CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO IL NOTAIO TRA REGOLE

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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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L‟ATTIVITÀ NOTARILE NELLO SPAZIO GIURIDICO EUROPEO
in A. Barone, L'attività notarile nello spazio giuridico europeo in Il notaio tra regole nazionali ed
europee, 40° Congresso Nazionale del Notariato, Bari, 26-29 ottobre 2003, Milano, 2003, p. 269
ss.
Sommario. -1. Premessa - 2. L‟applicazione delle norme comunitarie da
parte del notaio: rilievi generali - 3. (Segue): Alcuni esempi specifici - 4.
L‟attività notarile nel quadro dell‟ordinamento comunitario: il Trattato Ce e
il rapporto Marinho - 5. (Segue): Altre fonti normative - 6. (Segue): La
giurisprudenza della Corte di giustizia - 7. Considerazioni conclusive
1. Premessa
“Il Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea si impone
all‟attenzione del notariato italiano ed europeo per ragioni di indole
generale e per ragioni specifiche che riguardano ad un tempo i soggetti (i
notai nel loro aspetto di liberi professionisti) e l‟oggetto dell‟attività
professionale ……….
In sostanza io vedo nella Comunità Economica Europea una fondamentale
salvaguardia del notariato contro ogni pericolo di socializzazione,
nazionalizzazione, dirigismo a cui conseguirebbe la sua involuzione verso
forme di sempre più pesanti controlli fino alla abolizione della veste
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professionale e con essa fatalmente la totale estinzione della nostra stessa
ragione di sussistere.
Ne deriva la necessità che tutti i notariati europei e specie quelli delle sei
nazioni aderenti alla Comunità Economica Europea collaborino con fervore
di intenti e di studi alla migliore attuazione del trattato in tutto quanto possa
aver attinenza con la loro attività, esperienza e competenza1”.
Così scriveva un autorevole esponente del notariato italiano nel lontano
1957, all‟indomani della redazione del Trattato istitutivo della Comunità
economica europea. Rilette oggi, alla luce dei profondi mutamenti
intervenuti nel rapporto tra il diritto comunitario e i diritti nazionali, quelle
proposizioni esibiscono una straordinaria attualità, rivelando la grande
intuizione di chi, sin dalla nascita dell‟integrazione europea, ne aveva colto
non solo le grandi potenzialità di sviluppo nell‟ambito giuridico, ma anche le
rilevanti implicazioni per l‟attività notarile.
Oggi, invero, l‟influenza del diritto comunitario sull‟ordinamento interno
costituisce un dato di assoluta evidenza, riscontrabile in tutti i settori
dell‟esperienza giuridica nazionale, in particolare nell‟area del diritto
privato la cui progressiva “europeizzazione”, come autorevolmente
osservato, “costituisce forse lo sviluppo più importante registrato dalla
materia nell‟ultimo decennio; comunque ne rappresenta la prospettiva più
probabile e di gran lunga la più stimolante2”.
1
F. LOBETTI BODONI, Il notariato di fronte al Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, in Riv. not.,
1957, I, p. 419.
2
A. TIZZANO, Presentazione de il Diritto privato dell’Unione europea, a cura di A. TIZZANO, Torino, 2000,
t. I., p. V.
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Ciò, anche in considerazione della straordinaria capacità di penetrazione
delle norme comunitarie garantita sia dalla posizione di supremazia di dette
norme rispetto a quelle nazionali e dalla diretta applicabilità delle stesse
all‟interno degli Stati membri, sia dalla presenza della Corte di Giustizia,
chiamata a svolgere, nell‟interpretazione delle norme comunitarie, una
duplice funzione di nomofilachia (comunitaria) e di armonizzazione degli
ordinamenti nazionali3.
D‟altra parte, il processo di “europeizzazione” giuridica, ormai sempre più
esteso, come detto, anche nell‟ambito del diritto privato, ha conosciuto più di
recente nuovo impulso con il Trattato di Amsterdam , in vigore dal 1 maggio
1999, che, “allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia”, ha attribuito alla Comunità la competenza di adottare
“misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile” (art. 61
del Trattato Ce) che presenti implicazioni trasfontaliere. Misure necessarie
al “corretto funzionamento del mercato interno” e che includono “a) il
miglioramento e la semplificazione del sistema per la notificazione
transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali;
- della cooperazione nell‟assunzione dei mezzi di prova;
- del riconoscimento e dell‟esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali;
b) la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati
membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale;
3
Sul punto A. TIZZANO, op. loc. cit..
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c) l‟eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti
civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura
civile applicabili negli Stati membri” (art. 65 del Trattato).
Ed ulteriori sviluppi del processo di comunitarizzazione del diritto civile,
nella prospettiva più generale del consolidamento di un autentico ius
commune4 e della creazione di uno spazio giuridico europeo5 , si devono
attendere sulla scia delle conclusioni del Consiglio di Tampere del 15 e 16
ottobre 19996 , nonché, nel prossimo futuro, dalla approvazione della
costituzione europea.
In questo quadro, caratterizzato dalla ormai diffusa consapevolezza che
l‟integrazione giuridica ha offerto e continua ad offrire un contributo
essenziale per la piena realizzazione dell‟integrazione comunitaria, cui
impedisce di ridursi, come icasticamente osservato, “al volto arcigno del
mercato e di una spietata concorrenza7” , molteplici sono le implicazioni che
si colgono rispetto all‟attività del notariato di tipo latino.
Anzitutto, anche in ragione delle peculiari connotazioni pubblicistiche delle
funzioni svolte e del ruolo istituzionale di “controllore della legalità” che gli
4
Cfr. A. TRABUCCHI, Regole di diritto e principi generali del diritto nell’ordinamento comunitario, in Riv. dir. civ.,
1991, 511 ss.; nella prospettiva notarile, R. PERCHINUNNO, Il notaio tra contratto e mercato, in Spontaneità del
mercato e regole giuridiche. Il ruolo del notaio, Milano, 2002, p. 273 ss.
5
P. PASQUALIS, Appunti sulla circolazione degli atti notarili nello spazio giuridico europeo, p. 1 del dattiloscritto,
puntualizza che per spazio giuridico europeo si intende “un ambito territoriale all’interno del quale sono poste in vigore
norme dirette ad assicurare la libertà di circolazione delle persone, la collaborazione tra le autorità giudiziarie e la
semplificazione di ogni procedura per il più agevole accesso alla giustizia e la pronta esecuzione delle relative
decisioni”. Per una analisi incentrata sullo “spazio giudiziario europeo”, sui profili, cioè, dell’esercizio della
giurisdizione e del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni, S.M. CARBONE, Il nuovo spazio giudiziario
europeo. Dalla convenzione di Bruxelles al Regolamento CE 44/2001, Torino, 2002.
6
Come ricorda A. TIZZANO, op.cit., p. VII, nota 2, in quella occasione il Consiglio Europeo invitò le istituzioni
comunitarie ad adottare misure funzionali alla realizzazione di “una maggiore convergenza nel settore del diritto civile”.
7
L’espressione è di G. TESAURO, Diritto comunitario, (Premessa alla prima edizione riprodotta nella) II ed., Padova,
2001, p. XVII.
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è proprio, al notaio si richiede una adeguata conoscenza del diritto
comunitario e delle regole che ne governano i rapporti con l‟ordinamento
interno, indispensabile per garantire piena applicazione alle norme
comunitarie e, conseguentemente, tutela effettiva dei diritti dalle stesse
riconosciuti ai singoli8.
Sotto un diverso profilo poi, per così dire strutturale, dal necessario
inquadramento dell‟attività del notaio nello spazio giuridico europeo
discende l‟esigenza di verificare quali siano la configurazione comunitaria di
tale attività ed i possibili riflessi prodotti sull‟attuale regolamentazione della
professione notarile dall‟applicazione dei principi enunciati dal Trattato Ce
(in primis et ante omnia, in materia di libertà di stabilimento e prestazione
dei servizi e di concorrenza), delle norme di diritto derivato ed anche della
giurisprudenza della Corte di giustizia.
2. L‟applicazione delle norme comunitarie da parte del notaio: rilievi
generali
I due caratteri fondamentali del diritto comunitario, che ne qualificano il
rapporto con l‟ordinamento giuridico interno, sono, come è noto, l‟effetto
diretto e il primato.
8
Secondo P. MENGOZZI, Il notaio nel tempo dell’Unione europea, in Riv. not., 1993, 251, “in un momento in cui i
cittadini degli stati membri lamentano la difficoltà di avere i propri diritti riconosciuti ed attuati per via giudiziale, il
notaio ha un’importante funzione pubblica da svolgere in un’Europa che voglia veramente divenire l’Europa dei
cittadini”. Cfr. anche C. CACCAVALE, Le funzioni notarili nella logica del mercato, in Relazione al XXII Congresso
internazionale del notariato latino (Buenos Aires, 27 settembre-2 ottobre 1998), Roma, 1998, p. 229 ss.
5
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Secondo la definizione più accreditata, l‟effetto diretto risiede nell‟idoneità
della norma comunitaria a creare direttamente diritti ed obblighi in capo ai
singoli, non importa se persone fisiche o giuridiche, senza cioè che lo Stato
eserciti quella funzione di diaframma consistente nel porre in essere una
qualche procedura formale per riversare sui soggetti dell‟ordinamento
interno i precetti introdotti da norme ad esso “esterne9”. In concreto, poi,
l‟effetto diretto si risolve nella possibilità per il singolo di far valere
direttamente dinanzi al giudice nazionale la posizione giuridica soggettiva
vantata in forza della norma comunitaria. Dell‟effetto diretto10
possono
essere dotate le norme dei Trattati e degli atti di diritto derivato, nonché le
disposizioni di accordi stipulati dalla Comunità con Paesi terzi, che siano
sufficientemente chiare e precise e la cui applicazione non sia subordinata
alla adozione di ulteriori atti comunitari o nazionali. Perché l‟effetto si
produca in capo ai singoli, non occorre che la norma sia ad essi formalmente
destinata, potendo riconoscersi siffatta efficacia anche a previsioni
impositive, a carico dei soli Stati membri, di un obbligo di fare o non di fare,
la cui osservanza si connetta però ad un diritto del singolo11. Non a caso, la
giurisprudenza della Corte sull‟effetto diretto è stata inaugurata proprio in
relazione ad una norma, l‟(allora) art. 12 del Trattato, indirizzata
esclusivamente agli Stati membri cui faceva obbligo di astenersi
9
G. TESAURO, op. cit., p. 139.
In questa sede saranno utilizzate alternativamente le espressioni “efficacia diretta” e “diretta applicabilità”; si tratta
infatti di termini fungibili che individuano la medesima nozione. I tentativi di distinguere la nozione di applicabilità
diretta da quella di effetto diretto non trovano riscontro nella giurisprudenza della Corte di giustizia, che utilizza
indifferentemente le due espressioni per designare le norme comunitarie che creano a vantaggio dei singoli posizioni
giuridiche soggettive tutelabili in giudizio: così ancora G. TESAURO, op. loc. cit., p. 139-140.
10
11
G. TESAURO, op. cit., p. 141.
6
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“dall‟introdurre
tra
loro
nuovi
dazi
doganali
all‟importazione
e
all‟esportazione o tasse di effetto equivalente e dell‟aumentare quelli che
applicano nei loro rapporti commerciali” (sentenza Van Gend en Loos, 5
febbraio 1963, causa 26/62)12 . Nell‟occasione la Corte affermò che il
Trattato non si è limitato ad introdurre obblighi reciproci fra gli Stati
membri, ma ha inteso realizzare “un ordinamento giuridico di nuovo genere
nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno
rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento
che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri ma anche i loro
cittadini”. Conseguentemente, a parere della Corte, dal diritto comunitario
possono derivare diritti per i singoli non soltanto nei casi in cui questi siano
espressamente menzionati, ma anche quale “contropartita di precisi
obblighi imposti ai singoli Stati membri, o alle istituzioni comunitarie”, nel
senso che ad un divieto chiaro e incondizionato posto a carico dello Stato
corrisponde un diritto del singolo alla sua osservanza che egli può far valere
davanti al giudice nazionale.
Quanto, poi, all‟argomento (sollevato nella causa decisa dalla ridetta
sentenza Van Gend en Loos) secondo il quale l‟inosservanza di un obbligo da
parte dello Stato sarebbe comunque sufficientemente sanzionata attraverso
la procedura d‟infrazione che la Commissione può attivare nei suoi
confronti, la Corte obiettò che, limitando le garanzie contro la violazione
della disposizione allora in rilievo alla possibilità di attivare l‟anzidetta
12
In Raccolta della giurisprudenza della Corte (in prosieguo: Raccolta), p.1.
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procedura
sanzionatoria,
“i
diritti
individuali
degli
amministrati
rimarrebbero privi di tutela giurisdizionale diretta”, così delineando un
nesso inscindibile fra il profilo sostanziale del contenuto del diritto e quello
processuale afferente alla esigenza di una tutela giurisdizionale piena per le
situazioni soggettive vantate dai singoli in forza di norme comunitarie13.
Le ricordate caratteristiche individuate dalla giurisprudenza comunitaria
come necessarie ai fini dell‟attribuzione dell‟effetto diretto sono presenti
anzitutto nei regolamenti, che l‟art. 249 del Trattato Ce qualifica expressis
verbis come “direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri14”.
Dotate di effetto diretto sono poi le decisioni, non solo, com‟è evidente, se
rivolte ai singoli, ma anche, in certi casi, se indirizzate ad uno o più Stati
membri, qualora all‟obbligo imposto (e dalle autorità nazionali inadempiuto)
sia correlata una situazione giuridica soggettiva che i singoli possono far
valere direttamente dinanzi al giudice nazionale. Per la Corte, infatti,
sarebbe incompatibile con l‟efficacia vincolante riconosciuta dal Trattato
alle decisioni precludere agli individui la possibilità di azionare i diritti dalle
stesse derivanti, nel caso in cui queste indirizzino il proprio comando agli
Stati15.
