Indice
I nomi e il loro significato
I nomi e la loro struttura
Il nome e la sua forma: genere e numero
L’articolo
La preposizione
L’aggettivo qualificativo
Gli aggettivi determinativi o indicativi
I pronomi personali
Il pronome relativo
I pronomi indefiniti
Il verbo e le sue forme
I verbi ausiliari, fraseologici e servili o modali
Uso dei modi e dei tempi
Genere e forma del verbo
La congiunzione
L’interiezione
Discorso diretto e discorso indiretto
Il periodo o frase complessa
Le origini della lingua italiana
La concordanza dei tempi
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I nomi e il loro significato
Il nome è la parola che indica tutto quello che esiste nella realtà o può essere pensato.
Il nome può essere:
❐ proprio > quando indica una particolare
persona o un particolare animale o una particolare cosa. Il nome proprio si scrive con l’iniziale maiuscola, tranne quando è usato per
indicare un tipo di persona e non un individuo.
ESEMPIO: La Sardegna è un’isola.
Carlo è il figlio maggiore di mio fratello.
❐ collettivo > quando indica un insieme di
persone, di cose, di animali.
ESEMPIO: flotta (insieme di aerei), gregge (insieme di pecore), folla (insieme di persone)
❐ comune > quando indica in modo generico
una persona o una cosa. Si scrive sempre con
la lettera minuscola.
ESEMPIO: Il cane di Luca è molto piccolo.
Le isole del Mediterraneo sono bellissime.
Le compagne di Maria sono simpatiche.
❐ concreto > quando indica realtà esistenti in
natura e che sono percepite dai nostri sensi.
ESEMPIO: ragazzo, gatto, garofano, profumo.
❐ astratto > quando indica idee o sentimenti
ESEMPIO: amore, gioia, giustizia, paura...
I nomi e la loro struttura
Il nome può essere:
❐ derivato > quando prende origine da un
altro nome con l’aggiunta di un prefisso o di
un suffisso.
Il prefisso è posto davanti al nome, il suffisso
è posto dietro il nome.
ESEMPIO: fiorista, fioraio, fioriera, fioritura >
sono tutti nomi che derivano da fiore.
I suffissi e i prefissi aggiungono un significato
che modifica quello del nome originale.
ESEMPIO: fiore > fioraio è la persona che
vende i fiori.
Per conoscere questo significato puoi consultare il dizionario.
❐ alterato > quando modifica il significato per
mezzo di un suffisso.
ESEMPIO: casa > casina > casetta > casuccia
> casaccia.
Nota bene
I suffissi alterativi si dividono in:
diminutivi (– ino, – etto),
accrescitivi (– one),
vezzeggiativi (– uccio, – otto),
peggiorativi (– astro, – accio, – ucolo).
Bisogna fare attenzione ai falsi alterati, cioè a
quei nomi che sembrano terminare con un suffisso. I più comuni sono:
ESEMPIO: botte / bottone
foca / focaccia
mulo / mulino
lampo / lampone
– Il bottone non è una grande botte.
– La focaccia non è una cattiva foca.
– Il mulino non è un piccolo mulo.
– Il lampone non è un grande lampo.
❐ composto > quando è formato da più parti:
nome, verbo, aggettivo, avverbio.
ESEMPIO:
portaombrelli > verbo + nome
capoclasse
> nome + nome
altoparlante
> nome + verbo
cassaforte
> nome + aggettivo
Nota bene
Per fare il plurale dei nomi composti non ci
sono regole esatte. Di solito si mette al plurale la parte nominale (nome o aggettivo) e
resta invariata quella costituita da un verbo
o da una parola invariabile (avverbio, preposizione). In caso di incertezza è necessario
ricorrere al dizionario.
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Il nome e la sua forma: genere e numero
Il nome può avere:
❐ quattro forme:
maschile, femminile, singolare, plurale.
❐ due forme:
singolare, plurale.
ESEMPIO:
ESEMPIO:
ragazzo / ragazza / ragazzi / ragazze
I nomi che indicano esseri animati hanno
comportamenti diversi.
Di solito hanno quattro forme:
gatto / gatta / gatti / gatte.
sedia / sedie
Possono avere forme diverse per il maschile e
il femminile: uomo / donna, marito / moglie.
Quando hanno solo due forme, se sono nomi
di persone, il genere viene riconosciuto per
mezzo dell’articolo; se sono animali la stessa
forma indica il maschio e la femmina e, se è
necessaria una distinzione, si ricorre all’espressione il maschio di / la femmina di
ESEMPIO: nipote > il nipote / la nipote
volpe > la volpe / il maschio della volpe
leopardo > il leopardo/ la femmina del leopardo
Come si passa dal maschile al femminile?
Come si passa dal singolare al plurale?
❐ I nomi che al maschile finiscono in -o/e cambiano la finale in -a.
ESEMPIO: amico / amica
infermiere / infermiera
❐ I nomi maschili che finiscono in a cambiano
la finale in i.
ESEMPIO: il poeta / i poeti
il profeta / i profeti
❐ I nomi che al maschile finiscono in -tore
cambiano la finale in -trice.
ESEMPIO: pittore /pittrice
❐ I nomi femminili che finiscono in -a cambiano la finale in -e.
ESEMPIO: la mamma / le mamme
❐ I nomi che indicano un mestiere aggiungono il suffisso -essa.
❐ I nomi che finiscono in -o/ e cambiano la finale in -i.
ESEMPIO:
ESEMPIO:
Possono avere due forme:
cantante / cantanti, giraffa / giraffe.
professore / professoressa
il tavolo / i tavoli
Casi particolari
Nomi invariabili
❐ I nomi maschili che finiscono in ca / ga
fanno il plurale in chi / ghi > duca / duchi.
❐ I nomi femminili che finiscono in ca / ga
fanno il plurale in che / ghe > piega / pieghe.
❐ I nomi femminili che finiscono in cìa/gìa (i
accentata) fanno il plurale in cìe / gìe > farmacìa / farmacìe.
