POLONIA Nasce nel 1385 come unione dinastica, si trasforma nel 1569 in una confederazione con un sovrano elettivo col titolo di re di Polonia e Granduca di Lituania. Spina dorsale dello stato è la nobiltà, divisa in magnatizia, media e piccola nobiltà contadina. C’è poi una massa di contadini privi di diritti politici. L’Unione era stata una delle maggiori potenze dell’Europa Centrale ma negli ultimi anni del ‘700 la situazione mutò a favore delle potenze limitrofe poiché il rafforzamento dello stato-apparato consentiva loro una continuità amministrativa anche in casi di crisi del potere politico. Questo non avvenne in Polonia a causa dell’egoismo della nobiltà agraria, la mancanza di una dinastia in grado di imporsi ad essa e di una borghesia che la sostenesse nel tentativo. Prussia e Russia ritenevano opportuno mantenere la Polonia instabile, bloccando qualsiasi tentativo di modernizzazione dell’amministrazione. La Prussia propose ingrandimenti territoriali a spese della Polonia e nel 1772 ebbe luogo la prima spartizione: la Prussia prese la Varmia e la Pomerania polacca, l’Austria le province meridionali e la Russia si appropriò dei territori lungo il Dnepr e di quelli lituani. L’umiliazione patita diede al re la forza di formulare una nuova costituzione nel 1791 che trasformava l’Unione in una monarchia costituzionale ereditaria, nasceva un esercito permanente e veniva abolito il liberum vetum. Per paura che questo nuovo modello venisse esportato, la Prussia lasciò intervenire le truppe della zarina e nel 1793 si determinò la seconda spartizione, nella quale non fu coinvolta l’Austria. Questa seconda spartizione provocò delle insurrezioni ma la vittoria delle truppe russe portò alla terza spartizione che nel 1795 pose fine all’Unione polacco-lituana. Vienna estese ai nuovi territori i propri ordinamenti e concesse spazi di autonomia amministrativa (dieta locale). I ricrearono in questi territori i tradizionali canoni su cui si fondava la monarchia: burocrazia, esercito e chiesa cattolica. Dopo il compromesso austro-ungarico del 1867 il Club polacco divenne il fedele sostenitore del sovrano e così la nobiltà polacca maturò esperienze politiche e amministrative che avrebbero contribuito a formare una classe dirigente. Nel 1848 Ferdinando I affrontò il problema agrario assegnando ai contadini la terra da essi occupata senza alcun riscatto. Il Regno di Polonia, creato nel 1815, con re Alessandro I di Russia fu dotato di una costituzione liberale, che non ne sanciva l’indipendenza ma ne faceva nascere l’illusione. A seguito dello zarismo autocratico, poggiatosi sulla chiesa ortodossa, la tensione sfociò in diverse rivolte, l’ultima delle quali fu duramente repressa a partire dal 1864. Il Regno scomparve, fu completamente integrato nel sistema russo e governato con pugno di ferro. Ortodossia divenne religione di stato e il clero cattolico fu posto sotto l’amministrazione di un collegio speciale. Alessandro II eliminerà il servaggio nel 1861 ma la questione agraria rimase irrisolta. La Prussia identificava nella nobiltà magnatizia e nell’alto clero i polacchi. Soppressione del servaggio nel 1823. Berlino varò un programma di germanizzazione delle terre che prevedeva l’espulsione di coloro che non erano in grado di dimostrare di essere cittadini prussiani, vietò l’insegnamento della religione e preghiera in polacco. Le repressioni accrescevano il ruolo della diaspora polacca, soprattutto residente in Francia. Iniziò invece una fase introspettiva degli intellettuali rimasti in patria che si interrogarono sulle responsabilità dei polacchi stessi per le loro disgrazie. Gli scritti di questi intellettuali contribuirono ad inserire nella società dei fattori dinamici che iniziarono a favorire il riavvicinamento tra le classi più abbienti e quelle più povere. Nacque così anche un nazionalismo romantico che, dall’originario desiderio di rinascita, sarebbe giunto alla considerazione della Polonia come vittoria della libertà sulla tirannia. Iniziò il XX secolo con una situazione agraria ancora irrisolta e uno sviluppo industriale scricchiolante. Il processo di emigrazione coinvolse in pochi anni 4 milioni di individui. L’industrializzazione portò alla costruzione di ferrovie e soprattutto all’incremento dell’urbanizzazione che ebbe come conseguenza la creazione di un proletariato cittadino. Anche le istituzioni ecclesiastiche patirono le conseguenze delle spartizioni: Nella zona russa si rinchiuse nell’ambito liturgico Nella zona austriaca subì l’influenza della politica di Giuseppe II, di controllo dello Stato sulla Chiesa Nella zona prussiana lavorò con i contadini, diventando parte attiva del processo di resistenza. Elementi costitutivi del nazionalismo polacco furono la chiesa cattolica e la lingua, la professione del primo e l’uso del secondo rafforzarono l’identità. L’onda lunga della primavera dei popoli si concluse con l’insurrezione anti russa nel regno del Congresso nel 1863-64 ma la confitta dei rivoltosi portò alla spartizione del regno e assunse lo status di provincia russa. Nel 1904 finiva un processo di riallineamento tra le potenze europee: Abbandono alleanza tra Berlino e Pietroburgo Accresciuta influenza della Germania sule decisioni di politica estera asburgiche Rinsaldarsi dei rapporti tra Francia e Russia. Altri fattori di instabilità erano già esistenti: Questione delle nazionalità Contrasti tra gli stati balcanici Desiderio francese di revanche sulla Germania Differenti posizioni sulla crisi dell’impero ottomano Rafforzamento della marina tedesca. Allentamento delle pressioni all’interno della zona russa precedette lo scoppio dei moti del 1905, lingua polacca più tollerata, si ridusse la pressione sulla chiesa, creazione di sale di lettura polaccorusse. Superata la crisi, il governatore di Varsavia proclamò lo stato d’assedio e iniziò la repressione, sciolse la prima duma, nuova elezione e nuovo scioglimento. Abolizione delle concessioni fatte e dura repressione. Nella zona prussiana, nel periodo immediatamente precedente la guerra, la situazione era più stabile, continuava la pressione per la germanizzazione. Nell’impero asburgico, Francesco Giuseppe concesse una riforma elettorale. Le autorità austriache tolleravano l’attività anti russa dei fuoriusciti dall’ex Polonia del Congresso. La scelta anti-russa dei partiti ufficiali e non delle Galizia si delineò completa già prima dello scoppio della guerra. Pietroburgo, per accattivarsi la collaborazione polacca, promise la nascita di una Polonia riunificata ma comunque sotto la sovranità dello zar. Il partito nazional-democratico dell’ex regno del congresso si schierò a sostegno della Russia. Con il consenso austriaco, allo scoppio della guerra, una forza militare partì da Cracovia alla volta della zona russa, con l’intento di instaurare un governo nazionale. L’insurrezione non avvenne poiché la popolazione non voleva rischiare un’altra dura repressione russa. L’avanzare delle truppe degli Imperi Centrali fece diventare il territorio polacco la retrovia delle forze impegnate contro lo zar. Berlino e Vienna si mossero per ottenere la collaborazione polacca ed impedire eventuali focolai di guerriglia, concessero quindi la creazione d’organi locali di autogestione e consigli municipali. Le esigenze portarono tedeschi e austriaci a nuove concessioni, promisero la nascita di uno stato autonomo retto da una monarchia limitata da un regime costituzionale, Atto che presupponeva la vittoria degli Imperi Centrali. L’anno dopo gli occupanti il consiglio di Stato provvisorio e il consiglio di Reggenza, i governatori militari gestirono il potere e quindi continuarono l’opera di controllo sulla popolazione e di drenaggio delle risorse che prostrarono economicamente l’ex Polonia del Congresso. Le battaglie e in transito degli eserciti distrussero l’agricoltura e i contadini ne patirono le conseguenze. Le pressione della diaspora polacca a Wahingoton contribuirono alla decisione di Wilson per cui la Polonia sarebbe dovuta diventare uno stato unito, indipendente e autonomo. L’indebolimento della Russia nel 1917 indusse Pilsudski a riprendere l’iniziativa con l’organizzazione militare polacca e sperando nella sollevazione popolare ma presto finì in carcere, vicenda che rafforzò il suo prestigio come patriota irriducibile. Ottobre 1917, l’insurrezione bolscevica portò alla pace separata con la Russia che abbandonò ogni velleità sul territorio polacco. Il consiglio di reggenza nel 1918 proclamò l’indipendenza e formò un governo di unità nazionale. Obiettivi prioritari per la Polonia in questo momento furono: 1) Disarmo delle truppe nemiche rimaste sul territorio 2) Inizio della creazione di un embrione di’amministrazione politica: Governo provvisorio della repubblica polacca (socialisti e partito contadino), braccio armato he permetteva un maggior controllo del territorio. 3) Elezioni di un’Assemblea costituente. Clima di confusa esaltazione nazionale, mischiata a rivendicazioni di ordine sociale interne ai singoli stati successori delle monarchie. La Russia era insanguinata da una feroce guerra civile, l’Austria-ungheria scomparve come stato unitario e in Germania ci furono rivolte per le gravi condizioni della popolazione. La definizione dei confini polacchi fu laboriosa, alcuni fattori giocarono a suo vantaggio: Ruolo della Polonia come stato cuscinetto tra la Russia comunista e il resto d’Europa Necessità francese di avere un alleato ad oriente della Germania Influenza esercitata dalla diaspora polacca a Washington La posizione assunta da Wilson che assentiva alla nascita di uno stato polacco indipendente. Il trattato di Versailles del 1919 stabilì l’inclusione, nel territorio polacco, della Grande Polonia e della Pomerania orientale, senza Danzica. Pilsudski avrebbe voluto creare una federazione tra Polonia, ucraina, Lituania e Bielorussia, Lenin invece voleva che la Polonia facesse da ponte per l’espansione del bolscevismo in Germania. Nel 1920 i russi presero Kiev e Londra e Parigi concessero, in funzione anti-bolscevica, aiuti a Varsavia. I comunisti ucraini che combattevano contro il governo nazionalista chiamarono il popolo ucraino alla difesa della patria contro gli antichi oppressori polacchi, le sconfitte militari si fecero presto sentire il Polonia. Venne creata una frontiera etnica che avrebbe escluso i territori lituani, ucraini e bielorussi. Richiesta da parte della Polonia di armistizio e una parte del territorio polacco era di nuovo occupata dai russi, questa volta comunisti. Il piano d’intervento di Pilsudski riuscì a far ritirare i russi battendoli e ordinò alle sue armate di avanzare in territorio lituano. Il trattato di Riga del 1921 sancì il ritiro della Polonia dalla Lituania e lo spostamento della linea Curzon di 150 km. All’inizio del 1919 c’erano tre orientamenti giuridico-amministrativi e tre sistemi economici sul territorio polacco, bisognava portare tutto a un profilo unitario. Nella Piccola Costituzione dello stesso anno, si conferivano e si limitavano i poteri di capo dello Stato provvisorio di Pilsudski. Nel 1921 venne approvata la Costituzione, che faceva della Polonia una repubblica presidenziale su base bicamerale, un tentativo di mediazione tra le diverse correnti interne all’Assemblea. Il capo dello stato era privato del comando delle forze armate in caso di guerra, manovra per limitare Pilsudski. La distruzione del sistema