Inserire testo Inserire testo Concordato preventivo Contratti pendenti e tutele del contraente in bonis A cura dell’Avv. Nicola Traverso I CONTRATTI PENDENTI NEL CONCORDATO PREVENTIVO: LE TUTELE DEL CONTRAENTE IN BONIS 1. I contratti pendenti Nonostante gli evidenti sforzi del legislatore nella ricerca di un soddisfacente equilibrio tra natura liquidatoria e natura negoziale-­‐privatistica della procedura, nonché di bilanciamento dei divergenti interessi dei soggetti coinvolti, in materia di concordato preventivo permangono tuttora ambiti di disciplina di non facile interpretazione e applicazione pratica. Tra questi va sicuramente ricompresa la sorte dei contratti pendenti alla data di presentazione della domanda di concordato. Preliminarmente, giova specificare che secondo dottrina e giurisprudenza consolidata l’espressione “contratti in corso di esecuzione” di cui all’art. 169-­‐bis l.fall. ricomprende tutti i rapporti pendenti alla data di presentazione del ricorso ex art. 161 l.fall. (anche per concordato con riserva), già perfezionati, ma non ancora compiutamente eseguiti né dall’uno né dall’altro contraente, non diversamente da quanto già previsto in tema di fallimento dall’art. 72 l.fall., che parla di “rapporti pendenti” alla data di dichiarazione di fallimento. Al contrario, in presenza di un contratto compiutamente eseguito da una delle parti, non vi sarebbe un contratto pendente, bensì soltanto un credito ad una prestazione vantato da una parte contrattuale verso l’altra (nel caso di adempimento da parte del contraente in bonis, nasce un credito concorsuale per la controprestazione dovutagli; all’opposto, nel caso di adempimento del contraente fallito/concordatario, nasce un credito di quest’ultimo, da soddisfarsi per l’intero). L’imprenditore che intenda accedere a un concordato preventivo può trovarsi dunque in due diverse situazioni rispetto ai contratti in corso di esecuzione. Nessun particolare problema si pone se, fino al momento della pubblicazione del ricorso, il contratto pendente ha avuto da entrambe le parti regolare esecuzione. In questi casi, il debitore può alternativamente scegliere di: a) proseguire regolarmente il rapporto, senza avere il timore che lo stesso possa essere risolto per effetto della procedura concordataria (naturalmente, le obbligazioni che sorgono dopo la pubblicazione dei ricorso devono essere regolarmente adempiute e, anche in ipotesi di successivo fallimento, non saranno revocabili); b) domandare lo scioglimento e/o la temporanea sospensione del contratto. Maggiori riflessioni merita invece l’ipotesi (assi più frequente) di inadempimenti preesistenti alla pubblicazione del ricorso. In questi casi: c) qualora il debitore ritenga che il contratto non sia funzionale all’avvianda operazione di ristrutturazione, potrà domandare lo scioglimento e/o la temporanea sospensione dello stesso (il debito ante concordato già scaduto e l’indennizzo dovuto ai sensi dell’art. 169-­‐bis co. 2, l.fall. saranno soddisfatti come crediti concorsuali); d) qualora il debitore ritenga che il contratto sia invece funzionale all’operazione di ristrutturazione, egli deve operare un distinguo: i crediti sorti dopo la pubblicazione devono essere regolarmente soddisfatti, nel rispetto delle normali scadenze contrattuali, e il piano concordatario deve tenere conto di tali costi, che devono poi essere soddisfatti in prededuzione; i crediti sorti prima della pubblicazione del ricorso, invece, devono considerarsi generalmente come crediti concorsuali e, come tali, devono essere soddisfatti nei tempi, nelle forme e nei modi di cui alla proposta. 2. Tutele del contraente in bonis Quanto alla nozione di “contratti in corso”, va ulteriormente specificato che in questa categoria non possono rientrare i rapporti già risolti prima della presentazione della domanda di concordato/dichiarazione di fallimento, per qualunque motivo: risoluzione consensuale; clausola risolutiva espressa; diffida ad adempiere; preesistenza di una domanda giudiziale di risoluzione. Pare utile richiamare qui le norme disposte in tema di fallimento dall’art. 72, co. 5 l.fall., secondo il quale “l'azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l'efficacia della trascrizione della domanda”. Pertanto, dopo il fallimento del debitore, il creditore non può proporre domanda di risoluzione del contratto, neanche nell’ipotesi di domanda diretta a far accertare, con riferimento ad inadempimento anteriore, l’avveramento di una condizione risolutoria, a meno che la domanda sia stata proposta prima della dichiarazione di fallimento, atteso che la relativa pronuncia produrrebbe effetti restitutori e risarcitori lesivi del principio di paritario soddisfacimento di tutti i creditori e di cristallizzazione delle loro posizioni giuridiche. In tema di concordato preventivo, invece, è il secondo comma dell’art. 169-­‐bis a regolare la condizione del contraente in bonis, nei casi di autorizzazione della sua controparte (già in concordato preventivo o in procinto di accedervi) allo scioglimento o alla sospensione del rapporto. A questo proposito, pare opportuno distinguere tra le varie ipotesi di: 1) prosecuzione; 2) scioglimento; 3) sospensione del contratto. 