Indice I nomi e il loro significato I nomi e la loro struttura Il nome e la sua forma: genere e numero L’articolo La preposizione L’aggettivo qualificativo Gli aggettivi determinativi o indicativi I pronomi personali Il pronome relativo I pronomi indefiniti Il verbo e le sue forme I verbi ausiliari, fraseologici e servili o modali Uso dei modi e dei tempi Genere e forma del verbo La congiunzione L’interiezione Discorso diretto e discorso indiretto Il periodo o frase complessa Le origini della lingua italiana La concordanza dei tempi 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 I nomi e il loro significato Il nome è la parola che indica tutto quello che esiste nella realtà o può essere pensato. Il nome può essere: ❐ proprio > quando indica una particolare persona o un particolare animale o una particolare cosa. Il nome proprio si scrive con l’iniziale maiuscola, tranne quando è usato per indicare un tipo di persona e non un individuo. ESEMPIO: La Sardegna è un’isola. Carlo è il figlio maggiore di mio fratello. ❐ collettivo > quando indica un insieme di persone, di cose, di animali. ESEMPIO: flotta (insieme di aerei), gregge (insieme di pecore), folla (insieme di persone) ❐ comune > quando indica in modo generico una persona o una cosa. Si scrive sempre con la lettera minuscola. ESEMPIO: Il cane di Luca è molto piccolo. Le isole del Mediterraneo sono bellissime. Le compagne di Maria sono simpatiche. ❐ concreto > quando indica realtà esistenti in natura e che sono percepite dai nostri sensi. ESEMPIO: ragazzo, gatto, garofano, profumo. ❐ astratto > quando indica idee o sentimenti ESEMPIO: amore, gioia, giustizia, paura... I nomi e la loro struttura Il nome può essere: ❐ derivato > quando prende origine da un altro nome con l’aggiunta di un prefisso o di un suffisso. Il prefisso è posto davanti al nome, il suffisso è posto dietro il nome. ESEMPIO: fiorista, fioraio, fioriera, fioritura > sono tutti nomi che derivano da fiore. I suffissi e i prefissi aggiungono un significato che modifica quello del nome originale. ESEMPIO: fiore > fioraio è la persona che vende i fiori. Per conoscere questo significato puoi consultare il dizionario. ❐ alterato > quando modifica il significato per mezzo di un suffisso. ESEMPIO: casa > casina > casetta > casuccia > casaccia. Nota bene I suffissi alterativi si dividono in: diminutivi (– ino, – etto), accrescitivi (– one), vezzeggiativi (– uccio, – otto), peggiorativi (– astro, – accio, – ucolo). Bisogna fare attenzione ai falsi alterati, cioè a quei nomi che sembrano terminare con un suffisso. I più comuni sono: ESEMPIO: botte / bottone foca / focaccia mulo / mulino lampo / lampone – Il bottone non è una grande botte. – La focaccia non è una cattiva foca. – Il mulino non è un piccolo mulo. – Il lampone non è un grande lampo. ❐ composto > quando è formato da più parti: nome, verbo, aggettivo, avverbio. ESEMPIO: portaombrelli > verbo + nome capoclasse > nome + nome altoparlante > nome + verbo cassaforte > nome + aggettivo Nota bene Per fare il plurale dei nomi composti non ci sono regole esatte. Di solito si mette al plurale la parte nominale (nome o aggettivo) e resta invariata quella costituita da un verbo o da una parola invariabile (avverbio, preposizione). In caso di incertezza è necessario ricorrere al dizionario. 1 Il nome e la sua forma: genere e numero Il nome può avere: ❐ quattro forme: maschile, femminile, singolare, plurale. ❐ due forme: singolare, plurale. ESEMPIO: ESEMPIO: ragazzo / ragazza / ragazzi / ragazze I nomi che indicano esseri animati hanno comportamenti diversi. Di solito hanno quattro forme: gatto / gatta / gatti / gatte. sedia / sedie Possono avere forme diverse per il maschile e il femminile: uomo / donna, marito / moglie. Quando hanno solo due forme, se sono nomi di persone, il genere viene riconosciuto per mezzo dell’articolo; se sono animali la stessa forma indica il maschio e la femmina e, se è necessaria una distinzione, si ricorre all’espressione il maschio di / la femmina di ESEMPIO: nipote > il nipote / la nipote volpe > la volpe / il maschio della volpe leopardo > il leopardo/ la femmina del leopardo Come si passa dal maschile al femminile? Come si passa dal singolare al plurale? ❐ I nomi che al maschile finiscono in -o/e cambiano la finale in -a. ESEMPIO: amico / amica infermiere / infermiera ❐ I nomi maschili che finiscono in a cambiano la finale in i. ESEMPIO: il poeta / i poeti il profeta / i profeti ❐ I nomi che al maschile finiscono in -tore cambiano la finale in -trice. ESEMPIO: pittore /pittrice ❐ I nomi femminili che finiscono in -a cambiano la finale in -e. ESEMPIO: la mamma / le mamme ❐ I nomi che indicano un mestiere aggiungono il suffisso -essa. ❐ I nomi che finiscono in -o/ e cambiano la finale in -i. ESEMPIO: ESEMPIO: Possono avere due forme: cantante / cantanti, giraffa / giraffe. professore / professoressa il tavolo / i tavoli Casi particolari Nomi invariabili ❐ I nomi maschili che finiscono in ca / ga fanno il plurale in chi / ghi > duca / duchi. ❐ I nomi femminili che finiscono in ca / ga fanno il plurale in che / ghe > piega / pieghe. ❐ I nomi femminili che finiscono in cìa/gìa (i accentata) fanno il plurale in cìe / gìe > farmacìa / farmacìe. ❐ I nomi femminili che finiscono in cia /gia formano il plurale: – in ce / ge se la sillaba è preceduta da consonante > marcia /marce. Molti nomi hanno una sola forma valida per il singolare e per il plurale, perciò sono detti invariabili. In genere sono invariabili i monosillabi (re – sci – gas), i nomi che hanno la vocale finale accentata (città, società, realtà), i nomi che finiscono in i (crisi – analisi – diagnosi). – in cie / gie se la sillaba è preceduta da vocale > valigia / valigie. 