Lavoro di maturità - Nicolas Cretton Homepage

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Liceo Lugano 2
Astrofisica
Lavoro di maturità
Cinematica centrale delle galassie
Stefano Andreoli Gent Ismaili
23 marzo 2012
Docente responsabile
Nicolas Cretton
Fisica
Liceo di Lugano 2
Esperta scienze e gioventù
Chiara Mastropietro
Savosa
Figura 1: Raffigurazione artistica di un buco nero all’interno di una galassia
(crediti: Gordon Francis Ferri, 2011, riferimento 80)
Indice
1 Galassie
1.1 La sequenza di Hubble . . . . . . . . . . . . . .
1.1.1 L’evoluzione delle galassie . . . . . . . .
1.2 Galassie ellittiche . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Galassie a disco . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.1 Teoria delle onde di densità . . . . . . .
1.4 Galassie irregolari . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5 Forme peculiari . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6 AGN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6.1 Cosa attiva un buco nero supermassivo?
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2 Cinematica interna delle galassie
2.1 Spettro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.1 Righe di emissione e di assorbimento
2.2 Profilo di velocità . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.1 Osservazioni . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Tempo di rilassamento . . . . . . . . . . . .
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I
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3 La materia oscura
3.1 Lo studio di Zwicky . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Lo studio di Vera Rubin . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 In periferia delle galassie . . . . . . . . . . . . . . .
3.4 Lenti gravitazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.4.1 L’ammasso di galassie MACS J1206.2-0847
3.5 Teoria MOND . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.6 Rapporto massa-luminosità . . . . . . . . . . . . .
3.7 Composizione della materia oscura . . . . . . . . .
3.8 Struttura della materia oscura . . . . . . . . . . . .
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4 Simulazioni N-body
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5 Buchi neri
5.1 Evidenze osservative dell’esistenza dei buchi neri
5.2 Nascita di un buco nero stellare . . . . . . . . . .
5.3 Buco nero supermassivo . . . . . . . . . . . . . .
5.3.1 Sfera di influenza . . . . . . . . . . . . . .
5.3.2 Buco nero supermassivo nella Via Lattea
5.4 Buco nero supermassivo in M87 . . . . . . . . . .
5.5 Relazione tra buco nero e la galassia ospitante . .
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6 Modelli dinamici del centro galattico
41
6.1 Modelli non rilassati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
6.2 Modelli rilassati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
7 Dinamica attorno a un SMBH
7.1 Binari supermassivi . . . . . . . . .
7.1.1 Il problema del parsec finale
7.2 Evidenze di binari supermassivi . .
7.2.1 NGC 6240 . . . . . . . . . .
7.2.2 NGC 3393 . . . . . . . . . .
7.3 Binari SMBH e IBH . . . . . . . .
7.4 Kicks . . . . . . . . . . . . . . . . .
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8 Fusione di un binario supermassivo
8.1 Modelli isolati . . . . . . . . . . . .
8.2 Modelli reali . . . . . . . . . . . . .
8.3 Regimi del “loss cone” . . . . . . .
8.4 Le onde gravitazionali . . . . . . .
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9 Interazioni SMBH con stelle e materia oscura
9.1 Distribuzione della materia attorno a un SMBH
9.2 Moto browniano . . . . . . . . . . . . . . . . .
9.3 Evidenze della distruzione del “cusp” . . . . . .
9.4 Espusioni del SMBH . . . . . . . . . . . . . . .
9.5 Dinamiche del gas . . . . . . . . . . . . . . . .
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II
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10 Conclusioni
85
III
Introduzione
L’astronomia è la scienza che studia l’insieme degli eventi celesti, ad esempio
le stelle, le galassie e tutto ciò che si trova al di fuori del nostro mondo e ci
circonda. Questa materia é un campo in piena espansione, soprattutto per le
nuove tecnologie che ci permettono di capire meglio come funzionano l’universo
e i suoi magnifici eventi. Abbiamo scelto questo LAM perché l’abbiamo trovato
molto intrigante, anche se fino a qualche anno fa non conoscevamo neppure il
significato del termine galassia. Un’altro aspetto che ci ha convinti a scegliere
questo LAM é quello che si tratta di un argomento molto innovativo e pieno di
segreti da scoprire.
Studi recenti hanno portato alla scoperta di un buco nero supermassivoo
all’interno di quasi tutte le galassie. Prendendo spunto da questa scoperta nuove
ricerche si stanno sviluppando attorno a questo argomento: quale è l’influenza
causata da questo buco nero sulle parti centrali e su quelle esterne della galassia?
Quindi che coevoluzione esiste tra il buco nero e la galassia? Da cosa dipende la
grandezza del buco nero? Sono tutte domande che affronteremo nella seconda
parte del LAM, citeremo dunque molti articoli di recente pubblicazione, perchè
come abbiamo detto prima questo argomento è innovativo e aperto a nuove
teorie. Inoltre ci sarà una breve introduzione sulle interazioni tra galassie su
cui svilupperemo il discorso dei buchi neri supermassivi binari: quando due
galassie interagiscono, anche i buchi neri dovrebbero fare lo stesso, quindi in
che modo questi ultimi interagiscono e soprattutto modificano la dinamica della
galassia? Si tratta di argomenti molto complessi, che richiederanno ancora del
tempo ed ulteriori accurate osservazioni prima che se ne possa sviluppare una
teoria attendibile. Questo sono le problematiche sulle quali ci soffermeremo e
che cercheremo di sviluppare.
In particolare nel capitolo 1 studieremo le galassie, come sono classificate,
la loro struttura e composizione e altri interessanti aromenti che le riguardano,
anche molto innovativi.
Nel capitolo 2 ci occuperemo, invece, della cinematica interna delle galassia,
un vasto argomento molto complesso e fondamentale per lo studio di fenomeni
legati alle galassie.
Nel capitolo 3 studieremo la materia oscura, una componente di recente
scoperta che copre un ruolo fondamentale nelle galassie.
Nel capitolo 4 parleremo delle simulazioni N-body che sono fondamentali per
lo studio dei fenomeni legati ai buchi neri.
Nel capitolo 5 parleremo di buchi neri, la loro nascita e evoluzione, le loro
evidenze e anche un tipo di buco nero particolare, quello supermassivo. Illustreremo, inoltre, qualche esempio e la relazione che esiste con questo tipo di buco
nero e la galassia ospitante.
Nel capitolo 6 illustriamo il grande enigma del centro galattico della nostra
galassia, cioè la Via Lattea, un argomento molto innovativo e al centro di molti
studi, poichè facilmente osservabile e studiabile. Inoltre è da dire che si tratta
di un argomento ancora aperto e in piena discussione.
IV
Nel capitolo 7 ci occuperemo, invece, più in generale di quella che è la dinamica di un buco nero supermassivo, i vari fenomeni legati ad esso e quindi
anche le possibili forme in cui si presenta, in particolare gli eventi di interazione
tra due buchi neri, dove implicati sono diversi generi di buchi neri.
Nel capitolo 8 entremo nei particolari delle fusioni tra buchi neri supermassivi, il loro tempo di coalescenza e le varie fasi di fusione, naturalmente anche tenendo conto dei fenomeni esterni, fondamentali anche quest’ultimi.
Inoltre vedremo anche la distribuzione della materia attorno a SMBH e a binari
supermassivi, il fenomeno di espulsione del buco nero e il movimento del binario.
Infine nel capitolo 10 illustreremo le conclusioni.
V
Ringraziamenti
Un caloroso ringraziamento va al professore Nicolas Cretton che ci ha aiutato e
assistito durante tutto il lavoro, oltre ad averci proposto e fornito il materiale
necessario per sviluppare questo magnifico argomento.
Un ringraziamento anche alla nostra esperta di scienze e gioventù Chiara Mastropietro che, oltre ad averci dato consigli molto utili, ci ha aiutato a
completare il nostro lavoro.
VI
1 GALASSIE
1
Figura 2: NGC 4414, galassia spirale nella costellazione della Chioma di Berenice
(crediti: W. Freedman , L. Frattare et al., riferimento 81)
1
Galassie
La galassia (figura 2) è un sistema gravitazionalmente legato composto da stelle, nebulose (gas interstellare e resti di stelle), buchi neri e di un altra sostanza
chiamata materia oscura (verrà approfondita nei prossimi capitoli). Le origini del significato derivano dal greco “galaxìas”, che significa di latte, latteo,
evidentemente riferite alla nostra galassia, la Via Lattea.
Nella prima parte di questo lavoro ci occuperemo di approfondire quelle
proprietà caratteristiche delle galassie cosicchè potremmo proseguire verso ciò
che è il nucleo di questo lavoro.
Una galassia a livello di struttura può essere paragonata al nostro sistema
solare. La maggior parte della massa totale è concentrata al centro, detto anche
nucleo, dove la densità stellare è molto elevata, mentre allontanandosi verso l’esterno la densità tende a diminuire fino all’estremità della galassia. Le galassie
non sono tutte regolari come si può immaginare, ma possono avere irregolarità
(ad esempio grandi braccia o tridimensionalità) e per questo motivo esistono
diversi criteri di classificazione. Una di queste è la grandezza e per determinarla si tiene conto della quantità di stelle presenti in una galassia. Si parte
con le galassie nane con meno di 107 stelle e si arriva alle galassie giganti con
1014 stelle. Prevedibilmente, da questa classificazione si può derivare anche la
massa, che solitamente è espressa in M⊙ , cioè in masse solari (le galassie varia-
1 GALASSIE
2
no da 105 a 1012 M⊙ ). Un’altra importante classificazione è quello che si basa
sulla luminosità, espressa in L⊙ , cioè in luminosità del Sole. Le galassie meno
luminose sono quelle che hanno una luminosità di 105 L⊙ , mentre quelle più
luminose sono le galassie iperluminose con 1011 L⊙ . Quest’ultime sono molto
interessanti dato che hanno un’attività molto intensa di formazione di stelle. La
maggior parte delle galassie emette il 99% della propria luminosità in infrarossi
ed è un dato importante per capire la loro evoluzione. Nel prossimo capitolo ci
soffermeremo sulla classificazione di Hubble che ci permetterà di distinguere in
modo significativo le galassie.
Nell’ universo che possiamo osservare le galassie presenti sono circa 100 miliardi, un dato affatto trascurabile visto che al di là dell’universo osservabile
potrebbero trovarsene infinite. Una quantità così grande di galassie permette di
avere una vasta gamma di eventi molto interessanti e nel frattempo importantissimi per l’evoluzione delle galassie. Il diametro di una galassia solitamente
viene misurato con l’unità di misura “parsec”, significa “parallasse di un secondo d’arco”, cioè la distanza della Terra (o del Sole) da una stella che ha una
parallasse annua1 di 1 secondo d’arco e corrisponde a:
360 · 60 · 60 ÷ 2πUA = 2.062 · 105 UA = 3.085 · 1016 m
Il motivo di questo calcolo si può osservare nella figura 3.
Solitamente il “parsec” è usato per
la misura del diametro delle galassia,
mentre il “megaparsec” per la distanza tra due galassie. Nello spazio intergalattico la densità di gas è molto
bassa, circa 1 atomo per metro cubo. All’interno di ogni galassia ci sono regioni in cui avviene la formazione
stellare. Queste zone sono le nebulose
che possiedono una grande quantità
di gas e questo evento è causato soprattutto dal gas ionizzato (idrogeno
ionizzato), che dà forma a regioni di
anni luce di diametro. Altre proprie- Figura 3: Illustrazione di un parsec. S è
tà sono rappresentate nella tabella 1. il Sole, T è la Terra, e P è una stella imBisogna sottolineare che la massa ri- maginaria che si trova a distanza di un
portata nella tabella non tiene conto parsec dal sole e con un angolo di 1 sedella materia oscura.
condo con la Terra. Inoltre si può anche
1.1
La sequenza di Hubble
vedere che la distanza tra Terra e Sole
è 1 unità astronomica (crediti: Meanos,
2007)
La sequenza di Hubble è un importante classificazione delle galassie per1 Il
valore dell’angolo di spostamento in un anno
1 GALASSIE
Tipo
3
a disco
Massa
(M⊙ )
da 109 a 1011
Luminosità
(L⊙ )
da 108 a 1010
Diametro
(kpc, 103 pc)
5-250
ellittiche
irregolari
da 105 a 1013
da 108 a 1010
da 105 a 1011
da 107 a 109
1-205
1-10
Popolazione
stellare
popolazione
I (disco)
popolazione
II (alone)
popolazione II
popolazione I
Percentuale
(%)
77
Tabella 1: Proprietà conosciute delle galassie (fonte: wikipedia, “la sequenza di
Hubble”, riferimento 82)
Figura 4: Sequenza di Hubble (crediti: Vincenzo Zappalà, 2010, riferimento 83)
20
3
1 GALASSIE
4
ché grazie alla sua semplicità permette una netta distinzione tra i tipi di galassia. Questa classificazione morfologica
è stata sviluppata da Edwin Hubble nel 1936. Le galassie sono suddivise in 3
grandi gruppi: ellittiche, a disco e irregolari. Le galassie ellittiche sono a loro volta suddivise in 7 categorie a seconda della loro ellitticità apparente. Le
galassie a disco (non tutte le galassie appartenenti a questo gruppo possiedono
una spirale) sono suddivise ulteriormente:
• galassie lenticolari (S0 o SB02 ): sono galassie che hanno un disco contenente poca materia interstellare o addirittura assente, quindi hanno già
consumato tutta la materia per la formazione stellare e la loro attività è
ridotta. Le stelle contenute nella galassia sono vecchie e quindi anche la
luminosità è bassa. Inoltre queste galassie non mostrano alcuna struttura
a spirale.
• galassie a spirale: regolari (Sa, Sc e Sd), barrate (SBa e Sbd) e intermedie (SAB). Come si può ossevare nella figura 4, questo tipo di galassie è
indicato con la S, seguita dalle lettere a,b,c... indicanti lo spessore delle
braccia e del bulge centrale3 .
Infine esistono anche delle galassie senza forme regolari 4 , chiamate irregolari.
Nella sequenza di Hubble bisogna dire che non vengono riconosciute due caratteristiche molto importanti delle galassie, ossia il tasso di formazione stellare
nelle galassie starburst e l’attività nel nucleo delle galassie attive.
Nella figura 4 possiamo notare che la sequenza di Hubble si muove verso
destra, infatti lo scienziato pensava che le galassie ellittiche fossero una forma
giovane, invece oggi si pensa che il diagramma dovrebbe essere posto in maniera
inversa, collocando le galassie a spirale come modelli originari. Nel prossimo
capitolo sono illustrati i risultati delle teorie moderne.
1.1.1
L’evoluzione delle galassie
Un Team europeo guidato da François Hammer (Hammer et. al, 2009), per
la prima volta, ha creato un censimento demografico di tutti i tipi e le forme
di galassie in due epoche distinte, 6 miliardi di anni fa e oggi. Questo è stato
possibile analizzando galassie del gruppo locale5 , quindi galassie che si trovano
molto vicino a noi e la loro forma può essere considerata quella attuale, e galassie
distanti 6 miliardi di anni luce, delle quali possiamo osservare la forma nel
passato (questo fenomeno avviene perchè la luce impiega del tempo ad arrivare
a noi, quindi se osserviamo una galassia lontana 6 miliardi di anni luce, la luce
impiega lo stesso tempo ad arrivare a noi e quindi vediamo la forma che aveva
6 miliardi di anni fa) e discuterne le differenze. Le galassie analizzate erano un
2 dove
B sta per barrate
significa nucleo più grande e braccia strette, mentre “c” nucleo piccolo e braccia piccole
4 Le interazioni con altre galassie ne sono probabilmente la causa
5 Le galassie del gruppo locale sono circa una trentina. Il loro centro gravitazionale è la Via
Lattea e la galassia Andromeda, e ricoprono un raggio di 10 milioni di anni luce.
3 “a”
1 GALASSIE
5
totale di 264, 116 galassie locali e 148 distanti. Le osservazione sono state svolte
con il telescopio spaziale Hubble della NASA, ESA.
Il risultato è stupefacente (figura 5), 6 miliardi di anni fa c’erano molte
più galassie peculiari e meno galassie spirali, questo significa che molte galassie
peculiari devono essere diventate galassie spirali. Il problema è capire come
queste abbiano fatto ad evolvere in questo modo, gli astronomi pensano che
questo fenomeno sia stato possibile attraverso le collisioni e le fusioni di queste
galassie. Si pensava che questo tipo di eventi dessero origine a galassie con una
struttura di tipo ellittico (cosa che non era sostenuta dall’ipotesi della sequenza
di Hubble), i nuovi studi sembrano stravolgere questa teoria. La fusione di due
galassie di tipo peculiare (quindi irregolare) sembrerebbe produrre una struttura
regolare come quella delle galassie spirali. Anche la nostra Via Lattea, anche se
sembrerebbe non avere avuto un passato violento, potrebbe essere il risultato
di uno o di più di uno di questi fenomeni. Invece la nostra galassia vicina,
Andromeda, sembrerebbe avere avuto un passato piuttosto violento e con diverse
collisioni si sarebbe “ricostruita” attraverso le fusioni.
1.2
Galassie ellittiche
Le galassie ellittiche sono classificate, secondo la loro ellitticità apparente. Essa
viene calcolata nel seguente modo:
f =1−
b
a
(1)
dove f sta per l’ellitticità, a per il semiasse maggiore e b per il semiasse
minore. Possiamo dire che se b = a allora l’ellitticità della galassia è pari a 0,
questo significa che sarà una E0, mentre galassie E7 avranno una ellitticità
molto elevata, quindi ci sarà una grande differenza tra il semiasse maggiore e
quello minore. Una galassia ellittica deve avere le seguenti proprietà per essere
considerata tale:
• colore giallo-rosso
• momento angolare assente o ridotto (quindi poca rotazione globale)
• braccia a spirale assenti o ridotte
• ammassi aperti assenti o molto ridotti
• stelle giovani assenti (presenza di stelle vecchie, di colore giallo-rosso)
Da queste proprietà possiamo dedurre che le galassie ellittiche sono galassie
vecchie, hanno poco materiale interstellare e di conseguenza un tasso ridotto
di formazione stellare. Le galassie ellittiche variano molto di forma, vanno da
quasi sferiche a molto allungate, mentre il numero di stelle varia da centinaia
di milioni a più di un trilione. Malgrado queste galassie siano vecchie, non sono
1 GALASSIE
6
Figura 5: Figura che illustra le forme e i tipi di galassie a due epoche, a 6
miliardi di anni fa e oggi con le diverse percentuali dei vari tipi (crediti: R.
