Parte 1: muoversi in rete - cenni sulla struttura della rete (client e server, tipi di trasferimento dati: http, ftp, p2p) - V.sezione 1,2 - ipertesto e testo cartaceo: differenze - V.sezione 3 - fruibilità e navigazione - V.sezione 3, 6 - come ci aiuta il browser, perché non basta - V.sezione 6 - principali tipi di pagine web: con e senza frame, flash, pagine dinamiche Parte 2: trovare le informazioni - indirizzi web (differenza tra IP e URL; DNS) - V.sezione 1 - menù - V.sezione 4,6 - motori di ricerca Parte 3: fruibilità e contenuti - scrivere per il web - V.sezione 7 - icone e immagini - V.sezione 5, 6 - animazioni - V.sezione 8, 9 - il sonoro il rete - V.sezione 10 - filmati Pausa Parte 4: ideare la struttura di un sito web - carta e penna - contenuti e voci del menù - scelta delle tecniche - aggiornamento e feedback Parte 5: esempi di siti web Sezione 1: storia e struttura del World Wide Web Già negli anni '60 esisteva la possibilità di un collegamento tra computer diversi, ma esistevano troppi problemi di standard per poterlo realizzare su vasta scala. Si aveva solo Arpanet, utilizzata negli Stati Uniti per lo scambio di informazioni tra alcune università. I due passi che permettono di gettare le basi per la nascita di una rete globale vengono fatti nel 1975, quando Vint Cherf e Bob Kahn creano il protocollo TCP/IP (Trasmission Control Protocol/Internet Protocol), e nel 1989, quando Tim Berners Lee, ricercatore presso il CERN (Centro Europeo di Ricerca Nucleare) di Ginevra, sviluppa un sistema di scambio delle informazioni multimediali, ovvero World Wide Web. Grazie ad esso ogni computer connesso alla rete ha un nome preciso che permette di localizzarlo, detto indirizzo IP. Un indirizzo IP è una serie di quattro cifre (con valori che vanno da O a 255) separate da un punto, ad esempio 194.184.27.221. Il paragone più semplice per capire il motivo per cui un indirizzo IP ha quattro cifre è quello con gli indirizzi postali: l'ultimo numero dell'indirizzo IP corrisponde al nome del destinatario di un pacco o una lettera e si riferisce a un singolo computer, detto host (o nodo in italiano). La penultima cifra è assimilabile a un numero civico, la seconda a una via e la prima a una città, dove numero, via e città sono reti via via più grandi. Per rendere più comprensibili e memorizzabili gli indirizzi IP esiste il DNS (Domain Name System), che trasforma le serie di cifre in insiemi di caratteri alfanumerici, dando come risultato un URL (Uniform Resource Locator): quello dell'indirizzo usato poco sopra come esempio è http://www.infobit.it. Le indicazioni presenti in un URL sono diverse rispetto a quelle date da un indirizzo IP: per prima cosa viene indicato il tipo di trasferimento dati (http nell'esempio), poi il sistema di scambio (nello specifico www), quindi i nomi registrati e unici delle reti di cui l'indirizzo IP mostra solo i numeri. Rispetto all'indirizzo IP, in cui l'ordine va dalla rete più grande alla più piccola sino al numero del singolo host, nel caso dell'URL si ha l'inverso: si comincia con il nome del sito per elencare quelli delle reti più grandi in cui è contenuto. Nell'esempio la rete indicata è solo una, ovvero it. Due reti sono invece presenti nell'indirizzo della facoltà di Scienze della Comunicazione, che è http://www.scfor.univ.ts.it. Oltre a quella nazionale it viene indicata anche univ.ts, la rete entro cui stanno i server delle varie facoltà del polo universitario triestino. Un'altra differenza tra URL e indirizzo IP è che a quest'ultimo possono essere attribuiti più URL diversi dato che una singola macchina può ospitare al suo interno siti diversi, ognuno con il suo URL. Un utente che voglia collegarsi alla rete può farlo direttamente mediante una linea dedicata, rendendo il suo computer un host, oppure tramite un provider, un computer cioè collegato permanentemente a internet e abilitato a fornire accessi alla rete grazie al PPP (Point to Point Protocol), un protocollo che effettua il collegamento quando è necessario e gestisce l’invio e la ricezione dei dati. Un PC che accede alla rete tramite un provider prende il nome di client. Un client, per ricevere dati dall’esterno o inviarne, necessita di un apposito host che ne gestisca il flusso. Tale host viene detto server e non coincide necessariamente con il