Luca Santini – Massimo Santini defibrillatore automatico impiantabile Edizioni Minerva Medica Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. 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Prefazione Se Sir Charles Darwin avesse potuto assistere all’incredibile evoluzione che i defibrillatori automatici impiantabili (ICD) hanno compiuto in soli trent’anni di vita, con buona pace dei creazionisti più irriducibili, avrebbe sicuramente evocato anche per loro la teoria dell’evoluzione della specie. Un’evoluzione, questa, basata non certo su una selezione naturale bensì tecnologica, ma così accelerata da offrire a noi moderni cardiologi ogni anno dispositivi sempre più longevi ma sempre più piccoli, più affidabili ma anche più sofisticati e soprattutto sempre più accessoriati con funzioni diagnostiche e terapeutiche che vanno ormai ben al di là della semplice prevenzione della morte improvvisa aritmica per cui erano nati. In questa feroce, ma sana competizione industriale tra le case costruttrici di device impiantabili, in fondo non poi così lontana dal concetto di selezione della specie di darwiniana memoria, certamente in primis a guadagnarci sono i pazienti cardiopatici ma subito dopo veniamo noi, i loro cardiologi, indiscutibilmente in grado oggi di curarli meglio, grazie a diagnosi sempre più precoci e corrette e a terapie sempre più personalizzate ed efficaci. Di quel primo ICD impiantato nel lontano febbraio del 1980 al John Hopkins Hospital, i dispositivi di oggi conservano solo quella che è la caratteristica principale di un defibrillatore automatico, ovvero la capacità di interrompere con uno shock elettrico un’aritmia potenzialmente fatale, esattamente come la stazione eretta accomuna l’homo sapiens all’homo erectus. I dispositivi originari offrivano un’unica opzione terapeutica: la defibrillazione, il generatore veniva impiantato nell’addome e richiedeva toracotomia e anestesia generale. Oggi possiamo scegliere tra terapie “antidolore” come l’anti-tachi-pacing (ATP), shock a bassa, media e alta energia, l’intervento viene effettuato in anestesia locale e la tasca per il generatore è pre-pettorale. E non è tutto… in alcune categorie di pazienti oggi abbiamo a disposizione un’alternativa valida ed efficace al defibrillatore transvenoso convenzionale: il defibrillatore sottocutaneo (S-ICD). In tutti questi anni, dunque, gli ICD hanno dimostrato inconfutabilmente di poter migliorare la sopravvivenza dei pazienti a rischio di morte improvvisa, sia in prevenzione primaria che secondaria. Le indicazioni all’impianto si sono progressivamente allargate, il numero di pazienti impiantati è in costante aumento e gli ICD sono divenuti parte essenziale del trattamento dei pazienti potenzialmente a rischio di aritmie fatali. Contemporaneamente sono aumentate anche le capacità diagnostiche dei dispositivi e quindi la quantità e la qualità delle informazioni cliniche che siamo oggi in grado di gestire. Così, il defibrillatore automatico impiantabile, da semplice presidio terapeutico, è diventato un imprescindibile ausilio diagnostico, grazie a un dettagliato, preciso e costante monitoraggio dell’attività cardiaca del paziente. Monitoraggio che oggi non è più solo utilizzabile nel momento dell’interrogazione del dispositivo bensì in qualsiasi momento vogliamo, grazie al controllo remoto dei device. VI DEFIBRILLATORE AUTOMATICO IMPIANTABILE È dunque evidente come la nuova generazione di ICD mostri un chiaro imprinting dell’innovazione tecnologica. A soli trent’anni dalla loro nascita, i defibrillatori automatici impiantabili, non possono essere definiti dei semplici discendenti di quei primi dispositivi impiantati bensì una vera e propria nuova “specie” con capacità sempre più poliedriche e con prospettive incredibilmente affascinanti. Per quanto gli ICD rappresentino un presidio diagnostico-terapeutico ampiamente consolidato nella pratica clinica è tuttavia assente nell’attuale panorama editoriale della bibliografia cardiologica un’opera completa e aggiornata ad essi dedicata. Un testo, quindi, che ne dipani con chiarezza le caratteristiche tecniche e le diverse modalità di funzionamento, dalle terapie agli algoritmi automatici e diagnostici; che sviluppi una nomenclatura