dei trasporti, l’agricoltura distrutta, richiedeva delle riforme in campo monetario ed agricolo. La sinistra era per la distribuzione delle terre statali incolte, di quelle ecclesiastiche e della media proprietà, l destra invece era favorevole alla riforma agraria ma contraria all’esproprio. I latifondisti si scherano contro ogni progetto di riforma, la Chiesa si schiera tendenzialmente verso destra. Legge temporanea del 1919 regola lo sfruttamento delle terre arabili non coltivate, pochi mesi dopo vengono approvati i principi della riforma: proprietà della terra coltivabile spettante solo al conduttore dell’azienda, struttura agraria basata su aziende sane e forti, proprietà delle aziende privata e di diverso tipo a seconda della grandezza. Quando le truppe sovietiche invadono Varsavia nel 1920, per salvare la situazione viene approvata la riforma agraria dal testo approvato l’anno precedente, in modo di rafforzare la coesione. Fermo il principio della riserva della terra mediante la vendita volontaria allo stato o tramite l’esproprio. I militari avrebbero avuto particolari agevolazioni nell’accesso alla proprietà delle terre. Realizzazione della riforma penalizzata da alcuni fattori: Esiguità dei mezzi finanziari dello stato Cambiamento del quadro politico Articolo 99 della Costituzone che limitava la proprietà privata solo per alcuni casi. La parte più povera della popolazione nelle campagne si giovò poco dalla riforma. Approvazione della costituzione, fine della guerra polacco-russa e avvio della riforma agraria avevano un po’ rasserenato lo scenario politico polacco. Però tra il 1918 e il 1922 si succedettero 8 governi. Dicembre 1922 Wojciechowski candidato del partito di Piast eletto presidente della Repubblica. Pilsudski rifiuta la nomina a presidente del consiglio ma consiglia Sikorski, il quale assunse anche il ministero degli interni: stato eccezionale, sorta di stato d’assedio a Varsavia a seguito dei disordini. Pilsudski può quindi ritirarsi a vita privata. Patto di Lanckorona, 1923, tra partito Piast e i partiti della destra, questo comporta una scissione di Piast. Witos, rimasto a capo del partito, lo spostò al centro dello schieramento politico, ritenendo che la sinistra incapace di agire in modo positivo. Rispetto alla riforma del 20, l’accordo prevedeva maggiori esenzioni dall’esproprio delle terre (parcellizzazione forzosa), favorendo più i contadini possidenti piuttosto che i salariati e possidenti della sola forza lavoro. Lunga serie di scioperi, difficoltà del governo investirono anche il partito Piast, dicembre 1923 governo Witos cade. Nuovo governo Grabski, programma di feroci economie e riforme: Aumento delle imposte Anticipo della riscossione delle imposte patrimoniali Razionalizzazione spese ministeriali Aumento costo trasporti Diminuzione delle importazioni. Creazione della Banca di Polonia nel 1924. Azione del governo diede inizialmente buoni risultati ma il tessuto economico polacco era debole e non in grado di sostenere un tal peso di manovre. Pilsudski veniva incitato a tornare sulla scena politica per evitare un colpo di stato fascista dell’estrema destra di Dmowski. Il parlamentarismo del Piast iniziava ad apparire distante dalla realtà del paese. Alcuni avvenimenti influenzano il ritorno: La crisi interna L’indebolimento della posizione internazionale con le due vecchie potenze spartitrici che stringevano alleanze Sfiducia nel regime parlamentare. Una parte della sinistra pensava che un regime autoritario con a capo Pilsudski potesse evitare una dittatura di destra, gli viene concesso il comando delle truppe concentrate a Varsavia. Marcia sulla capitale occupandone i punti strategici, dopo due giorni di battaglie sanguinose, il 14 maggio 1926 le dimissioni del presidente Woichiechowski sancirono la riuscita de colpo di stato. Ideologia del risanamento, bonifica della vita socio-politica dal parlamentarismo, dalla corruzione e sostituzione con il senso della patria, della disciplina e della cooperazione. Rifiutò la carica di presidente della repubblica e tenne quella di ministro della guerra e ispettore dell’esercito. Si circondò dei suoi uomini più fedeli posizionandoli nei punti chiave dei ministeri, al capo dello stato si consentì di comandare per decreto, prescindendo dall’approvazione parlamentare. Cominciarono gli arresti, le sedute della dieta furono sospese dopo la mancata approvazione della legge restrittiva della libertà di stampa. Il regime aveva vasto consenso anche dopo la sterzata autoritaria, anche grazie alla buona congiuntura economica. La moneta si stabilizzò, la riforma agraria creò nuove piccole industrie, la stabilità governativa attirò investimenti esteri e il livello culturale della popolazione aumentò. Conquistato e stabilizzato il potere, i dirigenti cercarono di rafforzare la propria posizione politica. Alle elezioni legislative del 1928 molti consensi andarono ai partiti con cui Pilsudski aveva problemi e questo accelerò la stretta autoritaria e la rottura con gli stessi socialisti che l’avevano sostenuto. Il governo comprimeva l’azione degli oppositori con interventi di polizia e chiusure di giornali. Svariate manifestazioni provocarono la caduta del governo nel 1930 e Pilsudski, pur non avendone il potere, sciolse il parlamento e fissò le nuove elezioni. Il regime vinse queste nuove elezioni ma non ebbe la capacità di fronteggiare la crisi economica e l’alto tasso di disoccupazione. Nel 193233 si rafforzò l’autoritarismo tramite l’assunzione di leggi limitative della libertà di associazione e di riunione. I contadini salariati erano ridotti alla fame, cresceva il numero delle aziende fallite e le riserve auree si bruciarono in pochissimo tempo. Confronto tra il regime di Pilsudski e i fascismi dell’epoca: Aspetto autoritario ma senza giungere agli estremi Taglio politico nazionalista Base populista Sostegno di una milizia armata No organizzazione totalitaria dello stato No creazione dell’”uomo nuovo” Politica estera aggressiva improntata a nazionalismo. Approvazione della Costituzione del 1935, la Polonia continuava a essere una repubblica presidenziale e i poteri del presidente divennero quasi dittatoriali. Alla sovranità del presidente erano sottoposti: Governo Parlamento Senato Forze armate Corte suprema. Nonostante l’incapacità nell’affrontare i problemi economici e le limitazioni ai diritti di libertà, il maresciallo godeva di grande popolarità e richiamava l’immagine del severo padre della patria. Muore nel marzo 1935 e ne vengono esaltate la rettitudine morale e il patriottismo. La minoranza ebraica in Polonia raggiungeva il 10,4% della popolazione totale, una delle più forti e meno assimilate. Questi avevano un proprio partito politico, il Bund ed erano presenti nella società con molti movimenti d’ispirazione religiosa. Sul rapporto tra identità ebraica e Polonia si fronteggiavano due filoni: Sionisti, speravano in un ritorno in Palestina e in un intervento attivo nella politica polacca Folkiestes, speravano di affermare la propria identità in Polonia. C’erano delle città quasi per intero abitate da ebrei, la scolarità dei giovani ebrei polacchi era molto alta tanto che fu chiesto da parte delle altre minoranze di limitare il numero di iscrizioni ai giovani ebrei. Durante il potere di Pilsudski la minoranza ebraica visse e prosperò ma dal ’37 la tensione divenne più pesante e i suoi successori considereranno l’emigrazione in Palestina come l’unica soluzione l problema. Nei primi anni della riunificazione, la posizione della Chiesa Cattolica di era notevolmente rafforzata. Molti prelati sedettero alla dieta costituente del 1919 e i partiti di destra e di centro furono tradizionalmente suoi alleati. Dopo la guerra la chiesa ebbe uno sviluppo formidabile dovuto al suo ruolo di elemento di integrazione e miglioramento sociale. Due questioni in sospeso tra Stato polacco e Chiesa cattolica: La riforma agraria La stipula di un contratto tra santa sede e Polonia. Non esisteva un vero contrasto da sanare ma in quel momento il governo stava applicando una riforma economica scomoda, conveniva giungere a un accordo con la prima forza spirituale e sociale del paese. Il concordato fu firmato nella primavera del1925 e fece subito seguito un accordo sulle terre della chiesa da inserire nella riforma. La chiesa accettò il regime del risanamento, Pilsudski era ritenuto vicino al cattolicesimo. L’attivismo sociale delle varie organizzazioni cattoliche non riuscì a bloccare la crescita dell’indifferenza religiosa negli anni 30-40 tra i giovani e gli intellettuali. Le problematiche religiose erano viste come lontane dalla realtà sociale. Dopo la morte del maresciallo il centro del potere era costituito dai suoi fedelissimi e dall’esercito proseguendo con una politica autoritaria e un duro anti russismo. Virata a destra Introduzione elementi di corporativismo nelle istituzioni e negli affari esteri Scioglimento del Blocco governativo Intervento dello Stato nell’economia per migliorare i trasporti Diminuzione disoccupazione e aumento tenore di vita grazie alla favorevole congiuntura economica Riprese delle esportazioni di carbone in Germania. Miglioramento della condizione economica non bastò a risanare il disagio sociale e dalla contestazione per motivi economici nacque un forte elemento di coesione per le forze di sinistra che costituirono un Fronte Popolare. La repressione e la politica del governo portarono il PSL, partito d’opposizione più forte, verso la sinistra estrema. La politica governativa accentuò il passaggio dalla sanacja ad una forma accentuata di nazionalismo, l’endecja: nuova nazional-democrazia. La mancata garanzia delle frontiere polacche e il timore di una revisione confinaria, spinsero Beck alla firma di un trattato di non aggressione con l’URSS nel 1932. Contemporaneamente, il convincimento che Germania e Russia sarebbero giunte a un conflitto dal quale la Germania avrebbe avuto la meglio, lo indussero a firmre la dichiarazione polacco-tedesca del 1934. Danzica costituì sempre una fonte di tensione nelle relazione polacco-tedesche e rientrava nel complesso problema della possibile revisione delle frontiere orientali della Germania. Ciò determinò l’adesione polacca a tutti i progetti che potessero garantire la frontiera polaccotedesca. Il raffreddamento dei rapporti con Parigi coincise con il riconoscimento alla Germania della possibilità di riarmo, facendone quindi una rinnovata minaccia. La Polonia era di nuovo isolata tra i tradizionali nemici che avevano buoni rapporti tra loro. Beck fu interprete di una politica di riavvicinamento con la Germania mentre le relazioni con la Romania e la Cecoslovacchia peggiorarono. La Polonia finì per essere isolata perché Beck voleva farle giocare un ruolo di potenza d’area, sull’opinione dell’impossibilità di un accordo tra nazisti e comunisti e sulla scarsa attendibilità delle minacce di Hitler. Firma con la Germania una dichiarazione di rinuncia all’uso della forza nel 1934 e per bilanciare i rapporti con Berlino e per garantirsi le frontiere orientali, Beck dimostrò disponibilità a un miglioramento delle relazioni con la Russia. Il fattore di equilibrio della politica estera polacca era comunque il ricordo delle spartizioni e l’accordo tra Russi e Prussiani. Nel ’34 la Polonia rifiutò il progetto francese di un Locarno orientale per non incrinare i rapporti con Berlino e per non definire le