Anche alle direttive la giurisprudenza comunitaria ha attribuito (la
possibilità di spiegare) effetto diretto. Se è vero che questo atto si rivolge ad
uno o più Stati membri, imponendo loro un risultato da realizzare, non
13
G. TESAURO, op. cit., p. 142, nota 194.
Come puntualizzato da Corte giust. 10 ottobre 1973, causa 34/73, Fratelli Variola, in Raccolta, p. 981, diretta
applicabilità del regolamento significa che “l’entrata in vigore (di esso) è la sua applicazione nei confronti degli
amministrati non abbisognano di alcun atto di ricezione nel diritto interno”.
15
Corte giust. 6 ottobre 1970, causa 9/70, Grad, in Raccolta, p. 825.
14
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mancano nella prassi direttive comunemente definite dettagliate la cui
sostanza precettiva le avvicina ai regolamenti16.
Nelle ipotesi di mancata o non corretta o intempestiva attuazione di tali
direttive nel termine e con i provvedimenti nazionali prescritti (non
radicandosi l‟inadempimento statale, sanzionato con il riconoscimento
dell‟effetto diretto, prima della scadenza del termine), la Corte ha enunciato
il principio secondo cui “in tutti i casi in cui talune disposizioni di una
direttiva
appaiono,
sotto
il
profilo
sostanziale,
incondizionate
e
sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici
nazionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia recepito
tempestivamente la direttiva nel diritto nazionale, sia che l‟abbia recepito in
modo inadeguato. Una norma comunitaria è incondizionata se sancisce un
obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto
riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, nell‟emanazione di alcun atto
delle istituzioni delle Comunità o degli Stati membri … Peraltro, una norma
è sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo ed
applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini non equivoci17”.
In relazione alle direttive, tuttavia, l‟effetto diretto, invece di essere
delineato come una qualità intrinseca dell‟atto, risponde all‟obiettivo di
sanzionare le negligenze ed i ritardi degli Stati membri nell‟adempimento
16
L’emanazione di direttive dettagliate è stata giudicata non contraria, in linea di principio, all’art. 249 del Trattato Ce
da Corte giust. 23 novembre 1977, causa 38/77, Enka, in Raccolta, p. 2212.
17
Corte giust. 23 febbraio 1994, causa C-236/92, Comitato per il coordinamento della difesa della Cava c. Regione
Lombardia, in Raccolta, p. I-483; per l’elencazione di ulteriori precedenti conformi, v. A. TIZZANO – S.
FORTUNATO, La tutela dei diritti, in Il Diritto privato dell’Unione europea (a cura di A. TIZZANO), cit., t. I, p. 1303,
nota 69.
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degli obblighi imposti da una direttiva, demandando al giudice nazionale il
compito – di fatto, sostitutivo di quello del legislatore – di realizzare
comunque lo scopo della direttiva in funzione della tutela delle posizioni
giuridiche individuali lese dal comportamento omissivo dello Stato18.
Conseguente a questa discutibile e, in effetti, discussa, ricostruzione teorica
si rivela la limitazione, consolidata nella giurisprudenza della Corte, della
portata del principio della diretta efficacia ai c.d. “effetti verticali”: le
direttive, cioè, incidono (e possono essere invocate) solo nell‟ambito dei
rapporti tra le autorità dello Stato inadempiente ed i soggetti privati, ma non
anche nei rapporti tra questi ultimi (c.d. “effetti orizzontali19”). Ad attenuare
le implicazioni pregiudizievoli di siffatta limitazione, tuttavia, ha provveduto
la stessa Corte che, sviluppando tendenze già implicite nella propria
giurisprudenza, ha precisato che “il giudice nazionale deve interpretare il
proprio diritto nazionale quanto più è possibile alla luce della lettera e dello
scopo della direttiva per conseguire il risultato perseguito da quest‟ultima e
conformarsi pertanto all‟art. 189, 3° comma, del Trattato a prescindere dal
fatto che la disposizione nazionale considerata sia precedente o successiva
alla direttiva20”. Ciò, in virtù dell‟obbligo di leale cooperazione imposto agli
Stati membri (e ai loro giudici) dall‟art. 10 del Trattato, che vincola detti Stati
non solo a non ostacolare la realizzazione degli scopi del Trattato, ma anche
ad adottare tutti i provvedimenti idonei a garantirne il conseguimento.
18
Così G. TESAURO, op. cit., p. 146-147.
In tal senso, ex multis, Corte giust. 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori, in Raccolta, p. I-3325.
20
V. Corte giust. 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing, in Raccolta, p. I-4315 e in Foro it., 1992, IV, 173,
con nota di L. DANIELE.
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“In definitiva, dunque,” come rilevato in dottrina “la tendenza della Corte è
di assicurare comunque una sostanziale prevalenza delle direttive” o
riconoscendone la diretta applicabilità, ove ne ricorrano i presupposti
individuati dalla Corte, oppure, qualora ciò non si verifichi, in modo per così
dire indiretto, attraverso l‟imposizione dell‟obbligo di interpretazione
conforme21.
La seconda caratteristica peculiare delle norme comunitarie, strettamente
legata all‟effetto diretto, è costituita, come premesso, dal primato (o
prevalenza o supremazia) sulle norme interne con esse contrastanti (sia
precedenti che successive) che non possono essere applicate, risultando la
fattispecie disciplinata dalle norme comunitarie22.
Il riconoscimento della prevalenza di queste ultime sulle norme nazionali
come logico corollario dell‟effetto diretto è stato operato dalla Corte di
giustizia sin dalla sua giurisprudenza più risalente. Muovendo dalla
considerazione
dell‟ordinamento
comunitario
come
“integrato
nell‟ordinamento giuridico degli Stati membri all‟atto dell‟entrata in vigore
del Trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare”, la Corte
affermò che “tale integrazione nel diritto di ciascuno Stato membro di
norme che promanano da fonti comunitarie, e più in generale, lo spirito e i
termini del Trattato, hanno per corollario l‟impossibilità per gli Stati di fare
prevalere, contro un ordinamento giuridico da esse accettato a condizione di
reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore. Scaturito da una fonte
21
22
A. TIZZANO, La tutela dei diritti, cit., p. 1306.
G. TESAURO, op. cit., p. 157.
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autonoma, il diritto nato dal Trattato non potrebbe, in ragione appunto della
sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno
senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse
scosso il fondamento giuridico della Comunità”; e “il trasferimento,
effettuato dagli Stati a favore dell‟ordinamento giuridico comunitario, dei
diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica
una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto
unilaterale ulteriore, incompatibile con il sistema della Comunità, sarebbe
del tutto privo di efficacia23”.
Nella delineata prospettiva, il diritto comunitario prevale per forza propria,
secondo una visione “monista” del rapporto fra norme comunitarie e diritto
interno
fondata
sul
presupposto
della
integrazione
dei
rispettivi
ordinamenti.
Tale indirizzo è stato poi dalla Corte riaffermato e precisato con la
celeberrima sentenza Simmenthal (9 marzo1978, causa 106/7724).
In
quell‟occasione i giudici di Lussemburgo hanno puntualizzato nell‟ordine
che: le norme comunitarie “devono esplicare la pienezza dei lori effetti, in
maniera uniforme in tutti gli Stati membri”, in quanto “fonte immediata di
diritti e di obblighi per tutti coloro che esse riguardano”; ciò “riguarda anche
tutti i giudici che, aditi nell‟ambito della loro competenza, hanno il compito,
in quanto organi di uno Stato membro, di tutelare i diritti attribuiti ai singoli
dal diritto comunitario; inoltre, in forza del principio della preminenza del
23
24
Corte giust. 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa c. Enel, in Raccolta, p. 1127.
In Raccolta, p. 629, e in Foro it., 1978, IV, 201 con nota di F. D. RICCIOLI.
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diritto comunitario, le disposizioni del Trattati e gli atti delle istituzioni,
qualora siano direttamente applicabili, hanno l‟effetto, nei loro rapporti col
diritto interno degli Stati membri, ... di rendere ipso iure inapplicabile ...
qualsiasi disposizione della legislazione nazionale” preesistente e non;
conseguentemente “qualsiasi giudice nazionale, adito nell‟ambito della
propria competenza, ha l‟obbligo di applicare integralmente il diritto
comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli,
disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna
...; è quindi incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del
diritto comunitario qualsiasi disposizione facente parte dell‟ordinamento
giuridico di uno Stato membro o qualsiasi prassi, legislativa amministrativo
o giudiziaria, la quale porti ad una riduzione della concreta efficacia del
diritto comunitario per il fatto che sia negato al giudice, competente ad
applicare questo diritto, il potere di fare, all‟atto stesso di tale applicazione;
tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative
nazionali che eventualmente ostino alla piena efficacia delle norme
comunitarie”.
Dagli illustrati principi del primato e della diretta applicabilità del diritto
comunitario25 discende il diritto dei singoli di invocare le disposizioni
comunitarie dotate di effetto diretto innanzi alle autorità nazionali e,
correlativamente, l‟obbligo di queste ultime di disapplicare (meglio, di non
25
Nel nostro ordinamento i principi del primato e della diretta applicabilità delle norme comunitarie sono stati
sostanzialmente recepiti dalla Corte Costituzionale, dopo una travagliata evoluzione ventennale, con la nota sentenza
Granital (8 giugno 1984, n. 170, in Foro it., 1984, I, 2063, con nota di A TIZZANO). Una sintesi puntuale della
giurisprudenza della Consulta (pre e post – Granital) sui rapporti tra ordinamento italiano e diritto comunitario, si
rinviene in R. ADAM, Il diritto comunitario nell’ordinamento giuridico italiano, in Il diritto privato dell’Unione
europea, a cura di A. TIZZANO, cit., t. I, p. 80 e ss..
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applicare) la normativa nazionale incompatibile a favore della norma
comunitaria che, come poc‟anzi suggerito, diventa “l‟unica norma del caso”.
La disapplicazione delle disposizioni nazionali configgenti con il diritto
comunitario s‟impone non solo alle autorità giudiziarie nazionali, ma anche
alla pubblica amministrazione, parimenti tenuta a non dare persistente
applicazione a quelle disposizioni26.
I riflessi dei suesposti principi sull‟attività notarile appaiono evidenti.
Svolgendo, nell‟esercizio delle proprie (pubbliche) funzioni, un penetrante
controllo di legalità che ne fa una sorta di magistratus inter volentes27 , il
notaio è naturalmente tenuto a conoscere sia le specifiche norme
comunitarie rilevanti nelle singole fattispecie, sia – e diremmo soprattutto –
l‟efficacia di esse in rapporto alle disposizioni nazionali eventualmente
disciplinanti la medesima materia. Solo se in possesso di tali conoscenze, il
notaio può, tanto quando assolve ai propri doveri di informazione e
consulenza strettamente connessi con il ricevimento degli atti28 quanto nei
casi in cui opera come ausiliario
del giudice o della pubblica
amministrazione29 , garantire una piena e puntuale applicazione delle norme
comunitarie e, quindi, offrire adeguata tutela alle posizioni giuridiche dei
singoli che in tali norme trovano la fonte.
26
Corte giust. 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, in Raccolta, p. 1839, le cui enunciazioni trovano pieno
riscontro, nella giurisprudenza della nostra Corte costituzionale, nella sentenza 11 luglio 1989, n. 389, Provincia
autonoma di Bolzano, in Riv. dir. internaz., 1989, p. 404.
27
Così, icasticamente, C. LICINI, L’utilité du document notarié dans un espace européen de sécurité juridique et
économique, in L’Europe du Droit, a cura della CNUE, 2002, p. 236-237.
28
Cfr. di recente S. TONDO, Dovere per il notaio di informazione e consulenza, in Foro it., 2002, V, c. 8 ss..
29
Sul tema, S. CASSESE, L’esercizio notarile di funzioni statali, in Foro it., 1996, V, c. 69 ss..
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D‟altra parte, la cognizione dei meccanismi di operatività delle disposizioni
comunitarie nell‟ordinamento interno si rivela indispensabile per il notaio
anche in ragione delle considerazioni seguenti.
La ricordata estensione della diretta applicabilità alle direttive assume
particolare rilevanza con riguardo al diritto privato, poiché quasi tutte le
direttive comunitarie adottate, soprattutto in epoca recente, in tale ambito,
hanno un contenuto sufficientemente preciso e incondizionato che ne rende
direttamente efficaci le previsioni una volta scaduto il termine di
recepimento30.
È pur vero che, in principio, la diretta applicabilità delle direttive dovrebbe
operare solo in senso verticale, nel quadro cioè dei rapporti fra il singolo e
lo Stato nelle sue varie articolazioni. Ne consegue che il notaio, stipulando
atti negoziali tra soggetti privati, non dovrebbe preoccuparsi di verificare se
una direttiva è stata attuata (ed in modo corretto) o meno dal legislatore
nazionale, essendo tenuto ad applicare esclusivamente il diritto interno e
non la direttiva, operante, come detto, solo nell‟ambito dei rapporti fra
privati e Stato.
In realtà, però, la conclusione appena formulata non può essere recepita in
termini così netti ed assoluti.
Come già rilevato, la Corte di Giustizia, pur negando formalmente l‟efficacia
orizzontale delle direttive non recepite, ha tuttavia più volte contraddetto,
nella sostanza, tale orientamento, giungendo ad ammettere l‟applicabilità
30
Così G. A. BENACCHIO, L’attività notarile nella prospettiva comunitaria, in AA.VV., Funzioni e compiti del
notaio nel sistema dell’Unione europea, Milano, 2001, p. 45.
15
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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delle direttive anche nei rapporti interprivati in virtù del principio
dell‟interpretazione conforme, che impone al giudice di ricostruire la portata
del proprio diritto interno in conformità, appunto, alle prescrizioni contenute
nelle direttive, pur se non attuate o attuate in modo non corretto.
Il dovere di dare piena applicazione (al diritto comunitario in generale, ed in
particolare) alle direttive e di interpretare il diritto nazionale in modo
conforme ad esse, incombe, peraltro, non solo sul giudice, ma anche sulle
pubbliche amministrazioni, intendendosi per tali, nell‟accezione accolta
dalla
giurisprudenza
comunitaria,
tutti
gli
organismi
che,
indipendentemente dalla forma giuridica, siano stati incaricati, con un atto
della autorità pubblica, di prestare, sotto il controllo di quest‟ultima, un
servizio di interesse pubblico31.
