2 Sicurezza antincendio negli edifici
2.1 Generalità
Il presente capitolo costituisce un’introduzione alla strategia globale per garantire la sicurezza antincendio degli edifici, e individua nella resistenza al fuoco e nelle prestazioni
strutturali gli elementi fondamentali di tale strategia.
2.2 Obiettivi della sicurezza antincendio
Lo scopo principale della protezione antincendio è di limitare, a livelli accettabili, la probabilità di morte, lesioni e danni materiali in un incendio fortuito.
Il rapporto tra protezione della vita e protezione dei beni materiali varia da paese a paese, in funzione del tipo di edificio e del suo contenuto. Le prime squadre di vigili del
fuoco e le prime norme antincendio sorsero per iniziativa delle compagnie di assicurazione, più interessate alla protezione dei beni che a quella delle vite umane, come di sicuro
avvenne all’epoca del Grande Incendio di Londra nel 1666 (figura 2.1).
Oggi le norme nazionali si stanno orientando verso una maggiore attenzione per la vita umana che non per la difesa dei beni materiali. Molte norme si basano sul presupposto
che i danni da incendio a un edificio siano un problema del proprietario o dell’assicuratore dell’immobile, e che le norme, invece, debbano occuparsi soltanto dell’incolumità delle persone e della protezione dei beni altrui. Molti dispositivi di protezione antincendio, come gli impianti di nebulizzazione automatici, servono sia a proteggere la vita
che i beni materiali. La distinzione tra difesa della vita e protezione dei beni diventa importante se la proprietà non è consapevole della probabile portata dei danni da incendio
all’edificio e al suo contenuto, anche se la costruzione soddisfa i requisiti minimi specificati dalle norme.
2.2.1
Difesa della vita
L’obiettivo più comune per garantire la sopravvivenza è quello di assicurare adeguate vie
di fuga. Per far ciò è necessario avvertire le persone della presenza di un incendio e fornire
idonei percorsi di evacuazione, garantendo che siano liberi dal fuoco e dal fumo durante il
raggiungimento di luoghi sicuri. In alcuni edifici è necessario garantire la sicurezza a persone incapaci di fuggire, come è il caso delle carceri, degli ospedali e dei luoghi di rifugio
all’interno dell’edificio. Le persone negli edifici adiacenti devono essere anch’esse protette, e si devono adottare misure per la sicurezza delle squadre di soccorso, che entrano
nell’edificio per prestare aiuto o domare l’incendio.
2.2.2
Protezione dei beni
Tra gli obiettivi della protezione dei beni vi è quello della protezione della struttura
dell’edificio e del suo contenuto. Tale protezione deve applicarsi anche agli edifici circostanti.
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CAPITOLO 2
Figura 2.1 Il Grande Incendio di Londra del 1666 (www.jmccall.demon.co.uk/history/page2.htm).
Un ulteriore livello di protezione può essere necessario se è importante il rapido ripristino
ed riutilizzo dell’immobile dopo l’incendio. In molti casi un obiettivo cruciale è quello di
evitare la perdita di beni intangibili, quali la possibilità di svolgere un’attività oppure opere
d’arte. Una perdita sproporzionata alla dimensione dell’incendio originale può avvenire se
si verificano danni gravi a “servizi vitali”, quali la distribuzione di energia o le telecomunicazioni.
2.2.3
Protezione dell’ambiente
In molti paesi un ulteriore obiettivo è quello di limitare i danni ambientali in caso di incendio grave ed esteso. Le principali preoccupazioni riguardano le emissioni di inquinanti gassosi presenti nel fumo e l’inquinamento dell’acqua utilizzata per lo spegnimento dell’incendio, entrambi con potenziali effetti importanti sull’ambiente. Il modo migliore per evitare queste emissioni è riuscire a spegnere l’incendio nella fase iniziale.
Tutti gli obiettivi sopra descritti possono essere raggiunti se l’incendio è spento prima
che si propaghi, il che può essere ottenuto facilmente con impianti automatici di nebulizzazione.
2.3 Processo di sviluppo dell’incendio
La difesa dall’incendio è un obiettivo di solito raggiungibile attraverso una combinazione
di sistemi di protezione dal fuoco, di tipo attivo e passivo. I sistemi attivi tengono sotto
controllo gli incendi – o i loro effetti – tramite interventi svolti da persone o da dispositivi
automatici. I sistemi passivi tengono sotto controllo gli incendi – o i loro effetti – tramite
sistemi integrati nella struttura dell’edificio o nelle sue parti, senza richiedere particolari
operazioni al momento dell’incendio. Preliminare alla definizione della tipologia degli impianti di protezione antincendio è la conoscenza delle varie fasi dello sviluppo completo di
un incendio in un locale chiuso.
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Figura 2.2 Tipica evoluzione della temperatura in funzione del tempo durante lo sviluppo
completo di un incendio.
La figura 2.2 mostra un tipico diagramma temperatura-tempo relativo allo sviluppo
completo di un incendio all’interno di un ambiente normale, in assenza di dispositivi di
estinzione dell’incendio e più in generale di servizi antincendio. Non tutti gli incendi evolvono in questo modo poiché alcuni si estinguono precocemente e altri non raggiungono il flashover, soprattutto se il materiale combustibile è in ridotta quantità ed è isolato, o
se non vi è aria sufficiente per permettere la continuità della combustione. Se un locale
dispone di finestre molto grandi, la trasmissione del calore all’esterno è tale da non permettere il raggiungimento del flashover.
La tabella 2.1 riporta una sintesi delle principali fasi dello sviluppo di un incendio, indicate nella figura 2.2. La breve trattazione che segue si riferisce alla figura 2.2 e alla tabella 2.1, come introduzione alla presentazione delle strategie antincendio riportate nel
seguito di questo capitolo, ed alla descrizione del comportamento dell’incendio del capitolo successivo.
Tabella 2.1 Sintesi delle fasi dello sviluppo di un incendio tipico.
Fase iniziale
Fase di combustione Fase di esaustabilizzata
rimento
ComportaRiscaldamento Combustione controllata
Combustione conCombustione
mento
del combusti- dal combustibile
trollata dalla ventila- controllata dal
dell’incendio bile
zione
combustibile
ComportaPrevenzione
Spegnimento a mano, fuga Morte
mento umano dell’accensione
Rilevamento Rilevatori di
Rilevatori di fumo, rileva- Fumo e fiamme all’esterno
fumo
tori di temperatura
Controllo
Prevenzione
Spegnimento ad opera dei Controllo ad opera delle squadre
attivo
dell’accensione nebulizzatori o delle squa- antincendio
dre antincendio; controllo
del fumo
Controllo pasScelta di materiali incom- Scelta di materiali resistenti all’alta
sivo
bustibili ed impervi alla
temperatura; adozione di strutture
propagazione delle fiamme atte a contenere l’incendio; progettazione tale da evitare collassi strutturali ad alta temperatura
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Fase di crescita
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2.3.1
CAPITOLO 2
Evoluzione dell’incendio
Nella fase incipiente dello sviluppo di un incendio, ha luogo il riscaldamento del potenziale materiale combustibile. L’accensione costituisce l’inizio della combustione con fiamma,
che segna la transizione alla fase di propagazione. Durante questa fase, la maggior parte
degli incendi si propaga lentamente, dapprima alle superfici combustibili, poi più rapidamente man mano che la temperatura aumenta, riscaldando i restanti elementi combustibili
grazie all’irraggiamento da parte delle fiamme e dei gas caldi. Se le temperature degli strati
superficiali raggiungono circa 600°C, la velocità di combustione aumenta rapidamente,
portando al flashover (divampamento generalizzato) che costituisce la transizione alla fase
di combustione stabilizzata (spesso chiamata “coinvolgimento totale del locale” o “fuoco
completamente sviluppato”).
La velocità di combustione durante la fase di crescita è in generale funzione della natura
delle superfici combustibili che bruciano, mentre durante la fase di combustione stabilizzata
le temperature e il flusso di calore radiante all’interno del locale sono così grandi che tutte le
superfici esposte bruciano e la potenza termica emessa è di solito funzione della ventilazione disponibile. In un incendio, è la fase di combustione stabilizzata ad avere il maggior effetto sugli elementi strutturali e sulle parti circostanti il locale. Se il fuoco è lasciato ardere,
alla fine i materiali combustibili si esauriscono e le temperature scendono rapidamente durante la fase di esaurimento, in cui la velocità di combustione ritorna ad essere più una funzione del materiale combustibile residuo che della ventilazione.