frontiere con la Lituania. Dalla mancata stipula di questo trattato nacque quello franco-sovietico del 35 interpretato da Berlino in funzione anti tedesca. Dopo la morte del maresciallo e il corso più deciso della politica tedesca portarono a un rafforzamento della parte francofila e ci si rese conto dell’impreparazione dell’esercito polacco nel caso di uno scontro con la Germania. Germania poco tollerante con la minoranza tedesca sul territorio, rimilitarizzazione della Renania a cui rispose l’appeasement delle nazioni europee. Varsavia a questo punto si rivolge a Parigi ma questa reagisce freddamente e pretende in cambio degli aiuto la rinuncia alle rivendicazioni dell’attacco alla Cecoslovacchia. L’effettiva impreparazione delle truppe polacche e la posizione strategica della Polonia indussero però Parigi nel ‘36 a concedere l’aiuto militare pur non avendo garanzie per la Cecoslovacchia. Dopo l’Anschluss si presentò per Beck la possibilitàdi annettere la Lituania e con un pretesto le inviò un ultimatum per riprendere le relazioni diplomatiche. Una dimostrazione muscolare esagerata, forse utile per distogliere l’attenzione interna dalla politica aggressiva di Beck verso i profughi. Francia, GB, Germania e Russia consigliarono al governo lituano di cedere. Beck stava perseguendo un ambizioso progetto: la creazione di un blocco verticale di stati cuscinetto tra URSS e Germania con il consenso dell’Italia ma mancò il tempo per approfondire il progetto. Il maresciallo non aveva simpatia per Mussolini, trovava il fascismo inaccettabile per i suoi concittadini. Ma con l’evoluzione autoritaria dello stato dei colonnelli, le simpatie per il regime italiano aumentarono. Nonostante le pressioni di Italia e Germania però, la Polonia si rifiutò di firmare il patto anti Komintern del 1939. La comunità ebraica si installò in Polonia nel XII secolo, nel 1500 fu istituita una sorta di dieta ebraica che raggruppava i rappresentanti di ogni comunità. Questa comunità crebbe e prosperò fino a diventare la minoranza nazionale più ricca e meglio organizzata. Le autorità prussiane propendevano per la concessione di diritti agli ebrei che si allontanavano dal processo di unificazione. Nella zona asburgica gli ebrei galiziani condivisero la povertà e l’analfabetismo dei residenti polacchi e i miglioramenti apportati dai nuovi amministratori. Gli ebrei polacchi della zona russa condivisero le limitazioni generali. Negli anni ’40 dell’800 la diaspora polacca in Francia spinse verso un coinvolgimento degli ebrei polacchi nell’unificazione ma le resistenze polacche del regno del congresso impedirono sviluppi positivi dell’idea. La costituzione del 1815 non prevedeva la cittadinanza e l’uguaglianza di diritti per gli ebrei, non essendo abitanti naturali della Polonia. La politica violenta di russificazione nella prima metà del XIX secolo si basava sulle restrizioni alla comunità ebraica che spinsero gli ebrei della zona russa ad allontanarsi dalla partecipazione delle insurrezioni. La solidarietà ebraica verso i rivoltosi e la dura reazione russa nei confronti dei polacchi, ebrei e non, furono alla base del Manifesto del governo nazionale insurrezionale del 1863 che riconobbe l’uguaglianza di diritti tra polacchi ed ebrei. Questo Manifesto ebbe un effetto dirompente sulla popolazione ebraica che in parte accettò l’idea dell’assimilazione. Il populismo antisemita trovò sviluppo nella Galizia e in queste zone sugli ebrei si sfogò la rabbia della popolazione durante i periodi di crisi. L’aspetto teorico del populismo antisemita fu dato da Dmowski , il quale il mancato attaccamento degli ebrei alla causa nazionale e gli inconvenienti causai dalla concessione di parità dei diritti. Nel 1897 nacque in clandestinità in Bund, partito socialista ebraico che sposava gli ideali socialisti e non affrontava la questione della sopravvivenza della nazione ebraica. La rivolta del 1905 fu il più importante momento di coesione per gli ebrei e il collante principale fu rappresentato dalle miserabili condizioni condivise con gli operai polacchi. Alla fine della guerra, il rapporto tra ebrei e polacchi era ancora molto teso, i due mondi erano distanti. Nel dicembre 1918, sotto la spinta degli ebrei Sionisti, fu creato il Consiglio nazionale ebraico che poi chiese lo status di minoranza nazionale, ottenendo invece quello di minoranza religiosa. Il Trattato di difesa delle minoranza nazionali, parte di quello di Versailles, prevedeva che la Polonia garantisse l’uguaglianza di diritti a tutti i cittadini e versasse finanziamenti per l’organizzazione di scuole ebraiche. L’accordo fu sottoscritto e tenuto in vigore fino alla denuncia di Beck nel 1934. In forza degli accordi di Versailles, nella Costituzione del 1921 furono inserite delle disposizioni inerenti le minoranze nazionali. Nel periodo del colpo di stato (1926-35) la partecipazione degli ebrei alla vita politica polacca fu più ampia, Pilsudski aveva una concezione multinazionale dello stato e questo lo rese gradito alla maggior parte degli ebrei polacchi, tanto da partecipare al Blocco governativo. Fino all’avvento di Hitler, l’antisemitismo in Polonia fu bilanciato dalle spinte di tendenza opposta. Il governo dopo Pilsudski si pose in posizione nazionalista e aggressiva verso le minoranze. Le reazioni della società ebraica erano di due tipi: Emigrare per costituire altrove colonie ebraiche Rifiutare l’idea e lottare per i propri diritti in Polonia-> sinistra socialista del Bund. All’interno delle comunità ebraiche, col tempo il Bund diventò una forza antigovernativa e il catalizzatore dell’opposizione all’antisemitismo. La Chiesa condannava pogrom e violenze fisiche contro gli ebrei ma era favorevole al boicottaggio economico delle loro attività. Politica antisemita di Beck: Tentativo di mantenere relazioni buone con la Germania Scaricare su un elemento interno le difficoltà internazionali in cui la Polonia si trovava. L’appeasement giunge al culmine con la firma dell’accordo nel 1938 per l’annessione dei Sudeti che diede inizio alla disgregazione della Cecoslavacchia. Beck sperò invano in un riconoscimento delle pretese polacche alla conferenza di Monaco ma non venne neanche invitato e questo inasprì il suo atteggiamento nei confronti della Cecoslovacchia. Varsavia inviò un ultimatum alla Cecoslovcchia e 1000 Kmq di territorio passarono alla Polonia. Dall’ottobre ’38 la politica tedesca nei confronti della Polonia si fece più pressante. La Germania chiedeva il passaggi odi Danzica sotto la propria sovranità, una ferrovia e un’autostrada avrebbero collegato le due parti della Germania in cambio della concessione alla Polonia di un porto franco raggiungibile con una ferrovia. La Polonia chiedeva alle potenze occidentali un sostegno finanziario per l’acquisto di armi. La Germania attuò lo schema fisso che anticipava l’azione armata: campagna di stampa interna contro le presunte violenze a danno dei tedeschi perpetrate dai polacchi. A Varsavia non si cedette alle provocazioni e si strinsero rapporti con gli nglo-francesi. La freddezza con cui Varsavia accolse le proposte sovietiche contribuì alla stipula del patto Molotov-Ribbentrop che avrebbe sancito l’inizio della guerra e IV spartizione della Polonia. 1 settembre 1939 le truppe tedesche iniziano la distruzione della maggior parte dell’aviazione polacca. Ultimatum britannico e francese, 4 settembre la guerra inizia. Germania combatte da sola ma si era assicurata l lotta su un solo fronte grazie all’accordo con Stalin. La scarsezza delle risorse e le resistenze interne limitarono la creazione di un esercito moderno polacco e quindi la possibilità di affrontare quello tedesco. L’occupazione tedesca di Boemia e Moravia avevano esposto il fianco meridionale e settentrionale della Polonia, l’esercito tedesco condusse attacchi devastanti. Solo dopo 9 giorni di guerra un nucleo polacco riuscì a rompere la linea tedesca e quindi rallentarne l’avanzata verso Varsavia. Il 17 l’Armata Rossa, applicando gli accordi, avanzò in territorio polacco e occupò i territori orientali della Repubblica. Le forze sovietiche disarmarono e catturarono quelle polacche mentre le truppe tedesche continuavano l’avanzata. Cessava di esistere il cuscinetto tra le due principali forze d’espansione dell’Europa centroorientale. Gli occupanti nazisti cominciarono la fase di costruzione dello spazio vitale, riducendo in schiavitù e quindi facendo scomparire la minoranza polacca. Germanizzazione della Polonia operata dal governatore Hans Franck e sotto la supervisione di Heydrich, capo dei servizi di sicurezza tedeschi. Arresto e deportazione in Germania dei professori universitari Uccisione di amministratori politici, dirigenti di cooperative e funzionari di partito Al centro del paese venne creato il Governatorato Generale diviso in quattro distretti: Radom, Varsavia, Lublino, Cracovia. Vi si applicò il modello amministrativo del resto del reich, il governatore dirigeva delle divisioni centrali amministrative, dipendenti soltanto da lui ed era ministro senza portafoglio del governo di Berlino. La popolazione occupata fu divisa in base al grado di germanità: Reichsdeutch, nati nel vecchio territorio del Reich Volcksdeutch, discendente da tre generazioni di tedeschi Nichtdeutch,chi non avesse discendenza ebraica Juden, ebrei. Nelle intenzioni tedesche i polacchi dovevano ricoprire il ruolo di schiavi, i quali non necessitavano neanche di istruzione, quindi si procedette alla chiusura delle scuole, tranne quelle professionali. Non avevano come obiettivo la creazione e il mantenimento del consenso, bastava procedere al mantenimento dell’ordine pubblico per procedere alla trasformazione del territorio polacco. Oltre alle SS, sul territorio operava anche la polizia politica, la Gestapo, che effettuava un controllo continuo di prevenzione e repressione di possibili atti di resistenza. Altra forza di repressione operativa era l’ORPO, costituita per la maggior parte di riservisti. L’organizzazione delle campagne, volta ad aumentare l’efficienza produttiva, consentì ai contadini delle condizioni di vita migliori di quelle nelle città. Tutta l’economia comunque fu piegata a favore dello sforzo bellico. Nelle zone del Governatorato furono deportate fino al ’44 un milione di persone da adibire ai lavori forzati mentre da li furono trasferite in Germania migliaia di lavoratori necessari a colmare il vuoto lasciato dalle esigenze belliche. Per l’URSS, la Polonia aveva cessato di esistere e questo status di “non esistenza” comportava che i suoi soldati, ancora in armi, fossero ritenuti banditi e che il territorio potesse essere occupato. Opera di depoloniazzazione e capillare attività di repressione poliziesca. Anche i russi procedettero a deportazioni di migliaia di lavoratori, destinandoli alle miniere. Si applicò il modus operandi staliniano nel periodo delle grandi purghe. Nel caso sovietico non si trattò di eliminare una razza, bensì gli storici avversari politici. Non c’era bisogno di uno spazio vitale, bensì di una zona cuscinetto e per ottenere ciò c’era bisogno di una minima base di consenso. Per dimostrare buona volontà i sovietici si presentarono come i liberatori. Governo provvisorio polacco con sede a Parigi, riconosciuto in patria da tutti i partiti. Sikorski presidente del consiglio, ispettore generale e comandante supremo dell’esercito e ministro degli affari militari e della