Alla stregua della superiore constatazione, in dottrina32
si è avanzata
l‟ipotesi che anche il notaio, per il munus publicum svolto, possa essere in
qualche misura equiparato allo Stato ai fini della applicazione del diritto
comunitario. Ponendosi in tale prospettiva, sarebbe inevitabile domandarsi
cosa debba fare il notaio che, chiamato a stipulare un contratto tra due
privati oppure, a maggior ragione, tra un privato e un ente pubblico, si trovi
in presenza di una direttiva che attribuisca al privato un determinato diritto,
oppure imponga l‟inserimento di una certa clausola oppure, ancora, preveda
termini o condizioni diversi da quelli stabiliti nella legge italiana. Di fronte ad
una direttiva siffatta, non recepita malgrado la scadenza del relativo
31
32
Corte giust. 12 luglio 1990, causa 188/89, Foster, in Raccolta, p. I-3313.
G. A. BENACCHIO, op. cit., p. 47, da cui è tratta la sintesi che segue.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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termine, il notaio dovrebbe applicarne il disposto, così come richiesto dalla
Corte di Giustizia, o piuttosto continuare ad osservare la norma nazionale
contrastante? E in questa seconda ipotesi, potendo uno dei due contraenti
rivolgersi al giudice per conseguire l‟applicazione della direttiva in luogo
della disposizione interna (e quindi per far dichiarare inefficace o invalida
una o più clausole del contratto se non addirittura l‟intero contratto, a
seconda dei casi), sarebbe eventualmente prospettabile una responsabilità
del notaio?
È probabile che, in una situazione come quella appena descritta, il notaio
dovrebbe informare le parti dell‟esistenza di una direttiva (in apparenza,
almeno) sufficientemente precisa e, teoricamente, invocabile nel caso di
specie, di cui sia inutilmente scaduto il termine di recepimento e della
possibilità che un giudice nazionale, rilevando il contrasto tra la norma
interna e quella comunitaria, dia applicazione a quest‟ultima33. Adottando
tale modus procedendi, il notaio dovrebbe ritenersi esente da qualsivoglia
responsabilità, spettando alle parti ogni decisione definitiva circa l‟atto
negoziale da compiere. L‟esecuzione degli adempimenti informativi testé
evidenziati, infatti, risulterebbe idonea a garantire un corretto svolgimento
del munus notarile, nel quadro del controllo di legalità (esteso anche
all‟osservanza
del
diritto
comunitario,
in
quanto
parte
integrante
dell‟ordinamento interno), demandato al notaio in ragione delle sue
caratteristiche di imparzialità e terzietà.
33
G. A. BENACCHIO, op. cit., p. 48.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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Ed un simile controllo di legalità, proprio alla luce degli impetuosi sviluppi
dell‟integrazione giuridica europea, assume oggi un rilievo ancor più
centrale, accentuando la funzione notarile di garanzia della sicurezza
giuridica nei rapporti negoziali quale valore fondamentale dell‟ordinamento
giuridico comunitario la cui salvaguardia è imprescindibile per il corretto
funzionamento di una società democratica e di una economia di mercato34.
3. (Segue): Alcuni esempi specifici.
A conferma dei rilievi sin qui svolti, può essere utile l‟illustrazione di alcune
fattispecie nelle quali la necessità per il notaio di conoscere ed applicare le
norme comunitarie si è manifestata con particolare evidenza.
A. Paradigmatica appare, al riguardo, la vicenda che ha condotto alla
recente modifica della disciplina italiana del trasferimento d‟immobili situati
in zone di confine o di importanza militare.
Due immobili siti in Barano d‟Ischia, in una zona del territorio italiano
dichiarata di importanza militare, venivano acquistati il 14 gennaio 1998 da
due cittadini tedeschi, che non avevano richiesto l‟autorizzazione prefettizia
imposta dalla normativa (allora) vigente per tutti gli acquisti effettuati da
soggetti stranieri, anche se comunitari. Vista la mancanza di tale
autorizzazione, il Conservatore dei registri immobiliari di Napoli si rifiutava
di procedere alla trascrizione della compravendita degli immobili. Il notaio
34
In tal senso si esprime, con particolare nettezza, ANA PALACIO VALLELERSUNDI, già Presidente della
Commissione Giuridica e del Mercato Interno del Parlamento europeo ed attuale Ministro degli Esteri spagnolo, in La
sécurité juridique en Europe, in L’Europe du droit, cit., p. 43 ss..
18
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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dinanzi al quale l‟operazione era stata conclusa, proponeva ricorso dinanzi
al Tribunale di Napoli contro tale rifiuto invocando la inapplicabilità alla
vendita controversa, conclusa a favore di cittadini di uno Stato membro della
Comunità, della normativa nazionale che assoggettava a procedimento di
autorizzazione prefettizia i soli stranieri, ritenendo tale regime lesivo delle
libertà di stabilimento e di circolazione garantite ai cittadini dei Paesi
comunitari dal Trattato Ce, nonché del divieto di discriminazioni in base alla
nazionalità dallo stesso Trattato stabilito. In seguito al rigetto del ricorso da
parte del Tribunale di Napoli, con decreto 20 maggio 1998, il notaio rogante
proponeva reclamo dinanzi alla Corte d‟appello di Napoli.
Quest‟ultima, con ordinanza del 16 novembre 199835 , disponeva che fosse
“rimessa alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee la questione di
interpretazione dell‟art. 18 l. 24 dicembre 1976, n. 898, come modificato
all‟art. 9 l. 2 maggio 1990, n. 104, al fine di stabilire se gli art. 6 e 52 del
trattato ostino a una normativa nazionale che subordina all‟autorizzazione
del prefetto, previo parere conforme dell‟autorità militare, gli atti di
alienazione di beni immobili situati in zone di confine ovvero dichiarate di
importanza militare, nel caso in cui l‟acquirente non abbia cittadinanza
italiana”.
Nelle more della definizione del procedimento pregiudiziale instaurato a
seguito del rinvio della corte partenopea, stante il palese contrasto della
normativa italiana in materia con l‟ordinamento giuridico comunitario, il
Ministero dell‟Interno, in data 26 aprile 2000, n. 45, emetteva una circolare
35
Pubblicata in Foro it., 1999, I, c. 1004.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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con la quale, in attesa dell‟adozione di un intervento legislativo di modifica
della disciplina domestica volto a renderla compatibile con quella
comunitaria, sollecitava le proprie articolazioni periferiche a disapplicare le
norme anzidette “nel caso in cui gli atti di compravendita d‟immobili oggetto
della speciale disciplina avvengano a favore di persone fisiche o giuridiche
appartenenti alla Comunità europea”.
Con sentenza 13 luglio 2000 (causa C-423/98, Albore36) , la Corte di Giustizia,
rilevato che l‟acquisto di un immobile sul territorio di uno Stato membro da
parte di un non residente, a prescindere dai motivi per cui è effettuato,
costituisce un investimento immobiliare rientrante nella categoria dei
movimenti di capitali tra gli Stati membri, e ribadito che la libertà di tali
movimenti è garantita dall‟art. 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE), ha
osservato che “l‟art. 18 della legge n. 898/76, esentando i soli cittadini
italiani dall‟obbligo di ottenere un‟autorizzazione per acquistare un
immobile in determinate zone del territorio nazionale, crea, nei confronti dei
cittadini degli altri Stati membri, una restrizione di natura discriminatoria.
Tale discriminazione è vietata dall‟art. 73 B del Trattato qualora non sia
giustificata da uno dei motivi ammessi al riguardo dal Trattato. Sebbene
nell‟ordinanza di rinvio non sia menzionata alcuna giustificazione, che non è
stata fornita nemmeno dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte,
dall‟oggetto della normativa in causa emerge che la disposizione contestata
può considerarsi adottata per ragioni di pubblica sicurezza, nozione che, a
norma del Trattato, comprende la sicurezza esterna di uno Stato membro.
36
In Raccolta, p. I-5965.
20
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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Tuttavia – sempre secondo la Corte - le esigenze di pubblica sicurezza
possono giustificare deroghe alle norme del Trattato, quale quella relativa
alla libertà dei movimenti di capitali, soltanto nel rispetto del principio di
proporzionalità, vale a dire nei limiti di quanto è idoneo e necessario per
raggiungere l‟obiettivo perseguito. Inoltre, ai sensi dell‟art. 73 D, n. 3, del
Trattato CE (divenuto art. 58, n. 3, CE), siffatte esigenze non possono essere
invocate per giustificare misure costituenti un mezzo di discriminazione
arbitraria o una restrizione dissimulata della libera circolazione dei capitali.
A questo titolo, sostiene la Corte, il semplice richiamo agli imperativi di
difesa del territorio nazionale, quando la situazione dello Stato membro
interessato non rientra nell‟ambito dell‟art. 224 del Trattato CE (divenuto
art. 297 CE), non può essere sufficiente a giustificare una discriminazione
fondata sulla nazionalità nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri
per l‟accesso alla proprietà degli immobili sulla totalità o su una parte del
territorio nazionale del primo Stato”.
Successivamente, sul tema si sono registrati contraddittori sviluppi
normativi, ma, per quel che qui interessa, la legge comunitaria per il 2000
(legge 29 dicembre 2000, n. 242), dall‟appartenenza dell‟Italia alle Comunità
europee) eliminando, con l‟art. 17, l‟obbligo dell‟autorizzazione per gli
acquisti effettuati da soggetti comunitari, ha rimosso la situazione di
contrasto normativo già evidenziata dalla Corte di giustizia con la sentenza
da ultimo citata37.
37
Sul tema v. A. BARONE – E. CALO’, Disciplina degli acquisti immobiliari in zone di confine e diritto comunitario:
un’avventurosa marcia d’avvicinamento del nostro legislatore (con finale a sorpresa?), in Contratto e impresa/Europa,
2001, 288 ss..
21
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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B. Con due pronunzie rese su quesiti pregiudiziali sollevati da giudici
austriaci, invece, la Corte di giustizia è intervenuta in fattispecie coinvolgenti
direttamente l‟attività notarile. Con la prima (sent. 16 marzo 1999, causa C222/97, Trummer e Mayer38) , i giudici comunitari si sono occupati di una
vicenda nella quale un notaio (austriaco) aveva ricevuto un atto con il quale il
venditore, residente in Germania, cedeva parte di un immobile situato in
Austria ad un soggetto residente in Austria, inserendo nell‟atto il prezzo
espresso in marchi tedeschi. La competente Conservatoria austriaca
rifiutava l‟iscrizione dell‟ipoteca a garanzia del pagamento del prezzo
sostenendo che, secondo la vigente normativa interna, il valore dell‟ipoteca
stessa doveva necessariamente essere espresso nella moneta nazionale
austriaca. La Corte di giustizia ha ritenuto che la disciplina controversa
costituisse una palese violazione delle regole sulla libera circolazione dei
capitali enunciate dall‟art. 73 B del Trattato Ce, ponendo costi supplementari
a carico dei contraenti obbligati alla conversione e avendo l‟effetto “di
allentare il legame tra il credito da garantire, pagabile nella valuta di un
altro Stato membro, e l‟ipoteca, il cui valore può, a causa di fluttuazioni
valutarie successive, divenire inferiore a quello del credito da garantire, il
che può solo ridurre l‟efficacia e, pertanto, l‟attrattiva di una tale garanzia.
Questa normativa è pertanto tale da dissuadere gli interessati dal formulare
un credito nella valuta di un altro Stato membro e, pertanto, da privarli di
38
In Raccolta, p. I-1661.
22
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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una prerogativa che costituisce una componente della libera circolazione dei
capitali e dei pagamenti”.
Con una successiva decisione concernente la medesima normativa austriaca
(sent. 11 gennaio 2001, causa C-464/98, Stefan39) , la Corte si è pronunciata
nell‟ambito di una controversia instaurata (per fatti accaduti prima
dell‟adesione dell‟Austria all‟Unione europea) da una banca nei confronti di
un notaio austriaco responsabile, secondo l‟istituto di credito, di aver iscritto
un‟ipoteca in marchi tedeschi in una data in cui la legge austriaca imponeva
invece l‟iscrizione delle ipoteche in moneta nazionale.
La Corte, pur ribadendo la contrarietà della disciplina controversa all‟art. 73
B del Trattato Ce, ha peraltro riconosciuto l‟inapplicabilità ratione temporis
di tale disposizione, nonché l‟inidoneità di essa a regolarizzare, “a decorrere
dall‟entrata in vigore del Trattato Ce in Austria, un‟iscrizione ipotecaria
inficiata, nel sistema giuridico nazionale di cui trattasi, da una nullità
assoluta operante ex tunc e tale da rendere inesistente tale iscrizione”.
C. Con riferimento specifico al nostro Paese, poi, nella prassi notarile si è
posta di recente la questione se un cittadino francese abbia o no il diritto di
di rendersi assegnatario di un alloggio realizzato da una cooperativa edilizia
a contributo statale, alla luce di alcuni testi di legge (fra i quali l‟art. 8 del d.l.
6 settembre 1965, n. 1022) che contemplano la cittadinanza italiana fra i
requisiti richiesti per tale assegnazione40 . Una tale disparità di trattamento
39
40
In Raccolta, p. I-173.
Cfr. A. BARONE – E CALO’, Accesso dei cittadini comunitari all’edilizia agevolata, in Riv. not., 2000, p. 1167 ss..
23
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
è compatibile coi principi fondamentali del diritto comunitario, fra i quali
spicca, com‟è noto, il principio di eguaglianza con il correlato divieto di
discriminazioni basate sulla nazionalità?
La risposta all‟interrogativo può essere rinvenuta nell‟ambito delle norme e
della giurisprudenza comunitaria41.
È invero noto che la Corte di Giustizia CE, già con sentenza del 14 gennaio
1988, causa 63/86 , aveva condannato l‟Italia per aver adottato atti legislativi
statali e regionali riservanti ai soli cittadini italiani l‟accesso alle
agevolazioni pubbliche in materia di alloggi.