sistematica e aggiornata delle varie indicazioni all’impianto, che descriva nel dettaglio le tecniche chirurgiche, le relative possibili complicanze e le corrette modalità di programmazione in base alle indicazioni e alla tipologia di pazienti; che affronti con un approccio pragmatico quelle aree ancora grigie come le indicazioni alla disattivazione o all’espianto del sistema o la corretta gestione dei recall su elettrodi e generatori; che affronti approfonditamente temi complessi come i malfunzionamenti, la gestione delle tempeste elettriche, le indicazioni e le tecniche di estrazione, le interferenze elettromagnetiche e la compatibilità con la risonanza magnetica; un’opera infine che sia rivolta anche alle più recenti innovazioni tecnologiche come i defibrillatori sottocutanei e i sistemi di monitoraggio remoto. Nei 16 capitoli di quest’opera, redatti da illustri colleghi tutti massimi esperti della materia, abbiamo voluto comprendere tutti questi argomenti, analizzandoli in modo dettagliato ma al tempo stesso accessibile anche ai lettori meno rodati nella materia. Particolarmente utili e innovative sono le due appendici al volume: una dedicata alla descrizione completa di tutti i sistemi di defibrillazione (dispositivi ed elettrodi) disponibili nel mercato con schede dettagliate comprensive di caratteristiche tecniche e bibliografia relativa; l’altra contenente una sezione iconografica con numerosi tracciati endocavitari normali e patologici, da programmatore o da controllo remoto, accompagnate da didascalie esplicative con la soluzione del problema. Un’opera dunque complessa e poliedrica, che abbiamo concepito con l’intento di offrire a tutti coloro che si approcceranno alla lettura non solo delle valide risposte ma, sfida ancora più ambiziosa, l’occasione preziosa di porsi ulteriori e nuove domande… perché solo così una proposta formativa può diventare veramente completa e rappresentare per tutti uno stimolo straordinario alla ricerca costante dell’innovazione tecnologica e della speculazione scientifica, con l’obiettivo comune di rendere l’elettrostimolazione una disciplina sempre più moderna e vitale. Buona lettura! Luca Santini – Massimo Santini autori carmen adduci giampiero maglia Unità di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione Cardiaca, Cardiologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università di Roma, Roma Struttura Complessa di Cardiologia-UTIC, Struttura di Aritmologia Interventistica, Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro maria stella baccillieri annibale alessandro montenero IRCCS Multimedica, Sesto San Giovanni, Milano Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale Civile “Pietro Cosma”, Camposampiero, Padova chiara montenero francesco biscione franca negrini Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale “Santo Spirito in Saxia”, Roma vito calabrese Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Università Campus Bio-Medico, Roma antonio creta Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Università Campus Bio-Medico, Roma domenico giovanni della rocca Dipartimento di Cardiologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma giovanni battista forleo Dipartimento di Cardiologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma pietro francia Unità di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione Cardiaca, Cardiologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università di Roma, Roma carlo lavalle Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale “San Filippo Neri”, Roma emanuela t. locati Cardiologia 3 - Elettrofisiologia, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano maurizio lunati Cardiologia 3 - Elettrofisiologia, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano Facoltà di Medicina e Psicologia, “Sapienza” Università di Roma - Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma Cardiologia 3 - Elettrofisiologia, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano luigi padeletti Cattedra di Cardiologia dell’Università degli Studi di Firenze, Firenze francesco palano Unità di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione Cardiaca,Cardiologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università di Roma, Roma