2.3.2
Comportamento umano
Le persone presenti nel locale dove si origina l’incendio possono vedere o acquisire con
l’olfatto i segni del potenziale incendio durante la fase incipiente, quando il materiale
combustibile si sta riscaldando per effetto di qualche fonte di calore. Molti incendi sono
estinti immediatamente dalle persone presenti nell’edificio, che evitano il verificarsi di fenomeni di accensione, rimuovendo il materiale combustibile o eliminando la fonte di un
eventuale innesco di fiamme. Dopo l’accensione, l’incendio diventa più evidente, dando
agli occupanti, se svegli ed in grado di muoversi, la possibilità di spegnimento delle fiamme, mentre esse sono ancora contenute. Una volta che l’incendio sia cresciuto fino a coinvolgere – ad esempio - un intero mobile, le fiamme non possono essere spente a mano, ma
gli occupanti, se sono in grado di farlo, devono fuggire, a condizione che il fumo non abbia
bloccato le vie d’uscita. Nell’incendio di un locale, già durante il periodo di crescita la situazione si fa pericolosa per l’incolumità delle persone ma, dopo il flashover, la sopravvivenza non è più possibile a causa delle condizioni estreme di calore, temperatura e gas tossici. Le persone che si trovano in altre parti dell’edificio possono non venire a conoscenza
dell’incendio finché esso non abbia assunto vaste proporzioni, portando a situazioni di rischio (figura 2.3). Allo scopo di garantire la sopravvivenza nel caso di un incendio, è essenziale una tempestiva rilevazione, in modo che gli occupanti siano avvertiti in tempo utile per poter usare le vie di fuga e riuscire a raggiungere un luogo sicuro prima che le condizioni ambientali diventino intollerabili. Il manuale SFPE (SFPE, 1995) fornisce ulteriori
informazioni sul comportamento umano e sui limiti di tollerabilità.
2.3.3
Rilevamento dell’incendio
Durante la fase incipiente di un incendio, il rilevamento da parte delle persone è possibile
mediante la vista e l’olfatto. Il rilevamento automatico prima che le fiamme diventino evidenti è possibile se sono installati rilevatori di fumo, il che è previsto di solito solo in parti-
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colari edifici contenenti beni di valore o finalizzati all’accoglimento di grandi masse (alberghi, grandi magazzini, stazioni aeree e ferroviarie).
Dopo l’accensione, un incendio in crescita può essere rilevato dagli occupanti o da un rilevatore di fumo o di temperatura, di solito collocato sul soffitto. I rilevatori di fumo sono più
sensibili dei rilevatori di temperatura, soprattutto per incendi con molto fumo ma poco fuoco
(per es. incendi di materassi). Gli impianti di nebulizzazione automatici sono azionati da dispositivi di rilevamento della temperatura. Dopo il flashover, i vicini sono in grado di rilevare
il fumo e le fiamme che escono dalle finestre o da altre aperture del compartimento sede
dell’incendio.
Figura 2.3 Rogo in un albergo ove, a causa del fumo, morirono 84 persone non direttamente esposte all’incendio [Hotel MGM di Las Vegas, 1980] (Coakley et al., 1982).
2.3.4
Controllo attivo
Con controllo attivo si intende il controllo dell’incendio mediante interventi effettuati da
persone o dispositivi automatici. Il tipo migliore di protezione antincendio attiva è costituito dall’impianto di nebulizzazione automatico che spruzzi acqua sulla zona del locale
posta sotto il sensore dello spruzzatore. Un impianto di nebulizzazione è in grado di spegnere la maggior parte degli incendi e comunque di impedirne la crescita. Per essere utile,
un impianto di nebulizzazione deve intervenire tempestivamente in caso d’incendio, poiché il sistema di approvvigionamento idrico è progettato per spegnere solo incendi di una
certa dimensione e non può spegnere incendi molto estesi e fuori controllo.
Il controllo attivo del fumo richiede il funzionamento di ventilatori o di altri dispositivi per eliminare il fumo da alcune zone predeterminate o per pressurizzare i vani-scala. Il
controllo attivo del fumo può richiedere anche sistemi sofisticati in grado di garantire che
il fumo e i prodotti tossici siano allontanati dall’edificio e non circolino verso zone altrimenti sicure.
Le persone presenti in un immobile possono evitare fenomeni d’accensione o spegnere incendi molto piccoli. I vigili del fuoco possono attivamente controllare o spegnere un
incendio già sviluppato, purché arrivino prima che esso abbia assunto dimensioni eccessive. Il tempo è un fattore critico, poiché le operazioni di rilevamento, segnalazione ai vigili del fuoco, arrivo di questi sul luogo dell’incendio, localizzazione dell’incendio
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CAPITOLO 2
nell’edificio e approntamento dei rifornimenti idrici richiedono tempi tecnici non comprimibili al di sotto di certi limiti. Se, come spesso accade, i vigili del fuoco dispongono
di acqua insufficiente per spegnere un grande incendio nella fase di post-flashover, essi
possono tuttavia tenere sotto controllo le fiamme, evitandone un’ulteriore propagazione e
provvedendo poi al loro spegnimento durante il periodo di esaurimento.
2.3.5
Controllo passivo
Con il termine di controllo passivo si intende il controllo di un incendio mediante sistemi
integrati nella struttura dell’edificio o nelle sue parti, senza richiedere l’intervento di persone o impianti automatici. Per gli incendi nella fase di pre-flashover, il controllo passivo
comprende la scelta di materiali adatti per arredamenti e rivestimenti interni, che siano incombustibili o che comunque non favoriscano una rapida diffusione delle fiamme nel periodo di crescita dell’incendio. Durante la fase di post-flashover, il controllo passivo è fornito dalle strutture e dagli infissi, che devono presentare resistenza al fuoco tale da evitare
sia la propagazione delle fiamme, che il collasso strutturale.
2.4 Concezione del sistema si sicurezza antincendio
Le norme antincendio per le costruzioni variano da paese a paese. In presenza di norme di
tipo prescrittivo, i progettisti hanno poca libertà di scelta, dovendo seguire una serie di regole. Con le più moderne norme di tipo prestazionale, i progettisti hanno una libertà virtualmente illimitata di progettare soluzioni innovative per i problemi della sicurezza antincendio, a condizione di poterne dimostrare l’efficacia alle autorità preposte alla certificazione. Qualsiasi tipo di norma si utilizzi, la progettazione per la sicurezza antincendio dovrà prevedere la riduzione della probabilità di accensione, il controllo della propagazione
delle fiamme e del fumo, la predisposizione delle vie di fuga per gli occupanti e delle vie
di accesso per le squadre dei vigili del fuoco, ed infine la prevenzione del collasso strutturale. A causa del gran numero di variabili interagenti, risulta difficile dimostrare l’efficacia
di un progetto antincendio se non si dispone di uno schema concettuale. Nel seguito è riportata brevemente una serie di tali schemi. Anche un semplice elenco delle operazioni necessarie per la sicurezza antincendio e la protezione dal fuoco può essere di notevole aiuto
per inquadrare l’intero problema (Buchanan, 2001; ISO, 1998).
2.4.1
Analisi dello scenario di incendio
Il primo passo del progetto all’incendio è costituito dall’analisi dello scenario, in cui si
analizza un certo numero di situazioni previste nella “peggiore delle ipotesi”. In ogni scenario, la probabile crescita e propagazione delle fiamme e del fumo sono correlate alla collocazione ed agli spostamenti degli occupanti, prendendo in considerazione tutti gli aspetti
di protezione antincendio di tipo attivo e passivo, ed il comportamento strutturale, per stabilire se siano stati soddisfatti i requisiti prestazionali. Un diagramma di flusso dell’analisi
dello scenario è riportato nella figura 2.4. Questo tipo di analisi è spesso utilizzato come
base per la progettazione contro il rischio d’incendio (Buchanan, 2001, FCRC, 1996).
Per evidenziare le ipotesi peggiori e ottimizzare il progetto, nell’ambito degli scenari
selezionati, occorre porsi domande del tipo “Che succede se …?”. Un altro metodo più
sistematico è quello di effettuare l’analisi delle modalità e degli effetti degli eventuali
malfunzionamenti (FEMA) dell’intero sistema di sicurezza antincendio o di un suo componente particolare (Custer e Meacham, 1997).
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SICUREZZA ANTINCENDIO NEGLI EDIFICI
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Figura 2.4 Diagramma di flusso dell’analisi dello scenario (riproduzione da Buchanan, 2001, autorizzata dal Centre for Advanced Engineering).