❐ I nomi femminili che finiscono in cia /gia
formano il plurale:
– in ce / ge se la sillaba è preceduta da consonante > marcia /marce.
Molti nomi hanno una sola forma valida per il
singolare e per il plurale, perciò sono detti invariabili.
In genere sono invariabili i monosillabi (re –
sci – gas), i nomi che hanno la vocale finale
accentata (città, società, realtà), i nomi che finiscono in i (crisi – analisi – diagnosi).
– in cie / gie se la sillaba è preceduta da vocale > valigia / valigie.
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Nota bene
Per i nomi maschili che finiscono in co / go
/ logo se non si conosce la forma del plurale
è opportuno consultare un dizionario, dato
l’alto numero di eccezioni.
L’articolo
L’articolo è una breve parola che si mette davanti al nome:
A • Può indicare il genere e il numero con chiarezza.
ESEMPIO: Il cantante, la cantante, la città, le città
B • Può indicare se il nome va inteso in senso determinato o indeterminato.
ESEMPIO: Il ragazzo (indica una persona ben definita), un ragazzo (indica una persona tra tante)
Ci sono tre tipi di articolo: determinativo, indeterminativo, partitivo.
Nella frase: Colora in rosso il triangolo, in giallo un cerchio e in verde dei quadrati i tre
articoli indicano che c’è un solo triangolo (il); che ci sono più cerchi, ma ne devo colorare uno
a mia scelta (un); che ci sono più quadrati e ne devo colorare un numero indefinito (dei).
Uso dell’articolo
il / i
davanti a nomi maschili che iniziano
per consonante
lo / gli davanti ai nomi maschili che cominciano con: x–y–z–s+consonante;
–pn–ps–gn
la / le davanti ai nomi femminili; davanti a
vocale semplice la si apostrofa (l’)
un
uno
una
davanti ai nomi maschili che cominciano per vocale o per consonante
davanti ai nomi maschili che iniziano
per: x–y–z–s+consonante; pn–ps–gn
davanti ai nomi femminili; davanti a vocale può essere apostrofato: un’amica.
La preposizione
È una parola invariabile che serve a legare tra loro
le parole di una frase, mettendo in evidenza il legame logico.
Si possono distinguere tre tipi di preposizioni:
❐ proprie: sono parole che si usano solo come
preposizioni (di – a – da – su).
ESEMPIO:
Un gruppo di donne con i bambini tornava a
casa camminando per uno stretto sentiero.
❐ improprie: sono parole che fanno da preposizione quando sono messe davanti a un nome.
ESEMPIO:
Il percorso si snodava lungo il fiume, dietro
l’argine rinforzato con sacchi di sabbia.
❐ locuzioni prepositive: sono gruppi di parole
che fanno da preposizione.
ESEMPIO:
Alla fine del sentiero si vedeva già il villaggio
posto nel mezzo di una piccola baia.
Le preposizioni proprie possono essere semplici o articolate.
le preposizioni semplici
di a da in con su per tra fra
le preposizioni articolate
di +
a +
da +
in +
su +
il
lo
la
i
gli
le
del
al
dal
nel
sul
dello
allo
dallo
nello
sullo
della
alla
dalla
nella
sulla
dei
ai
dai
nei
sui
degli
agli
dagli
negli
sugli
delle
alle
dalle
nelle
sulle
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L’aggettivo qualificativo
È la parola che dà informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche di una cosa reale o pensata.
la forma dell’aggettivo: genere e numero
Come il nome, l’aggettivo qualificativo ha diverse forme per indicare le variazioni di genere
(maschile /femminile) o di numero (singolare/plurale). Osserva gli esempi divisi per categorie:
❐ aggettivi che terminano in o
>
nuovo /nuova
nuovi / nuove
❐ aggettivi che terminano in ista >
egoista
egoisti / egoiste
❐ aggettivi che terminano in e
>
gentile
gentili
❐ aggettivi che terminano in i
>
pari (sono invariabili)
❐ aggettivi composti con anti
>
antinebbia (sono invariabili)
❐ aggettivi che indicano colori
>
rosa, verde (sono invariabili)
Per la formazione del femminile e del plurale valgono le stesse regole del nome (vedi pag 42).
la concordanza
L’aggettivo concorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce. Se l’aggettivo si riferisce a due nomi di genere diverso si mette al maschile plurale.
ESEMPI:
Marta e Luisa sono simpatiche. / Gianni e Luca sono simpatici. / Marta e Gianni sono simpatici.
il grado dell’aggettivo
le forme speciali
L’aggettivo ha tre gradi di intensità.
❐ Positivo: è l’aggettivo nella sua forma standard (bello).
❐ Comparativo: si usa per fare paragoni (più
bello / meno bello / bello come).
Il comparativo ha tre forme:
– comparativo di maggioranza >
Il tuo vestito è più bello del mio.
– comparativo di minoranza >
Il tuo vestito è meno bello del mio.
– comparativo di uguaglianza >
Il tuo vestito è bello come il mio.
❐ Superlativo: si usa per indicare una qualità
al massimo grado (bellissimo / molto bello /
il più bello).
Ha due forme:
– superlativo assoluto >
Il vestito è bellissimo / molto bello.
– superlativo relativo >
Il vestito è il più bello tra quelli esposti.
Alcuni aggettivi hanno forme di comparativo
e di superlativo particolari, che si usano insieme a quelle regolari, derivate direttamente
dalle forme del latino.
L’uso delle forme speciali è obbligatorio solo
in poche espressioni: temperatura minima e
massima, la maggiore età, l’altare maggiore, il
male minore.
Sono da preferire quando si parla dell’età o
nelle espressioni matematiche.
ESEMPI:
Dei due fratelli Luca è il maggiore, Carlo il minore.
Nel triangolo ABC l’angolo α è maggiore di β.