provider. Sezione 2: ricezione e invio di dati da parte del client I terminali che formano la rete non permettono agli utenti di internet l’accesso diretto al loro disco rigido per prelevare file, introdurne di nuovi o modificare quelli ivi contenuti, tranne in casi eccezionali che vedremo. I dati richiesti a un server da un qualsiasi computer connesso alla rete vengono trasmessi dal server stesso il quale poi interrompe subito il collegamento. Esiste un programma che fa da interfaccia tra il server e il computer che richiede i dati, mostrando poi questi ultimi in un’apposita finestra: si tratta del browser. L’utente non deve far altro che digitare l’indirizzo sulla barra di stato e il browser richiamerà i dati che vi corrispondono. Come si spiegava sopra, gli URL identificano un server, e non si spingono quindi sino a localizzare un singolo client appartenente a un dominio. Chi volesse pubblicare dati in rete è allora costretto ad affidarli a un server, i gestori del quale attribuiranno loro un nome preciso. I documenti collegati tra loro a formare un sito web sono raggruppati in un’unica cartella del server, in modo che la prima parte dell’URL di ognuno di essi sia la stessa. Il discorso sull’indirizzo cambia quando la pagina è strutturata in frame o realizzato interamente con flash. In questi casi ovunque ci si sposti nel sito l’indirizzo visibile sulla barra di stato resta inalterato. Anche per inviare dati un client deve connettersi a un server sul quale siano a disposizione le applicazioni di cui l’utente ha bisogno. Una tipica applicazione serverside, che non richiede cioè l’installazione di particolari software sul client, è la casella di posta. Un client può averne più di una, poste su server diversi, e grazie ad esse trasmettere ad altre caselle di posta (allocate sullo stesso o su altri server) dati di ogni tipo, con alcuni limiti di dimensioni imposti dalla grandezza della casella che li riceve. Per superare questi limiti esiste la possibilità di servirsi dell’FTP (File Transfer Protocol) o del Peer-to-Peer, i due modi per accedere direttamente alle risorse presenti su un server (nel primo caso) o su un singolo client (nel secondo). E’ tramite FTP ad esempio che un utente può inviare i file che compongono il proprio sito internet, sostituirli o modificarli. Sezione 3: problemi di fruibilità derivanti dalla struttura dei siti internet Molto spesso internet è stato considerato il medium che permette la maggiore autonomia e libertà dei fruitori, non costretti alla rigida sequenzialità tipica dei libri e dei programmi televisivi: il testo infatti viene costruito direttamente dal lettore, che va a prenderne le varie parti dove preferisce. Gli esempi cartacei più simili sono quelli dell’enciclopedia e del dizionario, tipi di testo che non nascono certo per essere letti una pagina dopo l’altra ma per essere consultati sulle singole voci. C’è però un problema: diversamente dal caso di un testo cartaceo, dove nel momento in cui il lettore sta su una singola pagina può contemporaneamente vedere in che punto è rispetto all’intero libro, all’interno di un sito internet l’utente non ha mai una visione globale dell’intero documento. E’ un po’ come in un labirinto: la visione soltanto parziale che si ha in ogni punto del sito può rendere difficoltoso raggiungere gli obiettivi che ci si era posti con la navigazione, costringendo a lunghi giri fatti di prove ed errori. Sezione 4: la barra di navigazione: l’indice di un sito Questa caratteristica strutturale dei siti web va in qualche modo superata per renderli concretamente fruibili: nel nostro labirinto vanno inseriti dei segnali che rendano i percorsi al suo interno meno casuali. Da qui nascono le varie interfacce conosciute con il nome di menù, barre di navigazione, mappe. Esse corrispondono grossomodo agli indici dei libri ma non è sufficiente che siano presenti solo sulla prima pagina: se infatti il navigatore accede al sito tramite un link o un motore di ricerca non è detto che finisca sulla prima pagina ma può arrivare in un punto qualsiasi. Perciò per essere utili le barre di navigazione devono essere raggiungibili con un link da ogni pagina o, ancora meglio, inseriti in tutte. Jacob Nielsen, praticamente uno degli inventori, nei primi anni novanta, del concetto di web usability (fruibilità o