Delgado-Serrano e F. Hammer, 2010, riferimento 84)
1 GALASSIE
7
Figura 6: Galassia ellittica M-87 nell’ammasso della Vergine (crediti: Robert
Nemiroff (MTU) & Jerry Bonnell (UMCP), 2007, riferimento 85)
1 GALASSIE
8
Figura 7: Il volume del profilo di densità stellare di una galassia a spirale (linea
blu tratteggiata) e di una ellittica (linea rossa tratteggiata), le linee tratteggiate
indicano i profili di densità iniziali (all’inizio della simulazione) e sono quelle
che ci interessano. Inoltre le galassie analizzate in questo grafico sono di tipo
gigante (g). Per entrambi gli assi vengono usate misure in scala logaritmica
perchè la densità diminuisce esponenzialmente al aumentare del raggio (autori:
P. Di Matteo, F. Combes, A.-L. Melchior e B. Semelin, 2007, riferimento 86)
il tipo dominante nell’universo visto che sono solo il 3% di tutte le galassie. Di
questa percentuale possiamo dire che le galassie ellittiche nane (dE) sono le più
numerose. Sono oggetti molto piccoli e solitamente sono in associazione con
galassie più grandi. Una grande differenza tra le galassie a spirale e ellittiche
si riscontra nella distribuzione delle stelle: come caratteristica primaria di una
galassia il nucleo è la parte più densa della struttura, ma se ci si allontana si
trova una differenza nella distribuzione di massa dei due tipi di galassie. Le
galassie a spirale hanno un profilo radiale di densità di tipo esponenziale (in
un grafico logaritmico diventa una retta), mentre le ellittiche possono essere
approssimate a un profilo chiamato di king, che al centro presenta un cuore e
una decrescita a grandi raggi, che comunque non è molto differente dalle spirali
(vedi grafico 7).
Esistono due tipi di galassie ellittiche a livello fisico (figura 8): le galassie
giganti di forma più “quadrata” (boxy), le ellittiche a bassa luminosità si mantengono isotropiche e rotazionali, con una piccola rotazione degli assi minori e
una mutazione a disco delle loro forme isofote da ellissi perfette (Bender 1988,
1 GALASSIE
9
Figura 8: L’immagine in alto mostra una galassia ellittica più appiattita (NGC
4660), mentre nell’immagine sotto abbiamo un’ellittica di forma più quadrata,
detta anche “boxy” (NGC 5322), le due immagini a destra mostrano la forma di queste galassie, o meglio la loro ellitticità, mentre quelle a sinistra la
distribuzione stellare (crediti: Bender et al. 1998).
Bender, Döbereiner, e Möllenhoff 1988; Kormendy & Bender 1996). Invece Galassie ellittiche ad alta luminosità sono anisotropiche, hanno lente rotazioni con
grandi rotazioni del asse minore, sono isofote “quadrate”, e hanno anche cinematicamente dei nuclei distinti. Considerando la cinematica di molte galassie
ellittiche è più comodo e semplice approssimarle a ellissi sopprattutto dal punto
di vista dei calcoli. Inoltre si può dire che molte galassie di questo tipo mostrano
delle cosiddette “isophotal twists” 6 che conferiscono alla struttura una triassialità non di poco conto. Le stelle nella galassia presentano un moto casuale,
mentre all’interno del nucleo i movimenti rotazionali delle stelle sono minimi e
ciò conferisce alle galassie ellittiche la tipica forma sferica, inoltre quest’ultime
quando sono piccole, quindi come le galassie nane, presentano una maggiore
rotazione.
1.3
Galassie a disco
Le galassie a spirale (vedi figura 9) sono galassie numerose nell’universo. Possiedono un “bulge” (centro o nucleo) di densità elevata ed è costituito per la
maggior parte di stelle vecchie (popolazione II, di colore rosso), per questo motivo vi è un’attività ridotta o assente di formazione stellare, tralasciando gli
6 Torsioni
superficiali
1 GALASSIE
10
Figura 9: Rappresentazione della Via Lattea (crediti:“nevadaspacegrant”, 2010)
AGN7 . Spostandosi verso l’esterno si trovano il disco, costituito da stelle giovani (popolazione I, di colore blu), ammassi aperti e gas interstellare. Molte
galassie a spirale, tralasciando quelle lenticolari e rare eccezioni, possiedono due
braccia che dal nucleo si estendono attorno ad esso in maniera molto simile a
quella logaritmica. Queste braccia hanno un’elevata densità di materia, di conseguenza sono ben visibili e sono il luogo di una attività elevata di formazione
stellare. A differenza delle galassie ellittiche queste galassie hanno un momento
angolare considerevole. Esistono due tipi di galassie a spirali: le galassie spirali semplici e quelle barrate. L’unica differenza è che i bracci delle galassie a
spirale barrate non partono direttamente dal nucleo, ma da una barra che lo
attraversa. Nella sequenza di Hubble sono indicati con SB. La nostra galassia,
la Via Lattea, è un buon esempio di galassia a spirale barrata di diametro di
circa 24 kpc. Si pensa che la barra sia un evento dovuto a un’onda di densità che
irradia in direzioni opposte dal nucleo, oppure dovuto all’interazione con altre
galassie. Una delle ipotesi attuali è che la struttura a barre agisca come una
sorta di vivaio stellare, alimentando la nascita di stelle al centro (riferimento
17). Questo processo potrebbe spiegare perché molte galassie a spirale barrate
avrebbero nuclei attivi (vedi capitolo 1.6), dopo questo evento temporaneo le
galassie a spirale barrate tenderebbero a formare una spirale, il problema però
è che la maggiore parte delle galassie spirali sono barrate, quindi non c’è ancora
una spiegazione per questo fenomeno.
7 Galassie
con nucleo attivo
1 GALASSIE
11
Figura 10: Figura che illustra l’applicazione della teoria delle onde di densità
alla formazione di braccia a spirale nelle galassie a disco (crediti: “tumblr”, 2005,
riferimento 87)
1.3.1
Teoria delle onde di densità
La teoria delle onde di densità o “Density wave theory” è stata proposta da due
scientziati (Lin e Shu, 1964, riferimento 18) e proverebbe a spiegare la struttura
dei bracci a spirale delle galassie spirali. Inizialmente l’ipotesi che nelle braccia di
una galassia vi era massa era accettata, però questo non poteva spiegare perchè
le braccia non continuavano ad avvolgersi su se stesse fino alla loro scomparsa.
Questo fenomeno è dovuto al fatto che la velocità della massa all’interno della
galassia è più elevata che all’esterno. Questo problema è anche chiamato “the
winding problem”. I due scienziati proposero che la struttura a spirale del disco
potesse essere interpretata come un’onda di densità, come un’oscillazione che si
propaga attraverso il disco. Grazie alla meccanica ondulatoria si è giunti a dire
che le stelle approssimativamente seguono delle orbite ellittiche attorno al bulge
della galassia, quindi tutte le stelle presenti al suo interno, mentre orbitano,
tendono a stare più tempo all’esterno dell’orbita ellitticca. Questo fenomeno fa
si che si creino delle fasce più dense che nel resto della galassia, questi eventi sono
chiamati onde di densità. Questa teoria eviterebbe l’avvolgimento delle braccia
e spiegherebbe la forma delle attuali, infatti a dipendenza della disposizione
delle orbite (quindi con la formazione di diverse onde di densità) si creano (vedi
figura 10) le galassie spirali barrate (d) e le galassie spirali (c), mentre senza
alcuna struttura (a) e solo con la barra (b).
1 GALASSIE
12
Figura 11: Galassia nana irregolare NGC 1569 nella costellazione della Giraffa, si
può osservare un fenomeno di starburst (crediti: NASA/ESA, Hubble Heritage
(STScI/AURA), 2010)
1.4
Galassie irregolari
Le galassie irregolari (vedi figura 11) non hanno alcuna forma regolare. Molte
non possiedono nè un nucleo definito nè alcuna traccia di struttura a braccia.
Per la maggior parte queste galassie possiedono stelle giovani (popolazione I),
gas e polvere interstellare. Secondo la sequenza di Hubble esistono due tipi
di galassie irregolari: le Irr I e le Irr II. Le prime possiedono una struttura,
detto meglio una simmetria appena visibile, però non è definita chiaramente,
quindi non possono fare parte della categoria delle galassie ellittiche o a disco.
Le seconde non presentano una struttura, cioè una simmetria, e non possono
essere inserite nella sequenza di Hubble. La domanda più opportuna adesso
è la seguente: come si sono formate queste galassie? Una delle ipotesi più
riconosciute è la seguente: solo nell’universo osservabile esistono 100 miliardi
di galassie circa, le interazioni tra galassie dovute all’effetto gravitazionale sono
frequenti e molto probabilmente le galassie irregolari hanno avuto un’interazione
tanto importante da modificare la struttura a tal punto da non avere più un
nucleo e eventualmente braccia. Queste galassie rappresentano all’incirca un
quarto di tutte le galassie.
1.5
Forme peculiari
Grazie alle interazioni tra galassie, nell’universo esiste un’immensa varietà di
forme. Tra queste ce ne sono di spettacolari, ad esempio le galassie ad anello
(la più nota è l’oggetto di Hoag, figura 12). Queste galassie contengono stelle
blu giovani (popolazione I), massicce e molto brillanti in grande presenza nel-
1 GALASSIE
Figura 12: L’oggetto di Hoag, una galassia ad anello (crediti:
(STScI/AURA), Hubble Heritage Team, NASA, 2002)
13
R.Lucas
l’anello, mentre nel bulge ci sono stelle rosse che sono più vecchi. Per spiegare
la formazione di questo oggetto e delle altre galassie simili si pensa che una
galassia di piccole dimensioni abbia attraversato il centro di una galassia più
grande. Solitamente lo spazio interstellare in una galassia è abbastanza grande
e alcuni eventi come lo scontro tra stelle sono relativamente rari, però durante
questa interazione violenta le forze gravitazionali avrebbero generato un’onda
di formazione stellare che si sarebbe diffusa attraverso l’intera galassia di dimensioni maggiori provocando l’anello visibile formato da giovani stelle brillanti
massicce. Altre teorie spiegano l’anello come accrescimento di gas interstellare
su una galassia a disco.
1.6
AGN
AGN (figura 13) è l’abbreviazione di “active galactic nucleus”, che significa
nucleo galattico attivo. Questo nucleo è particolare dal punto di vista della
sua intensa luminosità che si estende su tutto lo spettro elettromagnetico: onde
radio, raggi infrarossi, onde visibili, raggi ultravioletti, raggi X e gamma. Si
pensa che l’AGN (la cui struttura è presentata nella figura 14) sia dovuto a un
buco nero supermassivo che ha una massa compresa tra 1 milione e 1 miliardo
M⊙ all’interno della galassia chiamata “attiva” che continua a crescere di massa,
attirando molto materiale. L’AGN è dovuto all’attivazione di questo buco nero.
Il materiale freddo che si trova vicino al buco nero tende a cadere verso il
1 GALASSIE
14
Figura 13: AGN nella galassia M87 o galassia Virgo A o NGC 4486 presente nella costellazione della Vergine (crediti: NASA e Hubble Heritage Team
(STScI/AURA), 2005)
buco nero, però il suo momento angolare la costringe a formare un disco di
accrescimento, questo è dovuto anche a dei processi dissipativi. Il disco di
accrescimento si riscalda molto (per via dell’attrito) e la materia si trasforma
in plasma che produce un forte campo magnetico e emette raggi X. A volte il
disco di accrescimento può creare due getti, perpendicolari ad esso e opposti uno
all’altro (ai poli). Con il processo di formazione di questi getti, la materia viene
trasformata in grande parte in energia (quasi il 50% di essa). A dipendenza da
dove viene visto l’AGN vengono dati tre nomi: “radio galaxies”, quasars(“Quasistellar radio sources”) e blazars (“blazing quasi-stellar object”). Quando il gas
e la polvere attorno al buco nero sono finiti, allora esso tende a smettere di
emettere radiazioni X e la galassia torna “normale”.
1.6.1
Cosa attiva un buco nero supermassivo?
Cosa rende attivo un buco nero che poi formerà un AGN? Studi recenti hanno
confermato la presenza di buchi neri supermassicci8 al centro della maggior
parte, se non tutte, delle galassie. Il buco nero all’interno di queste galassie può
essere attivo o inattivo come nella Via Lattea. Un buco nero attivo attira a sè
molto materiale e emette molte radiazioni in questo processo. Ma il vero mistero
è come e quale materiale rende attivo il buco nero. La prima ipotesi fu quella
che durante le fusioni di due galassie il materiale mandato in frantumi diventa
la benzina del buco nero, attivandolo. Da uno studio recente (portato avanti
da Viola Allevato e un team internazionale di scienziati della collaborazione
COSMOS, articolo “The XMM-Newton Wide field survey in the COSMOS field:
redshift evolution of AGN bias and subdominant role of mergers in triggering
8 dimensioni
pari a milioni o addirittura miliardi di M⊙
1 GALASSIE
15
Figura 14: AGN, mostra il buco nero supermassivoo, i due jet emessi dal buco
nero e il disco di accrescimento. Inoltre l’AGN viene chiamato in 3 modi diversi
a dipendenza dell’angolo con cui lo si osserva (crediti: Aurore Simonnet, 2007)
moderate luminosity AGN at redshift up to 2.2”, 2011) sono stati trovati nuovi
risultati che direbbero il contrario di questa prima ipotesi. Osservando più di
600 galassie “attive” hanno trovato solo alcuni AGN davvero brillanti. Ci fu
però una sorpresa, i nuovi dati mostrano che la maggior parte di queste galassie
“attive” meno brillanti, osservando galassie di questo tipo, ma molto più lontane
(quindi di molto tempo fa), non riportano eventi di fusioni con altre simili.
Le osservazioni sono state possibili grazie al telescopio di ESA XMM-Newton,
visto che la presenza degli AGN è rivelata dai raggi X. Invece con il “Very
Large Telescope” di ESO si è riusciti a misurare le distanze di queste galassie.
Grazie a queste osservazioni il Team è riuscito a fare una mappa tridimensionale
(figura 15) che mostra la posizione delle galassie “attive”. Da questa mappa gli
astronomi sono in grado di osservare la distribuzione di queste galassie e compare
i risultati con la teoria, inoltre si può anche vedere come questa distribuzione
cambia nel corso del tempo9 . La sorpresa fu che la maggior parte degli AGN
furono trovati nelle galassie con molta materia oscura, cosa che non era prevista
dalla teoria. Se la maggior parte di AGN doveva essere la conseguenza di fusioni
e collisioni tra galassie, allora il risultato aspettato era che essi si trovassero in
galassie con delle masse moderate. Il Team scoprì che le galassie in cui risiedono
gli AGN hanno masse pari a 20 volte in più di quelle previste nella teoria. La
conclusioni di questo Team fu che i buchi neri all’interno delle galassie si attivano
9 All’incirca
da 11 miliardi di anni fa ad oggi
2 CINEMATICA INTERNA DELLE GALASSIE
16
Figura 15: Mappa che mostra i buchi neri supermassivi con le quattro freccie
rose rossa (crediti: CFHT/IAP/Terapix/CNRS/ESO, 2011)
non per fusioni o collisioni tra galassie, ma con processi che avvengono nella
galassia stessa, per esempio tramite starbust o instabilità del disco.
2
2.1
Cinematica interna delle galassie
Spettro
Lo spettro è la figura di diffrazione creata dalla luce bianca che si disperde in un
prisma o in un reticolo di diffrazione dando origine a una gamma di colori (figura
16). Solitamente viene indicato con l’intensità elettromagnetica in funzione
della frequenza o della lunghezza d’onda λ. Le lunghezze d’onda variano a
dipendenza dei fenomeni fisici che si manifestano ed emettono delle radiazioni
elettromagnetiche. Lo spettro è molto importante in analisi spettografica poichè
può suggerire informazioni sulla temperatura del corpo che ha emesso quel tipo
2 CINEMATICA INTERNA DELLE GALASSIE
17
di radiazione elettromagnetica e sulla sua velocità. Se lo spettro emesso da
una sorgente luminosa presenta tutti i colori di esso, allora è chiamato spettro
d’emessione continuo.
2.1.1
Righe di emissione e di assorbimento
Le galassie o le stelle hanno degli spettri elettromagnetici che mostrano delle
linee spettrali (o righe spettrali, figura 17) a frequenze ben definite, che possono
essere righe di assorbimento (più scure) o righe di emissione (più brillanti). Esse
sono determinate dall’oggetto osservato, quindi dagli elementi che lo compongono. Le linee spettrali di emissione di ogni oggetto sono associate alle energie
necessarie ad eccitare gli elettroni dei vari elementi chimici per fare cambiare la
loro orbita in una più interna, cosicchè emettano energia sotto forma di luce. La
differenza di energia e la lunghezza d’onda della radiazione emessa o assorbita
sono legate tra loro secondo la relazione:
h·c
(2)
λ
dove E è l’energia, h è la costante di Planck, c è la velocità della luce e λ è la
lunghezza d’onda della luce emessa. L’effetto Doppler sposta la lunghezza d’onda delle righe se la stella (o la galassia) si muove rispetto a noi: le linee spettrali
non si trovano alle frequenze ottenute utilizzando una sorgente stazionaria. La
differenza di frequenza può essere tradotta in velocità nel seguente modo:
E=
�λ
v
=
λ
c
così grazie allo spettro elettromagnetico di un oggetto lontano e attraverso l’effetto Doppler si può calcolare la sua velocità di allontanamento o di avvicinamento.
2.2
Profilo di velocità
Quando noi osserviamo una galassia al telescopio ci appare piatta alla nostra
vista, però noi sappiamo che è un oggetto a tre dimensioni. Quindi quando noi
la osserviamo in un certo punto, osserviamo la sua luminosita’ integrata lungo
la linea di vista, cioe’ alla luminosita’ che osserviamo contribuiscono tutte le
stelle situate lungo la linea di vista. Si può rappresentare in un’istogramma la
distribuzione di velocità delle stelle che sono comprese in quella linea di vista o
che cadono in quella linea di vista. La figura 18 mostra un’istogramma la cui
miglior curva ci da il profilo di velocità10 .
Solitamente i profili di velocità stellari delle galassie hanno una forma gaussiana e per descriverli si usano i seguenti parametri:
10 LOSVD:
Line of sight velocity distribution
2 CINEMATICA INTERNA DELLE GALASSIE
18
Figura 16: Immagine che illustra la separazione della luce bianca nelle sue
componenti, dando origine allo spettro visibile che è contenuto nello spettro
elettromagnetico (crediti: Alessandro Sacco, 2009, riferimento 88)
2 CINEMATICA INTERNA DELLE GALASSIE
19
Figura 17: Linee di emissione e linee di assorbimento confrontate con uno spettro
continuo (crediti: wikipedia 1 giugno 2007 da “Jhausauer”)
Figura 18: Esempio di un istogramma che misura la distribuzione della velocità stellare (crediti: Sevenster, Chapman, Habing, Killeen e Lindqvist, 2005,
riferimento 89)
2 CINEMATICA INTERNA DELLE GALASSIE
20
• velocità media: solitamente questo parametro indica la velocità media di
tutte le stelle presenti in una linea di vista e si calcola nel seguente modo:
�
vi
vmedia =
(3)
N
• dispersione di velocità: questo momento solitamente è rappresentato dalla
lettera “σ” e misura la larghezza del profilo di velocità che abbiamo visto
sopra. La dispersione di velocità è definita come:
��
2
(vi − vmedia )
σ=
(4)
N −1
• Lo skeewness e il kurtosis: il primo indica l’assimetria della LOSVD,
mentre il secondo l’indice di appiattimento della stessa.
2.2.1
Osservazioni
La materia oscura (capitolo 3) è una materia che non si vede, ma interagisce
unicamente tramite la gravità con la materia ordinaria. La maggiore evidenza
di questa componente è data dalla velocità di rotazione delle galassie. Il moto
di oggetti come pianeti e stelle attorno a un centro di massa è di tipo kepleriano
per un punto di massa centrale (per le galassie perchè esse hanno il 90% della
loro massa nel bulge), la velocità orbitale di questi corpi sottoposti alla gravità
è data dalla relazione:
v=
�
G·M
r
� 12
(5)
dove M è la massa del corpo centrale, G la costante di gravitazione univer2
sale, cioé 6,67 × 10−11 Nkgm2 , v e r sono la velocità e il raggio e sono in valore
assoluto. Questa relazione deriva da:
G·M ·m
v2
=
m
·
= Fcentripeta
(6)
r2
r
Le due figure nella figura 19 illustrano le velocità orbitali dei pianeti del sistema
solare e la curva di rotazione della Via Lattea.
