Tubi a Vuoto a Modulazione di Velocità Elettronica

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Tor Vergata
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Tubi a Vuoto per Alta Potenza
FACOLTA’ DI INGEGNERIA
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Superficie dei Metalli
La superficie esterna di un metallo, quella che costituisce la separazione
tra il metallo ed il vuoto che lo circonda, si può immaginare essere
costituita da due strati a distanza infinitesima, che si formano proprio a
causa di questa discontinuità metallo_aria, ovvero:
• da una parte, uno strato sottilissimo di elettroni di conduzione e
• dall’altra parte, uno strato di cariche positive, che rappresentano i
nuclei degli atomi che generano gli elettroni di conduzione del metallo.
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Riscaldando una estremità del metallo, è possibile verificare che elettroni
si allontanano dal metallo. La spiegazione fisica a questo fenomeno è data
dall’aumento dell’energia cinetica degli elettroni a seguito dell’aumento
della temperatura: infatti, gli elettroni possono raggiungere un’energia tale
da compiere il lavoro di estrazione e quindi possono allontanarsi dal
metallo.
Questi risultati hanno spinto la ricerca verso dispositivi in grado di
controllare il flusso di elettroni, ed il primo dispositivo ad essere creato a
questo fine è stato il diodo a vuoto o semplicemente diodo.
K=catodo, A=anodo, F1,F2=riscaldatore.
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Le Motivazioni del Vuoto
Le ragioni di realizzare il vuoto nei dispositivi termoelettronici sono molteplici,
riassunti come esposto in seguito:
•la temperatura a cui viene portato il catodo è di molte centinaia di gradi:
impurità presenti nell’aria potrebbero prendere fuoco sul catodo, rovinando la
sua efficienza
•l’aria potrebbe ionizzarsi col fascio elettronico emesso dal catodo,
peggiorando le prestazioni del tubo
•contaminazioni varie degli elementi necessari al dispositivo a seguito di
particelle indesiderate nell’aria lo porterebbero in breve tempo a perdere le
caratteristiche per le quali è stato progettato
•l’umidità nell’aria potrebbe favorire scariche elettriche indesiderate.
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Esperimenti sul diodo
Applichiamo una d.d.p. al filamento riscaldatore ed una d.d.p. tra catodo
ed anodo detta tensione anodica. Inseriamo quindi nel circuito anodico,
ossia il circuito catodo_anodo, un misuratore di corrente. Variando la
tensione anodica Va, anche invertendone la polarità, e variando la
temperatura del catodo possiamo ricavare le seguenti curve per la
corrente anodica Ia.
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Osservazioni sugli esperimenti sul diodo
La regione dove Va ed Ia crescono proporzionalmente è detta regione
ohmica, mentre la regione dove Ia si mantiene praticamente costante è
detta regione di saturazione o regione a corrente costante. La
saturazione corrisponde al fatto che tutti gli elettroni emessi nell’unità di
tempo dal catodo, ossia la corrente catodica, sono raccolti dall’anodo.
La piccola corrente che si vede dai grafici per tensioni anodiche
negative, che nella maggior parte dei casi si può trascurare, dipende dal
fatto che il riscaldamento del catodo può dare ad alcuni elettroni energia
sufficiente per superare la barriera di potenziale del metallo ed a
raggiungere in ogni caso l’anodo, nonostante Va sia leggermente
negativa.
Il fatto che il diodo faccia passare corrente al suo interno solo quando
l’anodo è positivo rispetto al catodo ha fatto associare loro il nome
convenzionale di valvola: a tutt’oggi questo termine è assai usato, ed
anche associato a tubi più complessi, come triodi, tetrodi o pentodi.
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Regione di Carica Spaziale
Esiste un campo elettrico, non trascurabile, che ostacola gli elettroni ad
allontanarsi dal catodo: questo campo è causato dagli elettroni che sono
tra catodo ed anodo, che creano una regione di carica spaziale con
polarità tale da contrastare nuovi elettroni ad allontanarsi dal catodo. E’
proprio questa nuvola di carica spaziale ad avere un ruolo importante
nell’andamento della corrente nella regione ohmica. Per rendersi conto
di ciò, è necessario calcolare la distribuzione di potenziale nella regione
di carica spaziale, ossia la regione tra catodo ed anodo.
Per semplificare l’analisi, mettiamoci nella condizione di aver un
problema monodimensionale: ciò si ottiene se pensiamo di concentrare il
nostro studio nel segmento centrale tra i conduttori circolari piani di
catodo ed anodo.
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Regione di Carica Spaziale
Indichiamo con x la coordinata l’ungo l’asse virtuale che unisce il centro
del catodo col centro dell’anodo, e come ipotesi semplificativa
trascuriamo le variazioni trasversali delle grandezze fisiche, e quindi
poniamo per ogni variabile
d
d
=
=0
dy dz
La densità volumetrica ρ degli elettroni tra catodo ed anodo è data da ρ = -ne,
dove n è la densità elettronica. Indicando con v la velocità puntuale di questi
elettroni, la densità superficiale di corrente J sarà, in modulo, J = nev
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Regione di Carica Spaziale
Con l’ipotesi di considerare nulla la velocità iniziale con cui gli elettroni
lasciano il catodo, la velocità di essi può facilmente calcolarsi
dall’eguaglianza dell’energia elettrica posseduta dall’elettrone nella
posizione con potenziale V e l’energia cinetica in questo stesso punto.
