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LE RELIGIONI MAOMETTO E ISLAMISMO
​La penisola araba prima di Maometto Intorno al VII secolo dopo Cristo la penisola arabica era abitata da popolazioni molto diverse tra loro, che avevano però alcuni caratteri in comune ­­­­­> la lingua, l'ordinamento sociale (erano divisi in tribù) la religione politeista e il culto della Pietra Nera​ (che si trovava a La Mecca). Lo stato di cose fu completamente cambiato da Maometto che riuscì ad eliminare i culti pagani e a riunire tutte le tribù sotto una nuova religione monoteista: l​'Islam. Maometto fino all'età di 20 anni era stato un mercante e aveva viaggiato molto in Siria e in Palestina. Secondo la tradizione, una notte, l'Arcangelo Gabriele gli rivelò che era stato scelto dal cielo e che d'ora in avanti avrebbe dovuto diffondere la nuova fede caratterizzata dalla sottomissione assoluta dell'uomo a Dio L'Islamismo, religione in cui non ci sono sacerdoti ne' sacramenti, è basata su 5 principi fondamentali: ●
la professione di fede ●
la preghiera quotidiana ●
l'elemosina per i poveri ●
il digiuno nel mese del ramadan ●
l'obbligo di andare almeno una volta nella vita a La Mecca E' inoltre proibito consumare carne di maiale e bevande alcoliche. Maometto seppe trasformare completamente la comunità araba­­­> l'Arabia pre islamica, debole e frammentata, divenne con lui un'unica e grande comunità regolata dal Corano, le cui norme toccavano qualunque aspetto della vita umana, sociale e politica. Maometto, che aveva dovuto lasciare La Mecca il ​16 Luglio 622 (data di partenza per il calcolo del tempo nei calendari musulmani) a causa dell'opposizione dei mercanti (che vedevano minacciati i loro commerci e la fede tradizionale), vi fa ritorno solo nel 630, ormai acclamato da tutta la comunità come "Il Profeta". IRC as. 2014­2015
LE RELIGIONI Muore nel 632, senza lasciare eredi e senza designare chi avrebbe dovuto essere il suo successore. Ciò fu causa di una divisione della comunità in due fazioni: da una parte ​i sunniti che volevano scegliere il capo della comunità per elezione in base al merito e dall'altra ​gli sciiti che volevano come capo della comunità un discendente del profeta. Questi contrasti durarono alcuni anni (ci fu un periodo di califfato) finché prevalse la posizione sunnita e la guida della società islamica passò sotto agli Omayyadi che trasferirono la capitale a Damasco. Contemporaneamente a questi eventi gli Arabi avevano iniziato una politica di espansione che li portò, in meno di un secolo, a formare un impero che andava dall'Oceano Atlantico (a Ovest) fino al bacino del Gange (ad Est). Come riuscirono in questa impresa? Sicuramente furono favoriti dalla debolezza dell'impero persiano e di quello bizantino, impegnati a farsi la guerra fra loro, e anche dal fatto che le popolazioni che vivevano sotto il controllo persiano e bizantino si arresero facilmente agli arabi che si dimostrarono tolleranti sotto molti aspetti: i sudditi non musulmani erano liberi di professare la propria fede (naturalmente se erano in regola con il pagamento delle tasse!). La fede islamica non venne mai imposta con la forza, ma fu progressivamente adottata dalle persone sia per il significato religioso, sia per il fatto che i convertiti non dovevano più pagare le tasse. IRC as. 2014­2015
LE RELIGIONI EBRAISMO
Religione ebraica, complesso delle credenze e della cultura degli ​Ebrei​. È una delle più antiche religioni
monoteistiche, dalla quale è derivato anche il cristianesimo e il cui nucleo originario risale alla credenza in
un Dio nazionale, Yahweh, che stringe con il suo popolo un patto speciale. Probabilmente gli Ebrei avevano
in origine una religione simile a quella dei popoli vicini; il monoteismo sorse gradualmente tra i gruppi che
facevano capo ai profeti e si affermò definitivamente dopo l'esilio in Babilonia. Dal periodo del Secondo
Tempio in poi (cioè a partire dal 6° sec. a.C.), la religione degli israeliti è detta più propriamente ​giudaismo​.
Il viaggio di Abramo
Il primo uomo a essere chiamato "ebreo", in ebraico ​ivri​, fu Abramo, il capostipite delle tre grandi religioni
monoteistiche, patriarca della Bibbia. ​Ivri è un appellativo di origine incerta, ma che probabilmente va
ricondotto al significato della parola ​ever​, che in ebraico indica "altra parte", "sponda opposta" (del
Giordano o dell'Eufrate). Così, il verbo ​avar significa "attraversare". Abramo è dunque simbolicamente colui
che "sta dalla parte opposta". Questa connotazione in fondo racchiude l'essenza originaria dell'ebraismo.
