La nostra scelta: zero outsourcing

DAL 10 AL 24 OTTOBRE
IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY
PAG.3
L’Intervista
CEO E CIO: PARLANO I LEADER/3
«La nostra scelta: zero outsourcing»
Alessandro Profumo, amministratore delegato del gruppo UniCredit, ha creato un centro dell’Ict
che funziona come «impresa nell’impresa», soluzione pensata per sfruttare pienamente la leva informatica
Claudio Sordi
Continua, con l’intervista all’amministratore
delegato di UniCredit, Alessandro Profumo, la
nostra inchiesta sui rapporti tra la direzione
dell’impresa e la gestione dei suoi sistemi informativi.
Il
Dottor Profumo, secondo la sua esperienza,
quali sono le caratteristiche di un CEO digitale?
Riguardo all’area informatica posso affermare di
aver avuto fortuna: in alcuni casi ho trovato degli
ottimi collaboratori, persone molto capaci. Ho
cercato di perseguire alcuni semplici principi, che
sembra abbiano funzionato bene.
Che cosa è strategico avere insource e che
cosa è strategico avere outsourced?
comando Per quanto riguarda
l’outsourcing, ho ritenuto
preferibile accentrare la
funzione ICT all’interno del
gruppo, creando un centro
di competenza per l’ ICT e
conferendole una fisionomia
di “impresa nell’impresa”. In
questo modo i colleghi di USI
(Unicredit Servizi Informativi
S.p.a. – ndr) che sono addetti
ai sistemi informativi hanno
la percezione di essere una
parte fondamentale e sanno di
avere in azienda uno sponsor
forte. L’outsourcing esterno
ha il difetto di allungare troppo la catena di comando e di
responsabilità, e può non garantire la piena condivisione
degli obiettivi da perseguire.
Il ricorso a un’azienda interna che agisce come system
integrator, presidiando internamente buona parte
delle attività di sviluppo e delle attività di esercizio
riguardanti l’ICT e con la peculiarità di competenze tecniche strettamente coniugate con quelle di
business, offre garanzie maggiori e consente di
sfruttare pienamente la “leva informatica” per
conseguire obiettivi di tempestività e qualità nelle
operazioni di M&A.
Quello che USI fa è un “sourcing strategico”: in
sostanza viene sviluppata internamente la maggior
parte delle soluzioni ICT necessarie al gruppo,
reperendo all’esterno solo quelle soluzioni e
componenti specialistiche – prodotti, tecnologie,
Siamo noi che
sviluppiamo
la maggior
parte delle
soluzioni
necessarie
al gruppo
reperendo
all’esterno solo
quelle che
si sono rivelate
best practices
La delega
all’esterno
ha il difetto
di allungare
la catena
di comando
e può non
garantire
la piena
condivisione
degli obiettivi
da perseguire
Strategia
ALESSANDRO PROFUMO
è amministratore delegato del gruppo UniCredit, che comprende diversi istituti di credito in Italia e all’estero
ancora una volta alla necessità di un unico sistema. Tornando alla domanda, è essenziale che gli
aspetti tecnologici e commerciali siano gestiti in
simbiosi, e che i colleghi dell’informatica si incontrino e dialoghino con i colleghi del business.
Chi è a capo di questo settore?
Umberto Quilici – presidente di USI, Unicredit
Servizi Informativi e CIO del gruppo Unicredit
- fa parte del nostro Comitato strategico che include
i capi divisione cioè i capi
delle quattro aree di business
fondamentali più i capi degli
staff della holding, una decina
di persone in tutto.
Che potere ha questo
Comitato strategico e quali
sono le funzioni?
È un comitato informale,
senza poteri giuridici. Assume
questi poteri in due momenti:
quando ci riuniamo come Comitato Crediti e c’è
un potere delegato dal Comitato Esecutivo, e
quando ci riuniamo in sede di Comitato Rischi.
