1 Introduzione Musica islamica Forma artistica vocale e strumentale

1 Introduzione
Musica islamica Forma artistica vocale e strumentale prodotta nel mondo islamico.
Nonostante le diversità nazionali e culturali, le arti musicali dei popoli musulmani
condividono alcuni caratteri di base, evidenti soprattutto nei paesi arabi del Medio Oriente
e del Nord Africa, in Turchia e Iran. Via via che ci si allontana da questo epicentro i
caratteri comuni, pur mantenendo una forte compattezza, si fanno più sfumati. Una
salmodia coranica della Malaysia o delle Filippine, ad esempio, è indistinguibile da una
mediorientale, e la poesia cantata di un paese dell'Asia centrale come l'Afghanistan trova
precise corrispondenze nei suoi modelli dell'Occidente asiatico. La musica delle orchestre
di gong del Sud-Est asiatico, viceversa, appartiene a un diverso sistema musicale, di
origine preislamica.
I musicologi tendono a diversificare almeno 3 scuole musicali: la prima è quella
maghribina, quella Siro-Egiziana, quella Irachena e una quarta che si può definire AraboAfricana.
Le caratteristiche di questo tipo di musica risiedono nell’organizzazione melodica e nella
tecnica vocale. Non esiste un sistema temprato e neppure un concetto di armonia. Gli
strumenti suonano tutti una medesima linea melodica, differenziandosi per quantità
ovverosia alcuni strumenti suonano un’ottava sopra altre sotto rispetto alla linea melodica
principale. La notazione della linea melodica non avviene in forma scritta, infatti un
musicista arabo non concepirebbe la scrittura del pentagramma. L’organizzazione avviene
tutta tramite il manico del liuto arabo, che è infatti lo strumento più importante. Da ciò
deriva che le “note”arabe hanno tutte un nome diverso e non si definiscono in base alle
ottave. Il concetto principale di questo tipo di musica è il “Maqam” che possiamo tradurre
come il luogo entro cui avviene la composizione musicale
Oltre che per la pratica esecutiva e compositiva, il mondo islamico ebbe un ruolo di primo
piano nella teoria musicale: studiosi arabi del X e XI secolo quali Al-Farabi e Avicenna ci
hanno lasciato trattati importantissimi per la conoscenza della musica e delle teorie
estetiche del tempo, nonché traduzioni di opere degli antichi greci sull'argomento.
2 Stili e caratteristiche
Esistono due tipi fondamentali di musica nel mondo islamico:
1. uno viene definito 'prosa musicale' per la libertà dei ritmi e per lo spazio
concesso all'improvvisazione durante l'esecuzione. Esempi di questa prosa musicale
sono numerosi generi vocali e strumentali; il modello è costituito dalla recitazione
cantilenata, o salmodiata, del Corano (la cosiddetta qiraah, o 'lettura').
2. Il secondo tipo, definito 'poesia musicale', è caratterizzato dalla regolare
ripetitività degli schemi ritmici. Pur permettendo anch'essi una certa libertà di
improvvisazione, i generi che compongono la poesia musicale sono perlopiù basati
su un motivo già composto o tradizionale.
Entrambi i tipi di musica tendono a dividere il brano in segmenti riconoscibili. La
caratteristica deriva dalla tipica salmodizzazione del Corano: indipendentemente
dall'esecutore, dal suo paese di origine, dal contesto in cui si esibisce o dal genere di
musica che esegue, l'influsso della lettura coranica risulta evidente nella divisione del
brano in frasi musicali separate da pause più o meno lunghe. Il pezzo può anche articolarsi
attraverso alterazioni improvvise, quali il cambiamento dell'esecutore, della
strumentazione, del modo melodico o ritmico, del tipo di ritmo (a scansione fissa o libera)
e di altri parametri.
Nel corso dei secoli i musulmani hanno utilizzato non solo il tono e il mezzo tono familiari
all'orecchio occidentale, ma anche intervalli di un quarto di tono, di tre quarti, di cinque
quarti e di un tono e mezzo.