Al vaglio della Corte erano stati sottoposti l‟art. 4, comma 3°, d.p.r. 23
maggio 1964, n. 655, contenente “Norme concernenti la disciplina delle
assegnazioni degli alloggi economici e popolari” (a tenore del quale “non
possono essere assegnati in proprietà od in locazione alloggi economici e
popolari costruiti dagli enti di cui all‟art. 1, con il concorso od il contributo
dello Stato (...) a chi non abbia la cittadinanza italiana” nonché il d.p.r. 30
dicembre 1972, n. 1035 (Norme per l‟assegnazione e la revoca nonché per la
determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia
residenziale pubblica) e diverse leggi regionali di analoga portata
precettava.
Secondo la Corte “il cittadino di uno Stato membro che desideri svolgere
un‟attività autonoma in un altro Stato membro, affinché sia garantita la
perfetta uguaglianza di concorrenza coi cittadini del primo, deve poter
trovare casa a parità di condizioni con gli stessi. Anche se in pratica, le
41
In Raccolta, p. 29.
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
esigenze di alloggio dei cittadini comunitari che si valgono delle libertà
attribuite
dal
trattato
sono
variabili,
in
proposito,
trattandosi
dell‟applicazione del principio fondamentale del trattamento nazionale, non
si possono far distinzioni tra le varie forme di stabilimento né escludere i
prestatori di servizi. È questo il motivo per cui si ha trasgressione degli artt.
52 e 59 del trattato qualora uno Stato membro riservi ai propri cittadini, con
varie disposizioni del diritto nazionale, l‟accesso alla proprietà od alla
locazione di alloggi costruiti o restaurati mediante finanziamenti pubblici,
nonché (accesso al credito fondiario agevolato”. Sempre a parere della
Corte; il diritto allo stabilimento e alla libera prestazione dei servizi e il
principio della parità di concorrenza all‟interno della Comunità “comportano
che il cittadino di uno Stato membro che intenda esercitare un‟attività
lavorativa autonoma in un altro Stato membro deve potervi prendere
alloggio a condizioni equivalenti a quelle di cui fruiscono i concorrenti
cittadini di quest‟ultimo Paese. Il divieto di discriminazioni fondate sulla
cittadinanza, quindi, non colpisce unicamente le norme specifiche
concernenti l‟esercizio delle attività professionali ma anche quelle relative
alle varie facoltà generali utili all‟esercizio di dette attività”. Principi
analoghi erano stati espressi poi dalla successiva pronuncia 30 maggio 1989,
causa 305/8742 , con cui la Corte di giustizia aveva evidenziato che “il diritto
di acquistare, godere e alienare beni immobili nel territorio di uno Stato
membro costituisce il complemento necessario della libertà di stabilimento,
come risulta dall‟art. 54, n. 3, lett. e), del trattato e dal programma generale
42
In Raccolta, p. 1461.
25
CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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per la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento 18 dicembre
1964”. Le enunciazioni or riprodotte, ed in particolare le statuizioni della
prima delle due pronunzie testé citate, avevano trovato poi pieno riscontro,
all‟interno dell‟ordinamento italiano, nella sentenza 11 luglio 1989, n. 389,
pronunciata dalla Corte Costituzionale . I giudici della Consulta avevano
anzitutto chiarito che alle norme contenute negli artt. 52 e 59 del trattato
deve riconoscersi una diretta efficacia nell‟ordinamento interno: dalla
stessa, cioè, “derivano attualmente diritti, come la libertà di stabilimento e
quella di prestazione dei servizi, che sono immediatamente tutelabili in
giudizio da parte dei cittadini degli Stati membri” nei termini (e nella misura)
in cui sono stati delineati dalla giurisprudenza comunitaria che, come
poc‟anzi ricordato, li ha ritenuti comprensivi della facoltà di accesso alla
proprietà ed alla locazione degli immobili.
Precisate la natura e l‟efficacia delle norme desumibili dagli artt. 52 e 59 del
trattato e ribadito, nel solco dell‟insegnamento della sentenza n. 170 del
1984, che, “nel campo riservato alla loro competenza, le norme comunitarie
direttamente applicabili prevalgono rispetto alle norme nazionali, anche se
di rango legislativo, senza tuttavia produrre, nel caso che queste ultime
siano incompatibili con esse, effetti estintivi” (dando luogo l‟eventuale
conflitto fra il diritto comunitario direttamente applicabile e quello interno,
non già ad ipotesi di abrogazione o di deroga, né a forme di caducazione o di
annullamento per invalidità della norma interna incompatibile, quanto
piuttosto ad un fenomeno di disapplicazione, di quest‟ultima), la Corte
Costituzionale aveva quindi concluso, con riferimento al caso di specie, che
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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“tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle
leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) – tanto se dotati di poteri di
dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di
tali poteri, come gli organi amministrativi – sono giuridicamente tenuti a
disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite dagli artt.
52 e 59 del trattato nell‟interpretazione datane dalla Corte di giustizia. Ciò
significa, in pratica, che quei soggetti devono riconoscere come diritto
legittimo e vincolante la norma comunitaria che, nell‟accesso alla proprietà
o alla locazione dell‟abitazione e al relativo credito, impone la parità di
trattamento tra i cittadini di altri Stati membri e quelli nazionali, mentre
sono tenuti a disapplicare le norme di legge, statali o regionali, che
riservano quei diritti e quei vantaggi ai soli cittadini italiani”.
Inquadrata nella cornice dei suesposti principi (riaffermati, con riguardo a
normative statali disciplinanti gli acquisti immobiliari, da Corte Giust. 1°
giugno 1999, causa C 302/97, Konle) , la questione di cui trattasi sembra
poter trovare agevole soluzione.
Le disposizioni disciplinanti il caso controverso, infatti, esibiscono, prima
facie, i medesimi profili di incompatibilità con i menzionati precetti
comunitari direttamente applicabili nell‟ordinamento interno già apprezzati
dai ricordati orientamenti giurisprudenziali ed in particolare dalla citata
sentenza Corte Giust. 14 gennaio 1988, causa 63/86. Di talché si deve
riconoscere la possibilità di disapplicazione delle ripetute disposizioni
(rectius, di non applicazione, come puntualizzato da Corte Cost. 18 aprile
1991, n. 168) ,
nell‟attesa che lo Stato italiano apporti le necessarie
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo
dalle attuali incompatibilità
e, conseguentemente, l‟attribuzione anche al
cittadino francese interessato dal quesito della facoltà di usufruire dei
benefici e delle agevolazioni previsti a favore dei cittadini italiani dalla
disciplina in discussione.
D. Ai fini qui in considerazione, merita poi un cenno la giurisprudenza
comunitaria che, con l‟obiettivo di rafforzare la tutela dei consumatori
coinvolti in relazioni contrattuali, ha ampliato l‟ambito di applicazione della
direttiva 85/577 Cee sulle c.d. vendite porta a porta estendendolo a diverse
figure negoziali quali: la fideiussione, purchè garantisca il rimborso di un
debito contratto da un‟altra persona la quale agisca, per quanto la concerne,
fuori dall‟ambito della propria attività professionale (sent. 17 marzo 1998,
causa C-45/96, Dietzinger ); l‟acquisto in multiproprietà, purchè il contratto
abbia ad oggetto, oltre all‟acquisto di un diritto d‟uso a tempo parziale su un
bene immobile, la fornitura di servizi e il valore di essi sia superiore a quello
del diritto d‟uso (sent. 22 aprile 1999, causa C-423/97, Travel Vac ); nonché,
infine, il credito fondiario (sent. 13 dicembre 2001, causa C-481/99,
Heininger ).
Particolarmente significativo si rivela il decisum di quest‟ultima pronuncia
con cui la Corte, optando per l‟applicazione della direttiva 85/577 ai contratti
di credito fondiario [nella specie, si trattava di un mutuo ipotecario “porta a
porta” concluso in Germania, in cui l‟adesione al contratto di finanziamento
finalizzato all‟acquisto di un appartamento (e assistito da garanzia reale),
pur materialmente siglato nei locali della banca erogatrice del prestito, era
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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stata proposta nel corso di ripetute visite, non sollecitate dai diretti
interessati, effettuate da un agente presso il domicilio dei mutuatari], ha
altresì stabilito l‟incompatibilità con la medesima direttiva di disposizioni
nazionali che prescrivano un termine per il recesso, qualora al consumatore
non siano state fornite le prescritte informazioni circa il suo esercizio.
Secondo la Corte, a prescindere dal momento di conclusione del contratto e
da quello di ricezione della merce, il consumatore non perde la facoltà di
recesso fino a quando non sia informato, in maniera corretta ed esauriente,
circa il diritto spettantegli e le sue modalità di esercizio, e non sia decorso il
termine (minimo) di sette giorni dalla conoscenza di tali notizie. A tale
stregua, dal momento che le chances di ottenere un‟informazione “tardiva”
sul recesso tendono inesorabilmente a scemare quanto più ci si allontana
dalla stipula, si può immaginare che non di rado il diritto di recesso sia
destinato a rimanere in piedi sine die (salvi gli effetti preclusivi derivanti dal
consumo o deterioramento dei beni consegnati ovvero dall‟esecuzione dei
servizi promessi).
Restando alle implicazioni scaturenti dal caso in esame è stato rilevato, con
riferimento al nostro ordinamento, che applicando pedissequamente il
principio enunciato dai giudici comunitari, rischia di essere vanificato il c.d.
termine lungo di sessanta giorni – decorrenti dalla data di stipulazione del
contratto, per i contratti riguardanti la prestazione di servizi, ovvero dalla
data di ricevimento della merce, nel caso di contratti riguardanti la fornitura
di beni – concesso dal legislatore italiano, qualora l‟operatore commerciale
abbia omesso di fornire al consumatore l‟informazione dovuta oppure abbia
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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fornito un‟informazione incompleta o errata, che non abbia consentito il
corretto esercizio del diritto di recesso (art. 6, 2° comma, d. leg. 50/92) .
E. L‟illustrazione delle “occasioni di incontro” fra norme comunitarie ed
attività notarile potrebbe proseguire .
Basti pensare, senza scendere nel dettaglio, a materie di straordinaria
rilevanza, teorica e pratica, quali la contrattualistica in campo agricolo (in
particolare, gli acquisti di terreni vinicoli o delle c.d. quote latte), oppure il
diritto tributario ed il diritto societario , in cui la crescente diffusione di
normative di matrice comunitaria pone a carico del notaio, proprio in ragione
delle sue peculiari funzioni, ineludibili obblighi informativi ed applicativi.
È sufficiente qui ricordare, con riferimento al settore fiscale, l‟annosa
querelle concernente il rimborso delle somme pagate dalle società per
l‟iscrizione dell‟atto costitutivo nel registro delle imprese e, quindi,
periodicamente per ogni successiva annualità, definita da una serie di
pronunzie della Corte di giustizia (da ultimo, sent. 10 settembre 2002, cause
riunite C-216/99 e C-222/99, Soc. Prisco) ; nonché, con riguardo alla materia
societaria, le questioni connesse alla libertà di stabilimento (secondario)
delle società così come consacrata nella più recente giurisprudenza
comunitaria, diffusamente esaminata nella relazione del notaio Petrelli.
Fattispecie, quelle testé elencate, che offrono ulteriore e definitiva conferma
della necessità per il notaio di approfondire al meglio lo studio del diritto
comunitario al fine di garantirne una corretta applicazione, peraltro
imprescindibile per il puntuale adempimento degli obblighi professionali
imposti ex lege.
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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4. L‟attività notarile nel quadro dell‟ordinamento comunitario: il Trattato Ce
e il rapporto Marinho.
Nei paragrafi che precedono sono state esposte le ragioni per le quali il
notaio è tenuto a conoscere le norme comunitarie, imparando a convivere
con esse ed abituandosi ad utilizzarle alla stessa stregua delle disposizioni
di diritto interno.
Per completare la presente trattazione occorre ora spostare l‟indagine su
un piano diverso, più strettamente connesso all‟oggetto della precedente
relazione sulle professioni regolamentate, verificando se l‟ordinamento
comunitario conosca la figura del notaio, se e in che misura, cioè,
quell‟ordinamento interferisca sulla conformazione e sull‟organizzazione
dell‟attività notarile così come strutturata soprattutto nei Paesi di notariato
latino.
A. Orbene, il Trattato Ce non contiene alcuna previsione espressamente
dedicata alla attività del notaio; contiene, invece, una serie di disposizioni
relative ai c.d. servizi (intesi quali “prestazioni fornite normalmente dietro
retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla
libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone”) fra i quali
vengono ricompresi, sub lett. d) dell‟art. 50, le “attività delle libere
professioni”.
Si tratta di una serie di prescrizioni che trovano il punto di partenza e di
riferimento nel divieto di discriminazioni in base alla nazionalità e che sono
31
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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volte a facilitare ai cittadini comunitari l‟esercizio di qualsiasi attività
lavorativa autonoma nell‟intero territorio comunitario.
In particolare, un primo gruppo di norme (artt. da 43 a 48) disciplina la
libertà di stabilimento intendendosi con questa espressione (con riguardo
alle attività professionali) la possibilità di insediamento professionale stabile
di un cittadino comunitario in un Paese membro diverso dal proprio, in
particolare con inquadramento nella categoria professionale dello Stato
ospitante (iscrizione in albi o ordini, ad esempio) e con piena equiparazione
ai professionisti di quest‟ultimo (così ad es., per quanto attiene al rispetto
delle norme e dei procedimenti disciplinari, alla deontologia, alle
incompatibilità, ecc.). Un secondo gruppo di norme del Trattato (artt. da 49 a
55) regola invece la libera prestazione di servizi: si tratta dell‟ipotesi di
prestazione occasionale o saltuaria di un‟attività non salariata, che viene
esercitata dal professionista in un Paese diverso da quello di stabilimento,
se del caso aprendo nel Paese ospitante un ufficio o recapito, ma sempre
tenendo come base lo Stato di appartenenza. In questo caso l‟interessato
rimane incardinato nell‟ordine o categoria professionale del proprio Paese
(e non deve richiedere, ad esempio, l‟iscrizione all‟omologo ordine
professionale o albo del Paese ospitante).
