Giornate Fai 2016 - 19 marzo
Apprendisti Ciceroni classi 2L e 2H
Relazione di studio per la preparazione all’evento
SANT’ALO’
Premessa
Breve storia del periodo medievale della città di Terni
La chiesa di Sant’Alò si pone nel contesto sociale e culturale del medioevo ternano.
Dopo l’Impero Romano proprio a causa della sua posizione, particolarmente esposta, Interamna
(Terni) fu più volte devastata e saccheggiata: da Totila nel 546, da Narsete del 554 e dai
Longobardi nel 755 D.C. Terni fu libero comune già dall'anno 1000 D.C. Dopo un periodo di
sottomissione al ducato longobardo di Spoleto nel 1174 le soldataglie del vescovo Cristiano di
Magonza la presero e la distrussero con l'accusa di non pagare le gabelle dovute.
La decisa opera di annessione dell'intero Ducato di Spoleto allo stato pontificio da parte
di Innocenzo III, nel 1198, riuscì a fare di Terni un pezzo del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia.
Nel 1218, Onorio III ricostituì il Capitolo Cattedrale nella chiesa di S. Maria Assunta, ma dotandola
di una competenza territoriale molto esigua, esposta alle rivendicazioni di Narni, da una parte, e di
Spoleto, dall'altra.
Quando Terni entrò a far parte del potere temporale dei Papi era già un Comune, con la
magistratura dei due consoli e il Parlamento, ma con una storia di lotte per la stessa sopravvivenza.
Al momento in cui gli fu restituita la diocesi, Terni ebbe anche il Podestà e il Capitano del Popolo,
apparentemente in anticipo di qualche decennio rispetto ad altri comuni umbri.
Tutto il basso medioevo fu caratterizzato da continue lotte intestine tra le fazioni tra Guelfi e
Ghibellini
Nel giugno del 1241 Terni si sottomise spontaneamente a Federico II, che la individuò, forse per le
sue vie di comunicazione con Roma, come base della sua presenza nell'Italia Centrale durante il
conflitto che lo oppose, nel 1244, al papa Innocenzo IV . Con la morte del sovrano, Terni tornò
all'obbedienza papale, anche se lo fece molto tardivamente, nel 1252.
Durante la cattività avignonese continuò la resistenza al potere papale e, schiacciata fra due
fortissimi Comuni, come Spoleto e Narni, fu costretta ad allearsi con Todi, che nominò fra il 1338 e
il 1354 sette Podestà su dieci. Si dota di un proprio statuto e, a partire dal 1353 amplia le proprie
mura. Vengono aperti nuovi canali e risistemati quelli più antichi. Nel 1354 si sottomise al legato
Papale, il cardinale Egidio Albornoz.
Fra il 1444 e il 1448, prima Eugenio IV e poi Niccolò V, modificarono gli statuti comunali ed
introdussero a Terni, come in altre parti del Patrimonio, il Governatorato, dando così un'impronta
accentratrice all'amministrazione pontificia
Nel luglio del 1527 Terni accolse con favore i Lanzichenecchi, di ritorno dal sacco di Roma, e si
schierò poco dopo con i Colonna nella lotta che oppose Clemente VII a gran parte della nobiltà
dello Stato pontificio, refrattaria ad accettare l'autoritarismo della Curia.
In questo periodo si ebbero anche guerre intestine tra nobili e borghesi, che culminarono nel
sanguinoso episodio del 22 agosto del 1564, in cui avvenne la strage dei nobili ad opera della
fazione dei Banderari, a cui fece seguito la repressione del commissario apostolico, il cardinale
Monte Valenti, inviato da papa Pio IV. La durezza della repressione fu proporzionale alla volontà
del Papa di imporre una volta per tutte la sua autorità.
Così nel '600 la città appare normalizzata sotto il governo pontificio. Terni contava allora circa 9
mila abitanti: vengono costruiti nuovi ed importanti palazzi per i signori, viene completamente
rifatto il Duomo, si edifica la basilica di San Valentino, primo Vescovo di Terni, del quale vengono
ritrovate le reliquie. Da quel momento il popolo di Terni lo elegge come proprio patrono.
Le notizie che interessano i secoli che vanno dalla costruzione della chiesa di Sant’Alò (XI e XII
secolo) alla fine del quattrocento (pieno rinascimento) sono basate su fonti tarde o su ipotesi
interpretative. Solo con il Catasto dei beni delle Chiese del 1487 si nomina chiaramente la
chiesa con il titolo di Sant’Alò.