usabilità della rete), si lamenta del fatto che manchi una standardizzazione nella costruzione delle interfacce, cosa che porta ogni creatore di siti a fare di testa sua. Nielsen riassume il problema con questa massima: “Dovendo reinventare la ruota, molte persone inventano ruote quadrate”1. Il problema è soprattutto dei navigatori, che si trovano su ogni sito a dover reimparare l’uso e la localizzazione sulla pagina degli strumenti di navigazione. Il menù ad esempio potrà trovarsi una volta sulla destra, un’altra sulla sinistra, un’altra ancora su una finestra pop-up che appare in alto, ecc. Il problema è serio se si pensa ai costi di una cattiva navigazione in tempo perso da parte di chi usa internet come strumento di lavoro. 1 Jacob Nielsen (2001), The End of Homemade Websites Sezione 5: vantaggi e svantaggi delle icone Oltre a dover essere facilmente individuabile, una barra di navigazione deve necessariamente essere anche chiara: e qui entra in gioco il discorso sulle icone. Le icone, su internet come su tutte le interfacce grafiche per computer, non hanno (non dovrebbero avere) solo una ragione estetica: numerosi esperimenti dimostrano che l’occhio umano individua meglio un determinato stimolo in un gruppo quanto più esso si differenzia dagli altri, e i disegni tendenzialmente hanno più possibilità di distinguersi tra loro rispetto agli insiemi di lettere. Le icone hanno ovviamente anche il vantaggio della sintesi: l’occhio impiega un minor tempo a riconoscere, ad esempio, il disegno di una chitarra rispetto alla scritta “strumenti musicali”. Vi sono casi però in cui l’icona può essere ambigua o non immediatamente comprensibile. Un esempio abbastanza comune è quello della stampante (cliccando sulla quale si può stampare la pagina corrente), icona non sempre riconoscibile: un caso come questo richiede che accanto sia presente anche il testo esplicativo. In questo modo l’utente individua l’icona che sembra corrispondere alla sua ricerca, ma prima di cliccarvi sopra può controllare di aver compreso bene il suo significato. Molte volte utilizzare sia testo che icona toglie eleganza alle barre di navigazione, ma è meglio sacrificare l’aspetto estetico che la pazienza dei navigatori. Sempre a proposito di icone, è utile che chi costruisce siti web si adegui a quelle che ormai si sono imposte come standard per designare alcuni link: ad esempio il carrello sui siti di e-commerce per selezionare un prodotto che si desidera acquistare, la busta o il simbolo “@” per inviare una mail al webmaster. Sezione 6: memorizzare il percorso Ma il problema più complesso da risolvere in termini di usabilità viene adesso: all’utente di solito non basta solo sapere in ogni momento dove andare ma serve anche ricordare qual è il percorso già fatto. Fingiamo che in un sito con un centinaio di pagine un navigatore abbia compiuto un percorso che lo ha portato a toccarne trenta. A quel punto si accorge di aver bisogno di recuperare un dato che aveva incontrato sulla quinta pagina vista. In una situazione del genere non si può pretendere né che l’utente schiacci il tasto “indietro” del browser finché non ritrova le informazioni che lo interessano, né che ricordi il nome dell’area del sito in cui sta la pagina che cerca in modo da poterla rintracciare sul menù. Ciò che serve è allora uno strumento che tenga traccia del percorso compiuto. Un primo aiuto è dato dal browser, che ha una barra degli indirizzi sulla quale è indicato appunto l’indirizzo al quale è allocata la pagina. In certi casi grazie ad essa è possibile capire in quale cartella di quelle che compongono il sito ci si trova. Ciò è utile perché se ad esempio l’indirizzo sulla barra è www.webtypography.com/prodotti/stampe_antiche/geografia.htm si sa che per tornare alla pagina prodotti basta cancellare tutto ciò che sta a destra della seconda sbarra e premere Invio. Senz’altro più usata è però un’altra barra del browser: quella di navigazione: grazie alla freccia posta accanto al pulsante “indietro”, cliccando sulla quale si ottiene una finestra che elenca l’ultima decina di pagine visitate: il limite è però che per tornare alla pagina corretta è necessario ricordarne il nome oppure l’indirizzo, cosa non facile soprattutto quando varie pagine vengono memorizzate con lo stesso nome. La soluzione ideale a questo