I dati parlano chiaro, a destra della figura 19 il moto delle stelle non segue
la teoria in cui la velocità orbitale dovrebbe diminuire man mano che ci si allontana dal centro della galassia. Newton ci insegna come varia la forza di gravità
in funzione della distanza dal centro di massa. Sulla superficie terrestre percepiamo una data gravità, più ci allontaniamo più la gravità diminuisce in modo
direttamente proporzionale a r12 (quindi inversamente proporzionale al raggio
al quadrato). Questo per quello che riguarda la gravità, invece per la velocità
Fgravitazionale =
3 LA MATERIA OSCURA
21
Figura 19: Velocità orbitale dei pianeti del sistema solare e curva di rotazione
della Via Lattea, quest’ultima rimane costante a grande raggio e non diminuisce
come nel sistema solare (crediti: Daniele Gasparri, 2007, riferimento 90)
orbitale la figura 19 sulla sinistra mostra l’andamento. Quindi se un corpo orbita fuori da questa sfera la sua velocità orbitale sarà direttamente proporzionale
all’inverso della radice del raggio. C’è ancora un ultimo problema però, una
galassia non ha una forma sferica, ma è a disco, malgrado questo possiamo dire
che tutto ciò è anche applicabile ai dischi intergalattici. Teoricamente la curva
velocità di rotazione della galassia dovrebbe essere simile a quella kepleriana
(con qualche piccola differenza visto che comunque c’è una massa nel disco) e
simile a quella del nostro sistema solaere, invece quello che si osserva è diverso,
è costante dopo un certo raggio (o distanza). Questo significa che ci deve essere
altra materia che non è visibile, la materia oscura, il cui unico effetto diretto è
la sua forza gravitazionale.
2.3
Tempo di rilassamento
In astronomia, il tempo di rilassamento è molto importante, soprattutto per gli
argomenti che tratteremo in questo LAM. Esso fa riferimento a gruppi di corpi
che interagiscono gravitazionalmente. Il tempo di rilassamento è il tempo che
un sistema perturbato impiega a raggiungere un nuovo stato di equilibrio.
3
La materia oscura
Nell’ultimo secolo si è venuti a capo di scoperte eccezionali, infatti tutto quello
che noi osserviamo nell’universo è solo il 4% di tutta la sua costituzione, un
fatto un pò imbarazzante visto che ancora oggi non riusciamo a identificare il
96% della massa del nostro universo. Pur non riuscendo a identificare questa
massa possiamo confermarne la presenza grazie anche a evidenze indirette. Da
che cosa è composto il resto del nostro universo?
3 LA MATERIA OSCURA
22
Figura 20: Composizione dell’universo, 73% energia oscura, 23% materia oscura,
3,6% gas intergalattico e 0,4% stelle... . L’energia oscura serve a spiegare perchè
l’espansione dell’universo sta accelerando. (crediti: PeteSF, 2007, riferimento
91)
Come visto nella figura 20 il 73% è energia oscura, mentre il restante 22% è
la materia oscura, una materia che non interagisce con la materia luminosa, se
non attraverso i suoi effetti gravitazionali.
3.1
Lo studio di Zwicky
La materia oscura è stata scoperta attorno agli anni ’70 da Vera Rubin ("Rotation of the Andromeda Nebula from a Spectroscopic Survey of Emission Regions", 1970), ma già l’astronomo svizzero Fritz Zwicky ne aveva avuto il sospetto durante il suo studio del moto di ammassi di galassie lontani e di grande
massa (“On the Masses of Nebulae an Clusters of Nebulae”, 1937). Egli misurò
la massa di un ammasso (ammasso della Chioma, oltre a questo anche quello
della Vergine) in due modi differenti, il primo basandosi sulla luminosità di esso,
mentre per il secondo misurando la velocità media di un campione di galassie
e facendo un calcolo (viriale) d’equilibrio. I risultati furono sorprendenti, la
seconda stima di massa dinamica era 400 volte più grande della prima (o uno
dei due metodi era sbagliato o manacava qualcosa) e da ciò egli capì che c’era
una massa mancante, ma nessuno in quegli anni gli diede ascolto. Le galassie
all’interno dell’ammasso grazie all’attrazione gravitazionale sono sempre in movimento. Si è notato che il loro movimento non può essere spiegato solo dalla
loro massa visibile, questo significa che la massa osservabile non è tutta quella
presente.
3.2
Lo studio di Vera Rubin
Vera Rubin osservando le velocità delle stelle in vari luoghi delle galassie notò
qualcosa che non quadrava, normalmente facendo riferimento alla legge di Newton si dovrebbe osservare che le stelle all’esterno orbitano meno velocemente
che all’interno, invece le velocità misurate rimasero costanti. Questo significava
che qualcosa era stato dimenticato si conclude che nelle galassie ci debba essere
3 LA MATERIA OSCURA
23
Figura 21: Lenti gravitazionali, si può vedere chiaramente che lo spazio è curvo
e così anche le galassie attorno all’ammasso Abell 1689 sembrano allungate
(crediti: J. Richard e J.-P. Kneib, 2011, riferimento 92)
più materia di quella luminosa, una materia che non emette e assorbe luce e
che interagisce con la materia barionica unicamente attraverso la gravità. Essa
venne chiamata materia oscura e sulla sua consistenza ci sono diverse ipotesi che andremo a vedere nei prossimi capitoli. Inoltre è da sottolineare che
evidenze che supportano l’esistenza di materia oscura sono state riscontrate non
solo nelle galassie a spirale, ma anche negli ammassi di galassie e nelle galassie
ellittiche e irregolari, con un rapporto in massa tra materia oscura e materia
barionica superiore a 1:10
3.3
In periferia delle galassie
Un altro aspetto interessante riguarda la velocità orbitale delle stelle in periferia
delle galassie, solitamente queste stelle hanno una velocità orbitale di circa 200 o
240 km/s. Ora, questa velocità è molto elevata, tale che supererebbe addirittura
la velocità di fuga dalla galassia se la massa fosse unicamente quella visibile,
questo non avviene, perché se no assisteremmo alla totale evaporazione delle
galassie. Insomma l’evidenza della materia oscura è quasi certa, anche se alcuni
scienziati la pensano diversamente.
3.4
Lenti gravitazionali
Dopo la prima dimostrazione dell’esistenza della materia oscura nelle galassie sono state scoperte altre evidenze (attorno all’anno 2000), altrettanto importanti,
3 LA MATERIA OSCURA
24
Figura 22: La luce viene curvata da un oggetto massiccio, le freccie aranciano
sono le posizioni apparenti, mentre le freccie bianche il reale percorso della luce
(crediti: Lukius, 2005, riferimento 93)
come ad esempio le lenti gravitazionali (vedi figura 21). Le lenti gravitazionali
sono dei fenomeni fisici previsti nella teoria della relatività di Einstein: quando
si ha la presenza di un oggetto massiccio tra una sorgente di luce e l’osservatore
la struttura spazio-temporale viene modificata con la conseguente deviazione dei
raggi luce (vedi figura 22). La causa di questa modifica è la gravità del corpo
massiccio che tende a deviare i raggi di luce, quindi ampliandoli o addirittura li
devia in modo che oggetti che restano all’ombra dell’oggetto massiccio riescano
ad essere individuati. Dopo molte misurazioni si è scoperto che la massa visibile
del corpo massiccio non potrebbe deviare in modo così importante i raggi di luce, quindi anche qua ci deve essere una massa in più. Infatti la massa necessaria
per la produzione di alcune lenti che sono state osservate è centinaia di volte
maggiore di quella visibile del corpo.
3.4.1
L’ammasso di galassie MACS J1206.2-0847
L’ammasso di galassie MACS J1206.2-0847 (figura 23) ha permesso, grazie alle
osservazioni con il telescopio Hubble, agli astronomi di costruire una mappa
estremamente dettagliata di molti ammassi galattici usando per la prima volta
il metodo di lente gravitazionale (“CLASH: Discovery of a Bright z 6.2 Dwarf
Galaxy Quadruply Lensed by MACS J0329. 6-0211”). I risultati furono sorprendenti, al contrario dei modelli previsti la materia oscura è molto più densa
negli ammassi di galassie. Questo ci dice che gli ammassi di galassie si iniziano
ad assemblare prima di quanto di quanto si pensasse per il fatto che l’attrazione
3 LA MATERIA OSCURA
25
Figura 23: Ammasso di galassie MACS J1206.2-0847, si vede bene il lensing
gravitazionale dovuto alla materia barionica e alla materia oscura in particolare
(crediti: NASA, ESA, M. Postman (STScI) e il CLASH Survey Team)
gravitazionale (causata dalla massa barionica e dalla materia oscura in quantità
maggiore) è più importante.
“The Cluster Lensing And Supernova” (CLASH) ha esaminato con l’aiuto
delle sonde Hubble la distribuzione di materia oscura in 25 ammassi massicci di
galassie.
Gli ammassi di galassie come questo sono perfetti per lo studio degli effetti
gravitazionali della materia oscura perchè sono le strutture più massiccie dell’universo che sono tenute insieme dalla gravità, creando così l’effetto lensing
gravitazionale. L’ammasso MACS J1206.2-0847 dista 4 miliardi di anni luce
da noi. Con l’aiuto di Hubble il Team CLASH ha scoperto 12 nuove galassie
lontane.
3.5
Teoria MOND
La teoria MOND (Modified Newtonian Dynamics) è una teoria alternativa per
spiegare la curva di rotazione delle galassie senza l’introduzione della materia
3 LA MATERIA OSCURA
26
oscura e propone la modifica di una delle legge di Newton:
F =m·a
(7)
Questa teoria è stata proposta da Mordehai Milgrom nel 1983 (“A modification of the Newtonian dynamics as a possible alternative to the hidden mass
hypothesis”, Astrophisical Journal, 1983) e spiega che la legge di Newton è stata
verificata solo dove l’accelerazione gravitazionale era molto grande, ma se questa legge non andasse bene per accelerazioni molto piccole? La teoria MOND
postula che l’accelerazione non è linearmente proporzionale alla forza a valori
bassi.
La forza di gravità all’esterno del centro della galassia è descritta in questo
modo (legge di gravitazione universale):
F =G·
M ·m
r2
(8)
dove G è la costante gravitazionale, M è la massa della galassia, m è la massa
della stella e r è la distanza dal centro della galassia alla stella. Questa relazione
per trovare la velocità di rotazione della stella non si uguaglia più alla forza
centripeta, ma alla seguente relazione:
� �
M ·m
a
F =G·
=
m
·
µ
·a
(9)
r2
a0
dove µ è una funzione ed è uguale a 1 quando a/a0 è molto grande, mentre
quando il rapporto è un valore molto piccolo la funzione è uguale al rapporto
a/a0 , a è l’accelerazione causata dalla gravità e a0 è la costante naturale che
vale 10−10 m/s2 . Semplificando:
√
G · M · a0
v2
a=
=
r
r
che da come risultato:
v=
�
4
G · M · a0
(10)
Conseguentemente la velocità orbitale delle stelle diventa una costante che
non dipende dalla distanza r . Questa relazione però è verificata solo per pochi
fenomeni osservati come ad esempio quello della curva di rotazione. Questa
teoria difatti è molto criticata, poichè non riesce a spiegare quantitativamente
il fenomeno di lenti gravitazionali.
3.6
Rapporto massa-luminosità
All’interno delle galassie la maggior parte delle stelle appartengono alla sequenza
principale. Nella tabella di Hertzsprung-Russell (figura 24) la fascia che indica
la sequenza principale (diagonale dall’alto a sinistra verso il basso a destra) rappresenta le stelle che si trovano nella fase più lunga e stabile del loro ciclo vitale.
3 LA MATERIA OSCURA
27
Figura 24: Tabella di Hertzsprung-Russell, in ordinata la magnitudine assoluta e
in ascissa l’indice di colore B-V, a un B-V di -0,5 si hanno le stelle O5 (blu), a 0,0
stelle bianche (A0), a 0,6 stelle G0 (gialle), a 0,9 stelle M0 (rosse) (crediti:NASA,
2004, “redorbit”)
3 LA MATERIA OSCURA
28
Durante questa fase esse innescano reazioni nucleari di fusione dell’idrogeno in
elio. La luminosità di queste stelle è legata alla loro massa:
L ∝ Mα
dove L è la luminosità della stella, M è la sua massa e α dipende, se la stella
si trova nella sequenza principale e ha una massa tra 2M⊙ ≤ M ≤ 20M⊙
allora è pari a 3,511 , se la massa della stella è tra 0, 43M⊙ ≤ M ≤ 2M⊙ è 4,
se M ≥ 20M⊙ allora non c’è una formula standard e se M⊙ ≤ 0,43 allora la
�
�2,3
M
formula è approsimabile a L/L⊙ = 0, 23 · M
. Misurando la luminosità
⊙
assoluta di una galassia si può ricavare la luminosità media di ogni stella e la
sua massa. Con la seguente relazione si può ricavare la luminosità della massa
stellare:
�
�α
L
M
=
(11)
L⊙
M⊙
Facciamo un esempio, se si calcola la luminosità assoluta totale della via Lattea
si trova all’incirca che la massa media di ogni stella è pari a 0.7 M ⊙ , ciò significa
che la maggior parte delle stelle nella nostra galassia hanno massa minore del
nostro Sole. Può sembrare anche strano perché con il risultato calcolato dove
sono le grandi e luminose stelle blu? Le stelle blu sono stelle molto brillanti
e si trovano solitamente (se si fa riferimento alla Via Lattea) sui bracci delle
galassie a spirali, mentre le stelle giallo-rosse che sono poco luminose e piccole
hanno una distribuzione omogenea su tutto il disco, bisogna anche dire però che
quest’ultime sono molto più numerose. Il numero di stelle di piccola massa che
vengono create nelle galassie sono centinaia o migliaia di volte maggiori a quelle
di massa elevata. In più le stelle blu hanno un ciclo vitale molto più rapido, al
contrario di quelle giallo-rosse. Si può notare che malgrado ci siano molte più
stelle rosse, se si osserva la Via Lattea è blu a causa delle nane rosse (circa l’80%
delle stelle presenti nella Via Lattea). Esse hanno una bassissima luminosità che
le rende anche difficilmente osservabili.
Si misura rispetto al sole sia la luminosità della galassia sia la sua massa
(quest’ultima grazie al moto delle componenti, come le stelle). Dopo questa
operazione si effettua il rapporto tra luminosità e massa (vedi equazione 11).
Il risultato è molto importante, perché ci indica quante volte la massa totale è
maggiore della massa responsabile dell’emissione dei raggi di luce che osserviamo. In una galassia a disco la massa media di ogni stella è circa uguale a quella
del Sole. Le stelle di quella galassia emettono luce ognuna mediamente all’incirca come il nostro sole. Solitamente il rapporto trovato sopra non è uguale a
uno: se tutta la massa emmettesse radiazione, il rapporto tra massa e luminosità
dovrebbe essere uguale a 1, per alcune galassie addirittura minore, però il fatto
che il rapporto massa-luminosità è diverso da uno implica che la maggior parte
della massa in una galassia non è luminosa. Se abbiamo dei rapporti abbastanza
11 se
non è nella sequenza principale allora la formula è approssimabile a
L
L⊙
= 1, 5·
�
M
M⊙
�3,5
3 LA MATERIA OSCURA
29
elevati possiamo dire che c’è molta più massa di quella che dovrebbe emettere
luce, cioè materia oscura. Se consideriamo la sequenza di Hubble si sono fatte
delle misurazioni su questi rapporti delle galassie a spirali: le spirali di tipo Sa
hanno rapporti medi tra:
M
= 6, 2 ± 0, 6
Lstelle
le spirali di tipo Sb:
M
= 4, 5 ± 0, 4
Lstelle
le spirali di tipo Sc:
M
= 2, 6 ± 0, 2
Lstelle
Si può notare che a seconda del tipo di galassia a spirale i rapporti cambiano,
questo è dovuto alla luminosità, perché la massa rimane costante, si vede che
le galassie “early-type” (Sa) sono nettamente più luminose, questo perché sono galassie giovani e posseggono stelle giovani (popolazione I) che sono molto
luminose (o che il loro contenuto di materia oscura cambia). Le galassie Sc
contengono in maggior parte stelle vecchie (popolazione II) e sono poco luminose. La relazione tra massa e luminosità può essere anche ottenuta misurando la
massa e la luminosità di stelle binarie (figura 25). Un altro aspetto interessante
che questo rapporto viene usato anche per indagare le regioni di un bulge, ad
esempio per scoprire se c’è un buco nero o altri fenomeni simili. Il bulge della
galassia Andromeda ha un rapporto massa-luminosità uguale a 35, ciò significa
che vi è massa non luminosa, probabilmente nella forma di un buco nero.
3.7
Composizione della materia oscura
Esistono molti candidati per la composizione della materia oscura. I primi
concorrenti sono i buchi neri, questa teoria è stata portata avanti dagli scienziati
Andrew Hayes e Neil Comins (“A Mechanism for the Present-Day Creation of
a New Class of Black Holes”, 2011), secondo loro la materia oscura potrebbe
essere costituita da buchi neri.
I M.A.C.H.O.s (“Massive compact halo object”) sono oggetti massivi che si
trovano nell’alone galattico e comprendono nane bianche, stelle di neutroni e
buchi neri, ma anche nane brune e altri oggetti che hanno un rapporto massaluminosità molto elevato. Inoltre sono oggetti che non emmettono molta luce,
ma purtroppo non sono sufficienti per quantificare la materia oscura necessaria.
Il problema di tutti questi candidati è che sono fatti di materia barionica, mentre
la materia oscura non è fatta di materia ordinaria (perchè non si vede), cioé
di normali atomi, protoni neutroni ed elettroni, oltre a questo i M.A.C.H.O.s
potrebbero spiegare solo il 20% della materia oscura.
Vengono ripresi anche delle particelle chiamate neutrini che sono delle particelle ad alta energia, con una massa piccola che possono facilmente attraversare
3 LA MATERIA OSCURA
30
Figura 25: Relazione massa luminosità di 288 stelle binarie con masse ben
determinate (crediti: Lorenzo Zaninetti, 2010, riferimento 94)
la materia ordinaria. Malgrado questo, essi sono ancora troppo leggeri per
causare la gravità della materia oscura.
Altri indiziati potrebbero essere gli assioni, particelle che probabilmente si
sono formate con il Big Bang, sono molto leggeri, però ce ne sono tantissimi. L’unico problema che essi possono cambiare forma e diventare protoni e la
materia oscura non può fare questo essendo non barionica.
Gli scienziati hanno capito che la materia oscura deve essere quindi una nuova particella esotica, che non si muove a velocità relativistiche, ma è abbastanza
lenta e molto pesante. Così si è arrivati a teorizzare il cosidetto WIMP (“Weakly
interacting massive particles”, figura 26), sono particelle massive che interagiscono debolmente con la materia e purtroppo non sono ancora state individuate.