Storia del nome e del Rione di appartenenza
Sant’Alò (Chiesa e via) è una abbreviazione del nome Aloysius = Eligio, di famiglia gallo-romana
che visse nel VI secolo D. C. Era un monetiere dei Re di Francia Clotario II e Dagoberto I, esperto
nell’arte orafa; infatti coniò monete. Alla morte del Re Dagoberto abbandonò la corte, si fece prete
e fu eletto vescovo. Fu considerato fin dalla sua Epoca patrono degli Orafi dei fabbri e dei
maniscalchi. La scelta di dedicare la chiesa e la via a Sant’Alò nasce dall’esistenza a Terni di
organizzazioni di Orafi ,Fabbri e Maniscalchi. Molte famiglie importanti della città ricavavano le
loro ricchezze dall’arte Orafa che esercitavano come i Montani (palazzo Montani), I Rosci, I
Riccardi (Palazzo Bianchini Riccardi, prima palazzo Rosci)), i Ranieri ecc.
In prossimità della Chiesa c’era una fontana che serviva i cittadini fino all’attuale via Borsi.
La chiesa di Sant’Alò si può supporre che fu intitolata a questo Santo francese dal principe
Giovanni d’Angiò (1265 Carlo d’Angiò prese il dominio in Italia meridionale) assai introdotto
nell’ambiente ternano come si vede dallo stemma della famiglia Manassei che presenta tre gigli
d’oro dei Borboni di Francia sovrastati dal lambello pezza araldica costituita da un nastro
orizzontale con tre pezzetti pendenti (simile ad un rastrello)
Quindi la chiesa di Sant’Alò alle sue origini essendo stata costruita nel XI e XII secolo e non nel
XIII aveva un altro nome. Probabilmente si chiamava San Pietro dei Rigoni e apparteneva
inizialmente ai Cavalieri Gerosolimitani (ovvero del Regno di Gerusalemme) e precisamente
all’ordine dell’ospedale di San Giovanni fondato a Gerusalemme nel XII secolo e che ordinò la
costruzione della Chiesa.
La chiesa è inserita all’interno di uno dei sei rioni della città “il Rione Rigoni”. Il nome Rigone
proviene dal latino rivolus = ruscello e rigare = irrigare. Con il nome Rigo si indicavano tutte le
forme d’acqua che collegavano i principali canali di Terni con i siti produttivi dai mulini del grano e
dell’olio alle fucine, alle segherie, ai lanifici e setifici. Quindi anche all’interno del centro di Terni
c’era una rete idrica che è stata gradualmente cancellata con l’interramento dei numerosi rigoni,
cancellando così quell’immagine di Terni di “Città fra le acque”
Il centro storico di Terni è suddiviso in sei rioni (vedere cartina):
1 -Rione Disotto
2- Rione dei Rigoni
3- Rione di Amengoni
4- Rione di Fabri
5- Rione di Castello
6- Rione di Adoltrini
La struttura architettonica della chiesa (vedere pianta allegata alla relazione)
La Chiesa di Sant’Alò fu realizzata nel sec. XI-XII sui resti di un edificio più antico dedicato
alla dea Cibele (Dea greca della natura,degli animali e dei luoghi selvatici). Il culto di Cibele, la Magna Mater dei
Romani, fu introdotto a Roma il 4 aprile 204 a.C. e la pietra nera simbolo della Dea garantiva il potere dell’impero
romano).
La struttura della chiesa, in stile romanico, è a tre navate divise da un alternarsi di pilastri e colonne,
con le navate laterali molto più strette rispetto alla centrale e con il soffitto a volta a botte (la volta a
botte è una novità rispetto alle altre chiese umbre dell’XII secolo (come San Damiano a Carsulae e Santa
Maria in Pantano). E’ presente un abside circolare a cui si accede tramite un arcone a botte (arco di
trionfo). Le colonne e i pilastri sono realizzate in parte con elementi di spoglio e con la loro
proporzione tozza esprimono un senso di severa gravità (come nel portico di San Damiano a Carsulae).
Sulle colonne e pilastri scaricano archi a tutto sesto. La navata laterale di sinistra è crollata dopo il
1613 e poi ricostruita con il restauro del 1956-1960.
La navata centrale è lunga fino all’arco di trionfo m.13,50, poi lo spessore dell’arco di trionfo è
m.1,80 e il diametro dell’abside è m.3,10 per una lunghezza totale di m. 16,85. La lunghezza della
navata laterale sinistra è m12,50 e quella destra di un quarto più corta (circa m. 9,40) perché
interrotta dalla torre campanaria. La larghezza totale della chiesa è di m.10,80.