problema probabilmente non esiste ancora. Una possibilità, proponibile però solo per siti di grandezza inferiore alle 100-150 pagine, è che il menù diventi più complesso e si strutturi ad albero (V. figura), cioè in cartelle cliccando sulle quali si può ottenere l’elenco delle sottopagine che compongono un’area del sito. Le pagine già visitate avranno un colore diverso (funzionalità tipica di tutti i browser) e in più, grazie a javascript o alla funzione ALT di html, sarà possibile fornire una sintesi dei contenuti di ogni pagina nel momento in cui si passa sopra al suo titolo con il mouse. Sezione 7: scrivere per il web Veniamo infine ai contenuti di un sito. Dev’essere chiaro che scrivere per il web non è la stessa cosa che farlo per un testo cartaceo. Bisogna considerare che la lettura su monitor è di circa il 25% più lenta che su carta, che lo schermo mostra all’incirca 20 righe di testo per volta senza usare le barre di scorrimento, e che l’80% delle persone che legge pagine web non lo fa parola per parola ma scorrendo velocemente il testo alla ricerca delle informazioni che interessano2. I testi che vanno in rete devono quindi essere in linea con queste caratteristiche e abitudini. La regola principale è la modularità, i contenuti cioè andrebbero divisi in capitoli e sottocapitoli con un titolo che ne sintetizzi l’argomento. Inoltre, anche se può sembrare antiestetico, le informazioni più importanti ai fini di chi scrive 2 Dati ripresi da: Luisa Carrada (2000), Internet e la scrittura d’impresa. andrebbero messe in grassetto. Come si può vedere la presente sezione, a scopo esemplificativo, rispetta l’ultima regola sopraindicata. Di regole poi se ne aggiungono molte altre, tra cui di considerevole importanza sono il consiglio di non usare un corpo dei caratteri inferiore a 10 punti per ovvie ragioni di visibilità delle parole, quello di utilizzare sfondi uniformi e sui quali risalti il colore del testo (la soluzione migliore è comunque il buon vecchio testo nero su sfondo bianco), e quello di lasciare molti spazi bianchi per rendere la lettura meno faticosa e permettere di individuare più facilmente le notizie cercate. Le immagini possono certamente aiutare la comprensione del testo, a patto che non siano animate: dover leggere un testo con delle animazioni che continuano a distrarre lo sguardo è decisamente più faticoso. Sezione 8: animazioni Anche Nielsen sconsiglia vivamente di inserire negli ipertesti elementi che si muovono durante tutta la permanenza di un lettore sulla pagina, dato che anche se l’utente distoglie lo sguardo esse tenderanno a richiamare continuamente l’attenzione verso la periferia della retina. I movimenti ai margini del campo visivo portano a restringere il fuoco dell’attenzione e a una minore efficienza nello scorrere il documento con il rischio di trascurare così dati importanti. Va considerata però l’importanza a livello percettivo che ha la possibilità di vedere gli oggetti muoversi (o di potersi muovere attorno a essi): James Gibson, il padre della psicologia ecologica, sostiene che la visione statica impoverisce molto la percezione dell’occlusione, della profondità e quindi della tridimensionalità. La vista da varie angolazioni permette invece di cogliere meglio uno degli elementi fondamentali secondo Gibson per il riconoscimento delle forme viste, ovvero la relazione tra le varie parti di un oggetto o tra un singolo oggetto e gli altri che compongono il mondo3. Probabilmente è dovuto anche a questo il grande successo dei media che permettono di ricevere immagini in movimento, prima fra tutti la televisione. E’ forse imprescindibile allora che un nuovo media come internet includa questa possibilità, e quindi se i file video di qualità televisiva sono ancora una rarità sui siti internet ecco che le più leggere gif animate (e Flash, di cui parlerò nella sezione 9) diventano un importante segno delle possibilità della rete per quanto riguarda l’offerta di una percezione in linea con quella del mondo reale. Infine, le animazioni possono anche essere molto utili in almeno tre casi: 3 J.J. Gibson (1979), The Ecological Approach to Visual Perception. 