stefano pedretti Cardiologia 3 - Elettrofisiologia, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano paolo pieragnoli Aritmologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze carlo pignalberi Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale “San Filippo Neri”, Roma agostino piro Centro di Elettrostimolazione Cardiaca, Policlinico Umberto I, Roma alessandro proclemer Struttura Operativa Complessa di Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Maria Misericordia” e Fondazione IRCAB, Udine luca rebellato Struttura Operativa Complessa di Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Maria Misericordia” e Fondazione IRCAB, Udine VIII DEFIBRILLATORE AUTOMATICO IMPIANTABILE renato piero ricci Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale “San Filippo Neri”, Roma maurizio russo Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale “San Filippo Neri”, Roma stefania sacchi Cattedra di Cardiologia dell’Università degli Studi di Firenze, Firenze Sant’Andrea, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università di Roma, Roma elisa silvetti Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Aurelia Hospital, Roma filippo stazi Unità Operativa Complessa di Cardiologia 2, Ospedale “San Giovanni Addolorata”, Roma adriano salvati marco toniolo Unità di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione Cardiaca, Cardiologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università di Roma, Roma Struttura Operativa Complessa di Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Maria Misericordia” e Fondazione IRCAB, Udine luca santini Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale Civile “Pietro Cosma”, Camposampiero, Padova Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale G. B. Grassi, Ostia (RM) massimo santini Direttore del Centro Studi Regionale per la Diagnosi e Cura delle Aritmie Cardiache, Ospedale “San Filippo Neri”, Roma lorenzo semprini Unità di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione Cardiaca, Cardiologia, Azienda Ospedaliera pietro turrini roberto verlato Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale Civile “Pietro Cosma”, Camposampiero, Padova antonio vincenti Responsabile Servizio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, Ospedale Multimedica IRCCS, Sesto San Giovanni (MI) indice Cap. 1 ……………………………………………………………………… 3 Cap. 9 …………………………………………………………………… 178 Problema clinico: aritmie ventricolari maligne e morte improvvisa Indicazioni e tecniche di espianto dei sistemi di defibrillazione C. Lavalle, A. Piro, E. Silvetti M. Russo Cap. 2 ……………………………………………………………………… 17 Cap. 10 ………………………………………………………………… 189 Tecnologia Interferenze elettromagnetiche e compatibilità con la risonanza magnetica nucleare C. Pignalberi, F. Biscione, V. Calabrese, A. Creta, F. Stazi L. Santini Cap. 3 ……………………………………………………………………… 55 Cap. 11 ………………………………………………………………… 207 Indicazioni all’impianto D.G. Della Rocca, G.B. Forleo Longevità dimostrata degli elettrodi e dei generatori ad alto voltaggio e relativi “recall” negli ultimi 10 anni Cap. 4 …………………………………………………………………… 101 A. Proclemer, L. Rebellato, M. Toniolo Tecniche d’impianto di defibrillatore automatico impiantabile Cap. 12 ………………………………………………………………… 222 A.S. Montenero, C. Montenero Cap. 5 …………………………………………………………………… 113 Complicanze precoci e tardive P. Pieragnoli Cap. 6 …………………………………………………………………… 126 Programmazione del sistema R. Verlato, M.S. Baccillieri, P. Turrini Cap. 7 …………………………………………………………………… 142 Malfunzionamenti e loro gestione E.T. Locati, S. Pedretti, F. Negrini, M. Lunati Cap. 13 ………………………………………………………………… 239 Tempesta elettrica A. Vincenti Cap. 14 ………………………………………………………………… 249 Disattivazione del defibrillatore impiantabile nei pazienti a fine vita S. Sacchi, L. Padeletti Algoritmi automatici Cap. 15 ………………………………………………………………… 256 G. Maglia Defibrillatore sottocutaneo Cap. 8 …………………………………………………………………… 163 P. Francia, F. Palano, C. Adduci, L. Semprini, A. Salvati Monitoraggio remoto per il follow-up dei pazienti con pacemaker e defibrillatore impiantabile Cap. 16 ………………………………………………………………… 266 R.P. Ricci M. Santini Il defibrillatore del futuro DEFIBRILLATORE AUTOMATICO IMPIANTABILE Rassegna di casi clinici … …………………………… 269 Caratteristiche