PSICOLOGIA DELLA MEMORIA SINTESI DEL VOLUME DI MARIA ANTONELLA BRANDIMONTE ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 INDICE Parte prima: Cosa ricordiamo ......................................................................... 3 1 Passato e presente .............................Errore. Il segnalibro non è definito. 1.1 Ricordare un numero di telefono ........................................................... 3 1.2 Ricordare immagini ............................................................................. 4 1.3 Ricordare esperienze della propria vita ................................................... 4 1.4 Ricordare emozioni.............................................................................. 5 1.5 Ricordare procedure ............................................................................ 6 1.6 Il lato oscuro della memoria: falsi ricordi e oblio ...................................... 6 2 Ricordare il futuro .................................................................................. 7 2.1 La multicomponenzialità della memoria prospettica .................................. 7 2.2 Quanti tipi di “intenzione”? ................................................................... 8 2.3 Fattori che influenzano il recupero di un’intenzione .................................. 9 Parte seconda: misure e paradigmi della memoria ......................................... 9 3 Come si misura la memoria? .................................................................... 9 3.1 Le variabili della memoria .................................................................. 10 3.2 Compiti tradizionali ........................................................................... 10 3.3 Nuovi compiti di memoria................................................................... 10 3.4 Misure dirette e indirette di memoria ................................................... 11 3.5 Misure primarie e secondarie .............................................................. 11 3.6 Lesioni cerebrali e memoria ................................................................ 11 3.7 Tecniche di neuroimmagine funzionale ................................................. 12 3.8 Misure elettrofisiologiche.................................................................... 12 3.9 La memoria fuori dal laboratorio.......................................................... 13 4 Paradigmi della memoria umana...........Errore. Il segnalibro non è definito. 4.1 Paradigmi della memoria esplicita........................................................ 13 4.2 Paradigmi della memoria implicita ....................................................... 16 Parte terza: perché ricordiamo ..................................................................... 17 5 Strutture e processi della memoria: dalla mente al cervello ........................ 17 5.1 L’Arca di Noè: le dicotomie della memoria ............................................ 17 5.2 Memoria e cervello: dove abitano i ricordi? ........................................... 19 ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Parte prima: cosa ricordiamo PASSATO E PRESENTE La memoria non è semplicemente elaborazione di idee, sentimenti ed emozioni passate, nonostante il senso comune la consideri così. Anche essere consci di sé è un atto di memoria. La capacità di integrare nuove informazioni o combinare diversamente informazioni note richiede una forma di memoria legata alla coscienza di ciò che è qui e ora. Tutti i compiti che svolgiamo quotidianamente richiedono la presenza di atti di memoria – “presente consapevolezza” (nella definizione di Baddeley e Wilkins – 1984 – e di Meacham e Leiman 1982). Ricordare un numero di telefono o suonare il violino richiedono processi mnestici diversi: esplici il primo, implici il secondo; tuttavia, entrambi richiedono un’integrazione di passato e presente. Ricordare un numero di telefono Perché ci sia ricordo, deve essersi verificata una qualche forma di apprendimento. L’informazione deve essere acquisita (codifica), conservata (ritenzione) e reperita per il suo utilizzo (recupero). Queste tre fasi non sono necessariamente sequenziali e ma rappresentano lo schema di funzionamento del processo di memoria. Codifica: si riferisce all’elaborazione dell’informazione per il suo successivo inserimento in memoria (es. suddividere un numero di telefono in gruppi di numeri cui è possibile attribuire un significato) ed è diversa per ciascun individuo. La strategia più comune per immagazzinare l’informazione è la ripetizione. Uno stesso contenuto può essere registrato in memoria tramite un certo codice (visivo, fonologico, motorio, semantico…) oppure tramite più codici (codifica multidimensionale). Il codice è un insieme di regole e operazioni tramite le quali la mente trasforma l’informazione in una forma che può essere conservata in memoria. Il recupero dell’informazione avviene attraverso il processo inverso di decodifica. Gli studiosi distinguono due tipi di codifica: superficiale e profonda, secondo la quantità di elaborazione cui lo stimolo è sottoposto (1972). Più profonda è l’elaborazione, più probabile è la ritenzione a lungo termine. La qualità e la quantità dell’informazione recuperata dipendono in modo cruciale dalle connessioni fra tracce di memoria(es.il colore della camicia, la persona seduta accanto,…) Nel 1940 Katona riteneva che la chiave di tutto fosse l’organizzazione e che questa fosse un processo inseparabile dalla memoria. Memorizziamo bene quando scopriamo un “ordine” da dare al materiale. Nel 1956 Miller ha coniato il termine chunk per definire le unità di base dell’informazione in memoria. Il processo di chunking consiste nell’organizzazione del materiale in più ampie unità dotate di significato. Il chunk, in quanto unità di base di informazione, può essere una sola lettera o un gruppo di lettere dotate di significato. Il chunking facilita i processi di codifica e recupero dell’informazione poiché riduce la quantità di materiale da elaborare. È stato dimostrato che l’apprendimento è più facile se gli item da ricordare vengono presentati in blocchi della stessa categoria, ma che si tende spontaneamente a far ricorso a strategie di chunking anche con item che apparentemente non hanno nulla in comune (Tulving – organizzazione soggettiva). La capacità di ricordare organizzando il materiale in unità dotate di significato si sviluppa con l’età. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Sembra che i bambini non facciano uso di alcuna strategia. Le prime strategie di ripetizione (rehearsal) compaiono verso 7 anni di età e sono di tipo non cumulativo (i bambini ripetono una parola alla volta), mentre le strategie di ripetizione degli adulti sono di tipo cumulativo (ripetere gruppi di parole). Ritenzione: E’ la conservazione delle informazioni in memoria. Esistono differenze sostanziali del ricordo, tra il mantenimento temporaneo (come ricordare un numero di telefono) e quello permanente (che può durare anche tutta la vita). Si parla di MBT e MLT. Questa definizione non tiene tuttavia conto di altri elementi, quali il sistema coinvolto nel ricordo, la natura della rappresentazione, il meccanismo sottostante al ricordo. Anche in compiti di MBT infatti, si utilizzano elementi appartenenti alla MLT. La stessa distinzione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine fa riferimento anche a strutture neuroanatomiche. Si fa riferimento a memoria di lavoro (ML) quando il ricordo temporaneo mantiene ed elabora le informazioni durante i compiti cognitivi appena presentati; essa rappresenta il nostro presente. Inoltre ci aiuta a trasformare il passato in presente e a integrare il vecchio con il nuovo. Ha capacità limitate e trattiene il ricordo solo per un breve periodo di tempo. Ricordare immagini Una delle più straordinarie capacità della nostra memoria è quella di “rivedere” immagini che non sono più davanti agli occhi. L’immaginazione produce una rappresentazione fondata