APPUNTI di
ECONOMIA MONETARIA
(CORSO PROGREDITO)
Giancarlo Bertocco*
Corso di Laurea Magistrale
Anno Accademico 2010-11
*Questo testo è stato realizzato sulla base degli appunti presi durante le lezioni
tenute nell‟anno accademico 2009-10, dalle studentesse Debora Diana e Federica
Geranio che ringrazio.
1
Indice
Presentazione del corso (Le due interpretazioni della crisi)
3
PARTE PRIMA: LA TEORIA MAINSTREAM (NEOCLASSICA)
DELLA FINANZA
1. Moneta e credito secondo la teoria mainstream
31
2. Il ruolo degli intermediari finanziari
39
3. Finanza e crescita economica
44
4. La neutralità della finanza: l’analisi di Merton e Bodie
53
PARTE SECONDA: LA TEORIA KEYNESIANA DELLA FINANZA
59
1. La moneta bancaria e la natura del credito (Cannan/Schumpeter/Hicks) 62
2. Moneta bancaria e fluttuazioni del reddito e dell’occupazione
71
2.1 Teoria della preferenza per la liquidità e fluttuazioni del reddito
72
2.2 La teoria dei fondi mutuabili
85
2.3 La risposta di Keynes alla teoria dei fondi mutuabili
93
2.4 Decisioni di investimento, aspettative e incertezza
101
2.5 Moneta bancaria e decisioni di investimento
106
2.6 La spiegazione delle fluttuazioni del reddito e dell’occupazione
108
3. Speculazione e intraprendenza nell’analisi di Keynes.
111
2
Presentazione del corso (Le due interpretazioni della crisi)
Un corso di economia monetaria si occupa, evidentemente, di moneta.
Occuparsi di moneta significa spiegare qual è il ruolo della moneta nel sistema
economico.
Nel corso di Macroeconomia abbiamo descritto modelli macroeconomici in cui
compare il mercato della moneta: Domanda e Offerta di moneta.
I concetti di domanda e offerta di moneta sono importanti.
Cosa significa domandare moneta? Non significa desiderare moneta.
Moneta fondo di valore: componente della ricchezza, domandare moneta
significa decidere di impiegare una parte della ricchezza in moneta.
Offerta di moneta: creazione di moneta
Quantità di moneta esistente vista da due prospettive diverse: chi crea moneta, chi
possiede moneta.
Nel corso di Macroeconomia abbiamo visto due diverse teoria della moneta, due
diverse spiegazioni del ruolo della moneta.
TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA, teoria neoclassica della moneta.
TEORIA KEYNESIANA DELLA MONETA.
TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA, Principio della neutralità della
moneta. Cosa significa?
Non significa che la moneta è irrilevante poiché essa riduce i costi dello
scambio rispetto ad una economia di baratto.
La quantità di moneta non conta; reddito e ricchezza di un paese non
dipendono dalla quantità di moneta in circolazione. Y e N dipendono da
fattori reali, non da fattori monetari. Economia di mercato, basata sul sistema
dei prezzi, raggiunge spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione grazie
a: i) flessibilità dei salari; ii) flessibilità del tasso di interesse. (vedere
successivamente)
Variazioni di M influenzano i prezzi; l‟inflazione è un fenomeno monetario.
3
TEORIA KEYNESIANA DELLA MONETA. Afferma il principio della non
neutralità della moneta.
Keynes critica la teoria neoclassica: afferma che una economia di mercato
non è in grado di raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena
occupazione.
Una economia di mercato è caratterizzata da fluttuazioni del reddito e
dell‟occupazione che dipendono dalle fluttuazioni della domanda aggregata:
D  Y non vale la Legge di Say (vedere successivamente)
La moneta non è neutrale perché è un elemento importante per spiegare le
fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione.
Per Keynes un‟economia monetaria non è semplicemente una economia in
cui si usa moneta, ma è una economia in cui la presenza della moneta è un
elemento
importante
per
spiegare
le
fluttuazioni
del
reddito
e
dell‟occupazione; per spiegare perché non c‟è piena occupazione
Modello IS-LM: MrIY
Questa è una sintesi di alcuni argomenti trattati nel corso di macroeconomia; in
questo corso di occuperemo di un argomento strettamente collegato alla moneta:
la FINANZA.
In questo periodo storico esiste una ragione particolare che giustifica l‟attenzione
per il tema della Finanza e della relazione tra Moneta e Finanza ed è costituito
dalla profonda crisi economica che ha colpito l‟economia mondiale a partire dalla
seconda metà del 2007.
In questi anni sono stati pubblicati moltissimi lavori che analizzano le cause della
crisi e tutti questi lavori sottolineano che all‟origine della crisi economica c‟è stata
una crisi finanziaria; questo rende particolarmente importante studiare il
fenomeno della finanza.
L‟obiettivo di questo corso è studiare il ruolo macroeconomico della Finanza e
quindi analizzare le cause della crisi.
Cominciamo a dare una prima definizione di FINANZA.
4
Il fenomeno della Finanza si fonda sui concetti di Debito e di Credito. Un
sistema finanziario è costituito dall‟insieme dei mercati, degli strumenti
finanziari e delle istituzioni che rende possibile e che gestisce queste relazioni
di debito e di credito. Quindi l‟importanza macroeconomica del sistema
finanziario è legata al numero di creditori e debitori e all‟ammontare dei questi
contratti di debito/credito.
Esiste una stretta relazione tra MONETA e FINANZA perché la moneta è
l‟oggetto tipico del rapporto tra creditori e debitori. Il tipico contratto che lega
creditori e debitori è quello con il quale il creditore cede una certa quantità di
moneta al debitore il quale si impegna a restituire al creditore, ad una certa
scadenza futura, lo stesso ammontare di moneta aumentato di un premio
costituito dal tasso di interesse.
Questa semplice definizione di Finanza ci permette di dare una prima definizione
del concetto di CRISI FINANZIARIA.
Si ha una crisi finanziaria quando un numero significativo di debitori non è in
grado di restituire il prestito ottenuto.
La crisi finanziaria che ha dato origine alla crisi economica mondiale è stata
provocata dalla insolvenza di una particolare categoria di debitori; si tratta di
coloro che, soprattutto negli Stati Uniti, avevano sottoscritto una particolare tipo
di mutui costituito dai MUTUI SUBPRIME.
Per descrivere le caratteristiche di questi mutui subprime consideriamo, in primo
luogo le caratteristiche di un mutuo. Un mutuo è un prestito garantito dal valore
del bene che viene acquistato con questo finanziamento, ad esempio una
abitazione. In caso di insolvenza del debitore, il creditore ha il diritto di vendere
il bene che è oggetto della garanzia, la casa, ottenendo in questo modo il rimborso
del prestito.
Il mutuo è quindi, tipicamente, una operazione poco rischiosa per il creditore,
tipicamente una banca, per due ragioni:
i) la banca presta una somma che copre fino al 60-70 % del valore dell‟abitazione,
quindi da un lato finanzia soggetti che possiedono un capitale sufficiente ad
5
acquistare una parte significativa dell‟immobile e dall‟altro ottiene in garanzia un
bene il cui valore è significativamente superiore a quello del prestito. In questo
modo si tutela dal rischio di una caduta del valore del bene che garantisce il
prestito;
ii) in secondo luogo la banca normalmente finanzia soggetti che dimostrano di
possedere un reddito che consente loro di soddisfare gli impegni di restituzione
del prestito.
I mutui subprime sono una categoria di mutui particolarmente rischiosi perche
non soddisfano queste due condizioni. Si tratta infatti di mutui che:
i) venivano concessi per importi pari o addirittura superiori al valore
dell‟immobile che doveva essere acquistato;
ii) venivano concessi a soggetti che possedevano redditi molto bassi
Nei primi anni del decennio passato, si è registrato, soprattutto negli Stati Uniti,
un forte aumento di questa particolare categoria di mutui. Nei primi anni i
mutuatari furono in grado di far fronte al loro impegno di restituzione del prestito
e non si registrò un alto numero di insolvenze poiché da un lato prevedevano per i
primi anni condizioni favorevoli di rimborso, cioè basse rate, ed inoltre questa
basse rate erano favorite anche dai bassi tassi di interesse che si registravano in
quel periodo. Ma a partire dal 2004-2005 i tassi di interesse cominciarono a salire
e le rate di rimborso diventarono più onerose; questo provocò un forte aumento
delle insolvenze, cioè del numero dei mutuatari che non furono in grado di
rimborsare il prestito.
Queste insolvenze legate alla forte incremento dell‟erogazione dei mutui
subprime, provocarono la crisi finanziaria.
L‟altro elemento che caratterizza questa esperienza è costituito dal fatto che la
crisi finanziaria non ha colpito soltanto il sistema finanziario e quindi una parte
del sistema economico, cioè non ha colpito soltanto le banche che hanno erogato i
mutui e i clienti delle banche che avevano acquistato i titoli di credito emessi dalle
banche, ma ha dato origine ad una profonda crisi economica.
6
L‟economia mondiale si trova infatti a partire dal 2008-2009 in una profonda
recessione, la peggiore recessione dopo la crisi del ‟29. La crisi attuale è stata
associata alla crisi del ‟29 e ad un altro evento di importanza storica: la
STAGFLAZIONE degli anni ‟70 del secolo scorso.
La crisi mondiale quindi non è un evento di secondaria importanza, ma un
fenomeno di rilevanza storica, cioè un fenomeno che sarà ricordato nei libri di
storia, come è ricordata la crisi del ‟29 e la stagflazione degli anni ‟70.
Dobbiamo sottolineare che i primi due eventi hanno avuto un impatto enorme
sulla teoria macroeconomica, in quanto hanno spinto gli economisti a modificare
lo schema teorico utilizzato per interpretare il funzionamento del sistema
economico.
La crisi del ‟29 ha dato origine alla nascita della macroeconomica moderna. Come
abbiamo visto nel corso di macroeconomia, la crisi del ‟29 è all‟origine della
nascita della teoria Keynesiana.
La Grande Depressione ridusse la fiducia degli economisti nei confronti della
teoria classica che affermava che una economia di mercato è in grado di
raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione e le crisi potevano
essere soltanto fenomeni passeggeri che venivano superati spontaneamente dal
sistema economico grazie alla flessibilità dei salari e del tasso di interesse. Nel
1936 Keynes pubblicò la sua opera fondamentale in cui sosteneva che
una
economia di mercato è soggetta a fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione e che
la flessibilità dei prezzi e dei salari non è in grado di evitare significative e
prolungate cadute del reddito e dell‟occupazione.
La teoria Keynesiana sostituisce la teoria neoclassica e diventa la teoria
dominante negli anni fino agli anni ‟70 quando si manifesta il fenomeno della
Stagflazione.
I primi decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, gli anni ‟50 e
‟60 furono caratterizzati da alti tassi di crescita del reddito, da alta occupazione e
7
da bassa inflazione e questi significativi risultati vennero considerati come un
effetto dell‟efficacia delle politiche keynesiane.
Negli anni settanta la situazione cambia significativamente: la crescita rallenta ed
aumenta significativamente l‟inflazione, questa combinazione di stagnazione e di
alta inflazione viene indicata con il temine di stagflazione. Questo nuovo
fenomeno spinse gli economisti a mettere in dubbio l‟efficacia delle politiche
Keynesiane. Inoltre a partire dagli anni sessanta l‟economista americano Milton
Friedman elaborò una profonda critica nei confronti della teoria keynesiana che
mostrava che le politiche keynesiane erano efficaci soltanto in condizioni
particolari (in presenza di illusione monetaria).
La critica di Friedman alla teoria keynesiana ebbe un effetto enorme sulla teoria
macroeconomica; indusse gli economisti ad abbandonare la teoria keyneisiana e
ad accettare una nuova teoria elaborata sulla base delle critiche di Friedman, che
riproponeva le conclusioni fondamentali della teoria neoclassica, cioè della teoria
che Keynes aveva criticato negli anni trenta. A partire dagli anni ‟70 la teoria
dominante è costituita da una
nuova versione della teoria neoclassica
che
afferma la validità di due fondamentali proposizioni di questa teoria:
i) che un‟economia di mercato è in grado di raggiungere spontaneamente
l‟equilibrio di piena occupazione;
ii) il principio della neutralità della moneta (teoria quantitativa della moneta)
Ci possiamo quindi chiedere se anche questa crisi, come è avvenuto in
conseguenza degli altri due fenomeni a cui essa è stata associata, indurrà gli
economisti a modificare la teoria macroeconomica. Questa è una domanda che si
sono posti molti economisti in questo periodo, dando risposte differenti.
Un primo esempio che possiamo citare è costituito da un importante economista
italiano, Guido Tabellini, rettore della Bocconi il quale ritiene che non sia
necessario modificare il modello teorico:
8
Non c'è alcun dubbio che la crisi in corso sarà ricordata come un evento d'importanza
storica, paragonabile alla Grande Depressione del '29 e alla spirale inflazionistica che è
seguita al crollo di Bretton Woods e al primo shock petrolifero negli anni 70. Entrambi
quegli eventi hanno avuto un profondo impatto, non solo sulla realtà economica e
politica, ma anche sul mondo delle idee.
La Grande Depressione ha portato alla rivoluzione keynesiana e ha trasformato il modo
di pensare su ruolo e obiettivi della politica economica e sui confini tra stato e mercato.
L'inflazione degli anni 70 è stata seguita dalla controrivoluzione monetarista guidata
dalle idee di Milton Friedman E questa volta? Vi sarà un'altra rivoluzione nelle idee
degli economisti circa i compiti della politica economica e il funzionamento di
un'economia di mercato?Io penso di no. (Guido Tabellini, Il mondo ritorna a correre
l’Italia non si fermi, Il Sole 24 ore, 24 giugno 2009).
Economisti altrettanto autorevoli ritengono invece che la crisi attuali dimostri i
limiti della teoria mainstream e ritengono quindi necessario abbandonare la teoria
mainstream e recuperare l‟insegnamento di economisti come Keynes. Questa è la
posizione di due premi Nobel dell‟economia come Joseph Stiglitz e Paul
Krugman. Stigliz ad esempio afferma:
“ Continua lo scambio di accuse su chi è responsabile della peggior recessione
mondiale dai tempi della Grande Depressione: i finanzieri che sono stati incapaci
di gestire il rischio o i regolatori che non sono riusciti a fermarli. Ma una parte
non indifferente della colpa spetta agli economisti di professione. Hanno
rassicurato i regolatori fornendo modelli di mercati che si auto-regolavano, si
auto-correggevano ed erano efficienti. Regnava sovrana l’ipotesi del mercato
efficiente. Oggi l’economia è andata a rotoli insieme, si può sperare, al
paradigma economico che prevaleva negli anni prima della crisi.” (Stiglitz, 2108-2010)
Prima di analizzare le ragioni su cui si basano queste due contrapposte
proposizioni, conviene ricordare in maniera più precisa l‟impatto che i due
precedenti fenomeni hanno avuto sulla macroeconomia, poiché in questo modo
possiamo ricordare alcuni aspetti significativi della teoria mainstream.
9
La crisi del ‟29, come abbiamo già ricordato può essere considerata l‟evento che
ha dato origine alla nascita della teoria Keynesiana. Come abbiamo visto nel corso
di macroeconomia, la tesi fondamentale sostenuta da Keynes consiste
nell‟affermare che un‟economia di mercato è soggetta a crisi, a fluttuazioni del
reddito e dell‟occupazione e non è in grado di raggiungere spontaneamente
l‟equilibrio di piena occupazione.
Secondo Keynes le fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione sono provocate
dalle fluttuazioni della domanda aggregata dovute soprattutto all‟instabilità delle
decisioni di investimento.
Possiamo ricordare gli aspetti più significativi della teoria di Keynes partendo dal
modello neoclassico che Keynes critica. Il modello neoclassica viene descritto
considerando due mercati: il mercato del lavoro e il mercato dei beni.
Il mercato del lavoro è caratterizzato da:
-
funzione di domanda di servizi di lavoro da parte delle imprese, Nd →
funzione decrescente rispetto al salario reale e coerente con il principio di
massimizzazione dei profitti delle imprese:
Nd = f
-
con
f’ < 0
funzione di offerta di lavoro che riflette il comportamento delle famiglie, Ns
→ funzione crescente rispetto al salario reale:
Ns = g
con
g’ > 0
In corrispondenza di Nd = NS avremo un livello occupazionale pari a NE, ossia
l‟equilibrio di piena occupazione.
10
𝑊
𝑃
𝑾
𝑷
NsNd
E
Equilibrio di piena occupazione
NNd
s
NE
Nd ; Ns
Figura 1
Affinché le imprese possano massimizzare i profitti occorre anche che esse
riescano a vendere tutto ciò che producono. In altri termini secondo la Teoria
Neoclassica condizione necessaria affinché si realizzi il reddito di piena
occupazione è che esista una domanda aggregata capace di assorbire il reddito di
piena occupazione:
D = YPO
Il reddito di piena occupazione è il livello di reddito che viene prodotto quando
vengono impiegati NE lavoratori.
Il reddito dipende dal livello occupazionale infatti Y = Y (N) e più precisamente si
tratta di una relazione diretta in quanto all‟aumentare del livello di occupazione, il
livello di reddito aumenta. Quando N = NE allora Y = YPO.
Dunque secondo la Teoria Neoclassica condizione necessaria affinché si abbia
una domanda aggregata capace di assorbire il reddito di piena occupazione è:
D = YPO
D= C (Y; r) + I (
attesi;
r),
11
Se vogliamo specificare le condizioni necessarie affinchè: D = YPO poiché i
consumi dipendono dal reddito dobbiamo inserire il valore di YPO nella funzione
dei consumi, quindi otterremo:
C (YPO; r) + I (
YPO
attesi;
r) = YPO
C (YPO; r) = I (
attesi;
r)
Perché si realizzi l‟equilibrio di piena occupazione è
risparmio S
necessario che il tasso di interesse (r) assuma il valore in
corrispondenza del quale gli investimenti sono uguali al
S (YPO; r) = I (
attesi;
r)
risparmio di piena occupazione.
Figura 2
Ns
Equilibrio di piena occupazione
Nd
NE‟
Nd ; N s
NE
Y
r
Teoria
Keynesiana
S (YE’ ; r)
S (YPO; r)
r1
Teoria
Neoclassica
YPO
rE
E’
E
Funzione di
produzione
aggregata
YE’
I(
Y = h ( ; N)
NE
r)
N
S; I
N
NE‟
attesi;
S=I
12
Keynes critica la teoria neoclassica affermando che normalmente in una economia
di mercato il livello degli investimenti assume un valore inferiore rispetto a quello
dei risparmi di piena occupazione.
Se I<S(YPO) allora il livello della domanda aggregata D<YPO; in questo caso le
imprese non riusciranno a vendere tutto quello che producono quindi ridurranno il
reddito e l‟occupazione.
In altri termini, secondo Keynes vale il principio della domanda effettiva (e non la legge
di Say come per la Teoria Neoclassica): le decisioni di produzione delle imprese
dipendono dal livello della domanda aggregata e il sistema economico non è
normalmente in grado di raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione.
Keynes spiega in vari modi le ragioni per cui normalmente gli investimenti sono inferiori
al flusso dei risparmi di piena occupazione; la spiegazione presentata nel modello IS-LM
consiste nel sottolineare il fatto che il tasso di interesse non dipende dalle decisioni di
risparmio e di investimento, ma è un fenomeno monetario dipende cioè dalla domanda e
dall‟offerta di moneta e quindi può assumere un valore differente da quello coerente con
l‟equilibrio di piena occupazione pari ad rE.
Supponiamo infatti che assuma un valore pari a r1 > rE. Secondo la teoria neoclassica lo
squilibrio tra S(YPO, r1) > I verrebbe eliminato dalla riduzione del tasso di interesse;
secondo Keynes invece, questo squilibrio sarà eliminato dalla variazione del livello del
reddito. Il reddito si abbasserà fino a quando non si raggiungerà YE < YPO a cui
corrisponde un livello di occupazione pari a NE‟ < NE; e questa situazione di
disoccupazione involontaria rimarrà anche in presenza di un salario reale pari a W/PE
C‟è un secondo aspetto, oltre al primo che riguarda la spiegazione della crisi e delle
fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione, della teoria keynesiana che abbiamo
sottolineato nel corso di macroeconomia. Questo secondo aspetto riguarda il ruolo
economico dello Stato. Keynes afferma infatti che esistono strumenti che possono essere
usati dalle autorità di governo per incrementare il reddito e l‟occupazione; questi
strumenti sono costituiti dalla politica fiscale e dalla politica monetaria.
Come abbiamo ricordato la teoria keynesiana divenne la teoria dominante dopo la fine
della secondo guerra mondiale e fino agli anni ‟70 quando si manifesta il fenomeno della
stagflazione che la teoria keynesiana non sembra in grado di spiegare. Negli anni ‟60
13
infatti il modello keynesiano tradizionale costituito dal modello IS-LM aveva subito una
importante innovazione costituita dall‟introduzione della curva di Phillips.
La curva di Phillips è il risultato di uno studio empirico sulla relazione tra le
seguenti due grandezze:

tasso di variazione dei salari monetari:

tasso di disoccupazione:
u=
=
=
In particolare:
Curva di Phillips
0
u
u0
Figura 3
La curva di Phillips è caratterizzata da:

relazione inversa tra il tasso di variazione dei salari monetari e il tasso di
disoccupazione:
= f (u) con f‟<0

esiste un particolare valore del tasso di disoccupazione in corrispondenza del quale
il tasso di variazione dei salari monetari è pari a 0:
se u = u0
=0
Per spiegare questa relazione decrescente tra il tasso di variazione dei salari monetari e il
tasso di disoccupazione si può assumere che la forza contrattuale dei lavoratori, cioè la
capacità dei lavoratori di ottenere aumenti salariali, vari in funzione del livello di reddito
e quindi del livello di occupazione: in corrispondenza di un alto tasso di disoccupazione
la forza contrattuale dei lavoratori sarà bassa in quanto questi ultimi subiscono la
concorrenza dei disoccupati; quando invece il tasso di disoccupazione è basso il tasso di
14
variazione dei salari monetari è elevato e quindi la forza contrattuale dei lavoratori è
consistente.
La curva di Phillips può essere rappresentata anche come relazione crescente tra tasso di
inflazione e il reddito reale:
Curva di Phillips: le due
curve sono equivalenti
1
1
1
*
*
0
0
u1
0
0
u0
u
Y0
Y1
Figura 4
Per spiegare questa relazione assumiamo che le imprese domandino lavoro in
maniera coerente con il principio di massimizzazione dei profitti
le imprese
assumono un numero di lavoratori N in corrispondenza del quale la produttività
marginale del lavoro è pari al salario reale:
N →
PMaL (N) =
da cui
P=
Esiste dunque una relazione diretta tra prezzi e salari monetari e quindi tra tasso di
variazione dei salari monetari e tasso di inflazione.
In corrispondenza della combinazione 0 si ha:
u = u0 → N = N0 → Y = Y0 →
= 0 (ossia Wt = Wt-1) →
=0
In corrispondenza della combinazione 1 invece si ha:
15
Y
u1 < u0 → N1 > N0 → Y1 >Y0 →
1
>0→
1
>0
Il modello keynesiano degli anni sessanta, basato sulla curva di Phillips, portava a
concludere, a differenza del semplice modello IS-LM con prezzi e salari dati, che
livelli maggiori di reddito e quindi di occupazione possono essere ottenuti solo a
fronte di tassi di inflazione più elevati. Tra Y e
esiste quindi una relazione
crescente.
Il modello IS-LM con Curva di Phillips entrò in crisi negli anni „70 quando si
sviluppò il fenomeno della stagflazione → la bassa crescita dei redditi e l‟elevata
inflazione erano infatti incoerenti con questo modello.
La stagflazione è incoerente con il modello IS-LM con curva di Phillips il
quale prevede invece una relazione crescente tra inflazione e reddito.
stagflazione
stagflazione
0
0
u1
u0
u
Y0
Y1
Figura 5
Alla fine degli anni sessanta una critica teorica nei confronti modello keynesiano
IS-LM con curva di Phillips. Padre della controrivoluzione monetarista la quale
determinò il declino della teoria keynesiana fu Milton Friedman.
Friedman criticò la relazione della curva di Phillips affermando che il modello
keynesiano basato su questa relazione assume che i lavoratori si comportano in
16
Y
maniera irrazionale in quanto continuano ad aspettarsi un tasso di inflazione pari a
zero anche quando l‟inflazione effettiva è maggiore di zero.
L‟equazione della curva di Phillips è:
Y=f( )
Quindi in corrispondenza di Y= Y0 si avrà = 0 e in corrispondenza di Yα > Y0 si
avrà
α>
0, ad esempio =5%. Friedman mostra che questa relazione è stabile solo
se i lavoratori di fronte ad un tasso di inflazione del 5% continuano ad aspettarsi
un tasso di inflazione pari a 0 ma questo è appunto, irrazionale.
Possiamo illustrare l‟irrazionalità di questo comportamento ricordando il concetto
di tasso naturale di disoccupazione. E‟ il tasso di disoccupazione coerente con
l‟equilibrio di piena occupazione, cioè con una situazione in cui domanda e
offerta di lavoro sono uguali e quindi il prezzo del lavoro, cioè il salario è stabile;
quindi il tasso naturale di disoccupazione e il tasso di disoccupazione coerente con
un tasso di variazione dei salari monetari e dei prezzi pari a zero.
Il tasso naturale di discoccupazione corrisponde a u0.
In particolare, secondo Friedman il tasso naturale di disoccupazione è diverso da
zero (u0 ≠ 0) nonostante sia coerente con l‟equilibrio di piena occupazione poiché:

Ns = occupati + disoccupati

Nd = occupati + posti vacanti
Si tratta di posti di lavoro che le imprese intendono occupare, ma che non sono
ancora stati occupati perché le imprese sono ancora in fase di selezione del
personale.
La presenza di posti vacanti ha senso solo se si elimina l‟ipotesi di l‟omogeneità
dei lavoratori assunta dal modello IS-LM, ossia l‟ipotesi per cui essi hanno tutti le
stesse caratteristiche e qualità.
Sapendo che l‟equilibrio di piena occupazione si ottiene in corrispondenza di Nd
= Ns, si avrà:
OCCUPATI + POSTI VACANTI = OCCUPATI + DISOCCUPATI
POSTI VACANTI = DISOCCUPATI
17
DISOCCUPAZIONE FRIZIONALE = disoccupazione temporanea legata al
fatto che le imprese non hanno ancora terminato il processo di
selezione del personale.
il tasso naturale di disoccupazione ha due caratteristiche fondamentali:
1. è coerente con la stabilità dei salari monetari, ossia con = 0;
2.
è coerente con la piena occupazione, ossia con Nd = Ns.
Affinché si possa ottenere u1 < u0 è necessario un livello di occupazione N1 > N0 .
Per ottenere N1 è a sua volta necessario che:

Ns = N1 ossia che i lavoratori siano disposti a lavorare al salario reale

Nd = N1 ossia che le imprese siano disposte ad occupare N1 lavoratori al salario
reale
S;
D.
Poiché il livello dei salari reali che spinge i lavoratori a offrire N1 unità di lavoro è
diverso dal livello dei salari reali che spinge i datori di lavoro a dare occupazione a N 1
lavoratori, ossia poiché
D
<
S,
le condizioni per ottenere u1 sembrano irrealizzabili.
Secondo Friedman invece il passaggio da N0 a N1 è realizzabile solo nel caso in
cui i lavoratori soffrano di illusione monetaria, ossia confondano i salari
monetari con i salari reali.
Per definire il concetto di illusione monetaria occorre introdurre l‟ipotesi
fondamentale secondo cui i salari monetari e i prezzi vengono fissati in tempi
diversi:
0
t
1
18
Ns
Nd
Curva di
Phillips
N0
=0
u1
N1
u
u0
Ns
S
Equilibrio di piena occupazione
E
Nd
D
N0
N1
Nd ; Ns
Figura 6
Nel momento 0 vengono fissati i salari monetari sulla base della contrattazione tra
imprese e lavoratori; i prezzi, invece, vengono fissati dalle imprese durante il periodo t
cioè in un momento successivo a quello in cui avviene la contrattazione tra imprese e
lavoratori.
Per questi motivi, l‟equazione della funzione di offerta di lavoro Ns cambia nel modo
seguente:
19
Nd; Ns
Ns = f
Ns = f
Wt e Pt venivano fissati
nello stesso momento.
I prezzi vengono determinati dopo la
contrattazione quindi al tempo 0 i lavoratori
conoscono solo i salari monetari e non
anche il livello dei prezzi per definire
l‟offerta di lavoro i lavoratori devono
elaborare una previsione circa il livello
futuro dei prezzi ( ). Di conseguenza il
salario reale atteso dai lavoratori sarà pari a
.
Per quel che riguarda, invece, la funzione di domanda di lavoro Nd, al tempo 0 le
imprese conoscono Wt e saranno esse stesse a determinare il livello dei prezzi
durante il periodo t, quindi la funzione di domanda di lavoro resta pari a
Nd = g
Una volta definite queste ipotesi ci chiediamo quali sono le condizioni necessarie
affinché anche in questo caso si possa ottenere N1 > N0 :

Ns = N1
se
=
S

Nd = N1
se
=
D
Avremo quindi:
=
S
>
>
<
S
D=
<
20
Sarà quindi possibile ottenere N1 > N0 a condizione che i lavoratori sbaglino le loro
<
previsioni sui prezzi al tempo t:
.
Lo squilibrio tra salario reale atteso e salario reale effettivo offerto dalle imprese si
può realizzare solo se i lavoratori soffrono di illusione monetaria, ossia sbagliano a
prevedere il livello futuro dei prezzi.
Es. supponiamo di avere:
W0 = 1, PMaL (N0) = 1 e quindi P0 =
-
=1
PMaL (N1) = 0,95
Per ottenere N1 > N0 occorre che:

Ns = N1
se
=
S
= 1,05
unità di lavoro se il salario reale atteso

Nd = N1
se
=
D
→ i lavoratori sono disposti ad offrire N1
è pari a 1,05
= PMaL (N1) < PMaL (N0)
0,95
1
Ns
S=
1,05
E
1
=
0,95
D
Nd
Figura 7
N0
= 1,05
da cui
N1
Nd ; Ns
= 1,05 *
21
Si supponga che i lavoratori si aspettino prezzi stabili e quindi pari a quelli del periodo
precedente
= P0 = 1
in questo caso avremo:
Di conseguenza:
= 1,05 *
= 1,05 * 1 = 1,05
Per essere indotti ad espandere l’occupazione i lavoratori dovranno ricevere un aumento del
5% del salario monetario che, data la stabilità dei prezzi, viene dagli stessi interpretato
come un aumento del 5% anche dei salari reali.
Dall‟espressione dei salari effettivamente ottenuti
= PMaL (N1) = 0,95 si ricava che
il prezzo fissato dalle imprese per assumere N1 lavoratori è pari a Pt =
<
1,1
=
.
È quindi possibile espandere l‟occupazione da N0 a N1 solo se i lavoratori sbagliano le
proprie aspettative circa il livello futuro dei prezzi.
Le aspettative dei lavoratori possono essere espresse anche in termini di tasso di
inflazione:

Tasso di inflazione atteso al tempo t:
=
=
= 0
Dato che i prezzi attesi sono stabili, il tasso di inflazione atteso è pari a 0.

Tasso di inflazione effettivo al tempo t:
=
=
= 10%
É possibile espandere il livello di occupazione da N0 a N1 solo se i lavoratori
commettono un errore di previsione circa il livello del tasso di inflazione,
ossia solo se
<
. In particolare, l’errore di previsione determina una
discrepanza tra il salario reale atteso dai lavoratori e il salario reale
effettivamente percepito dai lavoratori stessi.
22
Questo ha una conseguenza importante: il tasso di inflazione coerente con un
determinato livello di reddito e quindi di occupazione non è costante, come
afferma il modello keynesiano, ma dipende dal tasso di inflazione atteso dai
lavoratori. Infatti è possibile ottenere Y>Yo solo se i lavoratori commettono un
errore di previsione quindi la relazione stabile non è tra il livello del reddito e il
tasso di inflazione, ma tra il livello del reddito e l‟errore di previsione.
Per ottenere Y1 > Yo l‟errore di previsione deve essere pari a 10 punti percentuali:
= 10% , questo implica che se il tasso di inflazione effettivo da associare a Y1
dipenderà dal tasso di inflazione atteso dai lavoratori.
Chiediamoci quale dovrà essere il tasso di inflazione che si dovrà realizzare in t+1 per
ottenere sempre un livello di reddito pari a Y1. La risposta è che questo valore
dipenderà dal tasso di inflazione atteso dai lavoratori
.
Se i lavoratori si aspettano un tasso di inflazione pari a 0 allora il tasso di
inflazione effettivo necessario a mantenere Y1 sarà sempre pari a 10%. Questa,
osserva Friedman è l‟ipotesi implicita nella curva di Phillips che afferma che
esiste una relazione stabile tra reddito e tasso di inflazione; questa ipotesi assume
però che i lavoratori si comportino in modo irrazionale poiché in presenza di un
tasso di inflazione pari al 10% continueranno a prevedere un tasso di inflazione
pari a zero.
Friedman ipotizza che i lavoratori elaborino le loro aspettative di inflazione
mediante un meccanismo di aspettative adattive, cioè in base ai valori passati
dell‟inflazione; in questo caso se osservano un tasso di inflazione pari al 10% non
si aspetteranno un tasso di inflazione pari a zero, ma un tasso superiore a zero:
>0. In questo caso il valore del tasso di inflazione coerente con Y1 non potrà
rimanere pari al 10% ma dovrà raggiungere il livello in corrispondenza del quale
l‟errore di previsione, da cui dipende la distanza tra il salario reale atteso dai
lavoratori e il salario reale effettivamente pagato dalle imprese, sia sempre pari a
10 punti percentuali.
23
Quindi affinché in t+1 si mantenga un livello di occupazione pari a N1, l‟errore di
previsione del periodo t+1 deve essere uguale all‟errore di previsione del periodo
t:
=
10%
0
Errore di previsione in
t+1
Errore di previsione in
t
Friedman mostra quindi che esiste una relazione stabile non tra Y e
e l‟errore di previsione dei lavoratori quindi si avrà Y = g ( originale curva di Phillips che presuppone che
f( ). In termini lineari avremo: Y = Y0 +
e
bensì tra Y
e
), invece della
= 0 e quindi corrisponde a: Y =
(
); quando
= 0 il reddito
sarà al suo livello naturale, soltanto con un errore di previsione superiore a zero si
potrà ottenere un valore del reddito reale superiore a Yo.
Se assumiamo che i lavoratori elaborino le loro aspettative in base al meccanismo
delle aspettative adattive, allora doppiamo concludere che è possibile espandere il
livello dell‟occupazione e del reddito (Y1) solo se le autorità monetarie accettano
un tasso di inflazione continuamente crescente. La figura 8 mostra che la
posizione della curva di Phillips dipende dal valore di
e
Condizione necessaria affinchè il livello di reddito rimanga pari a Y1 è che le
autorità monetarie siano disposte ad aumentare continuamente la quantità di
moneta; questo però è una ipotesi irrealistica poiché nessuna autorità monetaria è
disposta a accettare un tasso di inflazione crescente.
Ci possiamo chiedere allora quali sono gli effetti di una variazione della quantità
di moneta ad un tasso costante. Quali sono ad esempio, gli effetti della decisione
delle autorità monetarie di aumentare la quantità di moneta al tasso annuo del
10%;
Possiamo rispondere a questa domanda in termini logici:
24
l‟inflazione tende ad un valore finito, infatti abbiamo visto che
l‟inflazione potrà crescere continuamente soltanto se la quantità di moneta
cresce continuamente;
l‟errore di previsione commesso dai lavoratori tende a 0, infatti l‟errore
di previsione è costante solo se l‟inflazione è crescente;
se l‟errore di previsione tende a zero, il reddito tende al livello naturale
Y0
In conclusione, se il reddito tende a Yo, allora la variazione della quantità di
moneta non avrà alcun effetto permanente sul reddito e provocherà soltanto un
aumento del tasso di inflazione. Quindi nel lungo periodo, al di fuori del caso di
inflazione crescente, la politica monetaria non è in grado di influenzare il livello
del reddito; le autorità monetarie possono soltanto scegliere il tasso di inflazione
da associare al livello naturale del reddito; se decidono di variare la quantità di
moneta al 10% otterranno un tasso di inflazione del 10%; se scegliessero un tasso
del 20% provocherebbero un tasso di inflazione del 20% ecc. nel lungo periodo
quindi, la curva di Phillips diventa verticale (figura 8)
= 20%
Curva di
Phillips nel
lungo
periodo
= 10%
(t+2)
3
= 30%
=0
= 20%
(t+1)
Curve di Phillips nel breve periodo
(t)
= 10%
Y0
Figura 8
Y1
Y
Y0 è pari al reddito naturale YN, il quale corrisponde al tasso
naturale di disoccupazione u0 coerente con l’equilibrio di piena
occupazione.
25
In corrispondenza di Y0 si ha proprio il tasso naturale di disoccupazione u0, il
quale, essendo coerente con un tasso di inflazione stabile, è definito NAIRU (Non
Accelerating Inflation Rate Unemployment). In corrispondenza di Y1> Y0, invece,
si ha u1< u0 e quindi un tasso di inflazione
crescente.
La conclusione di Friedman circa gli effetti della politica monetaria, cioè delle
variazioni della quantità di moneta coincidono con quelle della teoria quantitativa
della moneta. Friedman quindi propone di superare la teoria keynesiana e di
accettare una nuova versione della teoria neoclassica basata sul concetto di tasso
naturale di disoccupazione, sull‟introduzione delle aspettative adattive, che sarà
definita monetarismo.
L‟opera di Friedman ha avuto un impatto enorme sulla evoluzione della teoria
macroeconomica; a partire dagli anni ‟70 diminuisce il consenso nei confronti
della teoria keynesiana. Negli anni 80-90 il monetarismo subisce una significativa
evoluzione grazie all‟introduzione del concetto di aspettative razionali; Robert
Lucas è il principale artefice di questa nuova versione del monetarismo che è
definita nuova macroeconomia classica e che diventa la teoria mainstream cioè
la teoria generalmente accettata dagli economisti, mentre la teoria keynesiana
diventa una teoria minoritaria.
C‟è un aspetto paradossale in questa evoluzione della teoria macroeconomica:
abbandono della teoria keynesiana e affermazione del monetarismo e della nuova
macroeconomia classica. Dobbiamo ricordare infatti che la teoria di Keynes si
basa su due punti fondamentali:
i) una spiegazione delle ragioni per cui una economia di mercato è soggetta a
crisi, a fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione;
ii) la specificazione di strumenti, politica fiscale e monetaria, che possono essere
usati per spingere il sistema verso la piena occupazione.
La critica di Friedman si concentra sul secondo punto; egli ha dimostrato che le
politiche keynesiane possono funzionare soltanto in certe condizioni; ha
dimostrato che:
26
i)
in un mondo in cui i lavoratori chiedono aumenti dei salari monetari
proporzionali all‟incremento del reddito, cioè non sono disposti ad accettare
incrementi di reddito e di occupazione a salari monetari costanti,
ii) non è possibile attraverso politiche keynesiane espandere in modo permanente
il livello di occupazione oltre a quello naturale che corrisponde alla situazione in
cui l‟errore di previsione è pari a zero.
L‟aspetto paradossale della reazione degli economisti alla critica di Friedman sta
nel fatto che questa critica non affronta il primo punto della teoria di Keynes, cioè
non mette in discussione la spiegazione della crisi e della instabilità del sistema
economico. Infatti il problema che Keynes poneva non era quello di espandere il
livello dell‟occupazione oltre la piena occupazione; Keynes affermava che anche
nel caso in cui i salario reale desiderato dai lavoratori fosse pari a W/P E, fosse
cioè coerente con la piena occupazione ciò non è sufficiente per garantire la piena
occupazione poiché è necessario che si creino le condizioni affinchè le imprese
riescano a vendere ciò che producono. Questo aspetto della teoria Keynesian, il
primo punto, è stato completamente dimenticato.
Si tratta di una reazione paradossale; sarebbe come se, facendo un esempio che
riguarda la medicina, di fronte alla dimostrazione dell‟inefficacia di una certa
medicina nel curare una determinata malattia, i ricercatori invece di concludere
che è necessario trovare un farmaco più efficace concludessero che la malattia
non esiste.
Dopo aver ricordato schematicamente la reazione degli economisti di fronte alla
crisi del ‟29, e alla stagflazione degli anni ‟70, ritorniamo o alla domanda che ci
siamo posti: la crisi attuale indurrà gli economisti a modificare il modello teorico
generalmente accettato prima della crisi come è successo nei due casi precedenti?
Abbiamo visto che esistono opinioni nettamente diverse: i sostenitori della teoria
mainstream sostengono che non è necessario abbandonare questa teoria; al
contrario gli economisti Keynesiani ritengono che sia necessario abbandonare la
teoria mainstream e ripartire da Keynes.
27
Queste due diverse risposte sono associate a due diverse spiegazioni delle
caratteristiche della crisi finanziaria e della crisi economica.
Il primo gruppo di economisti, che accetta la teoria mainstream e considera
un‟economia di mercato come una economia intrinsecamente stabile, capace di
raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione considera la crisi
come un FENOMENO ACCIDENTALE, UN INCIDENTE TEMPORANEO,
cioè come un fenomeno estraneo al normale funzionamento del sistema
economico. La crisi viene considerata quindi, come la conseguenza del
comportamento scorretto o fraudolento di alcuni soggetti o istituzioni finanziarie
ed economiche.
Il secondo gruppo considera la crisi come un FENOMENO STRUTTURALE,
cioè come un fenomeno strettamente connesso al normale funzionamento del
sistema economico, cioè come un fenomeno che può essere spiegato in base alle
caratteristiche stesse di un sistema finanziario complesso.
Possiamo spiegare la differenza tra queste due interpretazioni con un esempio
molto banale. Paragoniamo la crisi ad un incidente aereo.
La prima spiegazione che considera la crisi come un incidente temporaneo
afferma che la crisi (l‟incidente) non può essere stato provocato da problemi al
motore, cioè da problemi strutturali, poiché il motore (il sistema economico) è
efficiente, ma deriva o dall‟imperizia del pilota o dal fatto che il pilota fosse
ubriaco; in entrambi i casi la responsabilità ultima della crisi deve essere attribuita
all‟istituzione che avrebbe dovuto valutare l‟abilità del pilota o impedire ad un
pilota ubriaco di pilotare l‟aereo.
La seconda spiegazione invece, pur non escludendo naturalmente che la crisi
(l‟incidente) possa essere provocata da un pilota incapace o ubriaco, sottolinea che
il motore non è strutturalmente sicuro e quindi che questo rende le crisi (gli
incidenti) possibili. Quindi i sostenitori di questa seconda tesi ritengono
necessario al fine di evitare le crisi non soltanto incentivare i controlli per evitare
che piloti ubriachi o incapaci si mettano alla guida di un aereo, ma ripensare al
modo di costruire gli aerei e quindi, mettono in discussione il modo tradizionale
di costruire gli aerei.
28
Vediamo un esempio di queste due diverse interpretazioni.
La prima è sempre di Tabellini, il quale ritiene che non si debba abbandonare lo
schema teorico mainstream e quindi considera la crisi come un incidente
temporaneo:
Come sarà ricordata questa crisi nei libri di storia economica? Come una crisi sistemica
e un punto di svolta, oppure come un incidente temporaneo e presto riassorbito dovuto
ad una crescita troppo rapida dell’innovazione finanziaria? Se guardiamo alle cause
delle crisi, e alle lezioni da trarne, la risposta è senz’altro la seconda. In estrema sintesi,
la crisi è scoppiata per via di alcuni specifici problemi tecnici riguardanti il
funzionamento e la regolamentazione dei mercati finanziari, ed è stata acuita da una
serie di errori commessi durante la gestione della crisi. Sebbene si tratti di problemi
complessi, essi possono essere affrontati e risolti con adeguate seppure profonde riforme
della regolamentazione finanziaria. Se sapremo imparare da questi errori e gestire bene
l’uscita dalla crisi, il mondo dell’economia tornerà a essere come prima, anzi meglio di
prima, con meno eccessi e più stabilità. Parlare di crisi del capitalismo, di fine della
globalizzazione, di crisi di un sistema e di un modo di pensare, sarebbe una solenne
stupidaggine (Guido Tabellini, Idee e regole per il mondo dopo la tempesta, Il Sole 24
ore, 7 maggio 2009).
Un sostenitore della seconda interpretazione è il premio Nobel Paul Krugman che accusa
gli economisti mainstream di non aver saputo prevedere la crisi proprio perché il modello
teorico da essi accettavano consideravano la crisi come un evento accidentale e quindi
avevano in pratica cancellato l‟idea che una crisi potesse verificarsi:
Pochi economisti avevano intuito che la crisi stava arrivando, ma l’aspetto più grave è
un altro: la possibilità che nell’economia di mercato potessero verificarsi dei fallimenti
catastrofici non rientrava nel loro orizzonte. Negli anni d’oro, gli economisti finanziari si
erano convinti che i mercati fossero intrinsecamente stabili, che i titoli e le altre attività
finanziarie avessero sempre un prezzo giusto. Nelle loro previsioni non c’era nulla che
lasciasse immaginare un crollo come quello dell’anno scorso.
…
Cosa è successo agli economisti? E che strada prenderanno ora? Gli economisti sono
andati fuori strada perché hanno confuso la bellezza, rivestita di calcoli matematici
affascinanti, con la verità. Prima della grande depressione la maggior parte degli
economisti pensava che il capitalismo fosse un sistema perfetto o quasi. Quell’idea
29
diventò insostenibile di fronte alla disoccupazione di massa, ma quando il ricordo della
grande depressione è svanito, gli economisti sono tornati ad innamorarsi della vecchia
visione idealizzata: un’economia in cui individui razionali interagiscono in mercati
perfetti.
…
Tornare a Keynes, ecco cosa penso che debbano fare gli economisti. In primo luogo
devono accettare la scomoda realtà che i mercati finanziari sono ben lontani dalla
perfezione, che sono soggetti a incredibili abbagli e alla irrazionalità della folla. In
secondo luogo, devono riconoscere che l’economia keynesiana resta la migliore struttura
a nostra disposizione per spiegare recessioni e depressioni. In terzo luogo dovranno fare
del loro meglio per inglobare nella macroeconomia le realtà della finanza (Paul
Krugman, Gli errori degli economisti, 18 settembre 2009).
In queste lezioni analizzeremo queste due interpretazioni della crisi. Per compiere
questa analisi abbiamo bisogno di conoscere in che modo la teoria mainstream da
un lato e quella keynesiana dall‟altro, analizzano il ruolo della finanza. Quindi
nelle prossime lezioni descriveremo LA TEORIA NEOCLASSICA DELLA
FINANZA e la TEORIA KEYNESIANA DELLA FINANZA.
Nella seconda parte del corso analizzeremo le due interpretazioni della crisi.
30
LA TEORIA MAINSTREAM (NEOCLASSICA) DELLA FINANZA
Possiamo specificare tre aspetti fondamentali della teoria mainstram della finanza
che riguardano:
1. La definizione della relazione tra moneta e credito (finanza);
2. la teoria degli intermediari finanziari, cioè la spiegazione delle ragioni della
presenza di intermediari finanziari;
3. la relazione tra sistema finanziario e crescita economica.
1. Moneta e credito secondo la teoria mainstream.
Abbiamo osservato che esiste uno stretto legame tra moneta e credito poiché la
moneta è l‟oggetto tipico di un contratto di credito.
Riconosciuta questa ovvia relazione, dobbiamo osservare che il primo elemento
che caratterizza la teoria mainstream della finanza consiste nel distinguere
nettamente moneta e credito, cioè nel separare nettamente il fenomeno della
moneta dal fenomeno del credito. Possiamo distinguere due ragioni che
giustificano questa posizione della teoria mainstream.
A) In primo luogo, la teoria mainstream afferma che la natura del fenomeno del
credito è indipendente dalle caratteristiche dell‟oggetto del contratto di credito.
Abbiamo detto che l‟oggetto tipico del contratto è costituito dalla moneta; questo
però non esclude, che l‟oggetto del credito possa essere qualunque altro bene. La
teoria mainstream afferma che le caratteristiche del fenomeno del credito non
cambiano in relazione all‟oggetto del credito. Sia nel caso in cui l‟oggetto del
credito sia un cavallo che nel caso in cui sia una somma di denaro, il creditore
riceve dal debitore la promessa che egli restituirà l‟oggetto del credito ad una data
scadenza impegnandosi a corrispondere, eventualmente, un premio al creditore.
Quindi il fenomeno del credito non deve essere confuso con la moneta poiché
questo fenomeno può esistere indipendentemente dalla moneta.
31
B) Concentriamoci ora sui contratti di credito che hanno per oggetto moneta
Anche in questo caso, secondo la teoria mainstream, è necessario separare
nettamente moneta e credito cioè è necessario distinguere nettamente il processo
di creazione della moneta dal processo di creazione del credito e quindi
distinguere nettamente il mercato della moneta dal mercato del credito e questo
significa distinguere domanda e offerta di moneta rispetto a domanda e offerta di
credito.
I concetti di domanda e di offerta di moneta li conosciamo, li abbiamo descritti
nei corsi di macroeconomia e di economia monetaria; vediamo di specificare le
caratteristiche delle funzioni di domanda e di offerta di credito secondo la teoria
mainstream. Questo ci permette di sottolineare un elemento fondamentale della
teoria mainstream della finanza.
La teoria mainstream della finanza sottolinea infatti che esiste una stretta relazione
tra le funzioni di domanda e offerta di credito e le decisioni (le funzioni) di
investimento e di risparmio. Ricordiamo le caratteristiche di queste due funzioni:
a) le decisioni di investimento vengono associate alle imprese che per realizzare
la produzione ricorrono a due fattori produttivi: lavoro e capitale. L‟impresa
realizzerà quindi una decisione di investimento quando deciderà di aumentare lo
stock di beni capitali. Le decisioni di investimento vengono prese confrontandone
i costi (ossia il valore monetario dei beni capitali che dovranno essere acquistati) e
i benefici (ossia i maggiori profitti che deriveranno dalla realizzazione
dell‟investimento).
b) le decisioni di risparmio vengono prese invece dalle famiglie che
percepiscono redditi da lavoro e da capitali. La loro scelta riguarderà
l‟utilizzazione di questi redditi: consumo o risparmio. La scelta di non consumare
oggi parte del reddito è finalizzata ad un‟espansione dei consumi futuri. Tale
scelta viene effettuata confrontandone costi (ossia i minori consumi presenti) e
benefici (ossia i maggiori consumi futuri resi possibili dalla decisione di
risparmiare) e dipenderà, in primo luogo, dal reddito corrente e dai redditi attesi.
32
L‟elemento fondamentale che permette di spiegare la relazione tra domanda e
offerta di credito e decisioni di investimento e di risparmio è costituito dal
fenomeno della dissociazione tra decisioni di risparmio e di investimento, cioè è
costituito dal fatto che decisioni di risparmio e decisioni di investimento vengono
prese da soggetti diversi. Se infatti i soggetti che investono (le imprese) fossero
anche i soggetti che risparmiano allora il fenomeno del credito e quindi della
finanza, afferma la teoria mainstream, diventerebbe irrilevante (Gurley and
Shaw). Il fenomeno del credito diventa importante e quindi importante il ruolo
della finanza, quando esiste un forte grado di dissociazione tra decisione di
risparmio e di investimento, quando cioè chi investe non risparmia e chi risparmia
non investe.
Possiamo distinguere i soggetti economici in due categorie: famiglie e imprese ed
assumere che le famiglie che ricevono redditi da lavoro e da capitale in forma
monetaria, prendano decisioni di consumo e di risparmio, mentre le imprese
prendono decisioni di investimento. In questo caso le imprese potranno realizzare
gli investimenti soltanto se ottengono moneta attraverso un contratto di credito,
cioè se esprimono una domanda di credito. Domanda di credito a cui si
contrappone l‟offerta di credito che coincide con i reddito monetari risparmiati
dalle famiglie e che le famiglie sono disposte a prestare alle imprese.
L‟offerta di credito è determinata dalle decisioni di risparmio → LS = S;
la domanda di credito è determinata dalle decisioni di investimento → Ld = I.
Un mercato è definito oltre che dalle funzioni di domanda e di offerta anche da un
prezzo il quale, reagendo agli squilibri tra domanda ed offerta, dovrebbe fissarsi al
livello che garantisce l‟equilibrio del mercato cioè al livello che assicura
l‟equilibrio tra domanda ed offerta; cioè al livello che assicura:
LS = Ld
(mercato del credito)
A cui corrisponde l‟equilibrio tra risparmi e investimenti:
S=I
(mercato dei beni)
L‟equilibrio tra risparmi e investimenti è la condizione che garantisce l‟equilibrio
sul mercato dei beni (condizione IS), quindi come ricordiamo dal corso di
33
Macroeconomia, quando c‟è equilibrio sul mercato dei beni si avrà equilibrio
anche sul mercato del credito; i due mercati secondo la teoria neoclassica sono
equivalenti, si sovrappongono perfettamente.
A questo punto dobbiamo ricordare qual è il prezzo che mette in equilibrio il
mercato dei beni e il mercato del credito. Questo prezzo è secondo la teoria
neoclassica, il tasso di interesse; questo è il prezzo del credito; il tasso di interesse
influenza, come sappiamo, le decisioni di investimento e le decisioni di risparmio;
le fluttuazioni del tasso di interesse garantiscono l‟equilibrio tra S e I e tra
domanda e offerta di credito. secondo la Teoria Neoclassica: il tasso di interesse è
un fenomeno reale che dipende dalle decisioni di risparmio e di investimento:
questa definizione del tasso di interesse e della relazione tra mercato del credito e
dei beni compare in tutti i manuali di finanza; ad esempio Bodie, Kane, Marcus
R
Ls = S
RE
Eq. sul mercato dei beni
Eq. sul mercato del credito
Ld = I
S=I
credito
Figura 1
La curva di offerta di credito è inclinata positivamente perché, al crescere del
tasso di interesse reale, le famiglie sceglieranno di posticipare i consumi correnti,
ossia di risparmiare di più. La curva di domanda di credito è invece inclinata
negativamente perché, al ridursi del tasso di interesse reale, aumentano gli
34
investimenti delle imprese in beni capitali. La domanda di credito è quindi
associata alle decisioni di investimento delle imprese.
Le decisioni di risparmio non dipendono soltanto dal tasso di interesse ma anche
dal reddito; quindi la posizione della funzione del risparmio dipende dal reddito;
come ricorderete, la teoria neoclassica assume che il reddito sia sempre al livello
di piena occupazione quindi l‟equilibrio sul mercato dei beni determina il livello
del tasso di interesse coerente con l‟equilibrio di piena occupazione.
La relazione tra mercato del credito e mercato dei beni, e tra domanda e offerta di
credito e le decisioni di investimento e di risparmio ci consente di sottolineare che
secondo la teoria neoclassica, la funzione fondamentale del sistema finanziario
consiste nel rendere possibile, nel facilitare il trasferimento del risparmio dalle
famiglie alle imprese. Il sistema finanziario è l‟insieme degli strumenti, dei
mercati e dei soggetti che rende possibile il trasferimento del risparmio dalle
famiglie alle imprese.
La relazione tra mercato del credito e mercato dei beni ci consente anche di
chiarire le ragioni per cui credito e moneta sono fenomeni nettamente separati
secondo la teoria neoclassica. Il mercato del credito infatti è formato da grandezze
flusso; domanda e offerta di credito infatti dipendono dalle decisioni di risparmio
e di investimento che sono grandezze flusso, mentre domanda e offerta di moneta
sono riferite a grandezze stock: l‟offerta di moneta specifica la quantità di moneta
creata dalla Banca Centrale mentre la domanda di moneta definisce le condizioni
che spingono i possessori di ricchezza ad accumulare la quantità di moneta creata
dalle autorità monetarie.
Se il mercato della moneta è distinto dal mercato dal credito allora il prezzo che
caratterizza il mercato della moneta sarà diverso da quello che caratterizza il
mercato del credito. Se il prezzo del credito è costituito dal tasso di interesse qual
è il prezzo della moneta? Qual è la variabile che reagisce agli squilibri tra
domanda ed offerta di moneta? La variabile che elimina questi squilibri? Questa
variabile è costituita dal livello dei prezzi P; variazioni della quantità di moneta
35
che provocano squilibri tra domanda ed offerta di moneta producono variazioni
del livello dei prezzi.
Questo aspetto della teoria mainstream è messo ben in evidenza da Friedman. C‟è
un testo in particolare, in cui Friedman affronta chiaramente questo punto; nel
1980 Friedman e Schwartz pubblicano una monumentale Storia Monetaria degli
Stati Uniti e della Gran Bretagna; la loro analisi si basa su di una schema teorico
ben preciso: la teoria quantitativa della moneta (p. 17, punto 1)
Friedman e Schwartz espongono una versione della teoria quantitativa della
moneta basata su due elementi: a) distinzione tra quantità nominale di moneta e
quantità reale di moneta. (p.17, punto 2); b) i concetti di domanda e di offerta di
moneta. F e S considerano le due funzioni come indipendenti poiché riflettono
decisioni di soggetti diversi; da un lato i possessori di ricchezza che domandano
moneta e sono interessati a detenere una certa quantità di moneta in termini reali;
dall‟altro le autorità monetarie che controllano la quantità di moneta in termini
nominali. Essendo le due funzioni indipendenti ci può essere una discrepanza tra
domanda e offerta di moneta cioè la banca centrale può aver creato una quantità di
moneta superiore a quella che, dati i prezzi, i tassi di rendimento e la quantità di
ricchezza esistente, il pubblico desidera possedere. F e S descrivono le
conseguenze di questo squilibrio; l‟eccesso di offerta di moneta darà origine ad un
incremento della domanda di beni che farà aumentare i prezzi. E‟ la variazione dei
prezzi ad eliminare lo squilibrio tra domanda ed offerta di moneta (p. 18, 3-4)
F e S osservano che lo squilibrio tra domanda e offerta può essere provocato da
una variazione della domanda di moneta o da una variazione dell‟offerta di
moneta; essi concludono però, osservando l‟esperienza degli Stati Uniti e della
Gran Bretagna, che la variazioni nella domanda di moneta sono piuttosto lente,
mentre sono state molto più frequenti le variazioni della quantità nominale di
moneta creata dalle autorità monetarie (p. 19, 5)
36
Dopo aver ricordato gli elementi significativi della teoria quantitativa della
moneta F e S rispondono ad una importante critica che è stata mossa ai sostenitori
di questa teoria. Secondo questa critica la teoria quantitativa non specifica
chiaramente il meccanismo attraverso il quale le variazioni della quantità
nominale di moneta determinate dalle autorità monetarie influenzano il livello dei
prezzi (p. 26, 1)
F e S ritengono che questa critica sia ingiustificata poiché si basa sull‟ipotesi che
il mercato della moneta funzioni in modo diverso rispetto ai mercati normali;
invece il mercato della moneta funziona come tutti gli altri mercati, quindi uno
squilibrio tra domanda e offerta di moneta farà variare il prezzo della moneta.
(p.26, 2)
F e S osservano che questa idea secondo cui il mercato della moneta ha
caratteristiche analoghe a quelle di ogni altro mercato non è stata compresa a
causa di due ragioni. In primo luogo la confusione tra grandezze flusso e
grandezze stock (p. 26, 3) Il secondo elemento riguarda la tendenza a confondere
la moneta con il credito e quindi il prezzo della moneta con il prezzo del credito.
(p.26, 4)
F e S sottolineano che il prezzo della moneta non è il tasso di interesse, che è il
prezzo del credito, ma corrisponde alla quantità di beni e servizi che possono
essere acquistati con una unità di moneta; corrisponde quindi al reciproco del
livello dei prezzi. Questa definizione del prezzo della moneta è coerente con la
specificazione della funzione fondamentale della moneta: quella di essere un
mezzo di scambio. Secondo F e S un eccesso di offerta di moneta provoca una
caduta del prezzo della moneta e quindi un aumento del livello dei prezzi e
viceversa. Le ragioni della relazione tra moneta e prezzi possono essere comprese
ricordando l‟esempio della costruzione della strada finanziata mediante la
creazione di nuova moneta, utilizzato da Friedman e descritto nel corso di
macroeconomia; questo esempio mostra che secondo la teoria quantitativa esiste
37
una relazione diretta tra quantità di moneta in circolazione livello della domanda
aggregata.
Nel caso del mercato del credito invece, uno squilibrio tra domanda e offerta di
credito non ha alcun effetto sul livello dei prezzi. Questo significa che non esiste
alcuna relazione tra ammontare del credito e livello della domanda aggregata; un
eccesso di offerta di credito, ad esempio non ha alcun effetto sul livello della
domanda aggregata. Infatti un eccesso di offerta di credito implica un eccesso di S
rispetto agli I, questo provocherà una caduta del tasso di interesse che spingerà le
imprese ad espandere gli investimenti assicurando in questo modo l‟equilibrio tra
S e I e quindi tra domanda e offerta di credito. Il livello della domanda aggregata
complessivamente non cambia, rimarrà quello coerente con l‟equilibrio di piena
occupazione.
C‟è un‟ultima osservazione a proposito della relazione tra moneta e credito
definita dalla teoria mainstream da sottolineare. Il fatto che questa teoria consideri
il mercato del credito come equivalente al mercato dei beni spiega perché nei
modelli macroeconomici elaborati della teoria mainstream il mercato del credito
non appaia e sia presente soltanto il mercato della moneta. Questo punto è ben
descritto da McCallum.
McC spiega nell‟introduzione del suo libro le ragioni per le quali egli si concentra
sul mercato della moneta trascurando il mercato del credito. (p. 26, 1) Egli
osserva il mercato del credito e in generale il sistema finanziario ha un ruolo
molto importante nel sistema economico (p. 27, 2) e quindi sottolinea che il
cattivo funzionamento del sistema finanziario avrà conseguenze molto pesanti sul
funzionamento del sistema economico (p. 28, 3)
E quindi si chiede per quali ragioni si può trascurare l‟analisi del mercato del
credito e quindi del sistema finanziario. La risposta sta nel fatto che i rapporti di
credito e di debito su cui si fonda il sistema finanziario sono espressione delle
decisioni di risparmio e di investimento descritte quando si specifica il mercato
38
dei beni, quindi è sufficiente considerare queste relazioni una sola volta quando si
specifica il mercato dei beni (p. 28, 4-5) McC conclude quindi, che è privo di
significato distinguere tra il settore reale e il settore finanziario del sistema
economico poiché sono la stessa cosa (p. 30, 5)
2. Il ruolo degli intermediari finanziari.
Il secondo elemento che caratterizza la teoria mainstream della finanza è costituito
dalla spiegazione della presenza degli intermediari finanziari. Il sistema
finanziario non è costituito soltanto dai rapporti di credito e debito che
caratterizzano il mercato del credito, ma all‟interno di questo mercato operano dei
soggetti che vengono normalmente chiamati intermediari come le banche
commerciali, le banche di investimento, le compagnie di assicurazione, ecc.
Quindi un aspetto importante di una teoria della finanza consiste nello spiegare le
ragioni che giustificano la presenza di intermediari finanziari.
Spiegare le ragioni della presenza degli intermediari finanziari significa, secondo
la teoria neoclassica, spiegare le ragioni per le quali le famiglie non trasferiscono
direttamente i loro risparmi alle imprese, ma preferiscono cederli a degli
intermediari che si occuperanno di trasferirli alle imprese. Dato che la presenza di
questi intermediari costituisce un costo che deve essere sostenuto dai risparmiatori
e/o dalle imprese, ci dobbiamo chiedere quali servizi vengono forniti dagli
intermediari al fine di giustificare i costi associati alla loro presenza.
La risposta elaborata dalla teoria neoclassica consiste nel sottolineare la presenza
all‟interno del mercato del credito, di ostacoli, di imperfezioni, che rendono
difficile il trasferimento diretto del risparmio dalle famiglie alle imprese.
L‟ostacolo sul quale si è maggiormente concentrata la teoria economica negli
ultimi quarant‟anni è costituito dalla presenza di imperfetta informazione o di
asimmetrie informative.
39
Negli ultimi decenni, a partire da uno studio di Akerlof del 1970 si è sviluppata
una
importante
branca
della
teoria
economica
definita
economia
dell‟informazione, la quale descrive il funzionamento di mercati caratterizzati
dalla presenza di asimmetria informativa. In un generico mercato si ha AI quando
le parti che devono realizzare lo scambio (compratore e venditore) non
possiedono le stesse informazioni circa le caratteristiche del bene scambiato.
Prima dello studio di Akerlof la teoria economica dava per scontato che ci fosse
sempre perfetta informazione all‟interno di un mercato.
Akerlof ha illustrato il funzionamento di un mercato caratterizzato dalla presenza
di AI con un esempio molto efficace che riguarda il mercato delle auto usate. Su
questo mercato è facile immaginare una situazione di AI, in cui compratore e
venditore non hanno le stesse informazioni circa le caratteristiche del bene
scambiato. Possiamo ipotizzare che il venditore, conosca bene la qualità dell‟auto
che intende vendere poiché l‟ha utilizzata per qualche tempo, mentre per quanto
riguarda il compratore, possiamo assumere che egli non conosca affatto le
caratteristiche dell‟auto.
Akerlof mostra che la presenza di AI ha importanti conseguenze sulle
caratteristiche dell‟equilibrio che si determina sul mercato del credito.
a) La prima conseguenza è costituita dal fatto che all‟interno dello stesso mercato
delle auto usate vengono scambiate auto di qualità diversa. Supponiamo infatti
che esistano, per semplicità, soltanto due categorie di auto: auto di buona qualità e
auto di cattiva qualità. Naturalmente i compratori saranno disposti a pagare due
prezzi diversi per queste categorie di auto:
- auto di buona qualità → P1 = 1000
- auto di cattiva qualità → P2 = 500
P1 e P2 sono i prezzi che i compratori sono disposti a pagare per i due tipi
di auto.
Supponiamo inoltre che soltanto i venditori siano in grado di distinguere le auto
buone dalle auto cattive, mentre i compratori non lo sono. In questo caso tutte le
40
auto usate verranno scambiate sullo stesso mercato; se al contrario, anche i
compratori fossero in grado di riconoscere la qualità delle auto allora le due
categorie di auto sarebbero scambiate su due mercati diversi e a prezzi differenti.
b) La seconda conseguenza riguarda il prezzo che si forma all‟interno del nostro
mercato di auto usate in presenza di AI. I due gruppi di auto vengono venduti
sullo stesso mercato e quindi allo stesso prezzo. Possiamo facilmente concludere
che questo prezzo sarà inferiore a 1000 poiché i compratori sanno che esiste il
rischio di acquistare un‟auto di cattiva qualità, e sarà superiore a 500 poiché sanno
che esiste la possibilità di acquistare auto di buona qualità. Possiamo quindi
osservare che
la presenza di asimmetrie informative avvantaggia quindi i
proprietari di auto di cattiva qualità e penalizza invece i venditori migliori, ossia i
proprietari di auto di buona qualità che sono costretti a vendere ad un prezzo
inferiore rispetto a quello al quale riuscirebbero a vendere se il mercato fosse
caratterizzato da perfetta informazione.
L‟analisi di Akerlof è stata applicata al mercato del credito caratterizzato dalla
presenza di debitori (ossia le imprese che devono realizzare l‟investimento) e
creditori (ossia i risparmiatori). Anche in tal caso si può determinare una
situazione di asimmetria informativa, si può ipotizzare cioè, che il debitore,
l‟impresa, possegga maggior informazioni circa la redditività futura e il grado di
rischio del progetto di investimento che intende realizzare rispetto al creditorerisparmiatore. Sul mercato del credito si può determinare una situazione analoga a
quella che caratterizza il mercato delle auto usate di Akerlof.
Supponiamo che sul mercato del credito esistano due tipologie di debitori,
caratterizzate da differente rischiosità del prestito:

debitori di buona qualità, i quali hanno un‟alta probabilità di rimborsare il
prestito e di pagare gli interessi;

debitori di cattiva qualità, i quali presentano un alto rischio di insolvenza.
E supponiamo inoltre che i creditori-risparmiatori non siano in grado di
distinguere le due categorie di debitori. Questo implica che tutte le imprese
41
verranno finanziate alle stesse condizioni ( nel mercato delle auto usate tutte le
auto venivano vendute allo stesso prezzo) → i debitori di cattiva qualità
risulteranno avvantaggiati, mentre i debitori di buona qualità risulteranno
penalizzati rispetto a quanto succederebbe in un mondo con perfetta informazione
in cui i buoni debitori sarebbero finanziati a condizioni migliori rispetto ai cattivi
debitori.
Le conseguenze della presenza di AI sugli operatori migliori (possessori di auto di
buona qualità; debitori meno rischiosi) permettono di spiegare le ragioni della
presenza di soggetti come gli intermediari finanziari. Continuiamo a descrivere
l‟analisi di Akerlof il quale mostra che, nel caso del mercato delle auto usate, i
costi che gravano sui proprietari di auto buone, che non riescono a vendere la loro
auto al prezzo di 1000, ma sono costretti ad accettare un prezzo inferiore, costi
che vengono definiti costi di informazione, stimolano la nascita di operatori,
Akerlof li definisce mercanti, che si specializzano nel valutare la qualità delle auto
usate.
L
Nel caso del mercato delle auto usate questi mercanti potrebbero essere
a
meccanici che si specializzano nel valutare la qualità dell‟auto e garantiscono la
qualità dell‟auto acquistata. La presenza di questo soggetto consente ai proprietari
di auto di buona qualità di vendere la propria auto ad un prezzo vicino a quello
che si sarebbe determinato in caso di perfetta informazione (1000) al netto della
ricompensa per il meccanico; mentre i proprietari di auto di cattiva qualità saranno
costretti a vendere la loro auto al prezzo di 500.
La presenza del meccanico
all‟interno del mercato delle auto usate consente quindi di eliminare gli effetti
della presenza di AI; grazie al meccanico si riproducono risultati analoghi a quelli
p
r
e
s
e
n
z
a
che si sarebbero avuti in presenza di perfetta informazione: si creano due mercati
distinti delle auto usate nei quali le due categorie di auto vengono vendute a prezzi
d
differenti.
i
La teoria mainstream degli intermediari finanziari trasferisce queste conclusioni al
a
mercato del credito. Gli intermediari finanziari svolgono all‟interno del mercato
s
del credito la stessa funzione che i meccanici svolgono nel mercato delle auto
i
m
42
m
e
t
usate di Akerlof. La funzione fondamentale degli intermediari finanziari, e in
particolare delle banche, che sono la tipica forma di intermediario, consiste nel
valutare la qualità dei debitori e quindi di ridurre le AI tra creditori e debitori. La
presenza degli intermediari consentirà ai debitori di buona qualità di finanziarsi a
condizioni migliori rispetto a quelle che dovrebbero sopportare in un mondo senza
intermediari; la riduzione dei costi di informazione giustifica quindi il pagamento
dei costi di intermediazione corrispondenti ai salari e profitti degli intermediari
finanziari. (Fama, Goodhart, Blinder, Stiglitz)
Questa analisi delle ragioni della presenza degli intermediari finanziari ci permette
di sottolineare due aspetti significativi della teoria mainstream.
1) Secondo questa teoria esiste un mondo ideale caratterizzato dalla presenza di
perfetta informazione in cui:
a) tutte le risorse risparmiate vengono impiegate negli investimenti più efficienti;
b) i risparmiatori trasferiscono direttamente le risorse risparmiate alle imprese
senza necessità dell‟intervento di intermediari finanziari; in questo mondo ideale
gli IF non hanno alcun ruolo.
2) Questo mondo ideale non è una costruzione astratta che non ha alcun rapporto
con i sistemi economici concreti, ma costituisce il punto di arrivo verso cui
converge una economia caratterizzata dalla presenza di imperfezioni come le
asimmetrie informative.
La presenza di intermediari finanziari serve infatti ad
eliminare gli effetti delle AI e a fare in modo che nel mondo reale si riproducano
i risultati che si otterrebbero in un mondo ideale in cui i risparmiatori finanziano
direttamente le imprese e non esistono intermediari finanziari.
Possiamo quindi osservare che la teoria mainstream afferma il principio della
neutralità della finanza; questo principio non significa che la finanza, intesa come
mercato del credito e intermediari finanziari è irrilevante, ma significa affermare
che la funzione del sistema finanziario consiste nel fare in modo che una
economia caratterizzata da imperfezioni come le asimmetrie informative ottenga
gli stessi risultati che caratterizzano il mondo ideale con perfetta informazione in
cui il mercato del credito coincide con il mercato dei beni e gli intermediari
43
finanziari non hanno ragione di esistere. La finanza è neutrale poiché non
influenza in alcun modo i risultati ottenuti dal mondo ideale.
Queste conclusioni sono confermate dalle considerazioni circa la relazione tra
finanza e sviluppo economico.
3. Finanza e crescita economica
L‟ultimo punto della teoria mainstream riguarda l‟analisi della relazione tra
finanza e sviluppo economico, cioè la specificazione delle ragioni per le quali la
finanza, il sistema finanziario, può essere visto come un elemento importante
nello spiegare il processo di sviluppo economico. Questa analisi, come vedremo, è
coerente con il principio di neutralità della finanza descritto sopra.
Pagano (1993) spiega questa relazione mediante un modello che deriva da un
fondamentale modello teorico elaborato negli anni ‟50 dall‟economista americano
Robert Solow. La prima equazione del modello di Pagano descrive

relazione tra reddito e stock di beni capitali → eq. 1:
dove:
Yt = A * Kt
A rappresenta la produttività del capitale;
Kt è lo stock di beni capitali al tempo t ed è l‟unica grandezza
variabile.
Il reddito è una funzione lineare crescente dello stock di beni capitali. Il
capitale è l‟unico fattore produttivo considerato in quanto si ipotizza che il
numero di lavoratori impiegato (N) sia costante nel tempo; quindi N, in
quanto costante, può essere trascurato (p.613, 0).
La seconda equazione specifica:

relazione tra investimenti e stock di beni capitali:
44
Indichiamo con K lo stock di beni capitali disponibili all‟inizio di ogni
periodo; ipotizziamo inoltre, che si produca un unico bene (es. grano o
pesce) che può essere consumato (al fine di garantire la sopravvivenza delle
famiglie) o investito (impiegato quindi come mezzo di produzione). In ogni
periodo possiamo individuare inoltre un certo flusso di investimenti che
permette di aumentale lo stock di beni capitale. Ad esempio, gli investimenti
saranno costituiti dalla quantità di grano (o di pesce) che serve a pagare i
lavoratori che producono aratri (o barche). Per definire la relazione tra lo
stock di beni capitale e il flusso degli investimenti possiamo considerare due
casi: Quindi avremo:
a) i beni capitali durano in eterno; in questo caso vale la relazione:
eq. 2:
b) i beni capitale sono deperibili;:
eq. 2’:
δ definisce la frazione di beni capitali
deteriorata dall’uso.
Le equazioni appena analizzate mettono in luce che lo stock di beni capitali
varia di periodo in periodo in funzione dello stock di investimenti realizzato
nel periodo precedente.
La terza equazione definisce:

relazione tra risparmi e investimenti
Il modello di Solow segue l‟impostazione neoclassica secondo cui le
decisioni di investimento sono determinate dalle decisioni di risparmio S →
I (p.614, 1)
Se Yt-1 è la produzione di grano realizzata in t-1:

una parte sarà consumata
Ct-1 = f (Yt-1) = c Yt-1
c = propensione marginale al consumo (0<c<1 es. c=0,8)

una parte sarà risparmiata
St-1 = f (Yt-1) = s Yt-1
45

s = (1-c) = propensione marginale al risparmio
(s = 1-c = 1-0,8 =
0,2)
Eq. 3:
il livello degli investimenti dipende dalle decisioni di
risparmio.
Possiamo illustrare il significato di questa relazione ipotizzando che si
produca un solo bene: grano (pesce); il grano si produce oltre che con lavoro
e semente anche con un bene capitale che può essere un aratro oppure un
trattore. L‟aratro/trattore verrà prodotto mediante lavoro. In questo caso
l‟investimento consiste nel destinare una parte del grano prodotto a pagare e
a permettere la sopravvivenza dei lavoratori che producono l‟aratro
il
20% del grano prodotto che serve a pagare i lavoratori che producono
aratri/trattori costituisce il risparmio.
La produttività dello stock di capitale dipende dalla tecnologia produttiva: se la
produzione avviene mediante lavoro, sementi e aratro la produttività del capitale
impiegato sarà più bassa rispetto al caso in cui si produce con lavoro, sementi e
trattore.
Il modello definito dalla teoria mainstream specifica
una relazione causale tra
risparmi e reddito:
→
dato Yt-1 è determinato St-1 = s Yt-1
→
dato St-1 l‟equazione 3 determina It-1, ossia l‟ammontare degli investimenti
che vengono realizzati in t-1
→
dato It-1 l‟equazione 2 determina Kt, ossia lo stock di beni capitali
disponibile al tempo t
→
dato Kt l‟equazione 1 determina Yt.
Yt dipende dal risparmio che si determina nel periodo precedente → tanto
maggiore è il risparmio, tanto maggiori saranno gli investimenti, lo stock dei
beni capitali e quindi il reddito.
46
Queste relazioni si basano sull‟ipotesi secondo i risparmi determinano gli
investimenti e secondo cui tutte le risorse risparmiate vengono investite. In
questo caso non c‟è alcun ruolo per il sistema finanziario; sono le decisioni di
risparmio che influenzano il processo di accumulazione del capitale e quindi il
livello del reddito; il sistema finanziario, la cui funzione è facilitare il
trasferimento del risparmio dalle famiglie alle imprese può essere trascurato come
diceva McCallum.
Pagano introduce il sistema finanziario in questo modello modificando
l‟equazione 3 e ipotizzando che in un sistema economico in cui esista un sistema
finanziario sviluppato non tutto l‟ammontare di risparmio viene investito.
In questo caso quindi avremo:
con
eq. 3.1:
dove
0<Φ<1
= quota delle risorse risparmiate che non viene investita. Tale
quantità corrisponde all‟insieme dei salari e dei profitti che viene assorbito dal
sistema finanziario. Si tratta quindi del costo del sistema finanziario; la presenza
del sistema finanziario sottrae risorse agli investimenti (615,1)
Sulla base delle tre relazioni Pagano spiega come il sistema finanziario può
influenzare la crescita economica; a questo scopo definiamo il tasso di crescita:
tasso di crescita del reddito:
sapendo che
e
avremo:
47
sapendo che
avremo:
e
Poiché:
dove
avremo:
frazione di bene capitale deteriorata dall‟uso (grandezza indipendente
dal sistema
finanziario)
Sulla base di questa definizione del tasso di crescita Pagano conclude che il
sistema finanziario può influenzare il tasso di crescita del sistema economico in
tre diversi modi (614, 3). In particolare influenza:
costo del sistema finanziario
propensione al risparmio
grandezze influenzate dal sistema finanziario
produttività del capitale
Il grado di sviluppo del sistema finanziario influenza Φ, s e A e attraverso
queste grandezze influisce sul tasso di crescita del sistema economico.

In primo luogo un sistema finanziario evoluto può incrementare il tasso di
crescita aumentando Φ mediante la riduzione dei costi di intermediazione
(615, 1,2)
Il grado di sviluppo del sistema finanziario determina infatti il livello dei
costi di intermediazione:
- un sistema finanziario evoluto genera bassi costi di intermediazione;
- un sistema finanziario arretrato genera alti costi di intermediazione.
48
Anche al sistema finanziario si può quindi applicare la nozione tipica del
settore industriale secondo cui il progresso tecnologico tende a ridurre i
costi → l‟innovazione finanziaria misura l‟evoluzione del sistema
finanziario e tende a ridurre i costi di intermediazione.

Il secondo canale attraverso il quale il sistema finanziario influenza il tasso
di crescita consiste nell‟incrementare la produttività del capitale, e quindi il
valore del parametro
A, indirizzando le risorse risparmiate verso gli
impieghi più produttivi (615, 3).

Il terzo canale attraverso il quale il sistema finanziario influenza il tasso di
crescita è costituito dal valore della propensione al risparmi –s-. Un
aumento di –s- determina un incremento degli investimenti e quindi dello
stock di capitale e infine del livello di reddito. Pagano osserva che gli effetti
della presenza di un sistema finanziario evoluto sulla propensione al
risparmio non sono facili da definire; si possono distinguere infatti due
effetti che hanno segno opposto.
In primo luogo se si assume che la propensione al risparmio sia influenzata
positivamente dal livello del tasso di interesse allora si dovrebbe concludere
che la presenza di un sistema finanziario evoluto consente di ottenere una
maggiore propensione al risparmio poiché assicura ai risparmiatori
rendimenti più elevati in quanto indirizza le risorse risparmiate verso gli
impieghi più redditizi. Assicurando ai risparmiatori rendimenti più elevati, li
spinge a risparmiare di più.
con
e
quindi al
crescere del tasso di interesse conviene risparmiare. Di conseguenza un
sistema finanziario in grado di offrire tassi di interesse più alti è in grado di
aumentare la propensione al risparmio.
In secondo luogo Pagano ricorda che un aumento di-r- potrebbe ridurre la
propensione al risparmio poiché si potrebbe ipotizzare che i risparmiatori si
pongano un limite al flusso di risparmio che è determinato dal livello di
reddito futuro che intendono ottenere; in questo caso al crescere del tasso di
interesse diminuisce il flusso di risparmio necessario ad ottenere un dato
livello di reddito futuro. Supponiamo che un operatore voglia ottenere un
certo reddito futuro:
49
|
|
presente
|
futuro
L‟individuo nel tempo presente percepisce redditi da lavoro, mentre nel
periodo futuro va in pensione e il suo obiettivo è quindi mantenere lo stesso
tenore di vita che aveva nel periodo presente → l‟obiettivo non è la
massimizzazione del reddito futuro, ma ottenere lo stesso livello di reddito
del presente.
La decisione di risparmiare oggi dipende anche dal tasso di interesse: tanto
maggiore è il tasso di interesse, tanto minore dovrà essere il risparmio
necessario ad ottenere un dato livello di reddito futuro.
.
La conclusione è che il segno della relazione tra sviluppo del sistema
finanziario e propensione marginale al risparmio può essere negativa.
I
In conclusione, osserva Pagano, la relazione tra la presenza di un sistema
finanziario evoluto e la propensione al risparmio può avere segno positivo o
Q
negativo. Anche se l‟effetto della Finanza su –s- è ambiguo, non è ambiguo
u
l‟effetto complessivo; La relazione positiva tra sviluppo del sistema
e
finanziario e tasso di crescita del sistema economico passa quindi attraverso
s
Φ e A.
t
a
Possiamo osservare che l‟analisi di Pagano è coerente con il principio di
neutralità della finanza poiché essa sottolinea che la presenza di un sistema
finanziario evoluto consente di avvicinare i risultati di una economia reale a
quelli di una economia ideale in cui tutti i risparmi sono investiti e sono
impiegati nel modo più produttivo.
a
n
a
l
i
Conclusioni analoghe a quelle di Pagano si trovano in un lavoro più recente
s
i
(Chou) il cui obiettivo consiste nello spiegare in che modo la finanza può
influenzare il tasso di crescita del sistema economico (78, 1)
è
p
50
e
r
f
Partendo sempre dal modello di Solow, Chou sviluppa un modello che ha
caratteristiche simili a quello di Pagano; in particolare anche Chou osserva che in
una economia reale non tutti i risparmi vengono investiti; quindi anche in questo
caso avremo:
Chou giustifica in modo diverso le ragioni di questa relazione. Nel lavoro di
Pagano
dipende dai costi di intermediazione: non tutto il risparmio viene
investito, una parte viene destinata a salari e profitti degli intermediari finanziari;
nel lavoro di Chou
rappresenta i risparmi impiegati in attività liquide, ma
non produttive, ossia in moneta (p. 80, 1,2, 3)
Chou, a differenza di Pagano, introduce nella sua analisi la moneta; l‟analisi di
Pagano era sviluppata in termini di beni (grano o pesce), Chou invece, ipotizza
che i redditi siano pagati in moneta e che i risparmi siano costituiti dalla quota
reddito monetario che non viene usata per acquistare beni di consumo (cioè grano
o pesce). E quindi può concludere che: i) tutti i risparmi vengono trasformati in
investimenti solo se i risparmiatori cedono tutta la moneta alle imprese attraverso
il mercato del credito; ii) questo risultato può essere ottenuto soltanto in presenza
di un sistema finanziario evoluto che consente di offrire ai risparmiatori strumenti
finanziari che hanno caratteristiche di rendimento e di rischio tali da indurli a
cedere moneta in cambio di questi titoli. Se questi titoli non esistono, quindi se il
sistema finanziario non è evoluto, allora i risparmiatori decideranno di accumulare
moneta; in questo caso solo
una parte dei risparmi servirà a finanziare gli
investimenti. Quindi il valore di
riflette il grado di efficienza dl sistema
finanziario (80, 4).
Ci possiamo chiedere a questo punto come si manifesta il grado di evoluzione del
sistema finanziario? La risposta di Chou è che un sistema finanziario evoluto è un
sistema capace di creare una ampia offerta di strumenti finanziari che sono in
grado di soddisfare le preferenze dei risparmiatori e di indurli quindi a cedere
moneta in cambio di questi strumenti finanziari (81, 5). Possiamo illustrare questo
concetto ricordando le argomentazioni con le quali viene giustificata la presenza
51
degli intermediari finanziari. Un operatore avverso al rischio potrà essere indotto a
sottoscrivere titoli di credito se esistono sul mercato titoli di credito poco
rischiosi. In un mondo caratterizzato da asimmetrie informative buoni e cattivi
debitori verranno finanziati allo stesso tasso di interesse. La rischiosità media però
può essere così elevata da indurre l‟operatore avverso al rischio a non
sottoscrivere titoli di credito.
Ma se nel sistema finanziario viene introdotta la figura dell‟intermediario
finanziario, i debitori verranno finanziati a condizioni differenti e il nostro
operatore avverso al rischio potrà scegliere tra due categorie di titoli:

titoli rischiosi con elevati tassi di rendimento;

titoli meno rischiosi con più bassi tassi di rendimento
e quindi l‟operatore potrà decidere di sottoscrivere titoli poco rischiosi.
La presenza del sistema finanziario evoluto determina l’incremento del
valore di Φ e consente di moltiplicare l’offerta di strumenti finanziari per
consentire ai risparmiatori di ridurre la quota di risparmio impiegata
moneta.
Il valore di Φ rappresenta l‟efficienza del sistema finanziario, la quale dipende dal
numero dei prodotti finanziari disponibili sul mercato.
L‟analisi Chou e l‟esplicita considerazione della presenza della moneta ci
permette di fare alcune osservazioni su cui torneremo nelle lezioni successive.
La prima osservazione consiste nel domandarci a cosa serve la moneta in un
mondo in cui si produce un solo bene quale il grano? Questa domanda nasce dal
fatto che secondo la teoria mainstream la funzione fondamentale della moneta è
quella di essere un mezzo di scambio, che riduce i costi dello scambio rispetto ad
una economia di baratto.
52
In secondo luogo possiamo osservare che la presenza della moneta cambia la
relazione tra risparmi ed investimenti rispetto a quanto accade in un mondo in cui
si considera solo la presenza di grano (o pesce):

in un mondo in cui si considera solo la presenza di grano i lavoratori
vengono pagati in grano e quindi risparmiare significa non consumare il
grano prodotto. Il grano è un bene deperibile quindi potrà essere consumato
o investito (cioè servirà come salario per pagare i lavoratori che producono
aratri) → la decisione di risparmio implica necessariamente la decisione di
investimento.

se introduciamo la moneta stiamo immaginando che tutti i lavoratori che
producono grano vengano pagati in moneta e quindi questi risparmiatori
possono decidere di non spendere tutto il loro reddito per acquistare grano e
di tenere i loro risparmi in un cassetto o sotto il materasso per un certo
periodo di tempo.
Possiamo osservare, infine, che anche l‟analisi di Chou è coerente con il principio
L
di neutralità della finanza. Il contributo che il sistema finanziario può fornire al
a
processo di crescita consiste nell‟incrementare il valore di Φ, ossia la quota di
risparmio impiegata in titoli ovverosia di fare in modo che Φ tenda a 1, ossia che
m
la quota di risparmio impiegata in moneta si riduca a 0.
o
n
e
t
4. La neutralità della Finanza: L’analisi di Merton e Bodie
a
Il concetto de neutralità della finanza, che caratterizza la teoria mainstream della
r
Finanza, può essere ben illustrato dal lavoro di Merton e Bodie. Questo articolo
i
descrive l‟evoluzione della teoria della finanza negli ultimi decenni; gli autori
s
osservano che si possono individuare diversi approcci. Il primo è costituito della
p
finanza neoclassica.
e
t
t
o
a
53
l
g
Per quasi tre decadi la scienza della finanza largamente basata sulla finanza
neoclassica ha avuto un impatto molto forte sulla finanza concreta.
Secondo Merton e Bodie la FINANZA NEOCLASSICA studia il ruolo della
finanza considerando un mondo senza imperfezioni in cui gli individui sono
perfettamente razionali. In questo mondo la finanza coincide con il mercato del
credito che a sua volta coincide con il mercato dei beni. I risparmi e gli
investimenti determinano quindi il tasso di interesse che a sua volta determina i
prezzi degli strumenti finanziari. (p.1, 1)
Negli ultimi anni si sono sviluppati altri due approcci teorici che invece criticano
le due ipotesi sulle quali si basa la finanza neoclassica:
1.
NEW INSTITUTIONAL ECONOMICS si concentra su un mondo
caratterizzato da imperfezioni e dalla presenza di costi di transazione, di
tasse e altre frizioni che caratterizzano il mondo reale;
2.
BEHAVIORAL ECONOMICS invece introduce l‟ipotesi di razionalità
limitata di agenti che non sono completamente informati. (p.4, 2)
La tesi che Merton e Bodie sostengono è che questi approcci non sono tra
loro alternativi, ma complementari.
Il mondo ideale descritto dalla finanza neoclassica, non è una costruzione
puramente astratta, ma costituisce
un punto di riferimento per il mondo reale
analizzato dagli altri due approcci; costituisce cioè il modello a cui tende il
sistema reale. Nel mondo ideale descritto dalla finanza neoclassica, il sistema
finanziario coincide con il mercato del credito, le istituzioni non contano perché i
risparmiatori finanziano direttamente le imprese (S → I): gli intermediari
finanziari non influenzano i prezzi di equilibrio e l‟allocazione del rischio. (p.5, 3)
La teoria neoclassica della finanza ha un limite importante in quanto trascurando
la presenza di imperfezioni non è in grado di spiegare l‟esistenza di istituzioni che
nascono con lo scopo di superare gli effetti di queste imperfezioni. La presenza di
imperfezioni e di razionalità limitata degli operatori giustifica il sorgere di
54
istituzioni, gli intermediari, i quali fanno sì che i risultati prodotti da un‟economia
caratterizzata da imperfezione e razionalità limitata convergano verso i risultati di
un mondo ideale in cui gli operatori sono razionali e non vi sono imperfezioni. La
funzione degli altri due approcci è quella di spiegare che lo scopo delle istituzioni
finanziarie consiste nel‟annullare gli effetti della presenza di imperfezioni e dei
limiti nel comportamento razionale degli individui. (p4, 4, 5) (p. 5, 6)
Merton e Bodie definiscono il loro approccio Functional and Structural
Finance – FSF; con questa espressione possiamo definire la teoria mainstream
della finanza (p. 5, 7) (p.6, 8) che ha le seguenti caratteristiche:

la finanza neoclassica serve a determinare i valori di equilibrio dei prezzi e
la distribuzione di equilibrio delle risorse, ma non a spiegare la presenza
delle istituzioni finanziarie. Nel mondo ideale i risparmiatori finanziano
direttamente le imprese e le scelte dei risparmiatori e delle imprese
determinano il tasso di interesse; si può anche assumere che risparmiatori e
imprese siano in grado di creare una pluralità di strumenti finanziari (azioni,
obbligazioni) che rappresentano le posizioni di debito e di credito i cui
prezzi di equilibrio vengono fissati all‟interno di mercati caratterizzati da
perfetta informazione e in cui operano soggetti perfettamente razionali.

New istitutional economics e Behavioral economics invece servono a
spiegare l‟evoluzione della struttura finanziaria e quindi a giustificare la
presenza degli intermediari finanziari, i quali non hanno alcuna influenza
nel determinare ma i prezzi e l‟allocazione delle risorse che caratterizzano
il mondo ideale verso cui converge il mondo reale.
Merton e Bodie presentano tre esempi per illustrare la loro tesi.
1. Il primo riguarda la giustificazione della presenza degli intermediari finanziari.
(p.7, 9) L‟analisi di Merton e Bodie giustifica l‟esistenza degli intermediari con la
presenza di imperfetta informazione; in un mondo senza imperfezioni e senza
costi di transazione un risparmiatore sarebbe indifferente tra:
- scegliere autonomamente un portafoglio
55
- scegliere un portafoglio tra quelli selezionati dagli operatori professionali
la cui presenza non avrebbe alcun ruolo
Al contrario, in presenza di asimmetrie informative e costi di transazione diventa
rilevante la presenza di intermediari finanziari come i fondi di investimento, i
quali raccolgono informazioni per definire i portafogli efficienti con le migliori
combinazioni rendimento-rischio.
In questo modo gli operatori saranno incentivati a ricorrere agli intermediari
finanziari piuttosto che a scegliere autonomamente il portafoglio.
2. Il secondo esempio riguarda la descrizione degli effetti dell‟innovazione
finanziaria. Possiamo definire l‟innovazione finanziaria come il processo di
creazione di nuovi strumenti finanziari, di nuovi mercati e di nuove istituzioni
finanziarie. Secondo Merton e Bodie negli ultimi 30 anni si è manifestato un
intenso processo di innovazione finanziaria che ha avuto sostanzialmente due
effetti molto positivi:
- coerentemente con quanto affermato da Chou, l‟innovazione finanziaria
avrebbe permesso di espandere l‟offerta di strumenti finanziari e quindi
di ridurre la quota di risparmio impiegata in attività liquide non
produttive (moneta) e dunque non impiegata per finanziare gli
investimenti delle imprese;
- l‟innovazione finanziaria ha favorito la mobilità dei capitali tra i vari
Paesi, ossia il processo di globalizzazione del sistema finanziario. Essa
ha quindi permesso di superare gli ostacoli che impedivano la
circolazione del capitale tra i vari Paesi consentendo al sistema
finanziario di raggiungere una maggiore efficienza. Per illustrare questo
secondo punto Merton e Bodie presentano un esempio molto efficace.
(p.2-3, 10-11)
Il terzo esempio riguarda gli effetti della presenza di razionalità limitata. Gli
autori riconoscono che i risparmiatori prendono le loro decisioni finanziarie in
condizioni di razionalità limitata come dimostrano molti studi empirici (p.9, 13)
Secondo Merton e Bodie, però, questo non implica che sui mercati finanziari si
56
determini un sistema dei prezzi sbagliato e quindi una allocazione delle risorse
inefficace poiché la presenza delle istituzioni finanziarie permette di annullare gli
effetti della razionalità limitata (p. 9, 13)
Dal lavoro di Merton e Bodie emerge una visione molto ottimistica circa il
funzionamento del sistema finanziario, il ruolo degli intermediari finanziari e gli
effetti dell‟innovazione finanziaria; una visione coerente con il principio della
neutralità della finanza. Questa visione ottimistica emerge anche dal modo in cui i
due autori considerano il fenomeno delle crisi finanziarie (p. 3, 12) Essi
considerano le crisi come conseguenze di „incidenti‟
provocati dal
comportamento scorretto di qualche operatore, cioè come fenomeni che non
derivano dalle caratteristiche strutturali del sistema finanziario.
Possiamo riassumere i punti fondamentali della teoria mainstrem della finanza:
1. In primo luogo secondo la Teoria Neoclassica della finanza il fenomeno del
credito deriva dalle decisioni di risparmio e di investimento. Il fondamentale
obiettivo del sistema finanziario consiste nel facilitare il trasferimento di risorse
dai risparmiatori alle imprese. Il mercato del credito coincide con il mercato dei
beni quindi l‟offerta di credito coincide con le decisioni di risparmio.
2. Il secondo elemento significativo riguarda la separazione tra la moneta e il
credito → il processo di creazione di moneta è indipendente dal processo di
creazione del credito, infatti:

l‟offerta di moneta è indipendente rispetto all‟offerta di credito e
dipende dalle decisioni delle autorità monetarie;

l‟offerta di credito è riconducile alle decisioni di risparmio.
3.Il terzo elemento riguarda la specificazione della funzione degli intermediari
finanziari che è quella di ridurre gli effetti della presenza di imperfezioni, di
asimmetrie informative e di razionalità limitata degli operatori.
4. L‟ultimo punto riguarda la specificazione della relazione tra finanza e sviluppo
economico; la teoria mainstream sottolinea che nel mondo reale non tutto il
risparmio si traduce in investimenti →
con 0<Φ<1. Compito degli
intermediari finanziari è spingere il valore di Φ verso l‟unità; nel mondo ideale
infatti Φ = 1 e quindi S = I.
57
Su questi elementi si fonda il concetto di neutralità della finanza che caratterizza
la teoria mainstream della finanza secondo cui esiste un mondo ideale all‟interno
del quale il sistema finanziario coincide con il mercato del credito e i risparmiatori
trasferiscono direttamente risorse alle imprese senza alcun bisogno degli
intermediari. Il ruolo degli intermediari finanziari consiste nel fare in modo che il
mondo reale produca gli stessi risultati che si otterrebbero in un mondo ideale
caratterizzato da perfetta informazione.
58
LA TEORIA KEYNESIANA DELLA FINANZA
Quella che viene definita come teoria keynesiana della finanza è in realtà il
prodotto del lavoro di numerosi economisti come Wicksell, Keynes, Schumpeter.
Dal loro lavoro emerge una teoria della finanza completamente diversa da quella
mainstream; una teoria che non accetta i punti fondamentali della teoria
mainstream descritta nelle pagine precedenti. Secondo la teoria keynesiana della
finanza:
1.
non vale l‟uguaglianza tra mercato del credito e mercato dei beni →
l‟offerta di credito è indipendente dalle decisioni di risparmio, questo porta
a considerare il tasso di interesse come un fenomeno monetario;
2.
esiste uno stretto legame tra il processo di creazione di credito e il processo
di creazione della moneta;
3.
le banche non sono semplici intermediari che prestano ciò che raccolgono;
4.
viene abbandonato il principio della neutralità della finanza secondo cui
esiste un mondo ideale verso il quale converge il mondo reale grazie
all‟azione del sistema finanziario.
Per presentare la teoria keynesiana della finanza partiamo dal concetto di moneta
e dalla distinzione, già analizzata nel corso di macroeconomia, tra moneta merce e
moneta segno:

moneta merce:
- ha un valore intrinseco (es. sale, metalli preziosi,…);
- è prodotta mediante lavoro;
- ha dei costi di produzione;
- può essere prodotta da chiunque mediante lavoro.