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grande
il maggiore
massimo
maggiore
(il più grande)
(grandissimo, molto grande)
piccolo
il minore
minimo
minore
(il più piccolo)
(piccolissimo, molto piccolo)
Gli aggettivi determinativi o indicativi
Appartengono a questa categoria gli aggettivi possessivi, dimostrativi, indefiniti e numerali.
aggettivi possessivi
aggettivi dimostrativi
Precisano a chi appartiene la persona, l’animale o la cosa indicati dal nome cui è riferito.
Indicano la posizione di qualcuno o di qualcosa nello spazio o nel tempo.
L’aggettivo possessivo concorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce; è preceduto
dall’articolo, tranne quando accompagna i nomi
che indicano parentela ed è usato al singolare.
ESEMPIO: Mio fratello > I miei fratelli.
❐ Questo indica qualcosa vicino nel tempo e
nello spazio.
❐ Quello indica qualcosa lontano nel tempo e
nello spazio.
❐ Codesto non si usa più se non in Toscana per
influsso dialettale o nelle formule burocratiche.
ESEMPIO: Prendi questa camicia, è più bella.
Ti ho visto questa mattina in posta.
Dammi quel libro che è sul tavolo.
Ricordi quel mese di marzo del 1985?
Usi particolari
I possessivi di prima e seconda persona concordano con il nome a cui si riferiscono. Per la terza
persona si usa suo quando il possessore è uno,
loro quando i possessori sono più di uno.
ESEMPIO: Paolo mi ha prestato i suoi CD.
Paolo e Gianni mi hanno prestato i loro CD.
L’aggettivo loro è invariabile ed è sempre preceduto dall’articolo.
1a sing.
2a sing.
3a sing.
mio
tuo
suo
mia
tua
sua
miei
tuoi
suoi
mie
tue
sue
proprio propria propri proprie
1a plur.
nostro nostra nostri nostre
vostro vostra vostri
vostre
2a plur.
a
loro
loro
loro
loro
3 plur.
L’agget- proprio propria propri proprie
tivo proprio è obbligatorio con i verbi impersonali.
aggettivi numerali
Indicano una quantità (cardinali) o l’ordine
in una serie (ordinali).
Si scrivono in lettere o in cifre arabe o in numeri romani.
❐ aggettivi cardinali: uno/1 – dieci/10 – venticinque/25 (sono indeclinabili).
❐ aggettivi ordinali: primo/I – decimo/X – venticinquesimo XXV (si comportano come gli aggettivi qualificativi).
L’aggettivo dimostrativo quello si comporta
come l’articolo determinativo maschile singolare.
ESEMPIO: Il libro/quel libro.
L’albero/quell’albero.
Lo stivale/quello stivale.
questo
codesto
quello
quel
questa
codesta
quella
questi
codesti
quei
quegli
queste
codeste
quelle
aggettivi indefiniti
Indicano una quantità o una qualità in
modo indeterminato.
Alcuni sono invariabili e si usano solo al femminile (ogni, qualche, qualunque, qualsiasi). Nessuno e ciascuno hanno solo il femminile. Tale
ha solo il plurale.
Tutti gli altri sono variabili e seguono le regole
del nome.
ESEMPIO: Alcune ragazze/Alcuni ragazzi.
Qualche ragazzo/Qualche ragazza.
Ogni ragazzo/Ogni ragazza.
5
I pronomi personali
I pronomi personali permettono di precisare, senza ripeterne il nome, la persona che parla,
a cui si parla; la persona, l’animale o la cosa di cui si parla.
Hanno forme diverse a seconda della funzione che svolgono, come evidenziato dalla tabella.
pronomi soggetto
1a pers. sing.
2a pers. sing.
3a pers. sing.
1a pers. pl.
2a pers. pl.
3a pers. pl.
io
tu
egli (lui), esso
ella (lei), essa
noi
voi
essi (loro)
esse(loro)
forma forte (tonica)
pronomi complemento
forma debole (atona)
me (di me, a me, con me)
te (di te, a te, con te…)
lui (di lui, a lui…), sé, ciò
lei (di lei, a lei…), sé
noi (di noi, a noi…)
voi (di voi, a voi…)
loro (di loro, con loro…), sé
loro (di loro, con loro…), sè
mi
ti
lo, gli, ne, si
la, le, ne, si
ci
vi
li, ne, si
le, ne, si
uso dei pronomi personali
❐ Il pronome personale soggetto viene abitualmente sottinteso, perché la desinenza del
verbo basta a indicare la persona.
Viene espresso quando:
– il verbo ha la stessa forma per più persone.
ESEMPIO: Credo che egli voglia parlarti.
– si vuole mettere in evidenza la persona soggetto.
ESEMPIO: L’ho detto prima io!
❐ Il pronome personale complemento si usa
in forma forte quando è preceduto da preposizione o ha funzione di complemento oggetto
a cui si vuole dare particolare rilievo. Si usa in
forma debole quando non è preceduto da preposizione e non si vuole dargli particolare rilievo nella frase.
❐ Noi e voi possono essere accompagnati
dalla parola altri, noialtri, voialtri per indicare
una separazione o una contrapposizione.
ESEMPIO: Per cercare il ristorante, noialtri andiamo a destra, voialtri a sinistra.
❐ Tutti i pronomi personali possono essere
rinforzati da stesso e medesimo.
ESEMPIO: Tu stesso comprenderai i motivi
della mia scelta.
ESEMPIO:
Ho sentito lui medesimo dire che
non stava bene.
6
❐ Le forme deboli di solito precedono il verbo,
ma lo seguono e si legano ad esso in quattro casi:
– con l’imperativo > Il cane scappa, prendilo!
– con l’infinito > Non riesco a prenderlo.
– con il gerundio >L’ho fermato prendendolo
per una zampa.
– con l’avverbio “ecco” > Te lo riporto, eccolo!
❐ I pronomi deboli mi, ti, ci, vi, gli, si, seguiti
da un altro pronome atono cambiano la vocale
finale in e.
ESEMPIO: Hai una penna? Me la dai un attimo?