sulla percezione ma distinta da essa. I contenuti dell’attività immaginativa sono determinati dai processi percettivi che li precedono sempre. Quindi anche le singole parti di un’immagine mentale sono (o meglio sono state) percetti. Ma immaginazione e percezione sono due processi distinti. Le persone sono quasi sempre capaci di distinguere se il contenuto temporaneamente presente alla coscienza è un’immagine (cioè in assenza di stimolo esterno) o un percetto (cioè in presenza di stimoli esterni). • I percetti sono subordinati alla presenza di stimoli esterni e sono stabili perché riflettono la realtà circostante: tendono a permanere finché permane lo stimolo esterno. I percetti non sono alterabili a piacimento come le immagini mentali. La percezione, infine, funziona continuamente ed indipendentemente dalla volontà, a differenza dell’immaginazione. • L’immagine mentale è un tipo di rappresentazione ed è instabile perché tende a decadere rapidamente a meno che non venga rigenerata continuamente. Si è lungamente ritenuto che le immagini mentali fossero troppo soggettive per divenire oggetto di studio, ma l’avvento del cognitivismo ha posto notevole interesse in quest’area di ricerca. Paivio fu il primo a ipotizzare l’esistenza di due sistemi distinti di memoria: per le parole e per le immagini (teoria del doppio codice). Da allora numerosi studiosi si sono interessati alle immagini mentali. Unanimamente oggi si concorda nel distinguere l’immagine mentale che viene creata nella memoria attiva, presente alla coscienza, dalla rappresentazione immaginativa, ossia le informazioni immagazzinate nella memoria a lungo termine e necessarie per formare l’immagine. Si suppone che la memoria a lungo termine contenga anche le “istruzioni”, o regole di costruzione, formatesi in esperienze passate, per la costruzione dell’immagine nella memoria attiva. Ricordare esperienze della propria vita Il concetto di “memoria autobiografica” si riferisce al “ricordo di informazioni legate al sé”. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 La memoria assomiglia a un mosaico che contiene una varietà di “pezzi” di esperienza e le loro ricostruzioni. Sono stati identificati tre livelli di memoria autobiografica: 1) Livello dei periodi di vita lunghi: si riferisce ad estesi periodi della vita di un individuo e rappresenta un livello astratto della conoscenza autobiografica che incorpora conoscenze di persone significative, di stati d’animo, di scopi, ecc. 2) Livello degli eventi generali: è più specifico e si riferisce ad episodi ampi ed eterogenei misurati in periodi relativamente brevi (vacanze, malattie, etc.); 3) Livello della conoscenza di eventi specifici: rappresenta la conoscenza percettiva e sensoriale che dura da qualche secondo ad alcune ore (fatti temporanei). Quando una persona racconta la propria storia, riunisce insieme tutti e tre i livelli di conoscenza. Lo studio della memoria autobiografica risale a metà dell’Ottocento con Galton che sviluppò il metodo della parola-cue, o metodo di Crovitz (lo studioso che lo ha riscoperto e affinato), adoperato ancora oggi per il ricordo autobiografico. Esso comporta la presentazione di una lista di parole concrete, altamente familiari, e la rievocazione immediata di un ricordo della vita personale associato a ogni parola, datando il ricordo. I soggetti sottoposti alla prova mostrarono di ricordare maggiormente episodi più recenti. Ciò nonostante, alcuni “agganci” (cues) presenti in certe circostanze permettevano di recuperare ricordi anche remoti. I ricordi autobiografici a volte sono distorti, inaccessibili, influenzati dai nostri desideri o persino falsi. E’ stato dimostrato che il senso generale di un ricordo autobiografico è di solito accurato; ciò che va incontro a distorsioni sistematiche è il ricordo dei dettagli più fini. La causa più comune di tali distorsioni è la naturale tendenza delle persone a riempire i “buchi” nel ricordo con dettagli che esse credono debbano essersi verificati sulla base di plausibili inferenze. Il termine “memoria ri-episodica” (Neisser 1981), appunto, si riferisce a situazioni in cui la rievocazione di alcuni eventi non è altro che l’integrazione di dettagli estratti da episodi simili. Esiste infine, l’amnesia infantile, ossia la difficoltà o incapacità di ricordare eventi dei primi due/tre anni di vita. Quello che crediamo di ricordare non è altro che la ricostruzione di ciò che ci ha raccontato ripetutamente chi ci sta vicino. Ricordare emozioni Le emozioni rivestono enorme importanza per il ricordo o per l’oblio. Eventi di grande peso emotivo sono ricordati con straordinaria vividezza: questa è in forte correlazione con la forza emozionale dell’evento. Ma vividezza non significa necessariamente accuratezza. Negli anni 70 Brown e Kulik sperimentarono su 80 persone cosa ricordassero sull’assassinio del pres. Kennedy, avvenuto nell’anno 64. 79 soggetti ricordavano precisamente dove e da chi avevano appreso la notizia e cosa avevano provato. Furono definite flashbulb memories le rievocazioni di quell’evento. Le flashbulb memories sono ricordi dettagliati e particolarmente vividi del contesto in cui una persona apprende per la prima volta una notizia sorprendente ed emotivamente saliente. Alcuni dettagli che di solito vengono ricordati dalle persone sono: Quando e da chi hanno saputo la notizia, Dove si trovavano e con Chi, Cosa stavano facendo e Cosa hanno provato… La ricchezza di dettagli di questi ricordi fece ipotizzare che le flashbulb memories siano il risultato del funzionamento neuronale che “stampa” nella MLT un incredibile numero di dettagli relativi all’evento. Il “peso” dell’evento “carica” il meccanismo e scatta l’istantanea. Neisser e Harsch (1992) hanno confutato questa idea con un altro esperimento su studenti di college, per verificare il loro ricordo dell’esplosione della navicella spaziale Challenger. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Un primo questionario fu compilato la mattina seguente l’esplosione ed altri due circa dopo 3 anni. I risultati furono che le flashbulb memories erano molto labili e soggette ad oblìo. Tuttavia alcune flashbulb memories sono davvero accurate e persistenti. Le variabili fondamentali sembrano essere il significato che l’evento ha a livello personale e quindi il grado di coinvolgimento in prima persona e le numerose ripetizioni a cui l’evento va incontro nei giorni, nei mesi e persino negli anni successivi. Ricordare procedure È facilmente dimostrabile il ricordo di “come si fa” qualcosa solo dimostrando di saperlo fare. Gli studiosi parlano di memoria procedurale, per distinguerla dalla memoria dichiarativa che si riferisce invece alla conoscenza di fatti direttamente accessibili alla coscienza (Anni Ottanta). La memoria procedurale non è soltanto un ricordo di abilità motorie ma anche di altro tipo, come la risoluzione di problemi che spesso richiede il recupero di “modi di procedere” dei quali la persona non è consapevole. Si parla di Memoria procedurale quando c’è un “apprendimento senza ricordo”. Questo tipo di memoria è implicito, non consapevole e automatico. Il lato oscuro della memoria: falsi ricordi e oblio Negli anni novanta ci fu un’accesa controversia sull’accuratezza di ricordi di abusi sessuali dichiarati da molte donne dopo molti anni, con l’aiuto di un terapeuta. Alcune dichiarazioni hanno trovato conferma, ma la maggior parte si sono dimostrate infondate. La sindrome da falsi ricordi è in realtà solo una piccola parte dei fallimenti mnestici cui la nostra memoria va incontro, con conseguenze più o meno importanti sulla qualità della vita. Schacter (2002) ha suggerito di dividere i diversi fallimenti di memoria in sette “peccati” fondamentali, appartenenti a tre categorie diverse: 1) Fenomeni di oblio - distrazione: l’inattenzione o un’elaborazione superficiale che determinano “vuoti di memoria”; - blocco mentale: la temporanea inaccessibilità di informazioni nella MLT. - transitorietà: la riduzione del ricordo col passare del tempo; Ebbinghaus fornì importanti indizi sulla transitorietà del ricordo usando se stesso nel “metodo della padronanza”: memorizzava liste di 16 sillabe senza senso al ritmo del metronomo; le ripeteva fino alla perfezione per poter definire “la curva dell’oblìo” e “i punteggi di risparmio” (quanto tempo o quante prove si erano ridotte per arrivare alla “completa padronanza”. In generale, più alti erano i punteggi di risparmio, più grande era la quantità di ritenzione. Nella curva dell’oblìo di Ebbinghaus, si nota che il decremento dell’oblìo è più rapido nella 1° ora per continuare a diminuire più lentamente. Studi simili, più recenti, hanno confermato che le curve dell’oblìo hanno un maggior decremento (anche se meno rapidamente), subito dopo l’apprendimento, seguito da un moderato declino. Tuttavia, le persone ricordano materiale significativo molto meglio di sillabe senza senso. Molto dipende dal tipo d’informazione, dal tempo impiegato per apprenderla, dalle condizioni di recupero e dalla motivazione personale. 