2 Nota bene Per i nomi maschili che finiscono in co / go / logo se non si conosce la forma del plurale è opportuno consultare un dizionario, dato l’alto numero di eccezioni. L’articolo L’articolo è una breve parola che si mette davanti al nome: A • Può indicare il genere e il numero con chiarezza. ESEMPIO: Il cantante, la cantante, la città, le città B • Può indicare se il nome va inteso in senso determinato o indeterminato. ESEMPIO: Il ragazzo (indica una persona ben definita), un ragazzo (indica una persona tra tante) Ci sono tre tipi di articolo: determinativo, indeterminativo, partitivo. Nella frase: Colora in rosso il triangolo, in giallo un cerchio e in verde dei quadrati i tre articoli indicano che c’è un solo triangolo (il); che ci sono più cerchi, ma ne devo colorare uno a mia scelta (un); che ci sono più quadrati e ne devo colorare un numero indefinito (dei). Uso dell’articolo il / i davanti a nomi maschili che iniziano per consonante lo / gli davanti ai nomi maschili che cominciano con: x–y–z–s+consonante; –pn–ps–gn la / le davanti ai nomi femminili; davanti a vocale semplice la si apostrofa (l’) un uno una davanti ai nomi maschili che cominciano per vocale o per consonante davanti ai nomi maschili che iniziano per: x–y–z–s+consonante; pn–ps–gn davanti ai nomi femminili; davanti a vocale può essere apostrofato: un’amica. La preposizione È una parola invariabile che serve a legare tra loro le parole di una frase, mettendo in evidenza il legame logico. Si possono distinguere tre tipi di preposizioni: ❐ proprie: sono parole che si usano solo come preposizioni (di – a – da – su). ESEMPIO: Un gruppo di donne con i bambini tornava a casa camminando per uno stretto sentiero. ❐ improprie: sono parole che fanno da preposizione quando sono messe davanti a un nome. ESEMPIO: Il percorso si snodava lungo il fiume, dietro l’argine rinforzato con sacchi di sabbia. ❐ locuzioni prepositive: sono gruppi di parole che fanno da preposizione. ESEMPIO: Alla fine del sentiero si vedeva già il villaggio posto nel mezzo di una piccola baia. Le preposizioni proprie possono essere semplici o articolate. le preposizioni semplici di a da in con su per tra fra le preposizioni articolate di + a + da + in + su + il lo la i gli le del al dal nel sul dello allo dallo nello sullo della alla dalla nella sulla dei ai dai nei sui degli agli dagli negli sugli delle alle dalle nelle sulle 3 L’aggettivo qualificativo È la parola che dà informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche di una cosa reale o pensata. la forma dell’aggettivo: genere e numero Come il nome, l’aggettivo qualificativo ha diverse forme per indicare le variazioni di genere (maschile /femminile) o di numero (singolare/plurale). Osserva gli esempi divisi per categorie: ❐ aggettivi che terminano in o > nuovo /nuova nuovi / nuove ❐ aggettivi che terminano in ista > egoista egoisti / egoiste ❐ aggettivi che terminano in e > gentile gentili ❐ aggettivi che terminano in i > pari (sono invariabili) ❐ aggettivi composti con anti > antinebbia (sono invariabili) ❐ aggettivi che indicano colori > rosa, verde (sono invariabili) Per la formazione del femminile e del plurale valgono le stesse regole del nome (vedi pag 42). la concordanza L’aggettivo concorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce. Se l’aggettivo si riferisce a due nomi di genere diverso si mette al maschile plurale. ESEMPI: Marta e Luisa sono simpatiche. / Gianni e Luca sono simpatici. / Marta e Gianni sono simpatici. il grado dell’aggettivo le forme speciali L’aggettivo ha tre gradi di intensità. ❐ Positivo: è l’aggettivo nella sua forma standard (bello). ❐ Comparativo: si usa per fare paragoni (più bello / meno bello / bello come). Il comparativo ha tre forme: – comparativo di maggioranza > Il tuo vestito è più bello del mio. – comparativo di minoranza > Il tuo vestito è meno bello del mio. – comparativo di uguaglianza > Il tuo vestito è bello come il mio. ❐ Superlativo: si usa per indicare una qualità al massimo grado (bellissimo / molto bello / il più bello). Ha due forme: – superlativo assoluto > Il vestito è bellissimo / molto bello. – superlativo relativo > Il vestito è il più bello tra quelli esposti. Alcuni aggettivi hanno forme di comparativo e di superlativo particolari, che si usano insieme a quelle regolari, derivate direttamente dalle forme del latino. L’uso delle forme speciali è obbligatorio solo in poche espressioni: temperatura minima e massima, la maggiore età, l’altare maggiore, il male minore. Sono da preferire quando si parla dell’età o nelle espressioni matematiche. ESEMPI: Dei due fratelli Luca è il