2.4.2
Valutazione quantitativa del rischio
In qualsiasi studio sulla sicurezza, al fine di rispondere alla domanda “Quale è il livello di
sicurezza …?” occorre fare delle valutazioni quantitative. La valutazione quantitativa del
rischio è una disciplina in rapido sviluppo che si applica sempre più alla sicurezza antincendio. Tuttavia, la comune progettazione basata sulle prestazioni non quantifica il livello
di sicurezza.
L’analisi del rischio può essere basata su dati storici esistenti per il tipo di edificio in
questione, ma tali dati sono in generale estremamente limitati. La sicurezza può essere
anche quantificata analizzando la concatenazione dei malfunzionamenti o degli eventi che
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CAPITOLO 2
portano allo sviluppo di un incendio (analisi attraverso l’albero dei guasti – fault tree analysis e l’albero degli eventi - event tree analysis), ma tale analisi richiede un notevole
numero di dati preliminari. Un elenco dei metodi di valutazione del rischio per la sicurezza antincendio è fornito da Watts (1997).
Oggi sono in fase di sviluppo programmi di calcolo per la valutazione del rischio
d’incendio, in grado di effettuare calcoli probabilistici basati sulle analisi di scenario sopra descritte, allo scopo di quantificare le perdite complessive dovute all’incendio ed il
rischio di perdite umane (Beck e Yung, 1994). Tali programmi sono più utili per la ricerca e per la preparazione delle norme che per la progettazione.
In assenza di metodi semplici di progettazione di tipo probabilistico, la maggior parte
dei calcoli di progetto viene svolta in maniera deterministica, con l’applicazione di opportuni fattori di sicurezza per garantire il richiesto livello di sicurezza. I progettisti strutturali hanno notevole familiarità con questo processo, dove le norme di progettazione forniscono fattori di sicurezza parziali per i carichi applicati e per la resistenza dei materiali.
Tali fattori sono tarati in modo tale che il processo deterministico di progettazione fornisca un sufficiente livello di sicurezza.
La determinazione di idonei fattori di sicurezza per la progettazione antincendio è ancora ai primi passi, cosicché si possono presentare molti casi in cui è richiesto un notevole grado di esperienza professionale da parte del progettista antincendio e di conseguenza
dell’autorità di certificazione.
2.4.3
Schema dei principi di sicurezza antincendio
Per la valutazione della sicurezza contro gli incendi, molto utile è lo schema dei principi
per la sicurezza antincendio sviluppato dalla National Fire Protection Association (NFPA,
1997). La figura 2.5 mostra una rielaborazione sintetica di questo schema. I paragrafi che
seguono forniscono una breve spiegazione dello schema, come guida per stabilire
l’importanza relativa delle varie fasi di una strategia per la sicurezza antincendio.
Prevenzione e gestione
La seconda riga dello schema di figura 2.5 afferma un’ovvietà: la gestione dell’incendio non
è necessaria se si è in grado di prevenire l’accensione, ma - in caso contrario - gli effetti
dell’incendio vanno gestiti. Nella realtà, potranno sempre verificarsi accensioni impreviste,
ma la loro probabilità può essere ridotta con opportuni piani di prevenzione degli incendi.
Sempre più numerosi sono però gli incendi dolosi, il cui comportamento non è facilmente prevedibile in fase di progettazione. Se non diversamente indicato, lo schema mostra strategie alternative, in cui gli obiettivi su una riga possono essere soddisfatti da uno
qualunque degli elementi della riga successiva.
Gestione degli effetti dell’incendio
La terza riga indica che la gestione degli effetti di un incendio è possibile intervenendo
sull’incendio stesso o sulle persone e i beni a rischio.
Gestione delle persone e dei beni esposti all’incendio
La quarta riga indica che le persone e i beni esposti all’incendio possono essere gestiti allontanandoli dall’edificio o proteggendoli sul posto. La normale strategia è quella di far
allontanare le persone, a meno che esse non si trovino nell’incapacità o impossibilità di farlo. Una strategia intermedia per gli edifici di grandi dimensioni è quella di spostare le persone in un luogo sicuro all’interno dell’edificio stesso. La maggior parte dei beni va invece
protetta sul posto.
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Figura 2.5 Schema dei principi di sicurezza antincendio (rielaborato sulla base di
una pubblicazione NFPA, 1997).
Per evacuare le persone, occorre innanzitutto rilevare l’incendio, poi avvertire gli interessati e, infine, garantire idonee vie di fuga (5a riga). La lettera “E” indica che per raggiungere l’obiettivo è richiesto il successo in entrambe le caselle. Comportamenti umani e
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CAPITOLO 2
progettazione delle vie di fuga esulano dallo scopo di questo libro; per ulteriori informazioni, si rimanda al manuale SFPE (SFPE, 1995).
Controllo dell’incendio
La 6a riga indica tre tipi di azione per la gestione di un incendio. Nel primo caso occorre
controllare la fonte combustibile, limitando la geometria o la dimensione dell’incendio. Per
esempio, si potrebbe limitare la quantità di materiale combustibile immagazzinato in un
ambiente. La seconda opzione è quella di estinguere l’incendio e la terza quella di tenerlo
sotto controllo attraverso idonei accorgimenti costruttivi.
L’estinzione dell’incendio è un argomento molto vasto, la cui trattazione esula dallo
scopo del presente volume, ma come indicato alla 7a riga l’estinzione può essere automatica o manuale. In entrambi i casi, l’estinzione dipende da una precoce rilevazione dell’incendio e dall’erogazione di sufficienti quantità di materiale estinguente, di solito acqua.
Controllo attraverso misure costruttive
Tenere sotto controllo un incendio attraverso idonee misure costruttive costituisce
l’oggetto del presente volume. L’8a riga dello schema indica che, allo scopo di controllare
l’incendio attraverso opportune caratteristiche costruttive, è necessario sia controllare la
velocità di propagazione dell’incendio sia garantire la stabilità strutturale. La casella di sinistra sulla 8a riga indica che la crescita dell’incendio e la sua gravità possono essere controllate limitando il materiale combustibile presente nei rivestimenti dei locali. Questa casella è collegata con linee tratteggiate poiché, a rigore, dovrebbe essere un sottoassieme del
controllo del materiale combustibile della 6a riga, ma è stata posta sulla 8a riga, poiché la
selezione e l’installazione dei rivestimenti fanno parte del processo costruttivo, anziché essere un problema di gestione dell’edificio.
Garanzia della stabilità strutturale
La garanzia della stabilità strutturale è essenziale se l’edificio deve conservarsi durante
l’incendio, per uso successivo. La stabilità strutturale è essenziale anche per proteggere
persone e beni posti nell’edificio al momento dell’incendio. Alcuni elementi come pareti e
solette hanno non solo una funzione portante, ma anche di separazione degli ambienti. Altri elementi costruttivi, come travi e colonne, hanno solo una funzione portante. Nei capitoli successivi viene trattata la stabilità strutturale in presenza d’incendio.
Controllo della propagazione dell’incendio
Le due strategie per controllare la propagazione di un incendio sono quelle di limitare le
fiamme o di farle sfogare all’esterno (9a riga). Far sfogare le fiamme costituisce un’utile
strategia per ridurre gli effetti dell’incendio, soprattutto negli edifici a un piano (o
all’ultimo piano di edifici più elevati). Lo sfogo può avvenire mediante un sistema attivo di
sfiati azionati meccanicamente o un sistema passivo basato sulla fusione dei lucernari di
plastica. In entrambi i casi, l’aumentata ventilazione può accrescere la gravità locale
dell’incendio, pur riducendo la propagazione delle fiamme all’interno dell’edificio e gli
effetti termici globali sulla struttura.
Il contenimento di un incendio per evitarne la propagazione è lo strumento principale
di protezione passiva dagli incendi. Le pareti e le solette della maggior parte degli edifici
hanno sufficiente resistenza al fuoco, potendo contenere qualsiasi incendio sviluppatosi
all’interno di un locale attiguo. Ciò è in accordo con la strategia antincendio, in quanto la
prima regola è evitare che l’incendio assuma grandi dimensioni. Occorre inoltre evitare
che l’incendio si propaghi per irraggiamento agli edifici circostanti, limitando la dimensione delle aperture nelle pareti esterne.
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SICUREZZA ANTINCENDIO NEGLI EDIFICI
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La propagazione del fumo può essere anch’essa controllata mediante dispositivi di
sfiato o contenimento. L’evacuazione del fumo costituisce un’importante strategia in caso
di incendi le cui dimensioni siano state limitate dagli impianti di nebulizzazione automatici. Per contenere la propagazione dei fumi, si possono utilizzare sia la pressurizzazione
che le barriere antifumo (Buchanan, 2001; Klote e Milke, 1992).