giustizia. Zaleski agli affari esteri, Haller alla guerra e Koc al tesoro. Il nuovo governo decise di dichiarare sciolto il parlamento e nominare in sua vece nel ’39 il Consiglio nazionale consultivo e iniziò il reclutamento di soldati tra i polacchi residenti in Francia. Nell’agosto del ’40 un accordo stabilì che le forze polacche avrebbero fatto parte di quelle britanniche. Sul piano politico, il governo confermò le frontiere del 1939 e dichiarò di voler cooperare con la Cecoslovacchia. La resistenza interna si organizzò in clandestinità. I partiti e le associazioni anteguerra organizzarono, autonomamente, gruppi di resistenza spesso non coordinati tra loro. Karaszewicz il compito di organizzare la resistenza. Dalle riunioni clandestine emerse la volontà di ricreare un esercito polacco sul territorio e dei centri di potere provvisori. L’intera organizzazione della resistenza prendeva il nome di “a servizio della vittoria della Polonia” e alla sua testa avrebbe dovuto esserci un comandante in capo affiancato da un Consiglio supremo politico con compiti di direzione politica. Nello statuto di questa organizzazione era prevista l’organizzazione territoriale della resistenza, divisa in dipartimenti e distretti. Karaszewicz e i suoi successori svolsero un duro lavoro di ricomposizione tra forze poco disciplinate e spesso in conflitto. I polacchi combattevano non solo per se stessi ma per la libertà d’Europa, contro ogni ideologia totalitaria, hitlerismo o bolscevismo che fosse. Il governo a Londra volle imporsi nell’organizzazione della resistenza, creando l’Unione per la lotta armata, operante in Polonia diretta da un Ufficio politico che si contrapponeva al Consiglio supremo politico. Il generale Karaszwicz riconobbe l’autorità del governo in esilio e il Servizio della vittoria della Polonia confluì nel giugno del ’40 nell’Unione per la lotta armata agli ordini del generale Rowechi. Il Consiglio supremo politico fu rimpiazzato dal Comitato politico d’intesa, che nel 1943 si trasformò in Rappresentanza politica del paese e nel ’44 divenne Consiglio dell’unità nazionale con una forte componente ideologica socialista. Nel ’42 l’Unione per la lotta armata divenne Esercito nazionale il quale però non intraprese azioni di guerriglia per mancanza di armi e paura di rappresaglie naziste. L’attività militare era svolta dall’Unione di rappresaglie. La distanza dal teatro operativo e la scarsa influenza del governo in esilio sulle decisioni degli alleati, giocarono a favore dell’autonomia della resistenza interna. Nel ’44 il governo in esilio organizzò l’Ufficio del governo e il Consiglio di unità nazionale, nel quale confluì la rappresentanza politica del paese che avrebbe dovuto svolgere il ruolo di parlamento clandestino. L’ufficio era diviso in dipartimenti: Dipartimento degli affari interni Dipartimento del lavoro e dell’assistenza pubblica Dipartimento dell’industria e del commercio Dipartimento di giustizia Dipartimento della difesa nazionale Dipartimento dell’educazione e della cultura Dipartimento dell’informazione e della stampa. Questi ultimi due molto importanti per contrastare l’annientamento tedesco della nazione polacca che prevedeva la distruzione della cultura e della memoria storica. Nacquero così il Centro clandestino dell’Insegnamento e la stampa clandestina con la pubblicazione quindicinale della “Repubblica di Polonia” e di rapporti trimestrali sulla situazione interna. La collaborazione tra i partiti di resistenza si concretizzò in tre dichiarazioni nelle quali si affrontava il problema della sistemazione confinaria che avrebbe dovuto essere tale da garantire alla Polonia uno sbocco sul mare e il mantenimento delle frontiere anteguerra ad est si lottava per una Polonia democratica in politica, economia e cultura si indicava come condizione indispensabile al mantenimento della pace il disarmo militare, economico e politico degli aggressori al fine di distruggerne lo spirito prussiano e hitleriano. Tutti si trovarono d’accordo sulla forma dello stato: democrazia parlamentare con un forte potere esecutivo. Circa il problema agrario, ci sarebbe stata una riforma in forza della quale lo stato avrebbe nazionalizzato le foreste e acquistato la proprietà di tutte le aziende superiori a una certa estensione che avrebbe provveduto a ripartire. Sostegno alla popolazione urbana con finanziamenti per la costruzione di abitazioni e per l’avvio di attività artigianali Riconoscimento della partecipazione alla fissazione degli obiettivi economici agli operai Accesso gratuito all’istruzione per i non abbienti Diritti per le minoranze L’impalcatura dello Stato clandestino ebbe la sua completa definizione con il decreto del presidente della repubblica nel ’44 che ne dava veste formale. L’attacco tedesco all’URSS mutò del tutto la situazione, il governo in esilio dovettero affrontare i nuovi equilibri. La GB era contemporaneamente alleata della Polonia e dell’Urss ma la Polonia considerava la Russia nemica. La GB consigliò al governo polacco un riavvicinamento a Mosca e una riapertura delle relazioni diplomatiche. Sikorski si rese disponibile e accettò un negoziato con Mosca. La rinascita della Polonia era diventata un obiettivo secondario rispetto alla sconfitta del nazifascismo. Sikorski prevedeva una politica di contenimento dell’Unione sovietica basta su due federazioni di stati nell’Europa centro-orientale e nei Balcani. La prima tappa era la costruzione di una federazione polacco-cecoslovacca ma il progetto fu un fallimento vista la ferma opposizione di Mosca. La resistenza interna invece era su posizioni più radicali e considerava il rispetto del trattato di Riga del 1921 come punto di partenza delle relazioni con il Cremlino. Nel dicembre ’41 Sikorski siglò a Mosca un accordo di amicizia e collaborazione in virtù del quale si attivarono dei centri di assistenza ai polacchi, presto infiltrati dallo spionaggio sovietico e chiusi. Mosca consentì anche la formazione in URSS di un’armata polacca al comando del generale Anders. La creazione di una forza polacca serviva a testimoniare agli alleati e ai polacchi stessi, il nuovo corso della politica sovietica e ad evitare operazioni di guerriglia contro l’Armata Rossa. Lo stato di difficoltà dei soldati polacchi e il peggioramento delle relazioni tra Sikorski e il governo sovietico spinsero il primo a rinunciare alla presenza polacca in Russia e a chiedere il trasferimento in Iran e medio Oriente. Questo spostamento delle truppe però lasciò spazio libero all’iniziativa di Stalin alla creazione di un’armata polacca filosovietica. Mosca proseguiva nell’esecuzione di un progetto ben definito e già alla fine del 1941 era iniziata nei territori occupati dai tedeschi l’attività di formazione del partito operaio polacco e dell’armata popolare. In Russia erano emigrati molti comunisti polacchi che formarono la base sulla quale Mosca avrebbe creato un governo provvisorio alternativo a quello di Londra. Il primo passo fu la nascita dell’ìUnione dei patrioti polacchi e la formazione di una divisione di soldati. I rapporti con l’URSS peggiorarono in modo irreversibile quando i tedeschi scoprirono e denunciarono le fosse di Katyn, contenti i corpi di 4500 militari polacchi. La crisi nelle relazioni con Mosca coincise con due duri colpi alla resistenza nel 1943: la morte di Sikorski e la cattura di Roweki, comandante dell’esercito. Le scelte di mosca confermavano le vecchie direttrici aggressive della politica estera zarista. L’evolversi degli eventi bellici favorì le intenzioni del Cremlino in quanto l’URSS rivestiva un ruolo molto rilevante nella lotta contro i tedeschi e loro alleati e ciò gli conferiva notevoli poteri contrattuali. Utilizzando i comunisti polacchi, l’URSS costituì una nuova forza armata indipendente da quella già esistente e in collegamento con il governo a Londra. L’armata rossa nel ’44 passò la frontiera anteguerra e l’esigenza di partecipare alla liberazione del territorio, spinse la resistenza polacca a collaborare. Ricacciati i tedeschi verso occidente, i sovietici catturarono e internarono le forze polacche. Dopo la IV spartizione della Polonia, dei tre milioni e passa di ebrei polacchi, due milioni rimasero sotto dominazione tedesca. I tedeschi arrivarono in Polonia quando il dispositivo che avrebbe poi condotto lo sterminio era già rodato e aveva bisogno di applicazione pratica e fu favorita dall’assoluta padronanza del territorio conquistato. La prima fase del progetto prevedeva l’espulsione di 600 mila ebrei dai territori annessi verso il Governatorato, ai quali si aggiunsero nche gli ebrei e gli zingari provenienti dal resto del Reich. Il trasferimento si ridusse solo a causa delle proteste del governatore Hans, in difficoltà a causa del gran numero di persone inviatogli. Il trasferimento in Madagascar di tutti gli ebrei era il piano più ambizioso per portare a termine la soluzione finale ma fallì. Nell’autunno del 1941 il Governatorato era diventato il principale luogo di destinazione degli ebrei, dei polacchi e degli zingari. Furono istaurati qui i consigli ebraici, che svolgevano il ruolo di organi di trasmissione della volontà tedesca agli ebrei delle proprie giurisdizioni. Nel maggio del 1942 iniziò la prima delle tre fasi di liquidazione dei ghetti e il trasferimento degli internati nei campi di sterminio. Seconda tappa nell’ottobre ’42 e terza tappa nel marzo ’43. A fare scattare l’inizio della soluzione finale fu l’esecuzione dell’operazione Barbarossa, quindi l’attacco dell’unione sovietica nel giugno del 1940. Vennero create delle unità mobili, formate da appartenenti alla Gestapo e alle SS, con il compito di uccidere sul posto ebrei e comunisti trovati. Heydrich diresse il procedimento che avrebbe portato allo sterminio totale. I deportati avrebbero dato vita a enormi colonie di lavoro in cui chi non fosse perito di fatica sarebbe stato poi eliminato. L’alta concentrazione di ebrei e il totale controllo del territorio polacco influirono sulla scelta della Polonia come base per i nuovi campi di sterminio. L’atto di resistenza più conosciuto fu la rivolta del ghetto di Varsavia, fatta quando ormai il ghetto era stato spopolato. La dissidenza degli ebrei polacchi aveva due anime: Una comunista vicina a Mosca Una nazionalista, cui si unirono attivisti del Bund e del partito sionista socialista. I due gruppi trovarono un punto d’incontro in una Commissione di Coordinamento che come braccio combattente aveva l’Organizzazione ebraica di combattimento. L’attacco al ghetto iniziò nell’aprile del 1943. Nella seconda metà del ’44 le sorti della guerra apparivano compromesse, le industrie tedesche avevano disperato bisogno di manodopera e le avanzanti truppe sovietiche cominciavano a scoprire le prime tracce del massacro. Himmler decise allora che la questione ebraica fosse risolta e ordinò lo smantellamento dei campi di sterminio. Con la morte di Sikorski la scelta del successore, secondo la Costituzione, spettava al presidente della Repubblica, il quale decise di scindere le due cariche affidando quella militare al generale Sosnkowski e quella politica a Mikolajczyk, già vicepresidente del governo Sikorski. Ormai l’alleanza tra la potenza sovietica e gli angloamericani era stretta e, inoltre, Roosvelt era entrato nell’ordine di idee che l’URSS avesse diritto a della frontiere sicure, vecchia linea Curzon come frontiera del confine polacco-sovietico. Lo