Abramo varcò infatti un confine geografico e materiale, abbandonando la terra in cui era nato per eseguire
l'ordine divino che gli ingiungeva di recarsi lontano. Ma egli si lasciò alle spalle anche e soprattutto il
paganesimo, il culto degli idoli, scegliendo di obbedire all'unico Dio, alla sua voce nascosta che non ha volto.
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LE RELIGIONI 1. Una lunga storia
L'ebraismo è la civiltà millenaria che prende le mosse dal cammino umano e spirituale di Abramo. Ha per
suo codice di fede, ma anche di storia, la ​Bibbia ebraica, cioè l'Antico Testamento. L'ebraismo concepisce
questo libro come dettato da Dio secondo diversi livelli di ispirazione. La ​Torah​, cioè il ​Pentateuco​, è il testo
più vicino alla voce divina; seguono i ​Profeti e gli ​Scritti (o ​Agiografi​). La Bibbia ha costituito per lunghi
secoli il vero e proprio terreno di vita dell'ebraismo: non solo un libro di riferimento e nemmeno un codice
di leggi da rispettare, bensì un autentico cosmo entro il quale situare l'esistenza.
Gli Ebrei non sono una nazione, né soltanto gli adepti di una fede religiosa, né tanto meno una razza (come
hanno creduto i persecutori dell'epoca moderna). Gli Ebrei sono un popolo, anche se dal destino molto
particolare. Innanzitutto perché sono e sono sempre stati un popolo molto piccolo. All'inizio del 21° sec. non
si contano più di dodici milioni di Ebrei in tutto il mondo, sparsi fra lo Stato d'Israele, l'America e gli altri
continenti. Inoltre, questo popolo ha vissuto per circa duemila anni - dal 70 d.C., anno della distruzione del
tempio a Gerusalemme da parte dell'Impero romano, fino al 1948, anno in cui rinacque lo Stato ebraico disperso fra le altre genti, in mezzo a culture, lingue e regimi diversi. Questo lungo fenomeno storico si
chiama ​diaspora​, che in greco significa "esilio" e "dispersione" al tempo stesso.
La particolare circostanza storica, che segna così profondamente l'ebraismo, è determinata da due fattori. Il
primo è di carattere strettamente militare e riguarda i metodi espansionisti dell'Impero romano, deciso a
estirpare la presenza del riottoso popolo autoctono da una sperduta regione, la Palestina, conquistata con
impreviste difficoltà. In questa regione, detta originariamente terra d'Israele o di Canaan, gli Ebrei, o
Israeliti, vivevano da tempo immemorabile, secondo il racconto della Bibbia. L'altro fattore è, naturalmente,
l'emergere in quegli stessi anni di una nuova fede, innestata sull'ebraismo: il cristianesimo. Se infatti i primi
convertiti alla nuova fede furono proprio gli Ebrei, il popolo cui Gesù apparteneva, l'ebraismo non ha però
accolto in massa questa rivoluzione religiosa, rimanendo invece fedele alla propria identità. Queste due
ragioni stanno alla base di una storia millenaria fatta di emarginazione e di disprezzo nei confronti
dell'ebraismo. Fra i suoi momenti salienti si annoverano i massacri delle comunità ebraiche in Germania
sotto il pretesto della lotta agli infedeli propugnata dalla prima crociata del 1096; vi è poi la fondazione a
Venezia nel 1516 del primo ghetto, che di fatto ufficializza una realtà secolare, quella cioè che vedeva
l'ebraismo vivere in forma di piccole comunità all'interno dei nuclei urbani, spesso con molte restrizioni. Le
comunità si configurano ben presto come nuclei autosufficienti, piccoli quartieri nei quali si trovano le
strutture necessarie alla vita dell'ebraismo: sinagoga, bagno rituale, forno per cuocere le azzime, scuole. Un
altro evento cruciale nella lunga storia della diaspora fu certo il 1492, anno della cacciata dalla Spagna. E
l'ultimo si chiama con il nome di Shoah, che definisce lo sterminio nazista.
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LE RELIGIONI 2. Una cultura in esilio
Una visione in negativo della diaspora non racchiude certo tutta la complessità dell'esperienza ebraica.
L'ebraismo si è formato, prima e durante questo lunghissimo periodo storico, come una cultura e una fede.
Per meglio dire, costituisce una civiltà vera e propria. La frequentazione con il testo sacro ha sviluppato una
coscienza dell'umanità in cui il libero arbitrio e l'onniscienza divina convivono senza cadere in
contraddizione.
