoro di elaborazione e raccolta dati annualmente curato dalla Struttura di riferimento. Ha concluso il suo intervento sottolineando l’importanza politica della lettura del numero e la difficoltà connessa nel monitorare dati in cui non esiste un denominatore certo (la sacca dei migranti irregolarmente presente). Da quest’anno il Rapporto Osserva Salute a tal proposito non parla più di “tassi”. Antonio Chiarenza ha sottolineato l’importanza della conoscenza della situazione del fenomeno migratorio in Italia e dei profili di salute, così come indicato anche nelle raccomandazioni europee (età, sesso, status giuridico, fattori di rischio) e l’importanza di connettere e rendere disponibili tutte le informazioni e le banche dati. Elisabetta Confaloni ha aggiunto che è necessario mettere a sistema le problematiche relative ai flussi informativi e alla condivisione di questi. Inoltre bisogna convincere gli attori dell’importanza della conoscenza di questa popolazione, cosa non affatto scontata, anzi spesso piuttosto faticosa. Maura Cossutta ha aggiunto che è necessario dimostrare che queste azioni non sono spinte da intenti solidaristici, ma sono economicamente necessarie e vantaggiose, avendo delle ricadute positive in termini di costi. Ha sottolineato inoltre le potenzialità a questo scopo di un lavoro congiunto di sociologi ed epidemiologi, affiancando ricerche quantitative a indagine qualitative. Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g Lia Lombardi ha voluto innanzitutto ribadire l’importanza della conoscenza del contesto in cui implementare le azioni, resa sempre più difficoltosa però dai tagli delle risorse alle Regioni. Ha successivamente presentato i risultati di una ricerca molto interessante nata nell’ambito di un progetto incentrato sulle donne migranti e i servizi che ha coinvolto tre Regioni (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna). Per quanto riguarda il Veneto, a partire dal rapporto con le associazioni di migranti presenti sul territorio, si è arrivati a contattare singolarmente uomini e donne migranti e fare loro interviste in profondità con l’utilizzo quindi di una metodologia di tipo qualitativo. Si è cercato di indagare il concetto di migrazione oggi: cosa significa migrare, quali dinamiche esistono tra genere e generazioni. Dalla ricerca sono scaturiti dei risultati interessanti. Ad esempio, al contrario di quanto generalmente si tende a credere, la maggior parte dei migranti intervistati non si sposta per lavoro (1 su 21), bensì per altri motivi (per studiare, per scappare, per vacanza, ecc.). Inoltre molti hanno dichiarato di sentire addosso il peso del “nostro” concetto di integrazione, vicino all’assimilazione, mentre per loro significa piuttosto scambio, possibilità di farsi conoscere e di far conoscere i lati più belli dei loro Paesi (Es. Africa). Essendo la maggior parte degli intervistati provenienti dal Ghana, dalla Nigeria e dal Congo, molti hanno anche espresso la sensazione di essere discriminati per il colore della pelle. Lamentano inoltre la scarsa conoscenza del fenomeno migratorio da parte degli italiani e temono la costruzione sociale della paura. Quanto al rapporto tra uomo e donna, accanto a situazioni più tradizionali nella disposizione tra i generi, esistono realtà in cui anche per necessità e dinamiche legate alla migrazione il ruolo della donna in Italia si è fatto più libero ed emancipato. Il rapporto tra genitori e figli risulta spesso molto problematico: i padri per lo più sono più rigidi e legati al rispetto di regole tradizionali, mentre le madri sembrano più preoccupate e passionali (es. di fronte al fenomeno delle adolescenti in gravidanza). Chiedono di più l’aiuto e l’intervento dei servizi “che non hanno fiducia nelle madri africane” e desiderano trovare alleanze sul territorio, essendo disposte al cambiamento ma essendo anche consapevoli degli elementi positivi delle loro culture (es. rispetto degli anziani). Una prospettiva positiva necessita di scambi seri tra i valori che le persone portano con loro. Gessica Martello ha presentato il progetto Pio, dedicato allo screening oncologico in Italia, che ha tentato di fotografare la situazione italiana concentrandosi comunque su alcune Regioni, tutte del Centro-Nord. La rilevazione si è focalizzata sulla qualità delle traduzioni e sul servizio di mediazione (v. slide). Ha inoltre sottolineato la difficoltà nella raccolta dei dati. Questo progetto può costituire un primo passo per la redazione di un documento di linee di indirizzo rivolte agli operatori. Si è notato per esempio che molto spesso la cultura non è altro che un alibi che ci si pone per non mettere in discussione i propri programmi di screening. La conoscenza del fenomeno, una formazione a tre (migrante, operatore, mediatore), il lavoro di rete multidisciplinare, le metodologie partecipative, la valutazione degli interventi sono gli elementi su cui puntare. Riflettere sulla popolazione immigrata può infatti avere ricadute positive su tutti. È seguito un breve dibattito. Mauro Palazzi ha iniziato il suo intervento mettendo in luce le particolari difficoltà di contesto di questo periodo sia a livello politico che sociale. Basti pensare alle percentuali di consenso delle Lega Nord costantemente in crescita anche in Emilia Romagna. Si tratta di atmosfere che condizionano anche i politici di centro sinistra, sempre più cauti nel sostenere le politiche di immigrazione. A Cesena per esempio si registra una sproporzione verso il basso delle risorse assegnate alla popolazione immigrata. Le poche risorse e il contesto difficile, fatto spesso anche di tratti marcati di individualismo e razzismo, devono quindi orientare le nostre azioni, per far percepire l’immigrato come un’opportunità della nostra società. L’impegno di questo tavolo di lavoro deve quindi essere innanzitutto di documentare la presenza delle diseguaglianze e i costi che ne derivano, individuando quindi solidi obiettivi condivisi (per es. individuare il denominatore dei dati sulla base della cittadinanza e non della nascita). In secondo luogo, investire sulla valutazione per dimostrare che le ricerche portano a dei risultati, che l’epidemiologia è una disciplina pratiche che può essere di sostegno e di utilità alle politiche. Svolgere cioè, un’azione di advocacy: con i Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g politici, con la società civile e all’interno delle singole organizzazioni. Ciò non può prescindere dalla formazione degli operatori sulle diseguaglianze e dalla definizione del ruolo del mediatore, che può passare dall’essere soggetto passivo che attende l’utenza all’interno dei servizi, all’essere un soggetto attivo che agisca all’interno delle comunità (Lai Fong Chu, concetto di medicina di iniziativa, offerta attiva). In questo modo si potranno contattare anche persone che non arriverebbero altrimenti ai servizi per le numerose barriere all’accesso. Ha successivamente sottolineato l’importanza della mediazione presso gli Urp, dove lavorano persone poco formate sugli aspetti della migrazione. Antonio Chiarenza è intervenuto per aggiungere che bisogna lavorare contemporaneamente su due livelli, entrambi importanti, ma che non devono essere confusi: da un lato, sulla equità e, dall’altro, sulla disuguaglianza. È seguito un breve dibattito introdotto da Claudio Baraldi sull’utilizzo delle categorie e sul nodo delle diseguaglianze. Giuseppe Cardamone ha illustrato la propria esperienza nel campo nella salute mentale nei Cie e nelle carceri. Ha ricordato che nel marzo del 2008 il governo Prodi approvò le linee di indirizzo nazionale sulla salute mentale, proponendo di modificare le Sdo, nelle quali non ci sono elementi utili. Il migrante deve diventare il punto di riflessione per non degradare il nostro sistema pubblico, dal momento che finora i servizi pubblici senza associazionismo non avrebbero potuto reggere la richiesta di cure degli stranieri anche a causa della mancanza di cultura del servizio pubblico. Ha poi illustrato la differenza tra iniziativa istituzionale e accoglienza della collettività, descrivendo il nuovo spirito fortemente istituzionale che permea l’orizzonte attuale. Ha portato poi un’attenta riflessione sul ruolo della mediazione culturale in ambito di salute mentale (v. slide). Francesco Bardicchia ha descritto il progetto della Regione Toscana sulla elaborazione dei flussi e dei dati concernenti la salute mentale dei migranti, sottolineandone criticità e potenzialità ed evidenziando la necessità di un’azione congiunta da parte di tutte le risorse del territorio (sia dall’alto che dal basso). È seguito un dibattito fra Mauro Palazzi, Grazia Lesi, Laura Gavioli, Elisabetta Confaloni, Giuseppe