Review n. 4 – Italus Hortus 13 (4), 2006: 3-16
Gli Erbari, tra medicina e botanica1
Jules Janick*
Department of Horticulture & Landscape Architecture, Purdue University, 625 Agriculture Mall Drive,
West Lafayette, IN 47907-2010, USA
Data di ricezione: 20 giugno 2006; data di accettazione: 30 giugno 2006
Herbals: the connection between
plants and medicine
Abstract. The prehistoric discovery that certain
plants cause harm and others have curative powers is
the origin of the healing professions and its practitioners (priest, physician, and apothecary), as well as
professions devoted to plants (botany and horticulture). The description of plants and their properties and
virtues (termed herbals in the 16th century) became
an invaluable resource for the physician and apothecary. The earliest medico-botanical treatises date to
antiquity. A Sumerian tablet from about 2100 BCE
(before current era) contains a dozen prescriptions
and proscribes plant sources. In China, the Pen T’Sao
Ching, assumed to be authored by the legendary
Emperor Shen Nung in “2700 BCE,” but probably written in the first century, contains about 100 herbal
remedies. The Ebers Papyrus, a medical treatise from
ancient Egypt dates to 1550 BCE but contains material from 5 to 20 centuries earlier. In Greece, the great
botanical treatise Enquiry into Plants of Theophrastus,
devotes book IX to the medicinal value of herbs. The
herbal De Materia Medica by Pedanios Dioscorides of
Anazarba, a Roman army physician, written in the
year 65, the most famous ever written, was slavishly
referred to, copied, and commented on for 1500
years. The great epoch of printed herbals appeared in
the 16th century of which the most notable are: Das
Buch zu Distillieren (1500) by Hieronymus
Brunschwig; Herbarum Vivae Eicones (1530, 1532,
1536) by Otto Brunfel; Kreüter Buch (1542) by
Hieronymus Bock; De Historias Stirpium (1542) of
Leonhart Fuchs; New Herball (1551, 1562, 1568) by
William Turner; Commentarii “on Dioscorides” (1544)
by Pier Andrea Mattioli; Crôÿdeboeck (1554) by
Rembert Dodoens; and the Herball (1597) by John
Gerard. Botany and medicine were essentially in step
until the 17th century when both arts turned scientific
and, at this juncture, botanical works would essentially
ignore medicinal uses while medical works were
1
Traduzione ed adattamento del testo a cura di Francesco Ferrini. Il testo è
tratto da un articolo pubblicato originariamente su HortTechnology AprilJune 2003 13(2) e da un seminario tenuto dal Prof. Janick all’Accademia
dei Georgofili il 6 dicembre 2005.
*
devoid of plant lore. Yet, the medicinal use of herbs
continues as an alternate form of medicine and
remains popular in various forms to the present day
despite the questionable efficacy of many popular
herbs and the reliance of many herbal recommendations on superstition and astrology. The fact that most
drugs were originally plant-based has encouraged a
new look at the medicinal properties of plants.
Introduzione
Gli uomini preistorici avevano già empiricamente
determinato gli usi potenziali delle piante che li circondavano. Attraverso prove ed errori trovarono piante che erano gradevoli o disgustose, commestibili o
velenose, che potevano guarire o uccidere, potevano
indurre sonno, visioni o euforia, o che potevano alleviare sintomi di disagio che andavano dalla costipazione all’ansia. Già nell’antichità più remota, infatti,
si faceva ricorso a piante con gusti ed aroma forti
(erbe aromatiche ed spezie) per alleviare le malattie e
per migliorare il cibo. La scoperta che certe piante
sono commestibili o hanno poteri curativi ed altre che,
invece, sono immangiabili o possono causare alterazioni più o meno gravi è all’origine delle professioni
curative e dei loro praticanti - preti, medici e farmacisti - e delle discipline scientifiche più strettamente
legate alle piante - botanica ed orticoltura (intesa, quest’ultima, nell’accezione inglese del termine horticul ture che ha un significato molto più ampio dell’italiano orticoltura, comprendendo anche la coltivazione, e
le attività a questa connesse, delle piante ornamentali
e da frutto).
Le prime arti mediche erano associate alla ricerca e
alla conoscenza delle sostanze curative così come alla
magia e alla religione. Per comprendere l’ignoto, gli
uomini crearono una panoplia di dei, spiriti e forze
sovrannaturali, molte delle quali associate con animali
e piante, di cui presero la forma per essere venerate. Il
culto della fertilità, una credenza quasi universale
degli uomini preistorici, fu simboleggiato da alberi o
animali e da questo deriva l’Albero della Vita,
l’Albero Sacro, il Culto del Toro ed i sacrifici animali.
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Janick
La conoscenza del potere curativo di piante divenne una speciale vocazione dei religiosi e dei maghi ed
una fonte di potere. Per moltissimi anni, il ruolo dei
religiosi e dei medici furono combinati e questa commistione di ruoli esiste tuttora nella forma di stregone,
sciamano, esorcista e nel cosiddetto “uomo della
medicina”.
La parola farmacia si origina, infatti, dall’antico
termine egizio pharmaki e dal greco pharmakon ed è
correlato ad un’altra parola egizia pharagia, che significa l’arte di fare magie.
Nel tempo, la professione di guaritore si divise in
professioni separate, medici e preti, sebbene ci siano
molti che desidererebbero ricomporre questa dicotomia attraverso mezzi alquanto diversi, da Mary Baker
Eddy (1821-1910), fondatrice della Scienza Cristiana,
a Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi e, più
recentemente, vari praticanti di metodi curativi alternativi conosciuti sotto lo pseudonimo di medicina olistica.
La separazione della professione medica dalla
superstizione e religione, avvenuta attraverso una continua e sistematica acquisizione di conoscenze, da
prima empiriche e poi sperimentali, ha reso la medicina una disciplina strettamente scientifica (Singer,
1958). La base degli studi razionali delle arti mediche
fu la percezione che le malattie e le alterazioni erano
determinate da cause naturali e non soprannaturali.
Questo concetto non è ancora del tutto ovvio ed è in
qualche maniera contro-intuitivo; molti credono ancora che la malattia sia dovuta più ad un castigo che non
a cause naturali. I religiosi, sebbene si attengano ancora al concetto che la religione controlla il potere curativo, hanno rinunciato dall’essere dispensatori di cure.
Tuttavia, molti ancora sostengono che l’esito di molte
malattie potrebbe dipendere dai capricci della mente o
da alti poteri. In conseguenza di ciò, cure miracolose,
il potere delle reliquie, sortilegi, preghiera, unzioni,
una volta merce degli sciamani, rimangono ancora
come una forza nelle credenze religiose, specialmente
quando la medicina si dimostra impotente.