La chiesa era caratterizzata da una facciata a capanna con la navata centrale più alta rispetto alle
laterali e con un'alta torre avente funzione di campanile. La costruzione di un palazzo davanti
l'antica facciata, nel sec. XIII, comportò la chiusura della strada che immetteva sul fronte della
chiesa e l'ingresso fu spostato sul fianco destro. Nel paramento murario esterno sono presenti
numerosi frammenti di sculture romane e longobarde riutilizzati come decorazione esterna.
L'ingresso attuale è caratterizzato da una scalinata fiancheggiata da due leoni di epoca romana posti
solo nel 1924 a protezione del luogo (il leone nell'iconografia romanica è allegoria di Cristo giudice, amorevole
con i buoni, inflessibile con i malvagi, frequente nei protiri romanici, soprattutto in Italia e in Provenza-Francia).
Sopra il portale invece è una graziosa formella rinascimentale in marmo con la Madonna della
Misericordia (sec. XV), invocata contro il flagello della peste.
Con la costruzione dell’edificio in stile gotico che ha chiuso l’antica strada trasversale su cui si
affacciava l’ingresso originale della Chiesa di Sant’Alò, è stato tagliato successivamente il
campanile alla stessa altezza della casa trecentesca e precisamente nel 1847, quando viene affittata
la casa e vengono realizzati gli ambienti abitativi sopra la navata destra. Ciò che rimane originale
all’esterno è la piccola abside con lesene e archetti pensili a tutto se sesto e tre monofore, di cui
quella centrale transennata. Nella facciata dell’edificio gotico sono murati numerosi frammenti di
sculture romane e altomedievali dell’VIII e IX secolo.
Anche all’interno della torre campanaria sono stati riadoperati numerosi frammenti scultorei di
epoca romana appartenenti a monumenti funerari. Infatti sono da notare scudi rotondi e lance a
rilievo che indicano lo stato sociale del defunto appartenente al ceto equestre (osservare nella parte
alta della torre).
Allo stesso repertorio dei monumenti funerari sono da attribuire i quattro leoni scolpiti (due sulla
facciata dell’edificio gotico e due ai lati dell’attuale ingresso della Chiesa.)
L’edificio gotico che nel 1333 era già realizzato e di proprietà dell’ordine dei Cavalieri
Gerosolimitani presenta una tecnica muraria costituita da conci di pietra calcarea di dimensioni
minore rispetto a quelli della torre della chiesa, a conferma di una edificazione più tarda. Dopo
questo intervento inizialmente si entrava attraverso la porta bassa della Torre (ex campanile) che
accedeva ad un corridoio che portava ad un cortile per poi rientrare attraverso una piccola porta in
chiesa. Oltre la porta della torre c’èra l’ingresso anche sulla navata laterale. Sopra la torre è oggi
presente un piccolo campanile a vela con una sola campana e c’è un solo ingresso quello sulla
navata laterale destra.
Storia delle proprietà e dei restauri di Sant’Alo Agostiniani alle Clarisse.
Sant’Alò era l’antica parrocchia del Rione Rigoni. Nel 1474 la chiesa fu concessa dal Vescovo
Tommaso agli Eremitani di Sant’Agostino che già nel 1287 gestivano San Pietro (chiesa che si
affaccia su Corso Vecchio). Gli Agostiniani accanto alla Chiesa costruirono un edificio con
funzione di Convento, ora perduto.
Nel XVII secolo la chiesa passò ai Cavalieri di Malta (ordine ospedaliero benedettino intorno alla prima
metà dell'XI secolo si sviluppò a Gerusalemme e divenuto, in seguito alla prima crociata, un ordine religioso
cavalleresco cristiano dotato di un proprio statuto a cui fu affidata la cura e la difesa dei pellegrini diretti in Terra santa.
In seguito alla perdita dei territori cristiani in Terrasanta, l'Ordine si rifugiò brevemente a Cipro e poi a Rodi, su cui
estese la propria sovranità, e successivamente a Malta con lo stato di vassallo del re di Sicilia. Si può dire che
l'ordine medievale sia giunto ad un termine a seguito della sua espulsione da Malta da parte di Napoleone 1798.
Nei decenni successivi con il diminuire degli interessi dell’Ordine sull’area Ternana la chiesa venne
abbandonata fino a diventare un magazzino di carbone nei primi decenni del XX secolo a servizio
degli affittuari della casa gotica.
