Gli sviluppi della crisi e la posizione internazionale dell`Italia

Gli sviluppi della crisi e
la posizione internazionale
dell’Italia
Prof. Carluccio Bianchi
Università di Pavia
Lezioni Lincee di Economia – Milano -15 febbraio 2012
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I prodromi della crisi attuale: il dissesto
subprime USA 2007-2008
La crisi che stiamo vivendo è una conseguenza diretta dei
provvedimenti di politica economica presi per affrontare la
crisi dei mutui subprime del 2007-2008.
Come è noto, tale crisi è stata causata dalla combinazione
dei seguenti fattori:
ƒ bolla immobiliare;
ƒ bassi tassi di interesse iniziali (teasing rates);
ƒ cartolarizzazioni spregiudicate;
ƒ diffusione di un sistema bancario ombra con crescita
abnorme della leva finanziaria;
ƒ sottovalutazione del rischio sistemico;
ƒ assenza di regolamentazione istituzionale;
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ƒconflitti diLezioni
interesse
interni alle agenzie di rating.
I prodromi della crisi attuale: il dissesto
subprime USA 2007-2008
Tali fattori hanno portato ad una esplosione dei mutui
subprime concessi dalle banche. Quando però la bolla
immobiliare è alfine esplosa, si è verificato il dissesto delle
attività subprime (2,5% delle attività finanziarie totali),
estesosi poi all’intero sistema bancario- finanziario, a causa
delle interrelazioni tra IF.
Il valore dei titoli cartolarizzati si è pressoché annullato, le
banche sono entrate in crisi di liquidità, il mercato
interbancario si è vaporizzato, le Borse sono crollate, alcune
banche o istituzioni finanziarie sono fallite (LB) o sono state
nazionalizzate o salvate con interventi ad hoc delle autorità
di Governo.
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La diffusione della crisi
La crisi, inizialmente solo finanziaria, si è estesa
all’economia reale in seguito all’operare dei classici
meccanismi di trasmissione:
-credit crunch, effetti ricchezza, effetti sulle
aspettative di famiglie e imprese, maggiore
avversione al rischio e preferenza per la liquidità
(con rialzi dei tassi di interesse), moltiplicatore del
reddito, commercio internazionale
Nel 2009 il PIL mondiale è caduto per la prima volta
dal II dopoguerra, paradossalmente di più in paesi
diversi dagli USA, che la crisi avevano generato.
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Il contagio reale: variazione del PIL in alcuni
paesi OCSE: 2008-2010
6,0
4,0
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0,0
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
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2008
2009
2010
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
In questa difficilissima situazione, tendenzialmente
peggiore di quella del 1929, le autorità di governo
sono intervenute prontamente per evitare che la crisi
di liquidità sperimentata portasse al fallimento delle
banche e delle istituzioni finanziarie.
L’obiettivo primario è stato quindi quello di
salvaguardare l’esistenza del sistema
finanziario stesso, condizione fondamentale
per evitare il collasso dell’intero sistema
economico.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
In particolare i primi interventi a sostegno dei mercati
finanziari sono stati effettuati dalle Banche Centrali, con
riduzioni dei tassi d’interesse …
7
6
Tasso USA
5
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3
2
Tasso UME
1
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
… ed espansioni monetarie (anche non convenzionali)
senza precedenti, soprattutto negli USA.
USA
UME
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
La politica monetaria ha contribuito a stabilizzare il
sistema finanziario e creditizio. Essa però non è stata
sufficiente, perché le banche hanno trattenuto presso di
sé tutta la liquidità immessa nel sistema.
La politica monetaria, inoltre, come è ampiamente noto,
nelle recessioni non è in grado di stimolare la domanda
di beni (essa opera infatti in maniera asimmetrica).
Così, soprattutto quando il livello della crisi si è
aggravato nel settembre 2008, è stato necessario anche
un forte intervento da parte dei Governi.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
L’intervento dei Governi è stato di dimensioni senza
precedenti per l’ammontare dei fondi stanziati.
Di conseguenza i deficit e i debiti pubblici si sono
fortemente ampliati, per l’operare sia (soprattutto)
degli stabilizzatori automatici, sia anche (laddove la
situazione iniziale delle finanze pubbliche lo
permetteva) di interventi discrezionali.
I grafici successivi mostrano l’impatto della crisi sui
conti pubblici e sulla crescita negli USA, in Giappone
e nell’Eurozona.