Così facendo si ha
v=
2e
V
m
La distribuzione del potenziale in questa regione è determinata dall’equazione
di Poisson che, tenendo conto delle ipotesi semplificative si scrive
d 2V ne
d 2V
C
J
=
ovvero,
usando
la
densità
di
corrente
J:
con
=
C
=
ε0
dx 2 ε 0
dx 2
V
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m
2e
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Regione di Carica Spaziale
Con la condizione iniziale V=0 per x=0, l’equazione differenziale
precedente ammette la seguente soluzione
V
3
2
=
9 2
Cx
4
Valutando la precedente equazione sull’anodo, ove x=d e V=Va, ed
esplicitando la costante C otteniamo
Va
3
2
9 d2
=J
4 ε0
m
2e
Notiamo quindi che nella regione tra catodo ed anodo ed in regime di
carica spaziale, la densità di corrente anodica J, e quindi anche la
3
corrente anodica, ha una dipendenza con la tensione anodica pari a Va 2
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Emissione Termica: il Diodo a Vuoto
Regione di Carica Spaziale
La regione di carica spaziale è più concentrata nelle immediate
vicinanze del catodo, dato che in questa zona ci sono gli elettroni che
hanno maggior effetto di ostacolo agli elettroni provenienti dal catodo, e
nello stesso tempo il catodo è quello che emette elettroni.
In ogni caso, la regione di carica spaziale diventa sempre più piccola al crescere
del potenziale positivo sull’anodo, fino al punto di annullarsi, e quindi non si ha più
l’effetto ostacolante al flusso elettronico: si entra allora nella regione di corrente
costante, e tutti gli elettroni emessi dal catodo raggiungono l’anodo.
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Emissione Secondaria
Il diodo a vuoto, ha la caratteristica di far passare una corrente tra catodo ed
anodo quando l’anodo ha potenziale maggiore del catodo.
Gli elettroni emessi dal catodo sono accelerati dall’anodo e vanno ad urtare
quest’ultimo con una certa velocità.
Per valori di tensioni anodiche elevate, gli elettroni possono urtare l’anodo con
un’energia sufficiente a causare l’emissione di elettroni dall’anodo, perchè gli
elettroni che urtano l’anodo possono fornire a quelli dentro l’anodo una
energia superiore a quella del lavoro d’estrazione.
Nel caso di tubi amplificatori, come i triodi, questo fenomeno è maggiormente
indesiderato rispetto al caso del diodo, dato che gli elettroni generati per
emissione secondaria possono ritornare sulla griglia del tubo causando effetti
indesiderati come oscillazioni.
Esistono altri tubi, come il tetrodo ed il pentodo, che risolvono il problema
aggiungendo altre griglie al dispositivo.
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Tubi a Vuoto a Modulazione d’Intensità Elettronica
Triodo
Il Triodo è il più semplice dei tubi a vuoto con uso da amplificatore, ed è
impiegato principalmente come stadio finale di amplificatori di potenza. Esso
è costituito da un catodo, una griglia, un anodo ed un riscaldatore, se
presente: spesso è lo stesso catodo a funzionare anche da riscaldatore.
Quando ciò accade, è facile trovare sul data sheet della valvola i riferimenti
del filamento al posto di quelli del catodo.
Esistono Triodi per diverse applicazioni, da classificarsi secondo la frequenza
operativa e della potenza RF richiesta in uscita.
La corrente Ik emessa dal catodo è in relazione con i potenziali Vgk, tra griglia
e catodo, e Vak, tra anodo e catodo, dalla seguente equazione
Vak ⎞
⎛
⎟⎟
I k = K ⎜⎜V gk +
µ ⎠
⎝
3
2
dove K è una costante che dipende dalle caratteristiche del tubo e µ è il
coefficiente di amplificazione; questo è un parametro molto importante per i
tubi a vuoto. Per un Triodo, i valori di µ sono compresi nell’intervallo [20;300].
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Tubi a Vuoto a Modulazione d’Intensità Elettronica
Triodo
K=catodo, A=anodo, G=griglia,
F1,F2=collegamenti del riscaldatore.
Figura a destra. Triodo Eimac YC179, caratterizzato per frequenze inferiori a
110MHz. Si tratta di un tubo in grado di dissipare 5KW sull’anodo e 35 watt sulla
griglia: la tensione anodica tipica è di 5KV. Le dimensioni sono circa di 21cm in
altezza e 13cm in larghezza, ed il peso si aggira sui 4.5Kg.
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Tubi a Vuoto a Modulazione d’Intensità Elettronica
Triodo
Effettuando esperimenti con un Triodo, in un circuito
indicato nella figura a lato, otterremmo delle curve
riportate nella seguente figura in basso, dette
Caratteristiche d’Uscita
Caratteristiche d’uscita statiche per un Triodo.
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Triodo
Le curve delle Caratteristiche d’Uscita tendono tutte a
saturare al crescere di Vg, come indicato nella
seguente figura per una generica curva di esse
Saturazione della corrente anodica in un Triodo, al variare della Vg.