Nel 1847 Lanzi l’ispettore Mandamentale di Terni del ministero della pubblica istruzione redasse la
prima scheda di catalogo della chiesa e portò così a conoscenza degli Enti competenti l’importanza
che Sant’Alò rivestiva per la storia e per l’arte e denunciare lo stato di degrado in cui versava
l’edificio.
Nel 1923 e 1924 si ebbero i primi interventi di Restauro a cura dell’architetto Cesare Bazzani
(architetto di importanti edifici ternani, come la sede della Provinca di Terni e dell’attuale Camera di Commercio)
Nel 1956 e 1960 c’è il secondo intervento di restauro da parte della Soprintendenza e viene
ricostruita la navata laterale sinistra che era crollata nel XVII secolo, di cui erano rimaste gli
attacchi delle volte e si restaurano per la prima volta una parte degli affreschi, relativi all’abside. La
chiesa fu riconsacrata nel 1960
Nel 1959 si sono trasferite presso Sant’Alò l’ordine monacale Le Clarisse che fecero costruire un
monastero adiacente alla chiesa con caratteristiche architettoniche non adeguate al contesto.
Nel 1986 ci sono stati interventi di consolidamento dopo un terremoto che aveva causato importanti
lesioni.
Nel 2004 è stato portato a termine il restauro degli affreschi delle navate e degli elementi lapidei e
architettonici e archeologici relativi a pilastri, colonne e capitelli.
La chiesa è stata attualmente concessa dal vescovo di Terni alla comunità degli ortodossi di Terni.
Affreschi e pitture interni alla Chiesa
Prima di parlare degli affreschi ancora fortunatamente presenti si ricorda che sopra l’altare
maggiore di Sant’Alò è documentato che c’era una pala (testimonianza del 1573), simile alla tela
del 1568 esposta al museo diocesano dell’artista fiammingo Marten Stella. Questa tela rappresenta
la Madonna con il bambino, che sono al di sopra di una nuvola e circondati da angeli musicanti. Al
di sotto della nuvola sono raffigurati alcuni Santi (San silvestro papa, San Giovanni Battista, San
Giovanni Evangelista) tra cui a destra Sant’Alo con accanto l’incudine con il martello dei Fabbri
Gli affreschi presenti nella chiesa si riferiscono a due intervalli di epoche distinte e precisamente il
periodo XI-XIII e XIV -XVI secolo. Il patrimonio figurativo di Sant’Alò è cospicuo, costituito da
oltre 60 soggetti (con singole scene, o figure isolate o in sequenza), che anticamente erano molti di
più. Molti di questi affreschi sono stati realizzati da artisti locali. Solo il XV secolo rappresenta per
Sant’Alò l’epoca d’oro dove alcune opere fanno riferimento all’influenza artistica del Maestro
della Dormitio, del Maestro del 1409 di Narni, di Bartolomeo della Miranda, di Per Matteo Amelia
con il suo collaboratore Bernardino Campilio.
Lo spazio interno è ripartito in tre navate tra due file di colonne cilindriche e pilastri, secondo lo
stile delle chiese romaniche. Le pareti e le colonne sono fittamente decorate da affreschi che si
sviluppano nell'arco dei secoli XI-XVI.
Affreschi della parete della navatella destra
Nella parete della navatella destra c’è una Crocifissione del XIII secolo (pianta lettera d) con pochi
frammenti rimasti di cui si vede chiaramente il braccio inchiodato di Gesù e il suo volto espressivo.
Questa crocifissione è importante perché è la prima di questo periodo rispetto alle opere del
territorio ternano e narnese. Questa crocifissione sembra essere del Christus Paziens ( occhi chiusi,
viso reclinato, corpo piegato che esce al di fuori dell’asse verticale) perché la testa è reclinata sulla
spalla, gli occhi sono chiusi, i segni dell’agonia nell’increspamento della fronte e il tratteggio rosso
ad indicare il costato. Alcuni elementi fanno pensare al Christus triunphans ( generalmente occhi
aperti e corpo e viso frontali) perché il corpo non è ancora rilasciato al proprio peso, facendo
pensare a un sonno tranquillo.