In entrambe le fattispecie or evocate, rimane di fondamentale importanza la
possibilità di verificare in capo al professionista migrante l‟effettivo
possesso dei requisisti abilitativi (titolo di studio, tirocini, esami di
ammissione, ecc.) per l‟esercizio della professione di cui si tratta, con una
differenza: per godere delle libertà di stabilimento si deve ottenere la
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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“equiparazione” del proprio titolo con quello richiesto nel Paese nel quale si
vuole operare (poiché si sarà del tutto sullo stesso piano dei professionisti di
quel Paese), mentre per operare in regime di libera prestazione di servizi si
continuerà a esercitare la attività con il proprio originario titolo abilitativo (in
questo caso diverrà importante determinare quale attività si possa
effettivamente svolgere con tale titolo nel Paese ospitante e rendere di ciò
informati i proprio potenziali clienti in tale Paese).
Costituendo
le
libertà
innanzi
indicate
principi
fondamentali
dell‟ordinamento comunitario – la cui attuazione è imprescindibile per la
realizzazione del mercato comune – ben si comprende il carattere
eccezionale delle deroghe previste dal Trattato. Fra queste, assume
particolare rilievo, in relazione all‟attività notarile, la previsione dell‟art. 45
dello stesso Trattato, che consente di escludere dall‟applicazione delle
disposizioni vigenti in materia di libertà di stabilimento e di libera
prestazione dei servizi le attività che, nei singoli Stati membri, “partecipano
sia pure occasionalmente all‟esercizio dei pubblici poteri”. La Corte di
giustizia
ha sempre interpretato in modo
circoscrivendone
l‟applicazione
alle
attività
restrittivo
che
tale deroga
“costituiscono
una
partecipazione e diretta e specifica all‟esercizio di pubblici poteri”, con
conseguente possibilità di scindere, all‟interno del coacervo delle
prestazioni di pertinenza di una certa professione, quelle strettamente
connesse ai pubblici poteri dalle altre .
E tuttavia, non si è mai dubitato della riconducibilità nell‟alveo dell‟art. 45
della professione notarile che, quantomeno nell‟ambito degli ordinamenti
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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statali
fondati
sui
principi
del
c.d.
notariato
latino,
risulta
inequivocabilmente titolare di una specifica delega di poteri pubblici .
In tal senso, del resto, si è espresso anche il Parlamento europeo con la
“Risoluzione sulla situazione e l‟organizzazione del notariato nei dodici
(all‟epoca) Stati membri della Comunità” adottata il 18 gennaio 1994 in base
al cosiddetto rapporto Marinho .
In tale atto, il Parlamento ha anzitutto premesso che:
“l‟attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di libertà di
stabilimento e il completamento dei mercato interno abbiano incidenza
sull‟attività notatile, le cui funzioni prevedono compiti fra loro indissociabili
di consulenza e di autenticazione di documenti”;
“l‟attività notarile è connotata da una parziale delega di sovranità da parte
dello Stato, finalizzata in particolare ad assicurare il servizio pubblico della
redazione degli atti, della loro autenticità e legalità nonché della loro forza
esecutoria e probatoria, e quello di assistenza preventiva e imparziale alle
parti interessate, onde contribuire al decongestionamento dei tribunali”;
“la realizzazione del mercato interno e più in particolare l‟attuazione delle
disposizioni del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera
prestazione di servizi dà adito a una crescente mobilità dei soggetti giuridici
e a un‟accelerazione degli scambi di titoli, degli atti e dei contratti, il che
implica un aumento notevole dell‟attività notarile all‟interno di tutti gli Stati
membri della Comunità nel quadro del mercato unico”.
Quindi, il Parlamento europeo ha preso atto “dell‟importanza che viene
assumendo la professione notarile a livello comunitario” ricordando che
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
questa “ pur essendo organizzata in maniera diversa nei dodici Stati membri
della Comunità e nell‟ambito stesso di alcuni di questi Stati
è
sostanzialmente caratterizzata da una serie di elementi praticamente
comuni, i principali dei quali sono sintetizzabili come segue: delega parziale
della sovranità da parte dello Stato affinché possa essere, assicurato il
servizio pubblico dell‟autenticazione delle convenzioni e della prova; attività
indipendente esercitata nel quadro di una carica pubblica, sotto forma di
libera professione (a eccezione del Portogallo e di un Land tedesco nonché
del sistema del tutto particolare del Regno Unito), ma soggetta al controllo
dello Stato
o dell‟organo statutario che le pubbliche autorità hanno
incaricato di tale compito
per quanto attiene all‟osservanza delle
prescrizioni dell‟atto notarile, alla tariffazione regolamentata e imposta
nell‟interesse dei clienti, all‟accesso alla professione o all‟organizzazione
della medesima; funzioni preventive rispetto a quella del giudice, con
eliminazione o riduzione dei rischi di controversie; ruolo di consulenza
imparziale”.
La risoluzione ha poi formulato l‟enunciazione secondo la quale “il
configurarsi di una delega parziale dell‟autorità dello Stato quale elemento
inerente all‟esercizio della professione notarile sia tale da giustificare, nei
confronti di detta professione, l‟applicazione dell‟articolo 55 (ora 45) del
Trattato CE in virtù del quale sono escluse dall‟applicazione delle
disposizioni vigenti in materia di libertà di stabilimento e di libera
prestazione dei servizi le attività che nei singoli Stati membri “partecipano,
sia pure occasionalmente, all‟esercizio dei pubblici poteri”, soggiungendo
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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che nonostante l‟interpretazione restrittiva di cui 8 oggetto la deroga di cui
all‟articolo 55 – le disposizioni vigenti del trattato CE in materia di libero
stabilimento e di libera prestazione di servizi non offrano una base giuridica
adeguata e tale da consentire un‟armonizzazione al livello comunitario delle
norme in materia di organizzazione della professione notarile”.
Infine, il Parlamento ha concluso esortando “la Commissione
cui
spetterebbe in linea di principio il compito di proporre un‟iniziativa del
genere gli Stati membri e le istituzioni notarili a concertarsi in ordine alla
messa in opera delle riforme necessarie, suscettibili di consentire, da un
lato, un ravvicinamento a livello comunitario di taluni aspetti caratteristici
dell‟organizzazione della funzione notarile e, dall‟altro, un approccio
normativo settoriale dell‟esercizio di tale professione nella misura in cui
l‟evoluzione nella realizzazione del mercato interno lo giustifichi”
auspicando l‟adozione di “misure in ordine alla soppressione, per quanto
riguarda i cittadini dell‟Unione europea, del requisito della cittadinanza per
l‟accesso alla professione fatto salvo il diritto di ciascuno Stato di imporre
altre condizioni”.
L‟autorevolezza della presa di posizione del Parlamento europeo, pur se non
provvista di efficacia vincolante, offre un supporto non trascurabile alla tesi
dell‟applicabilità alla professione notarile “globalmente considerata” della
deroga di cui all‟art. 45. Non a caso, la risoluzione, adottata nella piena
consapevolezza della teoria della “scindibilità” delle singole funzioni
riconducibili all‟ambito di attività di una determinata professione propugnata
dalla Corte di giustizia , evidenzia la indivisibilità delle diverse attività svolte
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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dal notaio – con l‟esplicito riferimento a “compiti fra loro indissociabili di
consulenza e di autenticazione di documenti” – ponendo in risalto come la
delega di sovranità statale di cui il notaio “latino” risulta titolare connoti
l‟insieme delle funzioni dallo stesso disimpegnate, caratterizzandole tutte in
egual misura quali forme di partecipazione all‟esercizio di pubblici poteri.
Diversamente opinando, del resto, si finirebbe per obliterare gli accentuati
elementi pubblicistici della professione notarile nei Paesi di notariato latino.
In Italia, per esempio, l‟attività del notaio è anzitutto – al pari di quella
dell‟amministrazione dello Stato – rilevante globalmente, nella sua
interezza . Ciò si evince, ad esempio, dall‟art. 1 della legge notarile, che
stabilisce le finalità dell‟attività dei notai; dall‟art. 18 che dispone l‟obbligo
del giuramento; dagli art. 27 e 26, in base ai quali l‟attività del notaio è
sottoposta al principio di doverosità; dall‟art. 28, secondo cui il notaio deve
rispettare il principio di imparzialità. Il secondo elemento che, nel nostro
ordinamento, accomuna l‟attività del notaio a quella della pubblica
amministrazione, è la tipicità dei fini, sancita dall‟art. 1 della legge notarile,
accompagnata dalla tassatività delle competenze. Il terzo elemento
pubblicistico è costituito dalla predeterminazione della forma dell‟attività
dei notai (art. 47 ss. della legge notarile) e della procedura da seguire per
l‟adozione degli atti. Infine, assumono particolare rilevanza i controlli
pubblici disposti dall‟art. 127 ss. della legge notarile che comportano la
vigilanza e il potere ispettivo del ministero della giustizia, delle procure
generali presso la Corte di appello e delle procure della repubblica e che, a
differenza di quanto previsto nei riguardi degli altri ordini professionali,
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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possono investire anche singoli atti, confermando così la natura pubblica
dell‟ufficio del notaio . Le argomentazioni testé esposte appaiono in grado di
contrastare efficacemente l‟opinione secondo cui, nell‟ambito delle attività
effettivamente esercitate dai notai nei Paesi di notariato latino, potrebbero
enuclearsi prestazioni (per esempio di consulenza giuridica) che, non
comportando l‟esercizio di pubblici poteri, risulterebbero non “coperte”
dalla clausola derogatoria dell‟art. 45 .
Una opinione siffatta, d‟altra parte, non sembra comunque sostenibile
neppure sul piano dei principi perché suscettibile di stravolgere forse
irrimediabilmente la figura (e la professionalità) del notaio quale fornitore di
un servizio “globale” di alta qualità che costituisce adempimento di un
munus publicum: interprete della volontà delle parti, realizzatore del suo
“adeguamento”, estensore dell‟atto e certificatore della autenticità del
medesimo, il tutto inscindibilmente collegato ed unificato, ripetesi, dal
disimpegno della funzione pubblica di cui il notaio è investito. Se i due
aspetti della professione potessero essere separati, si distinguerebbe una
attività di mera certificazione - per la quale il notaio potrebbe trovarsi ed
essere considerato sullo stesso piano di altri funzionari pubblici e fungibile
con essi - e una attività di consulenza, per la quale – come è ovvio – il notaio
verrebbe assimilato agli altri professionisti del diritto. In tal modo sarebbe
la professione stessa nella sua riconosciuta specificità ad essere inficiata, in
difetto, per di più, di validi supporti sistematici idonei a giustificare una
simile operazione “manipolativa”.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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Per meglio precisare quest‟ultimo assunto, occorre tuttavia aggiungere che
non si vuole qui negare la possibilità per il notaio di svolgere attività di
consulenza o assistenza giuridica delle parti. Dette attività, però, quando
sono legate alla funzione pubblica, ossia quando il notaio opera
nell‟esercizio dei propri pubblici poteri, vanno necessariamente e
doverosamente congiunte e correlate all‟esercizio di tali poteri, senza che il
professionista possa spogliarsene o delegarle ad altri. Sono questi i casi nei
quali si nega la “scissione” delle funzioni notarili in attività di consulenza e
di certificazione: non opererebbe da notaio (latino) colui che ne facesse un
uso separato.
Diverso è il caso del notaio che, quale esperto del diritto, sia chiamato a
prestare la propria consulenza o parere a che gliene faccia richiesta, al di
fuori dell‟esercizio dei pubblici poteri. In questi casi non sarebbe più
possibile richiamare i concetti e dedurne le regole di cui si è trattato sopra,
ma diverrebbe inevitabile considerare il notaio alla stregua di ogni altro
professionista, con possibilità di recarsi in un altro Paese per dare consiglio.
È ovvio, in questo caso, che il notaio non si muoverebbe con la “copertura”
del proprio titolo professionale, ma più semplicemente – nei limiti del
consentito – quale esperto di diritto o forza di altri propri titoli accademici o
professionali eventualmente posseduti.
In base alle considerazioni sin qui articolate, paiono rinvenirsi argomenti
validi per escludere, grazie alla previsione dell‟art. 45 (estesa alla
professione nel suo insieme e non solo alle singole attività), la libertà di
circolazione dei notai – sia sotto il profilo dello stabilimento che sotto
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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l‟aspetto della prestazione dei servizi – e, quindi, per ribadire la legittimità di
una disciplina specifica dell‟attività notarile di matrice esclusivamente
nazionale, riservata, cioè, a ciascuno Stato membro.
B. Rilevata l‟assenza di una direttiva settoriale di armonizzazione
dell‟attività notarile nei vari Stati membri, si osserva che neppure le
direttive adottate per dare attuazione alle norme sulle libertà di
stabilimento dei professionisti sembrano in grado di interferire in modo
significativo con l‟assetto del notariato di tipo latino.
Com‟è noto, con le due direttive 89/48 e 92/51 CEE (l‟una, relativa al sistema
generale di reciproco riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che
sanciscono formazioni professionali di durata minima di tre anni; l‟altra,
relativa ad un secondo sistema generale di reciproco riconoscimento dei
diplomi di durata inferiore ai tre anni), si è ritenuto di affrontare in via
generale il problema del riconoscimento dei titoli abilitativi, senza porre
distinzioni o limitazioni per determinate professioni.