maggiore, Carlo il minore. Nel triangolo ABC l’angolo α è maggiore di β. 4 grande il maggiore massimo maggiore (il più grande) (grandissimo, molto grande) piccolo il minore minimo minore (il più piccolo) (piccolissimo, molto piccolo) Gli aggettivi determinativi o indicativi Appartengono a questa categoria gli aggettivi possessivi, dimostrativi, indefiniti e numerali. aggettivi possessivi aggettivi dimostrativi Precisano a chi appartiene la persona, l’animale o la cosa indicati dal nome cui è riferito. Indicano la posizione di qualcuno o di qualcosa nello spazio o nel tempo. L’aggettivo possessivo concorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce; è preceduto dall’articolo, tranne quando accompagna i nomi che indicano parentela ed è usato al singolare. ESEMPIO: Mio fratello > I miei fratelli. ❐ Questo indica qualcosa vicino nel tempo e nello spazio. ❐ Quello indica qualcosa lontano nel tempo e nello spazio. ❐ Codesto non si usa più se non in Toscana per influsso dialettale o nelle formule burocratiche. ESEMPIO: Prendi questa camicia, è più bella. Ti ho visto questa mattina in posta. Dammi quel libro che è sul tavolo. Ricordi quel mese di marzo del 1985? Usi particolari I possessivi di prima e seconda persona concordano con il nome a cui si riferiscono. Per la terza persona si usa suo quando il possessore è uno, loro quando i possessori sono più di uno. ESEMPIO: Paolo mi ha prestato i suoi CD. Paolo e Gianni mi hanno prestato i loro CD. L’aggettivo loro è invariabile ed è sempre preceduto dall’articolo. 1a sing. 2a sing. 3a sing. mio tuo suo mia tua sua miei tuoi suoi mie tue sue proprio propria propri proprie 1a plur. nostro nostra nostri nostre vostro vostra vostri vostre 2a plur. a loro loro loro loro 3 plur. L’agget- proprio propria propri proprie tivo proprio è obbligatorio con i verbi impersonali. aggettivi numerali Indicano una quantità (cardinali) o l’ordine in una serie (ordinali). Si scrivono in lettere o in cifre arabe o in numeri romani. ❐ aggettivi cardinali: uno/1 – dieci/10 – venticinque/25 (sono indeclinabili). ❐ aggettivi ordinali: primo/I – decimo/X – venticinquesimo XXV (si comportano come gli aggettivi qualificativi). L’aggettivo dimostrativo quello si comporta come l’articolo determinativo maschile singolare. ESEMPIO: Il libro/quel libro. L’albero/quell’albero. Lo stivale/quello stivale. questo codesto quello quel questa codesta quella questi codesti quei quegli queste codeste quelle aggettivi indefiniti Indicano una quantità o una qualità in modo indeterminato. Alcuni sono invariabili e si usano solo al femminile (ogni, qualche, qualunque, qualsiasi). Nessuno e ciascuno hanno solo il femminile. Tale ha solo il plurale. Tutti gli altri sono variabili e seguono le regole del nome. ESEMPIO: Alcune ragazze/Alcuni ragazzi. Qualche ragazzo/Qualche ragazza. Ogni ragazzo/Ogni ragazza. 5 I pronomi personali I pronomi personali permettono di precisare, senza ripeterne il nome, la persona che parla, a cui si parla; la persona, l’animale o la cosa di cui si parla. Hanno forme diverse a seconda della funzione che svolgono, come evidenziato dalla tabella. pronomi soggetto 1a pers. sing. 2a pers. sing. 3a pers. sing. 1a pers. pl. 2a pers. pl. 3a pers. pl. io tu egli (lui), esso ella (lei), essa noi voi essi (loro) esse(loro) forma forte (tonica) pronomi complemento forma debole (atona) me (di me, a me, con me) te (di te, a te, con te…) lui (di lui, a lui…), sé, ciò lei (di lei, a lei…), sé noi (di noi, a noi…) voi (di voi, a voi…) loro (di loro, con loro…), sé loro (di loro, con loro…), sè mi ti lo, gli, ne, si la, le, ne, si ci vi li, ne, si le, ne, si uso dei pronomi personali ❐ Il pronome personale soggetto viene abitualmente sottinteso, perché la desinenza del verbo basta a indicare la persona. Viene espresso quando: – il verbo ha la stessa forma per più persone. ESEMPIO: Credo che egli voglia parlarti. – si vuole mettere in evidenza la persona soggetto. ESEMPIO: L’ho detto prima io! ❐ Il pronome personale complemento si usa in forma forte quando è preceduto da preposizione o ha funzione di complemento oggetto a cui si vuole dare particolare rilievo. Si usa in forma debole quando non è preceduto da preposizione e non si vuole dargli particolare rilievo nella frase. ❐ Noi e voi possono essere accompagnati dalla parola altri, noialtri, voialtri per indicare una separazione o una contrapposizione. ESEMPIO: Per cercare il ristorante, noialtri andiamo a destra, voialtri a sinistra. ❐ Tutti i pronomi personali possono essere rinforzati da stesso e medesimo. ESEMPIO: Tu stesso comprenderai i motivi della mia scelta. ESEMPIO: Ho sentito lui medesimo dire che non stava bene. 6 ❐ Le forme deboli di solito precedono il verbo, ma lo seguono e si legano ad esso in quattro casi: – con l’imperativo > Il cane scappa, prendilo! – con l’infinito > Non riesco a prenderlo. – con il gerundio >L’ho fermato prendendolo per una zampa. – con l’avverbio “ecco” > Te lo riporto, eccolo! ❐ I pronomi deboli mi, ti, ci, vi, gli, si, seguiti da un altro pronome atono cambiano la vocale finale in e. ESEMPIO: Hai una penna? Me la dai un attimo? ❐ Il pronome gli non può cambiare la i finale, che