Sc SCENARI Articolo tratto dalla rivista Oxygen (www.oxygen.enel.com) I Big Data: rivoluzione tra scienza e conoscenza articolo di Mario Rasetti Fisico e presidente della ISI Foundation progetto fotografico di White L’efficienza energetica è un concetto concreto, che anima i dibattiti fra gli scienziati. Perché chi si occupa di fisica ogni giorno si trova ad affrontare cambiamenti immensi, come la rivoluzione dell’informazione contemporanea, quella che crea ogni giorno più dati di quanto non si possa immaginare. Dati che vanno gestiti, in maniera efficiente: una nuova sfida per la fisica e l’energia. Efficienza ed energia sono concetti che appartengono al bagaglio della scienza, in particolare della fisica, sin dai suoi primordi. La nozione di energia è stata uno dei fattori portanti dello sviluppo della fisica classica di Galileo, Newton, Lagrange, così come di quella relativistica di Einstein e quantistica di Schrödinger e Heisenberg. Con il concetto di efficienza essa è stata il pilastro portante nella costruzione della termodinamica di Carnot e Boltzmann e della meccanica statistica di Maxwell e Gibbs. L’acceso dibattito politico, tecnologico, scientifico che da anni si dipana su energia ed efficienza tocca uno fra i problemi più delicati della società industriale contemporanea: dover coniugare un bisogno energetico esponenzialmente crescente con la sempre maggiore scarsità delle riserve e delle risorse e con la necessità di garantire la sostenibilità ambientale. È tuttavia ancora poco considerato un altro aspetto del ruolo che questi due concetti hanno oggi, che di nuovo coinvolge la fisica nei suoi aspetti più avanzati. Nella scienza contemporanea è incontrovertibile l’affermarsi dell’“informazione” come grandezza fisica caratterizzante gli stati della 110 Globalizzazione significa una società sempre più interconnessa, dove ogni giorno si scambiano 294 miliardi di e-mail e 20 miliardi di SMS, e su Facebook si postano 250 milioni di fotografie. Un vero e proprio mondo di dati materia, al pari e accanto a grandezze come massa o energia; della materia in tutte le sue forme, microscopica come macroscopica, inerte come vivente. In quest’ultimo caso il concetto d’informazione è basilare: distinguere fra materia vivente e inerte significa comprendere come una molecola possa operare come un messaggio, che è il bivio al quale la materia si differenzia in due percorsi così diversi pur entro un unico insieme di leggi dinamiche. La risposta a questa domanda inquietante sta in quello che è ormai un paradigma: la “complessità”. La scienza dei sistemi complessi fa riferimento all’esistenza di una sottile quanto profonda consapevolezza di una metrica imprevista nella struttura concettuale dei modelli interpretativi e predittivi dei fenomeni che osserviamo. In sistemi costituiti di tantissime parti mutuamente correlate, le leggi che regolano la dinamica delle parti possono non essere sufficienti a descrivere il modo in cui il sistema complessivo evolve, perché emerge un insieme collettivo globale di comportamenti che non è contenuto in maniera semplice in quello dei singoli costituenti, e anzi non esiste in assenza delle loro interazioni. Inoltre, spesso i sistemi 111 oxygen | 22 — 02.2014 complessi hanno una caratteristica che li differenzia da quelli cui la scienza riduzionista tipicamente si riferisce: la loro fenomenologia può non risultare da esperimenti ripetibili, ma essere rappresentata dai “dati” delle osservazioni che su di essi compiamo. Globalizzazione d’altra parte significa una società sempre più interconnessa, dove ogni giorno si scambiano 294 miliardi di e-mail e 20 miliardi di SMS, e su Facebook si postano 250 milioni di fotografie. Un vero e proprio immenso mondo di dati. Questa crescente complessità del tessuto tecno-sociale nasconde non solo inaspettate opportunità, ma anche rischi potenziali. Disastri recenti, ad esempio nell’economia e nella finanza, hanno mostrato come la vulnerabilità più pericolosa si nasconda proprio nelle interdipendenze che connettono trasversalmente sistemi differenti. Perciò la società richiede una capacità predittiva sempre maggiore, che permetta di anticipare, valutare e correlare i rischi e al contempo di raggiungere una comprensione profonda della complessità sistemica di quel mondo cui le nuove tecnologie stanno dando vita. In questo contesto si colloca lo tsunami dei dati, i “Big Data”, la rivoluzione che dalla fine del secolo scorso dobbiamo fronteggiare: scienza e conoscenza non sono più spinte soltanto da nuove scoperte o teorie, ma soprattutto dalla disponibilità senza precedenti di dati, in gran parte ancora da esplorare. Dati che sono spesso