Le caratteristiche fondamentali della disciplina introdotta dalle due direttive
in parola possono così riassumersi:
a) viene affermato il principio di reciproco riconoscimento per tutti i cittadini
dei Paesi membri dei titoli abilitativi e della formazione professionale
ottenuta in un altro dei Paesi membri; si riconosce, in linea generale, la
“parità” della istruzione e della formazione professionale che avvenga in
uno qualsiasi dei Paesi membri, sulla base della considerazione che questi,
sufficientemente affini dal punto di vista culturale e sociale, possono
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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reciprocamente considerare equivalenti i livelli di formazione raggiunti al
loro interno dalle varie figure professionali.
b) La possibilità di libero stabilimento è attribuita solamente a quei
professionisti che si presentino già, alla stregua della propria normativa
nazionale, come figure professionali complete di tutti gli elementi necessari
per l‟effettivo esercizio della attività di propria competenza; in tal senso
deve intendersi il possesso di un “diploma” di cui si ammette il
riconoscimento, ossia un titolo abilitativo completo per l‟esercizio di una
professione (cfr. art. 1, lett. a), direttiva 89/48/CEE). Non si tratta, cioè,
soltanto di una “equivalenza” di titoli di studio (come potrebbe essere per la
laurea, ad esempio), ma del riconoscimento della figura professionale
appunto “completa” (comprensiva di ogni tirocinio, esame abilitativo, etc. e
talvolta indicata con l‟espressione “prodotto finito”) in grado di esercitare la
attività nel proprio Paese e, pertanto, legittimata a farlo anche negli altri
Stati comunitari.
c) Nonostante la generale equiparazione dei titoli abilitativi, le direttive in
esame prevedono comunque alcuni criteri di compensazione nei casi in cui
la presumibile “disomogeneità” di alcune attività professionali tra diversi
Paesi suggerisca modalità più incisive di armonizzazione. L‟esempio di
maggiore interesse è quello previsto dall‟art. 4, ultima parte, della direttiva
89/48 per le professioni il cui esercizio richieda una conoscenza precisa del
diritto nazionale e nelle quali la consulenza e/o l‟assistenza per quanto
riguarda il diritto nazionale costituisca elemento essenziale dell‟attività. In
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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questi casi, lo Stato ospitante può esigere, a propria scelta, un tirocinio di
adattamento o una prova attitudinale .
Solo la Francia ha inteso, sino ad oggi, dare espressa attuazione alla
disciplina della direttiva 89/48 anche per quanto attiene al notariato,
emanando il decreto n. 90-1210 del 21 dicembre 1990 relativo alle condizioni
di accesso a determinati uffici pubblici e ministeriali.
L‟art. 5 di detto decreto modifica espressamente le norme in tema di
accesso al notariato, prevedendo che, in deroga ai requisiti richiesti dalla
legge, possa esservi ammesso anche chi abbia compiuto un corso di studi
della durata minima di tre anni che consenta l‟esercizio della professione in
uno degli Stati membri, o che abbia effettivamente esercitato la professione
a tempo pieno e per almeno due anni in uno Stato membro che non regoli
altrimenti l‟accesso al notariato.
In ogni caso il candidato dovrà sottoporsi ad un esame attitudinale sul
programma e secondo le modalità stabilite dal ministro della giustizia.
Benché questa normativa sia stata introdotta, come detto, fin dalla fine
dell‟anno 1990, non è dato conoscere fino ad oggi alcun caso di sua
applicazione, né risulta ancora determinato da parte dell‟autorità
competente il contenuto della prescritta prova attitudinale.
Per quanto riguarda l‟Italia, sono state emanate norme di recepimento delle
direttive 89/48 e 92/51 con i d. lgs. 27 gennaio 1992 n. 115 e 2 maggio 1994 n.
319, i quali sostanzialmente ribadiscono quanto disposto in sede comunitaria
e
regolano
le
procedure
per
ottenere
dalle
autorità
italiane
il
riconoscimento dei diversi titoli. Non si dettano, però, norme particolari per
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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determinate professioni, salvo il requisito della cittadinanza, ancora
richiesto “per l‟accesso ai rapporti di pubblico impiego e per l‟esercizio delle
professioni nei casi previsti dagli articoli 48, 55 e 66 (oggi articoli 39, 45 e 55,
ndr) del Trattato” (art. 13, secondo co., d. lgs. n. 115/92) e “per l‟accesso ai
posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche individuati con decreto
del presidente del Consiglio dei ministri 7 febbraio 1994 n. 174” (art. 15,
secondo co., d. lgs. n. 319/94). Si ribadisce così, in sostanza, la riserva a
favore dei cittadini italiani per attività quali la magistratura e la carriera
militare, mentre nulla viene detto per il notaio.
Alla stregua del contesto normativo testé descritto, può fondatamente
ritenersi che, nei riguardi degli ordinamenti notarili di tipo latino, non trovi
applicazione la direttiva n. 89/48 sul riconoscimento dei diplomi di istruzione
superiore che sanciscono formazioni professionali di durata minima di tre
anni.
Si è dianzi ricordato che tale normativa fa perno sulla esistenza di quello che
viene definito “prodotto finito”, ossia il professionista che possegga un
“diploma”, inteso nel senso di un titolo abilitativo all‟effettivo esercizio di
una professione nel proprio Paese.
Ove ciò si verifichi (e non si ricada nell‟ipotesi in cui già esiste una direttiva
specifica per quella professione: cfr. art. 2) si ricorrerà alla applicazione
della direttiva 89/48, con gli eventuali criteri correttivi o di adattamento da
questa richiesti.
Ebbene, quello che pare di poter subito rimarcare al proposito per quanto
attiene al notariato italiano, è che non esiste il “diploma” di notaio, inteso
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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come titolo abilitativo all‟esercizio della professione che sia utilizzabile in un
Paese diverso da quello di attribuzione.
La nozione di “diploma” di cui si è detto (o di “prodotto finito”, il che è lo
stesso) non è confacente alla figura del notaio italiano, poiché l‟esercizio
delle funzioni notarili non discende solamente dal possesso di un titolo di
studio e/o da una abilitazione professionale o dal superamento di un esame
o tirocinio, ma anche dalla attribuzione dei pubblici poteri da parte dello
stato di esercizio, caratteristica quest‟ultima da considerarsi indispensabile
per l‟attività del notaio e promanante dalla sovranità dello stato stesso .
L‟attribuzione dei pubblici poteri, in ogni caso, fa sì che il notaio si distacchi
dagli altri professionisti, poiché non è possibile immaginare il libero
stabilimento di un notaio in un Paese diverso da quello che lo ha nominato (e
ancor meno la libera prestazione di servizi all‟estero) non accompagnato
dall‟esercizio dei propri pubblici poteri di documentazione e certificazione.
Sempre in correlazione all‟esercizio dei pubblici poteri, poi, può subito darsi
riposta negativa all‟ipotesi di libera prestazione di servizi da parte del
notaio, intendendosi con ciò la occasionale o saltuaria attività del medesimo
in un Paese diverso da quello di sua appartenenza, fermo restando il suo
inquadramento professionale secondo le norme del proprio Paese. In questo
caso il limite rappresentato dai pubblici poteri è di tutta evidenza: non si può
certo, tanto meno occasionalmente, esercitare una funzione pubblica su di
un territorio di uno Stato che non l‟ha delegata al soggetto agente.
Da quanto fin qui osservato circa la possibilità di libera circolazione dei notai
nei Paesi comunitari, si ricava che le regole oggi esistenti non forniscono un
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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quadro disciplinare esaustivo né adeguato, e tale carenza normativa può
lasciare spazio alla prospettazione di forzature pericolose quanto
inaccettabili sul piano dei principi .
Si consideri, per esempio, l‟eventualità della richiesta, avanzata da un
cittadino di un Paese comunitario, di ammissione al notariato in un Paese
diverso dal proprio, possedendo il richiedente tutti i requisiti necessari per il
Paese ospitante (ad es.: cittadino spagnolo, laureato in giurisprudenza
presso una università italiana, che abbia compiuto la pratica prevista dalla
nostra legge notarile e che chieda di sostenere il concorso in Italia). In linea
di principio, l‟applicazione della previsione derogatoria dell‟art. 45 del
Trattato
potrebbe
giustificare
la
reiezione
dell‟istanza
fondata
sull‟invocazione della clausola di nazionalità prevista per l‟accesso alla
professione in tutti gli ordinamenti di notariato latino. Tuttavia, una risposta
così tranquillizzante
e, per così dire, “panglossiana”, non può esaurire
l‟analisi della questione. In realtà, nell‟ipotesi di esclusione e di conseguente
ricorso giudiziale con appendice avanti alla Corte di giustizia, sarebbe forse
azzardato immaginare una decisione negativa basata sulla sola mancanza
del requisito della cittadinanza per chi, come detto, presenti requisiti pari a
quelli dei cittadini del Paese interessato (e ciò ancor più nell‟eventualità che
costui non chieda che di essere ammesso a sostenere gli stessi esami
previsti per i candidati nazionali).
Al riguardo, si deve ricordare, infatti, per un verso, che il divieto di
discriminazioni basate sulla nazionalità sancito dall‟art. 12 del Trattato
costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, la cui
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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applicazione tende ad essere il più possibile estesa e salvaguardata dalla
giurisprudenza comunitaria ; e rammentare, per altro verso, che
l‟istituzione della cittadinanza dell‟Unione europea (art. 17 del Trattato)
introduce un parametro normativo da cui non può prescindersi nella
valutazione della legittimità (anche sotto il profilo della proporzionalità)
delle norme dei singoli Stati che pongono la condizione di cittadinanza per
l‟esercizio di determinate attività . Tanto più che già esiste un Paese
comunitario – la Spagna – che, modificando il proprio ordinamento, ha
eliminato la condizione di nazionalità per l‟accesso al concorso notarile (con
la l. 27 dicembre 2001, n. 24, modificativa dell‟art. 19 della Ley del
Notariado), sì da aprire una breccia destinata ad allagarsi. Nel quadro
dell‟ordinamento
comunitario
si
rinviene
infatti
il
principio
della
concorrenza tra sistemi normativi (enunciato nel libro bianco della
commissione del 1985, e recepito successivamente dall‟atto unico europeo,
come espressione del “nuovo approccio” per la realizzazione del mercato
interno), in base al quale, in settori in cui si registrano rilevanti differenze
fra i singoli ordinamenti statali, l‟armonizzazione comunitaria “non procede
con strumenti formali e non è calata dall‟alto attraverso apposite direttive di
coordinamento legislativo, ma viene indotta per così dire di fatto e dal basso,
mettendo in concorrenza, oltre agli operatori, gli stessi sistemi normativi ed
organizzativi e spingendoli per così dire a ridurre le reciproche differenze” .
Alla stregua del suesposto principio, si delinea la possibilità che
l‟ordinamento statale più rispettoso dei principi comunitari e più efficiente
nel garantire la concreta realizzazione delle libertà riconosciute dal Trattato
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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finisca per porsi come parametro di riferimento per la valutazione, da parte
delle istituzioni comunitarie, della compatibilità con il Trattato medesimo
degli altri sistemi.
E la questione appena accennata esibisce una grande attualità se è vero che
è attualmente pendente, ancora nella fase precontenziosa, una procedura di
infrazione avviata dalla Commissione nei confronti di tutti i Paesi di notariato
latino (ad eccezione di Spagna, Portogallo ed Italia, quest‟ultima “esclusa”,
dopo la prima fase, dalla procedura, in ragione della manifestata volontà di
modificare il proprio ordinamento notarile nei sensi di cui alla proposta del
recente disegno di legge comunitaria per il 2003 ), accusati di precludere
illegittimamente agli “stranieri” comunitari l‟accesso alla professione
notarile. Una riflessione al riguardo, quindi, si impone, senza dimenticare
che già il Parlamento europeo nella Risoluzione del 1994, pur nel quadro di
una presa di posizione giustamente volta a riconoscere e preservare la
specificità della professione notarile, aveva sollecitato gli Stati membri a
provvedere alla progressiva soppressione della condizione di nazionalità; e
senza trascurare che negli stessi termini si pronuncia, da anni, anche la più
autorevole dottrina di estrazione notarile, consapevole della necessità di
concentrare tutti gli sforzi sulla salvaguardia di una configurazione unitaria
ed inscindibile della funzione notarile (di tipo latino) e sulla conservazione
della “nazionalità” delle condizioni di accesso alla professione più che degli
aspiranti notai .
Sotto un profilo di opportunità, poi, l‟esclusione dall‟accesso al notariato per
la sola ragione del difetto di cittadinanza appare alquanto riduttiva e, in
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sostanza, inappagante per le stesse esigenze di tutela della professione
notarile. Ciò che deve contare è la preparazione e la selezione dei candidati
al notariato, non la discriminazione fondata sulle origini nazionali.
L‟importante - secondo le regole europee - è che non si creino disparità di
trattamento tra i cittadini e i non cittadini (appartenenti ai Paesi comunitari)
e ciò in entrambi i sensi; il che vuol dire che né i cittadini devono giovarsi di
norme “protezionistiche” per l‟accesso al notariato nel proprio Paese, né
coloro che vengono da un Paese diverso potranno utilizzare “corsie
preferenziali” o regole più permissive.
Diverso da quello descritto è il caso di chi, già notaio in uno dei Paesi
membri, richieda l‟applicazione della direttiva 89/48 e pretenda di essere
ammesso a esercitare le funzioni notarili in altro Paese. In questa ipotesi la
logica stessa della direttiva 89/48 può essere utilizzata a tutela del
notariato, innanzi tutto per escludere che vi sia “omologabilità” tra le figure
di notaio latino e di “public notary” o simili dei Paesi anglosassoni. La
direttiva, infatti, in tanto è applicabile in quanto ci si trovi di fronte a figure
professionali corrispondenti e sostanzialmente equiparabili per natura,
funzioni, formazione e competenze.
Per quanto attiene alle professioni giuridiche, poi, la direttiva 89/48 si fa
specialmente carico delle esigenze di adeguata preparazione di coloro che
vogliono trasferirsi da un Paese all‟altro, consentendo ai singoli Stati (art. 4)
di imporre un tirocinio di tre anni o un esame attitudinale (l‟unico Stato che è
intervenuto sul punto per quanto riguarda i notai, la Francia, come si è già
detto, ha imposto l‟esame). Per questa via si potrà cercare di trovare il
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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giusto equilibrio tra l‟esigenza di garantire adeguata preparazione
professionale e sufficiente competenza e la necessità di evitare ogni
discriminazione tra cittadini e “stranieri”, mediante l‟imposizione da parte
dei singoli Stati anche ai soggetti provenienti da altri Stati membri dei
medesimi esami o tirocini già previsti per i candidati nazionali.