è indispensabile per la pronuncia del gruppo gli, perciò aggiunge una e. ESEMPIO: Gli hai detto quello che pensi? > Glielo hai detto chiaro? ❐ La coppia di pronomi di solito precede il verbo, ma con l’infinito, il gerundio e l’imperativo lo segue e gli si unisce in una sola parola: prenderglielo, portamelo, dandoglielo. ESEMPIO: Il film sono andata a vederlo ieri. Nota bene A me mi piace / a lui non dirgli sono forme rafforzative in uso nel dialetto e non sono accettabili nella lingua corretta. Solo con il pronome ne è ammesso il rafforzamento. ESEMPIO: Che ne pensi di questo libro? Il pronome relativo I pronomi indefiniti Il pronome relativo lega la frase relativa ad una parola della frase precedente, evitando la ripetizione di una parola, perciò ha insieme la funzione di pronome e di congiunzione. I pronomi indefiniti indicano in modo generico la quantità o l’identità della persona o della cosa specificate dal nome che sostituiscono. ESEMPIO: Ho preso il libro / il libro era sul tavolo Tra i pronomi indefiniti, alcune forme sono usate anche come aggettivi: ❐ poco, molto, tanto, altro, tutto, parecchio, nessuno. Altre forme, invece sono usate solo come pronomi: ❐ uno, qualcuno, ognuno, chiunque indicano in modi diversi delle persone senza precisarne l’identità. ❐ qualcosa, niente, nulla indicano una cosa in modo indefinito. > Ho preso il libro che era sul tavolo. I pronomi relativi sono: ❐ che: il più usato, invariabile. Si mette subito dopo il nome a cui si riferisce. ESEMPIO: Il libro che ho preso è interessante. ❐ cui: invariabile, può essere preceduto da una preposizione semplice. ESEMPIO: La casa in cui abiti è antica. Questo è il ragazzo di cui ti ho parlato. Gli amici con cui studi sono simpatici. Il paese da cui vengo è molto caldo. Le cose a cui pensi sono divertenti? ❐ chi: invariabile, si usa solo per le persone. È un pronome doppio e corrisponde a colui che / qualcuno che. ESEMPIO: C’è sempre qualcuno che parla per niente. > C’è sempre chi parla per niente. Colui che rompe paga. > Chi rompe paga. ❐ il quale / la quale / i quali / le quali. Sono sostitutivi di che / cui. Sono usati nelle forme accompagnate dalla preposizione, soprattutto nella lingua parlata. ESEMPIO: La città nella quale vivi è bella. La persona con la quale hai parlato è il preside. Nota bene Il cui / del cui La forma cui preceduta dall’articolo determinativo o dalla preposizione articolata e seguita da un nome significa del quale. ESEMPIO: Questo è il libro il valore del quale è grandissimo > Questo è il libro il cui valore è grandissimo. Lei è l’attrice della bellezza della quale tutti parlano. > Lei è l’attrice della cui bellezza tutti parlano. usi particolari ❐ Altro: può significare “un’altra persona” o “un’altra cosa”. ESEMPIO: Se non vieni tu, inviterò un altro. Le occorre altro? ❐ Niente, nulla, nessuno: se sono messi dopo il verbo, vogliono la negazione non, se sono messi prima del verbo la rifiutano. ESEMPIO: Non è venuto nessuno. Nessuno è entrato dopo di te. ❐ Tale: preceduto dall’articolo si usa per indicare una persona sconosciuta. ESEMPIO: Ha telefonato un tale, non so chi era. ❐ Certo, diverso, vario: come pronomi sono usati solo al plurale. ESEMPIO: Ho comperato diversi quaderni. ❐ Qualcuno: dopo i verbi essere, sentirsi, diventare, ha il significato di “persona importante”. ❐ Qualcosa: ha valore neutro, perciò tutte le concordanze vengono fatte al maschile. ESEMPIO: È accaduto qualcosa? Non ho visto se si è rotto qualcosa. Quando è seguito da un aggettivo qualificativo vuole la preposizione di. ESEMPIO: Ho bisogno di qualcosa di nuovo per la prossima stagione. 7 Il verbo e le sue forme Il verbo è la parte del discorso che presenta il maggiore numero di forme. Esso, come quasi tutte le parole, è costituito da due parti: una invariabile, che si chiama radice, e una variabile che si chiama desinenza. La radice contiene il significato del verbo; la desinenza, attraverso le sue variazioni porta a una serie di informazioni su: ❐ la persona che compie o subisce un’azione o si trova in una determinata condizione; ❐ il numero delle persone; ❐ il tempo in cui si verifica ciò che è indicato dal verbo; ❐ il modo in cui viene presentato l’avvenimento o la situazione; ❐ la direzione (attiva o passiva) dell’azione. la persona e il numero il modo La persona cui il verbo è riferito si chiama soggetto del verbo. Serve a indicare in che modo viene considerata un’azione. Può essere: chi parla > io, noi; chi ascolta > tu, voi; una persona diversa da: io e tu > egli, loro. Le persone del verbo sono quindi sei e sei sono le desinenze che le esprimono: io > o tu > i lui > a/e noi > iamo voi> ate/ete/ite loro> ano/ono I modi del verbo in italiano sono sette: quattro finiti, perché precisano la persona che compie l’azione; tre indefiniti, perchè non la precisano. Le variazioni della vocale tematica sono legate al tipo di coniugazione. il tempo Ogni evento che accade si verifica nel tempo. Può essere: ❐ contemporaneo > rispetto al momento in cui si parla. ESEMPIO: Io e Marco studiamo insieme. ❐ anteriore > al momento in cui si parla. ESEMPIO: Io e Marco abbiamo studiato insieme ieri. ❐ posteriore > al momento in cui si parla. ESEMPIO: Io e Marco studieremo insieme domani. Il verbo quindi ha tre tempi: presente, passato, futuro. Ciascuno di essi si articola in forme che esprimono in modo preciso i rapporti temporali. I tempi verbali possono essere semplici, quando sono costituiti da una sola parola, o composti quando sono costituiti da più parole. 