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
Stati Uniti …
Deficit
Debito
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‐10,0
20,0
‐12,0
0,0
2007
‐14,0
2008
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2011
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2013
Crescita
4,0
3,0
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Rating: AA+
1,0
0,0
‐1,0
2007
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2009
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2011
2012
2013
‐2,0
‐3,0
Lezioni
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
in Giappone …
Deficit
Debito
0,0
‐1,0
250,0
2007
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‐2,0
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‐7,0
50,0
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0,0
‐10,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Crescita
6,0
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2,0
0,0
Rating: AA-
2007
2008
2009
2010
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2012
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‐2,0
‐4,0
‐6,0
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Gli interventi di Governi e Banche Centrali
nell’Eurozona …
Deficit
Debito
120,0
0,0
2007
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2009
2010
2011
2012
2013
‐1,0
100,0
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‐3,0
60,0
‐4,0
40,0
‐5,0
20,0
‐6,0
0,0
2007
‐7,0
2008
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2011
2012
2013
Crescita
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
‐1,0
2007
2008
2009
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2012
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‐3,0
‐4,0
Lezioni
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La crisi dei debiti sovrani in Europa
La situazione all’interno dell’eurozona è tuttavia
piuttosto variegata, con una netta divaricazione tra
la Germania, il cui debito pubblico è stabilizzato dal
2010 (all’84%), pur in presenza di un lieve deficit
(circa 1% del Pil), e gli altri paesi, soprattutto
periferici (ma anche la Francia), dove la dinamica
del debito pubblico rimane piuttosto elevata.
Critica appare soprattutto la situazione dei cosiddetti
PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna)
dove la situazione dei conti pubblici è problematica.
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La crisi dei debiti sovrani in Europa
La crisi dei debiti sovrani nei PIIGS può essere fatta
risalire all’inizio del 2010, quando si scoprì che il
Governo Greco aveva mentito sistematicamente
sullo stato dei conti pubblici per soddisfare i
parametri europei e che aveva effettuato con GS e
JP Morgan operazioni finanziarie spregiudicate e
illegittime per nascondere l’entità dell’indebitamento
(swap in valuta non contabilizzati come prestiti).
Il suo deficit effettivo passava dal 6% al 15% del Pil.
Il suo debito 2009 veniva rivalutato al 127% del Pil,
con una percentuale del 70% detenuta all’estero.
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La crisi dei debiti sovrani in Europa: il caso
Grecia
Si determinava quindi una crisi di fiducia rispetto
alla possibilità del Governo greco di rimanere
solvente. Ad aprile le agenzie di rating abbassavano
il merito di credito dei titoli pubblici greci al livello di
titoli spazzatura. I tassi di interesse e lo spread
rispetto ai Bund tedeschi schizzavano verso l’alto.
Il Governo iniziava a prendere misure di austerità e
chiedeva sostegno alla Commissione Europea e al
FMI per evitare il default.
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La crisi dei debiti sovrani in Europa: il caso
Grecia
Il totale dei finanziamenti concordati ammontava a
110 miliardi di euro (oggi diventati 130), divisi in
varie tranche temporali, per avere le quali, tuttavia,
la Grecia si impegnava a drastiche misure di
risanamento fiscale, le quali tuttavia facevano
entrare il paese in un circolo vizioso di recessione,
aumento deficit, aumento tassi di interesse,
necessità di nuove misure di risanamento.
La situazione della Grecia può essere facilmente
illustrata con l’aiuto dei soliti grafici.
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La crisi della Grecia
Debito
Deficit
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‐4,0
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‐6,0
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‐10,0
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‐12,0
60
40
‐14,0
20
‐16,0
0
‐18,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Crescita
4,0
2,0
Rating: CC
0,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
‐2,0
‐4,0
‐6,0
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Il contagio greco e l’estendersi della crisi
dei debiti sovrani in Europa
La crisi fiscale e la possibilità di default della Grecia
(2,5% del Pil UME) determinavano quindi immediati
effetti di contagio nei paesi dell’Eurozona con la
situazione delle finanze e del debito pubblico
peggiori e le prospettive di crescita più basse.
Entravano in crisi nell’ordine Irlanda (1,7%),
Portogallo (1,9%), Spagna (11,5%) e Italia (17%).