Un team del Fermilab (Dan Bauer, Jeter Hall, Lauren Hsube Jong-Hee Yoo) sta
conducendo un’indagine (“the Cryogenic Dark Matter Search experiment”) alla
ricerca della materia oscura, e in particolare dei WIMPs. Questo team ha elaborato un macchinario che a temperature vicine allo zero assoluto può individuare
le particelle di materia che l’attraversano, il materiale di cui è composto è il germanio, un metallo ricco di atomi. Questo macchinario è grande all’incirca come
un disco di Hockey e sulla superficie sono situati dei piccoli termometri, cosicché
quando una particella attraversa il germanio e collide con uno dei suoi nuclei
la temperatura aumenta di molto poco, così si possono intercettare le particelle
che lo attraversano. Tra queste particelle ci potrebbe essere un WIMP, durante
3 LA MATERIA OSCURA
31
Figura 26: Modello di collisione tra wimp e neutroni del nucleo (crediti: Michael
Attisha, 2007, riferimento 95)
l’esperimento il disco di germanio viene raffreddato a temperature vicino allo
zero assoluto, cosicché anche le particelle di materia oscura anche interagendo
molto debolmente potranno essere individuate con un po’ di fortuna. Purtroppo
le probabilità che queste particelle interagiscono con la materia oscura si presume siano circa 1 su un milione. Fino adesso non ci sono stati ancora risultati
che diano prova della sua esistenza, ma le speranze non mancano.
3.8
Struttura della materia oscura
Un aspetto molto interessante della materia invisibile è come distribuita nell’universo. Negli ultimi anni gli scienziati hanno creato una mappa (progetto
COSMOS, “THE HST COSMOS PROJECT: CONTRIBUTION FROM THE
SUBARU TELESCOPE”, 2005) della materia oscura dell’universo, tutto questo
grazie al lensing gravitazionale prodotto da esse. I risultati furono sorprendenti
anche qua, confrontando questa mappa con la posizione delle galassie, o più
in generale con tutta la materia visibile si scopre che a grandi linee la materia
oscura agisce come uno scheletro per la materia visibile (figura 27). Oltre a
tracciare la prima mappa di materia oscura hanno notato diverse particolari caratteristiche: la materia oscura presente subito dopo il Big Bang era in quantità
minore di quella che abbiamo oggi, infatti sul lato destro la mappa appare più
monolitica mentre oggi (lato sinistro) è più frammentata.
3 LA MATERIA OSCURA
32
Figura 27: Distribuzione della materia oscura dell’universo osservabile (crediti:
NASA, ESA, R. Massey)
4 SIMULAZIONI N-BODY
33
Figura 28: Questa figura mostra una simulazione N-body di una galassia a
spirale, i puntini bianchi sono le stelle appartenenti alla galassia.
4
Simulazioni N-body
Le simulazioni N-body (fugura 28) sono simulazioni di sistemi dinamici di particelle. Queste simulazioni sono molte volte sotto l’influenza di forze fisiche, come
per esempio la forza di gravità. Oltre a ciò si può dire che sono fondamentali per
gli studi che vedremo nei prossimi capitoli, poichè non si possono studiare dei
fenomeni che avvengono su una scala temporale di milioni di anni o più senza
delle simulazioni, inoltre sono anche molto importanti per studiare fenomeni che
non sono visibili, ad esempio l’effetto dei buchi neri sulle stelle attorno a loro,
o anche binari supermassivi che interagiscono con le relative galassie ospitanti.
In questi casi le particelle rappresentano le stelle e naturalmente più ce ne sono,
più sarà accurata la simulazione. Purtroppo non sempre le simulazioni N-body
mostrano ciò che veramente è reale, poichè nella realtà ci possono essere fenomeni che non sono previsti. Tuttavia come già detto sono molto utili per questo
tipo di studi, però il problema è che sono molto complicati da molti punti di vista e oltre a programmi sofisticati servono anche supercomputer per avere delle
simulazione abbastanza reali.
5 BUCHI NERI
5
5.1
34
Buchi neri
Evidenze osservative dell’esistenza dei buchi neri
I buchi neri sono degli oggetti massivi previsti dalla teoria della relatività di
Einstein. Questi oggetti non emettono direttamente radiazioni o segnali, quindi
sono difficilmente osservabili e bisogna basarsi sulle loro conseguenze indirette.
Un esempio potrebbe essere la loro gravità i cui effetti sono studiabili tramite
l’impiego del lensing gravitazionale. L’accrescimento di materia è un altro fenomeno visibile, il gas che cade nella gravità del buco nero forma un disco attorno
ad esso. All’interno di questo disco l’attrito causa una perdita del momento
angolare che trasporta la materia all’interno rilasciando energia potenziale e
provocando l’aumento della temperatura del gas. Il gas molto caldo emetterà
molte radiazioni, tra cui in particulare i raggi X che possono essere osservati
con i telescopi spaziali. Inoltre, a volte, si osserva anche la presenza di getti
relativistici che emettono le stesse radiazioni lungo l’asse di rotazione del disco.
Le binarie X sono dei sistemi binari di stelle o altri oggetti che mostrano
delle particolari radiazioni nei raggi X dello spettro elettromagnetico. I raggi
X sono prodotti dall’accrescimento di materia da una componente del sistema
(generalmente una stella) nell’altra componente (in genere una nana bianca, una
stella di neutroni o un buco nero). La presenza di una stella ordinaria in questo
sistema permette di studiare il secondo oggetto e determinare se esso è un buco
nero. Se questo oggetto emana radiazioni direttamente osservabili allora non
è un buco nero, mentre se non ci sono emissioni non è detto che sia per forza
un buco nero, potrebbe essere una stella di neutroni. Studiando i parametri
orbitali del sistema si può ottenere la massa dell’oggetto compatto. Se questa
massa supera il limite di Tolman-Oppenheimer-Volkoff (da 1,5 a 3 M⊙ ) allora
non può essere una stella di neutroni, ma un buco nero.
Grazie alle evidenze cinematiche di questi oggetti si è arrivati alla scoperta
della maggior parte dei buchi neri. Si è osservato che nel nucleo di molte galassie
vicine vi è un moto, più veloce di quello spiegabile solo con forze gravitazionali
dovute alla massa visibile. Questo è spiegabile solo ipotizzando la presenza di
un buco nero visto che non può essere visto e ha un centro di massa molto
massiccio e piccolo.
5.2
Nascita di un buco nero stellare
Quando il cuore di una stella di dimensione maggiori a 3M⊙ è nella sua ultima
fase12 innesca reazioni nucleari che possono arrivare fino alla formazione di ferro,
però dopo questa fase, gli strati superiori al nucleo di ferro iniziano a collassare
a una velocità elevatissima (circa 40000 m
s ). Questo fa si che ci sia un collasso
“senza fine”. La stella si trasforma in un buco nero di densità elevatissima e
gravità capace di piegare lo spazio con una curvatura estrema. Una stella per
diventare un buco nero deve avere un volume corrispondende ad un certo raggio
critico, il “raggio di Schwarzschild” e si calcola nel modo seguente:
12 l’ultima
fase della stella é la sua morte
5 BUCHI NERI
35
G·M
(12)
c2
dove G è la costante di gravitazione universale, Rs è il raggio di Schwarzschild,
M è la massa dell’oggetto e c è la velocità della luce. Questo pone una superficielimite, detta l’orizzonte degli eventi, quando un oggetto attraversa l’orizzonte
degli eventi, non è più in grado di sfuggire alla gravita’ del buco nero. E questo
e’ valido anche per la luce.
Rs = 2 ·
5.3
Buco nero supermassivo
Un buco nero supermassivo (“Super Massive Black Hole”, SMBH in seguito) è il
tipo di buco nero più grande in una galassia e ha una massa pari a centinaia di
migliaia di miliardi di M⊙ . Recenti studi ( Gebhardt et al. e Merritt-Ferrarese,
tabella 2) hanno scoperto la presenza di uno di questi buchi neri al centro della
maggior parte, se non di tutte, delle galassie. Esistono molti modelli riguardo
alla loro formazione, uno è quello dovuto all’accrescimento di materia partendo
da un buco nero stellare. Quindi continuando a “mangiare” materia è diventato
di queste dimensioni. Un altro modello (Begelman et al., 2006) è la formazione
dovuto a una nuvola di gas che collassa in una stella relativistica (stelle di
neutroni rotante). La stella diventerà poi instabile alla perturbazione radiale e
potrebbe collassare in un buco nero senza un’esplosione di supernova formando
così il buco nero supermassivo senza residuo. Un altro modello (Spitzer, 1987)
predice che i buchi neri supermassivi si siano formati un istante dopo il Big
Bang grazie alle condizioni estreme che erano presenti. È difficile capire come si
è formato un buco nero supermassivo perchè è composta da tantissima materia,
in un piccolissimo volume.
Le evidenze osservative dei buchi neri supermassivi sono molte, una di queste
è la presenza degli AGN (capitolo 1.6). Gli AGN non sono spiegabili con buchi
neri con massa “normale”, ma solo con buchi neri supermassivi che attorno a
loro formano un disco di accrescimento e dei getti. Un’altra potrebbe essere
data dal lensing gravitazionale.
5.3.1
Sfera di influenza
Viene chiamata sfera di influenza quella regione attorno al SMBH (anche non
supermassivo) in cui la forza gravitazionale del SMBH domina la forza gravitazionale della galassia ospitante. Ci sono due diversi modi per definirla, laa
prima è:
G · MSM BH
(13)
σ2
dove G è la costante gravitazionale, Msmbh è la massa del SMBH e σ è la
dispersione di velocità stellare nel nucleo della galassia ospitante. La seconda
definizione è il raggio in cui la massa racchiusa delle stelle è uguale a 2 volte la
Msmbh :
rh =
5 BUCHI NERI
36
M� (r ≤ rh ) = 2MSM BH
(14)
La definizione più appropriata dipende dal problema fisico che si sta affrontanto. L’equazione 13 tiene conto dell’effetto complessivo del bulge sul moto di
una stella, dal momento che σ è determinato in parte dalle stelle che si sono
allontanate dal SMBH. Mentre l’equazione 14 mette a confronto la forza del
SMBH e la forza delle stelle locali.
5.3.2
Buco nero supermassivo nella Via Lattea
La nostra Via Lattea sembra ospitare un SMBH di massa relativamente piccola
nella regione chiamata Sagittarius A� , a circa 26 000 anni luce dal nostro sistema solare. Le evidenze osservative sono molteplici, la stella S2 (figura 30)
segue un’orbita ellittica con un periodo di 15,2 anni e un pericentro (figura 29)
di circa 17 ore luce dal centro dell’oggetto centrale. Dal moto della stessa
stella si deduce che la massa dell’oggetto centrale è di circa 4,1 milioni
M⊙ . Il raggio di questo oggetto deve essere minore del pericentro della
stella S2 perchè se no avverrebbe una
collisione, si è scoperto che il suo rag- Figura 29: Il numero 1 indica l’apoapsigio è di 6,25 ore luce. Tutto questo in- de, il 2 il periapside (o pericentro) e il 3
dica che solo un buco nero è talmente il fuoco dell’ellissi.
denso da contenere 4,1 milioni M⊙ in
un volume così piccolo. Inoltre “The Max Planck Institute for Extraterrestrial
Physics” e “UCLA Galactic Center Group” hanno fornito una forte evidenza
che in questa regione ci sia un SMBH (Henderson, 2008). Questo argomento è
approfondito nel capitolo 6.
5.4
Buco nero supermassivo in M87
La galassia ellittica gigante M87 come abbiamo visto nel capitolo 1.6 contiene
un AGN, quindi un buco nero supermassivo attivo (al contrario della nostra
galassia). Le osservazioni fatte con il telescopio spaziale Hubble (“Hubble Space
Telescope”, in seguito HST) indicano che 3 miliardi M⊙ sono concentrate in
una regione pari a circa la grandezza del nostro sistema solare (80 UA circa).
La figura 31 mostra sulla sinistra il nucleo e il getto che è espulso dal SMBH.
Il gas espulso da quest’ultimo ha una velocità relativistica ed è lungo circa
6500 anni luce. La parte destra, invece, della figura 31 mostra lo spostamento
Doppler misurato nel nucleo di M87. I risultati mostrano una rapida rotazione
della materia intorno al centro. Le misurazioni sono state fatte sul disco di
accrescimento attorno al SMBH in parte opposte, cosicchè sia con il blueshift
che con il redshift è possibile osservare il cambiamento di velocità del gas. In
una regione del disco il gas si muove con una velocità di 550 km/s. Questa
elevata velocità può essere solo causata da un enorme campo gravitazionale al
5 BUCHI NERI
37
Figura 30: Orbite di 6 stelle ben determinate attorno a un centro di massa (SMBH) nella regione Sagittarius A� al centro della Via Lattea, la scala utilizzata
in questa figura è di 7940 AU/arcsecond (crediti: wikipedia, “Cmglee”, 2011)
5 BUCHI NERI
38
Figura 31: Sulla sinistra il nucleo e il getto espulso dal SMBH di M87 e sulla
destra il redshift (rosso) e il blueshift (blu) del disco di accrescimento del SMBH
(crediti: H. Ford (JHU and StScI), R. Harms (ARC), NASA, HST, FOS))
centro di M87, ma la massa visibile non è abbastanza per giustificarlo, quindi
è necessaria la presenza del buco nero che attrae la materia a sè e in parte la
espelle tramite il getto ad alta velocità.
5.5
Relazione tra buco nero e la galassia ospitante
Diversi studi recenti, (Merritt e Ferrarese, 2011/ Karl Gebhardt et. al., 2011)
hanno trovato una relazione tra il SMBH e la sua galassia ospitante. Prima
che questo studio fosse fatto gli astrofisici Kormendy e Richstone (1995)
scoprirono che le masse dei SMBH scalano linearmente con la luminosità
assoluta delle galassie ellittiche ospitanti o con i bulge delle galassie spirali.
Più tardi questa relazione verrà rafforzata da Magorrian et al. (1998)
osservando circa una trentina di galassie alla quale furono applicati semplici
modelli dinamici stellari. In questi articoli viene indagata per la prima volta la
relazione tra la massa del SMBH (MSM BH ) e la velocità di dispersione stellare
del centro della galassia spirale o della galassia ellittica usando modelli
dinamici più generali. Questa relazione potrebbe fornire molte informazioni
riguardanti la formazione e l’evoluzione del SMBH e della galassia. Bisogna
tenere conto di un aspetto importante, perchè i risultati siano promettenti la
massa del SMBH deve essere ben definita.
All’interno delle galassie si può notare dal moto del gas e delle stelle che c’è
una forte relazione a livello dinamico tra il SMBH di massa circa tra 107 -109
M⊙ e la galassia stessa. Lo studio è effettuato in una decina di galassie
ellittiche e alcune a disco.
Tutte le galassie ellittiche e i bulge di quelle a disco hanno un gradiente di
velocità radiale che dipende da:
5 BUCHI NERI
Galassia
Milky Way
IC 1459
NGC 221
NGC 3115
NGC 3379
NGC 4258
NGC 4261
NGC 4342
NGC 4374
NGC 4486
NGC 6251
NGC 7052
39
Sequenza
di Hubble
Sb
E3
cE2
S0
E1
SAB
E2
S0
E1
E0
E
E
Distanza
(Mpc)
8.0±0.9
30.3±4.0
0.8±0.1
9.8±0.6
10.8±0.7
7.2±0.3
33.0±3.2
16.7±1.0
18.7±1.2
16.7±1.0
104±10
66.1±6.4
B0 t
(mag)
-19.13
-21.51
-15.76
-19.74
-20.03
-18.26
-21.26
-17.24
-21.44
-21.61
-21.94
-21.33
MSM BH
(108 M⊙ )
0.0295±0.0035
4.6±2.8
0.039±0.009
9.2±3.0
1.35±0.73
0.3901±0.034
5.4±1.2
3.3±1.9
17±12
35.7±10.2
5.9±2.0
3.7±2.6
σc
(km/s)
100±20
322±41
80±10
291±38
210±27
146±19
306±40
255±33
304±39
370±48
293±38
270±35
Tabella 2: La distanza delle ultime due galassie è determinata con il rapporto
tra v e H0 , la distanza di NGC 4258 è determinata geometricamente dal moto
dei “nuclear water masers” (Merritt-Ferrarese, 2011)
• dalla distanza delle stelle dal bulge della galassia
• dalla dimensione di apertura usata
Nella tabella 2 sono inclusi solo le galassie delle quali si conoscono con relativa
precisione le masse dei SMBH.
Si é trovata una correlazione tra la massa del SMBH nel nucleo e la dispersione di velocità della galassia, quindi:
MSM BH ∝ σ α
dove α = 4.8(±0.5).
La figura 32 mostra la linearità tra la MSM BH e la dispersione di velocità
delle galassie ospiti elencate nella tabella 2.
L’equazione della retta che meglio approssima i punti sperimentali è:
log MSM BH = 4.80(±0.54) · log σc − 2.9(±1.3)
dove MSM BH è espressa in M⊙ . Se questa equazione è corretta, dopo alcuni
calcoli il raggio gravitazionale (parsec) dell’influenza del SMBH in molte di
queste galassie sarebbe troppo piccolo per essere stato risolto dalle osservazioni.
Facciamo un esempio: l’equazione sopra predice che la MSM BH della galassia
NGC 4874 è di un fattore 100 più piccola delle stime fatte in Magorrian et al.
(1998). Questo implica che il raggio di influenza gravitazionale del SMBH debba
essere pari a ∼24 pc. Il nuovo adattamento della MSM BH in 5 delle 36 galassie
5 BUCHI NERI
40
Figura 32: Grafico della MSM BH in funzione della velocità di dispersione σc
della galassia ospite o la vrms misurata a un quarto del raggio effettivo. Le
croci rappresentano i limiti più bassi in vrms . La linea in grassetto e quella
tratteggiata sono le migliori rette ricavate usando σc (tabella 2) e vrms (crediti:
NASA/IPAC, David Merritt, Laura Ferrarese)
6 MODELLI DINAMICI DEL CENTRO GALATTICO
41
analizzate da Magorrian, con dati vecchi, risulta negativo (MSM BH ≤ 0). Questo
indica che bisogna essere sempre cauti basandosi su altri articoli meno recenti.
Una domanda importante da porsi dopo aver visto questa relazione importante è: perché le MSM BH dovrebbero essere legate così strettamente con le
velocità di dispersione delle galassie? Una possibilità sarebbe quella di una correlazione tra la MSM BH e la Mbulge con “σ” una buona misura della Mbulge .
Questa relazione (MSM BH -Mbulge ) potrebbe implicare una proporzionalità tra
questi due fattori, quindi una conversione di una frazione universale della massa
barionica nel SMBH.
L’obbiettivo del Team di Gebhardt era lo stesso di quello descritto precedentemente, cioè trovare una correlazione tra MSM BH e la galassia ospitante.
Le galassie analizzate sono 26 di cui 13 con delle nuove determinazioni delle
MSM BH grazie al telescopio spaziale Hubble. Nella tabella 3 possiamo osservare i dati a disposizione. Dobbiamo tenere conto di un aspetto molto importante
che riguarda anche il capitolo precedente, bisogna fare molta attenzione a come
trovare la velocità di dispersione stellare “σ”, perchè se si trova questa velocità
misurandola dal centro, potrebbe essere sbagliata, perchè il SMBH influenza anche essa. Forse una migliore misurazione potrebbe essere ricavata dalla velocità
di dispersione stellare della luminosità ponderata all’interno di un certo raggio
R.