❐ Il pronome gli non può cambiare la i finale,
che è indispensabile per la pronuncia del
gruppo gli, perciò aggiunge una e.
ESEMPIO: Gli hai detto quello che pensi? >
Glielo hai detto chiaro?
❐ La coppia di pronomi di solito precede il
verbo, ma con l’infinito, il gerundio e l’imperativo lo segue e gli si unisce in una sola parola: prenderglielo, portamelo, dandoglielo.
ESEMPIO: Il film sono andata a vederlo ieri.
Nota bene
A me mi piace / a lui non dirgli sono forme
rafforzative in uso nel dialetto e non sono accettabili nella lingua corretta. Solo con il pronome ne è ammesso il rafforzamento.
ESEMPIO: Che ne pensi di questo libro?
Il pronome relativo
I pronomi indefiniti
Il pronome relativo lega la frase relativa ad
una parola della frase precedente, evitando la
ripetizione di una parola, perciò ha insieme la
funzione di pronome e di congiunzione.
I pronomi indefiniti indicano in modo generico la quantità o l’identità della persona
o della cosa specificate dal nome che sostituiscono.
ESEMPIO: Ho preso il libro / il libro era sul tavolo
Tra i pronomi indefiniti, alcune forme sono
usate anche come aggettivi:
❐ poco, molto, tanto, altro, tutto, parecchio,
nessuno.
Altre forme, invece sono usate solo come pronomi:
❐ uno, qualcuno, ognuno, chiunque indicano
in modi diversi delle persone senza precisarne
l’identità.
❐ qualcosa, niente, nulla indicano una cosa in
modo indefinito.
> Ho preso il libro che era sul tavolo.
I pronomi relativi sono:
❐ che: il più usato, invariabile. Si mette subito
dopo il nome a cui si riferisce.
ESEMPIO: Il libro che ho preso è interessante.
❐ cui: invariabile, può essere preceduto da
una preposizione semplice.
ESEMPIO: La casa in cui abiti è antica.
Questo è il ragazzo di cui ti ho parlato.
Gli amici con cui studi sono simpatici.
Il paese da cui vengo è molto caldo.
Le cose a cui pensi sono divertenti?
❐ chi: invariabile, si usa solo per le persone. È
un pronome doppio e corrisponde a colui che
/ qualcuno che.
ESEMPIO: C’è sempre qualcuno che parla per
niente. > C’è sempre chi parla per niente.
Colui che rompe paga. > Chi rompe paga.
❐ il quale / la quale / i quali / le quali.
Sono sostitutivi di che / cui. Sono usati nelle
forme accompagnate dalla preposizione, soprattutto nella lingua parlata.
ESEMPIO: La città nella quale vivi è bella.
La persona con la quale hai parlato è il preside.
Nota bene
Il cui / del cui
La forma cui preceduta dall’articolo determinativo o dalla preposizione articolata e seguita da un nome significa del quale.
ESEMPIO:
Questo è il libro il valore del
quale è grandissimo > Questo è il libro
il cui valore è grandissimo.
Lei è l’attrice della bellezza della
quale tutti parlano. > Lei è l’attrice
della cui bellezza tutti parlano.
usi particolari
❐ Altro: può significare “un’altra persona” o
“un’altra cosa”.
ESEMPIO: Se non vieni tu, inviterò un altro.
Le occorre altro?
❐ Niente, nulla, nessuno: se sono messi dopo
il verbo, vogliono la negazione non, se sono
messi prima del verbo la rifiutano.
ESEMPIO: Non è venuto nessuno.
Nessuno è entrato dopo di te.
❐ Tale: preceduto dall’articolo si usa per indicare una persona sconosciuta.
ESEMPIO: Ha telefonato un tale, non so chi era.
❐ Certo, diverso, vario: come pronomi sono
usati solo al plurale.
ESEMPIO: Ho comperato diversi quaderni.
❐ Qualcuno: dopo i verbi essere, sentirsi, diventare, ha il significato di “persona importante”.
❐ Qualcosa: ha valore neutro, perciò tutte le
concordanze vengono fatte al maschile.
ESEMPIO: È accaduto qualcosa?
Non ho visto se si è rotto qualcosa.
Quando è seguito da un aggettivo qualificativo
vuole la preposizione di.
ESEMPIO: Ho bisogno di qualcosa di nuovo per
la prossima stagione.
7
Il verbo e le sue forme
Il verbo è la parte del discorso che presenta il maggiore numero di forme.
Esso, come quasi tutte le parole, è costituito da due parti: una invariabile, che si chiama radice,
e una variabile che si chiama desinenza. La radice contiene il significato del verbo; la desinenza,
attraverso le sue variazioni porta a una serie di informazioni su:
❐ la persona che compie o subisce un’azione o si trova in una determinata condizione;
❐ il numero delle persone;
❐ il tempo in cui si verifica ciò che è indicato dal verbo;
❐ il modo in cui viene presentato l’avvenimento o la situazione;
❐ la direzione (attiva o passiva) dell’azione.
la persona e il numero
il modo
La persona cui il verbo è riferito si chiama
soggetto del verbo.
Serve a indicare in che modo viene considerata un’azione.
Può essere:
chi parla > io, noi; chi ascolta > tu, voi;
una persona diversa da: io e tu > egli, loro.
Le persone del verbo sono quindi sei e sei sono
le desinenze che le esprimono:
io > o
tu > i
lui > a/e
noi > iamo voi> ate/ete/ite loro> ano/ono
I modi del verbo in italiano sono sette: quattro
finiti, perché precisano la persona che compie
l’azione; tre indefiniti, perchè non la precisano.
Le variazioni della vocale tematica sono legate
al tipo di coniugazione.
il tempo
Ogni evento che accade si verifica nel tempo.
Può essere:
❐ contemporaneo > rispetto al momento in
cui si parla.
ESEMPIO: Io e Marco studiamo insieme.
❐ anteriore > al momento in cui si parla.
