INTRODUZIONE La ricerca analizza le fonti archeologiche del comparto territoriale compreso tra i fiumi Sele a N e Lao a S con lo scopo di ricostruire le dinamiche di popolamento e le modalità di organizzazione dello spazio nel periodo incluso tra l’età arcaica ed i primordi della romanizzazione. La finalità generale è quella di proporre una storia a più dimensioni che intreccia i propri caratteri con quelli dello spazio e da questi dipende. Inoltre la ricerca ha affrontato questioni di metodo e di analisi circa la gestione dei dati archeologici di carattere territoriale. Nel lavoro sono confluite numerose e differenti tipologie di fonti, ponendo un problema di ordine generale circa la possibilità di integrare e di coordinare una base di informazioni molteplice. Il campione territoriale in esame si dispone nel medesimo arco geografico. Tale omogeneità si esaurisce soltanto in una pura contiguità spaziale. Se è plausibile trarre immediate considerazioni da una visione sinottica dell’area geografica è doveroso apprezzarne anche gli elementi di differenziazione o di discontinuità che si determinano in processi storici segnati da esperienze distinte. Il tratto geografico è segnato accoglie le vicende legate a tre insediamenti coloniali magnogreci: Poseidonia, Elea e Laos. La storia delle tre poleis non compone un ambito unitario e si misura con i fenomeni del popolamento indigeno, anch’esso segnato da distinte caratterizzazioni territoriali. Innanzitutto occorre acquisire le macroscopiche differenze tra le popolazioni etruscofone disposte in prevalenza nell’area del destra Sele e quelle della costa tirrenica meridionale e del suo immediato entroterra. Tuttavia l’analisi delle differenze deve andare aldilà di generiche distinzioni etniche e linguistiche. In questa prospettiva ciascun elemento del popolamento, greco ed indigeno, è parte integrante di un fenomeno morfogenetico del paesaggio all’interno di relazioni dialettiche talvolta di opposizione. Un’ulteriore differenziazione del campione consiste nei caratteri strutturali delle tre città che le fonti letterarie in parte registrano. Sul piano archeologico, i documenti disponibili riflettono in termini compendiari e indiziari le articolazioni dell’uso del suolo in funzione di bacino di sfruttamento, spazio di insediamento, e luogo di contatto e sviluppo. Secondo un consolidato schema, in parte superato, Poseidonia è colonia di popolamento su base agraria, Elea è città a vocazione commerciale mentre troppo poco sappiamo delle fase più antiche di Laos per poterne tentare l’inserimento in una delle due serie. Sappiamo tuttavia che essa fu sede dei sibariti, che l’abitarono dopo la distruzione della propria madrepatria ad opera di Crotone. La ricerca si è basata su una intensa e sistematica attività di raccolta delle fonti. Il bacino dei dati è costituito in gran parte dalle testimonianze presenti nella letteratura archeologica di ordine storicoIV topografico elaborata negli scorsi decenni e dalle informazioni disponibili presso gli archivi della Soprintendenza Archeologica. A tali dati occorre aggiungere quelli relativi ad inediti programmi di ricognizione superficiale, effettuati nelle aree della valle del Sele e del Lao. Il complesso della documentazione è stati assunta e gestita in maniera unitaria con l’ausilio di strumenti informatici elaborati ad hoc nel corso della ricerca. Ciascun dato, relativo ad ogni tipo di fonte e proveniente da qualsiasi tipo di indagine, è stato inserito in un sistema di informazione in grado di organizzare, coordinare ed uniformare i livelli di documentazione. Il fine ultimo è stato quello di rendere accessibile la comparazione delle fonti archeologiche; queste ultime, dipendenti da una lunga tradizione di ricerca, mostrano un forte grado di disomogeneità. In effetti lo studio ha inteso affrontare un approccio problematico all’analisi delle testimonianze archeologiche. Parte del lavoro è stata dedicata alla sperimentazione di modelli analitici per il processamento dei dati con il fine di costituire un ‘approccio formale’ allo studio delle fonti e delle dinamiche territoriali. La ricerca di un approccio inedito che in parte riposa sull’adozione di strumenti informatici