scenario politico era peggiorato per il governo polacco e il nuovo presidente aveva meno potere contrattuale del suo predecessore. Mikolajczyk, non avendo molto da scegliere, mostrò una costante disponibilità a trattare con i sovietici, accettando compromessi territoriali senza giungere mai a una rottura. All’inizio delle guerra la chiesa cattolica polacca possedeva un’organizzazione capillare sul territorio che si prendeva cura di 23 milioni di fedeli. Nei territori annessi della Slesia e della Pomerania, i nazisti tendevano a spostare la popolazione verso il Governatorato e della chiesa cattolica furono colpiti la presenza sul territorio e l’attività di assistenza e sostegno alla popolazione. La reazione di non aperto contrasto con i nazisti permise il mantenimento di parte dell’organizzazione ecclesiastica in Slesia. Nella Prussia occidentale, nonostante la presenza di un vescovo filotedesco, furono colpiti anche i simboli indicanti il carattere polacco delle due regioni. Nei territori annessi all’URSS i beni ecclesiastici furono espropriati, l’insegnamento laicizzato e le case religiose furono chiuse. La politica tedesca nel governatorato non prevedeva la scomparsa della chiesa cattolica e l’attività parrocchiale continuò ad esercitarsi. Nelle intenzioni dei tedeschi la chiesa cattolica doveva rappresentare un mezzo di controllo sociale senza diventare un pericolo per la potenza occupante. La chiesa ortodossa ebbe un trattamento migliore, non rappresentando la chiesa nazionale, poteva essere utile agli occupanti come strumento di controllo della popolazione. Il comportamento tedesco fu meno duro con la chiesa ucraina e quella uniate poiché erano molto legate alla resistenza nazionalista che i tedeschi cercavano di utilizzare in funzione anti-sovietica e contro la resistenza polacca. All’interno della Delegazione del governo per gli interni, una commissione per il clero coordinava la partecipazione degli ecclesiastici alla resistenza. La chiesa cattolica polacca si interessò pure dell’aiuto da dare agli ebrei con falsi atti di nascita, rifugio nei conventi… Mosca durante i cicli di conferenze rifiutò qualsiasi impegno la potesse vincolare nel dopoguerra e mantenne un atteggiamento rigido nei confronti del governo polacco in esilio, stimolato dalla possibilità di avere una zona di occupazione nel territorio tedesco, eventualità che rendeva necessaria la creazione di uno stato polacco filosovietico. Ciò interferiva con la politica britannico che propendeva per delle concessioni territoriali ad oriente ma in cambio chiedeva per la Polonia delle concessioni a occidente (Prussia orientale, Danzica, Alta Slesia) e, sotto il profilo politico, l’installazione in patria del governo in esilio. Alla conferenza di Mosca, i ministri degli esteri prepararono l’incontro dei Tre Grandi a Terhan del 1943. La conferenza non portò novità. Stalin rivendicò il porto sul Baltico e ottenne anche un rimpasto nel governo polacco di Londra e una collaborazione dell’esercito nazionale con le forze sovietiche. La posizione di Stalin uscì quindi rafforzata da questo incontro mentre il destino della Polonia appariva ormai segnato. L’accordo sulla frontiera polacco-russa spianò la strada al governo di mosca che parallelamente all’avanzata delle proprie forze in territorio polacco, fece le mosse necessarie per preparare la realizzazione dei propri interessi. Dopo l’invasione della Russia, un gruppo di intellettuali comunisti polacchi emigrarono in territorio russo e iniziarono una collaborazione con i sovietici. Mosca diede quindi inizio ad un’attività propagandistica e preparatoria alla realizzazione dei suoi obiettivi in Polonia. Nel marzo 1943 nacque su posizioni molto critiche noi confronti del governo di Londra e amichevoli verso l’Urss l’Unione dei patrioti polacchi. Per evitare derive autonomiste Stalin costituì, per i comunisti polacchi a lui fedeli, l’Ufficio centrale dei comunisti polacchi. Il Partito operaio polacco fu fondato nella Polonia occupata nel gennaio 1941, Finder ne fu il primo segretario, affiancato l’anno dopo da Gomulka. Il destino e la guerra aiutarono Gomulka a diventare il segretario del partito e a costituire il Consiglio nazionale polacco, un’assemblea rappresentativa della situazione polacca di quel momento, in contrapposizione con la Rappresentanza politica voluta dallo stato clandestino. L’iniziativa di Gomulka durò poche settimane perché ritenuta una manifestazione di indipendenza da Mosca poiché presa in assenza di comunicazioni con il Cremlino. Nel luglio ’44 nacque il Comitato polacco di liberazione nazionale con l’assenso di Stalin, nel programma era previste: Statalizzazione dei grandi latifondi Sostegno alla proprietà privata e alla libera impresa. Pochi giorni dopo, Mosca riconobbe il Comitato, con Morawski alla presidenza, come solo organo temporaneo del potere esecutivo in Polonia e lo situò a Lublino. Si trattava della fine del governo d’esilio, del tutto privo di capacità contrattuale. Resistenza preesistente e CPLN ebbero rapporti molto tesi e la possibilità di collaborazione tra i due fallì a seguito di una trattativa nel 1943. Gomulka chiedeva una condizione paritaria per la Guardia popolare all’interno dell’esercito nazionale ma il governo di Londra subordinò il proprio assenso all’accettazione: Dell’autorità del governo in esilio Della sganciamento da Mosca Del riconoscimento delle frontiere di Riga. Komorovski, comandante dell’Esercito nazionale, decise di non tenere conto degli ordini e pianificò un’azione di costante disturbo delle forze tedesche in ritirata (“tempesta”). Il presidente del consiglio polacco ritenne, erroneamente, che il piano Tempesta potesse dargli uno strumento di pressione sugli alleati e accettò di modificare la direttiva nel senso desiderato dal generale. Il generale e l’Esercito nazionale, per poter presentarsi come liberatori alle avanzanti truppe sovietiche, decisero di sollevare alcune città. La ribellione iniziò a Wilnio, Lwow e Varsavia nel luglio del 44. L rivolta di Varsavia scoppiò per concomitanza di una serie di circostanze: Attentato a Hitler che poteva far pensare ad una crisi interna tedesca Forze russe reduci da un’avanzata verso ovest che le aveva portate a varcare il confine polacco prebellico. Dall’inizio della controffensiva tedesca il tempo sembrò accelerare il suo ritmo e la pressione sul generale Komorovski , cui spettava la decisione dell’insurrezione della capitale, aumentava. Il 28 luglio 1944 le truppe sovietiche giunsero alla periferia di Varsavia e i vertici civili e militari polacchi fissarono per il primo agosto l’insurrezione. Si pose il problema dei rifornimenti subito dopo aver sfruttato a fondo l’effetto sorpresa e aver conquistato il centro della città. I sovietici non fecero nulla per aiutare le forze polacche nella resistenza contro la controffensiva tedesca, artiglieria e aviazione russa non entrarono in azione neanche dopo il bombardamento della città da parte delle truppe tedesche. Fu fatto inoltre divieto agli alleati di utilizzare gli aeroporti sotto controllo sovietico per rifornire gli insorti. Il comportamento sovietico lasciò il dubbio che la situazione fosse stata sfruttata per consentire la distruzione dell’Esercito nazionale polacco. Il 28 ottobre la città si arrese e pagò un prezzo altissimo in vite di civili e militari. Alle accuse di responsabilità Mosca rispose imputando il fallimento della ribellione al momento poco opportuno del suo scoppio. L’andamento delle operazioni ridusse i già esigui margini di manovra rimasti per trattare dei confini. La ribellione di Varsavia ebbe l’effetto politico di ripresentare i rapporti problematici tra russi e polacchi dopo la guerra. Il sacrificio dell’Esercito nazionale fu la testimonianza della forza dell’orgoglio nazionale polacco. L’intransigenza del governo di Londra sul tema delle frontiere con l’Urss si mantenne costante e si rafforzò con la nomina del nuovo presidente. Ciò complico le relazioni già difficili con Churchill. Nella conferenza di Mosca del 9-18 Ottobre 1944 si rigettò definitivamente il nuovo piano di sistemazione della questione polacca che prevedeva un governo con l’esclusione dei vecchi gruppi della sanaja e la partecipazione paritaria dei comunisti, lo spostamento ad est della linea Curzon era la condizione per una collaborazione con i sovietici. A Jalta, sul Mar Nero, dal 4 all’11 febbraio 1945, si sancì una situazione di fatto in cui l’Urss era diventata la potenza dominante del’Europa centro-orientale. Due governi si contendevano il governo provvisorio della Polonia: quello di Londra e quello filosovietico di Lublino. I confini con l’Unione Sovietica non furono messi in discussione, tranne per la città di Lwow che rimase alla Polonia. A gennaio Stalin riconobbe come governo provvisorio polacco quello di Lublino ma Roosevelt propose un nuovo governo provvisorio di unità nazionale scelto da una commissione tra gli esponenti di Lublino e quelli della diaspora. Il governo di Londra non fu neanche menzionato. Roosevelt teneva moltissimo alla nascita delle Nazioni Unite e una rottura con l’Urss cui temeva potesse giungere Londra avrebbe dato un serio colpo ai suoi progetti. Il presidente USA quindi intervenne su Churchill per ammorbidire la posizione sull’Urss e sul ex presidente del consiglio polacco. La situazione venne ulteriormente complicata dalla trattativa di Berna, in cui emissari tedeschi sondarono la possibilità di intrattenere trattativa con gli angloamericani per un’eventuale resa. Alla conferenza di San Francisco per le Nazioni Unite, il governo di Lublino avrebbe potuto partecipare soltanto in veste riorganizzata così come previsto a Jalta. Churchill e Roosevelt mandarono a Stalin lettere separate che ebbero il merito di sbloccare la situazione, Stalin propose la maggioranza del futuro governo di Varsavia ai comunisti sul modello Jugoslavo. Roosevelt morì, gli successe Truman. Le pressioni di Churchill e la morte del presidente Usa spinsero Mikolajczyk a riconoscere la validità di Jalta. Alla riunione di San Francisco nessuno dei due governi polacchi fu invitato mentre Molotov decise di parteciparvi come atto di distensione e rispetto nei confronti di Roosevelt. Con Truman si ebbe un mutamento nei rapporti con l’Urss, approccio più duro. Le difficoltà economiche e gli aiuti finanziari degli USA a Mosca resero il Cremlino più malleabile. Il cambio di rotta fu il tentativo, fallito, degli Stati Uniti di influenzare la storia dell’Europa orientale del secondo dopoguerra in un crescendo di scontri diplomatici e velate minacce. Nell’aprile del ’45 Truman e Churchill inviarono una lettera congiunta a Stalin chiedendo che il governo di Varsavia si riunisse alla pari con gli esponenti polacchi finora esclusi. Della lista data da Londra a Mosca con le personalità papabili per il nuovo governo, tutti erano stati da poco arrestati a Mosca incriminati di spionaggio. Truman in un incontro, subordinò gli aiuti economici all’Urss alla base negoziale sulla Polonia ma Molotov rimase sulla propria posizione del modello jugoslavo. La necessità di aspettare il completamento degli esperimenti sulla bomba atomica spinse Truman ad ammorbidire momentaneamente i rapporti. In ttesa di avere maggior potere contrattuale era necessario diminuire lo scontro frontale e per fare ciò Truman inviò a Mosca Hopkins come suo rappresentante personale. I sovietici