Nella storia della medicina, dall’antichità al presente, le piante, intere o parte di esse, sono state una
delle principali fonti di principi attivi per la preparazione di medicinali. Si stima che, attualmente, il 70%
delle medicine sia derivato più o meno direttamente
dalle piante. Infatti, sebbene le piante siano organismi
relativamente semplici rispetto agli animali, questa
semplicità di forme è compensata da una biochimica
alquanto complessa, gran parte della quale è dedicata
a repellere i loro patogeni o predatori. È questa caratteristica delle piante ad essere stata esplorata per la
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produzione di medicine o di sostanze funzionali alla
salute umana. In conseguenza di ciò, la coltivazione
delle piante e la medicina sono da sempre collegate.
Queste conoscenze sono state trasmesse a noi per
mezzo di libri e trattati conosciuti come erbari, contenenti i nomi e le descrizioni di piante con le loro proprietà e virtù medicinali (Singer, 1923; 1927). Questi
hanno avuto ed hanno tuttora una lunga tradizione in
molte culture, antiche e moderne e rappresentano il
legame vitale fra la botanica e medicina, orticoltura e
salute. La storia degli erbari qui presentata trae spunto
da quattro fonti principali: Anderson (1977), Arber
(1938), Blunt e Raphael (1979), Singer (1958).
L’antichità
Le antiche civiltà del Medio Oriente, dell’Estremo
Oriente e dell’America
I primi esempi di civiltà avvennero indipendentemente in varie parti del mondo, incluse la Valle del
Tigri e dell’Eufrate, la Valle del Nilo, la Valle
dell’Indù, l’Estremo Oriente e l’America centrale.
Tutte le agricolture sviluppate si basavano sulle coltivazione delle piante. Le prime civiltà ebbero origine,
come sappiamo, in Sumeria, l’antica civiltà della
Fertile Mezzaluna (4500 a.C.), e si unirono nelle successive civiltà dell’Accadia, Babilonia, Assiria e
Giudea. I Sumeri erano popolazioni non semitiche che
si stanziarono nella Mesopotamia meridionale e svilupparono le città di Nippur, Lagash, Larsa e Ur. Essi
furono i primi a sviluppare un sistema di scrittura
usando impressioni cuneiformi o a forma appuntita su
tavolette di argilla la cui datazione risale al 3000 a.C.,
inizio della storia scritta. I Sumeri introdussero la
prima forma di agricoltura irrigata in modo sistematico ed esistono riferimenti a piante utilizzate a scopi
curativi. Il primo compendio farmaceutico è una tavoletta cuneiforme scoperta a Nippur fatta risalire al
2100 a.C., consistente in un set di formule e indicazioni per la preparazione (fig. 1). Le popolazioni semitiche si stanziarono nel Nord della Sumeria. Il leggendario Sargon I, fondatore dell’impero AccadicoSumerico intorno al 2500 a.C., scoperto come Mosè
in un cesto di cannucce, divenne un giardiniere e fu
poi premiato con la sovranità dal dio Ishtar. Nel Nord,
su entrambe le rive del Tigri, i guerrieri Assiri si stabilizzarono intorno al 3000 a.C. e fondarono città
come Ashur e Ninive. La prima medicina assiro-babilonese fu largamente dominata dalla credenza dei
segni e dei presagi che coinvolgevano i religiosi, sia
come indovini sia come esorcisti, seppure includesse
anche trattamenti medicinali. L’esame delle tavolette
Gli Erbari, tra medicina e botanica
Fig. 1 - La tavola sumerica in caratteri cuneiformi scoperta a
Nipur databile al 2100 aC è il più antico testo di medicina
conosciuto. Le nozioni scritte potrebbero essere anche più antiche
di circa un millennio. Un’interpretazione induce il praticante a
“polverizzare la corteccia di pero (?) e l’albero della luna; quindi
metterli in infuso con vino kushumma e lasciare che resina e
resina calda di cedro si spandano” (Cowen and Helfand, 1988;
Kramer, 1954).
Fig. 1 - A Sumerian cuneiform tablet discovered at Nipur and
pressed into clay circa 2100 BCE is the earliest known medical
text. The contents may be older, perhaps by as much as a
millennium. One translation directs the practitioner to “pulverize
the bark of pear (?) tree and the “moon” plant; infuse it with
kushumma wine, let tree oil and hot cedar oil be spread over it.”
(Cowen and Helfand, 1988; Kramer, 1954).
di argilla nella biblioteca del re Assurbanipal (ultimo
grande re di Assiria, 668-626 a.C.) contribuì ad identificare 128 farmaci minerali e 250 farmaci vegetali
comprendenti assafetida (Ferula assa-foetida), ferula
(Ferula communis), calamo (Acorus calamus), canapa
(considerata un antidepressivo), ricino, croco, galbano
(Ferula galbaniflua), liquirizia (Glycyrrhiza glabra),
elleboro, Mandragora (Mandragora officinalis, syn.
M. officinarum, M. autumnalis), menta, mirra, oppio,
trementina di pino, benzoino (Styrax benzoin) e timo.
Le informazioni provenienti dalla Giudea sono
pervenuti a noi intatte attraverso le bibbie Ebraica e
Cristiana che sono una preziosissima fonte di informazioni sulle erbe medicinali e sulle spezie.
L’uso di piante per scopi medicinali era diffuso
anche presso le civiltà della Valle dell’Indù,
nell’Estremo Oriente e nell’America Centrale
(Rosengarten, 1973). Nella leggenda Cinese,
l’Imperatore Shen Nung, il “Divino Coltivatore” e
fondatore della medicina Cinese, fu l’autore del Pen
Ts’ao Ching (il Classico Erbario) nel 2700 aC Questo
antichissimo erbario menziona più di 100 piante
medicinali, includendo la cassia, ma fu probabilmente
compilato nel primo secolo, sebbene contenga informazioni di secoli precedenti. La cassia è menzionata
da Confucio (551-479 a.C.) e nel Ch’u Ssu (Elegia di
Ch’u) del quarto secolo a.C.. Il più completo Erbario
Cinese, dal titolo Ts’ao Kang Mou fu pubblicato per
la prima volta da Li Shih Cen nel 1596. Il compendio
Tsao Kang-mou, attribuito ad una codificazione fatta
per ordine dell’Imperatore Shemmeng nel 2697 a.C.,
contiene 8.160 formule, preparate con 1.871 sostanze
del tipo di corno di cervo, pelo di tigre e carne di serpente.
Tracce di erbari utilizzati in India con liste di piante alle quali veniva attribuito valore terapeutico si
fanno risalire al 500 a.C.. Scritti medici di Cahraka (I
secolo d.C.) e Susruta II (II secolo d.C.) fanno riferimento ad erbe medicinali ed a spezie. Un erbaio
Azteco, compilato nel 1522 da De la Cruz-Badiano,
include piante allucinogene come il peyote
(Lophophora williamsii Lem. ex SD).