Nella nicchia terminale (absidiola) della navatella destra vi è l’affresco di San Bernardino da
Siena del 1484. Si pensa che l’autore sia Bernardino Campilio spoletino collaboratore di Pier
Matteo d’Amelia che in quel periodo stava realizzando la famosa Pala dell’altare maggiore di San
Francesco
Nella parete di fondo della navatella destra a sinistra dell’ingresso attuale vi è l’affresco di tre sante
Santa Maria Maddalena, santa Caterina e santa Margherita (affresco del xv secolo influenza
Maestro 1409 di Narni) (santa Caterina si riconosce dalla ruota del supplizio, Santa Margherita dal cane che gli
fece scoprire il suo amato morto, Maria Maddalena i lunghi capelli). Poi abbiamo un san Bartolomeo apostolo
e due Santi e infine San Silvestro papa del XV secolo e l’affresco trecentesco di San Silvestro
Papa forse tra San Lorenzo e sant’Agnese. Nell’affresco di san Silvestro del XV secolo si
evidenzia una caratterizzazione artistica marcata che fa pensare all’influenza di un Bartolomeo della
Miranda.
Nella parete della navatella destra verso l’absidiola ci sono due affreschi del XVI secolo: un
Sant’Ansano e una Santa Lucia che hanno uno stile artistico più moderno di vaga ascendenza
peruginesca (Autore Il perugino). Si nota come Sant’Ansano esca con i piedi fuori dalla cornice con gli
effetti illusionistici del 1500)
Affreschi della parete interna dell’antica facciata (Ingresso originale)
A destra dell’originale portale d’ingresso rimane un affresco del XIII secolo che rappresenta la
“Maestà della Madonna con Bambino e due Sante”, codeste affiancano il trono ligneo. La
Madonna presenta un velo bianco sulla testa fino alle spalle, indossa una veste rossa e un mantello
blu, chiuso centralmente con una spilla. E’visibile che una santa indica il gruppo Vergine e bambino
in posizione eretta (andato quasi perduto, si vede l’orlo della sua veste), l’altra è scomparsa, )ma è
rimasta l’iscrizione CATARINA che la identifica in Santa Caterina d’Alessandria.
Là dove una volta si trovava il portale d'ingresso, oggi murato, rimangono motivi ornamentali
geometrici del XIV secolo che ornano gli stipiti dell’originale ingresso e la superficie inferiore
dell'architrave. In essi globi rossi con una croce bianca si alternano ad Esagrammi con fiori a sei
petali al loro interno
Al fianco, a sinistra del portale, un notevole affresco sempre del XIV secolo (Vescovo e Santa
Caterina) dominato da una struttura architettonica piuttosto complessa a due piani: in basso entro
due arcature trilobe una santa martire ( forse santa Caterina) che regge un ramo di palma verde,
accanto a quella di un vescovo, imperbe, che regge con la mano destra un bastone pastorale ricurvo
e con la sinistra un libro sigillato. Sulla mano spicca un curioso simbolo che ricorda un occhio ma
anche il simbolo alchemico dell'oro: un cerchio con un punto interno (Il simbolo alchemico
dell'oro era un cerchio con un punto nel centro, che è anche il simbolo astrologico occidentale, oltre
che il simbolo geroglifico egizio e il pittogramma cinese, del Sole). Sopra di loro, un edicola a tetto
spiovente fiancheggiata da due bifore. Il tutto è una costruzione grafica e bidimensionale dai colori
acquosi realizzata da un collaboratore della bottega del Maestro del 1409 di Narni.
Vicino all’affresco Vescovo e santa Caterina ci sono altri due affreschi del XIV secolo: San
Leonardo (pianta n.3) e la Madonna della Misericordia (Pianta n.5) di maggiore valore artistico e
Sant’Antonio abate.
Affreschi dell’abside
Anche l'abside, preceduta e raccordata da un vano rettangolare, è completamente decorata ad
affrescata.
Al centro del tamburo absidale si trova l’affresco più antico della chiesa,una croce patente (Croce
patente = croce greca con le braccia che vanno allargandosi verso l'esterno e può avere 8 punte
Questa croce è campita di rosso, posta tra le due monofore e si trova sotto due strati di affreschi
successivi su cui si intravede una parte di ala dell’arcangelo Gabriele. La croce misura 55x45 cm.