rinunciarono l modello jugoslavo, accontentandosi dei due terzi dei membri per il governo in carica a Varsavia, il 15 giugno si giunse al primo accordo: 14 seggi su 21 sarebbero spettati al governo di Varsavia. Nuovo governo: Bierut presidente Morawski presidente del consiglio Gomulka vicepresidente. Nel giro di pochi giorni il nuovo governo polacco fu riconosciuto dalla Francia e dalla coalizione angloamericana. Il governo polacco con sede a Londra continuò ad esister con il nome di Governo Emigrato e i suoi presidenti continuarono a susseguirsi fino al 1979. L’argomento delle libere elezioni fu affrontato alla conferenza di Potsdam ma le ormai incrinate relazioni con gli alleati e la tattica dilatoria di Truman non consentirono la soluzione del problema in sospeso. Il governo polacco filosovietico aveva accettato, ancor prima dell’integrazione degli elementi polacchi, che le frontiere con la Russia coincidessero con la vecchia linea Curzon. A Jalta i Tre Grandi avevano convenuto sullo spostamento della frontiera occidentale che spostava il confine con la Germani nel cuore dell’Europa e ciò avrbbe ulteriormente legato la Polonia a Mosca. In attesa della conferenza di pace, i territori ad est della linea Oder-Neisse sarebbero stati temporaneamente posti sotto amministrazione polacca. Gli ebrei erano quasi del tutto scomparsi e a quelli che rientrarono dall’Unione sovietica fu facilitata l’emigrazione. Le minoranze lituana, bielorussa e ucraina raggiunsero invece le corrispondenti repubbliche sovietiche. La perdita dei territori ad est fu compensata dall’acquisto ad occidente di zone più fertili e dotate di migliori infrastrutture. Dal secondo conflitto mondiale emersero solo due potenze, Usa e Urss, e la polarizzazione dei loro contrasti e interessi portò alla creazione di due aree d’influenza, Varsavia apparteneva a quella sovietica. Nel giugno ’46 furono riunite nel provvisorio Piccolo codice penale le disposizioni prese in precedenza dal Comitato polacco di liberazione nazionale e poi dal nuovo governo di Varsavia. Il Piccolo codice rimase in vigore fino per 25 anni. Ne frattempo cresceva l’importanza del ruolo politico di Gomulka, il quale prese anche la carica di Ministro delle terre recuperate. Si rendeva conto dell’importanza della riforma agraria nell’instaurazione di un sistema comunista in Polonia e gli era chiaro anche il ruolo importante della chiesa cattolica. La riforma agraria prevista dalla Rappresentanza politica del paese, prima di quella di Gomulka, aveva lo scopo d’ingrandire i piccoli appezzamenti già esistenti e non di distribuire la terra ai non possedenti come invece prevedeva il progetto di Gomulka. In comune c’era l’obiettivo di costruire fattorie estese non oltre i 5 ettari. Le due riforme però non risolvevano la questione agraria e la creazione di aziende così piccole rendeva difficile la loro gestione. Le industrie e il commercio sarebbero state invece parzialmente di proprietà dello stato. Nel dicembre ’44 venne fondata l’Unione mutuale dei contadini, che si poneva in alternativa al movimento cooperativistico già esistente. Nel settore sindacale, il PPR ottenne la direzione del Consiglio provvisorio dei sindacati da cui derivò la Commissione centrale dei sindacati. I sindacati polacchi si trasformarono sul modello di quelli sovietici in cinghia di trasmissione tra il partito e le masse e strumento della costruzione del socialismo. La situazione internazionale non era favorevole ad una ricerca di autonomia interna e i rapporti tra i partiti risentivano del peggioramento delle relazioni tra Usa e Urss. L’amministrazione Truman varò la strategia del contenimento con lo scopo di bloccare l’avanzata del comunismo. Questo obiettivo doveva essere perseguito con misure di carattere economico e propagandistico. Le grandi novità del Piano Marshall stavano nella sistematicità degli aiuti finanziari e alimentari, destinati a tutti i paesi europei che lo volevano. Nel giungo del 1947 Molotov dichiarò che i paesi che avessero accettato il piano statunitense avrebbero perso la propria indipendenza e avrebbero in realtà lavorato per soddisfare gli interessi di alcune potenze occidentali. Sotto la pressione di Mosca annunciarono la loro rinuncia alla conferenza di Parigi: Varsavia Praga Ungheria Albania Romania Finlandia. Mosca diede la sua risposta al Piano Marshall con l’istituzione del Kominforn, ufficio di informazione incaricato di organizzare lo scambio delle esperienze e il coordinamento delle attività dei partiti. Il presidente della repubblica polacca, Bierut, ricevette da Stalin l’incarico di organizzare l’incontro da cui sarebbe ufficialmente nato questo Ufficio nel settembre ’47. I legami della Polonia con l’Urss ne uscirono rafforzati e la formazione di un regime a partito unico ebbe un’accelerazione. Emulazione e stakanovismo strumenti necessari all’incremento della produzione Soppressi tutti gli elementi capitalistici Banche private eliminate Magazzini merci dei privati ridotti Cooperative chiuse. Prevalenza dell’industria pesante Collettivizzazione Ruolo guida dell’Unione sovietica. La difesa interna passava per l’eliminazione di tutto ciò che poteva apparire come una minaccia per il potere comunista e il partito socialista rientrava in quella categoria. Bierut denunciò Gomulka di deviazionismo nazionalista dopo che quest’ultimo aveva predicato della possibilità di una via nazionale al comunismo. Gomulka perse così la carica di segretario di partito a vantaggio dello stesso Bierut che si ritrovò ad essere, contemporaneamente, segretario, presidente di partito e presidente della repubblica. Nel 1948 si creò il Partito operaio unificato polacco. Con la nomina di Bierut a primo segretario del PZPR, cessava la lotta del partito comunista contro gli oppositori a cui era stato riconosciuto un ruolo legale. L’opposizione maggiore veniva dal partito democratico nazionale, al quale il governo provvisorio negò la legalizzazione. Con la nascita del Kominform, il sistema sovietico era in vi di completamento, i partito comunisti si erano stabilizzati al potere e ogni linea politica che si allontanasse dalle direttiva di Stalin era destinata ad essere sconfitta. I margini d’autonomia per le dirigenze nazionali erano quindi molto ristrette. Il periodo non era indicato per manifestazione d’autonomia con la linea politica di Mosca, come fece Gomulka, criticando l’atteggiamento preso dai vecchi dirigenti comunisti sul tema dell’indipendenza nazionale. Altro terreno di scontro fu quello dell’economia, Gomulka era infatti del parere che servisse un periodo transitorio piuttosto lungo per le aziende agricole individuali. Ciò gli valse l’accusa dell’applicazione di concetti economici borghesi. Nell’arco di tre anni la sua valenza politica tramontò, fu colpito dalla prima serie di purghe, quella rivolta ai dirigenti che esprimevano interessi nazionali. La Costituzione polacca del ’52 si rifaceva in buona parte a quella sovietica del ’36 ma conteneva due importanti elementi: Il riconoscimento del diritto di proprietà agli artigiani e ai contadini La limitazione della nazionalizzazione dei mezzi di produzione. La guerra aveva distrutto l’economia polacca e la ricostruzione fu difficoltosa, aggravata anche dal passaggio dal sistema capitalista a quello socialista. Gli aiuti delle Nazioni Unite erano diretti a dare un immediato aiuto alle popolazioni con viveri, medicinali, vestiti. Questo aiuto fu efficace nell’immediato ma per esserlo nel lungo periodo avrebbe dovuto godere di crediti internazionali dalla cui erogazione la Polonia fu esclusa per non aver aderito al piano Marshall. Il 25 gennaio 1949 nacque il Consiglio per la mutua assistenza economica, il COMECON, tra paesi dell’area sovietica in risposta all’OCSE. Il Consiglio avrebbe dovuto essere il principale referente internazionale della vita economica degli stati membri. La struttura, basata su accordi bilaterali, rafforzò all’interno del sistema l’influenza del paese dominante. La rinuncia del piano Marshall, la partecipazione al Comecon e la scelta ideologica stabilirono un percorso obbligato per l’economia polacca. In applicazione delle risoluzioni del Kominform, il governo polacco procedette con le collettivizzazioni della proprietà agraria con la creazione di diversi tipi di fattorie collettive. La proprietà agraria era in mano a tre diversi soggetti: lo stato, le cooperative e i privati, la cui estensione procapite non poteva superare quella prevista dalla riforma agraria. Il modello economico acquisito fu quello della pianificazione centralizzata, l’economia di comando per cui la scelta degli obiettivi macroeconomici e gli strumenti per conseguirli si facevano a livello centrale. Imporre ai polacchi il rispetto dell’autorità e un’uniformità di pensiero all’interno di uno stato presente in modo ossessivo nella vita dei cittadini, era un’opera di più difficile realizzazione rispetto alla collettivizzazione delle terre. Il governo si rendeva conto dell’importanza della chiesa in Polonia e pur volendola limitare, ci andava cauto, mettendo in atto una politica fatta di pressioni e concessioni. Questa politica tendeva a distinguere tra la chiesa locale e il Vaticano. La Santa Sede ebbe una politica intransigente nei confronti del governo comunista polacco e ad inasprire i rapporti tra Chiesa e Stato giunse la scomunica con cui, nel 1949, il papa colpì i cattolici membri del partito comunista. Il governo reagì aumentando la pressione sulla chiesa con lo scopo di ridurne l’attività all’interno del recinto dei luoghi sacri, per limitarne al massimo l’influenza sulla società. A dover affrontare il periodo del peggioramento dei rapporti tra stato e chiesa fu chiamato il vescovo di Lublino, Wyszynski. La sua forza stava nella fede da cui prendeva la disponibilità ad accettare la persecuzione per il raggiungimento dei propri obiettivi. Nel marzo del ’50 il governo decise di incamerare i beni fondiari della chiesa cattolica, escludendo dal provvedimento le piccole unità parrocchiali, volendo così accentuare la politica di divisione del basso clero dalla gerarchia ecclesiastica. Governo e Chiesa ebbero la stessa esigenza di incontrarsi e iniziarono a farlo in modo intenso nell’estate del ’49 con i lavori della “commissione mista”. Siglarono un Accordo in forza del quale la Chiesa si impegnava a: Assumere un comportamento leale nei confronti dello stato Troncare i legami con il gruppo di oppositori clandestino Non opporsi alla collettivizzazione volontaria delle campagne. Contemporaneamente lo stato si impegnava a: Mantenere il catechismo nelle scuole Mantenere gli istituti d’istruzione religiosa Mantenere l’università cattolica di Lublino Riconoscere l’esistenza e l’attività delle associazioni e della stampa cattolica. Siglato l’accordo, rimaneva il problema della sua interpretazione e nei primi anni ’50, essendo lo stato e il partito molto più forti della chiesa, potevano imporre un’interpretazione a proprio vantaggio. La pressione sulla chiesa aumentò d’intensità fino al febbraio ’53, la stampa e l’editoria furono sottoposte a controlli e spesso a chiusura e la stessa sorte patirono molte scuole e associazioni. Pochi mesi dopo il cardinale venne arrestato e, dopo un processo farsa, condannato al domicilio coatto in isolamento che sarebbe durato più di tre anni. Le condanne del cardinale scossero profondamente la chiesa polacca e Wyszynski si