I premi per il rischio di insolvenza salivano ovunque
nei cosiddetti PIIGS (o GIPSI) e tutti i paesi erano
costretti ad adottare misure di risanamento fiscale
per rassicurare i mercati.
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20 M0
11 1
20 M0
11 3
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11 5
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20 M0
11 9
20 M1
12 1
M
01
La dinamica degli spread dei GIPSI
rispetto alla Germania
30,00
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10,00
5,00
0,00
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Irlanda
Grecia
Spagna
Italia
Portogallo
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La crisi dei debiti sovrani
Nei paesi a maggior rischio di default, oltre ai tassi
di interesse, sono saliti di molto i premi pagati dai
detentori di titoli di Stato per assicurarsi contro la
possibile insolvenza tramite lo strumento dei CDS
(Credit Default Swap).
Sulla base di tali premi è possibile ricavare
implicitamente la probabilità che i mercati finanziari
assegnano all’insolvenza di ciascuno Stato sovrano.
Nel grafico seguente non è riportata la Grecia, per la
quale il default, concordato o meno, è ormai
inevitabile.
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Probabilità di default implicite nei CDS
30,0
25,0
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5,0
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– Milano -15 febbraio 2012
Ottobre Gennaio Oggi
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Rating S&P dei debiti sovrani europei
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Crisi dei debiti sovrani e delle banche
L’innalzamento dei tassi di interesse ha determinato
una caduta del valore dei titoli di Stato.
Gran parte di questi titoli sono detenuti da banche, il
cui attivo perde valore; di conseguenza anche il loro
rischio di insolvenza sale; le loro quotazioni di Borsa
scendono.
La crisi, nata dalle banche, è passata agli Stati sovrani,
ed ora ritorna anche alle banche, le quali hanno
bisogno di ricapitalizzare, ma hanno difficoltà a
trovare finanziamenti, dato che anche gli Stati
stanno riducendo i loro deficit.
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Crisi dei debiti sovrani e delle banche
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Crisi dei debiti sovrani e recessione
Vi sono tutti gli elementi per innescare una nuova recessione
(double dip), determinata dalla combinazione di:
ƒ
politiche fiscali restrittive ovunque, volte a ridurre rischio di
insolvenza
ƒ
restrizioni del credito bancario, determinate da
innalzamento dei tassi di interesse e crisi di liquidità delle
banche, a seguito della caduta del valore dei titoli di Stato
posseduti
ƒ
riduzione delle quotazioni di Borsa, soprattutto delle azioni
bancarie, e della ricchezza finanziaria delle famiglie (azioni
più titoli di Stato), per cui si devono ricostituire i risparmi
riducendo i consumi
ƒ
crisi di fiducia e maggiore avversione al rischio
ƒ
interdipendenze finanziarie e reali a livello mondiale
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Il problema italiano
In Europa vi è ora un serio rischio di dissoluzione dell’Unione
Monetaria.
Dall’estate 2011, dopo i problemi manifestati dai paesi periferici
(nell’ordine Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna), ora al
centro dell’interesse è l’evoluzione dell’economia italiana.
La situazione attuale dell’economia italiana è opposta a quella
del 1995-97 (ingresso nell’UME): allora vi fu un circolo
virtuoso di riduzione del deficit, dei tassi di interesse, e quindi
dei deficit. Oggi è in atto un circolo vizioso opposto: il deficit
non è sotto controllo, ciò mantiene alti i tassi di interesse, che
a loro volta spingono il deficit verso l’alto. Ogni aumento di un
punto dei tassi di interesse, a regime (circa 7 anni), determina
un incremento del deficit dell’1,2% del Pil, pari a circa 20
miliardi di euro.
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Il problema italiano
Lezioni Lincee di economia – Milano -15 febbraio 2012
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Il problema italiano
Ma perché l’Italia è ora l’epicentro della crisi?