L’Antico Egitto ed il Papiro di Ebers
L’Egitto ha una continua documentazione relativa
a 6.000 anni di storia grazie ad un’agricoltura unica e
produttiva (Janick, 2002), già tecnologicamente avanzata. Vi è una connessione diretta fra la medicina e la
tradizione delle piante nell’Antico Egitto. Un trattato
di medicina saccheggiato da una tomba della XVIII
dinastia ed acquistato da un professore tedesco,
George Ebers nel 1862, per l’allora enorme somma di
8.000 dollari, è forse il primo trattato conosciuto sulla
medicina. Il Papiro di Ebers, datato intorno al 1550
a.C., è una collezione di 811 prescrizioni, costellato di
diagnosi, sintomi, descrizioni fisiologiche dell’azione
del cuore e si conclude con i trattamenti chirurgici di
ferite e piaghe (Bryan, 1936; Sonnedecker, 1976). Il
manoscritto, un rotolo di carta largo 30 cm e lungo 20
metri, consiste di circa 3.000 righe di testo scritto in
un corsivo chiamato Ieratico (fig. 2). Il testo, inframmezzato di formule magiche e incantesimi, è una raccolta che contiene scampoli di precedente materiale;
in un passaggio esso fa supporre che la sua origine sia
relativa alla prima dinastia, circa 3400 a.C.
Alcune delle “ricette” sembrano abbastanza fantasiose e sono composte da una mistura di varie sostanze tra cui parti di pianta, di insetti o altri animali e di
minerali. Erano efficaci? Sembra improbabile che
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Janick
Fig. 2 - Papiro di Ebers, in alfabeto Ieratico, 1530 a.C.
Bryan (1936).
Fig. 2 - The Ebers Papyrus in Hieratic script, 1530 BCE.
Source: Bryan (1936).
molte di esse lo fossero; ma in molte altre è abbastanza chiaro che un effetto terapeutico potesse essere
dovuto ad almeno uno degli ingredienti. Per esempio
vi si trovano alcuni rimedi per curare la costipazione
che includono l’olio di ricino, mentre il papavero era
prescritto per indurre il sonno. Il croco autunnale, la
fonte della colchicina, è inoltre prescritto nella medicina diuretica, ma non è chiaro se il suo uso come
rimedio per la gotta fosse conosciuto. Altro materiale
vegetale includeva acanto, acacia, aloe, balsamina
(Tanacetum balsamita), orzo, cumino, cedro, coriandolo, croco, cetriolo, dattero, sambuco, fava, finocchio, fico, aglio, vite, ginepro, lattuga, semi di lino,
menta, gelso, nasturzio, cipolla, palma, papiro, menta
piperita, melograno, papavero, zafferano, sicomoro,
cocomero, grano, salice, assenzio e giuggiolo ebraico
(Zizyphus lotus).
Molte ricette erano complesse ed attentamente proporzionate. Si somministravano come gargarismi, inalazioni, suffumigi, supposte, enteroclismi, cataplasmi,
decotti, infusioni, pillole, pastiglie, lozioni, unguenti.
Grecia e Roma
La civiltà greca, una delle fondamenta della civilizzazione occidentale, è la culla della filosofia. La
filosofia greca è volta alla ricerca di spiegazioni di
eventi del mondo naturale, includendo quindi anche le
arti curative. Analogamente a quanto visto per le
prime civiltà, anche in Grecia le arti curative si rifanno a credenze religiose. Nel VII secolo a.C., Asclepio
(Esculapio a Roma, dio patrono della medicina) aiutato dalle sue due figlie, Igea e Panacea, rimpiazzò
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Apollo come il più grande degli dei guaritori ed in suo
onore furono eretti templi per favorire la guarigione
dei malati. Leggenda vuole che il centauro Chitone
insegnò ad Asclepio le conoscenze farmacologiche
relative alle piante medicinali.
Ippocrate (460-370 a.C.), il creatore della scuola
greca di medicina curativa, fu il primo ad esporre la
teoria che le malattie hanno un’origine naturale anziché sovrannaturale. Basandosi sul colore e sul pallore
delle persone malate, la malattia fu considerata come
uno squilibrio dei quattro umori: sangue, flemma, bile
gialla e bile nera, un concetto che ha influenzato la
medicina per 2000 anni. Un’enfasi curativa fu riposta
sulle purghe, nel tentativo di purificare il corpo dalle
malattie che producevano eccessi di umori. L’uso di
erbe medicinali non era ignorato ed erano conosciute
circa 200-400 erbe. Associato alla Scuola di
Ippocrate, ma in realtà ad essa precedente, fu un gruppo di esperti di piante medicinali (Rhizotomist, letteralmente scavatori di radici o raccoglitori di erbe) che
raccoglievano radici di piante indigene e le vendevano
come prodotti farmaceutici (fig. 3). Il primo erbario
greco, scritto nel III secolo a.C. da Diocle e Caristo,
non è più esistente, ma alcuni frammenti da un erbario
illustrato di Crateua (un Rhizotomist) sono giunti fino
a noi dal I secolo a.C.
La Historia de Plantes ed il De Causis Plantarum di
Teofrasto
I due trattati botanici di Teofrasto di Ereso (372-
Fig. 3 - Raccoglitori di erbe (Apuleius Platonicus, erbario circa
1200). Blunt e Raphael (1979).
Fig. 3 - Rhizotomists gathering herbs (Apuleius Platonicus herbal
circa 1200). Source: Blunt and Raphael (1979).
Gli Erbari, tra medicina e botanica
287 a.C.) (fig. 4) sono sopravvissuti nelle traduzioni e
rappresentano la più grande fonte di informazioni
botaniche ed agrarie dell’antichità. Teofrasto di Ereso
fu uno studente e successore di Aristotele come capo
del Lyceum, una combinazione di scuola, museo e
centro di ricerca sotto il patrocinio di Alessandro. I
lavori botanici di Aristotele sono andati perduti ma i
due trattati Historia de Plantes ed il De Causis
Plantarum rappresentano il culmine di un millennio di
esperienze, osservazioni e scienza dall’Egitto alla
Mesopotamia. Sebbene contengano informazioni sulla
farmacopea, non sono erbari nel senso tradizionale,
ma appaiono come l’equivalente di letture contenenti
osservazioni empiriche sulle discipline scientifiche
vegetali, ciò che noi oggi consideriamo la morfologia
delle piante, la classificazione, propagazione per seme
o vegetativa, geobotanica, selvicoltura, orticoltura
(sensu lato), malattie e aromi e sapori delle piante.
Il libro IX della Historia tratta di erbe come medicine, la parte di pianta usata, i metodi di raccolta ed i
loro effetti su uomo e animali; include esempi di tecniche valide imparate con metodo empirico o da
osservazioni, riferimenti ad altri Autori, così come
pratiche legate a superstizione. Sebbene il lavoro di
Teofrasto fu perduto prima del Rinascimento, il
manoscritto è stato fortunatamente conservato in Siria
e successivamente tradotto in Arabo e, da questo, in
Latino.