Nella figura 33 è indicata la MSM BH in funzione di Lbulge 13 e della dispersione di velocità stellare a un certo raggio R. Come si può notare la correlazione
a destra è più robusta, infatti il coefficiente di correlazione è di circa 0.93. La
relazione trovata tra la MSM BH e la velocità di dispersione è la seguente:
MSM BH = 1.2 × 108 M⊙ ×
�
σe
200km/s
�3.75
Inoltre si può anche dire che la MSM BH ∝ Re −0.1 (Re è il raggio effettivo),
questo vale a una determinata σe . Possiamo notare, sempre guardando la figura
33, che la correlazione tra la dispersione di velocità σe e la MSM BH è molto più
stretta di quella con la Lbulge , questo si spiega semplicemente perchè per misurare la Lbulge si prendono dei raggi del “bulge” troppo incerti, infatti è sempre
difficile determinare la fine di un “bulge” della galassia, mentre la dispersione di
velocità stellare è facilmente ricavabile e generalmente precisa.
6
Modelli dinamici del centro galattico
Il centro della Via Lattea si situa a 8,5 kpc dal nostro sistema solare e è sede
del piu’ piccolo SMBH di massa conosciuta. Ma, per molti aspetti, il centro
della nostra galassia appare abbastanza ordinario se confrontato con i centri di
altre galassie di luminosita’ comparabile. . Esso contiene un denso ammasso
di stelle (NSC14 ) che si estende per circa 10 pc da Sgr A* e ha una massa di
13 La
luminosità del centro della galassia.
star cluster”
14 “Nuclear
6 MODELLI DINAMICI DEL CENTRO GALATTICO
Galassia
Via Lattea
M31
M32
NGC 821
NGC 1023
NGC 2778
NGC 3377
NGC 3379
NGC 3384
NGC 3608
NGC 4291
NGC 4342
NGC 4473
NGC 4564
NGC 4649
NGC 4697
NGC 5845
NGC 7457
M87
NGC 4261
NGC 4374
NGC 6251
NGC 7052
IC 1459
NGC 1068
NGC 4258
Tipo
Stime
Sbc
Sb
E2
E4
S0
E2
E5
E1
S0
E2
E2
S0
E5
E3
E1
E4
E
S0
Stime
E0
E2
E1
E2
E4
E3
Stime
Sb
Sbc
MSM BH
(M⊙ )
della
2.6×106
3.5×107
3.7×106
5.0×107
3.9×107
2.0×107
1.0×108
1.0×108
1.8×107
1.1×108
1.5×108
3.0×108
1.0×108
5.7×107
2.0×109
1.2×108
3.2×108
3.4×106
della
2.5×109
5.4×108
1.8×109
6.0×108
3.3×108
3.5×108
della
1.7×107
4.2×107
σ
(km s−1 )
dinamica
75
160
75
209
205
175
145
206
143
182
242
225
190
162
375
177
234
67
dinamica
375
315
296
290
266
323
dinamica
151
120
42
Distanza
(Mpc)
stellare
0.008
0.8
0.8
24.1
11.4
22.9
11.2
10.4
11.6
23.0
26.2
15.3
15.7
15.0
16.8
11.7
25.9
13.2
del gas
16.1
31.6
18.4
106.0
58.7
29.2
dei Maser
15.0
7.2
Tabella 3: La tabella mostra il tipo di galassia, la MSM BH , la distanza dalla
Terra e la velocità di dispersione σ (crediti: Gebardt et al., 2011)
6 MODELLI DINAMICI DEL CENTRO GALATTICO
43
Figura 33: La MSM BH in funzione della dispersione di velocità (σe ) e la sua
luminosità (L⊙ ). I quadratini verdi indicano le galassie con rilevamenti di maser,
i triangoli rossi derivano dalla cinematica del gas e i cerchi blu derivano dalla
cinematica stellare. Le linee continue e tratteggiate sono le migliori correlazioni
e le loro bande di confidenza del 68% (crediti: K. Gebhardt et al. 2000; G.
Bower et al. 2000)
circa 107 M⊙ (Schödel et al. 2008). Alcuni modelli hanno rivelato che l’attività
di formazione stellare all’interno del NSC è continua da circa 10 Gyr. Queste
proprietà sono tipiche degli NSC in altre galassie (Böker 2008), quindi non è una
caratteristica anomala. Un aspetto positivo è quello che il NSC nella Via Lattea
è molto vicino e quindi può essere osservato dettagliatamente, a differenza di
altre galassie lontane, diffatti molti studi si soffermano sul nostro nucleo per
capire fenomeni che avvengono in altre galassie. La densità stimata del NSC a
1 pc da Sgr A* è di circa 105 M⊙ /pc3 (Genzel et al. 2003 ; Schödel et al. 2007).
Questa stima trova conferma anche nelle misure della dinamica stellare (Oh et
al. 2009). Il tempo di rilassamento di due corpi all’interno del parsec osservato
è circa 10 Gyr, dunque le stelle all’interno del parsec centrale della galassia
dovrebbero aver avuto abbastanza tempo per raggiungere una configurazione
rilassata sotto l’influenza dei casuali incontri gravitazionali.
Questa assunzione è stata la base di molti studi riguardanti il nucleo della
Via Lattea. In un nucleo rilassato la distribuzione di stelle e dei resti stellari è
determinata dai seguenti parametri :
• la densità totale al di fuori della regione rilassata (quindi al di fuori di 10
pc da Sgr A*)
• la pendenza della funzione della massa iniziale (prima della formazione
stellare)
• la massa del SMBH (molto importante, poichè più grande è la massa del
SMBH più grande sarà la sua influenza all’esterno)
6 MODELLI DINAMICI DEL CENTRO GALATTICO
44
D’altra parte la continua formazione stellare da più di 10 Gyr implica che alcune
stelle nel NSC della Via Lattea sono presenti da un tempo minore di quello di
rilassamento e questo pone dei dubbi. Inoltre sembra che anche le stelle più
vecchie non siano rilassate. Dopo numerosi calcoli si è constatata la presenza di
un “core”, una regione di densità costante vicino al SMBH centrale (Buchholz
et al. 2009 ; Bartko et al. 2010). Questo profilo di densita’ e’ molto diverso
dal picco di densita’ del cusp che ci si aspetta nel caso di un nucleo rilassato
(Bahcall, Wolf 1976). Prima di tutto ciò si pensava che il centro della nostra
galassia fosse rilassato, ma ora bisogna rivedere tutto. Questo studio del bulge
della Via Lattea potrebbe essere utilizzato come modello per altre galassie con
la massa dell’SMBH circa uguale e questo lo rende estremamente interessante.
Recenti osservazioni sul bulge della Via Lattea mostrano le seguenti caratteristiche :
• C’è un “core” di raggio 0,5 pc (figura 34). La dimensione del “core” è
indipendente dalla luminosità stellare fino a un limite di circa m=15,5 mag.
Il profilo stellare indica circa una quantità di circa 2000 stelle all’interno
della zona Sgr A* in un pc (Do et al. 2009; Merritt 2009)
• Il rapporto massa luminosità della massa non risolta in stelle è pari a 1.4
M⊙ /L⊙ in questa regione (Schödel et al. 2009). Il rapporto massa luminosità è consistente con una IMF standard15 in cui una piccola percentuale
di massa è in forma di massa SMBH.
• La funzione di luminosità (LF) indica che mancano delle stelle all’interno
di questo cuore, poichè la massa luminosa calcolata è più piccola di quella
calcolata con la funzione di massa iniziale (Paumard et al. 2006; Bartko et
al. 2010). Le stelle “mancanti” sono per la maggior parte della sequenza
principale B.
I modelli dinamici che spiegano il comportamento del pc osservato possono essere
divisi in due classi generali:
• Un modello non rilassato (con una densità bassa): il tempo di rilassamento
è molto lungo e implica una bassa densità (figura 34).
• Il modello rilassato (con alta densità). Assume che una distribuzione rilassata di stelle a cusp sia in effetti presente ma che ci sia qualche altra
ragione per la quale non e’ visibile nel ramo delle giganti rosse. Per esempio un buco nero supermassivo potrebbe distruggerle o buttarle fuori dal
centro grazie alla sua gravità.
I modelli con una bassa densità (quindi modelli non rilassati) non sembrano
essere adatti al nostro nucleo, dato che è semplice immaginare un meccanismo
di riempimento del nucleo (formazione stellare...) e al contrario non è semplice
15 Questa funzione descrive la distribuzione delle masse di una popolazione stellare (solitamente formata recentemente) in base alla loro teorica massa iniziale (cioè al momento della
loro formazione).
6 MODELLI DINAMICI DEL CENTRO GALATTICO
45
immaginarsi un meccanismo di svuotamento del nucleo. Ma naturalmente anche
i modelli rilassati hanno qualche difficoltà a spiegare il nostro nucleo. Il tempo
di rilassamento è fondamentale per i modelli, che per ogni tipo di popolazione
vale:
tr =
10
≈ 1, 5 · 10 yr ·
�
σ
100 km
s
�3 �
·
0, 33σ 3
G2 mρ ln Λ
�−1 �
�−1 �
�−1
m
ln Λ
·
·
⊙
M⊙
15
105 M
pc3
ρ
(15)
dove σ è la velocità rms, ρ è la densità di massa, m è la massa di una stella e
ln Λ è il logaritmo di Coulomb. Per uno spettro continuo di masse, la formula
puo’ essere generalizzata sotituendo m con ḿ dove:
´
N (m) m2 dm
ḿ = ´
(16)
N (m) mdm
dove N (m) dm è il numero di stelle con masse tra m e m + dm. Con questa
sostituzione tr puo’ essere visto come il tempo che la velocità di una stella test
impiega ad essere randomizzata da incontri con oggetti piu’ massivi (e.g. Merritt
2004). Il valore di ḿ varia molto: nei IMF standard m sembra essere minore
di 1 M⊙ , in presenza di una densità di un SBH stellare m è minore di 10 M⊙ ,
mentre se c’è una popolazione di “massive perturbers” allora si ha un m≥10
M⊙ (Perets et al. 2007). Ignorando la possibilità di una presenza di “massive
perturbers” il tempo di rilassamento fuori dal nucleo è ben determinato. La
cinematica stellare al di fuori di un pc di diametro da una densità di massa di:
�
�−1,8
r
ρ (r) ≈ ρ0 ·
,
1pc
1pc ≤ r ≤ 10pc
(Genzel et al. 2003; Schödel et al. 2007; Oh et al. 2009), dove ρ0 è uguale
a 1.5·105 M⊙ / pc3 .
La figura 34 mostra tr , assumendo che m = 1M⊙ , ρ0 = (0.75, 1.5, 3)·105 M⊙ /pc3 .
A un raggio di influenza del SMBH (r =2,5 pc) il tempo di rilassamento è di
2,5·1010 anni. Assumendo cosi stelle di massa solare, il tempo di rilassamento di
due corpi a un raggio di influenza del SMBH della Via Lattea è più lungo dell’età
della galassia e forse cinque volte più lungo dell’età media delle stelle. Questo
è un risultato importante, ci dice che il modello rilassato non è completamente
giusto. La massa sottointesa nell’equazione 16 attorno 1 pc è di circa 1.6·106 M⊙
per un ρ0 = 1, 5 · 105 M⊙ /pc3 . Questo risultato è diverso da 1 · 106 M⊙ dedotto
dal moto delle stelle, ma neanche troppo lontano da poter escludere l’ipotesi che
la densità di massa continui a obbedire alla relazione ρ ∼ r−1,8 all’interno del
nucleo osservato.
Considerando diversi aspetti non si sa ancora perchè tr è 10 6 Gyr.
6 MODELLI DINAMICI DEL CENTRO GALATTICO
46
Figura 34: Sulla sinistra è indicata la densità delle stelle vecchie nel centro
galattico. I cerchi vuoti all’interno indicano le stelle vecchie con una mk ≥ 15, 5
mag, mentre i cerchi pieni indicano le stelle vecchie con una mk ≤ 15, 5mag.
Inoltre si può vedere il raggio di influenza (approssimativo) del SMBH. Sulla
destra, invece, è indicato il tempo di rilassamento della popolazione stellare nel
centro galattico (in M⊙ ). La linea tratteggiata indica l’età media di stelle che si
formano in modo continuo negli ultimi 10 Gyr. (crediti: David Merritt, 2010)
6 MODELLI DINAMICI DEL CENTRO GALATTICO
47
Figura 35: Sulla sinistra abbiamo l’evoluzione della densità di superficie, al centro abbiamo la configurazione spazio-densità ρ in una scala logaritmica, mentre
sulla destra si ha una densità fase-spazio, tutto questo si effettua su una popolazione stellare nel centro della galassia. Le linee tratteggiate corrspondono alla
“Bahcall-Wolf cusp”. (crediti: David Merritt, 2010).
6.1
Modelli non rilassati
La figura 35 mostra l’evoluzione di una popolazione stellare attorno al SMBH nel centro della Via Lattea, incominciando dal profilo di densità calcolato
nell’equazione 16. La regione osservata è il “core”, di raggio un pc. Il “core” è
caratterizzato da degli incontri gravitazionali con un tempo di scala di circa tr =
20 Gyr. A partire da 5 Gyr il “core” viene ridotto a 0,5 pc. Questo perchè la
densità all’interno del NSC decade con una ρ ∼ r−1.8 e questa caduta di densità
è circa uguale a quella che si osserva nella figura 35: il “core” si restringe, mentre
la densità al di fuori di esso obbedisce a quello appena detto sopra. Ma perchè
ci dovrebbe essere un “core”? I “cores” sono caratteristici della galassie giovani
(“early type”) e hanno un raggio di uno o qualche volta il raggio di influenza, un
modello che spiega la creazione dei “core” ipotizza che essi siano il risultato di
due SMBH che fondono formando il BH attuale ed espellono le stelle dal centro
(Faber et al. 1997; Milosavljevi�c & Merritt 2001). Questo modello potrebbe
spiegare anche la formazione del SBH nella Via Lattea, essa probabilmente è
stata oggetto di una fusione all’incirca 10-12 Gyr fa (Wyse 2001). La dimensione
del “core” iniziale, di circa 1-1,5 pc, è comparabile con il raggio di influenza.
Ma probabilmente il “core” della nostra galassia deve avere avuto un altro
tipo di formazione rispetto a quello delle galassie ellittiche perchè si trova al
centro dell’ammasso stellare. Un aspetto interessante è che l’unica galassia con
simili caratteristiche (quindi l’unica galassia con un NCS vicino al core che sia
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
48
abbastanza vicina da poter risolvere il “core” che ha una scala di un parsec) è la
galassia nana nel gruppo locale, NGC 205. Il cuore di queste galassie nane è di
circa 0,4 pc (Valluri et al. 2005). Ci sono diverse alternative per la formazione
di un cuore in scala parsec:
• Un buco nero di massa intermedia (IBH16 ) con una traettoria a spirale.
• un “loss cone” allargato.
• una formazione stellare “locale”.
Come abbiamo visto esistono diverse ipotesi che verranno consolidate solo con
altri studi.
6.2
Modelli rilassati
La rilevanza di modelli di questo tipo della Via Lattea è proposta per la questione
dell’assenza di un “Bahcall-Wolf cusp” nelle stelle vecchie.
L’esistenza di un “cusp” di densità può essere facilmente coesistere con il
“core” che si osserva al centro della Via Lattea ipotizzando che la frazione di
giganti luminose sia molto maggiore dentro il core radius che fuori. Un esempio
potrebbe essere che le stelle con massa pari a 1 − 3M⊙ , a differenza di quello che
si crede non si sarebbero mai formate. Malgrado questo se fosse correta questa
ipotesi, si sarebbe riscontrato un rapporto massa-luminosità molto più grande
nel parsec centrale (Löckmann et al. 2009). Un’altra ipotesi è quella che le stelle
vecchie siano state distrutte da collisioni con altri oggetti (Genzel et al. 1996;
Alexander 1999; Bailey & Davies 1999). Purtroppo anche in condizioni estreme,
la percentuale di collisioni è troppo bassa per spiegare la scomparsa delle stelle
giganti (vecchie). Questo modello, quindi, deve essere ancora elaborato. Infatti
anche considerando collisioni tra stelle di massa diversa è sempre improbabile
che possano spiegare questo mistero.
Un altro modello, anche se non molto elaborato, (Löckmann et al. 2009)
spiega che un elevato numero di BHs stellari potrebbero formare un cuore, spostandosi verso il centro e rimpiazzando le stelle meno massiccie. Al fine di avere
un cuore nel suo stadio finale, gli oggetti massivi devono espellere gli oggetti
meno massivi in un tempo minore di tr e questo accade, per esempio, quando
un secondo SMBH forma una spirale con l’altro, quindi con un “merger”.
I nuovi dati suggeriscono un sistema non rilassato, però non basta per
confermarlo.
7
Dinamica attorno a un SMBH
Un SMBH influenza fortemente il moto delle stelle all’interno di una distanza
rh , cioè il raggio d’influenza gravitazionale:
16 intermediate-mass
black hole
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
rh =
49
G · M•
σc2
(17)
dove M• è la massa del SMBH e σc è la velocità di dispersione stellare nel nucleo.
Usando la correlazione tra M• e σc :
�
�
�
�α
M•
σc
= (1.66 ± 0.24) ·
(18)
108 M⊙
200km/s
α = 4.86 ± 0.4
questo può essere scritto:
rh ≈ 18pc ·
�
σc
200km/s
�2.86
≈ 13pc ·
�
M•
108 M⊙
�0.59
La velocità delle stella deve aumentare per definizione all’interno di rh , poichè il suo moto è influenzato dalla gravità del SMBH. Solitamente la maggior
parte delle galassie ellittiche più luminose hanno sempre dei nuclei che sono
definiti da rh circa. La massa stellare espulsa dal nucleo è di una massa che
equaglia circa la M• , è evidente una connessione tra i nuclei e i SMBH. Inoltre
sono stati studiati anche dei sistemi più complessi come i binari di SMBH che
andremo ad approfondire in questo capitolo.
Una caratteristica importante del nucleo è il suo tempo di rilassamento che
abbiamo visto nell’equazione 15. Il grafico 36 mostra diversi tempi di rilassamento per diverse galassie giovani (tra cui la Via Lattea, discussa nel capitolo
6) a un determinato rh . I nuclei che hanno avuto una collisione possono essere
definiti a un tr � 10Gyr . In generale il tempo di rilassamento delle stelle viene
modificato attorno a un SMBH a un raggio � 10−1 rh . Per questo motivo è
difficile osservare queste caratteristiche al di fuori del gruppo locale.
Il modello di Sèrsic è un modello conosciuto per la riproduzione accurata dei
profili di luminosità delle galassie (o anche dei nuclei) e le anomalie appaiono
spesso vicino al centro. I “cores” si estendono verso l’esterno ad un raggio rb che
è circa un paio di volte rh . Un modo di quantificare i nuclei è in termini della loro
massa: il deficit di massa (Milosavljevi‘c et al. 2002) è definito come la differenza
della massa integrata tra il profilo di densità osservato ρ (r) e un’estrapolazione
interna del profilo più esterno ρout (r), tipicamente modellato come profilo di
Sèrsic (figura 38):
Mdef = 4π
ˆrb
0
[ρout (r) − ρ (r)] · r2 dr
Più semplicemente il deficit di massa (figura 37) è la quantità di massa
stellare che è stata espulsa dal nucleo da sistemi massivi come per esmpio due
SMBH binari.