Cardamone, Giulia Capitani, Claudio Baraldi sulla definizione del ruolo del mediatore (interpretazione mediazione) e dei percorsi formativi e di riconoscimento della qualifica. pausa pranzo Giulia Capitani ha riaperto i lavori del pomeriggio presentando una relazione incentrata sulla mediazione culturale, in particolare dal percorso di monitoraggio e individuazione dei bisogni fino al governo della mediazione, sulla base dell’esperienza maturata nel corso della collaborazione con Ucodep (v. slide). Laura Gavioli, Claudio Baraldi e Natacha Niemants hanno presentato il loro lavoro di equipe interdisciplinare di linguisti e sociologi che si occupano di “interazione” (v. sliede). Si tratta di una ricerca condotta attraverso l’audio-registrazione di quasi 300 interventi di mediazione interpretata in questo caso a partire dalla traduzione linguistica. I diversi modi di tradurre hanno infatti come sfondo modi di interagire differenti. I diversi aspetti della mediazione interpretativa sono anche condizionati dal tipo di coordinamento dell’interprete nell’interazione, da cui dipendono infatti diverse forme di mediazione, es. etnocentrica e dialogica. La ricerca, incentrata sulle molteplici possibilità di uso della traduzione durante l’intervento di mediazione, vuole in particolare sottolineare come il tipo di mediazione messa in campo dall’ “interprete” possa promuovere diverse forme di comunicazione medico/paziente – centrata sul medico o centrata sul paziente. Infine, Natacha Niemants ha illustrato la propria ricerca di confronto tra il Belgio e l’Italia, Paesi con storie di immigrazione diverse ma accumunati dallo stesso “problema” di gestione della mediazione. In Belgio è prevalente un approccio che vede l’intercultura come “virus” che si diffonde nelle comunità. La mediazione ha comunque sempre un ancoraggio territoriale – locale (es. in Belgio è iniziata prima nelle scuole e solo dopo si è diffusa negli ospedali). I mediatori sono assunti dagli ospedali con un finanziamento da parte del Ministero dell’Interno (v. slide). Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g Maura Cossutta ha illustrato la propria esperienza al San Camillo di Roma. Nel Lazio non c’è la rete HPH né altri modelli di intervento a supporto dell’azione locale: in questo quadro il San Camillo si inserisce come esperienza pilota che cerca di superare approcci di tipo solidaristico e che si pone come una sfida all’interno di una strategia aziendale che non aveva intrapreso azioni di sistema per un approccio interculturale. Tra i risultati più importanti raggiunti c’è stato l’essere riusciti a mettere a sistema, a livello ospedaliero, i concetti di equità e interculturalità, facendo sì che in tutti i reparti si procedesse a intraprendere un percorso verso un ospedale culturalmente competente (es. nell’ambito della fine-vita, fino a poco tempo fa erano ancora i preti a parlare con i familiari). Certamente le criticità permangono, anzi sono emerse proprio in seguito all’accoglienza delle istanze e delle metodologie di lavoro interculturali. E’ emersa la necessità di una supervisione del percorso e dei diversi punti di debolezza e criticità, che si stanno affrontando. Da sottolineare che oltre ai contenuti della mediazione ciò che è importante sono le modalità operative, quindi ad esempio il tempo e lo spazio per la mediazione, variabili rispetto alle quali l’operatore si trova in situazione di costrizione. In conclusione la Cossutta ha proposto un’azione di advocacy comune e condivisa nei confronti degli stake holder politici, facendo leva proprio sulla razionalizzazione dei costi a cui può portare una gestione della mediazione a livello di sistema. È seguito un dibattito. Claudio Baraldi ha aggiunto che nell’interazione tra paziente/mediatore/operatore non sussiste una condivisione rispetto ad un modello, ma si registra la prevalenza di un modello. Se il mediatore viene inserito all’interno del sistema sanitario come lavoratore subordinato, c’è il rischio che assuma su di sé il modello del sistema sanitario, sentendosi egli stesso un operatore, e questo sarebbe nocivo nello schema di un’interazione a tre. Maura Cossutta ha aggiunto che c’è una pluralità di soggetti coinvolti nel processo di mediazione, una pluralità di figure e una pluralità di modalità e che non si deve ridurre tutto al modello di mediazione