Il De Materia Medica di Dioscoride
Ben poco è conosciuto su Pedanius Dioscorides
(fig. 5), nome latinizzato di Pedianos Dioskurides (2070 d.C.), nato ad Anazarbo, una città della Cilicia settentrionale nel sud-est dell’Asia Minore (Bassa
Armenia), vicino a Tarso, in quella che adesso è la
Fig. 4 - Teofrasto di Ereso. A sinistra: busto di epoca romana
(Janick, 1989). A destra: immagine tratta dall’Erbario di Gerard,
2a ed. (1633).
Fig. 4 - Theophrastus of Eresos. Left: Portrait Roman bust
(Janick, 1989). Right: Image from Gerarde’s Herball, 2nd ed.
(1633).
parte sud-orientale della Turchia. Dioscoride serviva
nell’esercito romano, forse come medico militare, e
viaggiò estesamente.
Fig. 5 - Pedaniius Dioscorides (circa 20-70 d.C.). A. Dioscoride
riceve la mandragola (Mandragora officinalis) dalla ninfa Epinoia
perché la faccia dipingere da Krateuas. Da Materia Medica di
Dioscoride in Codex Vindobonensis, 512 d.C. circa. Raphael
(1979). B. Stessa scena disegnata da Singer (1958). C. Epinoia
mostra la mandragola (Mandragora officinalis) a Dioscoride
(destra) e Krateuas (sinistra) nel Codex Vindobonensis.
Christopher (1981). D. Ancora la scena mostrata in B, disegnata
da Martha Breen (Bredemeyer). D’Andrea (1982). E. Immagine di
Dioscoride tratta da Herbarium Vivae Eiconesi di Brunfel (1530).
Anderson (1977). F. Immagine di Dioscoride tratta dall’Erbario di
Gerard, 2a ed. (1633). Johnson (1633).
Fig. 5 - Pedaniius Dioscorides (circa 20-70 CE). A. Dioscorides
receiving mandrake (Mandragora officinalis) from the nymph
Epinoia for Krateuas to paint. From Codex Vindobonensis, of
Dioscorides’ Materia Medica, about 512 CE. Source: Raphael
(1979). B. Scene in A traced by Singer (1958). C. Epinoia shows
the mandrake to Dioscorides (right) and Krateuas (left) in the
Codex Vindobonensis. Source: Christopher (1981). D. Scene in B
drawn by Martha Breen (Bredemeyer). Source: D’Andrea (1982)
E. Dioscorides from title page of Brunfel’s Herbarium Vivae
Eicones, 1530. Source: Anderson (1977). F. Dioscorides from title
page of Gerarde’s Herball (1633), 2nd edition. Source: Johnson
(1633).
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Janick
La sua accattivante fama risiede nel suo unico
lavoro conosciuto, una raccolta intitolata Perì hýles
iatrikês concernente circa 500 piante scritta in Greco
nell’anno 65, adesso conosciuta con il titolo latino De
Materia Medica. L’opera contiene descrizioni di piante delle quali fornisce origine e virtù medicinali. Il
lavoro fu tradotto in Siriano e successivamente in
Arabo e Persiano e divenne un importante testo nel
mondo Musulmano. In Europa fu tradotto in Latino e
durante il Rinascimento tradotto con commenti in
Italiano, Tedesco, Francese, Spagnolo e Boemo. Tra il
1652 ed il 1655, il botanico inglese John Goodyer lo
tradusse in Inglese, ma questa versione rimase non
pubblicata fino al XX secolo (Gunther, 1934).
L’opera di Dioscoride, divisa in cinque libri e probabilmente non illustrata, è giunta a noi attraverso una
vasta tradizione manoscritta. Il De Materia Medica si
occupa degli elementi semplici, principalmente di
piante dalle virtù terapeutiche ma anche di sostanze
animali e di minerali e delle qualità medicamentose
dei diversi tipi di vini ed aceti utilizzati per confezionare farmaci.
Sebbene il manoscritto originale non fosse illustrato, una magnifica copia (Codex Vindobonensis o
Codex Vondobonensis graecus) (fig. 6) con oltre 400
illustrazioni a colori fu pubblicato nel 512 per Juliana
Anicia, figlia di Flavius Anicius Olybrius che fu per
breve tempo Imperatore Romano d’Occidente prima
della sua morte avvenuta nel 472. Questo manoscritto
potrebbe essere la fonte originale di altre copie.
Successivamente il manoscritto originale passò attraverso diverse mani, che effettuarono correzioni e
aggiunsero i nomi in Turco, Arabo ed Ebraico; quest’ultima aggiunta fu sicuramente fatta dal suo ultimo
possessore, il medico ebreo Soleimano il Magnifico.
Nel 1562 l’ambasciatore in Turchia del Sacro
Romano Impero, Ogier Ghiselin de Busbecq (152292), famoso per l’introduzione di numerose specie, fra
le quali l’ippocastano, il lillà ed il tulipano dal Medio
Oriente all’Europa, notò l’esistenza del manoscritto,
ma non ne poté trattare il prezzo. Alla fine esso fu
acquistato, probabilmente dall’Imperatore del Sacro
Romano Impero Massimiliano II, e posto nella libreria
imperiale di Vienna ed è attualmente il libro più prezioso della Österreichische Nationalbibliothek.
Un’edizione facsimile fu pubblicata in 5 volumi dal
1965 al 1970.
Delle 500 piante descritte nel testo, circa 130 erano
state annotate in frammenti greci (collezione di
Ippocrate) parecchi secoli prima. In accordo con
Singer (1927), 44 essenze menzionate da Dioscoride
sopravvissero nella farmacopea europea fino al XX
secolo. Nonostante ci fosse poco nel libro che potesse
8
Fig. 6 - Disegni di Dioscoride. A. Vigna unguiculata; B. Ferula,
Codex Vindobonensis (512 dC circa). Arber (1938); C. Caglio
rolfino (Galium), geranio (Erodium) e Geranium; D. Alchechengi
(Physalis) e Tasso (Verbascum). Codex Neopolitanus, 7° secolo.
Blunt e Raphael (1979).
Fig. 6 - Images from Dioscorides. A. Cowpea; B. Ferula, Codex
Vindobonensis, about 512 CE. Source: Arber (1938); C. Lady’s
bedstraw (Galium), Cranesbill (Erodium), and Geranium; D.
Winter Cherry (Physalis) and Mulleins (Verbascum). Codex
Neopolitanus, 7th century. Source: Blunt and Raphael (1979).
essere interpretato come efficace, il lavoro di
Dioscoride divenne l’erbario scritto più influente ed è
rimasto l’autorità finale nell’arte farmaceutica per più
di 1500 anni.