Centrale, nel pensiero dell'ebraismo, è l'idea della responsabilità individuale: nel rispetto della legge, ma
anche nel concetto di una compassione reciproca che è principio sociale. Ogni individuo è coinvolto nel
destino altrui e in qualche modo lo determina. Altrettanto centrale è, nell'ebraismo, la legge che Dio ha
consegnato a Mosè sul Sinai e che guida la vita individuale e collettiva negli eventi grandi e in quelli
quotidiani. La legge biblica è il terreno sul quale si cimenta l'arte del commento, dell'esegesi,
dell'illustrazione, laddove essa sembra oscura. L'ebraismo si configura pertanto come una tradizione di testi
e una successione di generazioni in cui ogni passo è un piccolo ma imprescindibile anello capace di garantire
la continuità. Questa continuità traspare, per es., lungo il ​Talmud​, il grande codice di narrazioni e commenti
che costituisce la cd. Torah orale di fronte alla Torah scritta, cioè la Bibbia vera e propria. Il ​Talmud risale
all'epoca tardoantica, ma ha accompagnato l'ebraismo sino a oggi senza mai perdere la propria misura di
attualità.
Lo Stato d'Israele, nato nel 1948 a seguito del risorgimento ebraico, detto sionismo, e sulle ceneri
dell'ebraismo europeo sterminato dai nazisti, ha posto una sfida vecchia e nuova all'ebraismo: il confronto
per un verso con una normalità nazionale da cui per millenni era stato escluso, e per l'altro con quella
cultura della diaspora che la rinascita non ha affatto azzerato, dandole al contrario nuove energie e
occasioni.
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LE RELIGIONI Buddha e il buddismo
Un giovane principe che influenzò tutto il mondo orientale
Fra il 6° e il 5° secolo a.C. visse in India settentrionale un giovane di nobile casata, Siddharta Gautama. Fu
dal suo 'risveglio' (da cui l'epiteto di ​Buddha​, ossia "il Risvegliato") che ebbe inizio la tradizione spirituale
nota come buddismo. Il punto di partenza della dottrina buddista consisteva nella presa di coscienza della
sofferenza diffusa nel mondo e soprattutto delle cause che la producono; Buddha intese fornire la cura
spirituale per sfuggire alla catena senza fine del dolore. Dopo la sua morte, il buddismo diede luogo a
numerose e differenti scuole di pensiero e si diffuse in tutta l'Asia orientale. Ancora oggi, esso è seguito da
centinaia di milioni di persone
Una religione o una filosofia?
Il buddismo può essere considerato una
tradizione spirituale che ha avuto un ruolo
fondamentale nella storia dell'umanità. Nel
corso dei secoli, esso ha assunto varie
forme, producendo una raffinata letteratura
filosofica, ma anche un profondo culto
popolare, di tipo religioso. Il buddismo è al
tempo stesso una religione e una filosofia.
Del resto, a pensarci bene, il cristianesimo
stesso è certo una religione, ma ha anche
dato luogo a opere filosofiche di altissimo livello: basti ricordare i testi di s. Agostino o di s. Tommaso
d'Aquino. Inoltre, nel paese dove il buddismo è sorto (l'India), la religione e la filosofia non si sono mai
affermate separatamente. Nel caso del buddismo, come per altre forme tradizionali dell'Asia orientale, è
dunque meglio parlare di un ​insegnamento​, che di volta in volta, a seconda delle epoche o di chi lo diffuse,
assunse aspetti filosofici o religiosi.
Il Buddha è un personaggio storico?
Buddha in sanscrito significa "il Risvegliato": oggi, gli studiosi hanno ormai riconosciuto che questo nome si
riferisce a un personaggio realmente esistito, Siddharta Gautama, vissuto tra il 560 e il 480 a.C. circa.
Siddharta era il giovane figlio della famiglia nobiliare dei Sakya; è per questo che egli è chiamato nei testi
buddisti anche Sakyamuni, "l'asceta dei Sakya". Nacque a Kapilavastu, nei pressi dell'attuale confine fra
India e Nepal.
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LE RELIGIONI Dunque è indubbio che questo giovane principe sia esistito; possediamo però scarsi dati sulla sua vita. Le
fonti che la descrivono sono infatti piene di particolari leggendari. Sappiamo che il padre si chiamava
Suddhodana e la madre Maya e che in giovane età egli si sposò ed ebbe un figlio. Secondo una profezia nota
a suo padre, la vita dorata e priva di affanni di Siddharta avrebbe avuto fine quando egli si fosse trovato di
fronte alla sofferenza e alla morte. Nonostante gli ostacoli posti da Suddhodana, un giorno il principe riuscì
a uscire dal palazzo e incontrò un vecchio, un malato, un cadavere e un monaco. Da quel momento, egli fu
consapevole dell'esistenza della vecchiaia, della malattia e della morte, ma anche della serenità di chi si è
staccato dal mondo, come il monaco da lui veduto.