8 I modi finiti sono: ❐ indicativo > serve per descrivere o raccontare fatti certi, reali o ritenuti tali. ESEMPIO: Il ragazzo dorme tranquillo. ❐ congiuntivo > serve per esprimere opinioni, dubbi, speranze. ESEMPIO: Credo che il ragazzo dorma. ❐ condizionale > serve per indicare fatti possibili solo a determinate condizioni. ESEMPIO: Il ragazzo dormirebbe se ci fosse silenzio. ❐ imperativo > serve per dare ordini. ESEMPIO: Ragazzo, dormi che è tardi! I modi indefiniti sono: ❐ infinito > esprime il semplice significato del verbo. ESEMPIO: Mi piace dormire. ❐ participio > esprime il significato del verbo come caratteristica attribuita a un nome. ESEMPIO: Abbiamo visto uno spettacolo divertente. ❐ gerundio > serve per precisare le modalità o le circostanze di un’azione. ESEMPIO: Si è fatto male cadendo. I verbi ausiliari, fraseologici e servili o modali Osserva le frasi: Ho vinto alla lotteria / Oggi devo andare dal medico. I verbi ho/devo non hanno un significato autonomo, ma sono usati per completare il significato di vincere/andare e per questo si dice che sono verbi di “servizio” o servili. In base alla funzione che svolgono si distinguono in verbi ausiliari, fraseologici, servili o modali. I verbi ausiliari I più importanti verbi di servizio sono essere e avere, che vengono definiti verbi ausiliari; si usano per formare i tempi composti o la forma passiva degli altri verbi. ❐ Il verbo essere si usa per formare: ❐ Il verbo avere si usa per formare: – la forma passiva dei verbi transitivi: io sono – i tempi composti dei verbi transitivi: abstato lodato; biamo mangiato; – i tempi composti dei verbi riflessivi (propri, – i tempi composti di alcuni verbi intransitivi: apparenti, reciproci): mi sono lavato; ho dormito. – i tempi composti dei verbi pronominali e imNota bene personali: mi sono pentito; Non esiste una regola per stabilire quali – i tempi composti dei verbi intransitivi: verbi intransitivi richiedono solo l’ausiliare siamo andati. avere o ammettono il doppio uso. Si apprende con l’uso. I verbi fraseologici Accompagnano un altro verbo di modo indefinito (infinito, gerundio) per precisare un aspetto dell’azione. I principali sono: ❐ fare/lasciare: indicano un’azione causata (fatta o lasciata fare dal soggetto). ESEMPIO: Il preside ha lasciato uscire gli studenti in anticipo. ❐ stare per/essere sul punto di: indicano un’ azione imminente. ESEMPIO: Il treno sta per partire. ❐ cominciare/finire: indicano un’azione che inizia o finisce. ESEMPIO: Il ragazzo cominciò a correre. ❐ cercare/tentare di: indicano un’azione che viene tentata. ESEMPIO: Il ragazzo cerca di finire i compiti. ❐ stare+il gerundio: indica un’azione in svolgimento. ESEMPIO: Il ragazzo sta facendo il compito. ❐ continuare/insistere: indica un’azione che dura nel tempo. ESEMPIO: Continua a chiedere tue notizie. I verbi servili o modali Sono tre: potere, volere, dovere. Si usano con altri verbi per esprimere l’idea di possibilità, volontà, dovere. Le loro caratteristiche sono: ❐ di avere lo stesso soggetto del verbo che accompagnano: ESEMPIO: Io devo andare a casa. ❐ di formare i tempi composti con l’ausiliare richiesto dal verbo che accompagnano: ESEMPIO: Io sono dovuto andare a casa. (Io ho dovuto andare a casa.) Possono essere usati come verbi modali anche: sapere, sentire, essere solito, preferire, osare, desiderare. Questi verbi si comportano come segue: ❐ non condividono sempre il soggetto con il verbo che servono: ESEMPIO: Io lo vedo uscire > Io vedo lui uscire. ❐ usano sempre l’ausiliare avere (tranne essere solito): ESEMPIO: Io ho preferito parlare con te. Siamo soliti andare al mare. 9 Uso dei modi e dei tempi Ogni modo verbale ha la sua specifica funzione e si articola in un determinato numero di tempi. il modo indicativo il modo congiuntivo È il modo della realtà e della certezza. Ha otto tempi, quattro semplici (presente, imperfetto, futuro e passato remoto) e quattro composti (passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto e futuro anteriore). È il modo che esprime dubbio, incertezza, desiderio, opinione. Viene usato soprattutto nelle frasi dipendenti. Ha quattro tempi, due semplici (presente, imperfetto), e due composti (passato e trapassato). Tempi semplici ❐ Il presente indica un’azione o una condizione che si verifica nel momento in cui si parla. ESEMPIO: Sento il telefono che squilla. ❐ L’imperfetto indica un’azione passata considerandola nella sua durata. È un tempo descrittivo. ESEMPIO: Era una bella giornata e il sole brillava nel cielo. ❐ Il passato remoto indica un’azione o un fatto che appartiene al passato e che non ha relazioni con il presente. È il tempo della narrazione storica. ESEMPIO: Cesare invase la Gallia e la conquistò. ❐ Il futuro semplice indica un fatto che deve ancora avvenire. ESEMPIO: Domani partirò per Madrid. Si usa anche