1. se in una fitta serie di link si vuole evidenziare quelli nuovi o più aggiornati, meglio ancora che usare un colore diverso è farli lampeggiare o aggiungervi accanto una gif animata; 2. quando si vuole mostrare un mutamento progressivo, questo sarà più semplice da capire vedendo un’immagine che si muove piuttosto che osservando delle immagini accostate; 3. Un esperimento di Baecker, Small e Mander presentato nel 1991 ha infine dimostrato che la comprensione del significato di un insieme di icone migliora dal 62% al 100% se esse sono animate. Sezione 9: Flash Un documento scritto in HTML (ovvero un ipertesto pubblicabile in rete) permette di contenere al suo interno sottoprogrammi. Fra questi c’è anche Flash, che al momento è quello che permette di realizzare le cose più spettacolari a livello grafico. Solo spettacolari però, perché il suo uso crea particolari problemi per quanto riguarda la fruibilità. Nielsen ne elenca tre, che sintetizziamo qui di seguito: 1. Spingono a introdurre un eccesso di grafica e di animazione sulle pagine, fattore che riduce o rallenta l’interattività. Bisogna infatti aspettare che la pagina sia completamente caricata prima di poter usare i link. 2. Disabilitano alcune funzioni del browser, come il tasto back o i colori standard dei link. 3. Il fatto che siano ancora poco conosciuti dai gestori dei siti fa sì che le pagine vengano aggiornate raramente, ma più spesso create per restare sempre uguali. Attualmente la maggior parte dei siti che utilizzano Flash lo adoperano solo per la pagina di presentazione del sito, mentre le altre sono in HTML: il risultato è una pagina piuttosto lenta a caricarsi che ha una funzione soltanto estetica, mentre per arrivare ai contenuti bisogna aspettare di poter accedere alle successive. Tutto sommato hanno allora più senso siti realizzato interamente in Flash o un uso di questo strumento in sostituzione delle gif animate. Per quanto riguarda la prima applicazione gli attuali dubbi sulla fruibilità dei risultati fanno però pensare che il suo utilizzo possa più essere legato ad applicazioni artistiche o di intrattenimento, casi in cui i navigatori possono anche trovare divertente dover riflettere e tentare più volte prima di trovare la via giusta all’interno dell’ipertesto, che a contenuti informativi o commerciali. Il vantaggio, questa volta elevato, dell’uso di Flash al posto delle gif animate è nel peso molto inferiore che si può ottenere per le animazioni. Sezione 10: il sonoro in rete All’indirizzo http://wine.about.com/food/wine/library/regions/bl_it_sound.htm, una sezione di un sito dedicato ai vini di tutto il mondo, sono disponibili i file sonori contenenti le pronunce corrette di alcuni famosi vini italiani, di modo che chi non conosce l’italiano abbia la possibilità di farsi capire se desidera acquistarli. Questo esempio è un caso in cui utilizzare elementi audio non è solo utile ma indispensabile. Nello specifico i file sonori erano scaricabili su richiesta. Avendo però una durata piuttosto ridotta e non richiedendo un’alta qualità, si sarebbe potuto anche inserirli direttamente nella pagina, in modo ad esempio che passando con il mouse sopra il nome del vino si potesse sentirne subito la pronuncia. Ci sembra indubbio che un uso di questo tipo del sonoro, nel quale la pagina “risponde” a certe azioni e movimenti del mouse, potrebbe aumentare il coinvolgimento dei navigatori poiché avvicina l’esperienza della navigazione a quella della realtà, nella quale l’udito ha un ruolo rilevante. Attualmente però la rete è fortemente orientata a coinvolgere solo il senso della vista e non esiste un’abitudine alla creazione di “icone sonore”, che sarebbero estremamente utili anche per garantire un approccio alla rete da parte dei non vedenti, i quali attualmente possono solo usufruire di speciali browser che effettuano una lettura automatica del testo contenuto in una pagina web (detti screen reader), sempre che questo rispetti precise condizioni di impaginazione: con le pagine divise in frame ad esempio il sistema screen reader non funziona. Finora dunque il sonoro è poco usato per scopi attenzionali, mentre talvolta viene discutibilmente impiegato per introdurre musiche di sottofondo che quasi sempre, non essendo state scelte dall’utente, non verranno apprezzate ma lo distrarranno soltanto incoraggiandolo a spegnere immediatamente l’impianto audio. Siti di approfondimento: http://www.mestierediscrivere.com http://www.useit.com http://www.html.it