De Materia Medica è propriamente considerato il
fondamento di tutta la letteratura erboristica. Quale fu
il motivo che, contrariamente a quanto avvenne con
lavoro di Teofrasto, lo rese così influente? In primo
luogo, come indicato nell’introduzione dello stesso
Dioscoride, fu chiaramente scritto come un trattato
medico che si rivolgeva direttamente ai bisogni del
paziente. Inoltre, è presentato in modo chiaro e concreto rispetto ai trattati botanici precedenti di
Teofrasto, che sono più didattici e scientifici, più interessati alle sole piante. In aggiunta, Dioscoride fece
uno sforzo per ridurre a sistema le conoscenze sulle
piante, raggruppandole per forma e origine, un metodo utilizzato fino a Linneo.
L’opera è stata tanto diffusa che di essa sono state
realizzate diverse redazioni e molteplici copie, a volte
modificate anche nella struttura, con l’obiettivo di
produrre manuali pratici, anche illustrati. Già due
secoli dopo la morte dell’autore esisteva una versione
rimaneggiata del trattato in cui le sostanze erano state
ordinate alfabeticamente (in aperta violazione del
Gli Erbari, tra medicina e botanica
disegno dioscorideo) ed il testo abbreviato e talora
modificato, per renderne più facile e rapida la consultazione. Alla descrizione di ciascuna pianta venne
inoltre premessa una ricca serie di sinonimi. La redazione alfabetica si è poi tramandata nei secoli insieme
con quella originale, dando luogo anch’essa ad una
ricca tradizione manoscritta.
Come detto, è probabile che le miniature siano
state aggiunte in un secondo momento al testo dioscorideo, originariamente non illustrato. Sembrerebbero
testimoniarlo tra l’altro l’assenza di qualsiasi rimando
nel testo alle immagini e l’esistenza di più filoni di
tradizione iconografica attestata da diversi manoscritti. È possibile che le miniature risalgano, almeno in
gran parte, all’erbario illustrato di Crateua (vedi
sotto).
La Historia Naturalis di Plinio
Plinio il Vecchio (23-79), il profilico autore di
Historia Naturalis, scrisse una monumentale enciclopedia della Scienza e dell’Ignoranza. La sua opera sul
mondo naturale è la più conosciuta ed è la maggior
fonte di riferimento per la storia naturale classica.
Sebbene noto per essere assai credulo, Plinio è un’incredibile fonte di informazione di ogni fatto concepibile e di leggende incluso un’ampia sezione sulle
piante curative e sui loro usi medicinali.
Molti dei trattati erboristici dell’antichità sono
andati perduti e ne conosciamo la loro esistenza dagli
scritti di altri, in particolare di Plinio. Egli cita che
Crateua, erborista e medico greco ai tempi di
Mitridate VI Eupatore, Re di Ponto dal 120 al 63 aC
(eroe di una delle prime opere di Mozart) descrisse la
natura di alcune erbe e le dipinse a colori (Plinio è tuttavia critico sulla loro qualità), creando così il primo
erbario illustrato.
Manoscritti medievali sull’Erboristeria
Dopo la caduta dell’Impero Romano nel VI secolo,
ci fu un declino nelle conoscenze del mondo occidentale ed un periodo di regressione, conosciuto come
Era Oscura.
Nei successivi 600 anni, il centro di gravità del
pensiero intellettuale si spostò verso il mondo
Musulmano, una conseguenza dell’invasione e conquista di Bisanzio. Studiosi ebrei e musulmani raccolsero manoscritti antichi, sviluppando scuole di
apprendimento scientifico e tecnologico e traducendo
i manoscritti dal Greco e dall’Arabo. Vestigia di questa erudizione persistevano, nel mondo occidentale,
nelle biblioteche dei monasteri, sebbene la Chiesa
Cristiana fosse più interessata alla teologia che alla
storia naturale.
La Physica di Ildegarda di Bingen (1099-1179) fu
il primo libro in cui una donna discuteva di piante in
relazione alle loro proprietà medicinali ed il primo
libro di storia naturale scritto in Germania. Ildegarda
fu un’autrice mistica e prolifica e badessa in un convento benedettino. La P h y s i c a, suo unico lavoro
scientifico, ebbe grande influenza sui botanici
Tedeschi del XVI secolo.
Albert Bollstat (1193-1280, conosciuto come
Alberto Magno o Alberto il Grande) (fig. 7) fu un
membro originario dell’ordine dei frati domenicani
che fondò scuole nel Centro Europeo di
Apprendimento. Egli fu responsabile per la traduzione
L’Erbario di Apuleius Platonicus
Un trattato erboristico derivato da Plinio e
Dioscoride, conosciuto come Erbario di Apuleius
Platonicus, potrebbe essere stato originariamente
scritto intorno al 400 d.C. ed esso fu la fonte di molti
erbari medievali illustrati.
Il testo è molto inferiore a quello di Dioscoride e le
illustrazioni sono grossolane, ma sembra abbia subito
molte revisioni e trasformazioni. La prima stesura del
manoscritto risale al VI secolo e fu tradotta in lingua
anglosassone nel secolo XI. L’erbario di Apuleius,
nonostante la sua qualità discutibile, ebbe un’influenza alquanto rilevante nel mondo medievale.
Fig. 7 - Alberto Magno (1193-1280).
Fig. 7 - Albertus Magnus (1193-1280).
9
Janick
di Aristotele e influenzò la ripresa di informazioni
botaniche e colturali basate sugli scritti dell’antichità
nel suo lavoro “Sulle piante”. Molti scrittori medievali
successivamente trassero ispirazione dalla tradizione
di Dioscoride e Plinio, sebbene la descrizione si ispirasse sempre più alla raffigurazione di piante viventi e
fossero fatti sforzi per conciliare gli scritti antichi con
la flora spontanea.
Dal XIV secolo, la tendenza verso i disegni naturalistici divenne palese, anche grazie all’influenza del
pensiero rinascimentale sulle arti e sul pensiero. Le
piante non erano più pedissequamente copiate dai
manoscritti passati, ma disegnate ex novo dagli artisti
che traevano ispirazione dalla flora locale.
Nel tardo Medioevo, il concetto di “dottrina dei
segni” si sviluppò nella teoria secondo la quale le qualità interne delle piante medicinali fossero rivelate da
segni esterni (fig. 8). Questo pensiero fu codificato da
scrittori mistici come Paracelso (1493-1541) e
Gianbattista Porta, autore della P h y t o g n o m o n i c a
(1588).
In questo modo, le piante longeve avrebbero allungato la vita dell’uomo, quelle con vita breve l’avrebbero accorciata. La linfa gialla avrebbe curato l’itterizia, le piante con una superficie ruvida avrebbero
curato le malattie che alterano la levigatezza della
pelle e le piante che assomigliavano a farfalle sarebbero state efficaci contro le punture d’insetti. Il concetto principale fu comunque che la medicina basata
sulle erbe fu stampata nei trattati con chiare indicazioni sui loro usi. Un dispensario del XVII secolo spiega
il concetto: “I poteri dell’H y p e r i c u m sono dedotti
come segue: io ho spesso dichiarato come dalla
morfologia esterna e le qualità delle piante noi conosciamo le loro virtù intrinseche che Dio ha messo in
loro per il bene degli uomini. Così nell’iperico noi
prendiamo nota delle forma delle foglie e dei fiori, la
porosità delle foglie, le venature. 1. La porosità delle
foglie significa che questa pianta aiuta la cura interna
ed esterna dei tagli e dei buchi della pelle. 2. I fiori
dell’iperico, quando sono putrefatti sono come il sangue e ciò ci insegna che questa pianta è cibo per le
ferite, per chiuderle e riempirle (Paracelo - da Arber,
1938).