il risultato di attività che non sono esperimenti scientifici pianificati e ripetibili. In questi si annidano le leggi e le regolarità alla base del comportamento e, dunque, della nostra capacità di comprendere sistemi naturali, sociali, tecnologici, economici. Oggi disponiamo di un “catalogo” di cinquemila miliardi di miliardi di oggetti stellari, ma anche ogni due giorni vengono prodotti più dati socioeconomici che in tutta la storia precedente dell’umanità. E da anni il numero dei dati generati supera la capacità di immagazzinarli e conservarli. Alle tecnologie dell’informazione si chiede di fronteggiare la quinta rivoluzione da quando sono così prepotentemente entrate nella nostra vita: dopo quella dei mainframe, dei PC, di internet e del web 1.0 e della telefonia mobile e del web 2.0, oggi è l’era dei Big Data. Alla scienza e alla tecnologia si chiede di manipolare informazione nella misura di Exabyte (ciascuno una quantità d’informazione circa uguale a 4000 volte tutta l’informazione nella Library of Congress di Washington!), perché ormai ogni minuto la società genera 1,7 milioni di miliardi di byte di dati, l’equivalente di 360.000 DVD, e la natura ne fornisce un miliardo di volte tanto. Tutto questo ha a che fare con l’energia e con l’efficienza, in forme e in prospettive nuove e inattese. Un laptop o un personal computer operano alla scala dei gigabyte e quando lavoriamo sentiamo che si scaldano rapidamente; 112 I BIG DATA: RIVOLUZIONE TRA SCIENZA E CONOSCENZA | La prossima frontiera sarà combinare tecnologie capaci di creare nano-circuiti integrati “attenti all’energia” con l’implementazione di modalità innovative di conversione energetica, ispirate dalla biologia e dall’evoluzione naturale oxygen pensiamo all’energia necessaria per estrarne una potenza di calcolo di exabyte, un miliardo di volte più grande! Le applicazioni coperte dalle più avanzate tecnologie al silicio – rese straordinarie dall’aggressiva scalabilità dei nuovi transistor, testimoniata anche dall’incredibile riduzione del loro costo unitario, sceso dai circa 45 dollari degli anni Cinquanta al milionesimo di centesimo di euro dei giorni nostri, performance mai ottenuta da alcuna tecnologia moderna – devono anch’esse affrontare un enorme problema di energia ed efficienza. La prossima frontiera sarà combinare tecnologie capaci di creare nano-circuiti integrati “attenti all’energia” con l’implementazione di modalità innovative di conversione energetica, ispirate dalla biologia e dall’evoluzione naturale. Dispositivi in grado di imitare, in forma nanotecnologica, i princìpi di conversione dell’energia in natura, dove i sistemi viventi trovano le loro fonti nell’ambiente senza violarne gli equilibri. Si potrà così pensare ad esempio a nuovi data center a basso consumo. Già oggi i data center nel mondo – spina dorsale di internet – utilizzano dall’ 1 al 2% dell’elettricità disponibile e, per l’inefficienza delle loro infrastrutture, sono responsabili dello 0,5% circa delle emissioni complessive di carbonio. Occorrono data center globali “verdi”, per manipolare senza rischi energetici la grande onda dei Big Data. Internet ha certo ridotto l’emissione di carbonio, sostituendo medium fisici carbon-intensive (libri, CD, giornali e riviste e, soprattutto, la posta) con i loro equivalenti digitali; ma estrarre in modo efficiente informazione da grandi insiemi di dati avrà costi energetici drammatici. La natura tuttavia ci mette a disposizione esempi che la scienza della complessità, la fisica quantistica e la nanotecnologia sono in grado di imitare. Molti organismi fotosintetici hanno sviluppato strutture semplici ed efficienti per “mietere la luce” del sole e usarne l’energia per pilotare le loro reazioni metaboliche; ad esempio le unità fotosintetiche dei batteri: due complessi proteici, uno che funge da antenna cattura la luce, ne raccoglie l’energia e la trasferisce all’altro, un centro di reazione dove tale energia viene convertita in energia chimica. Alcuni batteri (il cyanobacterium sulphureum) che vivono in condizioni estreme, acque profonde e scure dove devono catturare un fotone alla volta, sono maestri nel mietere luce: in essi praticamente tutta l’energia raccolta nell’assorbimento di un fotone viene trasferita al centro di reazione, senza violare il secondo principio della termodinamica, ma sfruttando la velocità del processo per mettere all’opera i più sofisticati meccanismi della fisica quantistica e ottenere quell’incredibile efficienza. Imitandoli, la nostra società della conoscenza potrà vincere la sfida di energia ed efficienza, ma solo se saprà vedere e apprendere quello che la natura le insegna. 113