I volti dell`Islam - Aspen Institute Italia

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I volti dell’Islam
Tavola Rotonda
I volti dell’Islam
Milano, 3 dicembre 2007
Il dibattito si è svolto su alcune linee di inquadramento culturale rispondendo ad alcune
domande chiave: quali sono gli elementi essenziali della cultura islamica? Che cosa ci
divide dall’Islam? Quali sono i temi e le criticità che emergono con maggior forza nel
mondo contemporaneo?
Fondamenti essenziali dell’Islam
Un primo elemento peculiare dell’Islam è senza dubbio “l’unità” del Dio, Allah, a
differenza delle altre religioni monoteiste: Allah ha per questo motivo una popolarità
straordinaria tra i fedeli, superiore al Dio cristiano. La figura di Maometto si distingue
invece per essere stato creato due volte: una in un “tempo anteriore al tempo”, prima di
Adamo, con un’esperienza visionaria simile ai grandi profeti dell’apocalisse, la seconda
migliaia di anni dopo, quando discese a La Mecca, diventando capo guerriero e
conquistando parte del mondo mediterraneo. Se nel cristianesimo Gesù era Dio e vedeva
in quanto Dio, Maometto era un semplice uomo, anche se primo degli uomini.
Un terzo principio distintivo dell’Islam è relativo al rapporto con il peccato originale. Nel
cristianesimo Adamo ed Eva infrangono il precetto di Dio. Anche nell’eden islamico
Adamo mangia il frutto del peccato ed è cacciato, ma ciò non è un evento capitale, il
peccato di Adamo è invece interpretato come lieve.
L’Islam non è quindi fondato sul peccato originale, ignora la colpa primitiva, a differenza
del cristianesimo, (anche se nella teologia francescana essa è relativizzata): ciò crea una
profonda opposizione psicologica tra le due civiltà. Anche riguardo alla figura di Gesù
Cristo la tradizione islamica si discosta da quella cristiana: nel Corano Gesù è descritto
come un bambino miracoloso, che plasma una figura d’uccello con la creta e la trasforma
in uccello vivente; riceve la vocazione solo dopo la nascita.
Nella tradizione islamica Gesù è il messaggero più prossimo a Dio e annuncia il
messaggero definitivo Maometto, ma il rapporto d’identità tra Dio e Cristo è ribaltato: Dio
è l’unico e Gesù non è figlio incarnato, ma semplicemente uomo, non muore sulla croce,
ma è sostituito da un doppio. Maometto muore, Gesù è innalzato in un luogo misterioso
ed unisce, formando la croce, le dimensioni della lunghezza (spirito) e della larghezza
(natura).
Il quadro delineato mette in luce alcuni tratti fondamentali della cultura religiosa islamica,
mettendoli anche a confronto con alcuni aspetti di quella cristiana.
L’articolazione del mondo islamico
Attualmente in buona parte dei media e dell’opinione pubblica risuona frequentemente il
binomio Islam-Occidente: i due termini sono però, nell’opinione di alcuni partecipanti al
dibattito, difficilmente comparabili e con una forte componente di ambiguità.
Se Occidente è una definizione generica che ha diverse valenze a seconda da quale punto
di vista lo si guardi, neppure l’Islam si può definire come omogeneo, ma geneticamente
strutturato sulla pluralità. Non ha, infatti, un magistero centralizzato, non ci sono cioè
sacerdoti che forniscono dottrine valide per tutti.
© Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia
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I volti dell’Islam
La maggior parte del mondo musulmano è rappresentata dalla componente sunnita, che
adotta il principio collettivo di autorità cercando il consenso attraverso la convergenza
delle varie voci, al contrario degli sciiti che adottano invece il principio dell’autorità
centralizzata. Nella prospettiva sunnita la “sharia” è allora l’orientamento che scaturisce
da questa convergenza; non è quindi è una legge assoluta, positiva, ma una norma, un
indirizzo, che emerge nel processo storico elaborato sull’equilibrio delle diverse voci.