Erbari stampati
L’avvento della stampa nel XV secolo ebbe un’enorme influenza sugli erbari. Essi erano richiestissimi
da medici e farmacisti, così come da quell’élite istruita che necessitava di una fonte di rimedi. I codici
miniati degli amanuensi erano troppo costosi per tutti,
ad eccezione della nobiltà o del clero nei monasteri
10
Fig. 8 - Piante medicinali, disegni basati sulla “Doctrine of
Signatures” esposta nella Phytognomonica di Porta. Anderson
(1977). A. Piante per il cuore, fra le quali pesche, limoni e bulbi.
B. Piante per curare la pelle squamata fra le quali pigne, cardi,
amento e giglio. Il serpente e il pesce sono mostrati per illustrare
la pelle squamata.
Fig. 8 - Medicinal plants based on the “Doctrine of Signatures”
in Porta’s Phytognomonica. Source: Anderson (1977). A. Heart
plants include peaches, citrons and bulbous roots. B. Plants for
scaly diseases include pine cones, thistles, catkins, and lily bulbs.
The snake and fish were added to show scaly skin.
più ricchi. Perciò i libri stampati divennero una preziosa fonte di informazioni per la classe media e
nuove informazioni uscirono dalle nascenti università.
Nel XVI secolo, l’era delle esplorazioni e l’inizio
della diffusione dell’informazione scientifica, l’enorme interesse per le nuove piante scoperte nel “Nuovo
Mondo” portò una domanda senza precedenti di erbari
stampati.
Uno dei nuovi trattati stampati nel XVI secolo, che
si dimostrò più influente degli altri, fu il Commentarii
(sui libri di Dioscoride), scritto in Italiano nel 1544 e
successivamente in Latino da Pier Andrea Mattioli da
Gli Erbari, tra medicina e botanica
che venivano introdotte dall’Oriente e dalle
Americhe. Edizioni successive avevano magnifiche
illustrazioni che sono l’apogeo dell’arte incisoria.
Menzione deve essere fatta per Hieronymus
Brunschwig, un medico chirurgo tedesco (autore di
Der Cirurgia nel 1497) che pubblicò un famoso lavoro
sulla distillazione in Germania (Das Buch zu
Distillieren) nel 1500 (fig. 10). Questa tecnologia,
un’iniziale applicazione della chimica alla medicina,
ebbe successivamente una profonda influenza sulla
concentrazione dei principi attivi nelle preparazione
delle medicine. Il lavoro fu largamente tradotto e la
distillazione divenne una regolare applicazione nelle
residenze dei benestanti.
I padri tedeschi della Botanica
I luterani tedeschi, che riformarono sia la Chiesa
che la Botanica, scrissero una serie di trattati erboristici. Fra i più conosciuti troviamo Otto Brunfels (14681534), Jerome Bock (noto anche come Hieronimus
Tragus) (1498-1544), e Leonhart Fuchs (1501-1566).
Otto Brunfels, teologo e monaco, fu l’autore dell’influente Herbarum Vivae Eicones nel 1530 (fig. 11).
Il suo valore era basato non sul testo ma nell’uso
di stupende xilografie di Hans Weiditz che disegnava
piante dalla realtà. Questa innovazione negli erbari
stampati rese realmente possibile identificare le piante
dai disegni anche alle persone comuni.
Jerome Bock (fig. 12) creò un erbario non illustrato ma ben scritto, chiamato Kreüter Buch, che risultò
quello con maggiore rigore scientifico dall’epoca di
Teofrasto. Egli perfezionò una nuova sistemazione
delle piante ed intraprese una nuova direzione, una
Fig. 9 - A. Pierandrea Mattioli, 1501-1577. Arber (1938). B.
ritratto dalla prima edizione Boema dei Commentarii (su
Dioscoride). Il motto nec igne, nec ferro (nè fuoco nè ferro) si
referisce alla sua preferenza per la medicina rispetto alla chirurgia.
Anderson (1977). C. Pero: incisione. Arber (1938). D. Melo:
incisione. Arber (1938). E. Psillio: incisione. Singer (1958).
Fig. 9 - A. Pierandrea Mattioli, 1501-1577. Source: Arber (1938).
B. Portrait from the first Bohemian edition of Commentarii (on
Dioscorides). The motto nec igne, nec ferro (neither fire nor iron)
refers to his preference for medication over surgery. Source:
Anderson (1977). C. Woodblock print of pear. Source: Arber
(1938). D. Woodblock print of apple. Source: Arber (1938). E.
Woodblock print of psyllium. Source: Singer (1958).
Siena (1501-1577) (fig. 9). Questo lavoro, contenente
562 incisioni, aveva lo scopo di riconciliare
Dioscoride con le innovazioni arabe e le nuove specie
Fig. 10 - Frontespizio di Heironymus Brunschwig per “Das Buch
zu Distillieren“. Anderson (1977).
Fig. 10 - Heironymus Brunschwig’s frontpiece for Das Buch zu
Distillieren. Source: Anderson (1977).
11
Janick
Fig. 11 - A. Otto Brunfels. B. Frontespizio dell’Herbarium Vivae
Eicones (1530). C. Immagine di Anemone pulsatilla, che mostra
l’evoluzione nella tecnica di disegno.
Fig. 11 - A. Otto Brunfels. B. Herbarium Vivae Eicones
frontpiece, 1530. C. Image of Anemone pulsatilla, showing the
advance in drawing.
Fig. 12 - Hieronymus Bock (1498-1554). Autore di Kreuter Buch
(1551). Arber (1938).
Fig. 12 - Hieronymus Bock (1498-1554). Author of Kreuter Buch,
1551. Source: Arber (1938).
discussione sulle caratteristiche e dei nomi delle piante locali, ricavate dalla sua stessa esperienza in
Germania.
Leonhart Fuchs (fig. 13) studiò alla Università di
Ingolstadt e ricevette il master in Arti e Dottore della
Medicina. La sua grande opera, De Historia Stirpum,
12
Fig. 13 - A. Leonhard Fuchs (1501-1566). Arber (1938). B. La
prima xilografia di mais chiamato “Türckisch korn” da De
Historia Stirpium (1542). Blunt e Raphael (1979). C. Incisore
(Veit Rudolf Speckle) e illustratori (Heinrich Fullmaurer e
Albrecht Meyer) di De Historia Stirpium. Arber (1938).