1) Nel primo caso, il contraente in bonis può agire con azione di adempimento (in applicazione degli ordinari principi di diritto comune) nei confronti della sua controparte che non provveda spontaneamente alle prestazioni (anche anteriori all’ammissione al concordato preventivo), cui sia tenuta ai sensi del contratto pendente. Egli mantiene tale iniziativa anche qualora il debitore in concordato preventivo (e, a maggior ragione, prima dell’ammissione ad esso), se ne sciolga per iniziativa unilaterale non autorizzata. Sempre in applicazione dei principi comuni, il primo può quindi opporre alla seconda, perché inadempiente o perché divenuta insolvente, l’eccezione di inadempimento (art. 1460 cc) o avvalersi della facoltà di sospensione della propria prestazione (art. 1461 cc), così ricorrendo a quei mezzi di autotutela aventi natura di eccezioni dilatorie di diritto sostanziale, volte alla conservazione del rapporto e dell’equilibrio di interessi tra le parti. Se, infatti, la disciplina applicabile ai rapporti giuridici preesistenti nel concordato preventivo è ispirata ai principi di diritto comune, la tutela del contraente non insolvente prevale su quella dell’insolvente. Parte della dottrina, tuttavia, evidenzia la necessità di modulare le tutele del contraente in bonis sulla base della natura del contratto in corso (specie con riferimento alla distinzione tra contratti a esecuzione istantanea e contratti di durata). In particolare, quindi, è stato sottolineato che l’eccezione di inadempimento si fonda sul presupposto della corrispettività tra le prestazioni ed esige le condizioni dell’inadempimento (o della mancata offerta della prestazione) della controparte, della contemporaneità delle prestazioni e della buona fede dell’eccipiente, potendo essere opposta a fronte di un comportamento attuale della controparte medesima, che già comprometta la regolare attuazione del rapporto obbligatorio. L’eccezione di inadempimento pare dunque essere opponibile dal contraente in bonis nel caso di rifiuto dal contraente in procedura del regolare pagamento di prestazioni anteriori ineseguite derivanti da contratti a esecuzione istantanea (in cui la prestazione è unitaria; come la compravendita), senza violazione del principio di concorsualità. Secondo l’orientamento in parola, altrettanto non sarebbe possibile nel caso di inadempimento di prestazioni anteriori nei contratti di durata (come la somministrazione o la locazione), perché le prestazioni derivanti da tali contratti sono scindibili: tutte le prestazioni ineseguite anteriormente al ricorso ricadrebbero pertanto nella falcidia concordataria. Conseguentemente, il contraente in procedura potrebbe ben agire (per l’adempimento o per la risoluzione) nei confronti del contraente in bonis, che per tale ragione rifiuti la propria prestazione. Nell’ambito del concordato preventivo, ai crediti del contraente in bonis per le consegne già avvenute o per i servizi già erogati (nell’ambito di contratti di durata) va dunque attribuita natura concorsuale (salve le ipotesi di unitarietà della causa che leghi le varie prestazioni, come nella vendita a consegna ripartite), se non altro perché non è prevista una norma equivalente all’art. 74 l.fall. in tema di fallimento (“Se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati”). D’altra parte, una conferma indiretta la si può ricavare anche dalla disposizione del quarto comma dell’art. 182-­‐quinquies l. fall., secondo cui, in caso di concordato con continuità aziendale, il debitore “può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi”, a condizione che un professionista qualificato e indipendente attesti “che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori”. È logico ipotizzare che la norma (che diversamente sarebbe stata superflua) si riferisca soprattutto alle somministrazioni di beni e di servizi in corso al momento della presentazione della domanda di concordato ed essenziali appunto per la prosecuzione dell’attività, in cui il somministrante, impegnato a sua volta ad eseguire il contratto di cui non sia stata chiesta dal somministrato né la sospensione, né lo scioglimento, ma creditore per le consegne già avvenute o per i servizi già erogati, a fronte dell’inadempimento del somministrato medesimo, pretenda il pagamento integrale dei suoi crediti pregressi quale condizione per l’adempimento delle sue ulteriori prestazioni (magari mettendo in atto quelle misure cautelative tipiche delle singole erogazioni: ad esempio, la sigillazione dei contatori delle erogazioni dell’acqua, del gas, della corrente elettrica, etc.) che impedirebbero di fatto la stessa continuità aziendale. Infine, la facoltà di sospensione prevista dall’art. 1461 c.c. costituisce la reazione a un dato di fatto, negativamente incidente sulle condizioni patrimoniali della controparte contrattuale e che integra una situazione di pericolo per l’attuazione del rapporto obbligatorio. Tale