Il comitato si riunisce tutte le settimane: stiamo
tre, quattro, anche cinque ore insieme a discutere di tutti i problemi del gruppo. È anche uno
strumento di supporto nel momento in cui si
assumono decisioni mie o dei capi divisione, poi
di fatto lavoriamo esattamente come se avessimo
il sistema duale: c’è il consiglio di amministrazione che funziona come supervisory board, c’è
un management board che prende le decisioni da
sottoporre al supervisory board. Il mio ruolo in
azienda è di gestore di quel tavolo; sono poi io che
vado in Consiglio di amministrazione a portare le
proposte. Quilici, nella fattispecie, fa parte di questo comitato e quindi sa immediatamente tutto ciò
di cui stiamo discutendo, e questo lo aiuta molto
nella gestione delle priorità.
Quali sono le problematiche relative all’area
tecnologica di un’azienda?
La mia idea è che bisogna vivere il business
e assegnare le proprie priorità di cambiamento,
Per diventare un gruppo
vero dovevamo
migrare in un unico
sistema informativo
applicazioni - che si sono rivelati best practices
e che appaiono rispondere appieno alle attese e
agli standard aziendali. L’integrazione di queste
soluzioni viene poi gestita seguendo un modello
interno che mira a combinare le singole componenti nel modo più opportuno e che consente di
mantenere sia uno stretto controllo di governo che
la responsabilità diretta su tutti i processi. Anche
nel processo di internazionalizzazione del gruppo
ho mantenuto la stessa rotta.
Quali attenzioni bisogna porre ai processi di
business nella ricerca di soluzioni IT efficaci?
Agli addetti dell’area informatica ho chiesto di
effettuare la migrazione delle sette banche in un
unico sistema informativo, e in tempi rapidissimi
(Progetto “S3” – ndr). In un solo weekend hanno
effettuato la migrazione di mille sportelli. Questo
tipo di migrazioni sono soprannominate “a big
bang”: prima venivano creati dei “ponti” tra i due
sistemi, trasferendo prima i front-end poi i legacy,
con tempi lunghi e costi corrispondenti. Ma la mia
squadra è riuscita a sviluppare delle tecnologie
per gestire i processi di cambiamento che nessun
altro aveva prima realizzato a tal punto che siamo
diventati un caso di studio. La mia convinzione
era quella che dovessimo migrare tutto in un unico
sistema informativo, altrimenti non saremmo mai
diventati un gruppo vero. Siamo così riusciti a
fondere sette banche e crearne tre per segmenti di
mercato, una delle quali è quella transazionale per
tutte le altre. Abbiamo creato una continuità, ad
esempio, tra la Banca Retail e la Banca Private. Mi
risulta che siamo gli unici al mondo. Mi riallaccio
Quilici ha un tableau de board sulla qualità del
servizio che fornisce alle strutture, elementi di
controllo che lui consegna al Comitato strategico,
a loro sottopone i reports. È lui che ha fatto alcune
presentazioni su grandi progetti. Per noi è importante l’andamento economico, così come i livelli
di servizio, controlliamo la roadmap dei progetti
per vedere se sono on time e on budget, dopo di
che la parte economica viene controllata dall’MIS
economico.
Net Present Value: quanto è importante nei
progetti?
I progetti al di sopra di un certo budget li valutiamo in modo strutturale sotto il profilo economico o
sotto il profilo di altri vantaggi attesi. A dire il vero
non c’è nessun progetto puramente tecnologico.
Se ho ben capito, al di sopra di un certo importo è richiesta una valutazione rigorosa, ma
l’informatica è l’unica componente di cui tener
conto?
L’informatica è uno strumento, una sorta di sistema Scelte
circolatorio. È fondamentale,
ma senza il corpo non serve a
nulla. Vorrei aggiungere che
spesso si fa l’errore di pensare
che l’informatica è la soluzione
a tutto. I problemi sono sempre
organizzativi, mai informatici.
A questo proposito è bene
comprendere come essa può
aiutare l’organizzazione: ma
– lo ripeto – qualunque processo va visto sotto il profilo
organizzativo, mai sotto quello
informatico.
Da dove nascono quindi i
nuovi progetti?
Il 90% vengono dal mondo
commerciale. Gli altri, quelli
orientati alla revisione dei
processi per risparmiare costi,
nascono dall’organizzazione o
dal CFO. Altri ancora nascono dall’informatica: la
riprogettazione delle logiche del sistema informativo nasce proprio da lì; questi progetti nascono su
proposta di Quilici.
In questo modo Quilici produce proposte
infrastrutturali?