Fig. 13 - A. Leonhard Fuchs (1501-1566). Source: Arber (1938).
B. The first woodcut of maize called “Türckisch korn” from De
Historia Stirpium 1542. Source: Blunt and Raphael (1979). C.
Engraver (Veit Rudolf Speckle) and illustrators (Heinrich
Fullmaurer and Albrecht Meyer) of De Historia Stirpium.
Source: Arber (1938).
fu basata su Dioscoride, ma le incisioni aggiunsero un
nuovo livello di eccellenza da un punto sia botanico,
sia artistico. I titoli dei capitoli erano in Greco, mentre
i nomi delle piante erano in Latino e Tedesco. I termini maschili e femminili erano usati non in senso sessuale, ma per distinguere le qualità “forti” e “deboli”
delle piante, un concetto medievale. Le 508 incisioni
controllate da Fuchs erano eccezionali e formarono la
base per i successivi erbari. Oltre 100 nuove piante vi
erano menzionate, incluso il mais, chiamato “grano
turco” poiché si pensava provenisse dalla Turchia
anziché dalle Americhe. Lo stesso errore fu commesso per il termine improprio con cui viene indicato il
tacchino in lingua inglese (turkey).
I botanici fiamminghi
A tre botanici fiamminghi, Rembert Dodoens,
Charles de l’Escluse e Matthias de l’Obel, sono stati
dedicati tre generi botanici: Dodonea, Clusia, Lobelia.
Gli Erbari, tra medicina e botanica
Fig. 14 - Rembert Dodoens (1517-1585). Arber (1938).
Frontespizio di Crôÿdeboeck (1554).
Fig. 14 - Rembert Dodoens, 1517-1585. Source: Arber (1938).
Frontpiece of Crôÿdeboeck, 1554.
Fig. 16 - Mathias de L’Obel (1538-1616). Arber (1938).
Fig. 16 - Mathias de L’Obel (1538-1616). Source: Arber (1938).
Dodoens (1517-1585) (fig. 14), il più prominente,
nacque nelle Fiandre e si laureò in medicina
all’Università di Louvain all’età di 18 anni. Più tardi
divenne medico personale dell’imperatore
Massimiliano II e poi di Rodolfo, per terminare la propria carriera all’Università di Leyden come Preside di
Medicina (1583). Il suo principale lavoro sulla botanica, Crôÿdeboeck, pubblicato nel 1554, fu la base per
tutti i successivi scritti botanici e fu alla fine pubblicato come Stirpium Historiae in Pemptades Sex, un
volume di 900 pagine con 1.309 incisioni, molte delle
quali copiate da Fuchs e 6 di esse dal C o d e x
V i n d o b o n e n s i s di Dioscoride. Charles de l’Ecluse
(Charles de l’Escluse o Carolus Clausius) tradusse il
Crôÿdeboeck in Francese sotto il titolo di Histoire de
Plantes (fig. 15). Matthias de l’Obel (morto nel 1616)
spese gran parte della sua vita professionale in
Inghilterra (fig. 16). Fu coautore di un lavoro,
Stirpium Adversaria Nova, con Pierre Pena, con un
sistema di classificazione rinnovato e fu un nefasto
collega di John Gerard (vedi sotto).
Gli Erbari Inglesi
Gli erbari in Inglese hanno una storia tortuosa
(Henrey, 1975). Esistevano alcuni manoscritti risalenti al VI secolo e alcuni frammenti del Leech Book of
Bald (900-950), il più antico giunto fino a noi. Dopo
la conquista normanna, gli erbari Anglo-Sassoni caddero in disgrazia ed il Latino prese il sopravvento
come lingua delle persone istruite, ma molti erbari
inglesi furono semplicemente tradotti. I nuovi erbari
furono diffusi in seguito, poiché la stampa ebbe una
diffusione susseguente a quella degli altri Paesi europei.
Banckes’ Herbal del 1524 fu il primo erbario
inglese stampato in diverse edizioni con correzioni.
Esso era probabilmente una raccolta di Richard
Banckes anziché una traduzione basata su un manoscritto medievale. Il primo erbario illustrato inglese
fu il Grete Herball del 1527 (fig. 17), una traduzione
Fig. 15 - Charles de L’Escluse (L’Ecluse) (1526-1609).
Arber (1938).
Fig. 15 - Charles de L’Escluse (L’Ecluse) 1526-1609.
Source: Arber (1938).
Fig. 17 - Il Grete Herball del 1526. Henrey (1975).
Fig. 17 - The Grete Herball of 1526. Source: Henrey (1975).
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Janick
dal Francese Le Grant Herbier, con parti derivate da
erbari tedeschi (Herbarius, 1485 e Hortus Sanitatus,
1491).
William Turner (1508-1568), conosciuto come il
“Padre della botanica britannica”, pubblicò due piccoli libri nel 1583, dando il nome di essenze in Greco,
Latino, Inglese, Tedesco e Francese. Il suo famoso
Herball pubblicato in tre parti (1551, 1562 e 1568) fu
il primo a descrivere le piante britanniche dall’osservazione e dall’esperienza. Sono descritte più di 200
specie native dell’Inghilterra. Egli si fece beffe delle
superstizioni e ammonì contro l’eccessivo uso di qualsiasi erba. Nel 1558, Henry Lyte (1529-1560) pubblicò A Nievve Herball, una traduzione inglese della
versione francese di l’Ecluse del Crôÿdeboeck d i
Dodoen (fig. 18).
L’erbario inglese più famoso, sicuramente con
merito, è The Herball of Generall Historie of Plantes
di John Gerard (1545-1612) conosciuto come
Gerarde’s Herball del 1597. John Gerard, il più conosciuto erborista inglese, fu un barbiere-chirurgo di
professione ma innamorato delle piante. Egli possedeva un famoso giardino a Holborn (Fetter’s Lane) e
sovrintendeva il giardino di William Cecil (Lord
Burleigh), il famoso ministro della Regina Elisabetta
I, nello Strand ed a Theobalds nell’Herfordshire. Nel
1596 compilò una lista di piante a Holborn, il primo
Fig. 18 - Litografia di A Nievve Herball (1578). Henrey (1975).
Fig. 18 - Lyte’s A Nievve Herball of 1578. Source: Henrey (1975).
14
catalogo mai pubblicato in Inghilterra, considerabile
come punto di riferimento dell’introduzione di nuove
piante in Inghilterra.
Le origini del lavoro sono affascinanti. Lo stampatore John Norton commissionò ad un certo Dr. Robert
Priest di tradurre il lavoro finale di Dodoens, il
Pemptades del 1583, ma Priest morì prima di completare il lavoro. Gerard adottò la traduzione di Priest, ma
cambiò la struttura da quella di Dodoens a quella di
l’Obel. Nella sua introduzione egli scrive: “…Il Dr.