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Triodo
Caratteristiche d’uscita per il Triodo 3-400Z della Eimac
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Triodo
Un altro grafico che possiamo tracciare con l’esperimento descritto sono le
curve Ia,Ig costanti, riportate nella successiva figura:
Si tratta di curve assai usate dai
costruttori di tubi a vuoto, e possono
essere trovate nei data sheets.
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Triodo
Curve Ia,Ig costanti per il Triodo 3CW40000A3 della Eimac
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Triodo
Circuiti equivalenti ad un Triodo in regime quasi statico.
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Triodo
Circuito equivalente di un Triodo in alta frequenza, in regime di piccolo segnale.
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Triodo
Nel precedente circuito equivalente, Lg, La e Lk sono gli induttori parassiti
corrispondenti alle connessioni che collegano la parte interna con l’esterno; Ge,
Ke ed Ae individuano le connessioni esterne verso G, K ed A. A volte, vengono
date anche le capacità di G, K ed A verso il riscaldatore, con valori più bassi di
Cga, Cgk e Cak.
Gli effetti di questi elementi reattivi, oltre a causare una limitazione di banda
operativa, possono essere quelli di generare indesiderati accoppiamenti,
causando possibili oscillazioni. Questi elementi parassiti ovviamente non possono
essere ridotti oltre un certo valore, e quindi durante la fase di sintesi
dell’amplificatore dovremmo tenerne conto. La valutazione di questi elementi
parassiti in fase di progetto e tutte le tecniche necessarie per diminuirne gli effetti
indesiderati, è nota col nome neutralizzazione. Spesso, la neutralizzazione del
tubo non è una procedura semplice, e diventa più critica al crescere della
frequenza.
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Effetti dell’Aumento di Frequenza Operativa
Facendo esperimenti su un amplificatore a tubi, la prima cosa che si nota è che al
crescere della frequenza in ingresso oltre un certo valore, che dipende dal tipo di
amplificatore, il segnale di uscita diminuisce sempre di più in ampiezza. Entro certi
limiti, questo calo può essere recuperato aumentando il livello del segnale sulla
griglia, con conseguente aumento di potenza di griglia; oltre un certo valore di
frequenza, tuttavia, questo rimedio non è più efficace ed il calo di segnale diventa
definitivo.
Similmente, se si usa un tubo per costruire un oscillatore variabile, si nota che
l’ampiezza delle oscillazioni decresce all’aumentare della frequenza scelta per
l’oscillatore: oltre un certo valore, poi, non si riesce più ad avere oscillazioni dal
tubo.
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Effetti dell’Aumento di Frequenza Operativa
Le cause del decadimento delle prestazioni di un dispositivo a tubo con
modulazione d’intensità elettronica al crescere della frequenza possono
riassumersi in tre, ovvero:
•
•
•
reattanze parassite
aumento delle perdite
inerzia degli elettroni
L’ultimo effetto diventa preponderante al crescere della frequenza. Per superare
questa limitazione, si deve usare un nuovo metodo d’interazione col fascio
elettronico: questo metodo è la modulazione di velocità del fascio elettronico.
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Klystron
Il Klystron è uno dei primi tubi a vuoto espressamente dedicato all’amplificazione
dei segnali a microonde, che non fa uso di modulazione d’intensità di corrente
come invece fanno i tubi a vuoto per frequenze fino a circa 3 GHz.
Questo tubo usa la modulazione di velocità di un fascio elettronico, che causa
un raggruppamento nel fascio di elettroni in moto in uno spazio equipotenziale.
Il raggruppamento è causato da un segnale RF posto in ingresso al tubo, che
eccita due griglie connesse ad una cavità risonante. Questi elettroni raggruppati
passano in altre due griglie, disposte in una seconda cavità ad una certa
distanza dalla prima: gli elettroni raggruppati in transito eccitano delle
oscillazioni in questa cavità, amplificando il segnale in ingresso se alcune
relazioni sono soddisfatte.
Infine, un connettore preleva il segnale da questa seconda cavità e lo fornisce in
uscita.
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Klystron
F1 e F2 =filamenti del riscaldatore, K = catodo, G = griglia, L =
lente elettrostatica, G1…G4 = griglie dove passa il fascio
elettronico
Cr1, Cr2 = cavità risonanti, C =collettore.
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Alimentazione del Klystron
Nella versione più semplice, ossia quella a doppia cavità, il Klystron è alimentato
applicando una tensione positiva, rispetto al catodo, al blocco delle due cavità tra
loro connesse da una guida metallica detta “tubo di scorrimento”. Per ragioni di
sicurezza, il blocco cavità è posto a potenziale di massa.
Alla griglia è applicata una tensione di poco diversa da quella del catodo, con
funzione di controllo del flusso elettronico; il catodo ed i filamenti hanno la stessa
funzione di quella che hanno nel diodo.
La lente elettrostatica possiede un potenziale negativo, per convogliare gli
elettroni lungo la zona di scorrimento.