2.5 Resistenza al fuoco
Come affermato in precedenza, gli obiettivi della sicurezza antincendio sono di solito raggiunti attraverso una combinazione di sistemi di protezione antincendio attivi e passivi. I
sistemi attivi tengono sotto controllo l’incendio o i suoi effetti attraverso l’intervento di
persone o di dispositivi automatici. I sistemi passivi tengono sotto controllo l’incendio o i
suoi effetti mediante apparati integrati nella struttura o nelle parti dell’edificio, senza richiedere interventi specifici al momento dell’incendio. La componente più importante della protezione antincendio di tipo passivo è la resistenza al fuoco delle strutture portanti e
portate, che vanno progettate in modo da impedire la propagazione dell’incendio ed il conseguente collasso strutturale.
2.5.1
Obiettivi della resistenza al fuoco
Gli obiettivi per garantire la resistenza al fuoco devono essere stabiliti prima di effettuare
qualsiasi progetto, sapendo che la resistenza al fuoco è solo una componente della strategia
globale della sicurezza antincendio. Gli elementi strutturali possono essere dotati di resistenza al fuoco per il controllo della propagazione dell’incendio o per la prevenzione del
collasso strutturale o per entrambi, in base alla loro funzione (figura 2.6). L’esame dei requisiti richiesti da varie norme di tipo prestazionale, in uso o in bozza (BCA, 1996; BIA,
1992; NKB, 1994), indica un approccio metodologico simile per la resistenza al fuoco. Nel
seguito sono elencati gli obiettivi da perseguire per garantire la resistenza al fuoco:
– Per evitare la propagazione dell’incendio all’interno di un edificio, occorre dividerlo in “compartimenti d’incendio” o “celle di fuoco”, con pareti tagliafuoco, che evitino la diffusione del fuoco per il tempo d’incendio di progetto. Tra le molte ragioni
che giustificano la suddivisione in compartimenti vi sono l’aumento del tempo disponibile per la fuga, la limitazione dell’area interessata da eventuali perdite umane
e di beni, la riduzione degli effetti dell’incendio sulla struttura, la localizzazione
dell’incendio (con localizzazione dei rischi, ed isolamento e protezione delle vie di
fuga). Le separazioni sono di solito costituite da solette o pareti.
– Per ridurre la probabilità di propagazione dell’incendio ad altri edifici, le pareti confinarie devono possedere una resistenza al fuoco sufficiente per rimanere in posizione e contenere l’incendio per il tempo d’incendio di progetto.
– Per evitare il collasso strutturale, gli elementi portanti devono essere dotati di resistenza al fuoco sufficiente per mantenere la propria stabilità per il tempo d’incendio
di progetto. La prevenzione del collasso è fondamentale per gli elementi portanti e
per quelli che sono contemporaneamente portanti e separatori (cioè destinati a contenere l’incendio).
– Per proteggere persone o beni in altre zone dell’edificio, e comunque per garantire
la riparabilità dell’edificio dopo l’incendio, è fondamentale la prevenzione del collasso strutturale.
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2.5.2
CAPITOLO 2
Tempo d’incendio di progetto
Non è possibile definire a priori il termine tempo d’incendio di progetto, in quanto il progettista lo dovrà individuare sulla base di vari, possibili tempi nel seguito indicati, in funzione dell’importanza dell’edificio, delle esigenze del proprietario e delle conseguenze sia
dell’eventuale collasso strutturale, che della propagazione dell’incendio:
a) tempo richiesto dagli occupanti per allontanarsi dall’edificio,
b) tempo richiesto dai vigili del fuoco per svolgere le attività di soccorso,
c) tempo richiesto dai vigili del fuoco per circoscrivere e contenere l’incendio,
d) tempo di estinzione del fuoco nel compartimento sede dell’incendio senza alcun tipo d’intervento.
Figura 2.6(a) Grave incendio in un magazzino di materiali espansi. Si noti che l’incendio non si è
propagato alla zona degli uffici all’estremità sinistra dell’edificio.
Figura 2.6(b) Travi in acciaio collassate e muratura in calcestruzzo danneggiata dopo l’incendio.
Tutto il materiale combustibile e i travetti in legno del tetto sono completamente bruciati.
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Figura 2.6(c) Vista della parete con telaio leggero in legno posta tra il magazzino e la zona uffici.
Il cartongesso sul lato incendio è stato tolto dai vigili del fuoco, mentre quello sul lato freddo non è
stato danneggiato. L’incendio non si è propagato agli uffici.
Nei vari paesi, le norme utilizzano questi tempi in modi diversi a seconda del contenuto degli edifici. Molti edifici ad un piano di piccole dimensioni vanno progettati in modo
da proteggere le vie di fuga e da resistere per un tempo sufficiente a consentire la fuga
degli occupanti (tempo 1), dopo il quale l’incendio distruggerà l’edificio.
Gli edifici molto alti o quelli in cui le persone non possono fuggire dovrebbero essere
progettati in modo da evitare un’estesa propagazione del fuoco ed il collasso strutturale
dovuto all’incendio in uno o più compartimenti (tempo 4). I tempi 2 e 3 sono intermedi e
vanno considerati per edifici di medie dimensioni, al fine di garantire, rispettivamente, la
sopravvivenza delle persone e la protezione dei beni.
Occorre osservare che prevedere un’elevata resistenza strutturale all’incendio può essere essenziale o irrilevante oppure di maggiore o minore rilevanza (Almand, 1989). In
certi casi (evacuazione lenta od impossibile delle persone; edifici di grande valore o contenenti beni di grande valore) la struttura acquista un ruolo preponderante nella sicurezza
all’incendio, di modo che il suo collasso non è accettabile anche nel caso del peggior incendio prevedibile. In altri casi (possibilità di evacuazione agevole delle persone; edifici
di poco valore; impossibilità per l’incendio di propagarsi alle proprietà vicine) la struttura
non gioca nessun ruolo in termini di sicurezza all’incendio, ed il collasso è accettabile,
perché la sua tempistica non interferisce con quella dell’evacuazione.
La progettazione mirante all’estinzione spontanea in un compartimento d’incendio
rappresenta un approccio conservativo adatto a molte situazioni, tant’è che varie norme
attuali impongono la progettazione di alcuni tipi di edificio prevedendo l’estinzione spontanea di un eventuale incendio. In questo testo si riportano alcuni metodi di progettazione
utilizzabili per il calcolo della resistenza strutturale al fuoco in caso di estinzione spontanea completa o parziale, ovvero con l’intervento delle squadre antincendio o dei sistemi
di spegnimento automatici.
Il tempo d’incendio di progetto deve essere definito con attenzione, poiché non è necessariamente uguale al tempo di resistenza al fuoco specificato dalle norme per le costruzioni o misurato in prove di resistenza al fuoco. Il tempo d’incendio di progetto comprende il tempo di accensione, crescita e propagazione del fuoco prima del flashover, e
deve includere un fattore di sicurezza che tenga conto del numero delle persone
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CAPITOLO 2
nell’edificio, della dimensione dell’edificio stesso e delle possibili conseguenze di una
sua perdita. Schleich (1996) propone fattori di sicurezza che vanno da 1,0 per piccoli edifici monopiano fino a 2,5 per grandi edifici multipiano.
2.5.3
Provvedimenti di compensazione
Una delle maggiori difficoltà nella valutazione della sicurezza antincendio sta nell’appurare fino a che punto la maggiore/minore efficacia di una modalità di protezione antincendio possa essere compensata dalla minore/maggiore efficacia di un’altra modalità di
protezione (trade-off). Per esempio, alcune norme di tipo prescrittivo permettono la riduzione dei valori di resistenza al fuoco oppure l’aumento delle aree dei compartimenti sede
di incendio, se è presente un sistema di nebulizzazione automatico; analogamente, sono
permesse vie di fuga più lunghe in presenza di rilevatori di fumo o di temperatura, oppure
di nebulizzatori. Questi tipi di scambio o di compensazione non si applicano in un ambiente il cui progetto sia esclusivamente basato sulle prestazioni, poiché in tal caso il progettista fornirà un pacchetto completo di disposizioni antincendio, tale da assicurare il livello
richiesto di sicurezza.
Tuttavia, nella pratica la maggior parte dei progetti è almeno in parte basata su norme
di tipo prescrittivo, cosicché è spesso necessario ricorrere a questo genere di scambi, che
però a volte sono difficili da accettare, soprattutto se riguardano la riduzione della resistenza al fuoco in presenza di impianti di nebulizzazione automatici. In linea di principio, se
fosse possibile affidarsi con assoluta certezza a un impianto di spegnimento automatico per
il controllo dell’incendio, non sarebbe necessaria alcuna resistenza al fuoco o protezione
antincendio di tipo passivo. In realtà, nessun sistema è efficace al 100%, cosicché il problema è decidere quale resistenza al fuoco debba essere garantita nella remota possibilità
che l’impianto di spegnimento non riesca a funzionare o a tenere sotto controllo l’incendio.