2) Fenomeni di distorsione - erronea attribuzione: confusione sull’origine del ricordo; - suggestionabilità: formazione di ricordi in seguito a commenti fuorvianti di altre persone; - bias: influenze inconsce di credenze e conoscenze preesistenti. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Bartlett (1932) illustrò la distorsione in seguito a bias usando il metodo della riproduzione seriale: far riprodurre ai soggetti, in forma verbale o disegni, materiale appreso precedentemente: la versione di A viene data al soggetto B che la passa a C e così via. Si verificano parecchie omissioni durante i passaggi. Bartlett concluse che l’informazione del materiale originario veniva trasformata ad ogni passaggio perché influenzata dagli schemi mentali preesistenti in ogni soggetto. Durante gli ultimi vent’anni è nata la neuroscienza cognitiva che ha dato nuovo impulso alla ricerca sulla memoria. 3) Persistenza: ricordi patologici o eventi che la persona non può dimenticare, anche volendolo. RICORDARE IL FUTURO “Ricordare” può avere due significati: 1) Ricordare ciò che abbiamo fatto nel passato (Memoria retrospettiva); 2) Ricordare ciò che dobbiamo fare in futuro (Memoria prospettica). La multicomponenzialità della memoria prospettica La multicomponenzialità della memoria prospettica mette in gioco numerose variabili: cognitive, emotive e motivazionali. Nella “Memoria prospettica” viene recuperata un’azione pianificata precedentemente, che potrà essere svolta solo al momento opportuno. Il processo prospettico si compone di almeno 5 fasi: 1) Formazione dell’intenzione (decidere di fare qualcosa e quando); 2) Intervallo di ritenzione (intervallo tra la formazione dell’intenzione e la prestazione); 3) Intervallo di prestazione (intervallo di recupero dell’intenzione); 4) Esecuzione dell’azione intenzionale (il recupero quando compare il contesto appropriato); 5) Valutazione del risultato. Formazione dell’intenzione: fa riferimento alla codifica del contenuto dell’azione futura (“il cosa”), dell’intenzione (“la decisione”) e del contesto di recupero (“quando eseguire l’azione”). Il compito di memoria prospettica ha sia una componente retrospettiva (ricordarsi cosa fare e quando) sia una componente prospettica (recupero dell’azione al momento opportuno). Intervallo di ritenzione: si riferisce al lasso di tempo tra la codifica dell’intenzione e l’inizio dell’intervallo potenziale di prestazione (da pochi minuti a diversi giorni). Esiste una distinzione tra memoria prospettica a breve o a lungo termine. Secondo Baddeley e Wilkins, i compiti a breve termine vengono mantenuti in uno stato di “cosciente consapevolezza” per tutta la durata dell’intervallo di ritenzione, con meccanismi simili a quelli presenti nei casi di vigilanza. Altri, invece, sostengono che solo nel momento in cui l’azione deve essere ricordata, l’intenzione è presente alla coscienza; quando il soggetto monitora costantemente l’intenzione, si parla di vigilanza. Intervallo di prestazione: è il periodo di tempo durante il quale deve essere recuperata l’intenzione. Di solito, il recupero avviene quando compare il contesto appropriato. Esecuzione dell’azione intenzionale: implica che si deve fare qualcosa in un dato momento, in cosa consista e la decisione di farla. Valutazione del risultato: confrontare il risultato dell’azione con il contenuto retrospettivo. Una eventuale cattiva prestazione prospettica può derivare anche da altri fattori come la ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 mancanza di abilità o conoscenze necessarie per la prestazione o eventi che interrompono l’azione in corso. In questi casi è necessario ripianificare l’azione iniziale con una nuova codifica. “Output monitoring”: alcuni studiosi propongono di inserire anche una fase di cancellazione, che registra le azioni compiute e quelle da compiere. Se questo processo di “output monitoring” non funziona, può capitare che un’azione non venga svolta perché pensiamo di averla già compiuta, oppure viene svolta di nuovo perché non ci ricordiamo di averla già compiuta. Quanti tipi di “intenzione”? Di solito per “intenzione” si intende la disposizione di una persona a mettere in atto un’azione futura in un certo modo. Searle (1983) distingue due tipi di intenzione: prior intention (si forma prima dell’azione) e intention-in-action (l’intenzione viene realizzata immediatamente: azione spontanea, non ritardata da intervalli di tempo); quest’ultima non può essere considerata memoria prospettica. Un compito di memoria prospettica dipende da come le intenzioni sono codificate, immagazzinate e recuperate. Negli anni ‘90, Kvavilashvili ed Ellis hanno proposto una classificazione delle intenzioni. Distinzione per fase di codifica: • Intenzioni basate su decisioni facili / difficili, che richiedono tempi diversi per la codifica; • Intenzioni intrinseche / estrinseche, che producono una prestazione migliore o peggiore (perché generate da noi stessi piuttosto che dagli altri); • Intenzioni importanti / non importanti per raggiungere uno scopo; alcuni studi (sporadici) hanno evidenziato una correlazione positiva tra l’importanza percepita di un compito e il ricordo delle intenzioni; • Intenzioni piacevoli / spiacevoli / neutre, con caratteristica l’aspetto emotivo; intenzioni piacevoli e spiacevoli sono ricordate con più facilità; le più spiacevoli sono spesso rimandate. Distinzione per fase di immagazzinamento: Baddeley e Wilkins distinguono tra: 1) intenzioni a breve termine 2) intenzioni a lungo termine. All’aumentare del tempo tra intenzione e azione, aumenta la complessità del processo di mantenimento. Distinzione per processi di recupero: • Intenzioni basate sul tempo / sull’evento (Einstein, McDaniel 1990): le prime richiedono che l’azione venga svolta in un momento ben preciso e sono autoattivate; le seconde sono attivate da suggerimenti esterni: è necessario un evento e il cue che dà l’avvio all’azione. Nel quotidiano le due forme possono comparire separatamente o in forma combinata. La forma combinata facilita il ricordo; • Intenzioni episodiche / abituali: non frequenti o più frequenti e quindi ricordate con maggiore o minore facilità; • Intenzioni pulse / intermediate / step: la distinzione è basata sulla specificità temporale. Pulse sono le intenzioni ricordate in un tempo breve (es. fare una cosa subito); Step sono le intenzioni con tempi lunghi (es. fare una cosa domani); Intermediate hanno durata intermedia. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Distinzione per fase di prestazione: 1) Intenzioni momentanee / brevi / lunghe, che dipendono dalla durata della prestazione (rispettivamente: da pochi secondi a qualche minuto; alcuni minuti; qualche ora). E’ logico che più passa il tempo, più sono necessarie elaborazioni. 