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Klystron
Klystron VKP-7952A prodotto dalla CPI. Esso fornisce una
potenza in uscita di 1MW in CW alla frequenza di 700MHz,
con un guadagno di 40dB. Il dispositivo è lungo 4,72m e pesa
2360Kg, ed è usato in esperimenti di Fisica sulle particelle
sub-atomiche.
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Klystron
Klystron VKA-7934. Esso
sviluppa 1500W in banda Ka,
ed il peso è di circa 25 Kg.
Klystron VKP-8291 prodotto dalla CPI.
Questo tubo sviluppa una potenza di circa 560KW
pulsati ad 805MHz, è in grado di fornire una potenza
CW di 50KW ed utilizza 6 cavità; è lungo 2.7m e pesa
circa 1100 Kg.
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Klystron
Diagramma di Applegate per un Klystron. Permette di vedere
semplicemente l’effetto di raggruppamento causato dal
segnale in ingresso sul fascio elettronico.
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Diagramma di Dispersione
Per le linee di trasmissione esiste un diagramma cartesiano molto importante,
detto diagramma di dispersione, o diagramma di Brillouin, che fornisce il grafico di
ω in funzione di β: dati gli assi cartesiani ω e β, questo diagramma di dispersione si
chiama anche diagramma ω,β. Per una guida d’onda, il grafico è riportato nelle
seguenti figure.
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Strutture ad Onda Lenta
Tutte le strutture guidanti costituite da un numero comunque grande di ripetizione
di una struttura base sono strutture guidanti ad onta lenta. Strutture così fatte sono
anche dette strutture periodiche. Per le strutture periodiche, il diagramma ω/β
viene da solito graficato con assi dati da |k|p e βp, dove p è il passo di periodicità:
in questo caso gli assi sono suddivisi in radianti. Avere quindi una struttura
guidante che supporti velocità di fase minore di quella della luce equivale al fatto
che questa struttura deve avere un diagramma di dispersione che giace, almeno in
parte, al disotto della linea retta passante per l’origine, con pendenza 1, della
figura precedente: un esempio è rappresentato nella seguente figura.
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Strutture ad Onda Lenta
Esempi
Guida d’onda circolare, caricata
periodicamente da setti.
Struttura ad elica.
Tutte le strutture ad onda lenta supportano modi di propagazione con velocità di
fase minori di quella della luce.
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Strutture ad Onda Lenta
Armoniche spaziali
Nelle strutture periodiche ogni componente del campo in propagazione nello
spazio può essere scomposto in armoniche spaziali, dove il termine spaziale
serve ad evidenziare la differenza tra il caso attuale con quello della
corrispondente allo sviluppo in frequenza di un segnale periodico nel tempo.
Esistono infinite costanti di fase, che differiscono da una fondamentale β0 per
multipli della periodicità spaziale p. Si ha
βs=β0+s2π/p con s = -∞..+∞
Le velocità di fase saranno quindi:
v fs =
ω
ω
=
β s β + s 2π
0
p
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Strutture ad Onda Lenta
Nel piano |k|p/βp le costanti di fase βs=β0+s2π/p con s = -∞..+∞ hanno il
seguente andamento:
Diagramma di dispersione per strutture periodiche.
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Strutture ad Onda Lenta
Esisteranno quindi onde veloci e lente, come indicato nelle due seguenti figure, le
cui zone di definizione prescindono dall’essere relative ad onde iso o contro.
Zona delle onde veloci nel diagramma di
dispersione per strutture periodiche.
Zone delle onde lente nel diagramma di
dispersione per strutture periodiche.
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Strutture ad Onda Lenta
Si nota quindi che le onde lente sono ai lati delle due rette relative all’onda
fondamentale: nella figura abbiamo terminato, ai fini pratici di rappresentazione,
la zona di esistenza delle onde lente, ma ovviamente essa si estende in teoria
indefinitamente a sinistra ed a destra.
In ognuna delle regioni appena individuate, esisteranno delle onde iso e contro,
ma queste regioni cambiano a seconda del verso della βz;0, ossia a seconda se
stiamo considerando l’apice positivo o negativo. Ad esempio se consideriamo gli
apici positivi, ossia consideriamo la costante di fase positiva dell’armonica
fondamentale, le onde iso e contro sono individuate nelle regioni rappresentate
nella seguente figura
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Strutture ad Onda Lenta
E’ evidente, poi, che quando le armoniche avranno velocità di fase simili, esse
scambieranno una forte interazione tra loro; viceversa, dove esse saranno molto
diverse il campo risultante sarà molto simile a quello relativo all’armonica
fondamentale. Di conseguenza, il diagramma di dispersione precedente si
modifica in pratica in quello della seguente figura indicato con tratto continuo.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Prendiamo in esame un’elica come esempio di struttura ad onda lenta, sede di un
campo RF, e supponiamo che all’interno dell’elica passi un fascetto elettronico.
Poniamo come asse longitudinale l’asse z. La situazione che si viene a creare
lungo il percorso d’interazione è schematizzata nella seguente figura:
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Se tutto rimanesse come indicato nella precedente figura, escludendo un
fenomeno transitorio, non ci sarebbe nessuna amplificazione, dato che l’energia
ceduta dal fascio elettronico al campo RF sarebbe pari a quella che esso cede al
fascio. Ciò che serve, quindi, è avere un moto relativo tra il raggruppamento
elettronico ed il campo RF: questa situazione che vorremmo ottenere è quindi
indicata nella figura seguente.