ESEMPIO: Io e Marco abbiamo studiato insieme
ieri.
❐ posteriore > al momento in cui si parla.
ESEMPIO: Io e Marco studieremo insieme domani.
Il verbo quindi ha tre tempi: presente, passato,
futuro. Ciascuno di essi si articola in forme che
esprimono in modo preciso i rapporti temporali.
I tempi verbali possono essere semplici,
quando sono costituiti da una sola parola, o
composti quando sono costituiti da più parole.
8
I modi finiti sono:
❐ indicativo > serve per descrivere o raccontare fatti certi, reali o ritenuti tali.
ESEMPIO: Il ragazzo dorme tranquillo.
❐ congiuntivo > serve per esprimere opinioni, dubbi, speranze.
ESEMPIO: Credo che il ragazzo dorma.
❐ condizionale > serve per indicare fatti possibili solo a determinate condizioni.
ESEMPIO: Il ragazzo dormirebbe se ci fosse
silenzio.
❐ imperativo > serve per dare ordini.
ESEMPIO: Ragazzo, dormi che è tardi!
I modi indefiniti sono:
❐ infinito > esprime il semplice significato del
verbo.
ESEMPIO: Mi piace dormire.
❐ participio > esprime il significato del verbo
come caratteristica attribuita a un nome.
ESEMPIO: Abbiamo visto uno spettacolo divertente.
❐ gerundio > serve per precisare le modalità
o le circostanze di un’azione.
ESEMPIO: Si è fatto male cadendo.
I verbi ausiliari, fraseologici e servili o modali
Osserva le frasi: Ho vinto alla lotteria / Oggi devo andare dal medico.
I verbi ho/devo non hanno un significato autonomo, ma sono usati per completare il significato di vincere/andare e per questo si dice che sono verbi di “servizio” o servili. In base
alla funzione che svolgono si distinguono in verbi ausiliari, fraseologici, servili o modali.
I verbi ausiliari
I più importanti verbi di servizio sono essere e avere, che vengono definiti verbi ausiliari; si
usano per formare i tempi composti o la forma passiva degli altri verbi.
❐ Il verbo essere si usa per formare:
❐ Il verbo avere si usa per formare:
– la forma passiva dei verbi transitivi: io sono – i tempi composti dei verbi transitivi: abstato lodato;
biamo mangiato;
– i tempi composti dei verbi riflessivi (propri, – i tempi composti di alcuni verbi intransitivi:
apparenti, reciproci): mi sono lavato;
ho dormito.
– i tempi composti dei verbi pronominali e imNota bene
personali: mi sono pentito;
Non esiste una regola per stabilire quali
– i tempi composti dei verbi intransitivi:
verbi intransitivi richiedono solo l’ausiliare
siamo andati.
avere o ammettono il doppio uso. Si apprende con l’uso.
I verbi fraseologici
Accompagnano un altro verbo di modo indefinito (infinito, gerundio) per precisare un
aspetto dell’azione.
I principali sono:
❐ fare/lasciare: indicano un’azione causata
(fatta o lasciata fare dal soggetto).
ESEMPIO: Il preside ha lasciato uscire gli studenti in anticipo.
❐ stare per/essere sul punto di: indicano un’
azione imminente.
ESEMPIO: Il treno sta per partire.
❐ cominciare/finire: indicano un’azione che
inizia o finisce.
ESEMPIO: Il ragazzo cominciò a correre.
❐ cercare/tentare di: indicano un’azione che
viene tentata.
ESEMPIO: Il ragazzo cerca di finire i compiti.
❐ stare+il gerundio: indica un’azione in svolgimento.
ESEMPIO: Il ragazzo sta facendo il compito.
❐ continuare/insistere: indica un’azione che
dura nel tempo.
ESEMPIO: Continua a chiedere tue notizie.
I verbi servili o modali
Sono tre: potere, volere, dovere. Si usano
con altri verbi per esprimere l’idea di possibilità, volontà, dovere.
Le loro caratteristiche sono:
❐ di avere lo stesso soggetto del verbo che accompagnano:
ESEMPIO: Io devo andare a casa.
❐ di formare i tempi composti con l’ausiliare
richiesto dal verbo che accompagnano:
ESEMPIO: Io sono dovuto andare a casa.
(Io ho dovuto andare a casa.)
Possono essere usati come verbi modali anche:
sapere, sentire, essere solito, preferire, osare,
desiderare. Questi verbi si comportano come
segue:
❐ non condividono sempre il soggetto con il
verbo che servono:
ESEMPIO: Io lo vedo uscire > Io vedo lui uscire.
❐ usano sempre l’ausiliare avere (tranne essere solito):
ESEMPIO: Io ho preferito parlare con te.
Siamo soliti andare al mare.
9
Uso dei modi e dei tempi
Ogni modo verbale ha la sua specifica funzione e si articola in un determinato numero di tempi.
il modo indicativo
il modo congiuntivo
È il modo della realtà e della certezza.
Ha otto tempi, quattro semplici (presente, imperfetto, futuro e passato remoto) e quattro
composti (passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto e futuro anteriore).
È il modo che esprime dubbio, incertezza, desiderio, opinione. Viene usato soprattutto
nelle frasi dipendenti. Ha quattro tempi, due
semplici (presente, imperfetto), e due composti (passato e trapassato).
Tempi semplici
❐ Il presente indica un’azione o una condizione che si verifica nel momento in cui si parla.
ESEMPIO: Sento il telefono che squilla.
❐ L’imperfetto indica un’azione passata considerandola nella sua durata. È un tempo descrittivo.
ESEMPIO: Era una bella giornata e il sole brillava nel cielo.
❐ Il passato remoto indica un’azione o un
fatto che appartiene al passato e che non ha
relazioni con il presente. È il tempo della narrazione storica.
ESEMPIO: Cesare invase la Gallia e la conquistò.
❐ Il futuro semplice indica un fatto che deve
ancora avvenire.
ESEMPIO: Domani partirò per Madrid.