E’ una croce che si pone in linea con la pratica bizantina di realizzare croci in luoghi centrali e
dominanti (Catino absidale Sant’Apollinare in classe). Questa croce che si ricollega alla croce del
vessillo crociato conferma la proprietà iniziale dell’ordine dell’ospedale di San Giovanni. Dello
stesso periodo è il velario dipinto a righe verticali nero/blu, rosso/rosa e bianco e grigio, che copriva
in origine tutta la metà inferiore della curva absidale,raggiungendo le monofore e il sedile absidale,
raccordandosi con un listello orizzontale nero. Questi dipinti sono dell’epoca di realizzazione della
Chiesa, cioè XI-XII secolo,
Sempre dell’XI e XII secolo è un affresco sul piedritto sinistro dell’arco trionfale di accesso
all’abside. Esso rappresenta una “santa con corona” (pianta lettera c) ridotta al solo busto con la
corona calzata su una fasciatura di bende bianche, entro le quali sono raccolti i capelli rossicci
spartiti da una scriminatura centrale. La figura è voltata di tre quarti e indossa una fibula a disco di
grandi dimensioni, decorata da incisioni. Spesse linee di contorno delimitano il corpo e l’aureola
ocra. Le pieghe della pelle sul collo e il contorno del viso sono pennellate di terra di Siena. La santa
potrebbe essere Santa Caterina d’Alessandra perché è la patrona degli Ospedalieri italiani.
Nello spazio compreso nella volta a botte dell’arco di trionfo a sinistra c’è una santo con Madonna
in piedi e figlio (pianta n.21), un secondo affresco con Madonna in piedi con san Leonardo e
santa Caterina (pianta 22)e al di sotto un vescovo di piccole dimensioni (pianta 23) e scarso
pregio. Affreschi della fine XIV secolo
All’interno dell’abside troviamo un affresco del XIV secolo che rappresenta un San Silvestro papa
e un San Pietro Apostolo ( pianta n.24) realizzati con una tecnica elementare. Sono visti
frontalmente e con l’aureole e corona al di sopra della cornice.
Nella fascia mediana dell’abside incontriamo un’Annunciazione del XV secolo (pianta n.25-25a)
con tipologie artistiche influenzate dalla bottega Di Tommaso Bartolomeo (autore della cappella
Paradisi di san Francesco). A fianco di questo affresco abbiamo una sequenza di 8 santi (pianta
n.30) eseguita nel 1493 da un’artista mediocre di cultura arcaizzante che si distingue per le
dimensioni esagerate degli arti superiori dei suoi personaggi (vedere il braccio enorme del santo di
sinistra).
La calotta dell’abside è dominata dall’incoronazione di Maria del XV secolo (forse 1495) (pianta
n. 35) affiancata a sinistra da san Sebastiano trafitto dalle frecce e dal Battista che imbraccia il
vessillo e a destra da San Francesco con il saio e le stimmate e santa Lucia che regge in mano una
coppa (non il classico vaso, si noti, ma un calice). Al di sotto si trovano altre figure religiose, e non
si può far a meno di notare come questa volta contempli una grandiosa concentrazione di figure
femminili avvolte nella santità. (questa incoronazione ricorda quella dell’abside del Duomo di
Spoleto di Filippo Lippi). Dio è rappresentato come un vecchio dalla lunga barba bianca
Nello spazio compreso nella volta a botte dell’arco di trionfo a destra ci sono due affreschi
trecenteschi: uno rappresenta la Madonna in trono e l’altro accanto Giovanni Battista.( pianta n
37)
Affreschi delle colonne e dei pilastri
Sempre dell’XI e XII secolo è una Croce Perlata (lettera b) affrescata sulla seconda colonna della
navatella destra rivolta verso la navata centrale. La croce misura cm 45x30 e presenta sette sfere
eseguite a compasso e riempite di terra rossa, raccordate da una sottile linea rossa. La Croce risulta
essere iscritta in una casa rossa con tetto spioventi segnata sempre da una sottile linea rossa. Al
disotto della croce c’è una figuretta inginocchiata di profilo con le mani giunte in preghiera. Le
sfere della Croce perlata potrebbero simboleggiare secondo una interpretazione tedesca il cielo, il
trascendente che comunica attraverso l’intermediario (la croce) con lo spazio profano simboleggiato
dalla casa.
Sempre sulla seconda colonna della navatella destra dopo il pilastro vi è un altro affresco che
presenta una Madonna in trono col bambino strettamente fasciato del XV secolo (pianta n.45). Il
suo mantello è decorato e ha intorno al capo una grande aureola. (forse lo ha realizzato il maestro
della Dormitio di Terni)
Nel pilastro opposto alla Crocifissione del XIII secolo parete della navatella destra e unico pilastro
ci sono i frammenti di tre santi, di cui uno sicuramente San Francesco alla destra (Pianta n.e), una
figura centrale, di cui rimane la testa incappucciata in una cuffia di panno chiaro e tracce della
tunica rossa e una figura sulla sinistra ridotta al solo avambraccio intento ad indicare San Francesco.