La curva a tratto pieno si trova in una relazione di fase tale da ostacolare gli
elettroni raggruppati nell’avanzamento, e quindi sottrae energia da essi,
amplificandosi.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
La differente fase tra il pacchetto elettronico ed il campo RF non può rimanere
sempre nel caso ideale mostrato in figura, ossia nel tempo tale relazione di fase
muterà fino al punto da non essere più utile per l’incremento del campo RF.
Di conseguenza, non tutto il percorso a disposizione per l’interazione è
vantaggioso al campo RF, e quindi non si può estendere tale lunghezza finchè si
vuole, fermo restando ovvie limitazioni fisiche.
In generale, parte della lunghezza della zona d’interazione si utilizza per il
raggruppamento, parte per l’amplificazione e parte perduta.
Al crescere dell’amplificazione del campo cresce il fenomeno del raggruppamento:
di conseguenza, la carica spaziale ρ, la velocità elettronica e l’ampiezza del
campo RF sono tutte quantità funzione del tempo e dello spazio.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Per mantenere gli elettroni in un fascio occorre dedicare energia, dato che essi
tenderebbero a respingersi essendo cariche di stesso segno.
Questa energia è data da un campo magnetico statico H0, assiale alla struttura: se
un elettrone diverge dal moto rettilineo, compare la forza di Lorentz che costringe
l’elettrone a viaggiare in moto rettilineo.
In pratica, il moto degli elettroni non è uguale per tutti gli elettroni del fascio, ed
accanto a quelli in moto rettilineo ce ne sono altri che si muovono con moto ad
elica che si innesca dopo che è intervenuta la forza di Lorentz.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Lo studio dell’interazione di un fascetto elettronico con un campo RF è complesso,
Le complicazioni, come è facile dedurre, sono essenzialmente dovute al fatto
che la struttura che guida il campo RF, che come detto è una struttura ad onda
lenta, richiede condizioni al contorno di difficile formulazione; inoltre, il campo
RF viaggia in un mezzo denso di elettroni in movimento e raggruppati.
Tuttavia, inserendo delle approssimazioni allo studio è possibile ricavare delle
equazioni che sono in grado di spiegare bene il funzionamento del TWT in ogni
applicazione.
Lo studio semplificato prevede di dividere il problema in due;
1. nel primo problema si suppone noto il campo RF e si studia il fenomeno del
raggruppamento
2. nel secondo problema, si suppongono note le caratteristiche del fascetto e si
studia il campo RF
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Campo RF Noto
Le equazioni del problema sono
J = ρv
Equazione della corrente
Equazione di continuità
∇⋅J = −
Equazione della meccanica
m
∂ρ
∂t
dv
= −e( E tot + v × µ 0 H tot )
dt
I vettori Etot ed Htot sono la somma dei valori statici, E0 ed H0, e dinamici, E
ed H , e v è la velocità del gruppo di elettroni, m è la massa dell’elettrone
ed e la sua carica.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Campo RF Noto
Per risolvere il problema facciamo le seguenti ipotesi
v = vz z 0
∂ / ∂x = 0
∂ / ∂y = 0
H tot = H 0 z 0
E tot = Etot z 0
e cerchiamo delle soluzioni s(z,t) che sono date dalla somma di un termine
funzione solo dello spazio s0(z) e di un termine funzione di spazio e tempo s1(z,t).
Poniamo quindi, per la generica soluzione s(z,t)
s(z,t) = s0(z) + s1(z,t)
uguaglianza che sarà applicata a ρ, v, J ad E.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Campo RF Noto
Si giunge ad un’equazione differenziale
J 0z
d 2 J 1z
dJ 1z
2
+
j
β
−
β
J
=
−
j
β e E1z
2
e
e
1z
2
dz
2Va
dz
dove J0z = ρ0v0z e βe=ω/v0z
Moltiplicando per S l’equazione precedente, con S la sezione del fascio
elettronico, essa può essere riscritta
I 0z
d 2 i1z
di1z
2
+ 2 jβ e
− β e i1z = − j
β e E1z
2
2
dz
V
dz
a
Si noti che esiste una componente assiale del campo elettrico ad RF: quindi non si
propaga un’onda TE ne TEM.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Fascio Elettronico Noto
Le equazioni del problema sono le due equazioni di Maxwell per il vuoto:
∂H
∇ × E = −µ 0
∂t
∇× H = ε0
∂E
+J
∂t
Per risolvere il problema facciamo le seguenti ipotesi
1)
∂H z
=0
∂z
2)
consideriamo solo l’armonica spaziale fondamentale
che significa studiare un modo TM.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Fascio Elettronico Noto
Consideriamo allora il circuito equivalente al modo TM in propagazione dove
aggiungiamo l’effetto del fascio considerato come un generatore di corrente
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Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Fascio Elettronico Noto
Dalla teoria delle linee è possibile scrivere
d 2V
di
2
= k V − ηk
2
dz
dz
dove k = ZY e η2=Z/Y. Dalla nota relazione E=-dV/dz in definitiva si ha:
d 2 Ez
d 2i
2
+ k E z = ηk 2
2
dz
dz
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Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Soluzione
Dobbiamo quindi risolvere il sistema di equazioni:
I0z
d 2i
di
2
2
+
j
β
−
β
i
=
−
j
βe Ez
e
e
2
2Va
dz
dz
d 2 Ez
d 2i
2
+ k E z = ηk 2
2
dz
dz
dove abbiamo posto le ovvie relazioni E1z=Ez, i1z=i e I0z=I0. Per questo sistema
vogliamo cercare soluzioni del tipo esponenziale.