2) Intenzioni a uno stadio / a due stadi, riferite al numero di volte in cui un individuo deve recuperare un’intenzione per completare il compito di memoria prospettica. Fattori che influenzano il recupero di un’intenzione Il recupero è fondamentale per il compimento dell’azione prospettica. L’esito positivo dipende da tre fattori interagenti fra loro: 1) (trace-dependent): livello di attivazione sottostante la rappresentazione degli eventi; 2) (cue-dependent): caratteristiche dei cues che attivano l’azione intenzionale (i target atipici o non familiari sono recuperati più facilmente); 3) (capacity-dependent): risorse attentive durante il compito e strategie autoattivate. Secondo i ricercatori, intenzioni che prevedono target atipici vengono ricordate meglio così come quelle che necessitano di attivazione di strategie infrequenti. Una caratteristica saliente delle intenzioni è la persistenza. Lewin (1961) considerava le intenzioni un “sistema di tensioni” che si scarica al compimento dell’azione. In vari esperimenti è stato dimostrato che compiti interrotti contro la propria volontà vengono ricordati meglio rispetto a quelli completati perché i livelli di attivazione dell’intenzione vengono mantenuti alti fino a quando non si è conclusa l’azione per il desiderio di completarla. In tempi più recenti, alcuni studiosi hanno tratto la conclusione che le parole che riguardano azioni da eseguire vengono rievocate e riconosciute più facilmente rispetto a quelle relative ad azioni che devono essere soltanto osservate. Nella classificazione delle intenzioni, un’altra distinzione importante è quella tra intenzioni basate sul tempo e quelle basate sull’evento. Le prime vengono recuperate grazie a strategie interne auto-attivate. Le seconde, su suggerimenti esterni, i cue (una parola o persona, ecc. che ci fa ricordare l’intenzione). Per il recupero di un’intenzione sono fondamentali le caratteristiche individuali. Persone con la caratteristica di “rimuginare” mantengono l’intenzione più attiva rispetto a persone “orientate all’azione”. Inoltre, persone che sentono il bisogno di portare a termine un compito, hanno prestazioni migliori in certi compiti di memoria prospettica perché fanno un uso maggiore di processi di controllo strategico del compito. Parte seconda: misure e paradigmi della memoria 3 COME SI MISURA LA MEMORIA? Dopo la pubblicazione di Ebbinghaus, nel 1885, del primo saggio che conteneva la misurazione di una prestazione mnestica, l’approccio sperimentale allo studio della memoria si impose come un nuovo paradigma della scienza e sostituì quasi completamente il classico approccio filosofico. Fu importante perché: 1) Chiarì che la memoria può essere studiata sperimentalmente; 2) Presentava risultati nuovi, tuttora attuali, per la ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 comprensione di alcune proprietà della memoria; 3) Rispondeva alle critiche di coloro che affermavano che solo fenomeni osservabili direttamente potevano essere misurati. 3.1 Le variabili della memoria Le variabili che influenzano le prestazioni mnestiche sono di tre ordini: organismiche, antecedenti e relative al compito. 3.2 • Variabili organismiche: sono relative alle caratteristiche permanenti della persona (attenzione, motivazione, intelligenza, salute fisica e psicologica); • Variabili antecedenti: sono fattori che, se variati di recente, alterano lo stato dell’organismo (sonno, droga, alcuni medicinali o altri incentivi che modificano la motivazione al compito); • Variabili relative al compito: consistono nel tipo di istruzioni, nel modo e nel tempo di presentazione degli stimoli, nella loro natura e nel contesto in cui il compito deve essere svolto. Compiti tradizionali Esistono due compiti tradizionali di memoria. Entrambi richiedono che il soggetto sia consapevole di ricordare eventi avvenuti in un particolare contesto spazio-temporale: 1) rievocazione (libera, seriale o guidata); 2) riconoscimento (a scelta multipla o sì/no); Nella rievocazione libera, ai soggetti è chiesto di ricordare, con o senza l’aiuto di cue, una lista di item nell’ordine preferito. Il risultato è il cosiddetto effetto di posizione seriale. Gli item in cima e in fondo alla lista sono ricordati meglio di quelli centrali. Questi “effetti di posizione seriale” sono chiamati effetto di priorità e effetto di recenza. La rievocazione seriale è stata usata per decenni per misurare la capacità della memoria a breve termine attraverso la tecnica dello span di memoria. Viene presentata una lista di item che deve essere ripetuta immediatamente. La sequenza viene aumentata progressivamente finché il soggetto è in grado di ripeterla senza errori nell’ordine esatto per il 50% delle volte. Lo “Span di memoria” corrisponde alla sequenza più lunga che è riuscito a ripetere. La rievocazione guidata prevede l’uso di suggerimenti di natura semantica o fonologica. Produce una prestazione migliore rispetto alla rievocazione libera. Le due forme più usate di riconoscimento sono: - ------ compiti di riconoscimento con test a scelta multipla, il soggetto deve scegliere tra più alternative presentate contemporaneamente. -_ ------ compiti di riconoscimento sì/no, al soggetto viene presentato un item per volta ed egli deve decidere se l’item era stato presentato in fase di studio o è nuovo. Il riconoscimento è più facile della “rievocazione guidata” che a sua volta è più facile della “rievocazione libera”. 3.3 Nuovi compiti di memoria I ricercatori, oggi, associano ai compiti tradizionali, anche quelli che comportano l’uso di questionari, di diari, di misure soggettive, del ricordo prospettico o di misure implicite. 3.3.1 Compiti di memoria prospettica Il soggetto deve eseguire un compito principale, come memorizzare una lista di parole, e allo stesso tempo deve ricordarsi di compiere una data azione al momento giusto (compito ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 secondario) che di solito consiste nel premere un tasto dopo qualche minuto o quando appare un target. In generale, un compito di memoria prospettica deve sempre possedere tre caratteristiche: • Ritardo tra formazione dell’intenzione e opportunità di eseguirla; • Assenza di un promemoria per eseguire l’intenzione al momento opportuno; • Necessità di interrompere l’attività corrente per realizzare l’intenzione. Contengono sempre una componente retrospettiva (ricordarsi cosa fare e quando) e una componente prospettica (ricordarsi che si deve fare qualcosa) derivata da cues generati internamente. 3.3.2 Compiti di memoria implicita I compiti di memoria implicita (o indiretta), non comportano riferimenti ad eventi della vita del soggetto ma hanno effetti sul comportamento. Sono classificati come impliciti, indiretti o incidentali. Ad esempio, se si richiede ad un soggetto di completare parole che hanno solo frammenti, la prestazione sarà migliore nel completamento per le parole che erano presenti nella lista. Questa metodologia è risultata molto utile per analizzare i processi mentali umani. 3.4 Misure dirette e indirette di memoria Questa distinzione fa riferimento agli stati mentali che si attivano durante i test di memoria. “Diretti” sono i test che si riferiscono ad uno o più eventi della vita del soggetto; “Indiretti” sono i test che richiedono attività cognitive o motorie (si riferiscono solo al test e non a eventi passati). Si dividono in due categorie: 1) - Test concettuali: utilizzati per analizzare i processi coinvolti nel recupero della conoscenza; - Test lessicali: utilizzati per pronunciare parole più accuratamente e velocemente possibile; - Test percettivi: Comportano l’identificazione percettiva di parole, figure, ecc. 2) Test sulla conoscenza procedurale (problem solving, prove di abilità motoria). 