strumento può sicuramente essere utilizzato dal contraente in bonis nei confronti del contraente in procedura; quest’ultimo in tal caso – ove ritenga opportuno il mantenimento del rapporto – può attuare anticipatamente la propria prestazione o offrire adeguata garanzia. Qualora l’inadempimento della controparte in procedura assuma gravità tale da giustificare la risoluzione contrattuale, il contraente in bonis ben può esperirla. L’azione di risoluzione è pacificamente ammessa nel caso in cui sia promossa prima della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese (analogamente a quanto già previsto per il fallimento ai sensi dell’art. 72, co. 5 l.fall.). Infatti, la risoluzione retroagisce alla data della domanda e prescinde dall’assoggettamento alla procedura concorsuale. È invece discussa l’ammissibilità della domanda di risoluzione promossa dopo la pubblicazione del ricorso, pur a fronte di un inadempimento preesistente. Invero, la soluzione che consente al contraente in bonis di agire per la risoluzione sembra da preferire, posto che le norme sul concordato preventivo (a differenza di quanto accade nel fallimento) non distinguono tra domande avanzate prima o dopo l’avvio della procedura e, in generale, non si rinvengono norme preclusive (d’altra parte, va evidenziato che il debitore può comunque scongiurare tale rischio chiedendo al Tribunale di essere autorizzato a pagare i crediti anteriori per prestazioni essenziali alla prosecuzione dell’attività aziendale, ove ritenuti funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori, come previsto dal comma 4 dell’art. 182-­‐quinquies l.fall.). Le relative conseguenze risarcitorie e restitutorie devono poi essere regolate al di fuori del concorso, per via della formazione del titolo in epoca successiva all’apertura del concordato preventivo, con possibilità di compensazione (ricorrendone i presupposti) delle reciproche partite. Come già accennato in tema di eccezione di inadempimento, parte della dottrina limita la possibilità per il contraente in bonis di agire per la risoluzione contrattuale dopo l’apertura della procedura, soltanto ai contratti ad esecuzione istantanea, e non anche di durata, perché le prestazioni inadempiute (nel secondo caso) sono scindibili e conseguentemente prevale il vincolo della concorsualità. Con riferimento ai concordati preventivi con continuità aziendale, inoltre, parte della dottrina ritiene che sia esclusa la possibilità di risolvere i contratti pendenti da parte del contraente in bonis, vista l’espressa lettera dell’art. 186-­‐bis, co. 3 l.fall. (“i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso […] non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari”). A parere di chi scrive tale esclusione vada riferita alle ipotesi di risoluzione (e alle clausole negoziali aventi lo stesso effetto) legate al mero accesso alla procedura concordataria, e non anche al caso in cui esse si fondino su un inadempimento del contraente in procedura. Ciò detto, riguardo alla possibilità di agire per la risoluzione del contratto pendente successivamente al deposito della domanda di concordato (seppur per inadempimenti anteriori alla stessa), è doveroso sottolineare come non sussistano al momento orientamenti giurisprudenziali sufficientemente consolidati, e come le ricostruzioni qui offerte siano frutto soprattutto dell’elaborazione dottrinale. Infine, qualora l’inadempimento riguardi prestazioni successive all’apertura della procedura, non si pongono invece problemi per alcuna delle parti, per l’inconfigurabilità di violazioni del principio di concorsualità, regolante soltanto le obbligazioni anteriori. 2) Riguardo al caso dello scioglimento del contratto operato dal contraente in procedura, l’art. 169-­‐bis, comma 2 prevede che “il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento” e che “tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato” (quindi da pagare con moneta concorsuale). A questo proposito, si evidenzia soltanto la disparità di trattamento riservata ai crediti dei contraenti in bonis nei rapporti pendenti (degradati da un regime di extraconcorsualità a uno di concorsualità, sia pure autorizzato dal giudice), in particolare nel concordato preventivo con continuità aziendale (l’art. 186-­‐bis, co. 3 richiama infatti la stessa regola contenuta nell’art. 169-­‐bis), rispetto ai crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi, contenuta nell’art. 182-­‐ quinquies, co. 4, dei quali al contrario può essere autorizzato il pagamento (evidentemente in via extraconcorsuale). 3) Nel caso, infine, della sospensione del contratto, è dibattuto se anche il contraente in bonis (laddove la natura del contratto lo consenta: nei contratti di somministrazione di energia o di altri servizi indispensabili, infatti, la sospensione potrebbe risultare impossibile o difficilmente praticabile) possa sospendere la propria prestazione: si propende qui per la soluzione negativa, poiché, altrimenti, la previsione di un indennizzo sarebbe priva di giustificazione. Avv. Nicola Traverso