La varietà degli intervalli accresce il vocabolario tonale e ne aumenta la complessità. Un
dato numero di tali intervalli viene a costituire una sorta di scala, un segmento di tre,
quattro o cinque toni. A loro volta questi segmenti vengono combinati formando una scala
di una o due ottave che definisce il modo melodico, o maqam (o, nella musica persiana,
dastgah), sul quale si basa l'improvvisazione o la composizione. I trattati arabi prevedono
fino a 52 maqam, 12 dei quali sono i più usati.
Non meno complessa e fertile è la struttura ritmica. Anziché le misure standard di due, tre,
quattro o sei battute, i musulmani preferiscono la scansione libera improvvisata della prosa
musicale e gli intricati modi ritmici della poesia musicale. Il modo ritmico (iqa) consiste in
un modulo che si ripete per ventiquattro e più battute; il ciclo ritmico comprende tempi in
battere (dum) e in levare (tak). Ad accrescere la complessità della linea melodica si
aggiunge l'ornamentazione: quasi ogni nota viene eseguita con un abbellimento o un
espediente ripetitivo.
La musica islamica può essere definita 'modulare', in quanto si basa sulla combinazione
di brevi motivi melodici e ritmici più che nella produzione di lunghe melodie unitarie. I
motivi vengono sottoposti ad ampie variazioni, e la ripetizione e combinazione di questi
'gioielli' tonali e ritmici dà vita a strutture a loro volta ripetute o combinate con altre
strutture. Fungono così da unità modulari intere frasi, sezioni e ritornelli.
L'uso della ripetizione nella musica islamica si evidenzia nella riproposizione, identica o
variata, di motivi, toni importanti nel modo melodico, e frasi, linee o sezioni di ritornelli.
Spesso il ritorno a un motivo o a una frase di ritornello coincide con la fine di un ciclo
ritmico e con il ritorno al tono principale del modo melodico.
3 Strumenti
Lo strumento principale della musica islamica è la voce umana, spesso usata da sola o con
un minimo accompagnamento strumentale. Il liuto a pizzico esiste in duplice versione, con
il manico lungo e corto. Il più importante è quello chiamato ud, simile al liuto europeo, di
cui è progenitore (da 'ud viene anche il nome liuto). Anche i liuti ad arco sono importanti,
e molti di essi portano il nome di rabab. Gli strumenti a fiato di maggiore importanza sono
quelli ad ancia doppia (della famiglia dell'oboe) – come il libanese mijwitz e l'egiziano
mizmar – e un particolare tipo di flauto dolce ricavato da una canna, chiamato ney. Il
tamburo a una sola membrana (taqblah, darabukkah) e il tamburello (daff, riqq, bandir),
con o senza sonagli, sono tra le percussioni più usate. Leggermente meno diffusi sono il
tamburo doppio e una sorta di piccolo timpano.
Le esecuzioni tradizionali – che si tratti di musica eseguita in sale da concerto, di
intrattenimenti musicali negli alberghi o di programmi televisivi – comprendono esibizioni
vocali e strumentali, spesso alternate, che durano circa un'ora e seguono un programma
che raggiunge l'apice in un'esecuzione canora. Esempi di queste collezioni di pezzi,
fondamentali nella musica araba, sono il nordafricano nawbah, di origine andalusa, e le
forme musicali waslah, tipiche del Mediterraneo orientale. Le esibizioni della celeberrima
cantante egiziana Umm Kulthum (o Kalthum) e del siriano Sabah Fakhri hanno
rappresentato il protrarsi di questa tradizione nel XX secolo.