Si usa anche per indicare dubbio o approssimazione.
ESEMPIO: Dove sarà Marco? Saranno le dieci.
Tempi semplici
❐ Il presente e il passato si usano per esprimere un dubbio o un augurio riferiti rispettivamente al presente e al passato.
ESEMPIO: Il cielo ci aiuti! Che sia già arrivato?
Tempi composti
❐ Il passato prossimo indica un’azione passata
avvenuta in un tempo recente oppure un’azione
le cui conseguenze sono ancora presenti.
ESEMPIO: Ieri sono andato al cinema con Michele. Mi sono laureato dieci anni fa.
❐ Il trapassato prossimo e il trapassato remoto si usano per indicare anteriorità rispetto
ad un tempo passato. Il futuro anteriore indica anteriorità rispetto ad un futuro.
ESEMPIO: Ero stanco perchè avevo viaggiato
tutta la notte.
Quando avrai finito il lavoro andrai a casa.
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Tempi composti
❐ L’imperfetto e il trapassato esprimono un
desiderio o un augurio che non è possibile realizzare.
ESEMPIO: Se avessi più tempo, andrei al cinema
Oh, se fossi stato più attento!
il modo condizionale
È il modo che esprime eventualità o possibilità
condizionata. Ha due tempi, uno semplice
(presente) e uno composto (passato).
❐ Il presente si usa per indicare un fatto che
si potrebbe verificare nel presente, a condizione che se ne verifichi un altro.
ESEMPIO: Se ti allenassi vinceresti facilmente.
❐ Il passato si usa per indicare la possibilità
condizionata nel passato oppure un dubbio
riferito al passato.
ESEMPIO: A chi avrei potuto rivolgermi?
il modo imperativo
È il modo che esprime comando, consiglio o
preghiera.
ESEMPIO: Venite subito qui!
L’imperativo ha solo il tempo presente. Ha
forme proprie solo per le seconde persone
(aiuta, aiutate) e per le altre persone si usano
le corrispondenti forme del congiuntivo presente.
ESEMPIO: Si segga. Aiutiamo anche noi!
Genere e forma del verbo
transitivi e intransitivi
forma riflessiva
Osserviamo le frasi:
Laura legge un libro./Laura cammina per strada.
In entrambe il verbo esprime un’azione che
Laura compie. Nel primo caso, l’azione di
Laura “ricade” su un oggetto, nel secondo
caso l’azione riguarda solo Laura.
❐ Il verbo che esprime un’azione che passa da
un soggetto ad un oggetto di dice transitivo.
ESEMPIO: Oggi ho incontrato Gianni.
Chi mangia le caramelle e nasconde la carta?
❐ Il verbo che indica un’azione che riguarda
solo il soggetto si dice intransitivo.
ESEMPIO: Domani sera andiamo al cinema.
Quando correte, state attenti alle buche.
Il verbo transitivo forma i tempi composti con
l’ausiliare avere; quello intransitivo con l’ausiliare essere.
ESEMPIO: La mia amica è andata dai nonni.
La mia amica ha comperato una bicicletta.
I verbi transitivi oltre alle forme attiva e
passiva hanno anche la forma riflessiva.
Essa serve per indicare un’azione compiuta
dal soggetto che torna sul soggetto.
Nota bene
Molti verbi possono funzionare sia come
transitivi che come intransitivi.
ESEMPIO: Lo zio ha cambiato la macchina.
Il tempo è cambiato di colpo.
La Terra gira intorno al Sole.
Gira la chiave nella serratura.
forma attiva e forma passiva
I verbi possono aver una forma diversa a seconda che il soggetto compia o subisca
l’azione da essi espressa.
❐ Un verbo è di forma attiva quando il soggetto compie l’azione.
ESEMPIO: Il medico visita il malato.
Il cane insegue il gatto.
Antonio mangia il gelato.
❐ È di forma passiva quando la subisce.
ESEMPIO: Il malato è visitato dal medico.
Il gatto è inseguito dal cane.
Il gelato è mangiato da Antonio.
ESEMPIO:
Egli si veste in modo elegante.
La forma riflessiva è caratterizzata dalla presenza delle particelle pronominali: mi, ti, ci,
vi, si.
Con i verbi all’imperativo, all’infinito, al gerundio o al participio il pronome segue il verbo
e forma con esso una sola parola.
ESEMPIO:
Maria è uscita salutandoci.
Vienimi a trovare.
Spero di vedervi al mio ritorno.
forme riflessive improprie
❐ Riflessivo apparente: si ha quando le particelle pronominali, pur riferendosi al soggetto
non hanno funzione di complemento oggetto.
ESEMPIO: Io mi lavo le mani.
❐ Riflessivo reciproco: si ha quando per
mezzo della particella pronominale si esprime
un’azione che i due soggetti compiono uno
verso l’altro:
ESEMPIO: Paolo e Gianni si picchiano.
forme pronominali
Si tratta di verbi che sono preceduti da una
particella pronominale che è parte integrante
del verbo, ma non hanno alcun valore riflessivo. I più comuni sono: pentirsi, vergognarsi,
arrabbiarsi, accorgersi, arrendersi, ribellarsi.
ESEMPIO: Quel ragazzo non si pente mai delle
sue cattive azioni.
Fabio non si vergogna di aver perso la pazienza.
La mamma non si è accorta che la torta stava
bruciando.
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La congiunzione
L’avverbio
Osserva le frasi:
Mi piace la pizza, ma non voglio l’origano.
Mi piace la pizza, perché è molto saporita.
un’altra per precisarne il significato.
Ma / perché sono congiunzioni e servono a
collegare tra loro due frasi, rendendo evidente il tipo di legame logico:
ma > opposizione; perché > causa.
Le congiunzioni sono molto numerose. Ricordiamo le più frequenti e il loro significato.