Addentrandosi nel territorio politico, secondo questa chiave di lettura, religione e politica
si possono rappresentare come due strade parallele, ma non fuse tra di loro e senza una
definizione univoca dei rispettivi ruoli. Sebbene oggi un certo pensiero islamico pretenda
una fusione tra religione e stato, la categoria del “politico” non esiste, secondo questa
interpretazione, nel Corano: è una categoria posteriore che si modella sulle esigenze dei
diversi governi.
La jihad, può essere letta allora come solo una delle articolazioni possibili della legge. In
sintesi di può affermare come non siano vere in assoluto le interpretazioni del
fondamentalismo contemporaneo che hanno ideologizzato l’Islam rendendolo ideologia
politica rivoluzionaria, né d’altra parte le interpretazioni edulcorate di un islam pacifico e
illuminista.
Guardando al contesto attuale del mondo islamico, si nota invece una reale “questione
occidentale”: la tendenza a un pensiero unico, emergente nei cambiamenti dei vettori
culturali a partire dal ‘900, formulato in una dimensione politica, con una visione ossessiva
del diritto, porta all’identificazione dell’Occidente come “malattia”.
Molti esperti leggono questi processi storici come un indice di una crisi, di una frattura in
atto che ha la sua espressione più visibile nel conflitto tra sunniti e sciiti: molti pensatori
musulmani credono peraltro che la via per la modernizzazione passerà più probabilmente
attraverso la componente sciita che, pur inferiore per numero, si caratterizza per essere un
interlocutore forte e con istituzioni chiare e identificabili.
Confronto e identità
Nel quadro attuale la nostra cultura deve confrontarsi con altre culture? È più utile il
confronto o viceversa il rafforzamento della nostra identità culturale?
Secondo alcuni partecipanti alla tavola rotonda la scelta del confronto appare necessaria
perché già in atto nell’Europa contemporanea, in epoca di immigrazione, come quella
attuale. Secondo questa lettura il mondo occidentale deve sostenere l’Islam “cosiddetto”
moderato e laico, in particolare centrando la sua attenzione su alcuni temi chiave come ad
esempio il ruolo delle donne come motore di cambiamento della società. D’altra parte si
pongono dei problemi reali di relazione, all’interno dei quali bisogna ricercare delle
soluzioni operative concrete per convivere con la realtà islamica. La dimensione della
sicurezza è, infatti, investita profondamente e si scopre oggi come molti terroristi abbiano
passaporto e cittadinanza europea.
Lo sfondo fondamentale è quello di un mondo globalizzato su molti terreni, ma non sul
piano dei valori, dei codici, delle regole, del diritti. È questo gap che dà a molti la
percezione di uno scontro di religioni, di civiltà che è in parte vero, reale, in parte
secondo altri accentuato appunto da questa percezione così forte e da un’operazione
mediatica utile a incrementare una situazione di conflitto.
Ritornando al nodo della questione, il dialogo tra identità diverse è molto spesso possibile
quando si annacquano le identità specifiche. Per alcuni, infatti, l’Occidente vuole farsi
perdonare il complesso di superiorità abbassando di conseguenza la propria identità per
potersi confrontare: un siffatto dialogo, basato su una globalizzazione omologante, non è
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I volti dell’Islam
fecondo in quanto non veritiero. Un dialogo dignitoso e non svilente non può invece non
accettare le reciproche diversità.
Da un'altra angolatura, se il confronto con la cultura islamica è già iniziato, nelle aziende,
nelle strade, nei luoghi di convivenza, sul suolo europeo, emerge allora un’inadeguatezza
normativa e giuridica da colmare evolvendo necessariamente il concetto di laicità. In
questa prospettiva, è fondamentale il mantenimento delle regole come modalità di
rafforzamento dell’identità offrendo d’altra parte, all’interno di un sistema di
regolamentazione chiaro, la possibilità di accogliere le istanze di confronto.
Il tema dell’identità culturale non prescinde comunque dal rapporto con le altre civiltà:
l’Altro esiste infatti in presenza del Sè , e in questa prospettiva è la questione del Sè che
appare più urgente. Il ruolo dell’Occidente, che Voltaire identificava con i confini
dell’Europa, sembra infatti oggi in una fase di declino e una delle debolezze si ritrova nella
mancanza di senso di identità. Anche da un punto di vista specificamente culturale, si nota
una certa decadenza della tradizione europea, ad esempio nella letteratura religiosa.