moneta segno:
- non ha alcun valore intrinseco → è la moneta
cartacea;
- non è prodotta mediante lavoro;
- ha costi di produzione pari a 0;
- non può essere prodotta da chiunque, ma solo da
determinati soggetti.
59
La teoria neoclassica non dà particolare rilievo al passaggio dalla moneta merce
alla moneta segno, ritiene cioè che l‟impiego della moneta segno non abbia
cambiato in modo significativo né la natura e il ruolo della moneta né le
caratteristiche del fenomeno del credito. La teoria keynesiana della finanza ritiene
invece che l‟impiego di una moneta segno abbia profondamente cambiato la
natura della moneta e la natura del credito.
Per spiegare questo punto fondamentale della teoria keynesiana, è necessario
sottolineare che la moneta segno a cui fa riferimento la teoria keynesiana della
finanza è costituita dalla moneta bancaria. Nel corso di macroeconomia abbiamo
identificato
la moneta segno con le banconote create dalla banca centrale
mediante le operazioni di mercato aperto. In realtà le banconote create dalla Banca
Centrale Europea non sono l‟unica moneta segno usata nelle nostre economie;
un‟altra moneta segno viene utilizzata ed è costituita dalla moneta bancaria, cioè
dalle passività emesse dalle singole banche
(es. assegni, carte di credito,
bancomat,…).
M = CIRC(moneta legale) + DEP
Le passività delle banche (DEP) costituiscono la componente più rilevante della
moneta(80-90%).
La Teoria Neoclassica afferma che il passaggio dall‟uso della moneta merce alla
moneta segno e in particolare all‟impiego della moneta bancaria non ha avuto
alcun effetto sulla struttura del sistema economico.
Secondo la Teoria Neoclassica anche in un sistema in cui si utilizza la moneta
segno si continua ad applicare la teoria quantitativa della moneta e quindi il
principio di neutralità della moneta.
La Teoria Keynesiana ritiene invece che l‟impiego di una moneta segno come la
moneta bancaria abbia cambiato la struttura del sistema economico; in particolare
ha modificato il ruolo della moneta e la natura del credito.
60
Secondo Keynes l’introduzione della moneta bancaria ha cambiato la
struttura del sistema economico.
Keynes sottolinea l‟importanza di tale passaggio introducendo una distinzione tra
due tipi di sistema economico:

real exchange economy → si tratta di un‟economia di baratto che usa la
moneta merce come semplice mezzo di scambio (Keynes 1933, 408, 1);

monetary economy → si tratta di un‟economia in cui si usa moneta segno
ed in particolar modo moneta bancaria (Keynes 1933, 408, 2).
Ciò che distingue le due economie non è l‟impiego della moneta; in entrambe le
economie viene usata moneta. Nel primo caso l‟uso della moneta non cambia la
struttura del sistema economico che resta una economia di baratto; la moneta
usata, una moneta merce, è un semplice mezzo di scambio che riduce i costi dello
scambio ma non modifica le caratteristiche del sistema economico, vale il
principio della neutralità della moneta.
Una monetary economy invece, non è semplicemente una economia in cui si usa
moneta, ma è un‟economia in cui l‟impiego di una moneta segno come la moneta
bancaria cambia la struttura del sistema economico rispetto ad una economia di
baratto. La moneta in questo caso non può essere considerata neutrale poiché non
si possono spiegare gli aspetti significativi di una monetary economy senza
considerare la presenza della moneta, mentre si possono descrivere le
caratteristiche di una economia di baratto trascurando la moneta.
In particolare ci concentreremo su due aspetti che differenziano una monetary
economy rispetto ad una economia di baratto e la cui rilevanza è associata
all‟impiego della moneta bancaria:
1- il primo riguarda la natura del fenomeno del credito e la specificazione della
relazione tra moneta e credito e del ruolo delle banche;
2- il secondo riguarda il fenomeno delle fluttuazioni del reddito e
dell‟occupazione e quindi il fenomeno delle crisi.
61
1. La moneta bancaria e la natura del credito (Cannan/Schumpeter/Hicks)
Secondo la teoria mainstream il fenomeno del credito è indipendente dalla
presenza della moneta bancaria, cioè le caratteristiche di questo fenomeno non
dipendono dalla presenza delle banche; come abbiamo detto la natura del
fenomeno del credito è indipendente dall‟oggetto del credito: un bene reale o
moneta. Secondo la teoria neoclassica il credito è il contratto mediante il quale il
risparmiatore trasferisce risorse all‟impresa; introducendo le banche (che secondo
la teoria neoclassica sono dei semplici intermediari che facilitano il trasferimento
di risorse da risparmiatori a imprese) nel sistema economico non cambia la natura
del credito poiché la sua origine continua ad essere costituita dalle decisioni di
risparmio, ossia sono sempre i risparmiatori che finanziano le imprese.
Keynes invece afferma che in un mondo in cui si usa la moneta bancaria le banche possono
finanziare le imprese creando moneta.
Le teoria keynesiana della finanza afferma invece che:
a) con la diffusione della moneta bancaria si elimina il legame tra decisioni di
risparmio e offerta di credito; le banche infatti possono finanziare le imprese
creando nuova moneta quindi l‟offerta di credito diventa indipendente rispetto alle
decisioni di risparmio;
b) esiste uno stretto legame tra il processo di creazione della moneta e il processo
di creazione del credito; in un mondo che utilizza una moneta bancaria le banche
creano moneta offrendo credito alle imprese; in altri termini la moneta viene
creata mediante un contratto di credito;
c) le banche non sono semplici intermediari che prestano ciò che raccolgono.
Secondo la Teoria Neoclassica le banche sono semplici intermediari finanziari che
favoriscono il trasferimento di risorse tra i risparmiatori e gli investitori, ossia
prestano ciò che raccolgono
depositi = prestiti. Esiste dunque una relazione
causale del tipo DEP → L, ossia l‟ammontare dei depositi determina le decisioni
di credito. Secondo la Teoria Keynesiana, invece, la relazione causale sarà
opposta in quanto sono le decisioni di credito che determinano l‟ammontare dei
62
depositi: L → DEP. Le banche non sono più semplici intermediari in quanto
offrono credito creando moneta.
Possiamo illustrare questi punti che caratterizzano la teoria keynesiana della
finanza utilizzando le argomentazioni con le quali Schumpeter criticò la teoria
neoclassica del credito e delle banche. Scumpeter elaborò la sua critica
prendendo di mira l‟articolo di Edwin Cannan “The meaning of bank deposits” del
1921 che costituisce una presentazione molto efficace della teoria neoclassica del
credito e delle banche, quindi prima di descrivere la critica di Schumpeter,
dovremo presentare gli aspetti più significativi dell‟analisi di Cannan.
Cannan inizia il suo saggio lamentandosi del fatto che la teoria tradizionale delle
banche e dei depositi bancari fosse stata messa in discussione. (28, 1)
La teoria tradizionale considera le banche come dei semplici intermediari che
prestano ciò che ottengono in deposito; C. cita alcune definizioni di banca e di
banchiere che ritiene perfettamente valide (28, 2-3)
Egli sottolinea che il termine deposito usato per definire le passività delle banche
è particolarmente appropriato in quanto permette di osservare che il deposito
bancario ha le stesse caratteristiche di una generica operazione di deposito che ha
per oggetto un bene qualsiasi, ad esempio il deposito bagagli (28, 4)
In realtà C. osserva che esistono due differenze tra il deposito bancario e il
deposito bagagli, ma aggiunge che queste differenze non sono tali da giustificare
la conclusione che la natura dei depositi bancari sia diversa da quella dei depositi
bagagli.
In primo luogo, nel caso in cui si depositi un oggetto, il depositante si aspetta che
colui che riceve l‟oggetto in deposito gli restituisca lo stesso oggetto e non un
oggetto simile. (29, 5)
In secondo luogo, il depositante si aspetta che l‟oggetto prestato non venga
utilizzato da colui che lo riceve in deposito (29, 6)
Queste due caratteristiche non valgono nel caso della moneta. Chi deposita
moneta presso una banca non è interessato ad ottenere la restituzione delle stesse
identiche monete o banconote depositate, ma dello stesso ammontare di moneta.
Questa differenza si spiega con il fatto che le unità di moneta sono perfettamente
63
omogenee e quindi perfettamente sostituibili (29, 7). Inoltre, l‟omogeneità della
moneta elimina le obiezioni dei depositanti circa il fatto che la moneta depositata
possa essere prestata. (29, 8-9)
C. conclude che queste differenze non giustificano la tesi secondo cui i depositi
bancari hanno una natura diversa dai depositi di un oggetto; ciò che rende uguale
la natura di questi depositi è costituito dal fatto che in entrambi i casi ciò che può
essere
prestato
dipende
dall‟ammontare
dei
depositi
(30,
9)
D(depositi)L(prestiti).
C. aggiunge che questa conclusione circa la natura dei depositi non è messa in
discussione da due fenomeni che vengono ricordati per criticare la teoria
tradizionale. Il primo è costituito dal fatto che l‟ammontare dei depositi raccolti da
una banca è un multiplo del circolante/moneta legale posseduto dalla banca. Una
banca potrebbe, ad esempio, avere deposti per 1 miliardo di unità di moneta e
circolante per 250 milioni e quindi avere un ammontare di depositi pari a quattro
volte le riserve di circolante. Poiché anche i depositi possono essere definiti
moneta, in quanto vengono utilizzati come mezzi di pagamento, si potrebbe
concludere che la banca ha creato moneta per 750 milioni poiché a fronte di
circolante per 250 milioni ha creato un ammontare di depositi di 1 miliardo.
Questa conclusione, osserva Cannan, è completamente sbagliata poiché questo
esempio ci dice molto semplicemente che la banca ha raccolto depositi per 1
miliardo e ha erogato prestiti per 750 milioni accumulando riserve per 250
milioni. Questa sequenza causale potrebbe essere applicata anche al deposito delle
borse nel caso in cui il depositario decidesse di prestare il 75% delle borse
depositate (31, 11)
Il secondo fenomeno è costituito dal fatto che l‟ammontare dei depositi bancari in
un certo paese è un multiplo dell‟ammontare della moneta legale di quel paese.
Questo è un fenomeno che differenzia i depositi bancari dai depositi bagagli: il
numero delle borse depositate presso i depositi bagagli di un paese non può
superare quello delle borse esistenti nel paese. Questa differenza secondo Cannan,
non mette in discussione la relazione causale tra depositi e prestiti, ed è
giustificata dal fatto che l‟oggetto dei depositi bancari, a differenza delle borse,
viene usato come moneta.
Chi riceve in prestito la moneta deposita la utilizza,
64
allo stesso modo in cui chi riceve in prestito una borsa la usa. Ma l‟impiego dalla
moneta ha conseguenze diverse rispetto all‟impiego della borsa; usare moneta non
significa accumularla in un cassetto, ma spenderla per acquistare beni; chi ottiene
la moneta in pagamento la depositerà nuovamente presso la banca la quale
presterà il 75% di quanto depositato; in questo modo l‟ammontare dei depositi
bancari, a differenza di quanto succede per le borse, sarà un multiplo del
circolante come mostra la tabella 1 (31, 12)
Tabella 1
CIRC = 1000
DEP = 1000
L = 750
RIS = 250
DEP = 750
L = 0,75 * 750 =
562,5
RIS = 0,25 * 750 =
187,5
DEP = …
L=…
RIS = …
I prestiti danno origine a nuovi depositi.
Il valore dei depositi converge quindi verso un multiplo dell‟ammontare iniziale
del circolante. Più precisamente avremo:
dove
è il moltiplicatore dei depositi.
65
Sulla base di queste argomentazioni C. ribadisce la validità della teoria
tradizionale delle banche e critica le nuove teorie che invece affermano che le
banche creano moneta (32, 13)
Schumpeter nella prima metà del „900 presenta una teoria del credito e delle
banche completamente diversa da quella neoclassica e utilizza il lavoro di Cannan
come bersaglio delle sue critiche.
In primo luogo, S. per esporre la sua teoria, riassume gli aspetti più significativi
della teoria del credito accettata dagli economisti agli inizi del „900. S. sottolinea
che secondo la teoria tradizionale il credito nasce da una decisione di risparmio: la
moneta (moneta metallica) che non viene spesa, viene risparmiata e questa
decisione dà origine al fenomeno del credito. (1113, 1)
S. osserva che secondo la teoria tradizionale il fenomeno del credito precede la
presenza delle banche, è indipendente dalla presenza delle banche. Le banche
possono essere introdotte in un momento successivo e la loro presenza non
cambia la natura del credito; il vero creditore è il risparmiatore , le banche sono
dei semplici intermediari (1113, 2)
Questa analisi è ritenuta valida anche nel caso in cui i depositi bancari siano usati
come mezzo di pagamento (1113, 3)
S. cita Cannan come rappresentante più significativo dei sostenitori della teoria
tradizionale che afferma che la natura dei depositi bancari è analoga quella dei
deposti che hanno per oggetto un bene reale (1113, 4)
S. critica questa tesi osservando che esiste una differenza fondamentale tra le due
categorie di depositi. Sia nel caso del depositi bancario che nel caso del deposito
bagagli, il depositante ottiene una ricevuta che attesta il deposito. Esiste però,
afferma S., una differenza profonda tra la ricevuta emessa dalla banca e quella
emessa dal titolare del deposito bagagli.
Schumpeter critica la teoria neoclassica del credito e delle banche descritta
da Cannan secondo cui il fenomeno del credito è indipendente dall’esistenza
delle banche → Secondo Schumpeter la presenza delle banche modifica la
natura del credito.
66

la ricevuta rilasciata dalla banca è un sostituto perfetto della moneta legale,
ossia può essere usata come mezzo di pagamento proprio come la moneta
legale. Colui che deposita moneta non rinuncia all‟ uso della moneta perché
può utilizzare la relativa ricevuta bancaria come mezzo di pagamento;

la ricevuta rilasciata dal titolare del deposito bagagli dà diritto alla
restituzione della borsa, ma non sostituisce tale bene. Colui che deposita la
borsa rinuncia quindi all‟uso della stessa fino al momento della restituzione.
La banca quindi, afferma Schumpeter, crea moneta poiché il depositante non
rinuncia ad impiegare moneta poiché può effettuare pagamenti utilizzando la
ricevuta ottenuta dalla banca, cioè trasferendo il credito nei confronti della banca
e allo stesso tempo, anche colui che è stato finanziato dalla banca può spendere
moneta (1114, 5)
Nel caso del deposito bancario cambia quindi la natura del credito: il
depositante non rinuncia a usare la moneta che ha depositato, in quanto può
pagare mediante assegno anziché mediante moneta.
Questo fenomeno è peculiare della moneta e non ha alcun riscontro nel mondo
delle merci (1114, 5)
La conclusione di Schumpeter è che la presenza delle banche cambia la
natura del credito → il fenomeno del credito è strettamente legato alla
presenza delle banche, le quali creano moneta.
S. sottolinea che la presenza delle banche cambia la natura dei depositi e del
credito. In un mondo senza banche in cui l‟oggetto del credito è costituito da un
bene reale o dalla moneta legale, la decisione di depositare questo oggetto o la
moneta, comporta la rinuncia ad utilizzare l‟oggetto depositato, e prestare un
oggetto o moneta significa rinunciare a questo oggetto o alla moneta. Questo non
vale nel caso in cui esistano le banche e i depositi bancari siano utilizzati come
mezzo di pagamento, e siano quindi sostituti praticamente perfetti della moneta.
In questo caso il depositante non rinuncia ad utilizzare la moneta depositata
poiché riceve un sostituto perfetto della moneta legale. Quindi la banca non può
67
essere considerata come un intermediario che trasferisce al debitore un oggetto o
una quantità di moneta che il depositante rinuncia ad impiegare.
S. sottolinea che la presenza delle banche e la diffusione dell‟impiego della
moneta bancaria inducono a ridefinire il significato non solo del concetto di
credito ma anche della relazione tra decisioni di risparmio e credito e quindi del
concetto di risparmio (1114, 6)
Secondo la teoria tradizionale, come abbiamo visto, c‟è una stretta relazione tra
risparmi e offerta di credito; chi risparmia rinuncia a consumare risorse che
vengono messe a disposizione di chi decide di investire. Questa sequenza può
valere in un mondo in cui si produce un unico bene, come ipotizza la teoria
tradizionale. L‟esempio tipico, come abbiamo visto è costituito dal grano;
risparmiare grano significa rinunciare a consumarne una parte, la quale potrà
essere investita o ceduta a qualcun altro perché venga impiegata come mezzo di
produzione.
In un mondo in cui esiste moneta bancaria, invece, il risparmiatore che deposita la
propria moneta presso la banca:

da un lato, consente ad un imprenditore di realizzare investimenti;

dall‟altro, riceve dalla banca uno strumento che svolge le stesse funzioni
della moneta depositata.
A differenza del mondo in cui si produce solo grano, il risparmiatore non rinuncia
quindi all‟utilizzo delle risorse risparmiate.
S. conclude quindi che è necessario abbandonare l‟idea che le banche siano
intermediari che prestano ciò che raccolgono e capovolgere la relazione causale
tra depositi e prestiti. (1114, 6)
La banca crea moneta nel momento in cui concede credito e da questa
operazione di finanziamento scaturiscono i depositi
cambia la relazione
causale tra prestiti e depositi: sono i prestiti che determinano i depositi,
ossia L → DEP
Per illustrare questa relazione causale: L  D possiamo osservare che le banche
possono creare sostituti perfetti della moneta legale non soltanto non soltanto nel
68
momento in cui raccolgono depositi; infatti esse possono creare sostituti perfetti
della moneta nel momento in cui decidono di finanziare un‟impresa. Questo punto
è bel illustrato da John Hicks (uno dei primi economisti ad ottenere il premio
Nobel per l‟economia e autore del modello macroeconomico IS-LM) in “Una
teoria della storia economica” afferma che le banche moderne sono il risultato di
un processo di evoluzione che si articola in tre fasi:
1^ FASE: nella prima fase la moneta utilizzata è fondamentalmente quella aurea e
le banche sono
dei semplici intermediari finanziari → prestano ciò che
raccolgono
Depositante → banca → debitore
Lo stato patrimoniale di una banca era quindi così caratterizzato:
Banca
attività
Crediti 1000
passività
Depositi 1000
Le caratteristiche dell’attivo e del passivo
delle banche sono perfettamente
omogenee anche per quanto riguarda la
scadenza (ad esempio sia prestiti che
depositi scadono tra un anno .
La ricevuta che il depositante otteneva dalla banca non poteva essere utilizzata
come mezzo di pagamento, ma semplicemente dava diritto al depositante stesso a
ricevere quanto depositato ad una certa scadenza. (108, 1)
In tale fase la banca agisce come un puro intermediario; il depositante rinuncia
all’utilizzo della moneta fino alla scadenza.
2^ FASE: nella seconda fase le banche modificano le caratteristiche delle loro
passività (depositi) rispetto a quelle delle attività → le banche rendono liquidi i
depositi, ossia si rendono conto di poter assicurare ai depositanti la conversione a
vista (cioè immediata) dei depositi in moneta aurea. Questo è possibile in
considerazione del fatto che:

non tutti i depositanti chiederanno il rimborso del loro deposito nello stesso
momento;
69

a fronte dei depositi le banche tengono una riserva che corrisponde ad una
frazione dei depositi.
In questa fase le banche emettono quindi delle ricevute che garantiscono la
convertibilità a vista in moneta aurea. (109, 2)
In altri termini, le passività delle banche diventano liquide e possono essere
utilizzate come mezzo di pagamento equivalente alla moneta.
In questa fase, dunque, le banche non sono più semplici intermediari come nella
prima fase, ma creano perfetti sostituti della moneta e i depositanti ora non
dovranno rinunciare all‟impiego della moneta fino alla scadenza.
Inoltre, a questo punto i prestiti bancari si differenziano profondamente dai prestiti
aventi ad oggetto beni reali: mentre le ricevute rilasciate dalla banca svolgono la
stessa funzione della moneta legale depositata presso la banca stessa, nel caso dei
prestiti aventi ad oggetto beni reali la relativa ricevuta non può essere riutilizzata
come mezzo di pagamento.
Il fatto che le passività delle banche vengano utilizzate come mezzo di pagamento
permette di passare alla terza fase.
3^ FASE: In questa fase le banche finanziano direttamente le imprese cedendo ad
esse titoli di credito che contengono la promessa della banca a convertire quel
titolo in moneta legale (banconote), oppure autorizzando le imprese ad emettere
ordini di pagamento che esse si impegnano a soddisfare a vista; si entra così nella
terza fase (110, 3)
Secondo la Teoria Keynesiana le banche non sono semplici intermediari
finanziari bensì soggetti che finanziano le imprese creando moneta quindi
l’offerta di credito risulta essere indipendente dalle decisioni di risparmio.
Gli investimenti vengono infatti finanziati tramite credito bancario, ossia
mediante la creazione di moneta bancaria.
Le argomentazioni di Schumpeter e Hicks coincidono con quelle che si trovano
nei lavori di Keynes e ci consentono di illustrare il primo elemento che distingue
una monetary economy rispetto ad una real exchange economy. Questo primo
70
elemento riguarda la natura del credito, la relazione tra moneta e credito e la
specificazione del ruolo delle banche. In un mondo che impiega moneta bancaria:
a) si elimina il legame tra decisioni di risparmio e offerta di credito; b) si mette in
rilievo lo stretto legame tra il processo di creazione di moneta e il processo di
offerta di credito poiché la moneta viene creata mediante un‟operazione di
credito; c) le banche non possono essere considerate come semplici intermediari.
2. Moneta bancaria e le fluttuazioni del reddito e dell’occupazione
Il secondo elemento che caratterizza un‟economia monetaria è costituito dalle
fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione, causate dalle fluttuazioni della
domanda aggregata. Keynes definisce le fluttuazioni della domanda aggregata
come un fenomeno monetario cioè come un fenomeno che può essere spiegato
dalla presenza della moneta
Di conseguenza un‟economia monetaria non si trova sempre in una situazione di
equilibrio di piena occupazione e ciò è dovuto, in ultima analisi, alla presenza
della moneta bancaria.
Keynes fornisce tre spiegazioni della ragione per cui la presenza di moneta segno
genera fluttuazioni della domanda aggregata e quindi del reddito e
dell‟occupazione:
1.
la prima spiegazione è rintracciabile nei lavori preparatori del 1933 alla Teoria
Generale;
2.
la seconda spiegazione è rintracciabile nella Teoria Generale del 1936;
3.
la terza spiegazione è rintracciabile nei lavori pubblicati tra il 1937 e il 1939 in cui
Keynes risponde ad alcune critiche rivolte alla Teoria Generale.
Noi concentreremo la nostra analisi soprattutto sulle ultime due spiegazioni; c‟è
una differenza significativa tra queste due spiegazioni. Quella presentata nella
Teoria generale, basata sulla teoria della preferenza per la liquidità e sul concetto
di domanda speculativa di moneta considera la presenza di una moneta segno
controllata direttamente dalle autorità monetarie e che possiamo far coincidere
71
con la moneta legale che la banca centrale modifica mediante le operazioni di
mercato aperto. La terza spiegazione invece, considera esplicitamente la presenza
di una moneta bancaria.
2.1 Teoria della preferenza della liquidità e fluttuazioni del reddito.
Nella Teoria Generale Keynes critica la teoria classica secondo cui il tasso di
interesse dipende dalle decisioni di risparmio e di investimento ed assume il
livello che asicura un flusso di domanda aggregata capace di assorbire il reddito di
piena occupazione. (Legge di Say). Egli presenta una teoria alternativa che
considera il tasso di interesse come un fenomeno monetario determinato dalla
domanda e offerta di moneta. Keynes infatti sostiene che la presenza di moneta
segno elimina il legame tra risparmio, offerta di credito e tasso di interesse: in un
mondo in cui si usa moneta segno il risparmiatore può decidere di accumulare una
somma crescente di moneta nel tempo annullando così il legame che secondo la
teoria neoclassica intercorre tra il risparmio e l‟offerta di credito. La moneta
segno, infatti a differenza del grano non è deperibile quindi può essere accumulata
per un periodo indefinito di tempo; quindi un soggetto che riceve un reddito in
moneta, può decidere di non spendere parte di questo reddito e di impiegare il suo
risparmio accumulando moneta. In questo caso, afferma Keynes, egli risparmia
ma la sua decisione di risparmio non influenza il tasso di interesse poiché non si
traduce in una offerta di credito come succederebbe nel caso in cui il nostro
soggetto fosse pagato in termini di grano. In questo caso infatti, se decidesse di
non consumare una parte del suo reddito non potrebbe conservarla per un periodo
indefinito di tempo, poiché il grano è deperibile, quindi dovrebbe prestarla a
qualcuno che la impiegherà in modo produttivo.
Keynes quindi sottolinea che la decisione che influenza il tasso di interesse non è
la decisione di risparmiare ma la decisione relativa al modo di impiegare il
risparmio, e corrispondentemente al modo di impiegare la ricchezza. Queste due
decisioni sono collegate in quanto esiste una stretta relazione tra risparmi e
ricchezza poiché la ricchezza corrisponde alla somma dei flussi di risparmi
realizzati nel tempo.
72
Keynes osserva che in un mondo in cui esiste moneta e i redditi sono pagati in
moneta un soggetto economico che percepisce un reddito deve prendere due
decisioni:
1.
in primo luogo dovrà decidere quanta parte del suo reddito egli consumerà
e quanta invece egli accantonerà in qualche forma disponibile per il
consumo futuro;
2.
una volta fatta questa scelta, dovrà prendere un‟altra decisione: in quale
forma egli conserverà le disponibilità per il consumo futuro che ha
accantonate, provengano esse dal suo reddito corrente o dal risparmio
precedente? Vorrà mantenerle nella forma di disponibilità liquide immediate
(ossia in moneta) o è disposto ad abbandonare la disponibilità immediata per
un periodo determinato o indefinito, lasciando alle condizioni future del
mercato di determinare a quali condizioni egli potrà convertire, ove
necessario, la disponibilità di attività patrimoniali in potere d‟acquisto
immediato su beni in generale? In altri termini, qual è il grado della sua
preferenza per la liquidità?
Il risparmiatore, oltre a porsi il problema di quanto risparmiare, deve quindi
chiedersi come impiegare la ricchezza costruita continuando a risparmiare nel
tempo (moneta o titoli?):
C
Y
Moneta
S
I decisione
W
Titoli
II decisione è legata alla presenza di moneta
bancaria non deperibile, la quale può dare origine ad
un contratto di credito.
La ricchezza è costituita da moneta e da titoli. I titoli sono un‟attività finanziaria
che dà diritto a ricevere somme future. Il nostro individuo può scegliere di
impiegare la propria ricchezza tenendo moneta oppure può cedere moneta in
cambio di titoli.
73
Il tasso di interesse non influenza la decisione di risparmio (I decisione),
bensì la scelta relativa alla composizione della ricchezza (II decisione).
r
Mdspeculativa
L’individuo potrà al massimo
esprimere una domanda di moneta
pari alla sua ricchezza W.
La domanda di moneta per le
transazioni non dipende dal tasso di
interesse.
W’
MdT (Y0)
W
Md
A livello aggregato si avrà:
r
Md
S
W aggregata
Md, Ms
Figura 1
74
Il tasso di interesse è la ricompensa riconosciuta a chi rinuncia alla liquidità per un
periodo determinato. Esso quindi mette in equilibrio la domanda e l‟offerta di
moneta:

l‟offerta di moneta MS è determinata dalle decisioni delle autorità
monetarie;

la domanda di moneta Md si compone della domanda di moneta
transazionale e della domanda di moneta speculativa:
= f (Y;r) = Md transazioni (Y) + Md speculativa (r)
f‟ (Y) >0
e
f‟ (r) < 0
Questa presentazione della teoria keynesiana del tasso di interesse presenta un
importante limite che riguarda il modo in cui è specificata la domanda speculativa
di moneta:
Md
MdT (Y)
MdS (r) riguarda la composizione della ricchezza al netto della domanda di
moneta per le transazioni, ossia:
MdS → W – MdT (Y) = W’
Moneta → rM = 0
Titoli → rB = r > 0
Mentre la moneta ha un rendimento nullo, i titoli garantiscono un rendimento
positivo nel tempo.
La domanda di moneta Mdspeculativa è alta quando il tasso di interesse r è
basso, ossia se r è basso allora la quantità di ricchezza impiegata in moneta
è alta e quella in titoli è bassa.
Viceversa la domanda di moneta Mdspeculativa è bassa quando il tasso di
interesse r è alto, ossia se r è alto allora la quantità di ricchezza impiegata
in moneta è bassa e quella in titoli è alta.
Per renderci conto di questo limite supponiamo che i i titoli abbiano una durata
annuale, un rendimento positivo e un grado di rischio pari a zero, ossia assicurino
75
con certezza il pagamento dell‟interesse e la restituzione del prestito. In questo
caso l‟operatore sceglierà certamente di investire in titoli piuttosto che in moneta
poiché, a parità di rischio, assicurano un rendimento maggiore.
rM è infatti
sempre pari a 0.
Il rendimento atteso è massimo quando B = W‟.
Di conseguenza, se escludiamo la possibilità che i titoli siano a rischio insolvenza,
possiamo considerare il tasso di interesse come un tasso di rendimento certo. In
particolare, se il tasso di interesse è maggiore di 0 l‟individuo sceglierà
certamente di investire tutta la ricchezza in titoli qualunque sia il valore di r
poiché si avrà che rB > rM=0.
↓
Per ogni rB > 0 la domanda di moneta (MdS) sarà sempre pari a 0.
Condizione necessaria per poter costruire la relazione inversa tra tasso di interesse
e domanda di moneta speculativa è l‟esistenza di incertezza circa il valore
futuro del tasso di interesse. Possiamo introdurre l‟incertezza se consideriamo
titoli a lungo termine; ad esempio:
0
1
VN = 1
r=5%
r1 = 5 %
2
r2 = 5 %
3
n
r3 = 5 %
VN = Valore nominale del titolo, corrisponde al valore di rimborso.
r = tasso corrente al tempo 0
r1, r2, r3, … = cedole del titolo a reddito fisso
L‟ammontare degli interessi che viene pagato di anno in anno prende il nome di
cedola e nel nostro esempio ipotizziamo che sia sempre pari al 5 %.
76
Il possessore del titolo può decidere di cederlo in qualunque momento prima della sua
naturale scadenza, vedendolo a un determinato prezzo P.
P1 sarà il prezzo del titolo dopo un anno dall‟emissione, P2 il prezzo cui il titolo
potrà essere ceduto dopo 2 anni dall‟emissione, e cosi via.
P1 = VA (r1; t; r)

r1 = tasso di interesse corrente in t1

t = tempo

r = flusso degli interessi pagato ad ogni anno (cedola)
Se n =

→
si avrà un titolo irredimibile il cui prezzo sarà:
se r1 = r = 5% allora P1 = 1 quindi non ci sarà alcuna variazione del valore di
mercato del titolo

se r1 > r
→
P1 < P0 = VN = 1

se r1 < r
→
P1 > P0 = VN = 1
In caso di titoli a lungo termine, il rendimento del titolo dipenderà quindi dalle
seguenti due componenti:
1.
dal flusso degli interessi;
2.
dai guadagni/perdite in conto capitale legati alle variazioni del prezzo del
titolo, ossia alla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto del
titolo.
Possiamo quindi definire con maggior precisione la figura dello speculatore → si
tratta di un soggetto che prende decisioni circa la composizione della ricchezza
non solo in base al flusso di interessi generati dal titolo (rendimento e cedola), ma
anche considerando i guadagni/perdite in conto capitale.
77
Lo speculatore dovrà quindi elaborare delle aspettative circa il valore futuro del
titolo, ossia delle aspettative circa il valore futuro del tasso di interesse.
Per semplicità, ipotizziamo che le aspettative dello speculatore vengano elaborate
prendendo come riferimento il periodo di un anno, cioè lo speculatore elabora una
previsione circa il valore che il titolo assumerà tra un anno.
Il rendimento complessivo del titolo (R) sarà pari a:
R=r+g
dove
r = tasso di interesse fissato al momento dell‟emissione del titolo, è
una grandezza certa nel nostro esempio=5%;
g = guadagno/perdita in conto capitale, calcolato sulla base
dell‟aspettativa circa il valore che il titolo assumerà tra un anno
Sapendo che il prezzo del titolo al momento dell‟acquisto è pari a P 0 = 1 e che il
prezzo atteso del titolo è Pe = P1 avremo:
Secondo Keynes le aspettative vengono elaborate in condizioni di incertezza,
ossia non esistono criteri oggettivi che consentano allo speculatore di prevedere in
termini probabilistici il valore futuro dei titoli e quindi il valore futuro del tasso di
interesse.
Dal momento che lo speculatore ha una conoscenza incerta circa il valore
futuro del tasso di interesse, elaborerà le sue aspettative in modo
soggettivo: ogni speculatore ha i propri criteri per formulare le aspettative
circa il valore futuro del tasso di interesse.
Supponiamo che lo speculatore attribuisca probabilità pari a 1 a un determinato
valore futuro del tasso di interesse re
egli si comporta come se conoscesse con
78
certezza tale valore; questo equivale ad attribuire probabilità pari ad 1 al fatto che
il valore futuro dei titolo sarà: P1 = r/re. In questo caso il rendimento complessivo
del titolo sarà pari a:
re è il tasso di interesse che lo speculatore si aspetta si realizzerà tra un
anno; r è un valore certo;
dal momento che lo speculatore si comporta come se conoscesse il valore futuro
del tasso di interesse, anche re è una grandezza certa.
Di conseguenza anche
è un valore certo.
Per il singolo speculatore il rendimento complessivo di un titolo (R) è quindi una grandezza
certa. L’incertezza deriva dal fatto che ogni speculatore esprime una diversa aspettativa.
W’ può essere investito in
Moneta:
rM = 0
Titoli:
A questo punto il criterio di decisione circa la scelta tra moneta e titoli a lungo
termine consiste nel confrontare due rendimenti che sono entrambi certi per lo
speculatore:

se R > 0 allora la sua ricchezza W‟ sarà completamente impiegata in titoli
→ W‟ = B;

se R = 0 lo speculatore sarà indifferente tra investire in moneta o in titoli;

se R < 0 allora lo speculatore investirà tutta la sua ricchezza in moneta →
W‟ = M.
Dal momento che r è sicuramente maggiore di 0, R < 0 se
ossia se re = r1 > r
79
Di conseguenza se il nostro speculatore prevedesse un aumento del tasso di
interesse tra un anno tale da provocare un rendimento complessivo negativo, egli
impiegherebbe tutta la sua ricchezza in moneta.
La negatività del tasso di interesse complessivo R dipende dalla variabilità del
tasso di interesse.
Dato il valore del tasso di interesse atteso (re = r1) il rendimento complessivo del
titolo dipenderà dal tasso di interesse corrente (r) → dato re, R cresce al crescere
di r.
Dato re, tra tutti i
valori del tasso di interesse corrente, possiamo
individuare quel particolare valore del tasso di interesse corrente r* che
rende il rendimento complessivo del titolo R pari a 0 → r* viene definito
tasso critico.
R = 0 se
Esempio:
se re = 5% allora r* = 5%/(1+5%) = 4,76%
R=0
Se lo speculatore si aspetta tra un anno un tasso di interesse del 5% e il tasso corrente è
del 4,76% allora il tasso di rendimento complessivo del titolo sarà pari a:
perdita in conto capitale
che compensa
perfettamente il guadagno in conto interessi.

Se r = r* allora R = 0

Se r > r*
allora R > 0

Se r < r*
allora R < 0
80
Il comportamento dello speculatore dipenderà dal tasso di interesse atteso:
r
Al diminuire di r cambia il valore della
domanda speculativa di moneta
Figura 2
0
Mdspeculativa
W’
W‟ = B
Se r > r*
R>0
MdS = 0
Se r = r*
R = 0 e lo speculatore sarà indifferente tra moneta e titoli
Se r < r*
R<0
W‟ = M
Possiamo ottenere una funzione di domanda speculativa aggregata sommando
ogni funzione di domanda dei singoli speculatori → ciò che cambia per ogni
speculatore è il tasso critico, il quale dipende dal tasso di interesse atteso.
Supponiamo che ci siano 3 speculatori A, B e C i cui tassi di interesse attesi tra un
anno sono rispettivamente:
81

reA = 30%

reB = 25%

reC = 5%
Possiamo a tal punto trovare il tasso di interesse critico per ogni speculatore, ossia quel tasso di interesse che rende indifferente la scelta tra investire in
moneta o in titoli:
Figura 3
rA* = 23%
rA* = 23%
rB* = 20%
rB* = 20%
rC* = 4,76%
W’A
W’B
rC* = 4,76%
W’C
A: r > rA* = 23%
W’A = B
B: r > rB* = 20%
W’B = B
C: r > rC* = 4,76%
W’C = B
r < rA* = 23%
W’A = M
r < rB* = 20%
W’B = M
r < rC* = 4,76%
W’C = M
W’A
W’A+W’B
82
W’A+W’B+W’C
Possiamo ora costruire la curva di domanda di moneta aggregata:

la domanda di moneta in corrispondenza di rA*= 23% è pari a 0

se il tasso di interesse è compreso tra il 20% e il 23%, l‟individuo A
domanda moneta, mentre B e C continuano a domandare titoli
la
domanda aggregata di moneta corrisponderà alla domanda di moneta
espressa da A, ossia W‟A

se il tasso di interesse è compreso tra il 4,76% e il 20%, A e B domandano
moneta, mentre C continua a domandare titoli
moneta corrisponderà a

la domanda aggregata di
W‟A + W‟B
se il tasso di interesse è inferiore al 4,76%, tutti e tre i soggetti domandano
moneta, mentre la domanda di titoli è nulla
moneta sarà data da
la domanda aggregata di
W‟A + W‟B + W‟C
Se vi fosse un numero infinito di speculatori, la curva di domanda aggregata non
sarebbe a gradini, ma potrebbe essere approssimata con una curva continua
inclinata negativamente rispetto al tasso di interesse:
r
rA*
Md SPECULATIVA AGGREGATA
rC*
Figura 4
W
COMPLESSIVA
A parità di offerta di moneta, il valore del tasso di interesse dipenderà dalla
funzione di domanda di moneta, la quale è data da Md = MdT (Y) + MdS (r; re).
La posizione della funzione di domanda di moneta dipende:
83

dal reddito (se varia il reddito la curva di domanda per transazioni si sposta);

dalle aspettative degli speculatori circa il valore futuro del tasso di interesse.
Nel grafico seguente possiamo vedere ciò che accade nel momento in cui
aumentano i tassi di interesse attesi dagli speculatori: i tassi di interesse critici
aumentano e conseguentemente la funzione di domanda di moneta si sposta verso
l‟alto.
rA*
r1
r0
rC*
MdT (Y)
W
COMPLESSIVA
Figura 5
In corrispondenza di r0 sul mercato della moneta viene quindi a determinarsi una
situazione di eccesso di domanda di moneta (il pubblico desidera più moneta di
quella che possiede); al tempo stesso, sul mercato dei titoli si presenta una
situazione di eccesso di offerta di titoli.
A tal punto il pubblico cercherà di vendere titoli per ottenere più moneta e
quindi avremo:
PB ↓
→
r↑
→
r1 > r 0
Le aspettative degli speculatori possono quindi spingere il tasso di interesse verso
valori in corrispondenza dei quali non si avrà un equilibrio di piena occupazione,
ossia in corrispondenza dei quali la domanda aggregata è insufficiente ad
assorbire il reddito di piena occupazione. Keynes considera il tasso di interesse
84
un fenomeno convenzionale in quanto dipende fondamentalmente dalle
aspettative degli operatori circa il valore futuro del tasso di interesse stesso, le
quali sono definite su fondamenta non oggettive.
Keynes nella Teoria Generale non considera esplicitamente la moneta bancaria; la
moneta è costituita dalle passività della banca centrale che è in grado di variarne
l‟offerta mediante le operazioni di mercato aperto. Keynes, invece, considera
esplicitamente la presenza di moneta bancaria nei lavori del 1937-39 rispondendo
alle critiche mosse alla Teoria Generale da due economisti, Ohlin e Robertson.
2.2 La teoria dei fondi mutuabili
Ohlin e Robertson criticano la Teoria Keynesiana del tasso di interesse
presentando una nuova versione della Teoria Neoclassica del tasso di interesse
che viene chiamata teoria dei fondi mutuabili, la cui origine può essere fatta
risalire al grande economista svedese Wicksell.
Questa teoria introduce due importanti cambiamenti nella Teoria Neoclassica del
credito e del tasso di interesse → mentre la caratteristica fondamentale della teoria
neoclassica consisteva nell‟identificare l‟offerta di credito con le decisioni di
risparmio, i sostenitori della teoria dei fondi mutuabili:
1.
affermano che in un‟economia in cui si utilizza moneta i risparmiatori
possono scegliere di impiegare una parte dei loro risparmi in moneta, ma
questo non cambia la natura del credito → Ls = S – ∆H dove ∆H =
incremento delle scorte monetarie accumulate dai risparmiatori;
2.
riconoscono che le banche non sono semplici intermediari, ma possono
offrire credito creando moneta. Si tratta di un punto che Wicksell sottolinea
in un suo lavoro del 1898 ancor prima del lavoro del 1911 di Schumpeter.
Quindi l‟offerta di fondi mutuabili sarà pari a Ls = S- ΔH + ΔM, ΔH= incremento
delle scorte monetarie accumulate dai risparmiatori e
ΔM = nuova moneta
bancaria. La domanda di moneta invece continua a coincidere con le decisioni di
investimento: Ld = I.
85
Sapendo che la condizione di equilibrio sul mercato del credito è definita da Ls = Ld
avremo:
S – ∆H + ∆M = I
S + ∆M = I + ∆H
Offerta di fondi mutuabili
Domanda di fondi
mutuabili
La conclusione di Ohlin e Robertson è che il tasso di interesse è la grandezza
che mette in equilibrio domanda e offerta di fondi mutuabili.
Possiamo confrontare la condizione di equilibrio definita dalla teoria dei fondi
mutuabili con quella definita dalla teoria neoclassica:

La condizione di equilibrio nella Teoria Neoclassica assume H = 0 e M =
0, ed è data da S (YPO; r) = I (лA; r);

La condizione di equilibrio nella Teoria dei fondi mutuabili, assume H ≠ 0
e
M ≠ 0, ed è data da S + ∆M = I + ∆H.
Qualora ∆H = 0 e ∆M = 0 allora il valore del tasso di interesse di equilibrio
definito dalla Teoria dei fondi mutuabili risulta essere pari a quello di equilibrio
della Teoria Neoclassica.
Per passare dalla Teoria Neoclassica alla Teoria dei fondi mutuabili dobbiamo
spiegare come si determinano ∆H e ∆M. Supponiamo che:

∆M sia il risultato delle scelte discrezionali delle banche e sia dato e
maggiore di 0;

∆H sia espressione del fatto che i risparmiatori scelgono di tenere una parte
dei loro risparmi in moneta e sia anch‟essa una grandezza data e maggiore
di 0.
Vi sono due casi da considerare:
86
1.
∆H = ∆M → il valore del tasso di interesse di equilibrio non varia rispetto a
quello definito dalla teoria neoclassica;
2.
∆H ≠ ∆M → il valore del tasso di interesse di equilibrio sarà diverso da
quello definito dalla teoria neoclassica.
CASO 1: H = M
r
S (YPO; r)
Ls = S (YPO; r) + ∆M
0
r0
∆M=∆H
1
Ld = I (лA; r) + ∆H
I = I (лA; r)
Figura 1
S (YPO,r) = I (лA; r0)
S, I
La combinazione 0 corrisponde all‟equilibrio neoclassico ( H= M=0), mentre la
combinazione 1 all‟equilibrio secondo la teoria dei fondi mutuabili.
∆M>0 determina lo spostamento verso il basso della funzione di offerta di fondi
mutuabili (la quale mantiene la stessa inclinazione) proprio in misura pari a M.
∆H>0 determina lo spostamento verso l‟alto della funzione di domanda di fondi
mutuabili (la quale mantiene anch‟essa la stessa inclinazione poiché
H è
indipendente dal tasso di interesse r) proprio in misura pari a H.
Poiché M = H, si viene a determinare lo stesso tasso di interesse definito dalla
Teoria Neoclassica.
CASO 2: H ≠ M, in particolare supponiamo M > 0 e H = 0
87
In corrispondenza della combinazione 0 si ha piena occupazione e i prezzi sono
stabili.
M > 0 determina lo spostamento verso il basso della funzione di offerta di fondi
mutuabili; la funzione di domanda di fondi mutuabili, invece, rimane invariata
poiché H = 0.
In corrispondenza di r0 si determina quindi un eccesso di offerta di fondi sulla
domanda, il quale comporta la caduta del tasso di interesse.
La nuova posizione di equilibrio sarà in corrispondenza della combinazione 1.
r
S (YPO; r)
Ls = S (YPO; r) + ∆M
0
r0
r1
1
I = I (лA; r)
S (YPO,r) = I (лA; r0)
S, I
Figura 2
Dato che M ≠ H, il tasso di interesse che mette in equilibrio il mercato dei
fondi mutuabili è diverso da quello definito dalla Teoria Neoclassica.
Secondo la Teoria Neoclassica il tasso di interesse è sempre pari a r0.
Secondo la Teoria dei fondi mutuabili, invece, il tasso di interesse può
essere diverso da r0.
Wicksell e i sostenitori della teoria dei fondi mutuabili distinguono due tipologie
di tasso di interesse:
88
1.
tasso di interesse naturale r0 definito dalla Teoria Neoclassica in
corrispondenza del quale S (YPO) = I. Si tratta del tasso di interesse che si
determina in un sistema economico in cui le risorse risparmiate vengono
direttamente scambiate tra risparmiatori e imprese e quindi le banche non
hanno ragione d‟esistere;
2.
tasso di interesse monetario rM è il tasso di interesse influenzato dalle
decisioni del sistema bancario: esso è infatti determinato dal processo di
creazione di moneta seguito dalle banche per offrire credito. Si tratta quindi
del tasso di interesse che si determina in un mondo in cui si fa uso di moneta
bancaria.
La diversità del tasso di interesse monetario rispetto al tasso di interesse naturale
(r0 ≠ rM) genera inflazione o deflazione.
Infatti:

in corrispondenza della combinazione 0 si ha piena occupazione e i prezzi
sono stabili;

in corrispondenza di r1 < r0 la domanda aggregata è maggiore rispetto al
reddito di piena occupazione e, dal momento che questa espansione non
determina un incremento permanente del reddito e dell‟occupazione,
l‟eccesso di domanda aggregata non può che generare inflazione.
L’inflazione è causata dalla presenza di un tasso di interesse monetario (fissato dalle banche)
inferiore rispetto al tasso di interesse naturale.
Di fronte alla presenza di inflazione la Banca Centrale e di conseguenza le singole
banche aumenteranno il tasso di interesse monetario portandolo al livello del tasso
di interesse naturale. Nel lungo termine, dunque, il tasso di interesse tende al
livello naturale.
Poiché non è possibile mantenere costantemente il tasso monetario ad un valore
differente rispetto al tasso naturale ci possiamo chiedere perché le banche non
fissano direttamente r = r0, ossia non fissano fin da subito il tasso di interesse
monetario al livello naturale? Questo non avviene poiché le banche non
89
conoscono il valore del tasso di interesse naturale r0 cioè il valore che si sarebbe
determinato in un mondo in cui le banche non hanno ragione d‟esistere e non si fa
uso di moneta bancaria.
Di conseguenza il tasso di interesse naturale r0 è solo una grandezza teorica che si determina
in un mondo in cui non si usa moneta bancaria.
Il tasso di interesse naturale può variare in funzione del comportamento delle
imprese e dei risparmiatori, e sono proprio queste variazioni che determinano la
differenza tra r0 e rM. Se r0 = rM
piena occupazione e prezzi stabili. La domanda
aggregata uguaglia l‟offerta aggregata:
r
S (YPO; r)
0
r0 = r M
I = I (лA; r)
S (YPO,r0) = I (лA; r0)
S, I
Figura 3
Se aumenta la propensione ad investire allora a parità di tasso di interesse
cambiano le aspettative di profitto degli imprenditori, i quali decideranno di
investire di più. Poiché sul mercato del credito le banche non adeguano
immediatamente il tasso di interesse, si determinerà un eccesso di domanda di
fondi mutuabili rispetto all‟offerta, il quale comporterà un incremento del tasso di
interesse fino al nuovo livello del tasso di interesse naturale r1 (figura 4, punto 2).
Rispetto alle combinazioni 0 e 1, in corrispondenza della combinazione 2 si ha
inflazione poiché, a fronte di un aumento degli investimenti, i risparmi restano
90
inalterati e il tasso di interesse monetario risulta diverso dal nuovo tasso di
interesse naturale r1 (punto 1).
Questo processo di inflazione continua fintanto che il sistema bancario non porta
il tasso di interesse monetario al nuovo livello del tasso di interesse naturale r1.
Figura 4
r
S (YPO; r)
Ls = S (YPO; r) + ∆M
1
r1
0
r0 = rM
2
∆M
I’ (лA’; r) + H
I = I (лA; r)
S (YPO,r0) = I (лA; r0)
S, I
La Teoria dei fondi mutuabili ci permette di comprendere le ragioni per le quali la
teoria del credito di Schumpeter e di Hicks e come vedremo di Keynes, non è stata
accettata. Infatti la teoria dei fondi mutuabili consente di conciliare una teoria che
considera le banche come soggetti capaci di creare moneta (e non come semplici
intermediari finanziari) con le conclusioni della Teoria Neoclassica secondo cui
un‟economia di mercato tende sempre a raggiungere spontaneamente l‟equilibrio
di piena occupazione e la finanza e il mercato del credito sono grandezze neutrali
che non influenzano l‟equilibrio.
Secondo la Teoria dei fondi mutuabili, infatti, l‟unico effetto della presenza del
sistema bancario è quello di determinare situazioni in cui il livello del tasso di
interesse monetario può essere inferiore al livello del tasso di interesse naturale.
Questa discrepanza determina una situazione di inflazione eliminabile riportando
rM al livello r0.
La Teoria dei fondi mutuabili, nonostante riconosca che le banche non sono
semplici intermediari finanziari, afferma che la presenza delle banche non cambia
91
le caratteristiche del sistema economico rispetto a quelle definite dalla Teoria
Neoclassica, quindi afferma il principio della neutralità della finanza. Esiste un
mondo ideale in cui il tasso di interesse è al suo livello naturale; nel mondo reale
la presenza delle banche può solo influenzare il tasso di inflazione quando rM è
diverso da r0.
Dagli anni ‟70 gli economisti sono quindi tornati ad accettare la Teoria
Neoclassica grazie all‟affermazione:

della controrivoluzione monetarista ad opera di Milton Friedman;