Come Siddharta divenne il Buddha
Dopo il suo incontro con la sofferenza, Siddharta lasciò di notte il suo palazzo e la sua famiglia, e si liberò
(come s. ​Francesco​) dei suoi abiti nobiliari per vestirsi poveramente. Egli intraprese una serie di esperienze
per giungere a comprendere il significato dell'esistenza: seguì l'insegnamento dei bramini, i sacerdoti indù,
ma ne fu insoddisfatto; si ritirò poi nella foresta come un asceta (​ascetismo​), un uomo che vive solitario e
lontano dal mondo. Infine, ai piedi di un grande albero di ficus, dopo aver superato le tentazioni di Mara, il
sovrano infernale della Morte, Siddharta ebbe il 'Risveglio': la consapevolezza della causa del male, della
sofferenza e della morte che sono presenti nel mondo.
Secondo la tradizione, dopo un primo momento di esitazione il Buddha decise di trasmettere questa
conoscenza al mondo. Si recò a Benares, dove nel Parco delle Gazzelle pronunciò il suo famoso primo
discorso: era l'inizio di una vita di insegnamento, che vide numerosi discepoli riunirsi attorno a lui per
formare le prime comunità di monaci e di monache. Alla fine, superati gli ottanta anni di età, il Buddha si
spense a Kushinagara. Ma la dottrina buddista continuò a vivere e a diffondersi.
La dottrina del Buddha: la presenza della sofferenza
I discorsi del Buddha sono stati trasmessi oralmente per alcuni secoli dopo la sua morte; solo verso il 1°
secolo a.C. sono stati trascritti in lingua ​pali​. Ma qual è lo scopo della dottrina buddista? Liberare l'essere
vivente dalla sofferenza. La vita umana non può evitare la presenza del dolore e della morte, per un motivo
molto semplice: tutto ciò che ha un principio deve avere una fine. Ogni esistenza è passeggera; l'uomo e la
sua vita sono composti da una serie di fenomeni in continuo mutamento: nulla è permanente. Questa
situazione riguarda non solo l'individuo, ma tutto ciò che è nell'Universo. Perfino gli dei un giorno
cesseranno di esistere. La sofferenza è dunque connaturata all'essere umano, cioè fa parte della sua vita sin
dal primo giorno. La non consapevolezza di questa verità da parte dell'uomo è definita 'ignoranza' (in
sanscrito ​avidya​): dunque, l'ignoranza non consiste semplicemente nel non essere colti, ma nel non rendersi
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LE RELIGIONI conto del significato del mondo e della nostra stessa esistenza. È qui la radice del dolore e della sofferenza
che spesso proviamo.
La cura per vincere la sofferenza
Nella dottrina del Buddha, l'Universo è visto come il frutto di una catena ininterrotta di fenomeni, ognuno
legato all'altro: è il concetto di ​karma​. Giungendo al Risveglio, il Buddha ha per primo spezzato questa
catena, che rende prigionieri tutti gli esseri. Per il Buddha l'ignoranza, cioè la non conoscenza della vera
natura transitoria (passeggera) di tutte le cose, fa vivere l'uomo in una 'illusione'. Le passioni umane, i vizi e
i desideri (anche quelli che sembrano buoni) sono altrettante catene che rendono l'uomo prigioniero di
questa illusione. Anche il dolore, la sofferenza sono il prodotto di tale illusione. Ma come vincerla? Il Buddha
ricorre alle 'Quattro nobili verità' per definire le cause della sofferenza e la cura per superarla. La prima è la
constatazione che ogni esistenza, poiché non è eterna, è dolorosa; la seconda è che la causa del dolore è la
'sete', cioè il desiderio, l'attaccamento per qualcosa: una persona, un oggetto, un'idea. Anche odiare una
persona, un oggetto, un'idea è una forma di attaccamento, perché chi odia non è distaccato dall'oggetto del
suo odio. La terza verità propone la soluzione: sopprimendo questa 'sete', si sopprimerà il dolore. La quarta
verità, infine, fornisce il metodo, la strada per annullare l'ignoranza, e quindi il dolore. Si tratta degli 'Otto
sentieri',
otto
virtù
da
praticare: la retta opinione, il
retto
proposito,
la
retta
parola, la retta azione, il retto
comportamento di vita, la
retta aspirazione, la retta
meditazione
concentrazione
e
la
retta
mentale.
Dunque, una vita virtuosa,
oltre alla meditazione, è un
valido aiuto per superare
l'ignoranza.
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LE RELIGIONI Ma esiste qualcosa che non abbia fine?