Su un altro piano i problemi di relazione con le civiltà islamiche nascono anche da errori
ad esempio di politica economica: il “mercatismo” economico dell’Europa ha avuto tra i
suoi effetti anche quello di creare consenso popolare alla figura di Bin Laden. Peraltro i
problemi di “identità” europea non riguardano solo il rapporto con i paesi islamici, ma
anche con civiltà estremamente forti e in grande crescita come la Cina che nei prossimi
decenni cresceranno enormemente nello scenario globale.
“L’altro” e la conoscenza
Culture diverse dalle nostre sono possibili alternative praticabili, impianti di civiltà
paragonabili, oppure è più utile considerarle come puro oggetto di studio e conoscenza?
È opinione in gran parte condivisa che la conoscenza dell’Islam sia in larga misura
superficiale. Ciò emerge in maniera evidente attraverso equivoci e stereotipi di fondo
come quello dell’equivalenza tra i due termini “arabo” e “islamico”.
In questo senso qualsiasi possibile confronto non può non essere supportato dalla
conoscenza, di una cultura, quella islamica, complessa e articolata. Nel campo del diritto
pubblico, ad esempio, ci sono differenti modelli, nei diversi stati del mondo islamico, a
secondo delle specifiche tradizioni storiche. L’Islam di alcuni paesi africani ha, d’altra
parte, caratteristiche peculiari e note a pochi: è radicale, rivoluzionario, matriarcale,
schiavista.
Secondo una diversa chiave di lettura, la necessità evidente di una conoscenza più
profonda emerge emblematicamente dalla storia di Bin Laden, proveniente dalla corrente
wahabita, una corrente che, nata nel XIV secolo per opera di una fanatico, rinacque nel
XVIII secolo adottata dall’Arabia Saudita e appoggiata dagli stati occidentali. I wahabiti,
rivoluzionari, iconoclasti e distruttori delle tombe dei compagni di Maometto non sono
conservatori né fondamentalisti come per mezzo secolo l’Occidente ha ritenuto, né
potevano essere usati come baluardo dell’Occidente.
Se quindi la conoscenza “dell’altro”, del “diverso” appare imprescindibile, più complicato
è lo sforzo per definire un’interpretazione dell’Islam in Europa, compatibile con i valori
europei, per un modello di convivenza che si basi su una piattaforma di valori condivisi.
Un “Islam Europeo” è certamente di difficile attuazione: in questo contesto il Papa si è
espresso per una via basata sulla sintesi tra fede e ragione e sui diritti fondamentali della
persona.
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I volti dell’Islam
La cultura scritta
Riteniamo che il lascito culturale scritto sia utile per comprendere civiltà diverse o si
ritiene più efficace utilizzare altri strumenti?
Le insufficienze culturali che sono state messe in luce lasciano pensare a una scarsa
attenzione nei confronti della cultura scritta per la comprensione di civiltà altre.In effetti,
ricollegandosi a un tema precedente, la Cina, ad esempio, è impegnata in un’opera di
traduzione imponente dei testi occidentali per studiarne le origini e le caratteristiche; in
Europa sappiamo invece molto poco della tradizione islamica. In linea generale le
soluzioni operative per colmare il deficit analitico sui diversi fronti non possono, secondo i
partecipanti al dibattito, non passare attraverso politiche culturali adeguate a tutti i livelli.
In tale contesto è opinione comune che il lascito culturale scritto sia a suo modo
importante per la comprensione di civiltà diverse. Il ruolo degli editori può essere ad
esempio quello di offrire strumenti di conoscenza e informazione per supportare lo
sviluppo di un Islam europeo moderato. Ma soprattutto i libri e la lettura sono un
termometro culturale molto sensibile che sa scandagliare la struttura mentale di una
società. Se in generale è certamente migliorata in Europa nell’ultimo decennio la
conoscenza della cultura islamica e per la cultura scritta, ma anche per la crescente
attenzione dei media, è molto forte nella realtà la tendenza a sottovalutare la resistenza al
principio “illuministico di fondo”, quello di fare luce, di spiegare. Osservando
attentamente il “termometro” dei libri, dei lettori, il rischio di una diffusa ignoranza è
ancora presente.
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