3.5 Misure primarie e secondarie Le misure primarie riguardano l’accuratezza, ossia la quantità di informazione ricordata. L’accuratezza però non misura adeguatamente ciò che effettivamente è in memoria. Poiché queste misure sono fuorvianti, si usa accoppiarle a misure secondarie. Le misure secondarie si riferiscono all’accertamento della qualità dell’informazione recuperata. Una misura secondaria maggiormente usata è il tempo necessario per fornire la risposta L’uso dei tempi di reazione (conometria mentale) nella misurazione del ricordo, si è sviluppato dagli studi di Sternberg. Nel Paradigma di Sternberg), al soggetto viene data una lista di item (numeri o lettere), non superiore allo span di memoria (circa sei item), detta set di memoria, che cambia ad ogni prova. Dopo qualche secondo, viene proposto al soggetto un altro item detto probe; il soggetto deve dire se il probe è parte o meno del set di memoria originario. Poiché la quantità di errori è bassa, è importante il tempo di reazione. L’uso di entrambe le misure (primarie e secondarie), fornisce quasi sempre indicazioni importanti che non ci sarebbero se si utilizzasse una sola misura. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 3.6 Lesioni cerebrali e memoria I deficit di memoria sono tra i sintomi più comuni che fanno seguito a un danno cerebrale. La lesione può essere conseguenza di un trauma cranico, di un ictus, di un’infezione virale, di demenza senile o di normale invecchiamento. La lesione solitamente provoca un deficit relativamente lieve; talvolta, però, il danno è così grave da sfociare nella sindrome amnesica, quella più studiata in neuropsicologia. Essa si manifesta con la difficoltà (o incapacità) ad acquisire e ritenere nuove informazioni o a ricordare eventi recenti. Restano inalterate l’intelligenza generale, le funzioni percettive, la comprensione, la produzione del linguaggio. Resta intatta anche la memoria di lavoro, anche se dopo qualche tempo i pazienti amnesici non ricordano quasi nulla delle proprie esperienze recenti. La sindrome amnesica può dipendere da una varietà di cause che vanno dalla sindrome di Korsakoff (alcoolismo con scarsa alimentazione) a un’infezione virale, ad avvelenamento o mancanza di ossigeno. Normalmente la sindrome amnesica coinvolge i lobi temporali mediali (ippocampo e amigdala) o le aree della regione di encefalica (corpi mammillari e nucleo talamico dorsomediale). Il caso del soggetto sottoposto ad intervento chirurgico per una grave epilessia, ha fatto capire l’importanza del lobo temporale mediale, in particolare dell’ippocampo. Più precisamente, le lesioni che provocano sindrome amnesica sembrano essere a danno del circuito che connette i lobi temporali, l’ippocampo, i corpi mammillari i lobi frontali.. 3.7 Tecniche di neuroimmagine funzionale Le lesioni di tipo naturale (non indotto) possono danneggiare più strutture cerebrali, non permettendo di comprendere di preciso quali aree del cervello siano colpite dalle lesioni specifiche, e quindi a quali funzioni siano preposte. Le tecniche di neuroimmagine funzionale permettono di visualizzare un cervello nel momento in cui svolge un compito cognitivo. Le tecniche più avanzate sono la PET (Tomografia a Emissione di Positroni) e la fMRI ( Risonanza Magnetica Funzionale). Entrambe misurano variazioni nel sangue: - la PET è una misura del flusso ematico cerebrale: la rilevazione del flusso avviene attraverso un tracciante radioattivo inalato/iniettato che si lega al glucosio nel sangue; - la fMRI è la tecnica più recente e più usata poiché non essendo invasiva, può essere ripetuta senza rischio: certi nuclei suonano e producono un segnale di frequenza radio quando vengono immersi in un forte campo magnetico. Il principio di fondo è che zone del cervello impegnate in determinate attività necessitino di un maggiore afflusso di sangue. Queste tecniche hanno permesso di separare i processi di codifica dai processi di recupero dalla memoria ed hanno fornito l’ipotesi che i processi di codifica si ottengano con metodi comportamentali. Tuttavia, anche queste tecniche hanno dei limiti. Ad esempio, sono troppo lente per catturare processi cognitivi come nella memoria prospettica. Ambedue hanno una scarsa risoluzione temporale. Un’altra questione è quella relativa al concetto di “attivazione”. Ad esempio, un incremento nel flusso ematico può riflettere processi sia eccitatori che inibitori. Secondo alcuni neuroscienziati, queste limitazioni possono essere superate se si combinano studi meuropsicologici e tecniche di neuroimmagine. Prove convergenti aiuterebbero a delineare meglio la mappatura dei processi e dei sistemi di memoria. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 3.8 Misure elettrofisiologiche Si hanno importanti indicazioni di come il cervello codifica e recupera informaz in persone sane tramite l’EEG, ElettroEncefaloGramma, che rileva le onde elettriche cerebrali, in particolare le onde generate da stimoli specifici (vista o i suoni) o ERP - Event Related Potentials (Potenziali Correlati a Eventi). Le registrazioni non sono invasive perché vengono applicati elettrodi sul cuoio capelluto. Quando si verifica qualcosa di insolito, il cervello emette un’onda (P300) che si legge graficamente con un picco. Più ampie sono le onde alla codifica, più l’informazione verrà poi ricordata meglio. L’ERP è stato utilizzato anche per studi sulla memoria prospettica, dai quali sono emerse due forme caratteristiche dell’ERP: la N300 (onda di negatività prospettica) che sembra essere associata alla rilevazione di un cue che attiva il ricordo dell’intenzione e la normale P300 (onda di positività prospettica) che sembra, invece, essere associata al recupero dell’intenzione dalla memoria. 3.9 La memoria fuori dal laboratorio Neisser (1978) lamentava che gli studi sulla memoria fossero stati sempre condotti in laboratorio, senza tener conto della complessità della memoria nella vita quotidiana; così, durante gli anni novanta, nacque il dibattito sulla “everyday memory”, teso a restituire validità ecologica agli studi sulla memoria. Oggi convivono tutti e due i metodi contrapposti: quello tradizionale, di laboratorio e quello naturalistico, ecologico. Notevole importanza hanno avuto gli studi sulla memoria infantile, i cambiamenti nell’arco della vita (life-span), il ricordo di informazioni studiate a scuola, la memoria delle intenzioni. I fenomeni della vita quotidiana, infatti, possono fornire informazioni non ottenibili in altro modo, così come alcuni processi mentali possono essere studiati solo in determinate condizioni ambientali. 4 PARADIGMI DELLA MEMORIA UMANA Rispetto alla psicologia della memoria, si utilizza la parola “paradigma” nell’accezione di complesso di regole metodologiche, criteri e strumenti che caratterizzano un periodo dell’evoluzione di una scienza. 4.1 Paradigmi della memoria esplicita La distinzione memoria esplicita / memoria implicita riflette la distinzione conscia / inconscia. Nei test espliciti, la memoria è oggetto (in quanto le istruzioni si riferiscono al recupero cosciente dell’informazione); nei test impliciti, la memoria è strumento (per lo svolgimento di un compito non connesso al recupero cosciente di un’informazione). Jacoby (1988) li definiva modo riflessivo (i processi intenzionali) e modo operativo (i processi automatici). 4.1.1 Paradigma di rievocazione libera ed effetti di posizione seriale Si parla di rievocazione libera quando il soggetto sperimentale è lasciato libero di ricordare una lista di item nell’ordine che preferisce. Con questa procedura, i primi e gli ultimi item sono rievocati meglio di quelli centrali e vengono denominati effetti di posizione seriale, rispettivamente: effetto di priorità ed effetto di recenza. Questi effetti si verificano se la rievocazione libera è immediata. Dopo un breve intervallo di tempo si mantiene l’effetto di priorità e scompare l’effetto di recenza. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 La spiegazione plausibile è che i primi item vengono ripetuti più volte dal soggetto durante la presentazione della lista, per essere memorizzati; questo, però, comporta un decadimento dell’attenzione durante la presentazione degli item successivi. Il ricordo degli ultimi item riflette invece l’esistenza di un MBT, di limitata capacità, di recupero semplice. Se l’informazione si trova in questo magazzino, può essere recuperata e se ripetuta finisce nella MLT, altrimenti decade. L’effetto di recenza può essere eliminato con l’introduzione di un compito distraente. Questo è stato interpretato come un effetto dovuto alla capacità limitata del magazzino a breve termine; ma alcuni studi sull’effetto di recenza, hanno dimostrato che la memoria a breve termine non ha capacità limitata poiché questo effetto interviene anche in compiti di memoria a lungo termine. I detrattori della visione dicotomica (memoria a breve termine/memoria a lungo termine), sostenevano che la distintività di un item determina la facilità con cui viene recuperato; le posizioni alla fine della lista sono più distintive di quelle centrali. Se il contesto di recupero è simile al contesto di apprendimento, il ricordo sarà migliore. Secondo i sostenitori della visione dicotomica, questi argomenti trascuravano numerosi fatti importanti: gli amnesici hanno una MBT intatta ma non sono in grado di apprendere nuove informazioni a lungo termine. In sintesi, almeno due differenti meccanismi – presenza dell’informazione nella memoria di lavoro e discriminabilità temporale – sono responsabili degli effetti di recenza. 4.1.2 Distrazione e oblio: il paradigma Brown – Peterson Anche una minima quantità di informazione può essere dimenticata se interviene un’attività distraente. Alla fine degli anni 50, Brown in Inghilterra e i Peterson negli Stati Uniti sperimentarono due differenti sistemi di memoria, uno a breve e l’altro a lungo termine e per lungo tempo il paradigma Brown-Peterson fu uno dei più utilizzati per lo studio della MBT. I Peterson fecero un esperimento in cui venivano presentate tre consonanti da rievocare dopo un intervallo di qualche secondo. Per impedire che, intanto, le ripassassero, veniva introdotto un compito distraente: contare all’indietro per tre, partendo da un numero pronunciato subito dopo le consonanti. I Peterson attribuirono l’oblìo in MBT a processi di decadimento della traccia e non all’interferenza. I risultati dei Peterson furono considerati una prova della differenza tra i due sistemi di memoria: - MBT: fragile, capacità limitata, l’oblìo avviene per decadimento della traccia mnestica a causa del trascorrere del tempo; - MLT: durevole, capacità teoricamente infinita, non soggetta a interferenza da processi di ripetizione. L’oblìo avviene per interferenza. Per molti anni si ritenne che i ricordi si indebolissero col tempo fino a scomparire dalla memoria, a meno che l’informazione non venisse “rinfrescata” di tanto in tanto attraverso l’uso. E’ conosciuta come legge del disuso (Thorndike-1914) o teoria del decadimento della traccia(Bjork – 1992). Questa teoria venne ben presto criticata poiché fu dimostrato che l’oblìo non era determinato dal decadimento della traccia ma dall’interferenza nell’intervallo tra l’apprendimento e il recupero dell’infor. In genere, più grande è la somiglianza tra i compiti da svolgere, maggiore è la quantità di interferenza. Di distinguono due i tipi di interferenza che hanno significativi effetti sul recupero: ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 1) Interferenza retroattiva: la nuova informazione inibisce il recupero di vecchie informazioni; 2) Interferenza proattiva: la vecchia informazione inibisce il recupero di materiale appreso di recente e il locus di questa interferenza è la memoria a lungo termine. Keppel e Underwood (1962), furono i primi a fornire una spiegazione dell’interferenza proattiva nel paradigma Brown-Peterson basandosi sul concetto di “disapprendimento” / “estinzione”. Il concetto di estinzione si riferisce al fatto che i comportamenti non rinforzati si indeboliscono a causa di informazioni vecchie, non più necessarie. L’estinzione, però, non si mantiene sempre allo stesso livello e col tempo si verifica un “recupero spontaneo”. Risultati successivi, ed anche recenti, però, hanno mostrato che l’interferenza proattiva decresce con l’intervallo delle prove e chiaramente questo contraddice l’ipotesi del “recupero spontaneo”. L’ipotesi della discriminabilità temporale (Bennett 1975), ritenuta ancora valida (Greene 1992), afferma che con l’aumentare dell’intervallo distraente (tra presentazione e rievocazione) la prestazione peggiora, mentre con l’aumentare dell’intervallo interstimolo (tra due prove) la prestazione migliora. 4.1.3 Il paradigma di Sternberg La tecnica di Sternberg, nota come “ricerca seriale esaustiva”. Al soggetto veniva presentata una lista di item “set di memoria”, formata da numeri o lettere, che cambiava ad ogni prova, non superiore allo span di memoria (circa sei item). Dopo qualche secondo veniva presentato un altro item (probe) che il soggetto doveva essere indicare se facesse parte del set originario o no. Il risultato standard era che variando l’ampiezza del set di memoria, il tempo di reazione incrementava proporzionalmente con il numero di item immagazzinati (circa 38 millisecondi per ogni item aggiunto). Il confronto del probe poteva essere fatto tramite: - ricerca in parallelo: confronto con tutti gli item nello stesso tempo (v. connessionismo) - ricerca seriale: confronto con ogni singolo item per volta. E “la ricerca seriale” poteva essere: - autoterminante: interruzione della ricerca appena s’incontra un item che corrisponde al probe; - esaustiva: il soggetto continua la ricerca fino all’esaurimento dei contronti. Questo valeva sia per le prove negative (il probe non era parte del set) che per quelle positive (il probe era presente nel set). Perché il soggetto non si dovrebbe fermare quando ha trovato la corrispondenza? Sternberg sostiene la “ricerca seriale esaustiva” perché è più economico scorrere tutti i confronti e prendere una decisione alla fine. Lo stesso meccanismo valeva per i tempi di reazione. Alcuni studi hanno messo in dubbio i risultati di Sternberg. Si è osservato, ad esempio, che effetti della ripetizione (item ripetuti nella lista) comportavano tempi di reazione più bassi e gli effetti della posizione seriale (tempo di reazione dell’ultimo item) incrementavano di soli 8 msec.. È stato, inoltre, dimostrato che ai probe negativi, che appaiono più frequentemente, si risponde più rapidamente che a probe negativi meno frequenti (effetto dei probe negativi). Townsend ritiene che l’elaborazione avvenga in parallelo (il soggetto confronta il probe con tutti gli item del set di memoria) e che l’incremento dei tempi di risposta sia dovuto alla quantità di informazioni (maggior numero di confronti). ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Greene fa anche notare che, da un punto di vista adattivo, i confronti sarebbero poco funzionali in condizioni naturali perché lunghissimi. seriali degli stimoli 4.1.4 Il paradigma dei livelli di elaborazione Secondo Craik, Lockhart e Tulving, il ricordo è determinato dalle profondità della codifica. Più profondo è il livello di elaborazione dello stimolo, più duratura sarà la traccia che si forma. Altri autori dimostrarono invece che anche elaborazioni superficiali possono contribuire ad un apprendimento a lungo termine. Secondo questo punto di vista, perché si verifichi il ricordo, devono essere compatibili la traccia di un evento e il cue (l’informazione) presente durante il recupero: “principio di specificità della codifica”. Compatibile significa che tra i due esiste un’associazione. Altri studiosi estesero questo principio (elaborazione appropriata al trasferimento) dandone un significato più generale, ossia le condizioni di codifica e di recupero debbono essere simili perché la prestazione di memoria sia significativa; i soggetti utilizzavano una strategia di codifica superficiale (giudizi di rima: pane fa rima con…) o profonda (giudizi di congruenza semantica: pane è un farinaceo). 