❐ Congiunzioni coordinanti con idea di:
– accostamento: e, anche, inoltre, né, neanche
– separazione: o, oppure
– opposizione: ma, però, anzi, tuttavia
– conclusione: quindi, perciò, dunque
– spiegazione: cioè, infatti
❐ Congiunzioni subordinanti con idea di:
– causa: perché, poiché, dato che
– fine: affinché, perché
– conseguenza: tanto che, così che
– tempo: quando, mentre, finché
– condizione: se, purché, a patto che
– dichiarazione: che
– concessione: sebbene, benché, anche se
L’interiezione
È una parola invariabile che serve ad esprimere sensazioni o stati d’animo.
Anche se sembra la semplice trascrizione di
un suono, l’interiezione ha un significato:
ahi!
>
esprime dolore
puah!
>
esprime disgusto
uffa
>
esprime noia
mah!
>
esprime dubbio
ah! oh!
>
esprimono sorpresa
urrà!
>
esprime esultanza
ehi!
>
esprime avvertimento
ohi!
>
esprime sofferenza
uhi!
>
esprime dubbio
boh!
>
esprime dubbio
eh!
>
esprime rassegnazione
o ammonimento
wow!
>
esprime sorpresa
L’avverbio è una parola che si accosta ad
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ESEMPIO:
Mia sorella è tornata.
Mia sorella è tornata tardi.
❐ L’avverbio può derivare per trasformazione
da un’altra parola con il suffisso -mente.
ESEMPIO: amaro > amaramente
facile > facilmente
docile > docilmente
❐ Può essere un aggettivo qualificativo o indefinito usato con questa funzione.
ESEMPIO: Ieri ho lavorato molto.
Per favore, parlate piano.
Avevo visto giusto.
❐ Gli avverbi possono indicare:
– il modo in cui si compie un’azione: lentamente, bene, piano, rapidamente
– il tempo in cui si compie un’azione: adesso,
dopo, subito, domani
– il luogo dove si compie un’azione: qui, là, vicino, lontano, dietro
– la quantità, la misura di ciò che è detto dal
verbo: poco, molto, abbastanza
– una valutazione o un giudizio: forse, certamente, sì, no
– una domanda: come? dove? quando?
❐ Gli avverbi possono avere la forma del comparativo e del superlativo come gli aggettivi:
ESEMPIO: Presto > più presto >prestissimo
Bene > più bene / meglio > benissimo
❐ Gli avverbi possono avere una forma alterata come il nome.
ESEMPIO: Bene > benino > benone
Poco > pochino
Male > maluccio
Nota bene
Tutti gli avverbi sono invariabili, quindi non si
accordano con le parole a cui si riferiscono.
ESEMPIO: Il deputato capì che era tempo di
parlare chiaro (chiaramente).
I deputati capirono che era tempo di parlare
chiaro (non “chiari”).
Discorso diretto e discorso indiretto
Una persona per riferire le proprie opinioni o quelle di altri ha a disposizione due possibilità: il
discorso diretto e quello indiretto.
Il discorso diretto consiste nel riferire le parole come sono state pronunciate. Nella
scrittura il discorso diretto segue i due punti
(:) e viene segnalato con le virgolette oppure
segue la lineetta (–) dopo i due punti, all’inizio del discorso invece delle virgolette, senza
altro segnale finale.
ESEMPIO:
Lo zio mi disse: “Ricordati di aiutare
sempre tua sorella”.
Lo zio mi disse: – Ricordati di aiutare sempre
tua sorella.
Il discorso indiretto consiste nel riferire
quanto è stato detto facendo precedere le
informazioni da un verbo dichiarativo
(dire, affermare, ordinare, chiedere, rispondere… e altri verbi di comando quali
comandare, intimare, ordinare,...).
Non ha alcuna punteggiatura di segnalazione.
ESEMPIO:
Maria dice che non si ricorda mai di
comperare il pane.
Ieri Luigi mi ha detto che parte per il Canada
per andare a trovare suo cugino.
dal discorso diretto al discorso indiretto
❐ Scompare la punteggiatura che viene sostituita dalla congiunzione che / se.
ESEMPIO:
Marco dice: – Vado a casa.
> Marco dice che va a casa.
Marco chiede: – Vai a casa?
> Marco chiede se vai a casa.
❐ Quando il soggetto delle due frasi è lo stesso
si può usare di + infinito.
ESEMPIO:
Il ragazzo dice: – Non so niente.
> Il ragazzo dice di non sapere niente.
L’insegnante dice: – Ho corretto i compiti.
> L’insegnante dice di aver corretto i compiti.
❐ I pronomi di prima e seconda persona vengono sostituiti dai pronomi di terza persona.
ESEMPIO:
Marco dice agli amici: Vi aspetto a casa.
> Marco dice agli amici che li aspetta a casa.
❐ Gli indicatori di luogo questo, qui, lì diven-
tano quello, qua, là.
ESEMPIO:
Marco dice: Aspetto qui vicino all’auto.
> Marco dice che aspetta qua vicino all’auto.
Marco dice: Questo libro è di Luca.
> Marco dice che quel libro è di Luca.
Il ragazzo dice: – Ho messo lì il quaderno.
> Il ragazzo dice che ha messo là il quaderno.
❐ Gli aggettivi e i pronomi possessivi passano
alla terza persona.
ESEMPIO:
Marco dice: – Quel libro è mio.
> Marco dice che quel libro è suo.
I ragazzi dicono: – Questa palla è nostra.
> I ragazzi dicono che quella palla è loro.
Le ragazze dicono: – Ci piace questo disco.
> Le ragazze dicono che a loro piace quel
disco.
❐ I verbi della frase subordinata cambiano se il verbo della frase reggente è al passato, seguendo le regole della concordanza dei tempi (vedi tavole pag. ...).
Il ragazzo disse: – Non voglio più vederti. > Il ragazzo disse che non voleva più vederlo.
Il ragazzo disse: – Non ho voluto vederlo. > Il ragazzo disse che non aveva voluto vederlo.
Il ragazzo disse: – Vorrò vederlo.
> Il ragazzo disse che avrebbe voluto vederlo.