per indicare dubbio o approssimazione. ESEMPIO: Dove sarà Marco? Saranno le dieci. Tempi semplici ❐ Il presente e il passato si usano per esprimere un dubbio o un augurio riferiti rispettivamente al presente e al passato. ESEMPIO: Il cielo ci aiuti! Che sia già arrivato? Tempi composti ❐ Il passato prossimo indica un’azione passata avvenuta in un tempo recente oppure un’azione le cui conseguenze sono ancora presenti. ESEMPIO: Ieri sono andato al cinema con Michele. Mi sono laureato dieci anni fa. ❐ Il trapassato prossimo e il trapassato remoto si usano per indicare anteriorità rispetto ad un tempo passato. Il futuro anteriore indica anteriorità rispetto ad un futuro. ESEMPIO: Ero stanco perchè avevo viaggiato tutta la notte. Quando avrai finito il lavoro andrai a casa. 10 Tempi composti ❐ L’imperfetto e il trapassato esprimono un desiderio o un augurio che non è possibile realizzare. ESEMPIO: Se avessi più tempo, andrei al cinema Oh, se fossi stato più attento! il modo condizionale È il modo che esprime eventualità o possibilità condizionata. Ha due tempi, uno semplice (presente) e uno composto (passato). ❐ Il presente si usa per indicare un fatto che si potrebbe verificare nel presente, a condizione che se ne verifichi un altro. ESEMPIO: Se ti allenassi vinceresti facilmente. ❐ Il passato si usa per indicare la possibilità condizionata nel passato oppure un dubbio riferito al passato. ESEMPIO: A chi avrei potuto rivolgermi? il modo imperativo È il modo che esprime comando, consiglio o preghiera. ESEMPIO: Venite subito qui! L’imperativo ha solo il tempo presente. Ha forme proprie solo per le seconde persone (aiuta, aiutate) e per le altre persone si usano le corrispondenti forme del congiuntivo presente. ESEMPIO: Si segga. Aiutiamo anche noi! Genere e forma del verbo transitivi e intransitivi forma riflessiva Osserviamo le frasi: Laura legge un libro./Laura cammina per strada. In entrambe il verbo esprime un’azione che Laura compie. Nel primo caso, l’azione di Laura “ricade” su un oggetto, nel secondo caso l’azione riguarda solo Laura. ❐ Il verbo che esprime un’azione che passa da un soggetto ad un oggetto di dice transitivo. ESEMPIO: Oggi ho incontrato Gianni. Chi mangia le caramelle e nasconde la carta? ❐ Il verbo che indica un’azione che riguarda solo il soggetto si dice intransitivo. ESEMPIO: Domani sera andiamo al cinema. Quando correte, state attenti alle buche. Il verbo transitivo forma i tempi composti con l’ausiliare avere; quello intransitivo con l’ausiliare essere. ESEMPIO: La mia amica è andata dai nonni. La mia amica ha comperato una bicicletta. I verbi transitivi oltre alle forme attiva e passiva hanno anche la forma riflessiva. Essa serve per indicare un’azione compiuta dal soggetto che torna sul soggetto. Nota bene Molti verbi possono funzionare sia come transitivi che come intransitivi. ESEMPIO: Lo zio ha cambiato la macchina. Il tempo è cambiato di colpo. La Terra gira intorno al Sole. Gira la chiave nella serratura. forma attiva e forma passiva I verbi possono aver una forma diversa a seconda che il soggetto compia o subisca l’azione da essi espressa. ❐ Un verbo è di forma attiva quando il soggetto compie l’azione. ESEMPIO: Il medico visita il malato. Il cane insegue il gatto. Antonio mangia il gelato. ❐ È di forma passiva quando la subisce. ESEMPIO: Il malato è visitato dal medico. Il gatto è inseguito dal cane. Il gelato è mangiato da Antonio. ESEMPIO: Egli si veste in modo elegante. La forma riflessiva è caratterizzata dalla presenza delle particelle pronominali: mi, ti, ci, vi, si. Con i verbi all’imperativo, all’infinito, al gerundio o al participio il pronome segue il verbo e forma con esso una sola parola. ESEMPIO: Maria è uscita salutandoci. Vienimi a trovare. Spero di vedervi al mio ritorno. forme riflessive improprie ❐ Riflessivo apparente: si ha quando le particelle pronominali, pur riferendosi al soggetto non hanno funzione di complemento oggetto. ESEMPIO: Io mi lavo le mani. ❐ Riflessivo reciproco: si ha quando per mezzo della particella pronominale si esprime un’azione che i due soggetti compiono uno verso l’altro: ESEMPIO: Paolo e Gianni si picchiano. forme pronominali Si tratta di verbi che sono preceduti da una particella pronominale che è parte integrante del verbo, ma non hanno alcun valore riflessivo. I più comuni sono: pentirsi, vergognarsi, arrabbiarsi, accorgersi, arrendersi, ribellarsi. ESEMPIO: Quel ragazzo non si pente mai delle sue cattive azioni. Fabio non si vergogna di aver perso la pazienza. La mamma non si è accorta che la torta stava bruciando. 