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
50
Figura 36: Tempo di rilassamento, misurato a un raggio sotto influenza del
SBH, in diverse galassie giovani (Côtè et al. 2004) in funzione della dispersione
di velocità stellare. I punti neri sono quelle galassie che hanno un raggio di influenza già scoperto, la stella, invece, è la Via Lattea, la nostra galassia (Merritt,
Mikkola & Szell 2007) (crediti: Alessia Gualandris e David Merritt, 2007)
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
51
Figura 37: Questa figura mostra un grafico raggio in funzione della densità
(stellare), in neretto si vede il deficit di massa di una galassia, man mano che ci
si allontana dal centro la densità diminuisce (crediti: Harloshaply, 2012).
Figura 38: Sulla sinistra viene mostrata la luminosità in banda R di NGC
3348. Le linee tratteggiate sono la migliore curva secondo il modello si Sèrsic,
mentre il profilo osservato (i punti neri e le linee nere collegate) scende al di
sotto di un certo raggio “di pausa” rb ≈ 0 �� .35 (Graham 2004). Sulla destra,
invece, abbiamo un istogramma dei deficit di massa osservati per una gamma di
“core galaxies” misurate da Graham (2004) and Ferrarese et al. (2006) (crediti:
Alessia Gualandris e David Merritt,2007)
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
52
La figura 38 mostra i deficit di massa per diversi “cores” galattici, espressi in
unità di massa del SMBH. Si può vedere che c’è un picco a Mdef ≈ 1M• , anche
se diverse galassie hanno “cores” più grandi.
Il fatto che il “core” e le masse dei SMBH sono spesso cosi simili suggerisce
una connessione tra i due. L’espulsione di stelle dai SMBH binari durante
le collisioni tra galassie è un modello naturale (Begelman, Blandford & Rees
1980). L’assenza di “cores” nelle galassie più “deboli” potrebbe essere dovuto
alla rigenerazione di un “cusp” del profilo di densità della formazione stellare
(e.g. McLaughlin et. al 2006) o dell’evoluzione dinamica associata con tempi
di rilassamento corti (e.g. Merritt & Szell 2006). Comunque i nuclei più grandi
sono difficilmente spiegabili tramite il modello binario (Milosavljevi´c & Merritt
2001).
7.1
Binari supermassivi
Un rapporto di massa tipico per le collisioni nell’universo locale è circa di 10:1
(e.g. Sesana et al. 2004). Quindi si può dire che quando avviene una collisione
anche i due SMBH al centro delle due interagiscono (Begelman et al. 1980;
Roos 1981, figura 39), ma soprattutto quello con massa minore entrerà nella
galassia ospite di quello con massa maggiore. Durante questa fase il SMBH più
piccolo incontra l’attrito gravitazionale delle stelle e cosi impiega del tempo ad
arrivare al centro della galassia ospitante più grande, questo tempo è chiamato
tinfall . La formula di Chandrasekhar ci da il rapporto di decadimento orbitale
e il tempo di caduta:
dr
Gm2
= −0.3 ·
· ln Λ
dt
σr
tinf all ≈ 3.3 ·
(19)
r (0) σ 2
σ23
σ 3 ·r
2
dove m2 ≈ 2·G·σ
e σ2 e σ sono la velocià di dispersione della galassia piccola
e rispettivamente di quella grande (Merritt 1984). Usando l’equazione 18 per
mettere in relazione σ e σ2 con le rispettive masse diventa:
tinf all ≈ 3.3 ·
r (0)
·
σ
�
M2
M1
�−0.62
Il tinfall supera il tempo di traversata della galassia più grande di un fattore
−3
2
∼ q −0.6 , q ≡ M
, la caduta richiede meno di
M1 ≤ 1 . Per un rapporto q � 10
10
10 yr . Questo rapporto di massa è circa il rapporto tra le masse del più grande
SMBH (∼ 109.5 M⊙ ) e tra quello più piccolo (∼ 106.5 ) conosciuti. Per questo
motivo è ragionevole assumere che le collisioni di galassie portano quasi sempre
alla formazione di SMBH binari in un tempo minore di 10 Gyr.
L’equazione 19 però non può più essere utilizzata quando i due SMBH sono
più vicini di rh , cioè il raggio di influenza del più grande SMBH, dato che
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
53
Figura 39: Sulla sinistra abbiamo una imminente collisione di galassie, mentre a destra un binario di SMBH e le rispettive onde gravitazionali. (crediti:
Marenfeld and NOAO/AURA/NSF)
l’energia orbitale di M2 è assorbita dalle stelle, diminuendo la loro densità e
riducendo la forza di attrito. I calcoli N-body mostrano che la separazione tra
i due SBH continua a scendere rapidamente fino a quando il semiasse maggiore
del binario è a ≈ ah , dove
ah ≡
Gµ
q
q
≈
2 · rh ≈ 3.3pc ·
2 ·
4σ 2
4 · (1 + q)
(1 + q)
�
M1 + M2
108 M⊙
�0.59
(20)
M2
e µ = MM11+M
è la massa ridotta del binario. In questa separazione (che
2
comunque è difficile) l’energia di legame del binario per unità di massa è ∼ σ 2
ed esso espelle stelle in una distanza di ∼ a con velocità abbastanza grandi per
espellerle dal nucleo (Mikkola & Valtonen 1992; Quinlan 1996).
In una galassia sferica o assimmetrica, la massa di stelle in orbita che interseca il SMBH binario è sicuramente minore della somma della massa dei due,
così piano piano il binario comincia ad espellerle finchè non ne rimarrà neanche
una. Adesso niente può più interagire con il binario e la sua evluzione si ferma
(figura 40). Per i nuclei non assimmetrici la massa di stelle, invece, è più grande
e il binario può ridursi fino a ah . Nei nuclei collisionali, diverse geometrie e
diffusioni gravitazionali delle stelle possono riempire nuovamente le loro orbite.
Se il binario come detto prima arriva ad una a ∼ ah , allora esso avrà rilasciato un’energia alle stelle nel nucleo pari a:
∆E ≈ 2 (M1 + M2 ) · σ 2
Questa enegia quindi è maggiore quando la somma delle masse dei due SMBH
è più grande, quindi possiamo dire grazie alle relazioni precedenti che più la
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
54
Figura 40: L’evoluzione di binari di SBHs nelle simulazioni N-body per differenti
rapporti di massa, M2 /M1 = 0 .5 , 0 .25 , 0 .1 , 0 .05 , 0 .025 (da sinistra a destra).
Le linee orizzontali superiori indicano rh , mentre quelle inferiori ah (crediti:
Alessia Gualandris e David Merritt, 2007)
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
55
Figura 41: Rappresentazione del loss cone, nel nostro caso tra due SMBH
(crediti: “Drift loss cone”, 2000)
caduta è piccola più il legame tra i due SMBHs sarà forte. Grazie alle simulazioni
N-body si può calcola il deficit di massa di un binario che da rh si riduce a ah :
� q �0.2
(21)
0.1
dove 0.025 � q � 0.5 . Un deficit di massa 0 .5M• è però troppo basso per
spiegare il picco nella figura 38. Mentre d’altra parte sembra che le galassie
ellittiche siano andate incontro a molte fusioni. La crescita gerarchica dei cuori
tende a diventare “satura” dopo diverse fusioni, anche se questo è difficile da
spiegare. Un’altra possibilità di ingrandimento del cuore è quella di buttare
fuori da esso il SMBH.
Anche nelle galassie sferiche, il blocco del binario a una distanza ah può essere
evitato se le stelle continuano a essere distribuite nelle orbite che intersecano
il binario (Valtonen 1996; Yu 2002; Milosavljevi´c & Merritt 2003). Perchè
avvenga questa ripopolazione del loss-cone (figura 41) le stelle devono avere
un tempo di rilassamento a r ≈ rh minore di ∼ 1010 yr, quindi in galassie con
M• � 10 6 M⊙ .
Esistono diversi tipi di loss-cone e dipendono dalla quantità di stelle che essi
contengono: il “empty loss cone” come dice la parola è vuoto, poichè l’attrazione
gravitazionale dei due buchi neri non permette alle stelle di entrare nel loss cone
e il “full loss cone”, quando il loss cone è pieno e il binario fa fatica a fondere,
poichè le stelle che vengono espulse o disgregate portano via energia al binario.
Mdef,h = 0.4 (M1 + M2 ) ·
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
56
Un approccio alternativo è basato sull’equazione di Fokker-Planck. Sia i
SBH singoli che quelli binari possono essere visti come dei “sink” (lavandini, la
struttura fisica dell’aqua in un lavandino, essa gira in un modo particolare) nei
centri delle galassie (Yu 2002). Le differenze principali sono l’estensione fisica
più grande del binario ( ∼ G (M1 + M2 ) /σ 2 vs. GM• /c2 ) e il fatto che il binario dà un “kick”(uno slancio) alle stelle piuttosto che disgregarle o consumarle
completamente. Comunque il tasso di diffusione delle stelle in un “sink” centrale varia solo in maniera logaritmica con la dimensione del “sink” (Lightman &
Shapiro 1978) e un binario con legame forte espelle la maggior parte delle stelle
ben fuori dal nucleo con v � σ (cosi l’analogia è abbastanza buona). Ma questo
modello non lo vediamo perchè è piuttosto complesso.
Tornando al discorso di prima possiamo dire che è difficile spiegare quale sia
il comportamento del SMBH binario dopo che ha superato il raggio ah , questo
viene chiamato il problema del parsec finale.
7.1.1
Il problema del parsec finale
(The Final Parsec Problem Miloš Milosavljevic´1 & David Merritt, 2003)
Le idee per risolvere il problema del parsec finale, cioè dell’ultima fase della
fusione di due SMBHs, non sono scarse:
• “Secondary slingshot” (fionda secondaria). Una volta che le stelle sono
state espulse dal binario massivo possono interagire nuovamente con esso,
ritornando nel nucleo grazie a orbite quasi radiali. Questo fenomeno è
chiamato “secondary slingshot” e viene approfondito da Milosavljevi´c &
Merritt (2003) e Sesana et al. (2007).
• “Bound system”. Le recenti osservazioni hanno rilevato che le galassie con
degli ammassi stellari nucleari sono sempre di più, la massa di questi ammassi è comparabile a quella del SMBH all’interno della galassia ospitante.
Purtoppo non è ancora chiaro come questi sistemi coesistono, ma questa
scoperta permette lo studio sempre più approfondito di essi. Zier (2006,
2007) approfondisce questa idea.
• “Massive perturbers”. In un nucleo che contiene uno spettro di masse, il
tasso di diffusione della gravità è dato dalla equazione 16. Perets et al.
(2007) hanno constatato che i “massive perturbers” vicino al centro della
galassia della Via Lattea sono sufficientemente numerosi da dominare ṁ,
questo implica un tasso di diffusione gravitazionale più alto in un “sink”
di “solar-mass perturbers”.
• SMBHs multipli. Un caso estremo di “massive perturbers” potrebbe essere
un terzo SMBH, che potrebbe influenzare il sistema diffondendo stelle nel
binario centrale (Zhao et al. 2002), o addirittura disturbare questo binario centrale direttamente portando i due SMBHs su un’orbita eccentrica e
diminuendo il tempo con cui le onde gravitazionali vengono “perse” (Valtonen et al. 1994; Makino & Ebisuzaki 1994; Blaes et al. 2002; Volonteri
et al. 2003; Iwazawa et al. 2006; Hoffman & Loeb 2007).
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
57
Figura 42: NGC 6240 e i suoi due SMBH all’interno, essi non formano ancora un legame (crediti: NASA, ESA, the Hubble Heritage
(STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration, and A. Evans (University of
Virginia, Charlottesville/NRAO/Stony Brook University))
• Gas. Durante una fusione di galassie, è molto probabile che del gas finisca
nel nucleo, quindi interferendo con il binario, infatti dense concentrazioni
di gas possono sostanzialmente accelerare l’evoluzione di binari massicci
aumentando la resistenza dei singoli BHs. Purtroppo non è ancora molto
chiaro se ciò avviene e in che misura, neanche dalle simulazioni N-body.
Quindi si può dire che di soluzioni al problema del parsec finale ce ne sono, però
devono essere ancora consolidate, inoltre è quasi sicuro che ci possa essere una
totale coalescenza o una separazione, però non si sa con che frequenza.
7.2
Evidenze di binari supermassivi
Malgrado gli SMBH non siano visibili direttamente, come abbiamo visto per gli
AGN, essi sono visibili per le loro conseguenze indirette, emettono raggi X.
7.2.1
NGC 6240
NGC 6240 (figura 42) è chiaramente il risultato di una fusione di galassie. Questa galassia emette delle forti radiazioni di raggi X e sono visibili due nuclei
distinti (figura 42). Si può dire che ci sono due SMBH, come mostra la figura,
probabilmente si vede che uno dei due è più piccolo. Attorno a questo evento c’è
una forte attività stellare, probabilmente a causa della collisione e della fusione.
La distanza tra i due SMBH è di circa 700 pc (Max et al. 2007). Nonostante la
presenza dei due SMBH, le evidenze cinematiche ci dicono che non sono ancora
legati.
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
58
Figura 43: NGC 3393 mostra un sistema di SMBH chiaramente visibile con
i raggi X (crediti: X-ray: NASA/CXC/SAO/G. Fabbiano et al; Optical:
NASA/STScI, 2011)
7.2.2
NGC 3393
NGC 3393 (figura 43) mostra un sistema di SMBH osservato grazie alle emissioni
di raggi X. I due SMBH si trovano a una distanza di circa 135 pc e hanno masse
stimate attorno ai 10 6 M⊙ . Questa galassia ha i due SMBH con distanza tra
più vicina osservati.
7.3
Binari SMBH e IBH
Fino adesso abbiamo visto i binari massivi, quindi tra due SMBH, però i rapporti
dei binari possono anche ad arrivare a casi estremi come 1:1000, in questo caso
si parla di un binario fra un IBH17 , cioè un buco nero con massa intermedia,
e un SMBH. Molta attenzione si è concentrata nella Via Lattea, perchè come
sappiamo al centro di essa c’è un SMBH, mentre nelle vicinanze ci sono diversi
ammassi di stelle dove è molto probabile che ci siano dei IBH e che interagiscano
con il SMBH di massa circa 3 .5 · 10 6 M⊙ (Portegies Zwart & McMillan 2002;
17 Intermediate-mass
black holes
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
59
Hansen & Milosavljevi´c 2003), formando un binario di forte legame, la loro
distanza è descritta nel seguente modo:
�0.59
� q ��
M•
ah ≈ 0.5Mpc
10−3
3.5 · 106 M⊙
con
q≡
MIBH
M•
Purtroppo le evidenze dinamiche dell’esistenza di un IBH che interagisce con
un SMBH sono scarse (Yu & Tremaine 2003; Hansen & Milosavljevi´c 2003;
Reid & Brunthaler 2004). La figura 44 sulla sinistra mostra una simulazione
N-body che simulano la spirale del IBH nel centro galattico. Essa conferma il
rallentamento aspettato della spirale a una distanza ∼ ah . Invece nella stessa
figura, ma a destra, viene mostrata l’evoluzione del binario, ma, sempre, con
tre masse diverse di IBH come anche sulla sinistra. Con MIBH � 103 M⊙ ,
l’evoluzione del binario è dominita dalla perdita di onde gravitazionali già da
a = ah .
Il flusso di stelle che non permette al binario di stringersi a sua volta implica
un flusso continuo di stelle espulse dal binario. La velocità con vengono espulse
quest’ultime è maggiore della velocità di fuga dalla galassia (Hills 1988), essa
viene chiamata “hyper-velocity stars” (HVSs). Esiste una relazione fra la velocità
con vengono espulse queste stelle e la potenza del legame del binario quando
a ≤ ah :
� �
d 1
2.5
≈
· f lusso
(22)
Thard = a
dt a
M•
il flusso indica la massa totale di stelle per unità di tempo che entrano in
interazione con il binario (e vengono espulse) e si trova in questo modo:
�
�− 12
M•
5t
∼ 5.0
· 1+
tr (rh )
tr (rh )
� 350M⊙ yr−1
in quest’ultimo valore vengono inseriti i dati del centro galattico. Purtroppo
la relazione tra il flusso espulso e le HVSs che si osservano non è molto chiara,
per esempio solo una frazione di stelle viene espulsa a velocità molto elevate,
mentre altre no.
Tornando al cuore, se avviene un binario tra SBH e IBH allora si formerà un
cuore di raggio ∼ 0.05pc (figura 45). Un cuore di questo tipo potrebbe trovarsi al
centro della Via Lattea, ma come detto non è semplice determinare la grandezza
di un cuore, infatti non ci sono chiare indicazioni che vi sia un cuore (Schoedel
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
60
Figura 44: Sulla sinistra abbiamo la simulazioni di “inspiral” dei IBHs nel centro
della Via Lattea. Le linee continue mostrano la separazione dei due BH, mentre
le linee tratteggiate sono le teoriche previsioni che non tengono conto dell’esaurimento del “loss cone” o cambiamenti della struttura del cuore. I piccoli IBH
tendono a fermarsi prima di avere raggiunto il raggio di blocco (Baumgardt,
Gualandris & Portegies Zwart 2006). Sulla destra, invece, viene mostrata l’evoluzione del binario sempre con IBH con masse diverse oltre a = ah , sempre
secondo il modello FoKKer-Planck. Le linee tratteggiate mostrano, invece, che
quando il tempo di evoluzione causato dalla perdita di onde gravitazionali è
minore di 10 Gyr (crediti: Alessia Gualandris e David Merritt, 2007)
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
61
Figura 45: Sulla sinistra viene mostrata la creazione di un cuore da binari
di IBHs nel centro galattico. Le linee continue mostrano il profilo di densità
iniziale. La curca cerde mostra un cuore di 10 Gyr dopo che un IBH di 10 4 M⊙
si è fuso con un SBH (Baumgardt, Gualandris & Portegies Zwart 2006). Sulla
destra il modello Fokker-Planck mostrando come il “cusp” si rigenera dovuto
alla diffusione di due corpi (es stella-stella) su una scala in Gyr (crediti: Alessia
Gualandris e David Merritt, 2007)
et. al 2007), ma se questo fenomeno si è verificato più di qualche Gyr fa, allora ci
sarebbe stato il riempimento della regione esaurita dal binario (Merritt & Wang
2005; Merritt & Szell 2006; figura 44 sulla destra). In questo caso la velocità
delle stelle espulse non è ancora stata studiata.
7.4
Kicks
Lo stadio finale del binario è portato avanti dalle emissioni di onde gravitazionali,
e in quelli comuni, un impulso netto, un “kick” è dato al sistema dovuto a una
emissione di onde (Bekenstein 1973; Fitchett 1984; Favata et al. 2004). Le
prime ipotesi che la velocità di rinculo (del “kick”) sarebbe importante per i
BHs non rotanti sono stati confermati dalle simulazioni che hanno trovato una
Vkick � 200kms−1 (Baker et al. 2006; Gonzalez et al. 2007a; Herrmann et
al. 2007). Subito dopo questi studi però si è scoperto che nei binari generici i
BHs sono rotanti e inclinati rispetto al vettore del momento angolare orbitale.