triadica – esempio associazionismo – educatori di comunità – mediazione diadica in questo caso – tra due sistemi, tra due interfecce del reale. Emerge comunque dal dibattito una difficoltà di fondo a inquadrare e comprendere una definizione di mediazione efficace (Baraldi) ma questo ha a che fare con la multidimensionalità del concetto di mediazione e con le sue infinite declinazioni in termini di processo e di scenario interattivo (Giulia Capitani). Elisabetta Confaloni (v. slide) ha introdotto la sua riflessione raccontando l’incontro tra Lai Fong Chu e alcune donne cinesi avvenuto a Prato nel 2006 e che considera una pietra miliare nel lavoro dell’Albero della Salute da cui si può dire che abbia preso avvio il progetto regionale Mum Health. Ha proseguito la riflessione ponendo al tavolo di lavoro una domanda: cosa ce ne facciamo della vulnerabilità? Le donne cinesi dell’incontro con Lai fong non arrivavano in maggioranza ai servizi, e probabilmente non ci arrivano neanche oggi. Anche in regioni come la Toscana in cui diritti e multiculturalità sono inglobati nelle istituzioni, i servizi non riescono ancora a farsi carico della vulnerabilità di tutti quei soggetti che spesso diventano oggetti delle decisioni morali ed eticamente pesanti degli altri. La vicenda dei migranti spesso non entra neanche nell’ambito della salute e dei diritti ad essa legati: questo avviene in particolare rispetto ad alcuni terreni, quali quello della salute materno-infantile e della salute mentale, che sono terreni di prova per misurare il peso delle discriminazioni e delle disuguaglianze. È bene quindi concentrarsi sul rapporto tra cura e giustizia: eventuali risposte possono venire dal portare avanti insieme la dimensione politica e quella culturale. I metodi partecipativi e di empowerment offrono una cornice in grado di raccordare le dimensioni sopra citate, mettendo in campo la realizzazione di un laboratorio diffuso di buone pratiche e prassi tese all’inclusione. È seguito un dibattito. Claudio Baraldi ha analizzato l’esperienza delle mediatrici cinesi di Reggio Emilia e di come abbiano cercato di risolvere la questione dell’irraggiungibilità del servizio. La mediatrice in questo caso fa due tipi di operazioni: da un lato si appropria della comunità favorendo l’accesso ai servizi, Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g dall’altro così facendo però tarpa le ali in una forma di mediazione etnocentrica che non crea contatto tra operatore e paziente perché lei, la mediatrice, si arroga un ruolo di assoluta protagonista. Antonio Chiarenza ha ribadito che la questione dei diritti risulta fortemente legata a quella della discriminazione. Un mancato riconoscimento dei diritti cioè è legato all’emarginazione, a sua volta aggravata dall’assenza di offerta attiva di servizi e di formazione per mediatori sul tema dei diritti stessi. Lia Lombardi ha illustrato le difficoltà emerse dalle esperienze con donne cinesi, con le quali risulta faticoso interagire e sottolineando come anche le mediatrici cinesi spesso abbiamo difficoltà a capire come comportarsi nella relazione a tre. Anke Miltenbug ha raccontato di come a Padova abbiano aperto due linee di intervento: una con le comunità, l’altra rispetto alla formazione di “persone” che abbiano una sensibilità culturale relativa anche alle tematiche sanitarie, che stanno fondando le prime cooperative di mediatori. Il tutto viene portato avanti senza una cornice progettuale seria e reale e anche rispetto ai corsi che hanno messo in piedi per i mediatori non risulta al momento nessuna garanzia di lavoro futuro e scarse selezioni a monte in termini di esperienza o titoli di studio. Bianca Maisano ha iniziato il suo intervento con una metafora: da questo incontro cioè sono emerse molteplici realtà che lei riconduce all’immagine di un albero di limoni che ha contemporaneamente foglie, fiori e frutti. Si coglie la ricchezza di questo laboratorio tanto ricco e diverso. Anche la sanità può essere un buon laboratorio per sperimentare buone pratiche ed esperienze di intercultura. Con il volontariato è facile partire dalle persone e dalle loro potenzialità scoprendo anche la ricchezza delle migrazioni e delle persone migranti, di cui troppo spesso non ci si accorge. Bisogna invece accorgersi delle professionalità dei migranti e del loro diritto a realizzarsi anche