ƒ Contagio Grecia: una volta messa in dubbia la
solvibilità di uno Stato sovrano, tutti i paesi con finanze
pubbliche disordinate costituiscono un pericolo per gli
investitori
ƒ Paese “grande” (17% UME) con rapporto debito
pubblico–reddito elevato e in crescita
ƒ Misure di risanamento fiscale (sino al Governo MM)
tardive, insufficienti, poco credibili, con conseguente
mancanza di fiducia da parte dei mercati e fonte di
speculazione unidirezionale (profezia che si
autorealizza)
ƒ Debole posizione internazionale dell’Italia nell’analisi
dei mercati sulle prospettive di crescita e risanamento
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La posizione internazionale dell’Italia
Punti di debolezza dell’Italia:
ƒ Elevato debito pubblico in assoluto (3° al mondo dopo
Giappone e Usa) e rapporto debito pubblico – reddito
(3° al mondo dopo Giappone e Grecia), di cui il 50% in
mano a residenti esteri
ƒ Bassa crescita da 15 anni ca. (la più bassa tra i paesi
industrializzati: 1 punto percentuale in meno della
media UME e due punti in meno degli USA).
ƒ Deficit strutturale di bilancia dei pagamenti (3% ca. del
PIL), con conseguente crescita debito estero (20%
circa del PIL)
ƒ Perdita progressiva di competitività, in termini sia di
costi relativi sia di sistema
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La posizione internazionale dell’Italia
Punti di debolezza dell’Italia:
ƒ Scarsa dinamica della produttività (o addirittura sua
diminuzione negli anni più recenti)
ƒ Scarsa capacità di attrarre investimenti esteri (eccessiva
regolamentazione dei mercati dei beni e del lavoro;
eccesso di tassazione e burocrazia; sistema giudiziario
lento )
ƒ Scarsa innovazione imprese, troppo piccole, a controllo
familiare, con difficile accesso al credito
ƒ Inefficienza PA e classe politica
ƒ Scarso capitale umano e sociale
ƒ Inserimento nell’UME, che inibisce politiche monetarie,
valutarie e fiscali autonome
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La posizione internazionale dell’Italia
Tassi di crescita del PIL
6
4
USA
2
UME
0
-2
Italia
-4
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96
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02
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La posizione internazionale dell’Italia
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La posizione internazionale dell’Italia
5
Quota del commercio mondiale
4,5
4
3,5
3
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
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2007
2008
2009
2010
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La posizione internazionale dell’Italia
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La posizione internazionale dell’Italia
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Il risanamento fiscale italiano
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Per evitare il default i Governi SB e MM hanno dovuto
adottare severe misure di risanamento fiscale, miranti
ad ottenere il pareggio di bilancio nel 2013
Il totale delle misure ammonta a circa 80 miliardi di
euro, pari al 5% circa del PIL (solo la manovra Amato
del 1992 era relativamente più intensa come impatto)
Tali misure, benché necessarie, hanno effetti
inevitabilmente restrittivi, determinando quest’anno una
caduta del PIL dell’ordine del 2% e l’anno prossimo di
circa lo 0,5%.
Il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe aumentare di
poco quest’anno e cominciare a scendere nel 2013
Il rapporto deficit/PIL si dimezzerebbe quest’anno (2%)
e tenderebbe a zero nel 2013 (vedi grafici seguenti)
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Il problema italiano
Debito
Deficit
125
0,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
‐1,0
120
115
‐2,0
110
‐3,0
105
‐4,0
100
95
‐5,0
90
2007
‐6,0
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Crescita
3,0
2,0
1,0
0,0
‐1,0
Rating: BB+
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
‐2,0
‐3,0
‐4,0
‐5,0
‐6,0
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Il risanamento fiscale italiano
ƒ
ƒ
Grazie alle misure intraprese, lo spread rispetto ai
Bund tedeschi sta cominciando lentamente a scendere
(dagli oltre 550 punti base di novembre sino agli
attuali 360-370)
L’Italia non è più
considerata un
fattore di
instabilità, ma
un esempio
da imitare
9 febbraio 2012
21 novembre 2011
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I rischi di un avvitamento della crisi
ƒ
ƒ
ƒ
Lo spread è tuttavia ancora fortemente condizionato
dalla crisi greca e dall’ortodossia europea nel campo
della politica economica, per cui la politica monetaria
deve solo mirare alla stabilità dei prezzi e la politica
fiscale all’azzeramento dei deficit
Le misure adottate hanno un impatto negativo sulla
crescita reale; l’aumento della disoccupazione e la
recessione fanno aumentare la spesa pubblica,
diminuire la tassazione e crescere i rapporti deficit/Pil e
debito/Pil
La riduzione simultanea dei deficit di tutti i paesi
avanzati ha effetti amplificati su tutte le economie
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Un’Europa a due velocità
Si determina inoltre una netta divergenza tra l’evoluzione
della Germania e quella dei paesi periferici.