11 La congiunzione L’avverbio Osserva le frasi: Mi piace la pizza, ma non voglio l’origano. Mi piace la pizza, perché è molto saporita. un’altra per precisarne il significato. Ma / perché sono congiunzioni e servono a collegare tra loro due frasi, rendendo evidente il tipo di legame logico: ma > opposizione; perché > causa. Le congiunzioni sono molto numerose. Ricordiamo le più frequenti e il loro significato. ❐ Congiunzioni coordinanti con idea di: – accostamento: e, anche, inoltre, né, neanche – separazione: o, oppure – opposizione: ma, però, anzi, tuttavia – conclusione: quindi, perciò, dunque – spiegazione: cioè, infatti ❐ Congiunzioni subordinanti con idea di: – causa: perché, poiché, dato che – fine: affinché, perché – conseguenza: tanto che, così che – tempo: quando, mentre, finché – condizione: se, purché, a patto che – dichiarazione: che – concessione: sebbene, benché, anche se L’interiezione È una parola invariabile che serve ad esprimere sensazioni o stati d’animo. Anche se sembra la semplice trascrizione di un suono, l’interiezione ha un significato: ahi! > esprime dolore puah! > esprime disgusto uffa > esprime noia mah! > esprime dubbio ah! oh! > esprimono sorpresa urrà! > esprime esultanza ehi! > esprime avvertimento ohi! > esprime sofferenza uhi! > esprime dubbio boh! > esprime dubbio eh! > esprime rassegnazione o ammonimento wow! > esprime sorpresa L’avverbio è una parola che si accosta ad 12 ESEMPIO: Mia sorella è tornata. Mia sorella è tornata tardi. ❐ L’avverbio può derivare per trasformazione da un’altra parola con il suffisso -mente. ESEMPIO: amaro > amaramente facile > facilmente docile > docilmente ❐ Può essere un aggettivo qualificativo o indefinito usato con questa funzione. ESEMPIO: Ieri ho lavorato molto. Per favore, parlate piano. Avevo visto giusto. ❐ Gli avverbi possono indicare: – il modo in cui si compie un’azione: lentamente, bene, piano, rapidamente – il tempo in cui si compie un’azione: adesso, dopo, subito, domani – il luogo dove si compie un’azione: qui, là, vicino, lontano, dietro – la quantità, la misura di ciò che è detto dal verbo: poco, molto, abbastanza – una valutazione o un giudizio: forse, certamente, sì, no – una domanda: come? dove? quando? ❐ Gli avverbi possono avere la forma del comparativo e del superlativo come gli aggettivi: ESEMPIO: Presto > più presto >prestissimo Bene > più bene / meglio > benissimo ❐ Gli avverbi possono avere una forma alterata come il nome. ESEMPIO: Bene > benino > benone Poco > pochino Male > maluccio Nota bene Tutti gli avverbi sono invariabili, quindi non si accordano con le parole a cui si riferiscono. ESEMPIO: Il deputato capì che era tempo di parlare chiaro (chiaramente). I deputati capirono che era tempo di parlare chiaro (non “chiari”). Discorso diretto e discorso indiretto Una persona per riferire le proprie opinioni o quelle di altri ha a disposizione due possibilità: il discorso diretto e quello indiretto. Il discorso diretto consiste nel riferire le parole come sono state pronunciate. Nella scrittura il discorso diretto segue i due punti (:) e viene segnalato con le virgolette oppure segue la lineetta (–) dopo i due punti, all’inizio del discorso invece delle virgolette, senza altro segnale finale. ESEMPIO: Lo zio mi disse: “Ricordati di aiutare sempre tua sorella”. Lo zio mi disse: – Ricordati di aiutare sempre tua sorella. Il discorso indiretto consiste nel riferire quanto è stato detto facendo precedere le informazioni da un verbo dichiarativo (dire, affermare, ordinare, chiedere, rispondere… e altri verbi di comando quali comandare, intimare, ordinare,...). Non ha alcuna punteggiatura di segnalazione. ESEMPIO: Maria dice che non si ricorda mai di comperare il pane. Ieri Luigi mi ha detto che parte per il Canada per andare a trovare suo cugino. dal discorso diretto al discorso indiretto ❐ Scompare la punteggiatura che viene sostituita dalla congiunzione che / se. ESEMPIO: Marco dice: – Vado a casa. > Marco dice che va a casa. Marco chiede: – Vai a casa? > Marco chiede se vai a casa. ❐ Quando il soggetto delle due frasi è lo stesso si può usare di + infinito. ESEMPIO: Il ragazzo dice: – Non so niente. > Il ragazzo dice di non sapere niente. L’insegnante dice: – Ho corretto i compiti. > L’insegnante dice di aver corretto i compiti. ❐ I pronomi di prima e seconda persona vengono sostituiti dai pronomi di terza persona. ESEMPIO: Marco dice agli amici: Vi aspetto a casa. > Marco dice agli amici che li aspetta a casa. ❐ Gli indicatori di luogo questo, qui, lì diven- tano quello, qua, là. ESEMPIO: Marco dice: Aspetto qui vicino all’auto. > Marco dice che aspetta qua vicino all’auto. Marco dice: Questo libro è di Luca. > Marco dice che quel libro è di Luca. Il ragazzo dice: – Ho messo lì il quaderno. > Il ragazzo dice che ha messo là il quaderno. ❐ Gli aggettivi e i pronomi possessivi passano alla terza persona. ESEMPIO: Marco dice: – Quel libro è mio. > Marco dice che quel libro è suo. I ragazzi dicono: – Questa palla è nostra. > I ragazzi dicono che quella palla è loro. Le ragazze dicono: – Ci piace questo disco. > Le ragazze dicono che a loro piace quel disco. ❐ I verbi della frase subordinata cambiano se il verbo della frase reggente è al passato, seguendo le regole della concordanza dei tempi (vedi tavole pag. ...). Il ragazzo disse: – Non voglio più vederti. > Il ragazzo disse che non voleva più vederlo. Il ragazzo disse: – Non ho voluto vederlo. > Il ragazzo disse che non aveva voluto vederlo. Il ragazzo disse: – Vorrò vederlo. > Il ragazzo disse che avrebbe voluto vederlo. Il ragazzo ordinò: – Fermati. > Il ragazzo ordinò che si fermasse. 