Il dipinto è della seconda metà del XIII secolo. La figura di san Francesco ha la gamba destra
avanzata, il palmo della mano destra messo in evidenza a mostrare le stimmate, mentre l’altra mano
è impegnata a reggere il libro chiuso, foderato di una copertina rossa decorata di foglie appuntite a
rilievo e poste a croce; in basso si scorge il cordone.
Sempre del XIII-XIV secolo sul primo pilastro del lato sinistro si trova un altro santo (pianta
lettera F). Figura maschile barbata e con la mano benedicente, che indossa un copricapo con una
decorazione a reticolo nera, probabilmente la mitra (La mitra è un paramento liturgico: è il copricapo usato
dai vescovi nella Chiesa Cattolica) come lasciano dedurre le due bende bianche, detti penuli, che
scendono dalla nuca. Indossa una dalmatica ( la dalmatica era una veste utilizzata in epoca romana e
poi rimasta in uso come paramento liturgico consistente in una lunga tunica, provvista di ampie
maniche, che arriva all'altezza delle ginocchia) orlata da una fascia gialla, decorata da losanghe
ocra, riempite da stilizzate roselline a perline bianche. Indossa anche un superhumeral, un
paramento ecclesiastico indossato sopra le spalle, ricadente sul petto. Dietro al capo c’è un triangolo
campito di rosso e contornato con una linea bianca. La figura aveva sicuramente una pastorale, oggi
confermata dal pugno chiuso, dalla postura del braccio e dal grande fiore sopra la spalla, forse
originariamente il ricciolo del pastorale. Era sicuramente una figura episcopale, un vescovo, forse
sant’Alò vescovo della cittadina francese Noyon-Tournay. Questa figura ha intorno una ricca
cornice che corre sul cornicione del pilastro e sugli spigoli, composta da una fascia superiore a perle
rosse, una centrale a scaglioni dentellati in posizione alternata e contrapposta in rosso e blu. In
basso alla figura c’è una piccola donatrice con le mani giunte e inginocchiata, una veste nera stretta
in vita, il capo con capelli neri e corti, coperto da un velo bianco. La conferma dell’identificazione
di questa figura con Sant’Alò è data dai frammenti di affresco sempre sullo stesso pilastro sulla
faccia rivolta verso la navata che parla del miracolo di Sant’Alò che ferrava i cavalli staccando
direttamente la zampa dei cavalli.
Nei primi anni del 1400 (XV secolo) è stato realizzato un affresco al termine della fila di colonne
nella navatella sinistra “la pace e la Madonna”(pianta n.19). La madonna in piedi con il figlio in
braccio e la pace simboleggiata da un angelo che tiene due teste con mezzo busto sulle mani, che si
abbracciono
Sul secondo pilastro della navatella sinistra c’è del XVI secolo san Sebastiano (pianta n.13) con
una folta capigliatura, poco proporzionato ma con le gambe naturalisticamente dipinte. La sua
aureola esce dalla cornice
Sul secondo pilastro della navatella destra si vede un affresco trecentesco che rappresenta la
visitazione della vergine a Elisabetta (pianta n.53).
I simboli dei motivi ornamentali geometrici – stipiti porta d’ingresso originale.
il Fiore della Vita a sei petali nella sua forma più semplice, chiamato anche "Sesto giorno della
Genesi" poiché ottenuto dalla 'rotazione' di sei cerchi o sfere (fig. 2), corrispondenti ognuna ad un
giorno della Creazione, rappresenta la struttura interna del Creato, ed il suo completamento. È un
simbolo antichissimo, che è stato trovato in tutto il mondo ed in ogni cultura. Era conosciuto, ad
esempio, dai primi cristiani copti, che lo incisero sulle pareti del tempio di Ibis, a El Kharga o nelle
mura dell'Osireion di Abydo; dagli Etruschi, raffigurato sullo scudo di un guerriero in un
bassorilievo nelle rovine di Vetulonia; dai Cinesi, nell'ex dimora dell'Imperatore, inciso sotto le
zampe di un leone solare; dagli Ebrei, che lo raffigurarono all'interno del Tempio di Gerusalemme e
lo incidevano sugli ossari e sulle lapidi commemorative.