Dunque per il Buddha ogni essere al mondo è destinato a estinguersi. Persino la nostra coscienza ‒ quella
che ci fa dire "Io penso", "Io sono" ‒ esiste solo momentaneamente. In un certo senso, quindi, tutto ciò che è
al mondo è illusorio, cioè è privo di verità profonda: l'Universo è considerato il 'regno di ​maya​', parola che
significa "illusione". La consapevolezza di ciò porta a squarciare il 'velo di ​maya​', mettendo fine
all'ignoranza: l'essere così 'liberato' può raggiungere quello che il buddismo chiama ​nirvana​: uno stato
paragonato a una fiamma che si spegne. Potremmo allora domandarci: a che serve raggiungere l'obiettivo
della 'Liberazione' dal ciclo dell'esistenza, quello che il Buddha chiama ​nirvana​, se dopo la vita non c'è
nulla? Se di noi non resta nulla, allora a che serve la meditazione, la pratica delle virtù? Solo a vivere più
serenamente questa vita? In realtà, non siamo sicuri se il Buddha ammettesse o meno l'esistenza di un
principio eterno come fondamento di tutte le cose; sembra che egli non considerasse il parlare di ciò
necessario ai fini del suo insegnamento. Il disaccordo su questo punto fu uno degli elementi che portarono
alla nascita di diverse scuole buddiste.
Il Piccolo veicolo e il Grande veicolo
Dopo la morte del Buddha, ci furono diversi 'concili' (riunioni dei discepoli) che raccolsero gli insegnamenti
del Maestro. Nacque così il 'Canone buddista' (in sanscrito ​Tripitaka​, le "Tre ceste"): l'insieme delle opere
buddiste, che riportano le parole del Buddha, le regole monastiche e i trattati e i commentari sulla dottrina.
Il buddismo ebbe grande diffusione sotto il regno dell'imperatore Ashoka (3° secolo a.C.), quando esistevano
già varie scuole che interpretavano diversamente il messaggio del Buddha. Una delle più importanti fu
quella dei ​Theravadin​. Il buddismo da essi predicato, noto come ​Hinayana ("Piccolo veicolo"), si diffuse ed
è ancora oggi popolare a Ceylon e nel Sud-Est asiatico. Secondo la maggioranza degli studiosi, questa forma
di buddismo, essenzialmente di tipo monastico, rappresenta ciò che c'è di più vicino alla dottrina dei primi
tempi. Secondo gli esponenti dell'altra corrente buddista, il ​Mahayana ("Grande veicolo"), formatasi forse
nel 1° secolo, l'​Hinayana è invece una forma minore, riservata a chi ha un intelletto limitato e vuole ottenere
la Liberazione soltanto per sé stesso, senza interessarsi alla sorte degli altri esseri.
La dottrina del Grande veicolo
Punto fondamentale della dottrina del Grande veicolo è la 'vacuità' (in sanscrito ​sunyata​) di tutte le cose.
Questo concetto indica che in nessuna cosa di questo mondo possiamo trovare la Realtà suprema: l'Universo
è infatti il regno di ​maya​, l'illusione. Ma, secondo il Grande veicolo, la 'buddità', cioè il perfetto stato del
Buddha, è in ognuno di noi come un embrione, un germe: bisogna squarciare il 'velo di ​maya​' per ritrovare
dentro di noi l'eternità. Siddharta, il Buddha storico, fu visto come una manifestazione di questa 'buddità'
eterna. Nella dottrina del Grande veicolo, così, apparve tutta una serie di Buddha del passato e del futuro, e
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LE RELIGIONI si diffusero i ​jataka​, i racconti che descrivevano le passate incarnazioni del Buddha, di solito nella forma di
un animale. Proprio sulla base dell'uguaglianza profonda tra gli esseri, l'insegnamento del ​Mahayana diede
grande importanza alla compassione; su di essa si fondava il concetto del ​bodhisattva ("essere del
risveglio"): un essere che rinuncia al nirvana per ridiscendere nel mondo e aiutare gli altri a percorrere la
sua stessa via. Il culto dei ​bodhisattva ebbe una enorme diffusione in Estremo Oriente, perfino superiore a
quello per i Buddha. I più famosi furono: Avalokitesvara, il salvatore per eccellenza (in Cina e Giappone
rappresentato a partire da una certa epoca in forma femminile); Manjusri, protettore della conoscenza
sacra; Maitreya, considerato anche come il prossimo Buddha che apparirà sulla Terra. In epoca più tarda (8°
secolo), il Grande veicolo giunse in Tibet: la fusione con gli elementi della religione locale portò alla nascita
di una forma particolare, detta ​Vajrayana ("Veicolo di diamante"), che è ancora oggi tipica del buddismo in
Tibet e in Mongolia.