quali database relazionali e sistemi di informazione geografica (GIS) non ha impedito di analizzare i metodi di segno tradizionale, utilizzati finora nel campo della topografia archeologica. L'utilizzo del GIS è in essenza finalizzato alla registrazione, manipolazione, studio e visualizzazione dei dati spaziali. Il suo uso negli ultimi anni è diventato diffuso in una varietà di campi diversi. Tuttavia i GIS convenzionali non sempre corrispondono alle necessità ed agli obiettivi degli studi di carattere archeologico. In particolare un punto di forte debolezza riguarda l’assenza di cura degli aspetti legati alla temporalità dei dati. Nella maggior parte dei casi essi possono essere espressi solo come singoli stati fissi, o come una serie di fasi distinte e sovrapposte. Al contrario, nella ricerca qui presentata si assume che la qualità temporale contribuisce a definire il senso delle forme di organizzazione territoriale, la loro genesi, evoluzione, modificazione ed esito. Da questo punto di vista l’introduzione della dimensione del tempo in un piano di relazione spaziale caratterizza la distanza tra un sistema geografico di popolamento ed un mero quadro geometrico di rappresentazione. Nondimeno il dettaglio temporale è di norma estraneo ai più comuni sistemi GIS, sebbene un grande sviluppo di questo tipo di strumenti provenga proprio dal campo della geografia. Tali limiti di uno spazio senza tempo coinvolge problemi di concettualizzazione e di rappresentazione. In particolare nel campo dell’archeologia il tempo e la cronologia sono aspetti fondamentali che riguardano i metodi di datazione e i nessi di relazione tra le testimonianze antropiche, in una parola, la composizione di ciascuna struttura del popolamento. V Rispetto a tali difficoltà il lavoro di ricerca si è concentrato nel rendere accessibili le informazioni cronologiche, ed il loro carico di dettaglio, all’interno del GIS, con la realizzazione di inediti modelli di rappresentazione spazio-temporale e di analisi delle relazioni tra i dati. Fin dal principio, il lavoro fa esplicito riferimento all’archeologia dei paesaggi con l’assunto che il dato territoriale rappresenta non solo un generico, quanto astratto, attributo dei fenomeni di antropizzazione, ma costituisce una condizione in grado di influenzare il comportamento del fenomeno stesso. Rispetto a tale riferimento, il senso dello svolgimento diacronico delle dinamiche umane in connessione con quelle naturali determina una prospettiva propria dei sistemi complessi secondo la quale le mutazioni avvengono con diversi ritmi, difficilmente percepibili attraverso l’analisi di singoli eventi puntuali o di particolari avvenimenti. La connotazione della ricerca con istanze non lineari è funzionale allo studio di fenomeni territoriali all’interno di un quadro in cui confluiscono temi geografici, geologici, storici e archeologici. E se il senso del ‘paesaggio’ si risolve in costruzione storica dipendente dall’opera costante dell’uomo che modella l’ambiente ne proviene uno specifico approccio che mira a far confluire gli strumenti analitici delle discipline scientifiche in un ambito di ricerca storica. Agli aspetti che rimandano alla diacronia, alla multidisciplinarietà, alla regionalità ed al trattamento analitico dei dati si deve aggiungere un ulteriore aspetto dell’impostazione della ricerca. Esso riguarda la possibilità di giungere alla elaborazione di sintesi unitarie in cui le strutture culturali del territorio compongano quadri comportamentali plausibili, pur partendo da dati provenienti da differenti sistemi documentali, ciascuno dei quali definito da un proprio statuto epistemologico. Da questo punto di vista il percorso della ricerca ha condotto a considerare e ad analizzare diversi nodi teorici della metodologia dell’indagine archeologica che riguardano principalmente il valore informativo dei dati materiali e la possibilità di modellare distinte e significative trame di occupazione. Secondo tale impostazione che non mira alla mera seriazione l’analisi della comparazione fra i tipi di insediamento all’interno di uno stesso territorio fa emergere un discorso di storia sociale. E’ una concezione del territorio che implica