I primi “kicks” con velocità di 2000kms−1 sono stati confermati (Campanelli
et al. 2007b; Gonzalez et al. 2007b; Tichy & Marronetti 2007), la velocità
massima di un “kick” probabilmente aumenterebbe a 4000kms−1 in casi di BHs
estremamente rotanti (Campanelli et al. 2007b). Per binari di massa ineguale
il “kick” massimo è:
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
Vmax ≈ 6 · 104 kms−1
62
q2
(1 + q)
4
A differenza della rotazione dei BHs normali, quella dei SMBHs non sostiene
nessuna relazione con l’orientamento del gas del disco che li circonda (e.g. Kinney et al. 2000; Gallimore et. al. 2006) e questo vale anche per la caduta del
BHs. Le velocità di fuga delle galassie sono � 3000kms−1 (Merritt et al. 2004),
così il riculo delle onde gravitazionali può addirittura espellere completamente
degli SMBHs coalescenti dalle galassie. Un fenomeno particolare, ma possibile.
Delle simulazioni N-body dettagliate mostrano che il moto di un SMBH che
è stato “kicked” con abbastanza velocità da essere espulso fuori dal cuore, ma
non dalla galassia, vengono esposte tre fasi (Gualandris & Merritt 2007):
• Fase I: il SBH oscilla con una diminuzione di ampiezza, perdendo energia
attraverso l’attrito dinamico ogni volta che passa attraverso il cuore.
• Fase II: quando l‘SMBH oscilla con un raggio pari a quello del cuore,
il SMBH e quest’ultimo iniziano a mostrare un’oscillazione intorno a il
centro di massa (figura 46). Questa oscillazione decade esponenzialmente
(figura 47), ma con un tempo 10-20 volte più lungo più lungo di quello
previsto da una applicazione della formula di attrito dinamico.
• Fase III: infine l’energia cinetica del SBH diminuisce fino a un valore
medio:
1
1
M• V•2 ≈ m� V�2
2
2
Questa è l’energia cinetica di una singola stella. Questo è il regime del
moto gravitazionale browniano (Bahcall & Wolf 1976; Young 1977; Merritt et
al. 2007).
Il tempo per raggiungere il regime browniano si chiama “return time” (tempo
di ritorno) di un SMBH “kicked”. A meno che il “kick” sia molto vicino alla
velocità di fuga, il “return time” è dominato dal tempo trascorso nella fase II.
L’energia del SMBH diminuisce così:
E ≈ φ (0) + φ (rc ) e−(t−tc )/r
dove tc è il tempo quando il SMBH rientra nel cuore dove il raggio è rc .
Tornando ai “kicks”, essi sono molto efficaci per riempire il cuore (Merritt et
al. 2004; Boylan-Kinchin et al. 2004). Il deficit di massa generato dal “kick” è:
Mdef,k ≈ 5M• (Vkick /Vesc )
1.75
Dei “kicks” di rilevante importanza potrebbero generare dei cuori ben più
grandi che quelli prodotti dalla formazione del binario (che abbiamo visto prima, equazione 21, ∼ 1M• ). Oltre a ciò questo fenomeno si verifica in modo più
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
63
Figura 46: Sulla sinistra viene mostrata un’oscillazione del cuore in una simulazione N-body dell’espulsione di un SBH dal centro della galassia, la velocità
del “kick” è del 60% di quella di fuga. I contorni mostrano la densità stellare
a un tempo e uno spazio uguale, attraversando ∼ 1/2 del periodo dell’orbita
del SBH. I punti neri sono il SBH mentre il segno + indica il punto di densità
massima (Gualandris & Merritt 2007). Sulla destra viene mostrata la luminosità superficiale che segna il contorno di tre cuori galattici con nuclei doppi o
deviati: NGC 4382 (sopra), NGC 507 (al centro) e NGC 1374 (sotto). (Lauer
et al. (2005)(crediti: Alessia Gualandris e David Merritt, 2007)
7 DINAMICA ATTORNO A UN SMBH
64
Figura 47: Evoluzione dell’energia cinetica di un SBH dopo un “kick”
del 60%
della velocità� di fuga centrale, in due simulazioni N-body con
�
N = 2 .5 · 10 5 , 2 · 10 6 . La massa del SBH e della galassia sono uguali per
le due simulazioni, mentre quello che cambia è la massa delle particelle (stelle).
Sulla sinistra viene mostrata la V 2 . L’energia cinetica del SBH decade con il
valore browniano, mostrato sulla destra con le linee orizzontali tratteggiate. La
scala della velocità browniana è più piccola ad N maggiori. Con una massa della
galassia pari a 3 · 10 10 M⊙ il tempo per raggiungere il regime browniano sarà
∼ 108 yr (crediti: Alessia Gualandris e David Merritt, 2007)
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
65
efficacie nelle galassie più luminose. Un’alternativa spiegazione per i cuori più
grandi del normale suppone che i SMBHs in queste galassie sono “ipermassivi”,
M• � 10 10 M⊙ e i cuori di queste galassie si sono formati grazie alla espulsione
“sligshot” del binario massivo. I “kicks” comportano delle conseguenze osservabili, includendo deviazioni spaziali o/e cinematiche degli AGN (Madau & Quataert
2004; Haehnelt et al. 2006; Merritt et al. 2006; Bonning et al. 2007) o getti.
Alcune di queste ultime caratteristiche sono mostrate nei capitoli: 1.6 e 5.
8
Fusione di un binario supermassivo
Grazie all’antenna spaziale LISA, che riesce facilmente a visualizzare onde gravitazionali di basse frequenze, sono stati sviluppati diversi studi teorici riguardanti
la formazione e l’evoluzione di un binario supermassivo di SMBHs. Quindi come evolve il binario in una fusione di due galassie? Per la fusione della galassia
sono già stati fatti studi riguardanti la formazione della sua struttura durante
questa fusione (Haehnelt 1994; Menou, Haiman & Narayanan 2001; Volonteri,
Haardt & Madau 2003; Wyithe & Loeb 2003; Jaffe & Backer 2003). Invece per
l’evoluzione del binario, come visto anche nel capitolo precedente, può essere
anche molto lunga, dipende da come esso gestisce il gas e le stelle attorno a
lui, questo viene chiamato “il problema del parsec finale” (e.g. Milosavljevic &
Merritt 2003). Malgrado questo, la totale coalescenza del binario sarebbe possibile in certe condizioni (assenza di gas o di stelle che interferiscono nel sistema).
Tutto questo non è dimostrato attraverso osservazioni, poichè questo processo
è molto lungo, ma tramite simulazioni N-body, sempre fondamentali.
8.1
Modelli isolati
Adesso analizziamo la situazione dell’evoluzione del binario supermassivo senza
gas (modello isolato), quindi senza fenomeni esterni, questo processo può essere
diviso in tre fasi (Begelman et al. 1980):
• fase I: i SMBHs sono separati e si muovono indipendenti nella galassia. L’evoluzione delle loro orbite è deteminata durante questa fase è
determinata dall’attrito dinamico dovuto al stelle che li circondano.
• fase II: questa fase inizia quando i due SMBH si avvicinano tra loro formando un legame. Adesso la distanza tra i due diminuisce rapidamente, questo è dovuto dall’attrito dinamico e all’espulsione di stelle tramite
lo “slingshot” gravitazionale (discusso prima). Alla fine di questa fase il
binario forma un legame forte.
• fase III: questa fase consiste nella lenta evoluzione del binario dove le orbite
vuote (per via della loro espulsione) del loss cone vengono ripopolate. In
una galassia sferica con un grande N (un grande numero di stelle), per il
tempo della ripopolazione orbitale è fondamentale tenere conto il tempo
di rilassamento tra due corpi. Questa è l’origine del “final parsec problem”
(Merritt & Milosavljevic 2005).
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
66
Figura 48: Evoluzione della distanza tra due SBHs in 10 simulazioni N-body di galassie sferiche isolate con differenti numeri di particelle
(NA1 ,B1 = 32k , NA2 ,B2 = 64k , NA3 ,B3 = 128k , NA4 ,B4 = 256k , NA5 ,B5 = 512k ).
Il modello A (a sinistra) con M• = 0 .001 , modello B (destra) M• = 0 .01
(crediti: Andreas Just e David Merritt, 2011)
La figura 48 riassume la distanza R tra le due particelle SMBH in funzione
del tempo in galassie isolate (senza gas e stelle) , Modello A e B. Si possono
osservare le tre fasi descritte prima:
• come abbiamo già visto nel capitolo precedente nella prima fase la distanza dei due SMBH diminuisce per l’attrito dinamico. Questa fase finisce
quando R ≈ rh , il raggio di influenza gravitazionale. Esso può essere
definito come il raggio di una sfera attorno al binario supermassivo che
racchiude una massa stellare doppia della massa del binario. Per i modelli
A, M• = 0 .001 e rh ≈ 0.07. Dalla figura 48 si può osservare la fine della
prima fase, quando R ≈ 0 .07 . Bisogna dire che queste stime non tengono conto dei cambiamenti della galassia dovuti alla presenza del secondo
SMBH. Per i modelli B, il raggio di influenza è ∼ 0.25. Infatti nella figura
48 a destra si può vedere che questa fase finisce con R ≈ 0 .25 .
• nella seconda fase la distanza diminuisce molto rapidamente. L’attrito
dinamico e l’espulsione di stelle attraverso lo “slingshot” gravitazionale
riescono ad estrarre momento angolare dal binario, quindi il movimento
dei due SMBH rallenta (come la loro energia). Per i modelli A questo
processo avviene fino a t ≈ 40 , mentre per quelli B fino a t ≈ 20 . Il moto
dei SMBH in questa fase è approssivatamente kepleriano. Si definisce il
semiasse maggiore a e l’eccentricità e secondo questa relazione:
1
2
v2
=
−
a
R
µ
e=
�
1+
�
�
2h2 v 2
µ
−
µ2 2
R
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
4000
400
3000
300
1/a
500
1/a
5000
67
2000
200
A1
A2
A3
A4
A5
1000
B1
B2
B3
B4
B5
100
0
0
20
30
40
50
60
time
70
80
90
100
0
10
20
30
40
50 60
time
70
80
90 100
Figura 49: Evoluzione dell’inverso del semiasse maggiore del binario supermassivo in un modello isolato (crediti: Andreas Just e David Merritt,
2011)
dove µ = G (M•1 + M•2 ), v è la velocità relativa e h è lo specifico momento
angolare del moto relativo.
• la fase rapida finisce quando a ≈ ah , dove ah è definito dall’equazione
20 come il semiasse maggiore del binario di legame forte. Per tutti e
due i modelli q = 1 , per i modelli A, ah = 0 .004 , mentre per quelli B
ah = 0 .016 .
Dalla figura 49 si può vedere che il binario non ha una forte dipendenza da N
fino che il binario diventa forte a ≤ ah . Per il modello A questo accade a t ≈ 25 ,
mentre per quello B a t ≈ 30 . Oltre questi tempi, il binario dipende dal numero
N. Il tasso s della robustezza del binario si calcola così:
� �
d 1
s=
dt a
adattando le linee rette a a −1 (t) in un intervallo da t = 50 a t = 100 .
La figura 50 mostra la dipendenza N di s, per N ≥ 50k , il tasso di robustezza
del binario è una funzione decrescente di N. Comparando i due grafici della stessa
figura si può vedere che il tasso di robustezza del binario dei modelli B è inferiore
a quelli dei modelli A. Per grandi N, il tempo di rilassamento di due corpi
attorno al binario è abbastanza lungo, comparato con il periodo orbitale delle
stelle vicino al binario e il “loss cone” vicino al binario è quasi vuoto (“empty
loss cone”). In questo regime e con N molto grande, il tasso di evoluzione è
−1
previsto su una scala a ∼ (M•1 + M•2 ) (equazione vista in precedenza). Da
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
100
d(1/a)/dt
d(1/a)/dt
100
68
10
1
10
1
0.1
0.1
4
4.5
5
log10(N)
5.5
6
4
4.5
5
log10(N)
5.5
Figura 50: La dipendenza N del tasso di robustezza del binario in un modello
isolato, sulla sinistra i modelli A, sulla destra quelli B (crediti: Andreas Just e
David Merritt, 2011)
questa equazione a risulta 10 volte più piccola nei modelli A comparata con
quelli B, c’è un ritardo nella fase iniziale dell’evoluzione del binario con legame
forte (“hardening binary”). Tuttavia questo ritardo è trascurabile per un tempo
t0 fino a che il semiasse maggiore raggiunge a0 , quando l’energia persa dalle
onde gravitazionali inizia ad essere la più importante.
8.2
Modelli reali
Nei modelli che vedremo adesso viene tenuto conto anche il gas, quindi non
sono più modelli isolati, ma modelli reali. Nella tabella 4 vengono mostrati i
parametri per i modelli delle fusioni delle galassie. La distanza iniziale di due
centri galattici è 20r0 . La velocità relativa iniziale delle due galassie è stata
decisa in base alla distanza dei due SMBH quando passano dal primo pericentro
∼ r0 (quindi l’orbita del binario è ellittica, figura 51). Questa approssimazione
serve per rendere i calcoli meno complessi. La figura 52 mostra la fusione tra
due galassie. Nella fase iniziale (le tre immagini sopra) i due SMBH rimangono
fortemente legati con associati i rispettivi “cusp” (quindi gas e stelle) di densità. I
“cusps” si fondono a circa t ∼ 100 , successivamente quando è fuso viene distrutto
dalla espulsione di stelle causata dallo “slingshot” gravitazionale (figura 53).
La figura 54 mostra la distanza tra i due SMBH nei modelli di fusione. Il
passaggio dal primo pericentro è a t ≈ 80 . Mentre la galassia fonde, i due SBHs
rimangono al centro nei loro rispettivi “cusp” di densità, fino a quando i due
SMBH si avvicinano formando un binario, a t ≈ 100 , o anche prima nel caso
6
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
C1
C2
C3
C4
D1
D2
D3
D4
2·N
64k
128k
256k
512k
64k
128k
256k
512k
69
M•
0.001
0.001
0.001
0.001
0.01
0.01
0.01
0.01
Tabella 4: I valori per le simulazioni N-body delle fusioni di galassie (crediti:
Andreas Just e David Merritt, 2011)
Figura 51: Orbita ellittica della Terra attorno al Sole, in alto la massima
eccentricità, in basso la minima.
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
70
Figura 52: Fusione di due galassie in cui avviene anche la fusione di due SBHs,
intorno si osservano le curve di densità proiettate sul piano di orbita iniziale del
modello C3 (crediti: Andreas Just e David Merritt, 2011)
Figura 53: Sulla sinistra viene mostrato il profilo di densità per il modello
A5 facendo la media tra 5 tempi differenti (t = 60 , 68 , 76 , 84 , 92 ). La densità
centrale diminuisce con l’espulsione di massa del binario dal nucleo. Sulla destra,
invece, viene mostrato il profilo di densità spaziale per il modello C4 facendo
la media tra 5 differenti tempi (t = 140 , 160 , 180 , 200 , 220 ). (crediti: Andreas
Just e David Merritt, 2011)
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
71
Figura 54: Evoluzione della distanza tra i due SBHs nelle simulazioni di fusione
di galassie (crediti: Andreas Just e David Merritt, 2011)
del modello D. La distanza tra i due SMBH diminuisce rapidamente per i motivi
che abbiamo visto prima. Una volta che si è formato il binario di legame forte, il
tasso di robustezza del binario diminuisce a sua volta. Questo comportamento è
qualitativamente simile a modelli isolati (figura 48), però bisogna osservare che
il tempo di fusione di due SMBH nei modelli isolati è molto minore di quello
in modelli non isolati, questo è importante poichè ci ha dimostrato che se gas e
stelle interferiscono con il binario, allora la fusione è nettamente più lenta.
Malgrado siano simili questi due modelli c’è un importante differenza: la
figura 55 sulla sinistra mostra l’evoluzione del semiasse maggiore del binario,
mentre la stessa figura sulla destra il tasso di robustezza del binario, quest’ultimo
è stato calcolato nello stesso modo del modello isolato con una misura lineare
1 /a in un intervallo di tempo 150 ≤ t ≤ 200 . Nei modelli di fusioni di galassie,
non c’è dipendenza da N del tasso di robustezza del binario. Inoltre, nei modelli
C e D, i tassi di robustezza sono molto più grandi.
Una spiegazione per questa differenza è che un processo complesso permette
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
72
Figura 55: Sulla sinistra l’evoluzione dell’inverso del semiasse maggiore del binario SMBH durante delle simulazioni di fusioni tra galassie. Sulla destra i tassi
di robustezza del binario nelle simulazioni di fusioni di galassie (in alto a destra
il modello C, in basso a destra il modello D) (crediti: Andreas Just e David
Merritt, 2011)
alle stelle di interagire con il binario in un tempo minore di quello di rilassamento
dei due corpi (Merritt & Poon 2004; Berczik et al. 2006).
Si può inoltre dire che durante la fusione cambia la forma del “cusp” di densità
attorno al binario, rendendolo meno assimmetrico, ma non ci soffermeremo su
questo aspetto.
La figura 56 mostra molto schematicamente l’evoluzione del “cusp” attorno
a un SMBH e quando due galassie interagiscono. Nel primo caso il “cusp” è
attirato dalla forza gravitazionale del SMBH e quindi vieni attirato sempre più
vicno all’oggetto massivo. Nel secondo caso è interessante vedere come il “cusp”
evolve differentemente dal primo caso, il “cusp” rimane lontano dal binario, senza
tendere ad avvicinarsi, o sicuramente meno del primo caso.
8.3
Regimi del “loss cone”
Come già detto il binario di SMBH è una conseguenza inevitabile delle fusioni
di galassie. A meno che uno dei due SMBH sia molto piccolo, essi formano un
legame forte a a ≈ ah . La distanza tra i due, come abbiamo visto, può ancora
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
73
Figura 56: Due schemi per la crescita di SMBH nel centro di galassie. In alto la
densità stellare all’interno di rh diminuisce man mano che il SMBH attira stelle.
In basso il modello del binario di SMBH, i SMBH si muovono a spirale spostano
la materia all’interno di rc che è circa la distanza tra i due quando formano un
binario robusto (crediti: David Merritt, 2003)
diminuire, però solo se il binario è in grado di cambiare il proprio momento
angolare con le stelle e il gas. Le stelle che passano a una distanza ∼ 3a dal
binario, subiscono una complessa interazione con il binario (“a 3-body interaction”), seguita dall’espulsione delle stelle a una velocità di ordine µ/m12 volte
la velocità orbitale del binario. Ogni espulsione di stelle porta via energia e
momento angolare al binario, causando il cambiamento del semiasse maggiore,
dell’eccentricità, dell’orientamento e della velocità del centro di massa e fa diminuire la densità locale di stelle. Ma andiamo a vedere cosa accade al loss cone
con il variare delle stelle, quindi nelle simulazioni N-body con il variare del numero N. La figura 57 mostra i regimi probabili. Per piccoli N , le collisioni sono
talmente tante che il “loss cone” rimane pieno. L’energia del legame del binario
diminuisce linearmente con il tempo, a −1 ∝ t, e il profilo di densità stellare
diventa gradualmente piatto. La stessa sorte di evoluzione avviene nei nuclei
triassiali, dove le orbite possono continuamente ripopolare il “loss cone”. Invece,
nelle galassie giganti i tempi di rilassamento sono molto lunghi e praticamente
nessuna stella sarà distribuita nel “loss cone” del binario. Se la distanza tra i
due SMBH si blocca, si ha un buco nella densità stellare. Un meccanismo che
potrebbe contribuire a riattivare il restringimento è la re-espulsione: le stelle
espulse con meno della velocità di fuga galattica posso interagire nuovamente
con il binario. Il più interessante regime è quello intermedio, cioè il “loss cone”
non è nè pieno nè vuoto, ma una via di mezzo. La figura 58 mostra la dipendenza di N del tasso di diminuzione della distanza di quest’ultimo regime, essa
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
74
Figura 57: Qui sono presentati i regimi possibili del “loss cone” (crediti: David
Merritt, 2004)
è chiaramente visibile.