La diffusione del Grande veicolo in Cina
Il Grande veicolo dall'India passò in Cina attraverso due strade. Una terrestre, dal Pakistan settentrionale
alla Cina attraverso il deserto del Taklamakan; e una marittima, dal Golfo del Bengala fino alle coste della
Cina meridionale. Il buddismo sarebbe giunto in Cina nel 1° secolo; inizialmente, ci fu qualche difficoltà da
parte dei Cinesi nell'accettare il buddismo, una tradizione straniera che imponeva a chi voleva seguire la via
del Risveglio il monachesimo, cioè la rinuncia a sposarsi e formare una famiglia. In Cina nacquero nuove
scuole buddiste: così, quando il buddismo cessò di esistere in India nel 13° secolo, esso continuò a fiorire
fuori dai confini. Fra le scuole buddiste di origine cinese, vanno ricordate il buddismo della Terra pura e il
Chan. Il primo fu molto popolare presso il popolo cinese, poiché bastava la semplice invocazione del Buddha
Amithaba per garantirsi il trasferimento dopo la morte nel suo paradiso; il secondo predicava la possibilità
di un Risveglio immediato, senza passare attraverso lo studio dei testi sacri. Il Chan fu molto importante per
lo sviluppo del pensiero buddista fuori dall'India, poiché si diffuse e fiorì anche in Giappone, dove fu
chiamato ​Zen​, e influenzò la società, l'arte e la cultura. Il buddismo visse in Cina un'epoca d'oro fra il 7° e il
9° secolo; poi, nell'842, fu colpito da una persecuzione, ordinata da un imperatore e dovuta anche
all'eccessivo potere economico raggiunto dai centri buddisti, che danneggiava lo Stato. Tuttavia, il buddismo
rimase nei secoli successivi molto diffuso e ancora oggi in Asia orientale esso è oggetto di un ampio culto
popolare, con numerosi monasteri in attività.
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LE RELIGIONI Una delle vite passate di Buddha: l'elefante a sei zanne
"Una
volta
il
Buddha
predestinato nacque come
figlio di un elefante che era
a capo di una mandria di
ottomila elefanti reali […].
Un giorno […] si recò in un
boschetto […], e mentre si
trovava là, colpì con la
testa uno degli alberi; così
facendo, una pioggia di
foglie secche, rametti e
formiche rosse cadde dal
lato sopravvento, dove si
trovava
per
caso
sua
moglie Chullasubhadda […]. Chullasubhadda si sentì offesa e provò rancore nei confronti del Grande Essere.
Così […], pregò di rinascere come figlia di un sovrano, per diventare la consorte del re di Benares, e avere il
potere di indurre il re a mandare un cacciatore a ferire e uccidere questo elefante con una freccia avvelenata.
Quindi essa si consumò dal dolore e morì. A tempo debito i suoi perfidi desideri vennero esauditi, ed essa
divenne la sposa prediletta del re di Benares […]. Si mise a letto fingendo di essere molto malata. Quando il
re lo venne a sapere, si recò nella sua stanza, si sedette sul letto e le domandò: "Perché languisci, come una
ghirlanda di fiori appassiti e calpestati ?". La regina rispose: "È per via di un desiderio che non può essere
esaudito"; al che, il re le promise qualunque cosa desiderasse. Così essa fece chiamare a raccolta tutti i
cacciatori del regno […], e disse loro che aveva sognato un magnifico elefante bianco a sei zanne, e che se il
suo desiderio di possedere queste ultime non poteva venire soddisfatto, sarebbe morta. Scelse per l'impresa
uno dei cacciatori […]. Egli […] dopo un viaggio estenuante durato sette anni, sette mesi, e sette giorni […],
si trovò […] dove il Buddha predestinato e gli altri elefanti vivevano in pace e senza alcun sospetto […].
Quando il Grande Essere passò di lì, l'uomo lo colpì con una freccia avvelenata […]. L'elefante […] chiese al
cacciatore che motivo avesse di ucciderlo. Il cacciatore gli raccontò la storia del sogno della regina di
Benares. Il Grande Essere comprese appieno l'intera vicenda […]. Prese la sega nella proboscide, tagliò le
zanne e le diede al cacciatore […]. Poi morì e venne bruciato su un rogo dagli altri elefanti. Il cacciatore
riportò le zanne alla regina […]. Tenendo in grembo le splendide zanne […], fu pervasa da inconsolabile
dolore, il suo cuore si spezzò ed essa morì quello stesso giorno. Molte epoche più tardi, essa nacque a
Savatthi e si fece monaca. Un giorno si recò con altre sorelle a sentire la dottrina di Buddha.