un cambiamento di approccio. Poiché rende plausibile la mutazione del motivo topografico in un mezzo per analizzare il territorio come luogo delle fenomeni storici. Non un luogo neutrale, i cui aspetti fisici non si combinano con i mezzi di produzione e di riproduzione delle forze di lavoro, ma uno spazio che definisce il proprio valore di paesaggio; il sistema che ne proviene comprende la distribuzione della popolazione, i rapporti cittàcampagna; lo statuto della residenza; i segni urbanistici ed architettonici, i messaggi sovrastrutturali; tutto questo conferisce alla base territoriale una complessità e una unitarietà propria VI delle forme complesse. E’ un oggetto globale e composito le cui parti sono in interazione tra loro: base materiale ed essa stessa prodotto della produzione sociale. E’ secondo questa prospettiva della concezione della dimensione territoriale che le testimonianze della cultura materiale possono trovare una significativa relazione con le fonti di altra natura . Passando ad analizzare più in dettaglio il contenuto e la struttura della tesi nel Capitolo 1 è esposta la storia degli studi di natura topografica in Magna Grecia. Il testo è costruito in modo tale da fare emergere i riferimenti culturali e gli strumenti di analisi utilizzati nel corso degli ultimi decenni per inquadrare storicamente e geograficamente i dati archeologici rinvenuti. Allo stesso tempo sono proposte i principali modelli di funzionamento dei territori coloniali magnogreci per scoprire ed evidenziare il nesso che lega le tipologie di indagine effettuate, i criteri di analisi adottati e i risultati ottenuti. Il tema della ricerca territoriale in Magna Grecia ha una genesi relativamente recente. Nei fatti, il territorio inizia a essere parte integrante dell’esame della città antica nel corso degli anni ’50 e ’60 del novecento. Fin da subito, le questioni territoriali sono legate ai fenomeno della colonizzazione e della nascita e sviluppo del processo urbano. Rispetto alla tradizione delle esperienze è stato doveroso citare alcuni differenti filoni della ricerca che hanno svolto un ruolo vitale nell’individuare nell’ambito rurale un luogo importante di investigazione. L’analisi che si propone fa emergere un vincolo di tradizione degli studi che procede da ipotesi di lavoro sviluppate al principio nel campo della storiografia, prosegue con la ricerca di approcci d’indagine e di riferimenti culturali e di strumenti di analisi validi per inquadrare storicamente e geograficamente i dati archeologici e matura con numerosi programmi di indagini di campo, alcuni ancora in corso di svolgimento. Comune è l’orientamento che tende alla verifica di ipotesi di interpretazione e di modelli di sistemi di popolamento attraverso la realtà documentale di ordine materiale e non. Da questo punto di vista la ricerca di adeguati metodi, strumenti e mezzi di analisi conferiscono al campo di interesse quasi un puro carattere sperimentale. Nel Capitolo 2 sono considerate le ipotesi e le interpretazione aggiornate circa i sistemi di popolamento costruiti per la porzione di territorio in esame. Si tratta di una lunga sezione del lavoro in cui sono discussi pressoché tutti i tentativi di dare forma al corpo documentale archeologico disponibile. Questo capitolo compone un quadro esaustivo riguardo i dati archeologici che la tradizione di ricerca ci offre, i problemi dell’indagine archeologica e le principali questioni ancora aperte. In parte è un approfondimento della porzione dedicata alla storia degli studi territoriali in Magna Grecia, con un’attenzione particolare indirizzata alla verifica dei nessi significativi tra le VII ipotesi ricostruttive dei sistemi insediamentali, la natura delle fonti e gli strumenti di lettura. Da questo punto di vista il lavoro di tesi può essere diviso in 2 macro sezioni dedicate l’una all’analisi della tradizione della ricerca ed ai dati utilizzati dall’analisi archeologica, l’altra alla definizione ed esecuzione di un inedito piano di strutturazione dei dati con conseguente proposta interpretativa. Il Capitolo 3 si impegna nella definizione di un metodo di acquisizione e di analisi inedito dei dati di natura territoriale. In questa parte sono