Se, sotto la spinta dei principi volti a garantire l‟uguaglianza fra i cittadini
comunitari, si affermasse il quadro normativo che si è appena delineato,
ossia l‟eliminazione della condizione di nazionalità per l‟accesso al
notariato, con contemporanea conservazione delle altre regole previste dai
singoli Stati (riservando a questi ultimi la verifica della sussistenza di tutti i
presupposti per l‟accesso alla professione), verrebbe scongiurato ogni
rischio di scadimento nel livello di selezione dei notai nei singoli Paesi.
Una valutazione di altro tipo, poi, potrebbe farsi circa l‟effettiva ampiezza
che il fenomeno del libero stabilimento dei notai nei Paesi dell‟UE, che tutto
fa supporre molto limitato, con conseguente scarsa incidenza sulle
caratteristiche dei vari notariati nazionali.
Altri, invece, paiono gli aspetti legati alle questioni qui esaminate sui quali
occorre soffermarsi con attenzione.
Anzitutto, vi è il rischio già evidenziato che l‟attività notarile venga ad essere
distinta tra ciò che rappresenta esercizio di pubblici poteri (l‟attività di
certificazione) e la assistenza e consulenza giuridica, proprio per arrivare a
sostenere che, sotto quest‟ultimo aspetto, il notaio non si distingue da altre
professioni e può, quindi, circolare liberamente all‟interno dell‟Europa. Tale
conclusione,
già
confutata
nelle
pagine
precedenti,
deve
essere
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
drasticamente respinta non solo perché infondata sotto il profilo teorico, ma
anche perché potenzialmente idonea a stravolgere forse irrimediabilmente
la figura (e la professionalità) del notaio quale fornitore di un servizio
“globale” di alta qualità indissolubilmente connesso all‟esercizio di un
munus publicum.
Un altro problema enucleabile dagli argomenti in discussione - a cui si è già
fatto cenno in precedenza - può essere rappresentato da una malintesa
quanto surrettizia e tendenziale equiparazione di tutte le figure di notaio
presenti nei Paesi dell‟UE, anche in quelli non di notariato latino,
(equiparazione) che, in assenza di una apposita normativa settoriale di
armonizzazione – di per sé non inaccettabile, purchè fondata sul
riconoscimento delle peculiarità del notariato latino - scaturisca dal
tentativo di omogeneizzare il più possibile le attività de quibus senza
considerare invece le consistenti differenze esistenti fra i diversi sistemi. Il
pericolo nascerebbe non solo per gli aspetti riguardanti la circolazione dei
professionisti (che può essere contrastata evidenziando, come si è già visto,
la totale disomogeneità delle figure professionali considerate), ma anche in
conseguenza di una eventuale, sostanziale equiparazione tra i documenti da
essi prodotti (soprattutto se anche per i notai latini la funzione di
certificazione venisse presa in considerazione separatamente da quella di
consulenza). Il che potrebbe veramente creare un “mercato parallelo” degli
atti, ad esempio nella forma di scritture private autenticate da parte di un
“public notary” inglese o da un funzionario danese e quindi utilizzate per la
trascrizione nei pubblici registri in Francia, Germania, Italia, ecc.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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C. Ponendosi in una diversa prospettiva, appare delineabile la possibilità di
sottrarre almeno in parte l‟attività (e l‟organizzazione della professione)
notarile all‟applicazione dei principi comunitari in tema di concorrenza, in tal
modo confutandosi la pretesa, avanzata nel nostro Paese dall‟Autorità
antitrust, di intaccare alcuni profili della disciplina del notariato in nome,
appunto, della salvaguardia delle esigenze del libero mercato .
Indicazioni in tal senso si ricavano dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia che, sia pur con riferimento ad altri ambiti, ammette la legittimità
di normative “derogatorie” rispetto alle regole di concorrenza in relazione
ad attività, qualificabili come servizi, ricollegate all‟esercizio di prerogative
dei pubblici poteri e destinate al soddisfacimento di interessi generali. Sono
cioè consentite disposizioni nazionali che configurino, a favore dei prestatori
di tali servizi, uno “statuto speciale”, purchè funzionale all‟assolvimento
della missione di rilievo pubblicistico ad essi assegnata e limitato a quanto
necessario per svolgerla . Inoltre, come si è opportunamente osservato con
specifico riguardo alla materia in discussione “in mancanza di norme
comunitarie adeguate a fornire quantomeno criteri comuni di valutazione e
parametri di riferimento idonei a giustificare una comune base di
valutazione delle funzioni e delle caratteristiche dei notai oltreché del livello
qualitativo delle prestazioni, gli Stati sono liberi di adottare le misure che
ritengono più appropriate anche a tutela di questi primari interessi” .
Perché possa ammettersi uno statuto normativo differenziato occorre però
che, in ogni caso, l‟attività notarile, sostanziantesi nella prestazione di
servizi di interesse e rilevanza collettivi, sia adeguatamente disciplinata al
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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fine di evitare che le regole poste a salvaguardia del miglior funzionamento
della medesima attività si trasformino in strumenti di privilegio, suscettibili
di essere sfruttati per conseguire vantaggi indebiti.
In tale prospettiva, quindi, sono giustamente ritenuti essenziali “lo stretto
collegamento con gli organi pubblici alla tutela dei cui interessati i servizi
sono funzionali, nonché un rigoroso controllo del sistema tariffario per
garantire che le prestazioni siano rese a fronte di corrispettivi fissati,
tenendo conto sia di un adeguato livello di efficienza e professionalità sia di
rigorosi criteri di economicità” . Ma sono parimenti necessari meccanismi di
controllo che impediscano “che l‟area dei servizi riservati alla categoria
notarile in funzione delle legittime esigenze ora accennate possa espandersi
in “mercati contigui” finendo in tal modo per abusare della posizione
privilegiata così acquisita rispetto agli altri concorrenti in tali “mercati
contigui” : è il caso, già accennato con specifico riferimento alla posizione
dei notai negli ordinamenti a notariato latino, dell‟attività di consulenza
giuridica autonoma, non collegata cioè all‟espletamento delle funzioni
notarili “tipiche”.
In definitiva, si rivelano sostanzialmente compatibili con il sistema
comunitario della concorrenza le regole non solo tariffarie vigenti in Italia
per disciplinare l‟organizzazione dell‟attività notarile, in quanto preordinate
ad assicurare, con la qualificazione professionale del notaio e la
adeguatezza del servizio da questi reso, la salvaguardia degli interessi della
clientela.
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IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
D‟altra parte, la conciliabilità dell‟assetto attuale del notariato con i precetti
comunitari della concorrenza trova riscontro, sul piano sistematico, nella
più
recente
giurisprudenza
comunitaria
relativa
alle
professioni
regolamentate, le cui enunciazioni, formulate nei riguardi di attività non
connotate in senso pubblicistico come quella notarile, assumono, se
correlate a quest‟ultima, rilievo ancor più pregnante.
Le note sentenze Arduino e Wouters , infatti, si rivelano espressive di un
indirizzo teso comunque a riconoscere le irriducibili peculiarità delle
professioni intellettuali salvaguardando, sia pure entro limiti ragionevoli, sia
le specificità della disciplina dettata dai legislatori nazionali, sia la funzione
di autoregolamentazione degli ordini e le prerogative degli stessi. Del resto
non è inopportuno ricordare, ponendosi sempre sotto l‟angolo visuale
dell‟ordinamento comunitario, che la qualificazione come imprenditoriale
dell‟attività dei professionisti intellettuali non comporta,di per sé, né
l‟obbligo di omogeneizzarne la disciplina alle regole dettate per le imprese,
né tantomeno la necessità di rimuovere ogni barriera all‟accesso della
professione. Barriere quanto mai rigorose regolano per esempio l‟accesso
ad attività economiche di natura squisitamente imprenditoriale regolate da
norme comunitarie quali le attività bancarie ed assicurative, quelle delle
società finanziarie, delle SIM e delle società di revisione contabile .
Come osservato dall‟avv. gen. Jacobs (nell‟ambito delle conclusioni
presentate il 23 marzo 2000 nelle cause riunite C-180/98 e C-184/98, Pavlov)
“le caratteristiche specifiche dei mercati dei servizi professionali rendono
necessaria una qualche forma di regolamentazione… La natura complessa
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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di siffatti servizi e la loro costante evoluzione, indotta da conoscenze in
rapida mutazione e dallo sviluppo tecnico, rendono difficile per i parlamenti
e per i governi adottare le regole dettagliate e aggiornate necessarie.
L‟autoregolamentazione ad opera di membri della professione ben informati
è spesso più idonea dal momento che permette di reagire con la necessaria
flessibilità. La sfida principale per ogni sistema di diritto della concorrenza è
pertanto evitare l‟abuso dei poteri di regolamentazione, senza eliminare
l‟autonomia regolamentare delle professioni liberali”.
5. (Segue): Altre fonti normative
Pur in assenza di norme del Trattato concernenti specificamente il notaio,
non mancano disposizioni di diritto derivato dalle quali emerge nitidamente
il riconoscimento della rilevanza pubblicistica della funzione notarile.
A. Esemplare, in tal senso - volgendo lo sguardo solo alla produzione
normativa più recente - si rivela la direttiva 2002/65 CE in tema di
commercializzazione a distanza dei servizi finanziari con il consumatore.
Il provvedimento, il cui ambito di applicazione coincide con la nozione di
servizio finanziario (definito all‟art. 2, lett. b), come “ogni servizio avente
attinenza alla banca, al credito, all‟assicurazione, alle pensioni individuali,
agli investimenti e ai pagamenti”), mira a proteggere il consumatore che
abbia concluso “a distanza” un contratto avente ad oggetto appunto la
commercializzazione di un servizio finanziario. Due sono gli strumenti di
tutela all‟uopo apprestati: anzitutto il diritto all‟informazione o meglio il
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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dovere all‟informazione posto a carico della controparte che agisce come
professionista, che, come rilevato in dottrina, soddisfa, cinque distinti
interessi del consumatore stesso: interesse a rendere meno oscuro il
contenuto complessivo del contratto; interesse a meglio rappresentare il
contesto nel quale va ad inserirsi l‟operazione contrattuale; interesse a dare
certezza alle condizioni contrattuali proposte, avuto riguardo soprattutto ai
futuri aspetti probatori; interesse a “materializzare “ un prodotto, sia esso
un bene o un servizio, acquistato più o meno “alla cieca”; interesse, infine,
ad ampliare il contenuto della prestazione del professionista, facendo sì che
questi sia tenuto a titolo di obbligazione contrattuale a tutto quanto
prospettato al consumatore nell‟informazione fornita.
Il secondo cardine della tutela sostanziale offerta al consumatore dalla
direttiva in esame è costituito dalla previsione del diritto di recesso,
strumento di protezione tipico della normativa comunitaria in materia di
contratti dei consumatori. A tale riguardo, l‟art. 6 paragrafo 3, lett. c) della
direttiva de qua dispone che gli Stati membri possono stabilire che lo stesso
“non si applichi... alle dichiarazioni del consumatore rese utilizzando i
servizi di un pubblico ufficiale, a condizione che il pubblico ufficiale attesti
che i diritti del consumatore previsti all‟art. 5, paragrafo 1, sono stati
rispettati”.
Secondo le precedenti lettere a) e b) dello stesso paragrafo, la stessa facoltà
di non avvalersi del rimedio del recesso è concessa agli Stati membri per le
operazioni creditizie (negoziate a distanza) collegate all‟acquisto, alla
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
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conservazione o alla ristrutturazione di un immobile, oppure garantite
mediante ipoteca su immobile.
Per consentire la mancata attivazione dello strumento di tutela previsto
dalla direttiva, tuttavia, l‟art. 6, paragrafo 3, lettera c) non si limita a
richiedere l‟intervento del pubblico ufficiale nel ricevere la dichiarazione di
volontà del consumatore, ma pretende anche l‟attestazione, nell‟atto, da
parte dello stesso pubblico ufficiale, dell‟avvenuto rispetto delle modalità di
informazione prescritte dall‟art. 5 della direttiva (che a sua volta richiama
l‟art. 3, che stabilisce il contenuto di tale diritto di informazione).
Appare indubitabile che, facendo riferimento a tale pubblico ufficiale, le
istituzioni comunitarie abbiano avuto presente il notaio di tipo latino.
La conferma di ciò si rinviene, in primo luogo, negli atti preparatori della
direttiva (adottata secondo il procedimento di codecisione di cui all‟art. 251
del Trattato CE), ed in particolare nel secondo passaggio presso il
Parlamento europeo, avvenuto il 14 maggio 2002 (in cui è stato approvato
l‟emendamento che ha portato alla norma in commento, a sua volta
proposto in data 16 aprile 2002 dalla Commissione giuridica del Parlamento
stesso), in cui si identifica espressamente il pubblico ufficiale con il notaio,
avendo cura di precisare che con quest‟ultima espressione ci si riferisce
soltanto al civil law notary.
Ulteriore conferma di quanto esposto a proposito del riferimento alla figura
del notaio di tipo latino presupposto dalla norma in esame, è offerta
dall‟avviso diffuso dalla Commissione in data 26 giugno 2002 (ai sensi del
citato art. 251, paragrafo 2, terzo comma, lett. c), recante l‟accoglimento
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
degli emendamenti parlamentari e la conseguente, definitiva adozione della
direttiva. In tale avviso, infatti, si ribadisce che il menzionato emendamento
proposto dal Parlamento, merita accoglimento poiché “si tratta in effetti di
tenere conto, da una parte, dei problemi giuridici che porrebbe l‟esercizio
del recesso a seguito di atto notarile, dall‟altra, delle garanzie che offre
l‟intervento di un notaio in termini di protezione d consumatore”, e che la
formulazione definitiva della direttiva, parlando genericamente di pubblico
ufficiale, “tiene conto della situazione giuridica degli Stati membri che non
possiedono un notariato di tipo latino (civil law notary)”.