Per esempio, si potrebbe sostenere che, qualora l’impianto di estinzione non funzionasse
per mancanza di acqua (a causa di un terremoto), l’incendio avrebbe la stessa gravità che
in caso di mancanza di impianto di estinzione, cosicché non sarebbe ammissibile compensare la minor resistenza passiva al fuoco con la presenza dei nebulizzatori.
Nessuna norma nazionale prevede una compensazione totale con i nebulizzatori, ma
molte norme permettono una compensazione parziale, in quanto la presenza dei nebulizzatori riduce fortemente la probabilità che l’incendio diventi incontrollabile. La giustificazione quantitativa di compensazioni parziali non è facile, ma si possono addurre due
argomentazioni di tipo probabilistico:
(1) Molte norme nazionali prevedono una riduzione del 50% della resistenza al fuoco degli
elementi strutturali se l’edificio è dotato di impianto di nebulizzazione. Una possibile
giustificazione di questa scelta si basa su considerazioni di sicurezza. Se, per esempio,
la resistenza al fuoco normalmente indicata per ottenere l’estinzione spontanea
dell’incendio nel compartimento di un edificio privo di nebulizzazione ha livello intrinseco di sicurezza pari a 2,0, nell’improbabile eventualità di un incendio e di un guasto
ai nebulizzatori, quel livello di sicurezza potrebbe essere ridotto sino a 1,0, da cui il
50% di riduzione. Tale giustificazione vale però solo se le resistenze al fuoco previste
per edifici privi di nebulizzatori sono piuttosto conservative.
(2) Gli Eurocodici (EC1, 1994) prevedono che nel calcolo della resistenza al fuoco in un
edificio dotato di nebulizzatori il carico di incendio (= combustibile presente nel compartimento) sia considerato pari al 60% del carico d’incendio di progetto. Questo modo
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di procedere è giustificabile in quanto il guasto dei nebulizzatori è talmente improbabile da far ritenere che il carico di materiale combustibile da prendere in conto debba essere quello più probabile nelle normali condizioni d’uso invece del ben maggiore carico
corrispondente al frattile 90% della distribuzione stocastica utilizzata per la progettazione di edifici privi di nebulizzazione. Schleich (1996, 1999) suggerisce ulteriori modalità di compensazione fra diverse metodologie atte a raggiungere il desiderato livello
di sicurezza all’incendio.
2.5.4
Riparabilità e rimessa in servizio
La riparazione e la rimessa in servizio possono essere importanti per alcuni di edifici. Un
edificio progettato per resistere fino all’estinzione spontanea dell’incendio risulterà gravemente danneggiato, anche se l’incendio è risultato contenuto e la struttura è intatta. La
maggior parte delle norme di tipo prestazionale non richiede l’integrità della struttura a seguito di un incendio. Tuttavia, l’Eurocodice 1 (ECI, 2002) stabilisce che l’analisi termica
degli elementi strutturali venga condotta per l’intera durata di un incendio reale, compresa
la fase di raffreddamento, se non indicato diversamente dall’appendice nazionale. Alcune
norme prevedono il caso di edifici che debbano essere immuni da danni o presentare danni
molto limitati a seguito dell’incendio, ma in tali casi viene chiesto un aumento della protezione passiva rispetto a quella necessaria per prevenire il collasso.
Il requisito di rimessa in servizio dopo l’incendio limita i danni, cosicché l’edificio
può essere rioccupato subito o dopo il breve lasso di tempo richiesto per le riparazioni.
Tale requisito potrebbe essere imposto a edifici di importanza sociale, culturale o economica, e richiederebbe l’utilizzo di impianti di estinzione del fuoco di tipo attivo come i
nebulizzatori, per evitare che il fuoco si estenda e diventi incontrollabile.
Un esempio dell’importanza della riparabilità è rappresentato dalla torre di uffici Meridian Plaza di 38 piani a Filadelfia, che subì un grave incendio nel 1991, con sensibili
danni tra i piani 22 e 30. Dopo l’incendio, l’edificio rimase vuoto per oltre cinque anni a
causa di un contenzioso circa la tenuta degli elementi strutturali, danneggiati e deformati
dall’incendio (Gilvary e Dexter, 1997).
2.6 Controllo della propagazione dell’incendio
Più grave è un incendio, più grande è il suo potenziale distruttivo. Molti aspetti della protezione antincendio mirano ad evitare che i piccoli incendi si estendano. Il controllo della
propagazione di un incendio è qui trattato introducendo quattro casi: (a) incendio che rimane confinato all’interno del locale di origine; (b) incendio che si propaga ad altri locali
sullo stesso piano; (c) incendio che si trasmette ad altri piani dello stesso edificio; e (d) incendio che si estende ad altri edifici.
2.6.1
Confinamento dell’incendio all’interno del locale d’origine
Un incendio che rimane confinato all’interno del locale d’origine dipende in grande misura
dalla potenza termica emessa dall’oggetto che brucia per primo. La propagazione iniziale
dell’incendio può avvenire per effetto diretto delle fiamme o a causa della trasmissione di
calore per irraggiamento da un oggetto che brucia ad un altro. Man mano che l’incendio si
sviluppa, il flusso dei gas caldi lungo il soffitto può favorire la propagazione ad altre parti
del locale. La propagazione verticale ed orizzontale dell’incendio è notevolmente facilitata
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CAPITOLO 2
se il locale è rivestito di materiali combustibili che favoriscano una rapida diffusione delle
fiamme lungo le pareti ed il soffitto. La maggior parte dei paesi dispone di norme di tipo
prescrittivo, che pongono limiti alle caratteristiche di combustibilità e di trasmissione delle
fiamme dei rivestimenti in determinati edifici.
Proprietà dei materiali di grande interesse ai fini della sicurezza all’incendio sono: la
facilità all’accensione, l’emissione di calore, la propagazione delle fiamme e la quantità
di fumo prodotto. Queste sono spesso chiamate proprietà del “primo rischio d’incendio” o
proprietà di “reazione al fuoco”. Esistono molti e diversi metodi sperimentali per valutare
le proprietà di primo rischio d’incendio dei materiali, il che rende molto difficile effettuare confronti in ambito internazionale. Nel Nord America la prova principale è quella del
tunnel di Steiner (ASTM E-84), che utilizza una galleria lunga 7,6 m. Gli altri paesi per lo
più prevedono prove che espongono materiali di varie dimensioni al riscaldamento da
parte di un pannello radiante. Recenti sviluppi a livello internazionale prevedono la prova
con il calorimetro a cono su piccoli campioni (100 x 100 mm) e la prova d’incendio in un
compartimento in scala reale per la valutazione delle prestazioni all’incendio dei materiali
di rivestimento. Il metodo di prova internazionale più recente è quello del “Singolo campione soggetto a combustione” (Single Burning Item) che diventerà la procedura di prova
per la classificazione dei prodotti da costruzione nel futuro sistema europeo armonizzato.
Si tratta di una prova in scala intermedia, in cui due lastre sono montate in modo da costituire uno spigolo per essere sottoposte alla fiamma di un bruciatore a gas, fin tanto che si
inneschi (o meno) la combustione (EN 13823, 2002). Vengono misurate: la potenza termica emessa e la velocità di emissione dei fumi. Tutte le prove sopra ricordate sono state
oggetto di ricerche e norme internazionali molto recenti.
Per quanto riguarda l’innescabilità e la propagazione del fuoco, i materiali lignei non
protetti sono più sicuri di molti materiali plastici o sintetici, ma lo sono meno di materiali
quali il cartongesso e (naturalmente) il calcestruzzo, che è del tutto incombustibile. È possibile migliorare le proprietà dei materiali lignei in riferimento al primo rischio
d’incendio, utilizzando speciali vernici o tecnologie di pressatura durante la fabbricazione.
2.6.2
Propagazione dell’incendio ai locali adiacenti
La propagazione del fuoco e del fumo ai locali adiacenti è in generale destinata a provocare vittime, ma molto dipende dalla geometria dell’edificio. Le porte aperte costituiscono un
percorso privilegiato per il fumo ed i prodotti tossici della combustione, in quanto fumi e
gas tossici si spostano dallo strato superiore caldo del locale sede dell’incendio al locale
successivo o al corridoio, preriscaldando le zone contigue e provocando una rapida propagazione dell’incendio.