4.2 Paradigmi della memoria implicita Benché Ebbinghaus, alla fine dell’Ottocento, avesse già notato che a volte siamo influenzati dalle esperienze passate in modo inconsapevole, lo studio della memoria implicita è stato riconosciuto quasi un secolo dopo. Quest’area di ricerca è tuttora in fase di sviluppo anche per i risultati delle neuroscienze 4.2.1 Identificazione percettiva La notorietà di questo paradigma si deve a Jacoby e i suoi collaboratori, negli anni 80. Esso include una fase di studio nella quale si presenta una lista di parole, una per volta. Il recupero avviene con un compito percettivo che consiste nell’identificare parole presentate per pochi secondi. Alcune delle parole presentate nella fase di test sono state presentate anche in fase di studio (parole primed), altre sono del tutto nuove (parole unprimed). Il risultato classico è che i soggetti trovano significativamente più facile identificare le parole primed rispetto alle unprimed. Jacoby ha condotto numerosi esperimenti per verificare se variabili che notoriamente influenzano compiti di memoria esplicita abbiano lo stesso effetto in compiti di memoria implicita. E’ stata trovata una dissociazione tra misure esplicite e misure implicite attraverso la variabile “livelli di elaborazione”: l’elaborazione profonda ha un effetto positivo sul compito di riconoscimento ma nessun effetto sul compito di identificazione percettiva. Si deduce che esistono due forme di memoria separate: una per i compiti di riconoscimento, facilitata dall’elaborazione semantica (profonda); l'altra per i compiti di identificazione, facilitata dall’elaborazione di superficie degli stimoli (percettiva). 4.2.2 Compiti di completamento Questo paradigma è detto di “completamento” perché contiene tutti gli “aiuti parziali” per il recupero. Esso prevede due fasi: -- una fase di studio (ai soggetti vengono presentate liste di item); - una fase di test (vengo mostrati stimoli parziali che devono essere completati). La questione di interesse scientifico è quale parola verrà prodotta. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Se una delle possibili parole è stata vista di recente (primed), i soggetti sono più inclini a produrre questa, anche se pensano di non averla mai vista. Questi sono l’effetto di priming; in quanto la precedente esposizione allo stimolo, anche inconsapevolmente, induce una specifica scelta. 4.2.3 Compiti di giudizio Un compito di giudizio implica una scelta tra due stimoli sulla base di giudizi del tutto soggettivi (preferenza, piacevolezza, ecc.). Il paradigma prevede la presentazione di una lista di stimoli; al test, i soggetti vedono coppie di stimoli, uno solo dei quali è quello presentato velocemente in fase di studio. Il ricordo implicito della lista è dimostrato quando il soggetto, pur dichiarando di non avere visto di recente quello stimolo, sceglie con maggiore frequenza il membro della coppia che era stato presentato in fase di studio. Questo risultato indica che vi è memoria di uno stimolo del quale non si ha consapevolezza. Parte terza: perché ricordiamo 5 STRUTTURE E PROCESSI DELLA MEMORIA: DALLA MENTE AL CERVELLO La neuroscienza cognitiva è un’area di ricerca che unifica i due filoni principali di studio a lungo separati: la neuroscienza, che studia il cervello, e la psicologia cognitiva che studia la mente. Le due scienze non possono prescindere l’una dall’altra nello studio dei processi che sottendono l’attività psiconeurale dell’individuo. 5.1 L’Arca di Noè: le dicotomie della memoria Gli studi sulla memoria, che hanno postulato l’esistenza di diversi tipi di memoria, non hanno tuttora resa evidente una distinzione strutturale cioè l’esistenza di sistemi diversi di memoria. Negli anni cinquanta si riteneva che in realtà esistesse un unico sistema che funziona in modi diversi secondo le necessità. Un sistema a più dimensioni ha senso: - se può spiegare in modo naturale grandi quantità di dati; - se gli stessi dati possono essere spiegati da una struttura unica solo con implausibili modifiche ad hoc. Si può ipotizzare una memoria multisistemica, inoltre, se: - sovraccaricare un sistema lascia la capacità di altri sistemi intatta; danni cerebrali distruggono la funzionalità di un sistema ma non quella di altri; - certe variabili sperimentali funzionano su un sistema ma non su altri. 5.1.1 Memoria a breve termine e memoria a lungo termine La dicotomia più discussa è quella tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine. Già William James nel 1890, distingueva tra una memoria primaria (transitoria e fragile), consistente nei contenuti della coscienza e una memoria secondaria (permanente) che conteneva informazioni non presenti alla coscienza ma riattivabili all’occorrenza. Dagli anni sessanta la distinzione tra una MBT e una MLT sembrò la soluzione teorica migliore per spiegare i fenomeni di ricordo temporaneo e permanente. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Le caratteristiche distintive dei due sistemi si riferivano alla capacità (limitata per MBT e infinita per MLT), alla durata della traccia (30 sec. per MBT e illimitata per MLT), al tipo di codifica (acustica in MBT e semantica in MLT), alla natura dell’oblio (decadimento in MBT e interferenza in MLT). Alla fine degli anni sessanta, erano tanti i modelli sviluppatisi dei due sistemi, che furono sintetizzati in un modello ibrido “modello modale” con riferimento alla moda statistica. Esso si basava principalmente sul modello di Atkinson e Shiffrin (1968), ma raccoglieva le caratteristiche comuni a tutti i modelli delle due memorie. Il modello di Atkinson e Shiffrin prevede l’esistenza di tre componenti strutturali della memoria: registri sensoriali, un magazzino a breve termine e un magazzino a lungo termine. I registri sensoriali elaborano in parallelo le informazioni che finiscono nel magazzino a breve termine, nel quale l’informazione viene mantenuta in uno stato di accessibilità per il trasferimento nel magazzino a lungo termine. Il ruolo del magazzino a breve termine è dunque fondamentale perché l’apprendimento a lungo termine è determinato dalla quantità di tempo che l’informazione ha trascorso nella MBT. Essa svolge anche una serie di processi di controllo, la ripetizione (rehearsal) è uno dei più importanti: più è lunga la permanenza dell’informazione nella MBT, più è probabile che l’informazione sia sottoposta a processi di ripetizione e venga “copiata” nella MLT. Il modello considerava la MBT come un solo magazzino multiuso con funzioni di immagazzinamento, codifica e mantenimento, e che serviva da snodo per il passaggio delle informazioni in MLT. Baddeley e Hitch (1974) utilizzarono il paradigma del doppio compito per verificare l’ipotesi della struttura unica della MBT. Fecero apprendere una lista di parole visivamente e, nello stesso tempo, tenere a mente tre o sei cifre presentate uditivamente. Questo e altri risultati simili misero in dubbio il sistema unitario di MBT e portarono alla formulazione del modello della memoria di lavoro come alternativa ai modelli classici del doppio magazzino. La memoria di lavoro è formata da un sistema attentivo: il sistema esecutivo centrale – SEC, che coordina un insieme di sottosistemi. I due più studiati sono: - il loop articolatorio (uditivo) che ha due componenti: una parte passiva, il magazzino fonologico al quale ha accesso il linguaggio parlato e una parte attiva il processo di ripetizione di natura articolatoria; - il taccuino visuo-spaziale (visivo) che si suddivide in una parte passiva, magazzino visivo ed un processo attivo di ripetizione. La terza componente della memoria di lavoro è la meno conosciuta. Forse è dovuto al fatto che il SEC funziona più come un sistema attentivo che non come un sistema di memoria; seleziona strategie, interviene in compiti nuovi o difficili, blocca comportamenti automatici. Essendo una componente della memoria a breve termine, anch’esso ha capacità limitata e può essere sovraccaricato. Il modello della memoria di lavoro è stato di recente riesaminato criticamente. Secondo alcuni teorici, la memoria di lavoro non è un “sistema” autonomo. La MLT contiene diversi tipi di informazione (visiva, uditiva, motoria) che in ogni momento possono riattivarsi temporaneamente. 