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LE RELIGIONI Contemplandolo […] si rammentò che un tempo era stata sua sposa, quand'egli era a capo di un branco di
elefanti, e si rallegrò. Ma poi si ricordò anche della propria malvagità, e di come ne avesse provocato la
morte […]; il suo cuore si gonfiò ed essa scoppiò in lacrime […]. La monaca stessa arrivò in seguito alla
santità".
I Mandala sono espressione del cammino e dell’equilibrio che ciascuno deve trovare.
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LE RELIGIONI INDUISMO
La religione di Brahma, Vishnu e Shiva
L'induismo è la religione più diffusa in India. La sua base fondamentale è il ​dharma​, cioè la legge morale,
che serve soprattutto a mantenere l'ordine sociale. I suoi testi sacri sono quasi tutti in sanscrito classico, una
lingua molto antica, ma anche in vedico (una forma ancora più antica). Particolarmente importanti per la
cultura induista sono i due poemi sacri ​Mahabharata e ​Ramayana​, scritti in sanscrito ma tradotti anche nei
vari dialetti indiani. Ogni regione ha proprie tradizioni e cerimonie, ma rimangono in comune le idee della
distinzione fra puro e impuro e della divisione in caste. Vi sono divinità inferiori, legate alle culture religiose
locali, e divinità superiori (Brahma, Vishnu e Shiva, ossia la sacra ​trimurti​"trinità") riconosciute quasi da
tutti
Origini e caratteristiche
Il termine. ​Induismo è una parola inventata verso la fine del 18° secolo dai Britannici ‒ colonizzatori
dell'​India ‒ per indicare la religione praticata, a partire da molti secoli prima della nascita di Cristo, dagli
Indiani (parola la cui origine è a sua volta legata al fiume Indo). L'induismo non ha un fondatore, non ha un
unico testo sacro ‒ come la Bibbia per i cristiani o il Corano per i musulmani ‒ e non ha neppure
un'organizzazione religiosa (non ha infatti le caratteristiche di una Chiesa istituzionale, come nella religione
cristiana).
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LE RELIGIONI L'evoluzione della dottrina. L'induismo non va considerato come un'unica religione, omogenea e compatta.
Le sue caratteristiche ne fanno piuttosto una 'famiglia' composta da religioni diverse, tipiche di alcuni
territori dell'India, anche se poi vi sono principi ispiratori in comune e alcune pratiche abbastanza simili fra
loro. Nel corso dei secoli si sono registrati cambiamenti significativi, soprattutto in relazione alla dottrina
della reincarnazione e della salvezza, come pure nell'ambito della ritualità e delle devozioni in onore delle
divinità.
Il periodo più antico è da collegare alla civiltà nata nella valle del fiume Indo, a nord dell'India, nell'attuale
Pakistan. Le fasi successive sono quelle dette ​vediche​, che iniziarono quasi duemila anni prima di Cristo e si
fondavano sullo studio dei testi sacri chiamati Veda (in sanscrito "conoscenza"). Circa duecento anni prima
dell'era cristiana si sviluppò l'induismo cosiddetto ​classico​, con l'elaborazione delle ​leggi di Manu che
fornivano indicazioni per una giusta condotta. In tale contesto risultava operante il sistema delle caste che
stabiliva l'impurità di un contatto fra appartenenti a caste diverse, cioè a gruppi sociali differenti per ruolo,
prestigio e beni posseduti. Successivo fu l'affermarsi sia del poema epico ​Ramayana ("La storia di Rama")
sia soprattutto della ​Bhagavadgita ("Il canto del Beato"), una sezione del sesto libro dell'altro grande poema
epico, il ​Mahabharata (il poema dei discendenti del re Bharata). Più tardi, nella cosiddetta fase postclassica,
diventarono rilevanti i testi detti ​Purana​, dedicati a Brahma (il creatore), Vishnu (il preservatore) e Shiva (il
distruttore). Tuttavia va precisato che Shiva non era solo la divinità della distruzione ma anche della
rigenerazione.
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LE RELIGIONI Le pratiche religiose
Gran parte della pratica religiosa degli induisti tiene conto del ​karma​, cioè della legge che governa tutte le
azioni degli uomini in relazione alla vita presente e a quella futura: il frutto delle azioni compiute da ogni
vivente determina una diversa rinascita sulla scala degli esseri, e particolari gioie e dolori durante il corso
della vita seguente. All'idea del ​karma è dunque legata quella della reincarnazione, che consente ‒ in una
vita successiva ‒ di nascere in una condizione migliore se la vita precedente è stata condotta nel rispetto del
dharma (ossia della legge morale) e nella devozione verso le divinità, in primo luogo Brahma, l'essere
divino, il potere sacro, presente sia nell'atto del sacrificio compiuto dai sacerdoti sia nel Cosmo, nella natura.