Per evitare la propagazione del fuoco di stanza in stanza, è essenziale tenere le porte
chiuse. Le porte attraverso le pareti tagliafuoco devono essere in grado di garantire la
funzione di contenimento della parete in cui si trovano, per quanto riguarda sia il passaggio del fumo che la resistenza al fuoco. I dispositivi di chiusura delle porte, attivati automaticamente al momento della rilevazione dell’incendio, riescono ad aumentare di molto
la sicurezza antincendio.
Tra le novità più recenti per migliorare le prestazioni delle porte vi sono anche particolari strisce di contenimento del fumo, da collocare fra porta e stipite, e strisce di materiale intumescente, che – gonfiandosi durante il riscaldamento – evitano la propagazione
delle fiamme attraverso gli spiragli attorno alla porta.
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Gli spazi nascosti costituiscono altrettanti percorsi molto pericolosi per la propagazione del fuoco e del fumo, in quanto spesso tali spazi permettono la diffusione del fuoco e
del fumo fino a raggiungere non solo i locali adiacenti, ma anche altri locali posti a una
certa distanza dall’incendio. La figura 2.7 mostra la diffusione del fumo attraverso
un’intercapedine del soffitto. Le intercapedini costituiscono un problema tipico dei vecchi
edifici, soprattutto se negli anni sono stati aggiunti controsoffitti o tramezzi.
Il fuoco può anche propagarsi a locali adiacenti penetrando attraverso le pareti circostanti (figura 2.14). Le pareti possono essere progettate con una resistenza al fuoco sufficiente ad evitare la propagazione di incendi completamente sviluppati, ma devono essere
costruite con cura fin nei minimi dettagli, per garantirne le prestazioni antincendio. Le
pareti resistenti al fuoco devono attraversare i controsoffitti fino a raggiungere la soletta o
il tetto soprastante, in modo che il fuoco non si propaghi grazie allo spazio nascosto al di
sopra della parete. Allo scopo di evitare la propagazione lungo il tetto di un incendio che
passi al di sopra di una parete resistente al fuoco, è buona norma (a) innalzare la parete al
di sopra del filo del tetto, fino a formare una sorta di parapetto, oppure (b) rendere il tetto
resistente al fuoco lungo fasce poste a cavallo del filo superiore della parete.
Un incendio grave troverà sempre i punti deboli di una parete tagliafuoco, anche se
questi punti sono invisibili durante l’uso normale dell’edificio. Occorre inoltre assicurarsi
che le prestazioni delle pareti tagliafuoco non siano compromesse dall’impiego di mano
d’opera di scarsa qualità, oppure dalla presenza di asole per il passaggio di utenze o tubazioni. Il termine “sigillatura al fuoco” significa l’ermetica chiusura delle asole e delle cavità attraverso cui il fuoco potrebbe propagarsi (O’Hara 1994). Esistono molte tecniche
per la sigillatura al fuoco di asole e di giunti di costruzione od in funzione antisismica
(Abrams e Gustaferro, 1971). Tra i materiali utilizzati per arrestare il fuoco vi sono la lana di roccia, gli spessori di legno, il cartongesso, i collari metallici e molti ottimi prodotti
commerciali, come lo stucco resistente al fuoco ed i materiali cartonati, nonché i materassini ed i collari intumescenti.
Le condotte dell’aria passanti attraverso le pareti e le solette resistenti al fuoco possono costituire altrettanti percorsi per la propagazione dell’incendio, che vanno neutralizzati
utilizzando condotti in materiale isolante resistenti al fuoco e “saracinesche tagliafuoco”
interne, progettate per chiudere completamente la condotta in caso d’incendio (vedere sezione 6.7.9).
Figura 2.7 Propagazione del fumo e del fuoco attraverso un’intercapedine del soffitto.
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CAPITOLO 2
2.6.3
Trasmissione dell’incendio ad altri piani
L’incendio può trasmettersi ad altri piani attraverso una serie di percorsi, interni ed esterni
all’edificio. Tra i percorsi interni vi sono i vuoti creati dal cedimento locale di solette e soffitti, nonché gli spazi nascosti verticali, i condotti per utenze diverse, i pozzi di illuminazione ed areazione (cavedi) e le trombe delle scale o degli ascensori, attraverso cui il fuoco
si può diffondere. Le utenze verticali vanno racchiuse in condotti protetti oppure vanno dotate di sportelli di chiusura resistenti al fuoco, ad ogni piano, come indicato nelle figure 2.8
e 2.9. I pozzi verticali devono essere a tenuta di incendio, mentre le trombe delle scale devono avere porte tagliafuoco in corrispondenza di ogni piano, per evitare di divenire percorsi privilegiati per la diffusione del fuoco e del fumo, da piano a piano. Una situazione
particolarmente pericolosa può crearsi se vi sono spazi nascosti orizzontali e verticali intercomunicanti, all’interno dell’edificio o lungo la facciata.
Un altro percorso preferenziale per la diffusione verticale dell’incendio (soprattutto
nelle costruzioni con muri non portanti, in cui le tamponature esterne non fanno parte della struttura) è rappresentato dalle eventuali sconnessioni presenti lungo le giunzioni fra
soletta e parete esterna, appena all’interno della facciata.
Una possibile soluzione è mostrata in dettaglio nella figura 2.10. L’installazione va curata
fin nei minimi particolari in modo da garantire che tutte le fessure siano sigillate, soprattutto in corrispondenza degli angoli e dei punti di giunzione, per eliminare qualsiasi possibile
percorso favorevole alla propagazione del fuoco (Gustaferro e Martin, 1988).
Figura 2.8 Separazione dal fuoco delle utenze verticali (Centre for Advanced Engineering).
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Figura 2.9 Protezione antincendio di asole attraverso una soletta resistente al fuoco. Sul mercato
sono disponibili molti prodotti commerciali per questo tipo di protezione.
Giunti come questi fra elementi strutturali e non strutturali sono spesso riempiti con sigillanti resistenti al fuoco, abbastanza deformabili da consentire i piccoli spostamenti relativi
dovuti al sisma od alle variazioni termiche. Il materiale di riempimento deve essere in grado di garantire la necessaria resistenza al fuoco sia prima che dopo il verificarsi dei suddetti spostamenti relativi, e può essere costituito da materassini in fibra minerale o ceramica,
che vanno mantenuti nella posizione prestabilita. I materiali in fibra di vetro non sono adatti per la sigillatura al fuoco poiché si ritirano e fondono a temperature superiori ai 300°C.
Le staffe o gli angolari metallici che sostengono il materiale di riempimento non devono
essere in lega di alluminio poiché questa fonde a temperature superiori a 500°C.
La propagazione verticale dell’incendio può avvenire anche all’esterno dell’edificio,
attraverso i materiali di rivestimento combustibili o le finestre esterne come indicato nella figura 2.11.
Figura 2.10 Sigillatura al fuoco tra soletta e muro non portante.
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CAPITOLO 2
Figura 2.11 Propagazione dell’incendio di piano in piano (Riproduzione da Buchanan, 2001, autorizzata dal Centre for Advanced Engineering).
Figura 2.12 Il fuoco al 12° piano di un edificio di 62 piani dimostra l’importanza di assicurare sia il
contenimento dell’incendio, sia la stabilità strutturale ai fini della sicurezza antincendio degli edifici alti
(Grattacielo della First Interstate Bank a Los Angeles, 1988, riproduzione autorizzata da Boris Yaro).
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Sull’esterno degli edifici alti non dovrebbero essere utilizzati rivestimenti combustibili che potrebbero favorire la rapida propagazione delle fiamme.
La propagazione verticale del fuoco da finestra a finestra è un grave rischio negli edifici
multipiano (figura 2.12). Tale rischio può essere in parte neutralizzato prevedendo finestre
di piccole dimensioni e ben separate tra loro, e predisponendo delle mensoline orizzontali,
aggettanti al di sopra delle finestre (Oleszkiewicz, 1991). Le fiamme fuoriuscenti da finestre
verticali alte e strette, tendendo a proiettarsi più lontano dalla parete dell’edificio che non le
fiamme fuoriuscenti da finestre orizzontali larghe e basse, comportano una minore probabilità di propagazione dell’incendio di piano in piano (Drysdale, 1998).