ƒ In Germania si verificano entrate di capitali alla ricerca
di un “porto sicuro”, per cui i tassi di interesse si
riducono, gli investimenti aumentano e così le
esportazioni, grazie all’euro debole
ƒ Altrove i tassi aumentano e gli investimenti si riducono;
la forza delle esportazioni tedesche non indebolisce
l’euro a sufficienza; inoltre la ridotta domanda interna
tedesca implica basse esportazioni e bassa crescita nella
periferia dell’UME
ƒ Vi sono poi effetti sulla crescita potenziale: il reddito
sale in Germania e stimola il progresso tecnico; ciò
aumenta il reddito potenziale; altrove succede il
contrario
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I problemi dell’Italia
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L’effetti congiunto di restrizioni fiscali reiterate,
tassi di interesse elevati, stretta creditizia e
minore domanda estera potrebbe essere quello
impedire il previsto annullamento del deficit nel
2013 (stima 0,5-0,8%)
Ciò implicherebbe la necessità di adottare nuove
misure (in parte già previste, come l’ulteriore
aumento dell’IVA di 2 punti a settembre)
Si potrebbe in tal modo generare un possibile
circolo vizioso di deficit-recessione-deficit, simile
a quello sperimentato su larga scala dalla Grecia
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Cosa dovrebbe fare l’Europa?
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In questa situazione l’architettura istituzionale
europea si è dimostrata clamorosamente
inadeguata.
L’UME non è un’area valutaria ottimale; tuttavia i
paesi aderenti non hanno più sovranità né sul tasso
di cambio, né sulla politica monetaria, né, in
prospettiva (fiscal compact), su quella fiscale.
In tale contesto sarebbero necessarie una politica
fiscale federale (con possibilità di emettere
eurobond) e una Banca centrale meno vincolata
all’inflazione (come la Fed)
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Cosa dovrebbe fare l’Europa?
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La Germania si
oppone tuttavia a tali
Debito totale
innovazioni e ritiene
Italia + Spagna
che gli aiuti debbano
essere subordinati a
misure di risanamento
fiscale in ogni paese
Fondo per l’Euro
Lo stesso Fondo
Salva-Stati è del tutto
Debiti Grecia +
Portogallo +
insufficiente rispetto
Irlanda
agli eventuali bisogni
dei paesi mediograndi Lezioni Lincee di economia – Milano -15 febbraio 2012
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Conclusioni
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Una situazione rischiosa e incerta
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La situazione attuale è molto rischiosa, per cui la
prosecuzione del processo di crescita in atto in
Europa non è garantita, nonostante lo stimolo
derivante dalla buona performance di crescita dei
paesi emergenti.
Il nodo della crisi è ora nei paesi avanzati ed in
particolare nell’area dell’euro, a causa dei problemi di
affidabilità dei paesi periferici.
Tutti gli Stati hanno adottato misure fiscali
restrittive, peggiorando le prospettive di crescita
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Una situazione rischiosa e incerta
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Il rischio è che la combinazione di strette fiscali,
restrizioni creditizie determinate dalle difficoltà delle
banche, riduzione dei consumi da parte delle
famiglie, in seguito alle perdite di ricchezza e
all’incertezza sul futuro, generi una nuova recessione
(double dip).
Per l’Italia tale eventualità è pressoché scontata, con
riduzioni del Pil nel 2012 e nel 2013.
Perso il controllo della politica monetaria, valutaria e
fiscale, l’unico strumento di aggiustamento sembra
essere diventato la cosiddetta “svalutazione interna”,
ovvero la riduzione di salari e prezzi
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Le prospettive dell’Italia
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Ma una rincorsa al ribasso del costo del lavoro non può
essere la soluzione nell’attuale divisione internazionale
del lavoro, e rischia di peggiorare il sostegno della
domanda interna
Occorrono misure straordinarie (patrimoniale,
liberalizzazioni vere, dismissioni, riforme strutturali
giustizia e PA, ammortizzatori, infrastrutture) per
rilanciare la crescita ed evitare il depauperamento del
capitale fisico, umano e sociale.
È necessario inoltre modificare l’architettura
istituzionale europea, perché anch’essa sia posta al
servizio della crescita europea e non solo delle paure
dell’elettorato
tedesco
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