Priest ha (come ho saputo) tradotto l’ultima edizione
di Dodoens e voleva pubblicarla; ma essendo morto la
sua traduzione lo è altrettanto”. In accordo con Arber
(1938) l’interpolazione “come ho saputo” è indubbiamente falsa. Una delle lettere introduttive scritte da
Stephen Bredwel riconosce: “il Dr. Priest per la sua
traduzione di Dodoens ha quindi lasciato una tomba
per la sua onorevole sepoltura. Mr Gerard arrivando
ultimo ma non per questo da meno, ha in molti modi
favorito la diffusione dell’intero lavoro nella nostra
nazione inglese…” (Morale: Leggete le vostre lettere
introduttive).
Le incisioni nell’Erbario di Gerard provengono
d a l l ’Eicones Plantarum di Jacobus Teodorus
(Tabernaemontanus) del 1590. Ci furono alcuni problemi nel reperire le giuste incisioni con le corrette
descrizioni e fu richiesto a l’Obel di correggere le
figure. Si originò una discussione e Gerard terminò la
collaborazione sull’incerta ragione che l’Obel aveva
dimenticato il suo Inglese!
Sebbene Gerard sia in qualche modo credulo e la
sua reputazione offuscata, il suo stile è gradevole ed
Elisabettiano. Sono le sue aggiunte che danno al lavoro il suo fascino e carattere.
John Gerard nel suo Erbario consigliava di mettere
le foglie, i fiori e i semi di iperico a macerare in un
bicchiere con olio d’oliva, posto poi in un luogo caldo
e assolato. Dopo qualche settimana il liquido veniva
filtrato e nuovamente posto al sole; se ne otteneva un
olio di colore del sangue che veniva usato per le ferite
profonde. I petali dell’iris erano comunemente usati
come poltiglia in caso di contusioni (segnatura del
colore). Se una parte della pianta riproduceva la forma
di un organo o di una parte del corpo umano, poteva
essere usata per curarne le patologie (segnatura della
forma). Le foglie della portulaca venivano usate per
curare le patologie renali proprio perché hanno una
forma che assomiglia a quest’organo. L’equiseto, o
coda cavallina, veniva impiegato per la cura delle
malattie originanti dalla colonna vertebrale. L’iperico
era usato per curare le patologie cutanee perché le
tasche lisigene che caratterizzano le foglie di questa
pianta assomigliano a delle bolle. La contraddizione
Gli Erbari, tra medicina e botanica
risiede nella possibilità di comparsa di discromie cutanee, dopo esposizione solare, nelle persone che usano
questa pianta come antidepressivo.
L’Herball è anche famoso per la prima descrizione
inglese della patata e della patata dolce. La prima edizione non ebbe concorrenza per una generazione
quando si vociferò che un tal John Parkinson avrebbe
presto prodotto un nuovo erbario. Thomas Johnson fu
quindi incaricato di preparare una nuova edizione
dell’Herball di Gerard. La seconda edizione del 1633
conteneva 2.766 incisioni ed è considerata superiore
all’originale. La Dover Press pubblicò un facsimile
dell’edizione nel 1975 (fig. 19).
Nicholas Culpeper (1616-1654), l’autore di A
Physicall Directory, fu un erborista che abbandonò il
buon senso e divenne il maggior esponente della
“astrologia botanica” (fig. 20). Egli credeva che ogni
malattia fosse causata da un pianeta e che per curare le
persone fosse necessaria un’erba appartenente ad un
pianeta opposto. Egli, inoltre, considerava che le cure
Fig. 20 - Nicholas Culpeper (1616-1654), astrologo e botanico.
Arber (1938).
Fig. 20 - Nicholas Culpeper (1616-1654), astrologic botanist.
Source: Arber (1938).
potessero essere talvolta fatte per “simpatia”, mediante l’uso di erbe sotto il dominio del pianeta responsabile della malattia: “ogni pianeta cura le sue stesse
malattie” egli scrisse “così come il Sole e la Luna
mediante le loro erbe curano gli occhi, Saturno la
depressione, Giove il fegato, Marte la bile e le malattie della collera” (Henrey, 1975). Culpeper fu immensamente popolare fino al XIX secolo ed è ancora citato dai creduli.
Conclusioni
Fig. 19 - Frontespizo di The Herball of John Gerard, 2a ed.
(1633).
Fig. 19 -Frontpiece of The Herball of John Gerard, 2nd ed.
(1633).
Le cure a base di erbe nel passato variano da sensibili, a inefficaci, a ridicole, fino a dannose. Mentre
sorridiamo alle scandalose affermazioni degli erboristi, è assodato che le medicine derivate dalle piante
rimangono tuttora la base per gran parte della medicina moderna. Il trend attuale è quello di scoprire i principi attivi e sintetizzare variazioni o permutazioni
delle molecole efficaci. Sfortunatamente l’industria
farmaceutica non è interessata a quelle botaniche perché non possono essere protette da brevetto. Il recente
interesse nelle erbe officinali come cure o come induttori di benessere è adesso una parte prominente della
medicina alternativa ed ha indotto un risveglio di interesse per i vecchi erbari. Alcune delle erbe usate nel
passato sono state resuscitate ed in molti casi sono
stati invocati nuovi benefici.
Queste includono l’echinacea, approvata in
Germania come terapia di supporto per il raffreddore
e infezioni croniche delle vie respiratorie e del tratto
urinario inferiore, il ginseng come tonico e adattogeno, ovvero agisce sui sistemi immunitario, endocrino
e nervoso aiutando l’organismo ad adattarsi più facilmente alle circostanze che lo colpiscono, l’iperico
15
Janick
come leggero antidepressivo. Il lettore dovrebbe essere cauto e seguire il buon senso nell’approccio alla
cure a base di erbe. Una guida alquanto autorevole su
questo argomento può essere trovata in The Honest
Herbal: A Sensible Guide to Herbs and Related
Remedies di Varro E. Tyler (1981).
Riassunto
Il testo sottolinea l’importanza delle piante nella
medicina nel corso della storia dell’umanità, dall’antichità al XIX secolo. Gli erbari, nelle diverse forme
consentite dal progresso umano hanno sempre costituito un punto di riferimento per le pratiche mediche.
Le cure a base di erbe nel passato variano da sensibili,
a inefficaci, a ridicole, fino a dannose, ma è assodato
che le medicine derivate dalle piante rimangono tuttora la base per gran parte della medicina moderna. Il
trend attuale è quello di scoprire i principi attivi e sintetizzare variazioni o permutazioni delle molecole
efficaci. Sfortunatamente l’industria farmaceutica non
è interessata a quelle botaniche perché non possono
essere protette da brevetto. Il recente interesse nelle
erbe officinali come cure o come induttori di benessere è adesso una parte prominente della medicina alternativa ed ha indotto un risveglio di interesse per i vecchi erbari. Alcune delle erbe usate nel passato sono
state resuscitate ed in molti casi sono stati invocati
nuovi benefici.
16
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