5.1.2 Memoria episodica e memoria semantica. Tulving (1972): la MLT contiene due distinti sistemi di memoria: - memoria episodica (o autobiografica, riferita ad eventi della vita dell’individuo), contenente informazioni spazio-temporali relative all’acquisizione ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 dell’informazione; - memoria semantica, sganciata dall’episodio di apprendimento. Non ricordare quando si è formata la traccia. (Es.: Parigi è in Francia). La memoria episodica sarebbe organizzata cronologicamente mentre quella semantica in modo tassonomico (classificazione) e associativo. Ambedue rientrano nella Memoria dichiarativa. Tulving (2002) ha rielaborato la sua teoria considerando la memoria episodica un sottoinsieme della memoria semantica e che esistesse in memoria a lungo termine un altro tipo detto memoria procedurale, riferito all’apprendimento di abilità (come andare in bicicletta). Oggi però ancora Tulving ribadisce l’importanza del sistema di memoria episodica come autonomo, unico e distintivo degli esseri umani. Oggi i risultati delle neuroscienze cognitive contraddicono l’ipotesi di un unico sistema che elabora informazioni episodiche e semantiche; indica invece, l’esistenza di sistemi neurologici, relativamente indipendenti. 5.1.3 Memoria dichiarativa e memoria procedurale Cohen e Squire contrappongono la memoria procedurale, implicita, inconsapevole e automatica (riferita all’apprendimento di abilità, modalità operative, regole implicite) alla memoria dichiarativa (relativa a fatti acquisibili in un solo tentativo e direttamente accessibili alla coscienza). La memoria procedurale, invece, può essere accessibile e valutabile solo compiendo l’azione cui si riferisce. 5.1.4 Memoria esplicita e memoria implicita Lo sviluppo negli ultimi dieci anni per spiegare le dissociazioni su pazienti amnesici, mostra deficit di memoria esplicita ma memoria implicita intatta. Il dibattito è tuttora ampio e vede due orientamenti contrapposti: uno esplicito, che vede gli effetti differenziali come risultato dell’attività di due sistemi separati; l’altro implicito, che le dissociazioni in relazione tra le elaborazioni fatte allo studio e al test. 5.1.5 Memoria retrospettiva e memoria prospettica Di recente è apparsa anche la distinzione tra memoria retrospettiva e memoria prospettica, ossia tra il ricordo di eventi passati e il ricordo di azioni future. In particolare, la memoria prospettica è ritenuta un sistema di memoria perché ogni compito che la coinvolge ha componenti retrospettive. Il “cosa” fare, rappresenta la componente retrospettiva del compito prospettico, mentre il “quando” è la componente prospettica. 5.2 Memoria e cervello: dove abitano i ricordi? teorici dell’approccio HIP (Human Information Processing) affermano che ogni esperienza forma una “traccia” o “engramma” nel sistema nervoso. C’è stato un acceso dibattito al fine di individuare se specifici engrammi fossero localizzati in determinate aree del cervello oppure fossero distribuiti (ma non equipotenziali) in tutto il cervello. La mente non può essere ridotta al cervello e le neuroscienze non potrebbero progredire nella comprensione della mente senza le spiegazioni psicologiche dei fenomeni osservati. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Quindi, la memoria umana deve basarsi sugli studi neuropsicologici, sulle tecniche di neuroimmagine funzionale, sulle misure comportamentali e sulle teorizzazioni cognitive. Oggi la posizione comune è che esistano sistemi multipli e distribuiti: la suddivisione delle funzioni cerebrali in più sistemi, da un lato, e la suddivisione del sistema nervoso in più parti, dall’altro che permette di distinguere l’analisi della mente da quella del cervello. Le neuroscienze cognitive cercano di comprendere come si registrano, mantengono e recuperano le informazioni in sistemi di memoria (reti neuronali che sostengono processi mnestici). Dagli studi sulle lesioni cerebrali molto si è scoperto sulle funzioni di alcune aree del cervello: strutture mediotemporali e diencefaliche nella memoria dichiarativa, amigdala per la modulazione emozionale, gangli della base nell’apprendimento di procedure, cervelletto nel condizionamento, neocorteccia nei processi di codifica, immagazzinamento e recupero e nel priming di ripetizione. L’idea che la memoria sia strutturata in sistemi multipli è attualmente la più accreditata e si applica sia alla struttura della MLT che a quella della MBT. Negli studi tramite PET o fMRI è stato possibile osservare che memoria dichiarativa e memoria procedurale dipendono da sistemi neuronali distinti: strutture mediotemporali e diencefaliche (MLT), gangli della base e cervelletto (MBT). Lesioni alle regioni portano all’amnesia nella memoria dichiarativa ma lasciano intatte memoria di lavoro, abilità motorie e percettive, apprendimento non associativo, apprendimento categoriale e condizionamento. Lesioni unilaterali danneggiano la memoria dichiarativa verbale (sinistra) e non verbale (destra); lesioni bilaterali le coinvolgono entrambe. Inoltre, l’amnesia globale disturba l’acquisizione sia di informazioni episodiche sia di informazioni semantiche. Gli studi di neuroimmagine funzionale forniscono prove convergenti sul ruolo delle regioni mediotemporali nella memoria dichiarativa. L’attivazione mediotemporale, si osserva durante il recupero intenzionale e durante la codifica, che attivano regioni diverse (rispettivamente ippocampo anteriore e corteccia paraippocampale posteriore). L’amigdala , una struttura a forma di mandorla vicino all’ippocampo, ha un ruolo importante nella modulazione degli aspetti emozionali del ricordo ed è attivata anche dalla percezione di espressioni facciali di paura. Anche i sistemi neocorticali hanno un ruolo fondamentale nella memoria dichiarativa. La neocorteccia è vista come depositaria della memoria a lungo termine. I lobi frontali sono invece fondamentali per i processi di ragionamento, per la memoria strategica e per i processi della memoria episodica. Il modello HERA (Hemispheric Encoding/Retrieval Asimmetry) attribuisce funzioni diverse ai lobi prefrontali destro e sinistro (rispettivamente recupero dalla memoria episodica e codifica nella memoria episodica). L’attivazione frontale è collegata anche alla memoria di lavoro. Da studi di neuroimmagine funzionale è emerso che nella memoria di lavoro si attiva la corteccia prefrontale sinistra per elaborare informazioni verbali e la corteccia prefrontale destra per informazioni visive e aree della corteccia visiva. Le abilità sensoriali sono localizzate nei gangli della base e nel cervelletto. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 Nei pazienti amnesici, compiti di memoria implicita evidenziano gli effetti del priming nello svolgimento dei compiti stessi. Si distingue in particolare tra priming percettivo, ossia elaborazione delle caratteristiche superficiali dello stimolo, e priming concettuale, ossia elaborazione del significato dello stimolo. Gli effetti del priming sono mediati da aree neocorticali: quello percettivo da regioni specifiche (visive, uditive, tattili), quello concettuale da aree del linguaggio. Gli studi di neuroimmagine hanno mostrato che nella memoria esplicita (riconoscimento e rievocazione), si verifica un aumento di attivazione delle parti anteriori della corteccia prefrontale, mentre in compiti di memoria implicita questa attivazione diminuisce regolarmente in presenza del prime. Pare che questo decremento sia dovuto ad un fenomeno di “assuefazione” (habituation) dovuto alla ripetizione dello stimolo e, quindi, determini un “risparmio neuronale” quando l’item è ripetuto, tutto o in parte. Benché distinti, i sistemi di memoria dichiarativa e procedurale spesso cooperano e a volte entrano in competizione. Poco ancora si conosce, relativamente alla memoria prospettica, sulle strutture cerebrali deputate al ricordo delle intenzioni; da recenti studi PET, pare che siano localizzate nei lobi frontali. ------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006