tecniche dei defibrillatori automatici impiantabili 305 NayaMed … ………………………………………………………… 307 St. Jude Medical … …………………………………………… 319 Biotronik … ………………………………………………………… 339 Medtronic …………………………………………………………… 359 Sorin … ………………………………………………………………… 379 Boston Scientific … …………………………………………… 394 defibrillatore automatico impiantabile 1 aritmie ventricolari maligne e morte improvvisa C. Lavalle, A. Piro, E. Silvetti Epidemiologia Definizione Con il termine “morte cardiaca improvvisa” (MCI) s’intende una morte naturale per cause cardiache, inattesa sia in termini di tempo sia per modalità, preceduta da improvvisa perdita di coscienza; che si verifica entro un’ora dall’inizio dei sintomi, in soggetti con o senza cardiopatia nota 1. Incidenza Le morti improvvise da cause cardiache sono approssimativamente il 50% delle morti cardiovascolari 2 con una stima di circa 4-5 milioni di casi l’anno nel mondo 3. L’incidenza stimata è di circa 1 caso su 1.000 persone per anno; in Italia se ne stimano circa 50.000 l’anno, con 1 evento ogni 9 minuti. La MCI è la conseguenza diretta di un arresto cardiaco, condizione che è potenzialmente reversibile se trattata immediatamente, anche se la sopravvivenza è estremamente bassa (2-3%). Esistono due picchi nell’incidenza: un primo picco tra 0 e 6 mesi (morte improvvisa in culla) e un secondo picco tra i 45 e i 75 anni. Tra gli adolescenti e i giovani adulti, l’incidenza si mantiene quindi bassa (1/1.000.000 l’anno). Tra le giovani vittime le anomalie struttura- Tabella 1.I Tasso d’incidenza della morte cardiaca improvvisa per età e sesso basata sul Rotterdam Study (1990-2010) 6. Età Popolazione totale Uomini Donne Casi/persone-anno IR (95% CI) Casi/persone-anno IR (95% CI) Casi/persone-anno IR (95% CI) 45-54 3/4.398 0,7 (0,1-2,0) 1/1.887 0,5 (0,0-3,0) 2/2.512 0,8 (0,1-2,9) 55-59 8/8.948 0,9 (0,4-1,8) 6/3.871 1,6 (0,6-3,4) 2/5.077 0,4 (0,1-1,4) 60-64 28/20.885 1,3 (0,9-1,9) 20/8.968 2,2 (1,4-3,5) 8/11.917 0,7 (0,3-1,3) 65-69 38/24.508 1,6 (1,1-2,1) 25/10.618 2,4 (1,5-3,5) 13/13.890 0,9 (0,5-1,6) 70-74 76/25.031 3,0 (2,4-3,8) 45/10.716 4,2 (3,1-5,6) 31/14.315 2,2 (1,5-3,1) 75-79 105/22.326 4.7 (3,9-5,7) 67/8.902 7,5 (5,8-9,6) 38/13.424 2,8 (2,0-3,9) 80-84 139/16.736 8,3 (7,0-9,8) 57/5.754 9,9 (7,5-12,8) 82/10.982 7,5 (5,9-9,3) 85-89 109/9.943 11,0 (9,0-13,2) 40/2.630 15,2 (10,9-20,7) 69/7.312 9,4 (7,3-11,9) >90 77/5.169 14,9 (11,8-18,6) 18/994 18,1 (10,7-28,6) 59/4.176 14,1 (10,8-18,2) Totale 583/137.944 4,2 (3,9-4,6) 279/54.340 5,1 (4,6-5,8) 304/83.605 3,6 (3,2-4,1) DEFIBRILLATORE AUTOMATICO IMPIANTABILE li del cuore si riscontrano nel 90% dei casi e i rilievi patologici di più frequente riscontro sono: miocardite, cardiomiopatia ipertrofica, anomalie coronariche congenite, malattia aterosclerotica coronarica, anomalie del sistema di conduzione, canalopatie e dissezione aortica 4, 5. Dati recenti sulla morte improvvisa in pazienti di età superiore ai 45 anni stimano l’incidenza in 4,2 casi ogni 1.000 persone. L’incidenza è maggiore negli uomini rispetto alle donne e aumenta con l’età (Tab. 1.I) 6. Interessante è il dato che, nonostante gli innumerevoli progressi nel trattamento delle malattie cardiovascolari, la prevalenza complessiva della MCI è rimasta sostanzialmente immodificata nel tempo. Studi autoptici e clinici hanno mostrato che la presenza di una malattia cardiaca strutturale aumenta il rischio. In particolare, nei pazienti con età superiore ai 50 anni, la malattia coronarica è la causa principale di MCI essendo responsabile di circa il 75% dei casi. Le cardiomiopatie e le canalopatie rappresentano invece circa il 60% dei casi in pazienti di età inferiore ai 50 anni (Tab. 1.II). In circa il 5% dei pazienti, la causa della MCI può rimanere sconosciuta. Gli eventi aritmici coinvolti nelle MCI sono da sempre di difficile identificazione poiché la maggior parte dei decessi avviene al di fuori dell’ambito ospedaliero, in assenza di documentazione del ritmo cardiaco al momento dell’evento. Inoltre le aritmie maligne ventricolari degenerano rapidamente in asistolia che, per tale motivo, rappresenta il quadro elettrico di più comune riscontro al primo soccorso. Nei casi di breve tempo trascorso tra il collasso e la documentazione del ritmo, è stato