della Teoria dei fondi mutuabili, la quale, pur riconoscendo che le banche
non sono semplici intermediari e che queste sono in grado di creare
moneta, riafferma le conclusioni della Teoria Neoclassica.
La Teoria dei fondi mutuabili ha influenzato e continua ad influenzare la strategia
di politica monetaria delle autorità monetarie contemporanee, le quali sono quindi
consapevoli che l‟inflazione è provocata da un tasso di interesse monetario
inferiore rispetto al tasso di interesse naturale e del fatto che per frenare tale
inflazione occorre controllare i tassi di interesse.
Attraverso la manovra del tasso di interesse le autorità monetarie sono in grado di frenare
l’inflazione
l’inflation targeting è quindi coerente con l’impostazione teorica della Teoria
dei fondi mutuabili.
L‟inflation targeting è infatti la regola di decisione adottata dalle autorità
monetarie per frenare l‟inflazione attraverso la manovra del tasso di interesse, in
particolare attraverso la manovra del tasso di sconto con cui la Banca Centrale
finanzia le banche ordinarie.
Per controllare l‟inflazione le autorità monetarie non manovrano quindi la quantità
di moneta in circolazione poiché quest‟ultima, essendo costituita soprattutto dalle
passività a vista emesse dalle singole banche (essenzialmente depositi), è al di
fuori del controllo delle autorità monetarie.
92
2.3 La risposta di Keynes alla teoria dei fondi mutuabili
Nei lavori del 1937-39 in cui replica ad Ohlin e Robertson, Keynes considera
esplicitamente la presenza della moneta bancaria; fino ad allora egli aveva invece
considerato l‟offerta di moneta come una grandezza esogena controllata dalle
autorità monetarie.
L‟esplicita considerazione dell‟esistenza delle banche e della moneta bancaria
permette a Keynes di spiegare un aspetto significativo del principio della
domanda effettiva e cioè la relazione causale D → Y alla quale può essere
associata un‟altra importante relazione, ossia I → S (le decisioni di risparmio sono
una conseguenza delle decisioni di investimento).
dI
→
→
dS = dI
Di fronte a tale relazione causale I → S sorge un problema: le imprese non
possono finanziare le loro decisioni di investimento attraverso i risparmi, poiché
questi ultimi sono una conseguenza delle decisioni di investimento. Attraverso
quale meccanismo quindi le imprese finanziano le loro decisioni di investimento,
ossia ottengono il potere d‟acquisto necessario a realizzare le loro decisioni di
investimento? Attraverso la concessione di credito da parte delle banche.
Keynes sostiene che le decisioni di investimento delle imprese vengono
finanziate attraverso il credito bancario e quindi esse potranno risultare
influenzate dal comportamento delle banche che offrono credito e creano
moneta, ma non dal comportamento dei risparmiatori poiché i risparmi sono
una conseguenza degli investimenti.
Le imprese riusciranno quindi ad espandere gli investimenti attraverso
l‟incremento della domanda di credito, la quale genererà un aumento del tasso di
interesse a meno che le banche non siano pronte a prestare più liquidità
(espandere l‟offerta di credito).
93
Le banche rivestono dunque un ruolo fondamentale nel consentire l‟incremento
del reddito e dell‟occupazione: condizione necessaria per realizzare investimenti
non è la disponibilità di risparmi, ma l‟espansione dell‟offerta di credito da parte
delle banche.
Possiamo quindi descrivere il processo di creazione della moneta distinguendo
due fasi:
1.
Nella prima le banche creano moneta offrendo credito che serve a finanziare
gli investimenti.
2.
Nella seconda fase si devono
specificare le condizioni che spingono i
possessori di ricchezza ad accumulare moneta bancaria, ossia a domandare
moneta.
Per spiegare queste due fasi costruiamo un modello teorico che considera da un
lato il mercato del credito, dall‟altro il mercato della moneta. Consideriamo quindi
una nuova versione del modello IS-LM all‟interno del quale vengono considerati:

mercato del credito; consente di descrivere la prima fase del processo di
creazione della moneta

mercato dei beni;

mercato della moneta; consente di descrivere la seconda fase.
Mercato del credito è caratterizzato dalle seguenti funzioni:
1.
∆Ld = I → la funzione di domanda di credito indica il flusso di credito
domandato dalle imprese in un certo periodo per finanziare le decisioni di
investimento;
2.
I = I (Π; rL) la seconda equazione descrive la funzione degli investimenti
3.
il tasso di interesse sui prestiti bancari per finanziare gli investimenti viene
fissato dalle banche in funzione del tasso ufficiale di sconto rS, ossia del
tasso al quale le banche possono ottenere finanziamenti dalla BC:
rL =
S*
(1 + q ) con q > 0
94
4.
le banche adeguano l‟offerta di credito alla domanda di credito che
proviene dalle imprese quindi la condizione di equilibrio del mercato del
credito sarà:
Ld = Ls
Queste equazioni determinano 4 incognite con il seguente ordine di soluzione:

l‟eq. 3, dato

l‟eq. 2, dato rL e dato пA, determina il livello degli investimenti I;

l‟eq. 1, dato I, determina la domanda di credito da parte delle imprese;

l‟eq. 4, dato ∆Ld, determina ∆Ls ossia l‟offerta di credito necessaria a
S
e dato q, determina rL;
soddisfare la domanda di credito espressa dalle imprese al fine di realizzare
le loro decisioni di investimento.
Mercato dei beni
Il reddito è determinato dal livello della domanda aggregata ed in particolar modo
dall‟ammontare degli investimenti, della spesa pubblica e dalla propensione al
risparmio.
5.
la spesa pubblica e la propensione al risparmio sono
grandezze esogene.
Y = f (I; ; )
Dato il livello degli investimenti I, l‟eq. 5 determina quindi il reddito Y.
La specificazione del Mercato della moneta ci consente di spiegare le condizioni
che si devono realizzare affinché i possessori di ricchezza siano disposti ad
accumulare la moneta creata dalla banche. Consideriamo il vincolo di bilancio del
sistema bancario:
6.
∆D + ∆FINBC
=
Le passività delle banche sono
date dal flusso dei depositiΔD e
dall’indebitamento delle banche
nei confronti della ΔFINBC.
95
∆L + ∆RIS
Le attività delle banche sono date
dall’ammontare dei prestitiΔL e
dalle riserve ΔRIS.
7.
Le riserve sono costituite da passività della BC, ossia da moneta legale emessa
dalla BC detta anche base monetaria. L‟ammontare delle riserve è proporzionale
all‟ammontare dei depositi:
∆RIS = qK ∆D
con 0 < qK < 1
coefficiente di riserva:
8.
Le banche si procurano la moneta legale necessaria per costituire le riserve
indebitandosi presso la Banca Centrale quindi si avrà:
∆RIS = ∆FINBC
9.
∆FINBC = ∆BM → tale equazione specifica l‟operazione attraverso la
quale la Banca Centrale crea base monetaria. Tale operazione consiste nel
finanziamento delle aziende di credito.
Poiché dall‟eq. 8 risulta ∆FINBC = ∆RIS e dall‟eq. 6 ∆D + ∆FINBC = ∆L +
∆RIS allora si avrà
∆D = ∆L, dove ∆L è determinato dalle equazioni 1-4 e,
conseguentemente, l‟eq. 6 determina ∆D.
L‟eq. 7, dato ∆D, determina l‟ammontare delle riserve ∆RIS.
L‟eq. 8, dato ∆RIS, determina ∆FINBC.
L‟eq. 9, dato ∆FINBC, determina ∆BM.
É ora possibile descrivere il mercato della moneta caratterizzato da:
10. offerta di moneta:
Ms =
quantità di moneta esistente
all’inizio del periodo.
st-1 + ∆D
nuova moneta creata dal sistema
bancario per offrire credito alle imprese
al fine di finanziare le loro decisioni di
investimento.
11. la domanda di moneta dipende dal reddito, dal tasso di interesse sui titoli,
dal tasso di interesse atteso (che è una grandezza data) e dall‟ammontare
della ricchezza:
96
Md = f (Y; rB;
12. la ricchezza è pari a:
W=
t-1 +
E;
W)
St (Y)
13. la condizione di equilibrio sul mercato della moneta è data da:
Md = Ms
L‟eq. 12, dato Y, determina il livello della ricchezza W.
L‟eq. 10, dato ∆D, determina l‟offerta di moneta Ms.
L‟eq. 13, data Ms, determina la domanda di moneta Md.
L‟eq. 11, dati Md, Y, W e
E,
determina il tasso di interesse sui titoli rB che mette
in equilibrio la domanda e l‟offerta di moneta.
Il modello macroeconomico keynesiano che considera esplicitamente la presenza
della moneta bancaria presenta dunque le seguenti tre caratteristiche:
1.
tale modello mette in evidenza la relazione tra moneta bancaria, offerta di
credito bancario e decisioni di investimento delle imprese analizzando le
due fasi del processo di creazione di moneta:
→
fase I descritta mediante il mercato del credito: le banche creano
moneta per finanziare le decisioni di investimento delle imprese;
→
fase II descritta mediante il mercato della moneta: si specificano le
condizioni che spingono i possessori di ricchezza ad accumulare
moneta bancaria.
2.
questo modello è coerente con il principio della domanda effettiva secondo
cui le decisioni di investimento determinano quelle di risparmio. In
particolare, le decisioni di investimento sono determinate sul mercato del
credito dalle eq. 1 4, l‟eq. 5 determina il livello di reddito ed infine l‟eq. 12
determina i risparmi.
3.
La terza caratteristica riguarda la spiegazione della presenza di
disoccupazione involontaria. Il principio della domanda effettiva ci porta ad
osservare che le fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione dipendono, in
97
particolare, dalle fluttuazioni degli investimenti. Nel modello descritto
abbiamo ipotizzato: a) che le banche fissino il tasso di interesse in funzione
del tasso di sconto determinato dalle autorità monetarie, quindi le autorità
monetarie determinano il tasso di interesse che influenza le decisioni di
investimento delle imprese. Si tratta di un‟ipotesi diversa da quella della
Teoria Generale secondo cui le autorità monetarie possono influenzare il
tasso di interesse mediante le operazioni di mercato aperto; b) inoltre
abbiamo ipotizzato che le banche soddisfino completamente la domanda di
credito che le imprese esprimono al tasso di interesse fissato dalle banche
stesse.
Queste due ipotesi ci portano a concludere che, in questo sistema, che non è
quello descritto dalla teoria neoclassica, poiché l‟offerta di credito è
indipendente dalle decisioni di risparmio, sembra piuttosto facile ottenere la
piena occupazione. Infatti se si assume che le autorità monetarie controllino
il tasso di interesse monetario rl e che esista un certo livello del tasso di
interesse in corrispondenza del quale gli investimenti desiderati dalle
imprese sono coerenti con il reddito di piena occupazione (definiamolo
tasso naturale rNAT) , allora si deve concludere che affinchè il sistema
raggiunga la piena occupazione è sufficiente che le autorità monetarie
spingano il tasso di interesse al livello rl al livello del tasso naturale. (figura
1)
Figura 1
r
In corrispondenza del tasso
rL
di interesse naturale il
2
livello degli investimenti
desiderati dalle imprese
uguaglia i risparmi di piena
rNAT
occupazione.
1
I (лA; r)
I (лA; rL > rNAT)
I (лA; rNAT) = S (YPO)
98
I (лA; r)

Se rL = rNAT
I (лA; rNAT)

Se rL > r
PIENA OCCUPAZIONE:
→
NAT
YPO
→
S (YPO) = I (лA; rNAT)
DISOCCUPAZIONE INVOLONTARIA:
I (лA; rL > rNAT) < I (лA; rL = rNAT)
→
Y1 < YPO
Per spingere il sistema verso la piena occupazione le autorità monetarie dovranno
abbassare il tasso di interesse monetario e portarlo al livello del tasso di interesse
naturale.
Il modello keynesiano sembra quindi essere sostanzialmente simile al
modello dei fondi mutuabili.
Entrambi i modelli assumono che possa esistere una differenza tra il tasso di
interesse monetario e il tasso di interesse coerente con la piena occupAZIONE e
che le autorità possano eliminare tale discrepanza spingendo il sistema verso una
situazione di equilibrio caratterizzata da piena occupazione e prezzi stabili.
Anche il modello keynesiano sembra quindi accettare il principio di neutralità
della finanza secondo cui
esiste un mondo ideale all‟interno del quale i
risparmiatori finanziano direttamente le imprese e il tasso di interesse monetario è
uguale a quello naturale.
A questo punto la tesi secondo la quale la presenza delle banche e della
moneta bancaria cambia le caratteristiche del sistema bancario non sembra
quindi essere giustificata.
In realtà tale conclusione trascura un elemento fondamentale della teoria
keynesiana, cioè trascura il fatto che le decisioni di Investimento non dipendono
soltanto dal tasso di interesse ma anche dalle aspettative di profitto. Se le
aspettative sono molto pessimistiche allora, come abbiamo visto nel corso di
99
macroeconomia, gli investimenti possono essere inferiori a quelli necessari per
ottenere la piena occupazione anche con un tasso di interesse pari a zero.
L‟elemento trascurato consiste nel fatto che secondo Keynes non necessariamente
esiste un valore positivo del tasso di interesse r > 0 in corrispondenza del quale gli
investimenti delle imprese sono pari al risparmio di piena occupazione, ovvero in
corrispondenza del quale D = YPO.
Secondo Keynes, infatti, I e S dipendono anche dalle aspettative di profitto delle
imprese e dalle aspettative di reddito futuro dei risparmiatori:
 a parità di tasso di interesse, gli investimenti variano in relazione alle
aspettative di profitto delle imprese:
- se le aspettative di profitto aumentano allora anche gli investimenti
aumentano;
- se le aspettative di profitto diminuiscono allora anche gli investimenti
diminuiscono.
 a parità di reddito corrente e di tasso di interesse:
- se le aspettative di reddito futuro sono alte allora i risparmi diminuiscono;
- se le aspettative di reddito futuro sono basse allora i risparmi aumentano.
Nel caso in cui gli investimenti si riducano (le aspettative di profitto delle imprese
peggiorano) e i risparmi aumentino (le aspettative di reddito futuro dei
risparmiatori diminuiscono) si avrà:
Figura 2
r
S (YPO; r)
rNAT
E
I(
I’
attesi;
r)
S’
r=0
S, I
r<0
100
Un‟economia monetaria, ossia un‟economia in cui si usa moneta bancaria, sarà
quindi caratterizzata da:
1.
cambiamento della natura del credito: il credito
non coincide più con le decisioni di risparmio;
2.
fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione con
conseguente manifestazione di crisi e disoccupazione involontaria;
3.
presenza di aspettative che possono far sì che
non esista alcun tasso di interesse naturale in corrispondenza del quale si
abbia piena occupazione.
Le aspettative di profitto degli imprenditori, così come quelle degli speculatori,
vengono elaborate in condizioni di incertezza.
Secondo Keynes esiste una relazione tra la presenza della moneta bancaria e
l’importanza delle aspettative e dell’incertezza → aspettative e incertezza
sono fenomeni che caratterizzano un sistema all’interno del quale si usa
moneta bancaria.
Possiamo definire questa relazione tra moneta bancaria e aspettative/incertezza
che caratterizza la teoria keynesiana considerando due punti:
1.
relazione tra investimenti e aspettative/incertezza;
2.
relazione tra moneta bancaria e investimenti.
2.4 Decisioni di investimento, Aspettative e Incertezza
Per spiegare la relazione tra decisioni di investimento, aspettative e incertezza
prendiamo come riferimento il cap. 12 della Teoria Generale in cui Keynes
analizza il fenomeno dell‟investimento e specifica i fattori che influenzano le
decisioni di investimento.
101
Keynes inizia il capitolo specificando che le decisioni di investimento dipendono
dal confronto tra il tasso di interesse e l‟efficienza marginale del capitale che a sua
volta è determinata in funzione del costo monetario dell‟investimento (il prezzo di
offerta di un capitale) e delle aspettative di profitto (il rendimento prospettico del
capitale) (p. 333, 1)
Tra tutti i valori del tasso di interesse esisterà un particolare valore (che definiamo
r*) in corrispondenza del quale il valore attuale dei profitti futuri è pari al costo
dell‟investimento:
VA (лA; r*) = I dove r* = efficienza marginale del capitale

Se r = r*

Se r < r* → VA (лA; r < r*) > VA (лA; r*) = I
l‟impresa è indifferente;
l‟impresa effettua
l‟investimento;