esplicitati tutti gli strumenti adoperati per integrare i livelli di informazione sui paesaggi antichi e sviluppare eventuali e nuove ipotesi di lettura. In particolare il lavoro descrive la base documentaria (DB) costruita sulla nozione di contesto quale di sintesi delle attribuzioni dei rinvenimenti. Il problema affrontato con la realizzazione del sistema di documentazione riguarda la necessità di unificare le varie fonti disponibili, da quelle bibliografiche, a quelle archivistiche, da quelle sistematiche ed in corso, a quelle asistematiche e relative a qualsiasi tipologia di rinvenimento. In questa prospettiva si è ricercata la possibilità di realizzare un sistema formale nel quale le fonti documentali di natura archeologica sono classificate secondo principi stabili e coerenti; ricondotte a nozioni unificanti, in grado di rispettare il grado di distinzione delle testimonianze materiali. Nello stesso Capitolo è esplicitata la formulazione della struttura GIS. Attraverso questi due strumenti si compone il modello dei dati che rende accessibili le analisi quantitative e la configurazione delle rappresentazioni diacroniche territoriali. In questa porzione del lavoro è descritto lo sviluppo di un nuovo strumento di gestione che simula un modello quadridimensionale in cui alle 3 canoniche coordinate di localizzazione spaziale si aggiunge quella destinata alla visualizzazione ed alla gestione della dimensione temporale. In questo modo lo strumento informatico riesce ad effettuare analisi spazio-temporali, ovvero a dar luogo ad interrogazioni di topologia sia sulla posizione e grandezza dei documenti sia sulle sequenze cronologiche. Nel modello multi-dimensionale sono gestiti tutti i supporti grafici, cartografici ed informativi (i dati relativi ai contesti di rinvenimento) utilizzati in questa tesi. Inoltre l’applicazione di classificazione tematica dei dati è adoperata anche per gestire il livello di imprecisione cronospaziale dei dati archeologici. In definitiva il sistema di analisi realizzato risponde a diverse necessità imposte da un trattamento integrato delle fonti materiali e dei dati di natura storica e geografica. Il proposito è di superare i limiti di modellazioni del popolamento nel territorio effettuate per periodizzazioni fisse o preimpostate. Piuttosto si è inteso mirare alla costruzione di strumenti dinamico di lettura e di costruzione dei paesaggi. VIII Nel Capitolo 4 sono analizzate le fonti collazionate in vista della formulazione di quadri unitari del popolamento. Le letture di sintesi seguono schemi topografici e diacronici, costruiti sulla base dell’esame delle attribuzioni tipologiche, spaziali e cronografiche dei dati. La composizione degli schemi interpretativi dipende dai differenti e numerosi supporti realizzati per analizzare i motivi di permanenza, variazione e scomparsa delle testimonianze antropiche. Questi sono alla base per definire i tratti della dialettica continuità\discontinuità nella occupazione territoriale e per tentare di individuare le logiche nella distribuzione delle presenze. Sul piano interpretativo, il senso dei documenti archeologici è costantemente riferito alla valutazione degli aspetti geo-ambientali. In ciò si è voluta testare l’ipotesi dell’esistenza di un nesso tra collocazione delle testimonianze e qualità delle risorse naturali, ponendo attenzione ad evitare il rischio di cadere in un puro determinismo geografico. Il Capitolo è diviso in sezioni corrispondenti a tre distretti principali: dal Sele a Punta Licosa; da Punta Licosa alla valle del Noce; da quest’ultimo al promontorio di Cirella. Ciascuna sezione mira a tracciare un quadro critico dei territori legati ai fenomeni della colonizzazione greca ed interessati da un consistente popolamento indigeno. Dal lavoro emergono proposte di lettura che offrono alcuni motivi di revisione dei principali modelli di comportamento del territorio, elaborati nel recente passato. Gli strumenti creati ex novo e, in generale, l’intera tesi sono indirizzati a questo obiettivo. Infine nel Capitolo 5 sono esposte alcune riflessioni conclusive circa la realzzazione del modello dei dati e la sintesi del popolamento territoriale nell’area di interesse. IX