riscontrato che l’aritmia ventricolare più comune è la fibrillazione ventricolare, sia a genesi diretta sia quale degenerazione di un episodio di tachicardia ventricolare monomorfa e polimorfa (70-80% dei casi di arresto cardiaco). Per circa il 20% dei casi l’eziologia è rappresentata da bradiaritmie o dissociazione elettromeccanica. Più raramente una MCI può verificarsi per una tachicardia ventricolare prolungata con grave compromissione emodinamica (Fig. 1.1) 7. Tabella 1.II Cause di morte cardiaca improvvisa in pazienti sopra e sotto i 50 anni di età. Pazienti ≥50 anni Cardiomiopatia ischemica – Ischemia acuta – Ischemia cronica – Tachicardie ventricolari SCAR-mediate – Rimodellamento ventricolare Cardiomiopatia dilatativa Altri (cardiomiopatia ipertensiva, stenosi aortica, miocarditi, ecc.) 75-80% 15-20% 5-10% Pazienti <50 anni Cardiomiopatia ipertrofica Displasia aritmogena del ventricolo destro Miocarditi Malattia coronarica Anomalie coronariche (incluso ponte intramiocardico IVA) Cardiopatia valvolare Cardiomiopatia dilatativa Canalopatie Altri 5-30% 5-25% 6-10% 5-20% 2-20% 5-10% 2-4% 3-5% 3-20% Modificata da: Israel CW. Mechanisms of sudden cardiac death. Indian Heart J 2014;66:10-17. cap. 1 • aritmie ventricolari maligne e morte improvvisa Classificazione in base alla morfologia del QRS Torsione di Punta 13% Bradicardia 16% VT 63% VF primitiva 8% Figura 1.1 Primo ritmo riscontrato nei casi di morte cardiaca improvvisa. VT=tachicardia ventricolare. VF=fibrillazione ventricolare 7. Classificazione delle aritmie ventricolari Le aritmie ventricolari sono definite come aritmie che hanno origine al di sotto della biforcazione del fascio di His. Possono originare nel contesto del muscolo ventricolare, del sistema di conduzione o possono coinvolgere entrambi. Possono essere classificate in diverso modo a seconda se si considera la durata, la morfologia del QRS o la presentazione clinica 8. Classificazione in base alla durata • Complessi prematuri ventricolari o extrasistoli ventricolari: complessi isolati che originano dal miocardio comune ventricolare o dal sistema di His-Purkinje; • Tachicardia ventricolare (TV): 3 o più complessi ventricolari a una frequenza superiore a 100 bpm: –TV non sostenuta: TV che termina spontaneamente entro 30 secondi; –TV sostenuta: TV che dura più di 30 secondi o che richiede un intervento per l’interruzione (ad es. cardioversione). • TV monomorfa: TV che presenta un QRS uguale da battito a battito; • TV multiple monomorfe: più tachicardie ventricolari che si manifestano con diverse morfologie di TV monomorfe in differenti episodi; • TV polimorfa: TV che mostra continui cambiamenti nella morfologia del QRS nel contesto dello stesso episodio; • TV pleomorfa: TV che presenta QRS con più di una morfologia nel contesto di uno stesso episodio, ma il QRS non cambia continuamente; • flutter ventricolare: TV rapida che presenta un QRS continuo sinusoidale, con assenza di linea isoelettrica, che non permette di identificare la morfologia dello stesso; • fibrillazione ventricolare: aritmia ventricolare che presenta una morfologia del QRS totalmente caotica. Classificazione in base alle caratteristiche cliniche • TV clinica: una TV che insorge spontaneamente identificabile in base all’analisi dell’ECG e della frequenza; • TV emodinamicamente instabile: TV che causa instabilità emodinamica e che richiede quindi una pronta interruzione; • TV incessante: TV sostenuta che recidiva immediatamente nonostante ripetute interruzioni spontanee o terapeutiche; • TV monomorfa ripetitiva: episodi continuamente ripetitivi di TV non sostenuta che si interrompono da soli; • storm aritmico: tre o più episodi separati di TV sostenuta nelle 24 ore che hanno richiesto un intervento per l’interruzione; • TV non mappabile: TV di cui non è possibile definire la sequenza di attivazione al mappaggio elettro-anatomico. Questo può essere DEFIBRILLATORE AUTOMATICO IMPIANTABILE dovuto o alla instabilità emodinamica della TV, che necessita quindi di una rapida interruzione, o a ripetute interruzioni spontanee o indotte dal pacing, durante il mappaggio. acuta dell’infarto miocardico, nonché in seguito a rivascolarizzazione, in relazione alla tossicità da farmaci o nel contesto di gravi