Proprio alla stregua di una corretta ricostruzione delle valutazioni della
Commissione, si ritiene che la ratio della norma in questione risieda nella
considerazione della idoneità dell‟intervento notarile a porsi di per sé come
strumento di tutela alternativa del consumatore, in grado cioè di sostituire
in tutto o in parte gli ordinari strumenti di protezione previsti in assenza di
tale intervento.
Deve allora ammettersi che, per quanto le fattispecie in cui è ipotizzabile un
intervento notarile nei contratti a distanza riguardanti servizi finanziari del
consumatore possano risultare circoscritte (limitandosi, nella sostanza, ad
alcune ipotesi di mutuo c.d. unilaterale), la norma de qua assume un rilievo
teorico e sistematico di estrema importanza sotto il profilo della
valorizzazione del ruolo del notaio.
Invero, la scelta operata dalle istituzioni comunitarie, inquadrata nei termini
sopra precisati, si traduce, all‟evidenza, in un esplicito riconoscimento del
ruolo di “magistratus inter volentes” proprio del notaio, accompagnato da
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
una chiara volontà di responsabilizzazione del ceto notarile nella materia dei
contratti dei consumatori, in cui a ciascun notaio è richiesta non solo una
piena consapevolezza della funzione svolta, ma anche e soprattutto la
puntuale conoscenza del contenuto della tutela apprestata al consumatore
dalle specifiche normative, comunitarie e nazionali. Ciò, anche per evitare
che l‟intervento notarile venga sollecitato strumentalmente al di fuori delle
ipotesi in cui è imposto dalla legge con l‟obiettivo di attenuare, nell‟interesse
della controparte professionale, la tutela del consumatore.
B. Un altro campo nel quale l‟ordinamento comunitario sembra offrire al
notaio, con grandi spazi operativi, l‟occasione di esaltare le proprie
peculiarità funzionali e professionali, è quello delle c.d. ADR (Alternative
Dispute Resolution).
Il Libro Verde della Commissione sui modi alternativi di risoluzione dei
conflitti in materia civile e commerciale (appunto, le ADR) pubblicato
nell‟aprile del 2002, ha confermato l‟attenzione prestata in sede comunitaria
al tema della promozione di metodi alternativi alla giurisdizione nella
risoluzione delle liti, condotti da una parte terza, specialista e neutrale (il
c.d. conciliatore).
Il contenuto essenziale di queste procedure, di sperimentato successo
soprattutto nel mondo anglosassone, è la “negoziazione strutturata dell‟
autodeterminazione, fra parti che vogliono essere assistite in modo
confidenziale da uno specialista di condivisa fiducia, ma vogliono al
contempo mantenere il controllo sulla soluzione della disputa”.
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
Il Libro Verde, in particolare, pone come capisaldi del procedimento ADR:
confidenzialità, validità del consenso, efficacia dell‟ accordo, formazione,
accreditamento e responsabilità dei conciliatori.
Secondo una corretta ricostruzione dottrinale “in questa procedura ADR,
detta non-vincolante, che può avere fonte, nell‟incarico giudiziale ad un
terzo (ADR nel quadro di procedura giudiziaria), o nella nomina per accordo
fra le parti (ADR convenzionale), le parti non tanto si affrontano, quanto si
impegnano spontaneamente in un processo di ravvicinamento guidato dal
terzo-conciliatore, e vi giocano un ruolo più attivo nel cercare di trovare da
sé la soluzione che ad esse conviene. Questo approccio consensuale, unito
all‟effetto psicologico che deriva dal non subire una decisione imposta, ma
dal condividere, se si vuole, il risultato di un percorso comune, ha l‟ulteriore
positivo risultato di aumentare la probabilità di riprendere le proprie
relazioni
d‟affari,
perché
mentre
si
negozia,
si
ricostruisce
inconsapevolmente il clima di fiducia reciproca”.
L‟efficacia della soluzione non giudiziaria delle liti – come confermano il
Libro Verde e l‟esperienza applicativa americana – dipende essenzialmente
dalla qualità dell‟opera del mediatore e dalla flessibilità del procedimento,
attesa in definitiva la necessità che, sia sotto il profilo procedurale, sia sotto
l‟aspetto della idoneità tecnica del conciliatore, vengano garantiti standard
di livello analogo a quelli offerti dai procedimenti giurisdizionali.
Conseguentemente, il Libro Verde riconosce che la selezione del
responsabile del procedimento ADR risulti più affidabile se condotta fra i
soggetti che, esercitando una professione regolamentata, sono (o
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
dovrebbero essere) provvisti di adeguata formazione tecnica e tenuti
all‟osservanza di stringenti regole deontologiche.
L‟esperienza americana dimostra, poi, che la chiave del successo dei
procedimenti in esame è la percezione di affidabilità offerta dal conciliatore,
la quale postula in costui non soltanto un adeguato livello di conoscenza del
diritto e una non meno congrua capacità di analisi psicologica, ma anche il
possesso di requisiti di indipendenza, imparzialità ed equità, imprescindibili
affinché
il
conciliatore
sia
assolutamente equidistante.
considerato
dai
litiganti
come
terzo
Caratteristiche, quelle testé elencate,
agevolmente (e, diremmo, geneticamente) rinvenibili nella figura del notaio
di tipo latino, quale titolare di un pubblico ufficio garante della legalità
dell‟attività negoziale, e che ne fanno il candidato naturale al ruolo di “terzo
mediatore” chiamato a gestire le procedure di ADR.
D‟altra parte, se è vero che peculiari obiettivi delle ADR sono, per un verso,
le volontà di aiutare – senza imporre alcuna costrizione o cagionare
pregiudizio di sorta al diritto alla tutela giurisdizionale – le parti a comporre
autonomamente la controversia tramite una transazione, i cui termini
vengono liberamente definiti e accettati dai litiganti in caso di accordo e, per
altro verso, l‟esigenza di produrre, attraverso un ricorso generalizzato a tale
strumento, una diminuzione del contenzioso giudiziale , l‟idoneità del notaio
a svolgere un ruolo primario nello sviluppo di tali procedure conciliative
appare evidente.
È infatti da tempo avvertita, anche nel nostro ordinamento, l‟esigenza di
valorizzare la funzione antiprocessuale del notaio, di prevenzione, cioè, di
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
possibili liti e contestazioni circa l‟assetto contrattuale posto in essere ,
attraverso la predisposizione di un sistema nel quale tutte le parti siano
tutelate dalla presenza e dall‟assistenza di un giurista autonomo e
indipendente, capace di comporre gli opposti interessi in modo tanto
imparziale quanto equo . Non a caso, una delle voci più autorevoli della
dottrina processualcivilistica italiana ha di recente suggerito di introdurre in
via legislativa, quale condizione di procedibilità del processo o come
condizione di proponibilità della domanda per determinate categorie di
controversie
concernenti
diritti
disponibili,
il
preventivo
tentativo
obbligatorio di conciliazione, individuandosi nel notaio il soggetto terzo ed
imparziale dinanzi al quale svolgere il tentativo. Secondo tale dottrina, un
siffatto modulo procedimentale, destinato a sfociare, nel caso di
accoglimento della domanda, in un verbale avente ex lege valore di titolo
esecutivo (stragiudiziale), “oltre a costituire un efficace filtro preventivo
rispetto alla giurisdizione, sfrutterebbe al meglio la terzietà tipica del
notaio”. Terzietà che, è quasi superfluo aggiungere, rappresenta per le
parti, in una con la natura pubblicistica della funzione notarile, la più
efficace garanzia di gestione obiettiva ed equidistante della procedura
conciliativa.
6. La giurisprudenza della Corte di giustizia
Anche nella giurisprudenza della Corte si rinviene una chiara ed esplicita
sottolineatura della caratterizzazione pubblicistica della attività notarile.
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
Particolare rilievo assume, a tale riguardo, la sentenza Unibank (17 giugno
1999, causa C-260/97) con cui la Corte si è pronunciata sull‟interpretazione
della nozione di atto autentico ai sensi dell‟art. 50 della convenzione di
Bruxelles (ora trasfuso nell‟art. 57 del regolamento CE 44/2001), per il cui
1° comma “gli atti autentici ricevuti ed aventi efficacia esecutiva in uno Stato
contraente sono, su istanza di parte, muniti della formula esecutiva in un
altro Stato contraente conformemente alla procedura contemplata dagli
artt. 31 ss...”.
La controversia che ha originato la pronuncia della Corte verteva
sull‟accertamento del diritto di una banca danese di procedere ad
esecuzione forzata nei confronti di un suo debitore (cittadino danese
residente in Germania) in forza di titolo di credito sottoscritto dallo stesso
debitore senza l‟intervento di un pubblico ufficiale, e costituente, secondo la
legge danese (rectius, il codice di procedura civile di quel Paese), titolo
esecutivo.
Alla tesi della banca, per la quale l‟art. 50 riguarderebbe ogni atto
qualificabile come titolo esecutivo in virtù del diritto nazionale “d‟origine”
sia o meno autentico, la corte ha preferito la soluzione contraria, basata sul
riconoscimento dell‟essenzialità dell‟autenticità dell‟atto ai fini della sua
riconducibilità fra quelli contemplati dall‟art. 50.
L‟impostazione dei giudici comunitari appare coerente non solo con il tenore
letterale, ma anche con la ratio della disposizione in esame, inquadrata
nella più ampia prospettiva della convenzione di Bruxelles, quale sistema
normativo diretto, fra l‟altro, a facilitare, per quanto possibile, la “libera
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
circolazione delle sentenze”, prevedendo un procedimento di exequatur
semplice e rapido.
Sul piano testuale, poi, la formulazione dell‟art. 50, ed in particolare il
riferimento agli “atti ricevuti ed aventi efficacia esecutiva in uno Stato
contraente”, se, per un verso, esplicita l‟insufficienza, ai fini in rilievo, della
sola qualificazione di titolo esecutivo, per altro verso evoca una fattispecie
formativa dell‟atto, cui concorre, in aggiunta alle parti interessate, un altro
soggetto deputato, appunto, a “ricevere” l‟atto stesso, conferendogli
carattere di “autenticità”. Come avvertito dall‟avv. gen. La Pergola nelle sue
conclusioni “il testuale disposto della norma in esame – segnatamente
l‟impiego del termine „ricevuti‟ - lascia supporre che essa contempli una
categoria di atti risultante dall‟esercizio della funzione di pubblica
documentazione, variamente distribuita dall‟ordinamento tra pubblici
ufficiali ed altri soggetti, la cui competenza è circoscritta dalla legge”.
L‟interpretazione accolta dalla corte del resto, appare, come anticipato,
coerente con la funzione svolta dall‟art. 50 nell‟economia complessiva della
convenzione, considerato che detta norma, equiparando gli «atti autentici
ricevuti ed aventi efficacia esecutiva in un altro Stato contraente» alle
decisioni giurisdizionali, ne consente la circolazione al pari di queste, ed anzi
a condizioni addirittura più favorevoli, se è vero che, come prevede lo stesso
art. 50, la domanda di exequatur di atto autentico può essere respinta solo
se la sua esecuzione sia contraria all‟ordine pubblico dello Stato richiesto,
mentre, con riguardo alle sentenze, vengono in rilievo le cause ostative
elencate dagli art. 27 e 28 della convenzione. E la ricordata equiparazione, in
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
tanto si giustifica (solo se ed) in quanto l‟atto autentico costituisce il risultato
dell‟attività intellettiva e valutativa di un soggetto qualificato (pubblico
ufficiale o privato investito di un munus publicum) nell‟esercizio di pubblica
funzione affidatagli dalla legge.
Invero, come ancora osservato dall‟avvocato generale, è appunto in ragione
delle peculiarità appena evidenziate che la convenzione “prevede il
dispiegarsi dei particolari effetti propri dell‟atto autentico. Effetti, quindi,
che si giustificano solo in quanto connessi con la presunzione di esattezza e
certezza stabile che derivano dalle operazioni rappresentative compiute da
pubblici documentatori specializzati”.
Rilievi, quelli testé riprodotti, che si attagliano perfettamente agli
ordinamenti di notariato latino, ed in particolare all‟ordinamento italiano, in
cui il notaio partecipa alla elaborazione degli atti, esercitando i poteri
delegatigli dallo Stato per assicurare agli stessi atti certezza di contenuti e
valore di titolo esecutivo.
7. Considerazioni conclusive
E‟ una sfida importante quella che il diritto comunitario lancia al notariato.
La crescente espansione di quel diritto in tutti i settori dell‟ordinamento
interno impone non soltanto uno sforzo costante di studio e di
approfondimento, ma anche la capacità di rinnovare il proprio strumentario
concettuale,
ampliando
continuamente
il
bagaglio
di
conoscenze
professionali nel quadro di un vero e proprio “aggiornamento permanente”.
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CORSO DI DIRITTO COMUNITARIO
IL NOTAIO TRA REGOLE NAZIONALI ED EUROPEE
Bibliografia
Gli esempi fin qui indicati confermano, infatti, come il grado di integrazione
tra diritto comunitario e diritto nazionale sia ormai talmente elevato da
rendere assai difficile l‟individuazione di una nitida linea di demarcazione fra
i due plessi normativi, il cui sviluppo appare sempre più strettamente
connesso.
È giusto e doveroso, allora, pretendere da chi è istituzionalmente chiamato a
garantire che l‟attività negoziale si svolga in modo conforme alla legge, non
soltanto una adeguata conoscenza delle norme comunitarie e dei
meccanismi che ne disciplinano i rapporti con le disposizioni interne, ma
anche la consapevolezza dell‟obbligo di dare a quelle norme piena ed
effettiva applicazione.
Il diritto comunitario, però, come si è tentato di evidenziare, offre anche una
straordinaria opportunità alla professione notarile, di cui può valorizzare e
modernizzare le funzioni salvaguardandone al contempo le specificità, nella
prospettiva del giusto riconoscimento della indissolubilità dell‟attività
professionale svolta dal notaio dall‟adempimento del munus publicum
affidatogli. Indissolubilità che, a ben vedere, rappresenta la caratteristica
qualificante del notariato di tipo latino e che può, anzi deve essere difesa
senza incertezze, a garanzia non solo della integrità della funzione notarile,
ma anche dei valori di legalità, certezza giuridica ed equità che la stessa da
sempre presidia.
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