2.6.4
Estensione dell’incendio ad altri edifici
L’incendio può propagarsi da un edificio in fiamme agli edifici adiacenti mediante il contatto con le fiamme, l’irraggiamento dalle finestre o la caduta di tizzoni ardenti. La propagazione dell’incendio può essere evitata prevedendo barriere resistenti al fuoco o distanze
sufficienti fra edificio ed edificio (figura 2.13). Se vi sono aperture nelle pareti esterne, la
probabilità di propagazione dell’incendio dipende fortemente dalle distanze tra gli edifici e
dalla dimensione delle aperture. Le pareti esterne resistenti al fuoco devono possedere una
sufficiente resistenza strutturale al fuoco per rimanere al loro posto per tutta la durata
dell’incendio. Ciò diventa un problema se la struttura che normalmente garantisce il vincolo laterale alle pareti è danneggiata o distrutta durante l’incendio.
Figura 2.13 Grave incendio in un supermercato, con l’intero edificio avvolto dalle fiamme e la
struttura del tetto in procinto di collassare. Si deve alle pareti resistenti al fuoco se l’incendio
non si è propagato agli edifici vicini.
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CAPITOLO 2
Figura 2.14 Pareti in muratura di un grande centro commerciale dopo un grave incendio. Questo
incendio è stato simile a quello della fotografia precedente, tranne che in questo caso l’incendio si è
propagato all’intera struttura attraverso alcune aperture non protette, presenti lungo le pareti. Tutto il
materiale combustibile è bruciato e ci sono state 43 vittime (Grandi magazzini Ballantynes in Nuova
Zelanda, 1947; riproduzione autorizzata da The New Zealand Herald).
Il collasso delle pareti esterne può costituire un forte rischio per i vigili del fuoco e
gli astanti e può portare a ulteriore propagazione dell’incendio agli edifici adiacenti (figura 2.14).
La propagazione dell’incendio attraverso il contatto con le fiamme può avvenire soltanto
se gli edifici sono abbastanza vicini tra loro, mentre la propagazione mediante irraggiamento può avvenire a distanza di molti metri. Il flusso di calore radiante dalle finestre di un edificio soggetto ad incendio può provocare l’accensione del rivestimento combustibile di un
edificio vicino o dei prodotti combustibili posti al suo interno, attraverso le finestre.
Il calcolo del flusso di calore radiante da un edificio a un altro è descritto nel Capitolo
3. In presenza di vegetazione combustibile, il fuoco può anche percorrere lunghe distanze
tra un edificio e l’altro.
Le scintille trasportate dal vento possono provocare la propagazione dell’incendio tra
edifici rivestiti con materiali combustibili, come indicato nella figura 2.15. Tali situazioni
possono essere tenute sotto controllo limitando l’uso di materiali combustibili per le coperture. La propagazione dell’incendio tra edifici adiacenti dipende anche dalle loro altezze relative. Un incendio che fuoriesce dal tetto di un edificio basso può propagarsi alle
finestre di un edificio alto adiacente come indicato nella figura 2.16, a meno che
quest’ultimo non sia adeguatamente resistente al fuoco.
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Figura 2.15 Incendio propagato dalle scintille.
Figura 2.16 Propagazione dell’incendio da un edifico basso ad uno più alto.
2.7 Costruire edifici sicuri contro gli incendi
2.7.1 Incendi a seguito di terremoti
La possibilità di un incendio a seguito di un terremoto è una grave minaccia in zona sismica. Vi sono molti esempi di gravi incendi attivati da un terremoto (figure 2.17 e 2.18), come quelli di San Francisco (1906 e 1989), di Tokio (1923) e di Napier in Nuova Zelanda
(1931), si vedano Botting (1998) e Steinbrugge (1982).
Vi sono tre fattori principali che aggravano il problema di un incendio dopo un terremoto. La probabilità di accensione è elevata a causa di mobilio rovesciato, guasti elettrici e spostamento di apparecchiature ad alta temperatura. Gli impianti di protezione
antincendio attivi e passivi possono essere danneggiati dal terremoto e la probabilità di
un pronto intervento da parte dei vigili del fuoco è molto minore che in condizioni
normali (Scawthorn, 1992).
I sistemi di estinzione attivi – come i nebulizzatori automatici – sono fonte di particolare preoccupazione a causa del crescente affidamento fatto su di essi per la sicurezza antincendio dei grandi edifici moderni. Vi è un’elevata probabilità che i nebulizzatori non
possano intervenire a causa degli eventuali danni provocati dal terremoto alle condutture
interne all’edificio o della messa fuori uso dei rifornimenti idrici cittadini.
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CAPITOLO 2
Figura 2.17 Danni da incendio a seguito del terremoto di San Francisco nel 1906 (Riproduzione
da Walker , 1982, su autorizzazione della Bancroft Library).
Per questi motivi, in zona sismica maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta al contenimento passivo del fuoco ed alla resistenza strutturale all’alta temperatura, soprattutto
negli edifici alti o grandi, dove potrebbero esistere notevoli pericoli per la vita o i beni
materiali.
2.7.2
Incendi durante la costruzione e le ristrutturazioni
La possibilità che un incendio si verifichi durante il processo di costruzione o durante le
ristrutturazioni è spesso trascurata, nonostante le molte perdite dovute a gravi incendi di
questo tipo. Il rischio d’incendio è di solito maggiore durante la costruzione di un edificio
che non in esercizio, a causa del maggior numero di fonti di accensione e dell’incompletezza delle misure di protezione antincendio.
Si sono registrati molti casi di accensione dovuti a lavori di taglio o saldatura durante
la costruzione, con conseguenti notevoli danni per incendio. Infatti, in generale durante la
costruzione i sistemi antincendio non sono ancora completamente funzionanti e comunque non sono ancora attivi, in attesa del completamento dei lavori. Inoltre, le protezioni di
tipo passivo (come la sigillatura al fuoco e i rivestimenti antincendio) vengono montate
solo in una fase piuttosto avanzata del processo costruttivo.
La probabilità di danni da incendio durante la costruzione può essere ridotta mediante
la messa a punto di un piano di sicurezza, che quantifichi i rischi, tenga conto delle condizioni dell’edificio in ciascuna fase del processo costruttivo, e renda quanto prima operativi
i sistemi attivi e passivi di protezione antincendio.
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Figura 2.18 Uno dei grandi incendi che distrussero molti edifici dopo il terremoto di
Hanshin-Awaji (Kobe, Giappone, 1995).
Ristrutturazioni mal eseguite possono ridurre la sicurezza antincendio di un edificio.
Esistono molti casi documentati di incendi propagatisi attraverso vani nascosti, creati
durante le ristrutturazioni e non protetti dall’incendio. Inoltre, gli addetti alla ristrutturazione possono danneggiare o rimuovere i dispositivi di sicurezza antincendio passivi,
non essendo consapevoli della loro importanza. Per esempio, nuove utenze dell’edificio
installate al di sopra delle controsoffittature possono penetrare – senza sigillature – attraverso importanti paratie tagliafuoco, creando in tal modo percorsi preferenziali per la
propagazione nascosta del fuoco e del fumo. Queste criticità possono essere evidenziate
solo grazie ad attente ispezioni.
2.7.3
Valutazione e riparazione dei danni da incendio
Gli ingegneri strutturali hanno spesso la responsabilità di esprimersi sulle possibilità di
riutilizzo o riparazione degli edifici danneggiati da incendio. Se vi è pericolo di collasso
locale, occorre preoccuparsi immediatamente della stabilità di ciò che è rimasto
dell’edificio colpito dal fuoco. Spesso il proprietario vuole sapere se l’edificio danneggiato
potrà essere ripristinato, nel qual caso occorrerà un’indagine più completa.
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CAPITOLO 2
Tabella 2.2 Temperatura di fusione di vari materiali (tratta da Gustaferro e Martin, 1988).
Materiale
Polietilene
Piombo
Zinco
Leghe d’alluminio
Alluminio
Vetro
Argento
Ottone e bronzo
Rame
Ghisa
Acciaio
Temperatura di fusione (°C)
110-120
330
420
500-650
650
600-750
950
850-1000
1100
1150-1300
>1400
Ispezione
È molto importante fare un tempestivo sopralluogo sulla scena dell’incendio, mentre sono
ancora visibili le macerie e i danni non strutturali. Questi sopralluoghi possono fornire informazioni essenziali sull’estensione dell’incendio, sulle zone dove la combustione è stata
più violenta e sulle temperature massime raggiunte. È inoltre importante ripetere la visita
quando - rimosse le macerie e gli elementi non strutturali - diviene possibile effettuare ispezioni più approfondite sugli elementi strutturali e verificare i dettagli dei relativi collegamenti, per individuare eventuali fessure nel calcestruzzo, danni nei collegamenti saldati
o deformazioni nei bulloni.