L'Esagramma, chiamato anche Stella a 6 punte o Esalfa, è un simbolo antichissimo. Presso
gli Ebrei esso rappresentava il regno Giudaico, ed era noto anche come Stella di Davide, o Scudo
dell'Arcangelo Michele. Ancora oggi è presente come parte centrale dell'emblema nazionale dello
stato di Israele, ed è un simbolo dell'ebraismo. Nella Cabala questo simbolo rappresenta l'armonia
dell'universo, in quanto composto da due elementi uguali e contrapposti: il triangolo con la punta
verso l'alto, che simboleggia il principio attivo, maschile e benefico, ed il triangolo con la punta
verso il basso, principio passivo, femminile e malefico
Nell'ambito dell'Alchimia, il simbolo è l'unione tra l'elemento del fuoco (simboleggiato da un
triangolo equilatero con la punta rivolta verso l'alto) e quello dell'acqua (un triangolo equilatero con
la punta rivolta verso il basso), e significa l'equilibrio cosmico. L'interpretazione alchemica non è
però priva di agganci con i misteri della lingua ebraica. La stella appartiene, per usare i termini della
fenomenologia delle religioni, alla serie delle teofanìe uraniche, vale a dire è un simbolo celeste, ed
il cielo, in ebraico, si chiama shamayim, parola che unisce 'esh (Fuoco) con mayim (Acqua).
I Santi più frequenti in Sant’Alò:
1.San Silvestro papa
(... – Roma, 31 dicembre 335) fu il 33° vescovo di Roma e papa della Chiesa Cattolica dal 314 alla
sua morte. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalle Chiese ortodosse.
2.San Leonardo
Leonardo di Noblac, conosciuto anche come san Leonardo abate, eremita di origine francese, che
visse da eremita gran parte della vita; è considerato santo da tutte le Chiese che ammettono il culto
dei santi. Nel Medioevo fu uno dei santi più venerati in Europa, la memoria liturgica ricorre il 6
novembre.
3.Santa Caterina
Santa Caterina d'Alessandria (287 – Alessandria d'Egitto, 305) vergine e martire, è venerata
come santa dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e, in generale, da tutte le Chiese Cristiane che
ammettono la venerazione dei Santi. Oggetto del martirio una ruota
4.San Sebastiano
San Sebastiano (256 – Roma, 20 gennaio 288) è stato un militare romano, martire per aver
sostenuto la fede cristiana; venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa Cristiana
Ortodossa, è oggetto di un culto antichissimo. Nel martirio fu flagellato a morte anche con frecce.
5.San Giovanni Battista
Giovanni Battista, venerato da tutte le Chiese cristiane e considerato santo da tutte quelle che
ammettono il culto dei santi, è una delle personalità più importanti dei Vangeli. Secondo
il Cristianesimo, la sua vita e predicazione sono costantemente intrecciate con l'opera di Gesù
Cristo; insieme a quest'ultimo, Giovanni Battista è presente anche nel Corano col nome
di Yaḥyā[4] come uno dei massimi profeti che precedettero Maometto.
6. San Francesco
San Francesco d'Assisi, nato Giovanni di Pietro Bernardone (Assisi, 26 settembre 1181 o
1182 – Assisi, 3 ottobre 1226), è stato un religioso e poeta italiano. Diacono e fondatore
dell'ordine che da lui poi prese il nome, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Il 4 ottobre ne
viene celebrata la memoria liturgica in tutta la Chiesa cattolica. È stato proclamato, assieme a santa
Caterina da Siena, patrono principale d'Italia il 18 giugno 1939 da papa Pio XII.
7. San Tommaso Abate
Tommaso di Farfa, noto anche come Thomas de Maurienne (Val Moriana, 650 – Farfa, 10
dicembre 720), fu un religioso francese appartenente all'Ordine benedettino che fondò l'Abbazia di
Farfa della quale fu il primo abate.
8. Sant’Alò
Sant' Eligio di Noyon, o Alo, Lò o Alò (Chaptelat, 588 circa – Noyon, 1º dicembre 660), fu un orafo
e poi alto funzionario della corte dei remerovingi; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
9. Sant’Ansano
Ansano (Roma, 284 – Montaperti, 1º dicembre 304), secondo la tradizione portò il cristianesimo
a Siena, allora Saena Julia, colonia romana, e ne evangelizzò la popolazione; è venerato
come santo dalla Chiesa cattolica. Non abbiamo notizie precise di Sant'Ansano, se non che fosse
romano e che provenisse da una famiglia agiata di nome Anicia. Il resto è in buona parte tradizione
orale non suffragata da documenti storici. È il santo patrono della città di Siena.
Prof.ssa Daniela Ricci
Bibliografia

Manuali per il territorio,Terni,volume primo Edindustria Roma, 1980

Atti del convegno di studi “Sant’Alò nella storia e nella leggenda”, convegno di cultura Maria
Cristina di Savoia, 23 settembre 2005
Pianta della Chiesa e localizzazione degli affreschi