disionie. Attività triggerata Meccanismi elettrofisiologici I meccanismi elettrofisiologici coinvolti nella genesi delle aritmie ventricolari possono essere riassunti in disturbi della formazione dell’impulso (esaltato automatismo e attività triggerata) e nei disturbi della conduzione dell’impulso (circuiti di rientro). Esaltato automatismo Con il termine di “automatismo” s’intende la capacità di una cellula di generare una depolarizzazione spontanea senza la necessità di uno stimolo esterno. Questo è ciò che avviene nelle normali depolarizzazioni diastoliche delle cellule segnapassi del nodo del seno (NS). Anche tutte le altre zone del sistema di conduzione cardiaco hanno questa proprietà intrinseca, ma la loro frequenza di depolarizzazione spontanea, in condizioni normali, è sempre inferiore a quella delle cellule segnapassi del NS che prendono il sopravvento e guidano il ritmo cardiaco. In queste cellule il potenziale intracellulare diminuisce lentamente durante la fase 4 del potenziale d’azione, portandosi verso valori sempre meno negativi, fino a raggiungere la soglia in corrispondenza della quale si realizza la depolarizzazione rapida sodio-dipendente. Quando le cellule del tessuto di conduzione sono soggette a ischemia, all’azione di farmaci o altre cause che ne modificano la fase 4 del potenziale d’azione, possono andare incontro a un automatismo anormale (esaltato automatismo) che può interessare anche le cellule del miocardio comune. Generalmente questo meccanismo è coinvolto nella genesi delle aritmie che si manifestano nella fase L’attività triggerata è così chiamata perché dovuta a uno stimolo esterno (trigger) che provoca un post-potenziale che a sua volta può produrre una nuova depolarizzazione della cellula. Questi post-potenziali possono avvenire durante la fase di ripolarizzazione (post-potenziali precoci) o dopo la completa ripolarizzazione della cellula (post-potenziali tardivi) (Fig. 1.2). Post-potenziali precoci Avvengono durante le fasi 2 e 3 del potenziale d’azione e si osservano solitamente durante bradicardia o ripolarizzazione prolungata. Possono essere causati da numerose condizioni quali ipokaliemia, ipocalcemia, alterazioni catecolaminergiche, acidosi, ipossia e iatrogene. Esistono due tipi di post-potenziali precoci definiti rispettivamente ad alto e a basso potenziale di membrana. Questi ultimi si osservano a livelli di potenziale più vicini allo zero e sono caratterizzati da intervalli di accoppiamento brevi. Possono causare un allungamento della fase di ripolarizzazione, ma non possono dare origine direttamente a un nuovo potenziale d’azione. Al contrario i postpotenziali precoci che si osservano a livelli di potenziale più negativi hanno intervalli di accoppiamento più brevi e possono generare potenziali triggerati e aritmie sostenute. Post-potenziali tardivi Avvengono durante la fase 4 del potenziale d’azione e sono causati da una grande varietà di condizioni che provocano un aumento della concentrazione intracellulare di Ca2+ durante la fase diastolica. Questa può triggerare un nuovo potenziale d’azione se viene raggiunto il valore di cap. 1 • aritmie ventricolari maligne e morte improvvisa soglia. Per tale motivo il fattore critico per lo sviluppo dei post-potenziali tardivi è la durata del potenziale d’azione; più si allunga, più Ca2+ intracellulare sarà disponibile per facilitare i postpotenziali tardivi. Tra le cause principali ricordiamo l’intossicazione digitalica, le alterazioni catecolaminergiche, l’ipossia e le mutazioni dei recettori della rianodina che causano le tachicardie ventricolari polimorfe catecolaminergiche. Circuito di rientro Il circuito di rientro è il meccanismo elettrofisiologico più frequente nelle TV soprattutto in presenza di cardiopatia. Elementi necessari per la formazione di un rientro sono: presenza di un circuito, blocco unidirezionale in una delle vie, conduzione sufficientemente lenta nell’altra via, tale da permettere il recupero della via bloccata e renderla disponibile per la conduzione retrograda. La presenza di tali elementi permette a un impulso che attraversa il circuito in una certa direzione, di tornare indietro e ridepolarizzare il tessuto da cui proveniva innescando così un circolo vizioso che si autoalimenta (Fig. 1.3). Esistono due tipi principali di rientro a seconda del tipo di circuito: 1) anatomico in cui le due vie sono separate anatomicamente; A B 2) funzionale in cui il circuito gira intorno a un nucleo centrale di tessuto refrattario. Le differenze principali di questi due meccanismi di rientro sono la presenza di un gap eccitabile e la frequenza con cui si generano gli impulsi. Nel circuito anatomicamente definito tra le due vie c’è una buona quantità di tessuto eccitabile che può essere attivato da un impulso esterno prima che giunga il fronte d’onda circolante; questo può sia interrompere l’aritmia che resettarla. Nel circuito funzionale questo gap non esiste perché appena un segmento recupera l’eccitabilità viene subito riattivato dal fronte d’onda successivo; questo fa si che tale rientro non può essere interrotto o resettato da un impulso esterno. La frequenza di scarica del circuito di rientro anatomico dipende dalla lunghezza del circuito e dalla velocità di conduzione mentre nel caso del circuito di rientro funzionale dipende dalla lunghezza del periodo refrattario (più sarà breve più girerà veloce l’impulso). Fisiopatologia Cardiopatie strutturali La cardiopatia ischemica rappresenta la principale causa di morte improvvisa. Quest’ultima può intervenire con diversi meccanismi elet- C Figura 1.2 Rappresentazione dell’attività triggerata: A) post-potenziali precoci di fase 2; B) post-potenziali precoci di fase 3; C) post-potenziali tardivi di fase 4. DEFIBRILLATORE AUTOMATICO IMPIANTABILE trofisiologici nelle differenti fasi della malattia. Nella fase acuta, che intercorre tra l’occlusione coronarica e le 72 ore successive: il mancato apporto di ossigeno, di substrati e il mancato allontanamento dei cataboliti porta la zona interessata a ipossia, acidosi e alterazioni della A B C D x - via a conduzione breve y - via a conduzione rapida Figura 1.3 Rappresentazione schematica di un circuito di rientro. Le tre componenti necessarie sono: A) due vie separate di cui una a conduzione lenta e una a conduzione rapida; B) blocco unidirezionale in una delle due vie; C, D) conduzione lenta nell’altra via (Grauer K, Cavallaro D. ACLS: Comprehensive Review. Vol. 2. St. Louis: Mosby Lifeline; 1993). concentrazione di potassio. Questi tre fattori principali determinano diverse alterazioni elettrofisiologiche quali l’alternanza dei potenziali d’azione, post-potenziali precoci e tardivi e la dispersione dei periodi refrattari, causando l’instabilità elettrica alla base delle extrasistoli ventricolari spontanee che possono degenerare in tachicardie ventricolari rapide o fibrillazione ventricolare. La degenerazione in fibrillazione ventricolare diventa sempre meno probabile con il passare delle ore dall’evento acuto. Nella fase cronica (3 giorni dopo l’occlusione coronarica) la causa delle aritmie è generalmente legata alla formazione di circuiti di rientro a livello delle aree di tessuto cicatriziale necrotico che prendono il nome di scar. Tali aree di scar sono caratterizzate da fibrosi, tessuto necrotico non eccitabile e miociti ancora vitali parzialmente depolarizzabili; si ha quindi la formazione di aree di conduzione lenta e blocchi unidirezionali che rappresentano il presupposto del circuito di rientro (Fig. 1.4). La presenza di aree di basso voltaggio, identificate come scar, sono state dimostrate negli ultimi anni utilizzando i sistemi di mappaggio elettro-anantomico, che hanno permesso di correlare la presenza delle aree di scar con i circuiti di rientro alla base delle tachicardie ventricolari 9. Il concetto è stato ulteriormente confermato con studi di risonanza magnetica cardiaca che hanno messo in evidenza come le aree di late enhancement corrispondono alle aree di scar rilevate al mappaggio elettro-anatomico e come la loro eterogeneità sia un forte predittore di aritmie ventricolari 10. Le cardiomiopatie dilatative rappresentano un gruppo eterogeneo di cardiopatie non ischemiche accumunate da una riduzione della funzione sistolica sinistra e dalla dilatazione di uno o di entrambi i ventricoli. Più del 50% dei casi sembra essere di tipo idiopatico 11. La caratteristica principale di questo gruppo di cardiomiopatie è la formazione, progressiva e multipla, di cap. 1 • aritmie ventricolari maligne e morte improvvisa aree di fibrosi interstiziale che porta a un disarray dei miociti. Queste zone di fibrosi sono nella maggior parte dei casi molto irregolari e “immerse” in aree di tessuto sano; proprio questa irregolarità, che genera importanti rallentamenti della conduzione elettrica, facilita lo sviluppo di circuiti di rientro. In aggiunta alla fibrosi, molti altri fattori, come la dispersione della refrattarietà e l’aumento del tono adrenergico, rendono questi pazienti molto più vulnerabili allo sviluppo di aritmie ventricolari 12. Base Normale ≥1,50 mV Setto Apice ≤0,50 mV Zone discar A Infarto RV B LV Setto Parete laterale Figura 1.4 Meccanismo del rientro in una tachicardia ventricolare post-infarto: A) mappaggio elettroanatomico del ventricolo sinistro con zone di miocardio vitale (viola), zone di scar (rosso) e zone borderline (altri colori). La linea gialla mostra un potenziale istmo tra le zone di scar che potrebbe innescare un rientro; B) esemplare autoptico di un cuore con pregresso infarto e zona di scar settale. Si può notare come l’area di scar è eterogenea con zone di tessuto vitale (freccia nera) che possono fungere da istmo per un rientro. RV=ventricolo destro, LV=ventricolo sinistro (Nazer B, Gerstenfeld EP. Catheter ablation of ventricular tachycardia in patients with post-infarction cardiomyopathy. Korean Circ J 2014:210-7). La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia ereditaria ed è la causa primaria di morte cardiaca improvvisa nei pazienti giovani. È un disordine genetico che colpisce i sarcomeri dei miociti. È caratterizzata clinicamente da un’ipertrofia patologica del ventricolo sinistro che può portare a una varietà di ostruzioni dinamiche, soprattutto nel tratto di efflusso. A livello istologico, oltre alla presenza di miociti ipertrofici, si riscontrano aree di disarray, di fibrosi e di malattia del microcircolo. Queste alterazioni strutturali sono di difficile riscontro all’ecocardiografia, ma sono stati meglio studiati con la risonanza magnetica (RM) cardiaca 13. Nella storia naturale di questi pazienti, la perdita di orientamento delle miofibre e il conseguente disarray, oltre a provocare una severa disfunzione ventricolare sinistra, rappresentano il substrato pro-aritmico a causa della formazione di circuiti di rientro. Le tachicardie ventricolari non sostenute sono le aritmie ventricolari di più frequente riscontro; le tachicardie ventricolari sostenute sono più spesso associate ai casi in cui l’ipertrofia colpisce maggiormente l’apice 14 (Fig. 1.5). La displasia aritmogena del ventricolo destro (ARVC) è un disordine genetico caratterizzato dalla diffusa o segmentaria perdita di miociti sostituiti da tessuto fibro-adiposo prevalentemente a livello della parete libera, del tratto di efflusso e dell’apice del ventricolo destro. In 10 DEFIBRILLATORE AUTOMATICO IMPIANTABILE rari casi può essere interessato anche il ventricolo sinistro. Questi cambiamenti strutturali portano a dilatazione del ventricolo destro, formazione di microaneurismi e riduzione di spessore delle pareti. Nei casi di forte sospetto clinico è la RM cardiaca a evidenziare il quadro patognomonico. La genesi delle aritmie ventricolari in questo contesto è secondaria alla formazione di circuiti di rientro anatomicamente determinati intorno a isole di tessuto adiposo (scar) che infiltrano il miocardio dall’epicar- Scar apicale A A B Figura 1.5 A) Area di scar apicale in paziente con cardiomiopatia ipertrofica alla RM cardiaca e B) al mappaggio elettroanatomico del ventricolo sinistro che mostra proprio in corrispondenza dell’apice un’area di basso voltaggio (area di colore rosso), il resto del miocardio appare sano (colore viola) (Dukkipati SR, Avila A, Soejima K, Bala R, Inada K, Singh S et al. Long-term outcomes of combined epicardial and endocardial ablation of monomorphic ventricular tachycardia related to hypertrophic cardiomyopathy. Circ Arrhythmia Electrophysiol 2011;4:185-94). B Figura 1.6 Mappaggio elettroanatomico in paziente con ARVC. La scar epicardica (A) è di gran lunga maggiore rispetto all’equivalente endocardico (B). In viola è rappresentato il tessuto sano (voltaggi >0,5 mV) e in rosso le aree di scar (voltaggi <0,5 mV) 15.