Se r > r* → VA (лA; r > r*) < VA (лA; r*) = I
l‟impresa non effettua
l‟investimento.
In questo capitolo Keynes si concentra sul rendimento prospettico degli
investimenti (le aspettative di profitto) ed associa il concetto di aspettative al
concetto di incertezza: le aspettative di profitto vengono elaborate in condizioni
di incertezza. Keynes definisce in modo efficace il significato di incertezza in un
articolo pubblicato nel 1937 in cui riassume i punti fondamentali della Teoria
Generale. (1937, p.661, 1)
Secondo Keynes le aspettative di profitto vengono elaborate in condizioni di
incertezza,
ossia
non
esistono
metodi
oggettivi
che
consentano
all’imprenditore di prevedere in termini probabilistici i profitti futuri.
Keynes osserva che non è possibile prevedere i risultati futuri di un investimento
allo stesso modo in cui si prevedono i risultati di una puntata alla roulette; non
esistono elementi che consentono di prevedere in termini probabilistici i risultati
futuri di un investimento. Nel capitolo 12 della Teoria Generale Keynes sottolinea
con forza la relazione tra aspettative e incertezza (p.335, 3) Nel caso della
ferrovia, della miniera di rame, ecc. non esistono elementi che consentono di
specificare le aspettative in termini probabilistici.
102
Il fatto che le decisioni di investimento vengano prese in condizioni di incertezza
ha una conseguenza fondamentale; secondo Keynes queste decisioni possono
essere realizzate soltanto da persone speciali, capaci di prendere decisioni che non
sono fondate su di un preciso calcolo dei costi e dei benefici, cioè da persone
dotate di animal spirits. (pp. 347-8, 5; p. 336, 4)
Keynes critica la teoria classica (neoclassica) per aver trascurato la dimensione
dell‟incertezza; egli considera la teoria classica capace di descrivere soltanto un
mondo senza incertezza, cioè un mondo basato soltanto sulle decisioni di
consumo, in cui le decisioni di investimento non sono rilevanti. (1937, p.661, 2)
Secondo Keynes è necessario elaborare una nuova teoria per descrivere un mondo
in cui le decisioni di investimento assumono un peso rilevante.
E‟ probabilmente eccessivo affermare che la teoria classica descrive un mondo
senza investimenti; ciò che distingue le due teorie riguarda le caratteristiche degli
investimenti: la teoria classica considera decisioni di investimento che vengono
prese in assenza di incertezza, mentre Keynes considera decisioni di investimento
prese in condizioni di incertezza.
Gli investimenti descritti dalla teoria classica sono quelli che caratterizzano un
mondo in cui si produce un solo bene, come la corn economy descritta da Smith o
la fishermen economy descritta da Böhm-Bawerk. In queste economia, come
abbiamo visto descrivendo la teoria neoclassica della finanza, le decisioni di
investimento
dipendono
dalle
decisioni
di
risparmio;
gli
investimenti
corrispondono cioè al grano (pesce) non consumato ed utilizzato per incrementare
la produzione futura. Possiamo pensare al grano usato come semente o al grano
(pesce) usato per pagare lavoratori impiegati nella produzione di beni capitale
come l‟aratro o il trattore (barca).
Possiamo osservare che queste decisioni di investimento vengono prese in assenza
di incertezza per due ragioni: a) in un mondo in cui si produce un unico bene i
risultati dell‟investimento possono essere definiti in termini fisici poiché questi
risultati coincidono con la produzione di grano (pesce)
ottenuta mediante
l‟investimento, coincidono cioè con la produttività marginale, misurata in termini
103
di unità di prodotto, dell‟investimento; b) anche in questo caso ci può essere
naturalmente, una variabilità dei rendimenti dell‟investimento, ma questa
variabilità è dovuta a quelli che Schumpeter definisce, fattori extraeconomici, ad
esempio alle condizioni climatiche che modificano il raccolto, oppure a fenomeni
socio-politici come lo scoppio di una guerra.
Nel caso degli investimenti considerati da Keynes invece la variabilità dei
rendimenti, che non è prevedibile in termini probabilistici, deriva da fattori
economici. Ci possiamo rendere conto di questo fatto osservando che Keynes
descrive una economia (una monetary economy) in cui non si produce un solo
bene, ma più beni che Keynes elenca, come abbiamo visto (335,3)
quando
descrive gli investimenti. Le decisioni di investimento sono lo strumento
attraverso il quale si introducono nuovi beni: la ferrovia, il rame, il transatlantico,
un nuovo farmaco, ecc.
Gli investimenti considerati da Keynes hanno le stesse caratteristiche delle
innovazioni descritte da Schumpeter. Il fenomeno delle innovazioni
può
consistere nella realizzazione di un nuovo prodotto, o di un nuovo processo
produttivo con il quale si realizzano i beni esistenti, o ancora, nell‟apertura di
nuovi mercati. Possiamo quindi considerare gli investimenti descritti da Keynes
come lo strumento attraverso il quale si realizzano le innovazioni.
Il legame tra decisioni di investimenti e innovazioni ci permette di spiegare la
rilevanza della dimensione dell‟incertezza. Possiamo distinguere almeno due tipi
di innovazioni: le innovazioni che modificano il processo produttivo con cui si
realizza un bene esistente e le innovazioni con le quali si producono nuovi beni.
Il primo tipo di innovazioni può essere introdotto anche in un mondo in cui si
produce un unico bene, come la corn economy; esempio di innovazione possono
essere l‟aratro o il trattore. In questo caso l‟investimento corrisponde alla quantità
di grano che serve a pagare i lavoratori impiegati nella costruzione dell‟aratro o
del trattore. Queste innovazioni aumentano la produttività del lavoro impiegato
per produrre grano, ma non producono incertezza perché si rimane all‟interno di
un sistema economico in cui si produce un unico bene e il profitto
dell‟imprenditore corrisponde alla differenza tra la produzione realizzata e quella
104
utilizzata per pagare i lavoratori (l‟imprenditore, come dice la teoria classica, e
come ci ricorda Keynes, assumerà un nuovo lavoratore se la produttività
marginale in termini di prodotto e superiore al costo marginale che corrisponde al
salario reale).
La relazione tra decisioni di investimento, innovazioni e incertezza diventa
significativa se si considera il secondo tipo di innovazioni che porta
all‟introduzione di nuovi beni. Queste decisioni di investimento caratterizzano un
mondo in cui si producono più beni, e un mondo in cui si producono più beni è un
mondo in cui vale una legge di produzione diversa da quella che caratterizza una
corn economy. In un mondo in cui si producono più beni i profitti attesi da un
imprenditore non vengono definiti in termini di quantità di beni prodotti, ma in
termini di entrate monetarie ottenute grazie alla vendita dei beni prodotti.
In altri termini nella monetary economy descritta da Keynes l‟obiettivo di un
imprenditore che produce, ad esempio, automobili non è quello di ottenere un
profitto in termini di automobili ma è quello di ottenere un profitto monetario
grazie alla vendita delle automobili. In questa economia il fine del nostro
imprenditore non è produrre automobili ma vendere automobili in cambio di
moneta; la fase della vendita non coincide necessariamente con quella della
produzione.
Questa
mancata
coincidenza
dà
rilievo
alla
dimensione
dell‟incertezza e rende l‟incertezza un fenomeno economico in quanto la
variabilità dei profitti futuri misurati in termini monetari non è legata a fenomeni
extraeconomici che possono influenzare la produzione di automobili, ma deriva
dai fattori, di natura economica che influenzano la domanda di automobili.
Le caratteristiche dell‟incertezza che caratterizza la monetary economy descritta
da Keynes possono essere illustrate considerando il seguente esempio.
Supponiamo di essere in una economia in cui si produce soltanto grano e che un
imprenditore decida di impiegare lavoratori non per costruire aratri o trattori che
permettano di ottenere una maggior quantità di grano in futuro, ma decida di
impiegare lavoratori per costruire un nuovo bene, ad esempio una
ferrovia.
Questa decisione, a differenza di quella di costruire aratri o trattori, è presa in
condizioni di incertezza poiché non esiste alcuna legge fisica che ci permette di
calcolare quanto grano il nostro imprenditore sulla base del grano impiegato a
105
produrre la ferrovia come succede invece, nel caso dell‟aratro o del trattore. Nel
caso della ferrovia infatti, il grano che otterrà dipende dalla quantità di biglietti
che riuscirà a vendere.
2.5 Moneta bancaria e investimenti
Il secondo anello della sequenza causale tra moneta bancaria e incertezza è
costituito dalla relazione tra moneta bancaria e decisioni di investimento. Per
spiegare questo legame dobbiamo ricordare che la realizzazione degli
investimenti che hanno le caratteristiche appena descritte, richiede la presenza di
imprenditori dotati di animal spirits, cioè di imprenditori capaci di prendere
decisioni in condizioni di incertezza.
Per realizzare i loro investimenti questi soggetti hanno bisogno di potere
d‟acquisto: la moneta bancaria costituisce lo strumento che consente agli
imprenditori dotati di animal spirits di realizzare le decisioni di investimento in
condizioni di incertezza.
La presenza della moneta bancaria è la condizione necessaria affinché si
possano realizzare investimenti in condizioni di incertezza.
L‟importanza della presenza della moneta bancaria può essere spiegata con un
esempio; supponiamo che in una corn economy emerga un imprenditore che,
seguendo i suoi animal spirits, progetti di costruire una ferrovia e questo richieda
l‟impiego di un certo numero di lavoratori per dieci anni. Supponiamo inoltre che
che la tecnologia esistente renda possibile produrre una quantità di grano
sufficiente a garantire il mantenimento dei lavoratori impiegati nella produzione
di grano e di quelli che potrebbero essere utilizzati per realizzare la ferrovia.
In questo caso possiamo osservare che la ferrovia potrebbe essere realizzata anche
in una corn economy senza l‟impiego di una moneta bancaria. Infatti la
costruzione della ferrovia potrebbe essere finanziata dai produttori di grano che
prestano all‟imprenditore-innovatore il grano necessario a pagare i lavoratori
impiegati nella produzione della ferrovia. Essi otterranno in cambio dal debitore,
106
il diritto di ottenere, quando la ferrovia sarà costruita, una quantità di grano pari a
quella prestata aumentata di un premio in conto interessi.
Possiamo osservare che ci sono almeno due elementi che
rendono difficile
questa operazione. Il primo è costituito dal fatto che è molto difficile per il
produttore di grano valutare se l‟imprenditore che intende realizzare la ferrovia
sarà in grado di restituire il capitale prestato poiché il contratto di credito che si
deve realizzare per costruire la ferrovia è molto diverso da quello che si realizza
normalmente in una corn economy mediante il quale i produttori che hanno un
eccesso di grano lo prestano ad altri imprenditori che utilizzeranno il grano per
produrre altro grano. In questo caso, data la tecnologia produttiva, è facile per il
creditore calcolare il rendimento del grano prestato e quindi calcolare il tasso di
interesse da applicare al contratto di credito. Nel caso della ferrovia questa
valutazione è molto più difficile perché non esiste alcuna legge fisica che permetta
di calcolare quanto grano verrà ottenuto dalla vendita dei biglietti della ferrovia
partendo dalla quantità di grano impiegata per costruire la ferrovia.
La seconda difficoltà riguarda la durata del prestito; il nostro imprenditore dovrà
trovare produttori di grano disposti ad aspettare dieci anni prima di ottenere la
restituzione del prestito.
La realizzazione della ferrovia diventa più semplice in un mondo in cui si utilizza
una moneta bancaria. In questo caso il nostro imprenditore-innovatore dovrà
convincere le banche, non i produttori di grano, della bontà dell‟investimento. Le
banche finanzieranno la costruzione della ferrovia creando nuova moneta che
l‟imprenditore utilizzerà per pagare i lavoratori che a loro volta la utilizzeranno
per acquistare il grano. I produttori di grano non avranno difficoltà a cedere il
grano in cambio di moneta bancaria, che è perfettamente liquida, non deperibile e
può quindi essere usata come mezzo di pagamento in qualsiasi momento futuro.
E sebbene essi vendano il grano ai lavoratori impiegati nella realizzazione della
ferrovia, i produttori di grano non sono i creditori dell‟imprenditore che realizza la
ferrovia che è indebitato invece nei confronti delle banche che, a loro volta
saranno indebitate nei confronti di chi accumula la moneta bancaria. I soggetti che
accumulano moneta bancaria possono essere i produttori di grano se assumiamo
che essi decidano di accumulare la moneta ottenuta vendendo grano, oppure altri
107
soggetti che decidono di accumulare la moneta ottenuta in cambio della vendita di
beni o servizi.
Le banche svolgono quindi un ruolo fondamentale in una monetary economy; esse
valutano le richieste di finanziamento degli imprenditori-innovatori e quindi
condividono con essi la responsabilità di decidere quale investimenti devono
essere realizzati; con le loro decisioni influenzano il processo di sviluppo del
sistema economico. Si tratta di un ruolo molto diverso da quello di puri
intermediari che esse possono svolgere all‟interno di una corn economy che
consiste nel facilitare il trasferimento del grano dai produttori agli imprenditori
che intendono espandere la produzione di grano futura.
Le banche svolgono inoltre una funzione differente rispetto a quella definita da
Wicksell e dai sostenitori della loanable funds theory. Sebbene essi riconoscano
che le banche non sono semplici intermediari poiché offrono credito creando
nuova moneta, essi affermano che l‟impiego della moneta bancaria non cambia la
struttura del sistema economico rispetto a quella che caratterizza una corn
economy in cui i beni capitale sono scambiati in natura, senza l‟impiego della
moneta, il mercato del credito coincide con il mercato dei capitali e il tasso di
interesse è pari al tasso naturale di interesse.
2.6 La spiegazione delle fluttuazioni del reddito
La presenza di moneta bancaria, di aspettative e di incertezza ci consente di
spiegare perché una monetary economy è soggetta a fluttuazioni del reddito e
dell‟occupazione. Abbiamo visto (par. 2.2.2, fig. 1) che in un mondo in cui le
autorità monetarie sono in grado di controllare il tasso di interesse sembra
piuttosto facile realizzare l‟equilibrio di piena occupazione: è sufficiente che il
tasso di interesse sia fissato al livello in corrispondenza del quale le imprese
desiderano realizzare un flusso di investimenti pari al risparmio di piena
occupazione, cioè al livello del tasso naturale di interesse.
Questa conclusione si basa sull‟ipotesi che una volta fissato il tasso di interesse al
suo livello naturale (rNAT = 2%, fig. 1) le banche decidano di creare un flusso di
108
moneta che consenta alle imprese di realizzare un flusso di investimenti coerente
con il reddito di piena occupazione. Questa ipotesi sarebbe corretta se, seguendo
Wicksell e i sostenitori della LFT si assumesse che quando r=rNAT le banche si
comportano da intermediari; in questo caso, in corrispondenza di rNAT = 2% si
avrebbe un‟offerta di risparmio e quindi di credito che permette di finanziare un
flusso di investimenti coerente con la realizzazione della piena occupazione.
r
r
NAT
Ls1
Ls0
= 2%
RAZIONAMENTO
DEL CREDITO
O
Figura 1
A
I (лA; r)
B
I1
I0 (лA; r NAT) = S (YPO)
I (лA; r)
Questa ipotesi non si applica necessariamente in una monetary economy
caratterizzata dalla presenza di incertezza. Infatti dobbiamo sottolineare che la
presenza di incertezza collegata alla presenza di una moneta bancaria influenza le
decisioni delle banche. Anche le banche agiscono in condizioni di incertezza
poiché neppure loro possono prevedere in termini probabilistici i redditi futuri
connessi alla realizzazione della ferrovia. Quindi di fronte alla richiesta di
finanziamento presentata dal nostro imprenditore che desidera costruire la ferrovia
le banche decideranno sulla base delle loro discrezionali valutazioni che
dipendono dai loro animal spirits. Potrebbero quindi decidere di non finanziare
la ferrovia se giudicassero l‟investimento troppo rischioso e le previsioni
dell‟imprenditore troppo ottimistiche. Le banche quindi non si limitano a fissare il
109
tasso di interesse e a soddisfare tutta la domanda di credito che le imprese
esprimono a quel tasso, ma selezionano i progetti di investimento e possono
decidere di razionare il credito , cioè di non soddisfare parte della domanda di
credito (fig. 1)
Secondo la Teoria dei fondi mutuabili, se il tasso di interesse è pari a rNAT = 2%, a
fronte di una domanda di credito pari a I0 , ci sarà un‟offerta di credito equivalente
alla domanda stessa:
Ls0 = I0= S (YPO)
Invece secondo la Teoria Keynesiana l‟offerta di credito è indipendente dalle
decisioni di risparmio e le banche, in corrispondenza del tasso di interesse
naturale, potranno offrire credito in misura inferiore alla domanda di credito.
se Ls1 < Ls0
I1 < I0
Y1 < YPO.
Quando le banche non soddisfano una parte della domanda di credito si
parla di razionamento del credito.
Possiamo descrivere una situazione di razionamento del credito modificando le
equazioni che descrivono il mercato del credito esplicitate nel par. 2.2.2. Avremo
quindi:
1.
∆Ld = I = OB → la domanda di credito indica il flusso di credito
domandato dalle imprese in un certo periodo per finanziare le decisioni di
investimento;
2.
I = I (п; rL) funzione degli investimenti;
3.
il tasso di interesse sui prestiti bancari
viene fissato dalle banche in
funzione del tasso ufficiale di sconto rS, ossia del tasso al quale le banche
possono ottenere finanziamenti dalla BC:
rL =
4.
Ls =
S*
(1 + q ) con q > 0
= OA
l‟offerta di credito viene autonomamente determinata
dalle banche sulla base della valutazione dei progetti di investimento.
110
= OA <
Ld = OB
quindi si ha razionamento del credito.
3. Speculazione e intraprendenza nell’analisi di Keynes.
La presenza di moneta bancaria e il legame tra moneta bancaria, decisioni di
investimento e incertezza
ci consentono di spiegare
un altro importante
fenomeno che caratterizza una monetary economy: la speculazione.
Questo fenomeno può essere definito sulla base di due concetti la cui rilevanza
deriva dalla presenza di una moneta come la moneta bancaria. Il primo è costituito
dal concetto di ricchezza. Il fenomeno della speculazione è associato infatti al
problema della scelta di un soggetto economico relativa alla composizione della
ricchezza. Questo problema è ben evidenziato da Keynes quando osserva che ogni
individuo che riceve un reddito monetario deve prendere una doppia decisione:
deve decidere in primo luogo quanta parte del reddito destinare all‟acquisto di
beni di consumo e quanta parte risparmiare. Il reddito risparmiato si somma alle
attività patrimoniali possedute dal nostro soggetto il quale dovrà quindi prendere
una seconda decisione relativamente alla composizione della propria ricchezza;
deve decidere cioè, se accumulare moneta o se cedere moneta in cambio di altre
attività patrimoniali, titoli di credito o beni durevoli.
Il fenomeno della speculazione diventa rilevante in un mondo in cui i soggetti
economici accumulano ricchezza e l‟accumulazione della ricchezza assume
significato in una monetary economy caratterizzata da moneta bancaria, decisioni
di investimento e incertezza, cioè come abbiamo visto, in una economia
caratterizzata dalla produzione di più beni. In un mondo in cui si produce un solo
bene infatti, è difficile definire il concetto di ricchezza; la relazione tra decisioni
di risparmio e ricchezza che Keynes descrive presuppone che la ricchezza possa
crescere all‟infinito, che non esistano limiti alle dimensioni della ricchezza.
Questa ipotesi non si applica ad un mondo in cui si produce un solo bene; infatti
in un mondo che produce grano è difficile pensare ad individui che accumulano
una ricchezza senza limiti fatta di grano, e questo per due ragioni. In primo luogo
il grano è deperibile, non è quindi possibile accumulare grano per un futuro
111
lontano, e in secondo luogo possiamo ipotizzare che esista un limite fisico alla
quantità di grano che un individuo desideri accumulare (ed è questo limite che
spiega le ragioni per cui i consumi non crescono in misura pari al reddito); è
difficile quindi introdurre il concetto di ricchezza in un mondo basato sulle
decisioni di consumo, in quella che Keynes definisce una real exchange economy.
In una monetary economy invece, il concetto di ricchezza diventa significativo
perché la moneta non è deperibile e quindi può essere accumulata per essere
utilizzata (spesa) in un periodo futuro indefinito. Naturalmente questa possibilità
presuppone che esistano numerosi beni che possono essere acquistati; beni che
possono essere divisi in due categorie. Beni che servono a soddisfare i bisogni
assoluti, che corrispondono al grano o al pesce, e beni che servono a soddisfare i
bisogni relativi per i quali come osserva Keynes, non esistono necessariamente dei
limiti:
“… occorre tener presente che (i bisogni degli essere umani) si suddividono in due
categorie –quelli assoluti, che emergono in qualunque situazione i nostri simili si trovino
a vivere, e quelli relativi, che si manifestano solo se la loro soddisfazione ci pone, o ci fa
sentire, al di sopra dei nostri simili. I bisogni del secondo tipo, quelli generati dal
desiderio di superiorità, crescono insieme al tenore di vita, e possono in effetti diventare
insaziabili. Ma per i bisogni assoluti le cose vanno diversamente…” (Keynes, Possibilità
economiche per i nostri nipoti, 1931, p. 20)
Attraverso le innovazioni finanziate mediante la creazione di moneta, in una
monetary si moltiplica l‟offerta di beni che servono a soddisfare i bisogni relativi;
questo giustifica il desiderio degli individui di accumulare ricchezza in forma
monetaria. La presenza della moneta bancaria, come abbiamo visto usando
l‟esempio della ferrovia realizzata all‟interno di una economia che produceva solo
grano, consente da un lato all‟imprenditore di realizzare l‟investimento poiché il
produttore di grano non sarebbe disposto a finanziare direttamente l‟imprenditoreinnovatore e dall‟altro consente al risparmiatore, che ha ottenuto un reddito grazie
proprio alla costruzione della ferrovia, di accumulare ricchezza accumulando
moneta.
L‟impiego della moneta bancaria permette quindi, di spiegare da un lato la
presenza di una quota rilevante di investimenti e dall‟altro il fenomeno del
risparmio e dell‟accumulazione di ricchezza. La presenza della moneta bancaria
112
serve a giustificare la relazione causale tra decisioni di investimento e decisioni di
risparmio che caratterizza il principio keynesiano della domanda effettiva
e
permette di sottolineare che il fenomeno del risparmio ha natura diversa rispetto a
quello definito considerando la corn economy di Smith. Infatti nel caso della corn
economy possiamo affermare che gli investimenti derivano dalla decisione di
alcuni individui di non consumare il grano prodotto; da questa decisione
scaturiscono gli investimenti. Questo è evidente nel caso in cui il risparmiatore sia
anche colui che utilizza il grano per aumentare la produzione futura, ma rimane
valida
anche nel caso in cui il grano risparmiato venga prestato ad un
imprenditore. Questa non vale nel caso della ferrovia; l‟investimento della
ferrovia non scaturisce dalla decisione di risparmiare grano, e dei produttori di
grano di prestare grano all‟imprenditore che intende costruire la ferrovia ma dalle
decisioni dell‟imprenditore-innovatore e della banca che lo finanzia creando
nuova moneta. E‟ la domanda di grano finanziata dalla nuova moneta che spinge i
produttori a produrre grano: essi infatti sono disposti a cedere grano in cambio di
moneta: sono disposti cioè ad accumulare risparmio in forma di moneta mentre
non sono disposti ad accumulare grano.
Le decisioni di risparmio sono quindi una conseguenza delle decisioni di
investimento finanziate dalle banche; questa relazione causale che caratterizza il
principio keynesiano della domanda effettiva, è descritta nel modello
macroeconomico presentato nei paragrafi precedenti; il mercato del credito
permette di definire il livello degli investimenti, quindi si determina il livello del
reddito e la specificazione del mercato della moneta permette di definire le
condizioni che inducono i possessori di ricchezza ad accumulare la moneta creata
dalle banche.
Veniamo ora al secondo elemento che permette di definire il fenomeno della
speculazione; questo secondo elemento è costituito dalla presenza di strumenti
finanziari a lungo termine il cui valore futuro è incerto, in senso keynesiano,
poiché è legato ai profitti futuri generati dagli investimenti (la costruzione della
ferrovia) oppure al valore fluttuazioni del tasso di interesse.
113
Possiamo considerare due categorie di questi strumenti: i titoli a lungo termine e
le azioni. Keynes considera i titoli a lungo termine quando definisce la domanda
speculativa di moneta e osserva che per giustificare la relazione tra domanda di
moneta e tasso di interesse è necessario introdurre l‟incertezza sul valore futuro
del tasso di interesse. Le fluttuazioni del tasso di interesse influenzano in modo
significativo il valore di mercato dei titoli e quindi il rendimento dei titoli se si
considerano titoli a lungo termine, e la presenza di titoli a lungo termine è
giustificata se si esce dal mondo grano di Smith e si considerano investimento che
producono risultati in un futuro lontano come nel caso della costruzione della
ferrovia. La presenza di titoli a lungo termine può essere spiegata dal fatto che,
come osserva Keynes distinguendo tra finance e funding, le imprese che
realizzano investimenti a lungo termine possono decidere di sostituire i prestiti
bancari con l‟emissione di titoli.
L‟altro strumento finanziario è costituito dalle azioni. Keynes osserva che la
diffusione delle azioni e l‟importanza della presenza di mercati in cui si
scambiano continuamente azioni caratterizza una fase in cui la proprietà e la
gestione delle imprese sono separate. La proprietà dell‟impresa è frazionata tra un
grande numero di proprietari ognuno dei quali possiede soltanto una quota molto
piccola dell‟impresa. Anche il passaggio da una fase in cui proprietà e controllo di
una impresa erano concentrate in una sola persona, alla fase in cui queste due
dimensioni sono separate può essere collegato alla crescita dell‟importanza delle
decisioni di investimento che portano alla produzione di nuovi beni e quindi alla
presenza di incertezza.
Questi elementi consentono di definire il fenomeno della speculazione. Nella
Teoria Generale Keynes definisce il significato di questo fenomeno distinguendo
tra intraprendenza e speculazione; egli infatti propone di: “… applicare il
sostantivo speculazione all‟attività di prevedere la psicologia del mercato, e il
sostantivo intraprendenza all‟attività di prevedere il rendimento prospettico dei
beni capitali per tutta la durata della loro vita…”(Keynes 1936, 345, 8)
Esiste un elemento che accomuna l‟attività dello speculatore a quella
dell‟imprenditore ed è costituita dal fatto che entrambe si basano su previsioni, su
aspettative anche se si tratta di aspettative diverse. L‟imprenditore prende le sue
114
decisioni sulla base delle aspettative circa i profitti futuri degli investimenti “per
tutta la durata della loro vita” e ricordiamo che secondo Keynes questo richiede
attitudini particolari, gli imprenditori sono individui dotati di animal spirits,
mentre lo speculatore deve: “prevedere la psicologia del mercato”.
Per comprendere il significato di questa espressione è necessario sottolineare gli
effetti derivanti dalla presenza di strumenti finanziari come i
termine e le azioni, e di
titoli a lungo
mercati sui quali questi strumenti vengono scambiati
continuamente; Keynes li descrive in modo efficace (Keynes 1936, 336, 7)
Lo speculatore e colui che vende o acquista titoli o azioni con l‟obiettivo di
ottenere un guadagno in conto capitale; le aspettative che influenzano le sue scelte
riguardano il valore futuro delle attività finanziarie. Anche queste aspettative
vengono elaborate in condizioni di incertezza; questo però non impedisce a
Keynes di fare alcune interessanti considerazioni sul processo che porta alla
elaborazione di queste aspettative. Keynes distingue due categorie di speculatori:

speculatori professionali → coloro che prendono le loro decisioni
raccogliendo informazioni sulla situazione economica delle varie imprese,
elaborando valutazioni circa il valore futuro delle stesse. Si tratta di
decisioni prese sulla base dei cosiddetti fondamentali.

individui ignoranti → coloro che acquistano e rivendono titoli di
un‟impresa senza avere una cognizione sulle informazioni relative
all‟impresa o al sistema economico. (Keynes 1936, 340, 9, 11.1)
Keynes osserva inoltre, che nei mercati finanziari, a differenza di quanto potrebbe
sembrare logico,
prevalgono gli effetti delle scelte del secondo gruppo di
speculatori (Keynes
1936, 340-1, 11.1-12). E questo condiziona il
comportamento degli speculatori professionali per i quali sarà più redditizio non
tanto elaborare previsioni sulla base della loro capacità di analizzare i dati
disponibili, ma piuttosto cercare di prevedere come il mercato valuterà i titoli e le
azioni. (Keynes 1936, 341, 12)
Keynes definisce le valutazioni del mercato, valutazioni convenzionali,
valutazioni che sono basate su: “… fattori che in realtà non esercitano una grande
115
influenza sul rendimento prospettico” (Keynes 1936, p. 340, 11) e quindi
aggiunge che si tratta di valutazioni soggette a: “… variazioni violente”.
Per descrive il comportamento degli speculatori professionali Keynes usa la
metafora del concorso di bellezza (Keynes 1936, p. 342, 13)
Infine Keynes si chiede in che modo la speculazione possa influenzare le decisioni
di investimento. Egli distingue due tipi di investimento; il primo consiste
nell‟ampliare lo stock produttivo esistente, cioè nel realizzare ad esempio, nuove
imprese simili a quelle esistente. La speculazione, modificando continuamente le
valutazioni delle imprese esistenti, influenzerà la scelta di costruire nuove imprese
simili:
“…le rivalutazioni giornaliere alla borsa dei titoli, pur essendo destinate principalmente
ad agevolare il trasferimento di investimenti vecchi da un individuo all‟altro, esercitano
inevitabilmente un‟influenza decisiva sull‟ammontare degli investimenti correnti. Non
avrebbe senso, infatti, creare una impresa nuova ad un costo superiore a quello al quale
può acquistarsi un‟impresa simile già esistente; mentre vi è un incentivo a spendere per
un progetto nuovo una somma che può sembrare stravagante, se il progetto può venire
collocato nella borsa dei titoli realizzando un profitto immediato. Quindi certe categorie
di investimenti sono governate dalle aspettative medie di coloro che operano nella borsa
dei titoli, quali si rivelano nel prezzo delle azioni, piuttosto che dalle aspettative genuine
dell‟imprenditore professionale.” (Keynes 1936, p. 337, 14)
Il secondo tipo di investimenti è quello al quale Keynes associa i concetti di
aspettative a lungo termine, di incertezza, di intraprendenza e di animal spirits.
Esempi di questi investimenti sono, come si è visto: la costruzione di una ferrovia,
di un transatlantico, di un nuovo medicinale. Poiché da queste decisioni dipende il
benessere della collettività1, Keynes si chiede in che modo la speculazione possa
influenzare questo tipo di investimenti. Egli osserva che la presenza di mercati
finanziari molto liquidi e di una intensa attività speculativa può ostacolare la
realizzazione di questi investimenti poiché la speculazione può offrire più facili
occasioni di guadagno:
“L‟investimento basato su genuine aspettative a lungo termine è oggi così difficile da
essere scarsamente praticabile. Chi cerca di realizzarlo deve certamente condurre giornate
più laboriose e incorrere in rischi maggiori di chi si ingegna di indovinare meglio della
folla come la folla stessa si comporterà; e, a parità di intelligenza, potrà compiere errori
più disastrosi. … Occorre un‟intelligenza maggiore per sconfiggere le forze del tempo e
1
“E‟ pacifico che l‟intraprendenza fondata su speranze che si estendono nel futuro torna a
beneficio della collettività in complesso” (Keynes 1936, p. 348, 20 )
116
la nostra ignoranza che per gabbare il prossimo. Per di più, la vita non è lunga
abbastanza: la natura umana desidera risultati solleciti, vi è un gusto particolare nel far
denaro alla svelta, e i guadagni futuri sono scontati dall‟uomo medio ad un tasso molto
alto.” (Keynes 1936, p. 343, 15-16))
Keynes quindi vede il rischio che la speculazione possa comprimere
l‟intraprendenza:
“Gli speculatori possono non causare alcun male, come bolle d‟aria in un flusso continuo
di intraprendenza; ma la situazione è seria quando l‟intraprendenza diviene la bolla d‟aria
in un vortice di speculazione. Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un
sottoprodotto delle attività di una casa da gioco, è probabile che vi sia qualcosa che non
va bene. I successi conseguiti da Wall Street, come organo rispondente alla specifica
funzione sociale di instradare l‟investimento nuovo nelle direzioni più redditizie in
termini di rendimento futuro, non si possono certo ritenere uno dei più clamorosi successi
del capitalismo del laissez-faire; né vi è da stupirsene, se è corretto il mio coinvincimento
che le menti migliori di Wall Street sono state di fatto rivolte verso scopi diversi”
(Keynes 1936, p. 345, 18)
La prevalenza della speculazione sull‟intraprendenza avrebbe costi sociali molto
rilevanti:
“Lo scopo sociale dell‟investimento consapevole dovrebb‟essere di sconfiggere le oscure
forze del tempo e dell‟ignoranza che avviluppano il nostro futuro. Invece, lo scopo
privato dei più esperti investitori di oggi è to beat the gun come dicono gli americani
(scattare prima del segnale di partenza), mettere nel sacco la gente, riuscire a passare al
prossimo la moneta cattiva o svalutata.” (Keynes 1936, p. 341, 19)
Per questa ragione Keynes conclude il capitolo chiedendosi quali misure
potrebbero essere adottate per frenare il fenomeno della speculazione. Egli
considera favorevolmente l‟introduzione di una imposta sulle negoziazioni che
potrebbe ridurre la liquidità dei mercati. Keynes accenna inoltre all‟introduzione
di misure più drastiche che limitino fortemente la liquidità del mercato, anche se
riconosce che queste misure potrebbero avere effetti negativi sugli investimenti:
“Lo spettacolo dei moderni mercati di investimento mi ha talvolta portato alla
conclusione che un rimedio utile per i nostri mali contemporanei potrebbe essere quello di
rendere un investimento permanente e indissolubile come il matrimonio, salvo che per
causa di morte o altro grave motivo. In tal modo, infatti, si obbligherebbe l‟investitore ad
orientare la sua mente verso le prospettive di lungo termine e verso queste soltanto. Ma se
si riflette un momento su questo espediente, si vede come si urti contro un dilemma, e ci
si rende conto come la liquidità del mercato spesso faciliti – benché talvolta ostacoli –
l‟attuazione di nuovi investimenti. Giacché il fatto che ciascun investitore singolo si
compiace di considerare “liquido” il suo investimento (benché questo non possa valere
per tutto l‟insieme degli investitori) tiene calmi i suoi nervi o lo rende assai più disposto
ad assumersi un rischio.” (Keynes 1936, p. 346-7)
117
118