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Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Soluzione
Poniamo quindi:
⎧⎪i ( z ) = i (0)e − ke z
⎨
⎪⎩ E z ( z ) = E z (0)e − ke z
dove ke è la costante di propagazione relativa alla soluzione combinata, ossia il
caso di propagazione nella struttura con il fascio elettronico presente. Inserendo
queste soluzioni nel sistema precedente si ottiene un sistema algebrico
omogeneo, che quindi ammette soluzioni quando si annulla il determinante dei
coefficienti. Così procedendo, deve quindi essere soddisfatta la seguente
equazione del IV ordine in ke:
ηI 0
3
2
2
2
2
3
C
=
= Parametro di Pierce
(k e − jβ e ) (k e − k ) + 2 jC β e kk e = 0 dove
4Va
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Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Soluzione
Imponiamo tre ipotesi, semplificative ma che si verificano in pratica.
1) Il modo TM in propagazione senza interazione elettronica non subisce
perdite. Ciò significa imporre k=jβ
2) ke è diverso da k per una quantità infinitesima: quindi ke=jβ-ξ
3) La costante di fase associata al fascio elettronico, ossia la βe, è uguale a
quella dell’onda nella struttura priva di fascio; imponiamo quindi βe=β
Inserendo queste ipotesi nell’equazione precedente si nota che essa diventa di
III grado: la soluzione che è andata persa non soddisfa le ipotesi 1)…3). Si
hanno quindi tre valori di Ke:
3
3
⎛ C⎞
⎛ C⎞
ke 2 = jβ e (1 − C )
k e 3 = jβ e ⎜ 1 + ⎟ + β e C
k e1 = jβ e ⎜1 + ⎟ − β e C
2⎠
2
2⎠
2
⎝
⎝
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Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Soluzione
Notiamo adesso che ke1 ha parte reale negativa e quindi corrisponde ad un’onda
che viaggiando si amplifica; ke2 è puramente immaginario e quindi corrisponde
ad un’onda che viaggia senza attenuazione ma ovviamente varia la sua fase;
infine, ke3 corrisponde ad un’onda che viaggia con attenuazione. E’ quindi l’onda
corrispondente a ke1 quella che ci interessa.
La costante di fase vale βe1=βe(1+C/2) che è quindi maggiore di quella che si
avrebbe nella struttura imperturbata dal fascio a cui competerebbe β, dove β=βe
per l’ipotesi precedente. La velocità di fase di quest’onda è quindi
v fe1 =
ω
=
β e1
ω
⎛
⎝
β e ⎜1 +
C⎞
⎟
2⎠
ed è minore di ω/β=ω/βe a seguito della posizioni descritte.
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Interazione tra un Fascio Elettronico ed un Campo RF
Effetto di un Campo RF su un Fascio Elettronico: Conclusione
Quindi, con lo studio fatto, anche se contiene semplificazioni, siamo in grado di
giustificare sia le ipotesi qualitative sia ciò che accade in pratica. Infatti,
effettivamente il guadagno dei TWT cresce con la lunghezza della zona
d’interazione, ma entro certi limiti come detto. Infatti, oltre una certa lunghezza, il
guadagno non cresce più, dato che termina la condizione di ottima relazione di
fase.
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Traveling Wave Tube - TWT
Il TWT, acronimo delle parole anglosassoni, Traveling Wave Tube,
traducendo Tubo ad Onda Viaggiante, è il tubo a vuoto per microonde più
usato attualmente.
Il funzionamento si basa sull’interazione tra un fascetto elettronico ed un’onda
isodirezionale che si propaga in una struttura ad onda lenta: l’energia cinetica
posseduta dagli elettroni viene in parte trasferita all’onda elettromagnetica,
causando l'amplificazione del segnale RF inviato all’ingresso del tubo.
Sono disponibili TWT per molte applicazioni: dalle trasmissioni di bassa
potenza, tipicamente qualche decina di watt, alle trasmissioni d’alta potenza
come i sistemi radar, dove sono richieste molte decine di KW, ad applicazioni
scientifiche dove le potenze possono arrivare a 100KW. In generale, il TWT è
usato per potenze inferiori ai 100KW, dato che per potenze superiori si usano
altri tubi, come il Gyrotron.
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Le frequenze raggiungibili sono elevate, ma sotto ai 100GHz, in quanto per
frequenze maggiori si usano altri tubi. Tuttavia, interessanti applicazioni della
tecnologia MEMS al settore dei TWT hanno permesso il raggiungimento di
centinaia di GHz, fino alla banda dei THz, con potenze di circa 200mW. Con
questa tecnologia, la struttura ad onda lenta è realizzata con dimensioni di
µmetri, permettendo quindi il raggiungimento di frequenze elevate:
comunque, escludendo questi esperimenti, i prodotti attualmente disponibili
sono relativi a frequenze inferiori ai 100GHz.