Il ragazzo ordinò: – Fermati.
> Il ragazzo ordinò che si fermasse.
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Il periodo o frase complessa
Si può definire il periodo come un insieme di frasi collegate da tra loro logicamente: il collegamento tra le diverse frasi può avvenire in tre modi: coordinazione, subordinazione, accostamento.
❐ La coordinazione consiste nel collegare tra
loro per mezzo di una congiunzione due o più
frasi che avrebbero un significato anche se considerate singolarmente.
ESEMPIO: È caduto. Si è fatto male. Lo hanno
portato al Pronto Soccorso > È caduto e si è
fatto male, perciò lo hanno portato al Pronto
Soccorso.
❐ La subordinazione consiste nel collegare per
mezzo di una congiunzione una o più frasi definite subordinate o dipendenti ad una frase indipendente detta principale. La congiunzione
rende evidente il tipo di legame.
ESEMPIO: Paolo è venuto da me. Sperava. Gli
avrei prestato un libro. > Paolo è venuto da me
perchè sperava che gli avrei prestato un libro.
❐ L’accostamento (o giustapposizione) consiste nel collegare le frasi attraverso un segno di
punteggiatura. È un procedimento sintattico
molto usato perché rende il testo più scorrevole
ed espressivo.
ESEMPIO: È vero. Le percentuali dei bocciati
sono quasi niente, uno su cento non ce la fa.
Quell’uno sarò proprio io, lo sento.
Nota bene
Una subordinata non può stare da sola, perché non ha senso compiuto, tranne che nelle
risposte ad una domanda diretta, perché
viene sottintesa la principale.
ESEMPIO: Perché non mangi? (Non mangio)
Perché non ho fame.
Le origini della lingua italiana
Roma, tra il II sec a.C. e il III d.C. conquista e
sottomette quasi tutta l’Europa, il vicino
Oriente e la costa settentrionale dell’Africa. Ai
popoli conquistati impone le sue leggi e la sua
lingua, che diventa la lingua della comunicazione tra i popoli, un po’ come oggi è l’inglese.
Quando l’Impero romano crolla, nei paesi di più
recente e instabile conquista, le terre dei Germani e dei Britanni, il latino scompare. Nei
paesi mediterranei dà origine, attraverso una
lunga serie di trasformazioni, a numerose lingue
locali, che nel tempo diventeranno le lingue
neolatine. L’italiano è una di queste lingue.
I cambiamenti più significativi avvenuti nel
passaggio dal latino all’italiano riguardano la
forma delle parole e la struttura della frase. Il
cambiamento più importante riguarda la
scomparsa della desinenza che permetteva,
in latino, di capire la funzione logica di una
parola.
Per sostituire questo modo di comunicare si
introducono gli articoli, la preposizione e si
vincola l’ordine delle parole.
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❐ Se in latino si scriveva “ Venator necat
lupum”, l’ordine delle parole poteva essere
variato senza che ci fosse la possibilità di non
essere capiti. La stessa frase in italiano può essere scritta solo nell’ordine “ Il cacciatore uccide il lupo”, perché se cambio l’ordine delle
parole cambio il significato della frase (Il lupo
uccide il cacciatore!)
❐ Se il latino scriveva illum lupum, con la
perdita della desinenza si ha illu lupu e per
effetto di contrazione il lupu > il lupo.
❐ Se il latino scriveva unam manum, con la
perdita della desinenza si ha una manu >
una mano.
❐ Se il latino usava desinenze particolari per
indicare la forma passiva del verbo, in italiano,
come nelle altre lingue neolatine, il passivo si
forma con il verbo essere + il participio passato.
❐ A queste trasformazioni vanno aggiunti i
cambiamenti avvenuti attraverso il fenomeno
dei prestiti, cioè delle parole che provengono
da una lingua straniera.
La concordanza dei tempi
I verbi della frase subordinata indicano il rapporto di tempo con la frase reggente.
Osserva le frasi:
ESEMPIO: 1) Marco dice che viene subito.
2) Marco dice che verrà domani.
3) Marco dice che è venuto ieri.
Nella prima frase il rapporto di tempo è di
contemporaneità.
Nella seconda è di posteriorità.
Nella terza è di anteriorità.
❐ Nelle frasi dipendenti da un verbo che esprime certezza > modo indicativo, i tempi dei verbi
si regolano in questo modo:
reggente
subordinata
a - relazione di contemporaneità
presente
presente
passato
imperfetto
futuro
presente/futuro
esempi
Sento che il bambino piange.
Ho sentito che il bambino piangeva.
Ti chiamerò quando il bambino piange/piangerà.
b - relazione di anteriorità
presente
passato
futuro
passato prossimo
trapassato prossimo
passato
Dice che il bambino ha pianto.
Disse che il bambino aveva pianto.
Dirà che il bambino ha pianto.
c - relazione di posteriorità
presente
passato
futuro
futuro/pres. con avverbio
condizionale passato
futuro
So che arriva/arriverà domani.
Sapevo che sarebbe arrivato.
Tra poco saprò quando arriverà.
❐ Nelle frasi dipendenti da un verbo che esprime possibilità, opinione, dubbio > modo congiuntivo, i tempi dei verbi si regolano in questo modo:
reggente
subordinata
a - relazione di contemporaneità
presente
pres. congiuntivo
passato
imperf. congiuntivo
futuro
pres. congiuntivo
esempi
Penso che tu sappia tutto.
Pensavo che tu sapessi tutto.
Penserò che egli sappia tutto.
b - relazione di anteriorità
presente/futuro pass. congiuntivo
passato
trap. congiuntivo
pres. condizionale trap. congiuntivo
Credo che sia venuto ieri.
Pensavo che fosse tornato.
Non vorrei che fosse già partito.
c - relazione di posteriorità
presente
passato
futuro
futuro/ cong. pres.
passato condizionale
cong. pres.
Penso che verrà/venga.
Pensavo che sarebbe venuto.
Non penserai che venga con te?
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