professionalmente nelle professioni socio-sanitarie, realizzazione professionale che può arricchire moltissimo il nostro approccio. Il progetto “Salute dove, salute come” cerca di ribaltare la visione dei migranti come problema vedendoli invece come risorsa. Ci troviamo di fronte ad emergenze culturali che mettono in allarme periodicamente il mondo dell’assistenza ai migranti e che segnalano l’esigenza davvero urgente di fare rete (Simm, Gris vanno in questa direzione). I migranti portano con loro istanze destrutturanti per il sistema, anche per quello sanitario, che deve imparare a flessibilizzarsi in funzione della salute di tutti recuperando la centralità della relazione: questo deve diventare il riferimento degli indicatori per il monitoraggio dei servizi di salute. Rosaria Nugara ha ripreso il concetto degli stranieri come risorsa per le professioni sanitarie: un esercito di professionisti provenienti da altri Paesi che hanno molte difficoltà di accesso alla professione (v. slides). Nelle professioni sanitarie c’è una profonda assenza di conoscenze delle tematiche legate all’intercultura, che sfocia spesso in una mancanza di sensibilità e di interesse. Bisogna mettere invece l’accento sullo scollamento tra la realtà e le discussioni teoriche. Andrea Valzania si è innanzitutto scusato per non essere riuscito a intervenire nel corso della mattinata, così come previsto dal programma. Si è presentato e ha illustrato il lavoro della rete regionale degli osservatori provinciali che è di fatto uno strumento di raccordo tra la rete degli osservatori provinciali e la regione su tre tematiche principali: la violenza di genere, l’integrazione e la lotta all’esclusione sociale. Infine ha illustrato il lavoro del cosiddetto “integrometro”, a cui hanno lavorato l’Ismu, l’Università di Siena e la rete degli Osservatori nel tentativo di misurare il livello di integrazione degli immigrati in Toscana secondo un concetto non assimilazionista, bensì bidirezionale, processuale e multidimensionale. In questa fase ci sarà il coinvolgimento di tutti gli osservatori provinciali, dell’Albero della Salute e della fondazione Michelucci. Grazia Lesi ha affrontato il tema dell’offerta attiva di salute a partire dal progetto Screening di creazione di gruppi di donne di educazione alla pari (v. slide). Il progetto ha visto la revisione dei materiali in lingua, il percorso con le donne cinesi, tappe dell’incontro con la comunità cinese. Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g Dopo questo lungo percorso di mediazione attraverso l’aiuto di una bravissima mediatrice si sono stretti una serie di rapporti, in particolare si sono affrontati una serie di temi. Grazia Lesi ha esposto poi alcune risposte ottenute tramite la somministrazione di un questionario esplorativo da cui emerge l’importanza di studiare alcune strategie. Le donne cinesi raccontano poco le loro azioni di medicina tradizionale un po’per non esporsi e un po’ perché pensano che gli italiani non capirebbero. Vengono sottolineati aspetti positivi e aspetti negativi dei servizi. Inoltre, ci si è soffermati su alcune tematiche: la violenza di genere, l’individuazione di sintomi psico/fisici che possono essere elementi di maltrattamento. L’importante è sottolineare come noi occidentali spesso utilizziamo alcune medicine tradizionali, prendendo una parte per il tutto. È importante integrare una parte della medicina cinese nella nostra abitudine di far salute (esempio dell’introduzione dell’agopuntura nei consultori per la menopausa, si riportano i dati e si vede l’efficacia dell’utilizzo dell’agopuntura anche per il dolore mestruale). Grazia Lesi ha concluso il suo intervento riportando alcune ricerche e progetti sulle medicine non convenzionali. In conclusione tutti i partecipanti si sono scambiati il desiderio di dare seguito a questa partecipata iniziativa e Elisabetta Confaloni e Antonio Chiarenza hanno esposto l’intento di fare insieme il punto quanto prima su quanto emerso nel corso del seminario e di proporre modalità di intervento future. I partecipanti sono stati infine invitati a condividere materiali e riferimenti bibliografici. È stato consegnato ai partecipanti un attestato di partecipazione. Via Roma 427, 59100 Prato – Tel 0574/435846-41 fax 0574/435848 Mail info@alberodellasalut e.org w w w. a l b e r o d e l l a s a l u t e . o r g