In generale, il TWT è caratterizzato da elevati guadagni, almeno 40 dB, con la
caratteristica che il guadagno cresce all’aumentare della lunghezza della zona
d’interazione tra fascio ed onda. Tuttavia, esiste un limite superiore a questa
lunghezza, oltre la quale il guadagno non cresce più. Valori massimi di
guadagno sono di circa 65dB.
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F1 ed F2 sono i filamenti del riscaldatore del catodo, K è il collegamento del catodo, G il
collegamento della griglia, A il collegamento dell’anodo, C il collegamento del collettore
ed E1, E2 quelli per l’elettromagnete. Si noti come l’elica è posta al potenziale di anodo.
Sono presenti poi i connettori per il segnale d’uscita e d’ingresso.
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Nella precedente figura abbiamo mostrato l’elica come struttura ad onda lenta.
Di fatto, i primi TWT usavano questa struttura, e molti ancora oggi la usano.
Tuttavia, a frequenze superiori ai 50 GHz la struttura ad elica diventa
complicata a realizzarsi dato che la lunghezza equivalente di una spira deve
essere molto inferiore ad una lunghezza d’onda, ed anche il diametro dell’elica
lo deve essere. Inoltre, l’angolo d’avvolgimento non può essere ampio, inferiore
ai 10 gradi tipicamente, e la larghezza del nastro che realizza l’elica deve
essere vicina al valore del passo dell’elica. Tutto ciò ha come conseguenza che
a frequenze superiori ai 50 GHz si usano altre strutture ad onda lenta, come
quelle interdigitate.
Inoltre, non è sempre presente l’elettromagnete, ed al suo posto può esserci un
magnete permanente, coassiale con la struttura ad onda lenta.
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Alimentazione del TWT
Nella versione più semplice, ossia quella ad elica, il TWT è alimentato
applicando una tensione positiva, rispetto al catodo, all’elica che è connessa
all’anodo. Per ragioni di sicurezza, l’elica è posta a potenziale di massa.
Alla griglia è applicata una tensione di poco diversa da quella del catodo, con
funzione di controllo del flusso elettronico; il catodo ed i filamenti hanno la
stessa funzione di quella che hanno nel diodo.
Il collettore, se non sono presenti accorgimenti di miglioramento d’efficienza,
non ha nessun potenziale applicato, ed è posto a massa.
Infine, all’elettromagnete è applicata una corrente necessaria a generare il
giusto campo d’induzione magnetica.
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TWT modello VTX-6379E1 prodotto dalla CPI.
1KW in banda C, peso 11Kg.
Mini-TWT prodotto dalla L3 Communications.
50 W in banda Ku. Peso 280gr.
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Relazioni Fondamentali
Come dimostrato, si hanno 3 onde in propagazione nella struttura, ma solo una
prevale sulle altre allontanandoci dall’ingresso. Concentrandoci su questa,
possiamo scrivere la seguente espressione per il campo Ez(z) longitudinale:
E β eC
Ez ( z) = i e
3
3
C
z − jβ e (1+ ) z
2
2
e
Definiamo poi il guadagno Gi in dB del TWT come
Gi = 20 log10
E z ( z = L)
Ei
Combinando le due equazioni di ottiene
⎛
⎞
⎛ 1 ⎞
3
β e L log 10 e ⎟⎟
Gi = 20⎜⎜ log 10 ⎜⎜
⎟⎟ + C
2
⎝ 3⎠
⎝
⎠
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Relazioni Fondamentali
E’ d’uso comune porre βeL=N2π, dove N indica il numero di lunghezze d’onda
che entrano nella lunghezza L della zona d’interazione. Con questa posizione, la
formula de guadagno diventa:
⎛
⎞
⎛ 1 ⎞
3
Gi = 20⎜⎜ log 10 ⎜⎜
⎟⎟ + C
N 2π log 10 e ⎟⎟ = A + BCN
2
⎝ 3⎠
⎝
⎠
Osserviamo quindi che il guadagno, come anticipato, dipende dalla lunghezza
della zona d’interazione, in pratica determinata dalla lunghezza del tubo, e dal
parametro C di Pierce. Il limite a questa lunghezza è dato dal fatto che la
necessaria diversa velocità di fase tra gli elettroni raggruppati ed il campo RF
all’aumentare del percorso porta il gruppo di elettroni ad interessare zone dove
il campo RF accelera gli elettroni, e quindi cede energia a loro, invece che
acquisire energia da essi.
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Relazioni Fondamentali
Ci interessa ora fare una analisi del comportamento in frequenza del TWT.