Le temperature massime raggiunte localmente dall’incendio possono essere stimate osservando i materiali che si sono fusi. Nella tabella 2.2 sono riportate le temperature di fusione di
diversi materiali. La durata del periodo di completo sviluppo dell’incendio può essere stimata
in maniera approssimativa sulla base della dimensione residua dei grandi elementi in legno
che si sono carbonizzati (velocità di carbonizzazione di circa 0,6 mm/min), così come è riportato nel Capitolo 10. La maggior parte dei danni significativi provocati dall’incendio è di
solito subito visibile. Ad eccezione della perdita di resistenza dei materiali dovuta alla temperatura, i danni più rilevanti si presentano di norma come deformazioni generalizzate o locali,
sfaldamento del calcestruzzo o carbonizzazione del legno. La maggior parte degli elementi
deformatisi durante l’incendio dovrà essere sostituita, a meno che le deformazioni siano ininfluenti sul riutilizzo dell’edificio. Le deformazioni possono essere valutate attraverso
l’osservazione delle linee di fuga degli elementi rettilinei o utilizzando apposite attrezzature.
Occorre anche tenere conto delle eventuali deformazioni preesistenti all’incendio. Se la maggioranza degli elementi strutturali presenta significative deformazioni, potrebbe rendersi necessaria la demolizione dell’intera struttura.
Acciaio
Gli elementi in acciaio privi di protezione al fuoco subiscono spesso grandi deformazioni
durante gli incendi completamente sviluppati, mentre gli elementi ben protetti di solito non
mostrano danni, al punto che nella maggior parte dei casi non sono necessarie particolari
verifiche, tanto più se è possibile controllare l’assenza di distorsioni (ad esempio di spigoli
non più rettilinei) dopo il raffreddamento (Tide, 1998). I tipi più comuni di acciaio strutturale non subiscono significative perdite di resistenza a raffreddamento avvenuto, purchè la
temperatura massima raggiunta durante l’incendio non abbia superato i 600°C. Il riscalda-
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mento a temperature più elevate può portare a riduzioni di resistenza non trascurabili,
maggiori per gli acciai ad alta resistenza in lega con altri elementi come il vanadio e il niobio, minori per gli acciai al carbonio, maggiori per i prodotti lavorati a freddo o sottoposti
a trattamento termico (ad esempio di tempra), minori per quelli lavorati a caldo. La verifica
della riduzione di resistenza viene effettuata con prove di durezza o di trazione su piccoli
campioni. Molti tipi di bulloni ad alta resistenza – sottoposti a trattamento termico per migliorarne le caratteristiche meccaniche – sono passibili di perdite di resistenza non trascurabili dopo il ciclo di riscaldamento e di raffreddamento che accompagna l’incendio; tuttavia, tali bulloni possono essere sostituiti senza difficoltà. Linee guida al riguardo si trovano
in Kirby et al. (1993).
Calcestruzzo e muratura
In generale le strutture in calcestruzzo si comportano bene in caso d’incendio. Tuttavia, le
solette e le travature che presentino eccessive deformazioni vanno sostituite. Analogamente, il calcestruzzo di rivestimento - che si sia sfaldato o sia fortemente fessurato - va sostituito con calcestruzzo gettato in opera (in apposite casseforme) o spruzzato; se necessario,
si possono inserire ulteriori armature. Gli elementi in calcestruzzo che non mostrano danni
visibili possono aver subito riduzioni di resistenza a causa delle temperature elevate raggiunte dal calcestruzzo e dall’armatura. Le tipiche armature in acciaio al carbonio (“dolce”) recuperano durante il raffreddamento pressochè tutta la resistenza perduta a caldo. Viceversa, gli acciai ad alta resistenza, usati soprattutto per trefoli e barre da precompressione
(che sono stirati a freddo), risentono molto delle temperature elevate già a partire da 250300°C, al punto che dopo un ciclo termico a 500°C (600°C) manifestano perdite di resistenza dell’ordine del 30% (50%), si veda Gustaferro e Martin (1988).
La perdita di resistenza del calcestruzzo preoccupa solitamente meno di quella
dell’armatura. Infatti, la zona influenzata dal calore non è in genere molto profonda grazie
alla bassa diffusività termica del calcestruzzo. Negli elementi semplicemente appoggiati
ed inflessi, la parte compressa della sezione (spesso collaborante con la soletta) non è di
norma sottoposta a elevate temperature. La perdita di resistenza del calcestruzzo in prossimità della superficie riscaldata può essere valutata mediante sclerometro o altre prove
(Purkiss, 1996; Colombo e Felicetti, 2007). Alcuni tipi di calcestruzzo cambiano di colore
con la temperatura, ma molto dipende dal tipo di aggregato, come ha osservato Marchant
(1972) descrivendo una possibile procedura per il ripristino di edifici in calcestruzzo armato danneggiati dall’incendio. Il calcestruzzo ordinario riscaldato a meno di 300°C non
presenta modifiche di colore, ma assume colore rosato oppure grigio-biancastro oppure
bruno-giallastro se riscaldato rispettivamente a 300-600°C, a 600-950°C, e oltre 950°C. Il
calcestruzzo esposto al fuoco non subisce significative perdite di resistenza residua per
temperature inferiori a 300-400°C, mentre per temperature più elevate la perdita di resistenza è simile a quella indicata nella figura 9.14. Durante il raffreddamento il calcestruzzo si danneggia ulteriormente (per l’incompatibilità termica dell’aggregato e della malta
cementizia, non più mitigata dalla viscosità termica transitoria, attiva solo in fase di primo
riscaldamento), perdendo ulteriormente di resistenza (-15/20% rispetto alla resistenza a
caldo), ma successivamente si ha un lento ricupero, che richiede molti mesi e che non
permette di raggiungere la resistenza originaria (Lie, 1992; Felicetti e Gambarova, 1998).
I mattoni refrattari subiscono perdite di resistenza molto ridotte dopo il riscaldamento
a temperature fino a 1000°C, mentre la malta cementizia subisce danni limitati. La muratura in calcestruzzo va valutata allo stesso modo del calcestruzzo.
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CAPITOLO 2
Legno
Il legno partecipa alla combustione bruciando, e quindi i danni prodotti dall’incendio alle
superfici in legno sono immediatamente riconoscibili. Dopo l’incendio, gli elementi strutturali in legno massiccio, come travi, colonne e solette piene, presentano la superficie carbonizzata, ma il materiale del nucleo non è danneggiato (si veda il Capitolo 10). Si può
quindi ritenere che il legno del nucleo inviluppato dallo strato carbonizzato mantenga intatta la sua resistenza. La sezione resistente del nucleo può essere identificata asportando lo
strato carbonizzato e ogni parte di legno che abbia cambiato colore in modo significativo.
Gli elementi di legno esposti al fuoco tendono a deformarsi meno degli equivalenti elementi in acciaio.
Gli elementi in legno danneggiati dall’incendio non debbono essere sostituiti se la sezione retta residua (= sezione del nucleo non carbonizzato) presenta capacità resistente
adeguata rispetto ai carichi di progetto. In tali casi, per garantire – dopo l’incendio - la
stessa sicurezza al fuoco della struttura originaria, è bene applicare una protezione supplementare, ad esempio in lastre di cartongesso, che assumono lo stesso compito “sacrificale” dello strato superficiale ligneo, carbonizzato e rimosso. Tuttavia, gli elementi fortemente danneggiati vanno sostituiti, mentre gli elementi affetti da danni modesti vanno
rinforzati, ad esempio incollando lamine lignee sul nucleo non danneggiato.
Le strutture leggere dei telai in legno sono in genere protette dal fuoco mediante rivestimenti con materiali quali il cartongesso (si veda il Capitolo 11). Dopo un incendio grave, i rivestimenti applicati all’intradosso del soffitto e lungo le pareti esposte direttamente
al fuoco risultano di norma danneggiati, con possibilità di stacchi più o meno generalizzati, dovuti all’effetto del fuoco o dello spegnimento. I rivestimenti danneggiati vanno rimossi per verificare i danni ai montanti delle pareti e ai travetti dei solai. Comunque, le
parti lignee carbonizzate presentano inevitabilmente capacità portante ridotta, ed è quindi
necessario ricorrere al calcolo per valutarne la resistenza residua.
L’osservazione dello stato residuale del cartongesso può fornire indicazioni utili sulla
durata dell’incendio nella fase di completo sviluppo. Infatti il cartongesso esposto al fuoco si disidrata uniformemente a partire dalla superficie calda. La profondità di disidratazione può essere valutata asportando un pezzetto di cartongesso e spezzandolo, in modo
da individuare la transizione tra il gesso morbido anidro e quello compatto del materiale
originario. Il normale cartongesso si disidrata a una velocità di circa 0,5 mm/min.
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