avviava a diventare uno dei simboli più rilevanti della Chiesa del silenzio. Con l’approvazione, nel luglio del 1952, della nuova Costituzione, la Repubblica popolare di Polonia divenne una democrazia popolare. La presidenza della repubblica divenne un organo collegiale e nello stesso periodo Bierut assunse anche la carica di presidente del consiglio. Il gruppo dirigente del PZPR era di stretta osservanza staliniana e, una volta consolidato il potere dello stato, diede inizio ad un’epurazione interna che alla fine del periodo delle purghe riuscì ad espellere circa 370 mila dei suoi iscritti. Il Corpo di sicurezza interna, KBW, ebbe una parte attiva insieme all’esercito regolare nella repressione dell’opposizione armata al governo. lo spionaggio all’estero era appannaggio dell’Oddzial II, diviso in tre regioni geografiche e in una quarta, di ricerca e reclutamento. I sovietici, attraverso un sistema di consiglieri, si garantirono un accesso primario alle informazioni e un controllo costante sui servizi polacchi. Particolare attenzione si prestò all’economia, gli informatori erano pronti a segnalare qualsiasi incidente potesse apparire un’azione di sabotaggio contro le direttive del partito o del governo. Altri due organismi di controllo e repressione furono l Milizia e la Commissione straordinaria per la lotta contro gli abusi e il sabotaggio. Le due organizzazioni si occuparono della protezione del processo di collettivizzazione delle campagne e del rispetto da parte dei contadini delle quote di cereali e carne da versare all’ammasso. La versione polacca dello stalinismo non fu soltanto l’applicazione di un metodo poliziesco di controllo e repressione della società, ma anche l’accettazione di un modello di sviluppo economico e dei suoi errori. Il progetto sfruttò al massimo la manodopera delle campagne, contribuendo così alla riduzione della produzione dei beni di consumo. Il miraggio del lavoro garantito in fabbrica, le perplessità sulla riforma agraria e la propaganda dell’Unione della gioventù polacca spinsero migliaia di contadini ad abbandonare le campagne. I piccoli proprietari resistettero alle pressioni e il loro tipo di possesso terriero rimase dominante nonostante il carico fiscale. I piccoli proprietari divennero i nemici della classe operaia, il partito li accusò di voler affamare il proletariato. L’approvazione della nuova costituzione sancì, sotto il profilo giuridico, la nascita della Polonia comunista. Il meno di dieci anni la Polonia era diventata uno stato comunista in possesso di tutte le caratteristiche dell’interpretazione staliniana del comunismo: Rigido controllo della società Partito sovrapposto alle strutture statali Chiesa cattolica con spazi sempre più ristretti Cultura in generale che cantava le lodi di Stalin I comunisti polacchi cercarono di imporre una sorta di religione laica con un proprio capo spirituale m la figura del capo supremo, circondato di sacralità e lontano dal popolo era estranea alla tradizione politica polacca. L comunismo polacco mancò si dall’inizio il forte collante rappresentato da un capo carismatico. Il culto della personalità del maresciallo Stalin, in Polonia, avvenne in tono minore e, dall’altro lato, la chiesa cattolica, unica forza di opposizione in vita, aveva il simbolo della propria indipendenza lontano, a Roma. L’imposizione del domicilio coatto al primate di Polonia fece diventare quest’ultimo il simbolo della chiesa perseguitata ed in essa cominciarono di nuovo ad identificarsi i polacchi che mal accettavano la politica del governo comunista. Con la mancata partecipazione al Piano Marshall, la successiva adesione al COMINFORM, seguita dalla formazione del patto di Varsavia, lo stato polacco stravolse il secolare quadro di riferimento della propria politica estera e si alleò con i tradizionali nemici: russi e tedeschi (orientali). La Polonia condivise con altri paesi la contraddizione in termini d’essere uno stato a sovranità limitata. La guida suprema della Grande Guerra patriottica, morì il 1 marzo 1953 senza lasciare eredi designati. La mancanza al vertice della dirigenza sovietica di un capo della forza e del carisma di Stalin favorì l’affermazione di una linea che prevedeva la conciliazione dell’esigenza di un cambiamento con il mantenimento di una continuità di potere. A Kruscev andò la direzione del segretariato del Comitato centrale e con esso si assistette ad un cambiamento repentino della politica degli anni precedenti. Con la denuncia poi dei crimini di Stalin, cominciò la fase della destalinizzazione che investì tutti gli aspetti della società sovietica. Il PZPR reagì alla morte di Stalin stringendo le redini e rafforzando il controllo sulla società. La dirigenza moscovita intervenne su quella polacca e su Bierut, affinchè venissero applicate anche in Polonia le direttive del nuovo corso. In dicembre Gomulka uscì di prigione e cominciò a spendere il prestigio derivato glia dall’essersi opposto ad alcuni aspetti della politica staliniana. La riduzione del controllo sulla società coinvolse molti aspetti della vita quotidiana dei polacchi, le idee ripresero a circolare, il giornale studentesco Po Prostu fu veicolo di dibattito, proposte e denunce. L’allentamento del controllo sulla società provocò in Polonia una sorta dì improvviso risveglio intellettuale. Kruscev, partendo dalla constatazione delle favorevoli condizioni politiche e militari dell’Urss, sosteneva possibili e opportune delle relazioni più serene tra i due blocchi. Questa visione si impose tra il ’53 e il ’56, migliorando i rapporti con la Cina di Mao e con l Jugoslavia di Tito. La distensione con i propri alleati e un inizio di disponibilità al dialogo con gli Usa prescindeva dalla messa in pericolo del sistema sovietico. I nuovi dirigenti del Cremlino si impegnarono a porre fine alla guerra di Corea e, in risposta all’ingresso della Germania federale alla Nato, nel maggio 1955 ci fu la firma del patto di Varsavia, un’alleanza militare tra gli appartenenti al sistema sovietico. Durante il XX congresso del PCUS, oltre alla denuncia dei crimini di Stalin, si affermò la valenza delle vie nazionali al socialismo e la necessità di migliorare il tenore di vita della popolazione aumentando la produzione agricola. Un avvenimento naturale contribuì ad accelerare il corso degli eventi in Polonia: la morte di Bierut a Mosca, staliniano di ferro e nemico di Gomulka. 13 agosto 1956 il governo, a seguito di manifestazioni di protesta, annunciò le elezioni generali e il settembre prese un provvedimento che segnò l’inizio della fine delle collettivizzazioni nelle campagne, la vendita dei macchinari d’uso collettivo ai privati. La prima crisi del regime comunista polacco partì da motivazioni economiche alle quali si aggiunsero poi le richieste di maggior libertà e partecipazione alla gestione del potere. In questo clima di esaltazione si aspettava il salvatore Gomulka. Questi, forte del consenso ottenuto, puntò alla segreteria del partito, dopo aver ottenuto le dimissioni di Minc. Pareva essere l’uomo giusto al momento giusto, l’esponente di maggior carisma in circolazione e sembrava potesse garantire il controllo del fermento popolare e una destalinizzazione nella stabilità. Una delegazione sovietica arrivò a Varsavia, con l’intento di bloccare un’evoluzione troppo rapida che rischiava di uscire di limiti di stabilità del sistema sovietico. Polacchi e sovietici iniziarono a trattare mentre un palese spostamento di carri in direzione di Varsavia faceva temere un intervento militare. La trattativa si svolse in un’atmosfera fredda alla fine della quale Gomulka divenne segretario di partito e si riconobbe la possibilità di una via nazionale polacca al socialismo. A testimonianza del rispetto della sovranità polacca, si approvò la competenza esclusiva del Comitato centrale polacco nella formazione del Politbjuro. Il nuovo segretario proclamò il suo programma: Riforme economiche nel senso di un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini Decollettivizzazione delle campagne Libertà religiosa Sviluppo di una democrazia socialista Il successo di Gomulka era notevole, i polacchi adesso si aspettavano una liberalizzazione del regime. Il periodo tra la morte di Stalin e l’asce di Gomulka risvegliò forze di opposizione presenti nella società polacca. Il primo segretario inserì i partigiani in posti delicati dell’amministrazione statale. In questa fase di stabilizzazione Gomulka ebbe l’appoggio del potente segretario del partito della Slesia, Gierek. Il cinema, il teatro, l’architettura e la fioritura dell’arte astratta testimoniavano l’esistenza di ampi spazi di libertà espressiva che avrebbero influito sul futuro polacco. I riflessi interni della primavera di Praga spinsero però Gomulka a reprimere, nel 1968, le libertà concesse. La Cina si riteneva l’erede del leninismo rivoluzionario da contrapporre ai conservatori sovietici. L’appoggio della Cina per Varsavia poteva essere funzionale per allargare la sfera di autonomia nazionale, ma la dipendenza da Mosca era così forte da ridurre drasticamente la possibilità di giocare la carta cinese. La collettivizzazione fu abbandonata e la Polonia continuò sulla strada dell’originalità all’interno del sistema sovietico. Dopo la riduzione delle aziende collettive, la produzione aumentò del 32% consentendo il raddoppio dell’esportazione dei prodotti agricoli. L’aumento della produttività richiedeva anche quello degli sbocchi interni,l’eliminazione dei vincoli consentì quindi una diffusione dei prodotti e della vendita al dettaglio. All’arresto della collettivizzazione non corrispose una riforma del mercato e del sistema creditizio: lo stato rimase il principale cliente e fornitore di servizi. Si tentò di riformare la struttura economica sulla base del “socialismo di mercato” ma queste teorie si scontravano con la mancanza di un mercato e di un sistema concorrenziale. Il reddito nazionale e la produttività del lavoro aumentarono ma i salari reali progredirono debolmente. La piena occupazione non fu mai raggiunta e nell’industria era presente una disoccupazione camuffata da sottoccupazione. Per impedire fughe in avanti, Gomulka chiamò a gestire la riforma due economisti di formazione staliniana che reintrodussero i principi dell’economia di comando e disciplina. Nel 1969 nacque la Banca degli investimenti del COMECON, nel ’71 si approvò un piano polacco di progressiva integrazione. I principali obiettivi di politica estera di Gomulka erano il rafforzamento del suo paese nei confronti della RFT e il riconoscimento delle frontiere della IIGM. Nel sistema occidentale solo De Gaulle riconobbe, nel 1956, l’intangibilità del confine tedescopolacco della IIGM. Con Gomulka al potere nacque un modus vivendi con la chiesa cattolica la quale ne ricavava più ampi spazi di manovra che le consentirono di aumentare la sua forza nella società. Gli incidenti tra Chiesa e Stato ci furono comunque e la prima dovette difendere gli spazi di libertà ottenuti. L’Olocausto non eliminò la questione ebraica in Polonia. Le circostanze favorirono il riemergere di due aspetti dell’antisemitismo: Quello di chi non restituiva ai legittimi proprietari i beni da questi abbandonati L’uso politico, come strumento di lotta contro gli avversari, del fenomeno. Il governo utilizzò in funzione anti tedesca la memoria dell’Olocausto, negandone la specificità ebraica e spiegandolo come