13 Il periodo o frase complessa Si può definire il periodo come un insieme di frasi collegate da tra loro logicamente: il collegamento tra le diverse frasi può avvenire in tre modi: coordinazione, subordinazione, accostamento. ❐ La coordinazione consiste nel collegare tra loro per mezzo di una congiunzione due o più frasi che avrebbero un significato anche se considerate singolarmente. ESEMPIO: È caduto. Si è fatto male. Lo hanno portato al Pronto Soccorso > È caduto e si è fatto male, perciò lo hanno portato al Pronto Soccorso. ❐ La subordinazione consiste nel collegare per mezzo di una congiunzione una o più frasi definite subordinate o dipendenti ad una frase indipendente detta principale. La congiunzione rende evidente il tipo di legame. ESEMPIO: Paolo è venuto da me. Sperava. Gli avrei prestato un libro. > Paolo è venuto da me perchè sperava che gli avrei prestato un libro. ❐ L’accostamento (o giustapposizione) consiste nel collegare le frasi attraverso un segno di punteggiatura. È un procedimento sintattico molto usato perché rende il testo più scorrevole ed espressivo. ESEMPIO: È vero. Le percentuali dei bocciati sono quasi niente, uno su cento non ce la fa. Quell’uno sarò proprio io, lo sento. Nota bene Una subordinata non può stare da sola, perché non ha senso compiuto, tranne che nelle risposte ad una domanda diretta, perché viene sottintesa la principale. ESEMPIO: Perché non mangi? (Non mangio) Perché non ho fame. Le origini della lingua italiana Roma, tra il II sec a.C. e il III d.C. conquista e sottomette quasi tutta l’Europa, il vicino Oriente e la costa settentrionale dell’Africa. Ai popoli conquistati impone le sue leggi e la sua lingua, che diventa la lingua della comunicazione tra i popoli, un po’ come oggi è l’inglese. Quando l’Impero romano crolla, nei paesi di più recente e instabile conquista, le terre dei Germani e dei Britanni, il latino scompare. Nei paesi mediterranei dà origine, attraverso una lunga serie di trasformazioni, a numerose lingue locali, che nel tempo diventeranno le lingue neolatine. L’italiano è una di queste lingue. I cambiamenti più significativi avvenuti nel passaggio dal latino all’italiano riguardano la forma delle parole e la struttura della frase. Il cambiamento più importante riguarda la scomparsa della desinenza che permetteva, in latino, di capire la funzione logica di una parola. Per sostituire questo modo di comunicare si introducono gli articoli, la preposizione e si vincola l’ordine delle parole. 14 ❐ Se in latino si scriveva “ Venator necat lupum”, l’ordine delle parole poteva essere variato senza che ci fosse la possibilità di non essere capiti. La stessa frase in italiano può essere scritta solo nell’ordine “ Il cacciatore uccide il lupo”, perché se cambio l’ordine delle parole cambio il significato della frase (Il lupo uccide il cacciatore!) ❐ Se il latino scriveva illum lupum, con la perdita della desinenza si ha illu lupu e per effetto di contrazione il lupu > il lupo. ❐ Se il latino scriveva unam manum, con la perdita della desinenza si ha una manu > una mano. ❐ Se il latino usava desinenze particolari per indicare la forma passiva del verbo, in italiano, come nelle altre lingue neolatine, il passivo si forma con il verbo essere + il participio passato. ❐ A queste trasformazioni vanno aggiunti i cambiamenti avvenuti attraverso il fenomeno dei prestiti, cioè delle parole che provengono da una lingua straniera. La concordanza dei tempi I verbi della frase subordinata indicano il rapporto di tempo con la frase reggente. Osserva le frasi: ESEMPIO: 1) Marco dice che viene subito. 2) Marco dice che verrà domani. 3) Marco dice che è venuto ieri. Nella prima frase il rapporto di tempo è di contemporaneità. Nella seconda è di posteriorità. Nella terza è di anteriorità. ❐ Nelle frasi dipendenti da un verbo che esprime certezza > modo indicativo, i tempi dei verbi si regolano in questo modo: reggente subordinata a - relazione di contemporaneità presente presente passato imperfetto futuro presente/futuro esempi Sento che il bambino piange. Ho sentito che il bambino piangeva. Ti chiamerò quando il bambino piange/piangerà. b - relazione di anteriorità presente passato futuro passato prossimo trapassato prossimo passato Dice che il bambino ha pianto. Disse che il bambino aveva pianto. Dirà che il bambino ha pianto. c - relazione di posteriorità presente passato futuro futuro/pres. con avverbio condizionale passato futuro So che arriva/arriverà domani. Sapevo che sarebbe arrivato. Tra poco saprò quando arriverà. ❐ Nelle frasi dipendenti da un verbo che esprime possibilità, opinione, dubbio > modo congiuntivo, i tempi dei verbi si regolano in questo modo: reggente subordinata a - relazione di contemporaneità presente pres. congiuntivo passato imperf. congiuntivo futuro pres. congiuntivo esempi Penso che tu sappia tutto. Pensavo che tu sapessi tutto. Penserò che egli sappia tutto. b - relazione di anteriorità presente/futuro pass. congiuntivo passato trap. congiuntivo pres. condizionale trap. congiuntivo Credo che sia venuto ieri. Pensavo che fosse tornato. Non vorrei che fosse già partito. c - relazione di posteriorità presente passato futuro futuro/ cong. pres. passato condizionale cong. pres. Penso che verrà/venga. Pensavo che sarebbe venuto. Non penserai che venga con te? 15