Iniziamo col ricordare che abbiamo studiato questo tubo nell’ipotesi βe=β, ossia
nell’ipotesi che la velocità di fase equivalente agli elettroni raggruppati, in viaggio
nella zona d’interazione, fosse uguale alla velocità di fase dell’onda
elettromagnetica in propagazione nella struttura ad onda lenta priva di fascio
elettronico. Purtroppo, la βe è data da βe=ω/v0z ed è quindi lineare con ω, mentre
β è dispersiva, con diagramma di dispersione del tipo indicato nella seguente
figura:
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Relazioni Fondamentali
Come si vede, la relazione β(ω) è una curva; quindi, la relazione βe=β non può
essere soddisfatta che ad un solo punto. Tuttavia, la regione iniziale della curva
è approssimabile ad una retta, e la relazione βe=β può considerarsi
ragionevolmente soddisfatta.
Un’altra considerazione sull’andamento in frequenza si ottiene osservando che al
diminuire della frequenza diminuisce anche N, e quindi diminuisce anche il
guadagno.
Viceversa, al crescere della frequenza anche N aumenta ma il campo è più
difficile da contenere nell’elica, e quindi sempre meno campo elettromagnetico
partecipa allo scambio d’energia con gli elettroni: di conseguenza, anche al
crescere della frequenza il guadagno diminuisce. Questo fenomeno è meno
pronunciato di quello che causa la riduzione del guadagno a bassa frequenza. In
conclusione, l’andamento tipico del guadagno in funzione della frequenza di un
TWT è simile a quello riportato nella seguente figura:
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Traveling Wave Tube - TWT
Relazioni Fondamentali
Andamento in frequenza di un TWT tipico.
In pratica, la frequenza superiore a –3dB si estende in alto, rispetto il punto di massimo,
maggiormente rispetto all’estensione in basso della frequenza inferiore a -3dB.
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Tecnica per Aumento d’Efficienza
Una notevole quantità d’energia è spesa per il raffreddamento del collettore,
che riceve l’impatto del fascio di elettroni utilizzato per l’amplificazione del
segnale RF.
Per mitigare questo effetto esiste una tecnica, nota come Depressed
Collector, che permette un rallentamento degli elettroni prima di
raggiungere il catodo. Così facendo, parte dell’energia cinetica degli
elettroni è quindi trasformata in energia elettrica.
Più celle di rallentamento possono essere usate, ed a questo caso si fa
riferimento come Multi Stage Depressed Collector.
I rendimenti raggiungibili con il MSDC, sia per TWT che Klystron,
raggiungono il 65%, contro valori tipici compresi tra il 30% ed il 40%.
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Tecnica per Aumento d’Efficienza
Esempio di MSDC, con fascio elettronico.
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Tecnica per Aumento d’Efficienza
V1<V2<V3<V4 sono valori positivi che rappresentano le tensioni applicate.
Valori tipici di V1, per Klystron di alta potenza, sono dell’ordine di 5…10KV.
L’ultimo terminale, che rappresenta il collettore, viene posto al potenziale più
basso a disposizione, minore di -V4, misurato rispetto al potenziale di
massa delle griglie, caso del Klystron, o dell’elica, per il caso del TWT.
Una versione più semplice dell’MSDC è il Single Stage Depressed Collector,
dove solo il collettore è a potenziale negativo.
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Tecnica per Aumento d’Efficienza
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Specifiche dei TWT
I TWT sono specificati definendo i seguenti parametri
Potenza di Picco
Potenza in CW
Guadagno
Conversione AM/PM
Input Back Off (IBO) in funzione dell’Output Back Off (OBO)
1dB Compression Point
Ingombri
Metodo di Montaggio
Metodo di Raffredamento
Peso
Tipi di Porte RF
Condizioni Ambientali Operative
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Specifiche dei TWT
Le caratteristiche Pout/Pin sono quelle tipiche di amplificatori di potenza.
Di seguito, riportiamo un diagramma di Pout/Pin di un TWTA in banda Ka.
Il punto dove tipicamente il TWT
lavora si specifica in termini di dB di
back-off sotto alla saturazione:
questo back-off si può riferire
all’ingresso, IBO, ad all’uscita, OBO.
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Specifiche dei TWT
Spesso, invece della caratteristica Pout/Pin è rappresentata graficamente la curva
OBO/IBO. Di seguito, ne riportiamo una ad esempio.
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Specifiche dei TWT
Tipici grafici IBO, OBO, 1dBc,
TOIP per un TWT in due modi
operativi: singola carrier o
doppia carrier
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Specifiche dei TWT
Il livello dei prodotti di intermodulazione del III ordine cala all’aumentare
dell’IBO. Di seguito, riportiamo un grafico del rapporto C/IMD3 come esempio.
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Specifiche dei TWT
Nel caso di trasmissione multicarrier, il TWT deve essere specificato anche in
termine di Noise Power Ratio – NPR. L’NPR si calcola misurando il livello del
rumore nella banda del canale desiderato, ma lasciato privo di traffico, quando
tutti gli altri canali adiacenti sono occupati.
Rumore aggiunto
dal TWT
Noise
Source
Filtro
Notch
TWT
NPR= Input Noise Power Level/Noise Power nel Notch
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Specifiche dei TWT
Un tipico grafico dell’NPR in funzione dell’IBO per un TWT per comunicazione
satellitare in multicarrier, con e senza ottimizzazione per la riduzione delle non
linearità.
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Specifiche dei TWT
La conversione AM/PM è spesso rappresentata graficamente in funzione
dell’IBO più che in funzione della Pin.
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
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