8.4
Le onde gravitazionali
Come già detto i binari di SMBH sono delle fonti molto importanti di onde gravitazionali (GW18 , figure 39 sulla destra e 59). Queste onde estraggono energia
e momento angolare dal binario, quindi cambiando le orbite dei suoi elementi.
Peters (1964) ha dato un’espressione per calcolare il tasso di cambiamento del
semiasse maggiore e dell’eccentricità del binario dovuto all’emmissioni di GW:
�
da
dt
�
�
GW
de
dt
64 G3 M•1 M•2 (M•1 + M•2 )
=−
7
5
a3 c5 (1 − e2 ) 2
�
GW
=−
�
73
37
1 + e2 + e4
24
96
304 G3 M•1 M•2 (M•1 + M•2 )
e
5
15
a4 c5 (1 − e2 ) 2
�
1+
121 2
e
304
�
(23)
�
Si definisce tGW (a0 , e0 ) come il tempo richiesto per il semiasse maggiore del
binario per restringersi a 0 sotto influenza delle emissioni del GW, partendo
18 “gravitational
waves”
8 FUSIONE DI UN BINARIO SUPERMASSIVO
75
Figura 58: Questa figura mostra la dipendenza di N dal tasso di diminuzione
della distanza del binario supermassivo in una simulazione N-body. Ogni simulazione parte da uno stato iniziale simile, cioè un binario di massa uguale con
una energia di legame 10. Per piccoli N, il decadimento a lungo termine soddisfa
a −1 ∼ t. Si vede chiaramente che questo tasso dipende da N (crediti: David
Merritt, 2004)
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
76
da valori iniziali (a0 , e0 ). Il tempo totale per la completa coalescenza, tcoal ,
include anche il tempo dall’inizio della simulazione fino a che il regime GW
entra in gioco. Nei modelli N-body di fusioni, il tasso di robustezza dopo la
fusione del binario, s, è indipendente a a e N . Il cambiamento del semiasse
maggiore del binario in questo regime è:
� �
da
≈ −sa2 , s ≈ const
dt N B
A un determinato tempo, a sarà diminuita a una piccola misura che (da/dt)N B
eguaglierà (da/dt)GW . Definiamo t0 come il tempo in cui i due tassi si eguagliano. Il tempo di fusione è il tempo dall’inizio della simulazione a t0 , più
tGW (a0 , e0 ), dove a0 ≡ a (t = t0 ) , e0 ≡ e (t = t0 ). In molti casi, t0 supera il
tempo finale tfinal della simulazione. In questi casi il tempo ∆t tra tfinal e t0 è:
�
�
1
1
−1
∆t = s (tf inal )
−
a0
af inal
Sempre in questi casi si assume che e (t) sia una costante, e (t) = e (tfinal ), per
t ≥ tfinal quando calcolato tGW .Il calcolo dei tassi di evoluzione di GW richiede
l’uso di valori particolari per la lunghezza e il tempo, quindi Mgal e r0 . Per
galassie con masse piccole, il tempo totale per la fusione oltrepassa ∼ 1Gyr,
mentre per galassie con masse molto grandi il tempo di coalescenza è ∼ 0 .5Gyr .
Questo risultato contraddice i risultati previsti, cioè che un SMBH con massa
maggiore ci mettesse più tempo a fondersi.
Questi risulati ci dicono che il “final parsec problem” non è un problema così
serio come si credeva e che è comune la totale coalescenza di due SMBH, anche
in galassie carenti di gas (modelli isolati).
9
9.1
Interazioni SMBH con stelle e materia oscura
Distribuzione della materia attorno a un SMBH
La figura 60 mostra due modelli per l’evoluzione della densità stellare attorno a
un buco nero. Se il tempo di rilassamento tra stella-stella è abbastanza lungo,
allora la densità stellare ρ (r) è data dalla forma del nucleo. La più semplice
ipotesi è la crescita di un BH dovuto a un processo di accreazione. Man mano
che il SMBH cresce attira a se stelle e gas. Se il suo tempo di crescita è lungo
(comparato con i periodi orbitali), il cambiamento della densità stellare è semplice da calcolare. Nella figura 60 sulla sinistra viene mostrato il risultato se la
densità iniziale segue la legge ρ ∝ r−y0 . Il profilo finale a un raggio chiamato
rcusp è riassunto in questo modo:
rcusp = α · rh
0.19 � α � 0.22
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
77
Figura 59: Onde gravitazionali emesse da un sistema binario di SMBH, esse
hanno un’influenza estremamente importante sulle stelle attorno (crediti: T.
Carnahan (NASA GSFC), 2009)
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
78
0.5 ≤ y0 ≤ 1.5
e rh è il raggio che contiene una massa stelle pari al doppio della massa del BH.
Ora la densità finale si calcola nel seguente modo a un rcusp :
ρ ∝ r−y , 2.29 ≤ y ≤ 2.5
Se il nucleo è più vecchio del tempo di rilassamento, la distribuzione di massa
è diversa sotto l’influenza di un SMBH. Questo stato stazionario ha un flusso
netto di stelle quasi pari a zero rispetto all’energia e al profilo di densità ρ ∝
7
r− 4 vicino al SMBH. Nella figura 60 sulla destra viene mostrato il risultato,
assumendo sempre vari y per una densità stellare iniziale. Bisogna sottolineare
7
che la dipendenza r − 4 è solo raggiunta a r � rcusp ≈ 0.1rh .
Le conzioni per elaborare un cusp collisionale con y = 7 /4 è che il tempo di
rilassamento (si calcola dall’equazione 15) misurato a ∼ rh deve essere minore
dell’età del nucleo (se no abbiamo una situazione simile alla nostra Via Lattea).
La materia oscura verrebbe influenzata dalla crescita del buco nero secondo
il modello “collisionless”, cioè senza collissioni. La densità di questa materia
attorno al SMBH potrebbe essere molto alta. La distribuzione della materia
oscura evolverebbe a causa dell’allontanamento delle stelle. Si può dire grazie a
questo processo che le stelle trasferiscono calore alla materia oscura. Nella figura
61 viene mostrata la densità della materia oscura a un tempo determinato dopo
il riscaldamento delle stelle nel bulge galattico.
In una galassia
√ sferica, le stelle o la materia oscura con un momento angolare
minore di Jlc ≈ 2GM• rt passerà all’interno di una distanza rt dal centro del
SMBH. Il “loss cone” è quel sistema di orbite che soddisfa J ≤ Jlc (E ). Se immaginiamo che un SMBH all’interno di una galassia in uno stato stabile popolata
da stelle con J ≤ Jlc , le stelle nelle orbite del “loss cone” verrebbero disintegrate
in un periodo orbitale o meno, dando un tasso di alimentazione (disponibilità
2
delle stelle ad entrare nel “loss cone”) transitorio di ∼ 4π 2 f (E, 0) Jlc
(E) stelle
per unità di energia per unità di tempo. Questo è anche chiamato il tasso di
consumo del “full loss cone”. È difficile immaginare come la galassia riesca ad
organizzare 10 5 o più eventi per portare il “loss cone” a un continuo riempimento. Invece, il “loss cone” è probabilmente vuoto a un raggio r ≤ rcrit , dove
quest’ultimo è il raggio in cui il tempo di distribuzione (nelle orbite) nel “loss
cone” eguaglia il periodo orbitale. Le stelle si perdono nel momento in cui entrano nel “loss cone”, mentre sotto un rcrit le stelle potrebbero essere diffuse
dentro o fuori il “loss cone” in una singola orbita. Per M• ≈ 10 7 M⊙ , rcrit ≈ rh ,
mentre per rcrit < rh quando M• è grande. Il tasso di alimentazione dovuto alle
stelle all’interno di rcrit è ∼ M (rcrit ) /tr (rcrit ). Fuori dal rcrit il “loss cone” è
effettivamente pieno, ma il tasso di alimentazione diminuisce rapidamente con
il raggio dato che la sfera sottointende un piccolo angolo.
La figura 62 mostra i tassi di disintegrazione delle stelle calcolati in una
gamma di galassie ellittiche.
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
79
Figura 60: Sulla sinistra profili di densità senza collisioni dati dalla crescita del
SMBH in un luogo fisso. I profili iniziali seguono la legge ρ ∝ r−y0 , con y0
che aumenta verso l’alto vicino a 0.25. La scala radiale è “normalizzata” a un
rh definito nella galassia iniziale (prima del buco nero). Sulla destra, invece,
vengono mostrati i profili di densità collisionali, calcolati con l’equazione di
7
Fokker-Planck. La densità all’interno di ∼ 0.1rh soddisfa ρ ∝ r− 4 (crediti:
David Merritt, 2004)
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
80
Figura 61: Densità della materia oscura a t = 0 (linee punteggiate) e a 10 10 yr
(linee in grassetto) dopo il riscaldamento delle stelle nel bulge galattico (crediti:
David Merritt, 2004)
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
81
Figura 62: Tassi di disintegrazione stellari in diverse galassie ellittiche. I cerchi
vuoti sono le “core galaxies” e i cerchi pieni sono le galassie “power-law”. Le linee
tratteggiate sono i tassi di disintegrazione nei nuclei “power-law” con ρ ∝ r −2 e
rispettivamente r −1 .5 (crediti: David Merritt, 2004)
I tassi di disintegrazione raggiungono ∼ 10−3 yr−1 nelle galassie più deboli
con SMBH verificati come M32. Una frazione pari a 25%-50% delle stelle frantumate rimarrà gravitazionalmente legata al SMBH. Se questo è il caso e il tasso
di disintegraione è stato costante per oltre 10 10 yr , la figura 62 suggerisce che
il consumo di stelle potrebbe dare un contributo maggiore per la crescita del
SMBH con M• � 10 7 M⊙ .
9.2
Moto browniano
Sia singoli che binari di SMBH subiscono un orbita casuale nello spazio, inoltre
il loro moto è perturbato dagli incontri gravitazionali con stelle vicine. La teoria
per degli incontri considerati semplici prevede che un SMBH raggiunge uno stato
di equipartizione dell’energia cinetica con le stelle, dandole una velocità media di
V 2 ≈ 3 (m/M• ) σ 2 . Questo moto gravitazionale browniano è stato dato come
meccanismo per migliorare la disponibilità di stelle al binario.
Mentre il moto browniano probabilmente influenza il tasso di diminuzione
della distanza dei binari nelle simulazioni N-body, non è sicuro se l’effetto è
significativo nelle galassie reali. La velocità browniana di singoli SMBH trovata
nelle simulazioni N-body:
1
3
M• V 2 ≈ mσ 2
2
2
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
82
dove σ 2 , in questo caso, è la velocità media stellare all’interno di una regione
r � 0 .5rh attorno al SMBH e m è la massa stellare.
Il moto browniano di un binario massivo è più grande che quello di un singolo
BH per due ragioni:
• le stelle sono espulse superelasticamente dal binario, impartendo un momento più grande al binario che al singolo BH.
• la forza dell’attrito dinamico che agisce sul binario è minore di quella
che agisce su una singola particella dovuto alla casualità degli angoli di
espulsione.
Questa differenza è stata verificata anche attraverso le simulazioni N-body.
La richiesta di stelle che può essere garantita al binario dipende da diversi
ragioni, cioè dal numero di stelle disponibili.
9.3
Evidenze della distruzione del “cusp”
È naturale attribuire ai cuori un’espulsione stellare dovuta a un binario di SMBH
e usare un deficit di massa come un test quantitativo del modello del binario
(figura 38 sulla sinistra). Diversi studi sui cuori (Milosavljevic et al. , Graham)
gli abbiamo già visti e disussi nei capitoli precedenti.
Un problema ancora irrisolto è l’effetto di fusioni multiple sui profili centrali
di densità delle galassie contenenti SMBHs. Considerando la fusione di due
galassie con dei “cusp” centrali importanti e SMBH di massa m1 e m2 . Il
risultato sarebbe una galassia con un profilo centrale meno profondo e un BH
di massa m12 = m1 + m2 . Adesso se la stessa galassia è stata prodotta da una
fusione di due galassie i cui “cusp” di densità centrale sono stati distrutti da
una fusione precedente, la fusione finale abbasserebbe ancora di più la densità
stellare, producendo un grande cuore di massa m12 . Purtroppo non è semplice
ricreare questa situazione nelle simulazioni N-body.
L’idea che i cuori crescano in modo accumulativo nelle fusioni è stata usata
da Volonteri et al. per predire l’evoluzione di cuori luminosi e costituiti da
materia oscura nelle galassie. In uno dei modelli più estremi, i binari si presume
che espellano una quantità di massa stellare pari a quella che gli serve per
diminuire la distanza tra i due SMBH, dove le GW perse inducono alla fusione.
Il risultato, dopo 10 10 yr, sono dei cuori di dimensioni 3rh .
In galassie piccole e dense, un “cusp” distrutto potrebbe riformarsi tramite
un meccanismo collisionale discusso ptima, se il tempo di rilassamento nel raggio
del cuore è minore che il tempo trascorso dalla fusione. Un’alternativa se no
potrebbe essere un “cusp” importante dovuto alla formazione stellare che avviene
dopo la maggior parte delle fusioni.
9.4
Espusioni del SMBH
Come abbiamo già visto se due SMBH stanno per fondersi, l’emissioni di GW
sono molto alte, così il momento lineare di queste onde impartirà un “kick” al
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
83
Figura 63: Effetti sul profilo di densità del nucleo dovuto all’espulsione del BH.
Il modello di galassia iniziale ha un “cusp” di densità ρ ∼ r−1 . Sulla sinistra
viene mostrata la rimozione impulsiva del SMBH. Le linee verticali mostrano
il raggio della sfera di influenza rh prima dell’espulsione. Si forma un cuore di
∼ 2rh . Sulla destra viene mostrata l’espulsione a velocità minori della velocità
i fuga. Il BH ha massa 0 .003Mgal , la galassia è inizialmente sferica e l’orbita
del BH rimane quasi radiale al decadimento attraverso l’attrito dinamico. La
freccia indica rh (crediti: David Merritt, 2004)
SMBH di ampiezza ∼ 10−3 c. La velocità di contraccolpo dipende dal rapporto
di massa e la rotazione dei due SMBH. La dipendenza dal rapporto di massa
tra i due è chiara: la velocità di contraccolpo ha un picco a m2 /m1 ≈ 0 .38 e
invece è pari a 0 con m2 /m1 ≈ 0 o 1 .
Un importante conseguenza del “kick” è l’espulsione dei SMBH dalle galassie. Se i SMBH vengono completamente espulsi o no, lo spostamento del BH
trasferisce energia al nucleo e diminuisce la densità all’interno di un raggio di
grandezza ∼ rh (figura 63). L’impulso a Vkick � Vescape produce un cuore di
circa una densità costante all’interno di un raggio ∼ 2rh se il profilo di densità
iniziale è ρ ∝ r−1 . L’effetto è diverso quando Vkick � Vescape dato che il BH
può ritornare più volte nel nucleo. Per Vkick � 0 .25Vescape il cambiamento di
densità è trascurabile.
9 INTERAZIONI SMBH CON STELLE E MATERIA OSCURA
9.5
84
Dinamiche del gas
Se il ∼ 1pc all’interno del nucleo contenesse una massa di gas comparabile alla
massa di uno dei due SMBH, il movimento del gas causerebbe all’orbita del
piccolo SMBH una diminuzione della distanza in un tempo di ordine del tempo
di accrescimento del gas (Syer & Clarke 1995; Ivanov, Papaloizou & Polnarev
1999). Dando come standard l’ipotesi delle viscosità del disco di gas, il tasso
di diminuzione della distanza del gas lo supererebbe dall’emissione di GW per
a > aacc dove:
� p � 25 �
�2
aacc
σ
≈ 1 · 10−3
ah
0.1
200kms−1
(Armitage & Natarajan 2002). Se l’orbita del secondo SMBH è fortemente inclinata rispetto al disco di accrescimento attorno al grande SMBH, il suo
passaggio attraverso il disco potrebbe generare periodiche esplosioni (“outburst”). Però questo processo non è ancora molto chiaro e deve essere ancora
approfondito.
10 CONCLUSIONI
10
85
Conclusioni
Per concludere possiamo dire che i fenomeni legati ai buchi neri sono moltissimi
e hanno caratteristiche molto differenti. Naturalmente sono argomenti molto
complessi che non sempre grazie agli strumenti che abbiamo a disposizione possono essere verificati e confermati. Questo porta alla formulazione di ipotesi che
futuri studi porteranno avanti.
Nel capitolo 1 abbiamo studiato un po’ in generale le galassie, la loro classificazione e fenomeni particolari legati ai fenomeni dei buchi neri, come gli
AGN.
Nel capitolo 2 abbiamo approfondito aspetti che riguardano la cinematica
interna delle galassie, in particolare ciò che poteva essere utile a capire meglio
gli SMBH e i fenomeni che li circondano, come per esempio gli spettri, il profilo
di velocità stellare e le evidenze osservative della materia oscura.
Nel capitolo 3 abbiamo parlato di una componente fondamentale dell’universo, la materia oscura, una materia che interagisce solo gravitazionalmente
con la materia ordinaria senza però avere ancora trovato ciò che la compone.
L’evidenze osservative di questa materia invisibile e le teorie alternative che comunque non riescono ancora a sostituirla. Un metodo molto importante che
permette di quantificare la materia oscura: il rapporto massa-luminosità.
Nel capitolo 4 abbiamo accennato brevemente alle simulazioni N-body, molto
importanti per studi legati ai SMBH e alle collisioni tra galassie.
Nel capitolo 5 abbiamo parlato in generale di buchi neri, di SMBH e abbiamo
fatto qualche esempio che comunque conferma la presenza dei buchi neri. L’altro
grande argomento che abbiamo trattato è la relazione che esiste tra il buco nero
e la galassia che lo ospita.
Il grande quesito del centro galattico della Via Lattea è stato presentato
nel capitolo 6, si discute difatti dei possibili modelli che possono rappresentarlo: modello rilassato o non. Argomenti che comunque sono ancora in piena
discussione e centro di molti studi.
Nel capitolo 7 abbiamo approfondito la dinamica dei SMBH, le varie forme in
cui si presentano, singoli o binari, e di quest’ultimi anche i problemi che sorgono.
Altri fenomeni potrebbero essere i “kiks”, molto particolari e caratteristici.
La fusione di un binario massivo è uno degli argomenti trattati più particolarmente nel nostro lavoro e nel capitolo ci siamo occupiamo di questo e del
fenomeno del “loss cone”.
Infine nel capitolo 8 ci siamo occupati di trattare fenomeni esterni ai SMBH,
ma anche interni come l’espulsione di SMBH. Infatti molte galassie vengono
sconvolte da questi eventi che si presentano in modi diversi e particolari.
Per concludere, questo lavoro si è presentato molto interessante, ma anche
difficile poichè un lavoro di ricerca non è mai semplice come potrebbe sembrare.
Ma possiamo dire che l’abbiamo sviluppato con entusiasmo e forse in futuro
approfondiremo questi argomenti grazie anche ai nuovi studi e strumenti che la
tecnologia ci potrà riservare.
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A
Figura 64: Rappresentazione artistica di un buco nero supermassivo (crediti:
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