Fondamentalmente lui risponde a richieste. C’è
da dire che i colleghi del business ogni giorno ne
presentano delle nuove. La sua è una mission di
servizio. Oltre a questo, la sua funzione è quella
di “inseguirci” in modo efficiente ed efficace. E
comunque i costi dell’informatica sono sempre
monitorati e benchmarcati: lui deve rimanere
entro certe forchette di costi. Oltre a questo, deve
anche fare in modo che il livello del servizio delle
telecomunicazioni rimanga alto, dato che anche
questo fa parte del suo pacchetto di responsabilità.
Da qui si evince che esiste un processo di delega
molto forte: di conseguenza è fondamentale avere
delle persone di cui io mi possa fidare.
Quindi possiamo affermare: “zero
outsourcing”.
Certamente. Abbiamo anche considera-
trasformazione e innovazione in relazione alle
esigenze di questo. Un altro aspetto, secondo me
però secondario, è capire in che misura le innovazioni tecnologiche potranno andare a impattare
sull’evoluzione effettiva dei modelli di business.
Faccio un esempio: c’è stato il momento in cui è
esplosa Internet. Passato quel momento si è capito
che il vero modello è multicanale, dal momento
che i clienti esclusivi di Internet sono pochi. Altro
aspetto è quello, non trascurabile, di una trasformazione o comunque di uno spostamento di
transazioni su canali a costo più basso, quello che
succede a voi con le biglietterie.
All’interno di ogni nostra azienda, ci sono delle
strutture responsabili del benchmarking: vanno in giro per
il mondo, sono l’interfaccia del
mondo informatico. Ma il punto
che vorrei ancora una volta sottolineare è il dialogo continuo
con il business.
Tra l’altro, aggiungo anche
che noi lavoriamo molto “per
progetto” (anche perché molti
colleghi provengono da una
formazione “consulenziale”).
Faccio un esempio: il tema IAS.
Mettiamo su il progetto, a cui
partecipa una parte di colleghi
che viene dall’area dei sistemi
informativi. Sono proprio questi
che poi si interfacciano all’interno del loro mondo.
In tal modo non si interrompe quel dialogo e quella
comunicazione a cui facevo riferimento.
E con Quilici? Che tipo di programmi avete
stabilito?
Ci incontriamo per circa un’ora ogni mese. E
lui mi racconta cosa sta facendo, che problemi
ha, dove alcuni dei progetti prioritari che stiamo
sviluppando si fermano, dove invece funzionano,
mi segnala dei punti su cui devo intervenire. È un
appuntamento fisso, che io chiamo “la cambiale”.
In questa “cambiale” che tipo di reports presenta, si tratta di una misurazione dei fatti?
Nel prossimo numero il colloquio con l’a.d. di
Fastweb, Silvio Scaglia. Nei numeri precedenti le interviste
a Elio Catania e Marco Tronchetti Provera
CLAUDIO SORDI. Presidente di Tsf, Telesistemi Ferroviari,
l’outsourcer informatico di Ferrovie dello Stato.
[email protected]
Progetti
Dobbiamo intervenire sulle
filiali. Useremo l’ATM evoluto
per ridurre le transazioni
agli sportelli
to la possibilità di farlo. Ma poi ci siamo convinti
che andare in outsourcing su qualche pezzo potrebbe essere destabilizzante per i miei colleghi. È
un rischio che non voglio correre. Probabilmente
non risparmierei molto andando in outsourcing.
Questo potrebbe accadere invece se fossimo una
banca di piccole dimensioni.
Per concludere, qual è la fonte dell’innovazione?
Viene soprattutto dal business. Quello che noi
vediamo rispetto ai benchmark internazionali
eccellenti nel business retail è che in Francia e
in Spagna in particolar modo - un po’ meno negli
Stati Uniti - i volumi delle transazioni fatti allo
sportello sono molto più bassi rispetto ai nostri.
C’è infatti un grande utilizzo non tanto di Internet, quanto dell’ATM evoluto, di tecnologie che
consentono di ridurre le transazioni allo sportello.
Il tema però diventa di nuovo fondamentalmente
organizzativo perché è necessario intervenire sulle
filiali e formare la clientela. È importante che la
tecnologia ci consenta di farlo.