Ma anche Vishnu e Shiva vanno onorati come membri della trinità induista (o ​trimurti​), insieme con
Brahma.
Elementi centrali della religiosità induista sono: il tempio, il culto dei grandi fiumi (il ​Gange​, il cui nome in
hindi è femminile e che viene considerato come una grande madre, lo Jamuna e il mitico Sarasvati, detto
anche fiume della conoscenza, che scorrerebbe sotterraneo e invisibile), la celebrazione ogni dodici anni del
Maha Kumbha Mela ("Festa della brocca", con la quale si raccoglie l'acqua del Gange), le parate degli dei, la
recitazione degli inni sacri, le meditazioni di coloro che praticano lo ​yoga​, le prove cui si sottopongono i
fachiri, i sacrifici in onore dei nobili, gli usi domestici, i matrimoni solenni, il rispetto per le mucche sacre, i
riti di cremazione dei morti.
Un riformatore dell'induismo fu Shankara, filosofo indiano vissuto forse tra il 788 e l'820 d.C. Pensatore
intelligente e dedito all'ascesi (​ascetismo​), fu un vero guru (guida spirituale), capace di raccogliere molti
discepoli e fondare monasteri. Shankara fu anche un attento commentatore del ​Bhagavadgita​.
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LE RELIGIONI I testi sacri
I testi considerati sacri dagli induisti sono in sanscrito, una lingua letteraria in uso nell'antica India già
alcuni secoli prima di Cristo e successivamente conosciuta quasi solo dalle persone più istruite, appartenenti
di solito alla casta dei bramini o brahmani, sacerdoti cioè del dio Brahma. Il ​Mahabharata è forse il testo
più importante ed è noto specialmente per il ​Canto del Beato​. Risalirebbe a tre secoli prima della nascita di
Cristo e si pensa che contenga il nucleo essenziale della dottrina dei Veda, cioè dei testi indo-ariani più
antichi, che erano quattro e precisamente ​Rgveda ("Veda degli inni"), ​Yajurveda ("Veda delle formule per i
sacrifici"), ​Samaveda ("Veda delle melodie") e ​Atharvaveda ("Veda delle formule magiche"). La produzione
dei testi vedici abbraccia un periodo molto ampio che va dal 2000 al 500 a.C. e contiene molti riferimenti
alla natura e alla vita dopo la morte, soprattutto nelle ​Upanishad ("Dottrine segrete"), in cui si parla della
salvezza che libera dalla successione delle reincarnazioni e che consiste nella identificazione fra l'Anima
individuale (​Atman​) e l'Anima universale (​Brahman​). Secondo tale dottrina non basta una vita interamente
religiosa e pura per interrompere il continuo ciclo delle rinascite in altre vite, ma occorre giungere a
riconoscere ciò che rappresenta il ​Brahman (inteso come principio fondamentale dell'Universo) e a
immedesimarsi in esso, realizzando una
stretta unione fra essere umano ed essere
divino.
Il ​Ramayana​, poi, è una raccolta di migliaia
di strofe che risalgono al 2° secolo d.C. e
narrano le imprese di Rama, un'incarnazione
di
Vishnu.
Bhagavadgita
Attualmente
a
però
riscuotere
è
il
maggiore
attenzione, più degli inni e dei formulari
contenuti nei Veda.
Caratteristiche sociali della religione induista
La maggior parte dei seguaci dell'induismo vive in India, che è uno Stato laico, la cui struttura democratica è
orientata verso il rispetto di ogni forma religiosa, senza privilegiare la religione della maggioranza dei
cittadini. Va tuttavia rilevato che nell'India contemporanea permane un forte contrasto tra induisti e
musulmani, che ha dato luogo a scontri anche violenti.
Un altro problema chiave è quello delle distinzioni di casta, strettamente connesse con le concezioni
religiose induiste. A ben considerare, il concetto stesso di ​karma​, posto alla base di ogni attività
dell'induista, è di fatto un ostacolo a ogni tentativo di abolizione o di superamento di quelle differenze e
ingiustizie, che hanno come origine proprio l'ordinamento in caste.
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LE RELIGIONI In alcuni casi, persone particolarmente sensibili al rispetto dei diritti umani preferiscono lasciare la religione
induista per evitare di rafforzare e consolidare le discriminazioni in atto. Al contrario, gli induisti più
tradizionalisti vorrebbero mantenere la situazione esistente per resistere alle influenze esterne del mondo
occidentale. Altri ancora preferiscono conservare i principi generali dell'induismo, ma uniti a una maggiore
attenzione e al rispetto per tutti gli esseri umani.