una pianificazione nazista dello sterminio della Nazione polacca e delle altre nazionalità. La chiesa cattolica diede delle violenze più brutali una lettura politica, attribuendole all’acredine dei polacchi verso i tanti ebrei che ricoprivano cariche importanti e non a motivazioni razziali. Tutto ciò, unito all’azione del movimento sionista che spingeva per l’emigrazione in Palestina, favorì la quasi scomparsa degli ebrei polacchi dalla Polonia. Le dimissioni di Kruscev del 1964 per motivi di salute, videro l’ascesa alla segreteria del partito di Leonid Breznev. La fine politica di Kruscev segnò la fine della destalinizzazione, si scelse per un conservatorismo politico, proprio in un momento in cui le forze messe in moto dalla destalinizzazione avrebbero avuto bisogno di un adeguamento delle strutture politiche ed economiche. Ciò portò in Polonia al rafforzamento della posizione dei tecnocrati, alla dura repressione di ogni movimento a sostegno della Primavera di Praga e in un rafforzamento della posizione del gruppo del ministro degli interni Moczar. Con l’accusa di sionismo, il ministero degli interni procedette ad un’epurazione di intellettuali e politici anche vicini al primo segretario. Gomulka verso la fine degli anni sessanta, non sembrava più in grado di dominare le forze che egli stesso aveva messo in moto. Si arroccò in una strenua difesa dell’autorità del partito, represse le manifestazioni di liberalizzazione interna e lottò contro le influenze in tal senso provenienti dall’esterno, spingendo assieme ad Ulbricht, Mosca ad intervenire in Cecoslovacchia poiché la situazione metteva in pericolo i paesi membri del Patto di Varsavia. I carri del Patto di Varsavia stroncarono nel 1968 ogni speranza di evoluzione democratica. Scoppiarono le rivolte degli operai di Danzica, suscitando il dubbio di una regia dei gruppi dei tecnocrati e di Moczar. Gierek si era dichiarato contrario alle misure decise dal primo segretario. La situazione precipitò e intervenne l’esercito il quale isolò le città e impose il coprifuoco. Si rivisse lo scema della presa di potere del capo, in questa occasione era Gierek a rappresentare le speranze dei manifestanti e il potere emergente all’interno del partito. A Stettino fu indetto uno sciopero generale e vennero eletti dei delegati che aprirono una trattativa con i rappresentanti regionali del partito e le autorità municipali. La posizione del Cremlino era quella dello schema del 1956 ma il ruolo che quella volta fu di Gomulka in questa occasione passò a Gierek, buon amministratore, comunista ortodosso, con il sostegno dei capi dell’esercito e di Moczar. Il VII plenum del partito nel 1970 sancì la fine politica di Gomulka e l’inizio del periodo di governo di Gierek. Con gli intellettuali i rapporti con il nuovo segretario furono all’inizio posizivi, diminuzione della censura e apertura ad una libertà d’espressione che però nel tempo sarebbe stata progressivamente ridotta a causa delle crescenti critiche rivolte al regime. Durante il governo Gierek migliorarono i rapporti con la chiesa cattolica che potè consolidare gli spazi progressivamente conquistati. Nel 1971 concesse alla chiesa la proprietà degli ex territori tedeschi ma non si firmò nessun concordato. La chiesa polacca negli anni ’70 fu molto attiva nel denunciare i mali della società e nel mantenersi salda attorno al proprio primate. Gierek e i suoi uomini commisero un grosso errore, vollero spostare la lotta contro la chiesa sul terreno della concorrenza tra modelli sociali. Gierek intraprese un faticoso cammino di riforme in direzione di un accentramento amministrativo. La Polonia del primi anni ’70 era uno stato politicamente stabile poiché il regime aveva fornito prova di essere in grado di assorbire le tensioni. Il 1 maggio 1975 entrò in vigore il nuovo codice del lavoro che aumentò la tutela per il lavoratori giovani ma non concesse il diritto di sciopero. Nella società polacca di questo periodo c’era possibilità di discutere delle scelte governative, si erano creati degli spazi che il governo e il partito non avrebbero più potuto chiudere. C’è un elemento in comune nelle due successioni al potere: i vincitori sfruttarono la protesta popolare e una volta al potere si sbarazzarono degli alleati più pericolosi, quelli che godevano di un potere alternativo al loro. L’eliminazione degli ex sostenitori però non era mai dei tutto completa, operai, studenti ed intellettuali ebbero la possibilità di criticare il governo e il partito. Questa possibilità di critica di concretizzò nel momento in cui venne presentato il progetto del governo di apportare delle modifiche alla Costituzione inserendovi il carattere socialista dello stato e il ruolo direttivo del partito. Consiglio dell’episcopato, intellettuali cattolici e studenti protestarono vivacemente. Il IV congresso del partito e la IV sessione del comitato centrale del 1964 convennero sulla necessità di una riforma del sistema economico. Si ridusse il numero delle associazioni industriali e delle imprese, si diminuirono i vincoli. Nella direzione della concentrazione organizzativa si operò anche nel settore bancario. Il sistema economico nel suo complesso diede segni di squilibrio. La politica estera di Gierek si svolse in uno scenario internazionale più favorevole, dato dal processo di distensione in atto tra Nixon e Breznev. Il disgelo tra i due blocchi si completò nel 1975 con la firma dell’Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE). L’Atto di Helsinki risolveva il problema delle frontiere con la DDR e in questo clima, Varsavia ebbe una certa libertà d’azione. Le relazioni con la Germania federale migliorarono. Nei primi mesi del 1980 l’economia risentì degli effetti negativi della disordinata riforma economica. Le riforme economiche e i prestiti che giungevano dall’Occidente contribuivano a migliorare il sistema produttivo e le condizioni di vita dei polacchi ma questi effetti ebbero vita breve a causa del costante incremento del deficit commerciale. Tra le altre cause che contribuirono ad acuire i problemi dell’economia polacca le più importanti furono: L a crisi petrolifera degli anni Settanta La recessione dei paesi occidentali L’aumento del costo del denaro nei mercati finanziari esteri. Nel 1976 il governo ritenne di poter dare il via all’aumento dei prezzi ma questo provocò lo scoppio di rivolte e l’intervento dei reparti speciali antisommossa. La protesta però raggiunse lo scopo e i provvedimenti venne ritirato ma il governo unì tale decisione alla dura repressione. In parte dei protestanti iniziò farsi strada l’idea della necessità per la società civili di organizzarsi in maniera stabile contro il regime creando proprie strutture. Kuron fu il fondatore nel ’76 del Comitato di difesa dei lavoratori KOR, con la funzione di tutelare sotto l’aspetto giuridico gli operai vittime delle repressioni e successivamente divenne un centro di aggregazione della protesta contro il regime. Tra gli intellettuali del comitato molti tesero la mano alla chiesa cattolica, che la accolse e trovò con i dissidenti un terreno comune nella tutela dei diritti dell’uomo e della libertà. Un anno dopo il comitato cambiò nome in Comitato di autodifesa sociale KSS a testimonianza di un suo impegno più vasto nella società polacca. L’attività in favore degli operai servì a colmare in parte il distacco esistente tra intellettuali e proletariato. Alla diffusione del dibattito interno a questi gruppi contribuì il giornale Robotnik (operaio), nelle cui pagine si dibatteva del riconoscimento del diritto di sciopero, della settimana lavorativa di 40 ore, della creazione delle commissioni di controllo indipendenti sulla sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro. Nel marzo ’78 da questo fermento nacquero in Slesia il primo Comitato fondatore dei sindacati liberi e quello del litorale baltico. I sindacati occidentali erano presi a modello per la difesa degli interessi dei lavoratori e per la costituzione di una forza in grado di trattare alla pari con il governo. Il panorama della dissidenza polacca alla fine degli anni 70 va completato con l’inserimento, a fianco del KSS e dei Comitati per la fondazione dei sindacati liberi, della Giovane Polonia e del Movimento per la difesa dei diritti dell’uomo. A decretare l’inizio della nuova crisi politica furono gli operai dei cantieri di Danzica, la cui protesta diventò coagulo per intellettuali e studenti. La chiesa questa volta intervenne nella rivolta e seppe guidarla e mantenerla esente dal rischio di provocazioni. Gierek per fronteggiare la protesta decise di aumentare salari e pensioni ma la contestazione che ne seguì si spostò progressivamente dal piano economico a quello politico. Nell’agosto del 1980 si creò un Comitato generale di sciopero guidato da Walesa e fu in questo periodo che maturò l’idea di un sindacato indipendente da quelli ufficiali e basato sugli ideali di solidarietà cari alla cultura cattolica. Le richieste da economiche divennero politiche: libertà sindacale, accesso ai mezzi d’informazione, rispetto delle convinzioni religiose.. Gierek rigettò le richieste dei Comitati ed escluse ogni possibile riconoscimento dei sindacati liberi. Il Partito si arroccò nella difesa delle proprie prerogative e sottovalutò l’importanza del movimento di costituzione dei sindacati liberi. L’accentuarsi della crisi fu sfruttata, in seno al comitato centrale del partito, da tutti coloro che erano stati messi da parte da Gierek, in particolare dal gruppo dei partigiani di Moczar. Il 31 agosto si concluse l’accordo di Danzica, nel quale vennero stilati 21 punti costitutivi, riguardanti due settori specifici: quello delle riforme economiche e quello dei diritti civili e politici. Il diritto di sciopero fu garantito così come la libertà di espressione e la conseguente soppressione dei reati d’opinione, la liberazione dei prigionieri politici e la fine delle discriminazioni per fede religiosa. Nel settembre 1980 il Consiglio di stato prese una decisione molto importante per il futuro dei sindacati indipendenti, ne riconobbe la personalità giuridica a condizione che la registrazione avvenisse presso il tribunale di Varsavia. In tutta la Polonia sorsero sindacati indipendenti che chiesero l’estensione ai propri settori degli accordi raggiunti. Alla fine di settembre del 1980 a Danzica, per volontà dei rappresentanti dei 36 sindacati indipendenti nacque Solidarnosc, Sindacato indipendente autogestito di solidarietà. Il successo rese legale l’esistenza della libertà sindacale e, di fatto, di un’opposizione politica in cui si identificavano gli operai, gli intellettuali e la chiesa. Il mondo contadino invece non prese parte alla contestazione. Gierek lasciò il posto a Kanya alla carica di primo segretario del partito. Sin dall’inizio dei movimenti si era temuto un intervento sovietico ma i carri da Mosca non si mossero per due ragioni: I comitati non misero mai in discussione l’alleanza con l’Urss e non chiesero la nascita di istituzioni borghesi Gli scioperanti commisero poche violenze Crisi agricola interna all’Urss La situazione nel suo complesso non era favorevole a un’azione militare. Tra la fine del1980 e l’inizio dell’81, l’agitazione operaia raggiunse alcune fabbriche di Mosca, Kiev, Leningrado, i manifestanti si dichiaravano solidali con i compagni di Danzica condividendone le rivendicazioni, motivazioni religiose a parte.