Breve trattato sulla musica araba
L’arte musicale araba è forse ciò che subito sovviene nell’immaginario collettivo, non
appena la mente si volge ad oriente. Le atmosfere riscaldate dal sole e dalla sabbia del
deserto sembrano veicolare melodie che richiamano una cultura tanto diversa e che come
tutte quelle esistenti nel globo terrestre ha usato il medium musicale come proprio primo
mezzo espressivo. Com’è noto i popoli hanno da sempre preferito prima cantare che
recitare, così come hanno scelto di ricordare e tramandare a memoria rispetto che scrivere
e divulgare. Forse per motivi logistici (la mancanza di supporti su cui scrivere), forse per
istinto le culture arcaiche hanno affidato il proprio ricordo alla memoria collettiva piuttosto
che a segni tangibili che evitassero l’oblio. La cultura araba preislamica o nota come “della
Jahiliyya” ovverosia dell’Ignoranza dalla parola di Dio, così chiamata dai dotti Musulmani in
netta contrapposizione con la rivelazione del profeta Muhammad, è conosciuta proprio
tramite testimonianze per così dire musicali. Le prime attestazioni letterarie del patrimonio
arabo, geograficamente da posizionarsi nella Jazirat al Arab, la penisola degli Arabi
(l’attuale penisola araba) in un tempo che inizia nel 500 circa d.c., sono testi talvolta
anche molto lunghi in poesia, dotate già allora di una metrica e di un certo rigore stilistico.
Fra questi spiccano le “appese”, le Mu’allaqat, i 7 componimenti di altrettanti poeti
professionisti, selezionate per la loro particolare e rara bellezza e “appese” incise a
caratteri dorati sopra il tempio della Ka’ba alla Mecca. Tali testi letterari, noti già al poeta
Goethe che le raccolse nel suo “West Diwan” erano canti di memoria, grossomodo simili ai
miti greci e forse inizialmente agli stessi poemi omerici (laddove si ritengano questi come
insiemi di canti inizialmente orali che Omero avrebbe “solo” sistematizzato) ovvero
fungevano da catalizzatori del ricordo comune di una tribù e impedivano che certi
avvenimenti anche di cronaca, si perdessero nel tempo. Queste “Qasidat” cioè
componimenti erano tramandati di generazione in generazione, e mantenevano alto il
nome o il ricordo di gruppi, capi guerrieri e principi, che erano i primi protagonisti dei
componimenti. Il poeta, che evidentemente doveva essere un portavoce dato che si
limitava a raccogliere componimenti già esistenti nel patrimonio collettivo e a versificarli, si
esibiva durante le tante feste pagane accompagnati talvolta dal suono del Liuto. I temi di
questi carmi ricordano molto la poesia saffica o comunque erotica greca. Il proemio
amoroso o Nasib fa parte di un canone che si ripete in tutte le poesie. Una struttura fissa,
contenente una serie di tematiche viene dunque musicata sfruttando una caratteristica
tipica della lingua araba, ovvero una musicalità intrinseca dovuta alla scontro di sillabe
lunghe e sillabe brevi.
La musicalità è rimasta come caratteristica della cultura arabo-islamica.
Se già il popolo arabo-pagano era solito musicare il proprio patrimonio letterario, l’avvento
del profeta Muhammad amplifica tale abitudine. Il poeta venne più volte scambiato per un
cantore-poeta lungo il corso della sua vita e predicazione dal momento che la profezia e la
rivelazione che discendeva su Muhammad veniva da questo trasmessa in forma non
esattamente musicale ma salmodiata. Tutt’oggi il Corano viene salmodiato o recitato (più
che cantato) e tutta una serie di cantanti appartenenti alla scena musicale araba moderna
(anche la famosa Oum Kalthoum) sono o sono stati recitatori del Corano prima che
cantanti in senso pieno del termine.
Ud, che significa "legno", strumento
musicale considerato modello
basilare per tutta la musica araba. (Arab.it)
Ma esattamente la musica araba che caratteristiche possiede, aldilà delle sue radici
storiche? Come facente parte del patrimonio culturale arabo, la musica ha avuto nel tempo
esiti differenti seppur origini comuni. Come è noto è possibile parlare al contempo di un
popolo arabo (inteso come l’etnos arabo) alla stessa maniera con cui è possibile parlare di
un popolo tunisino, algerino, libanese etc. Le migrazioni e le commistioni interetniche che
hanno interessato il popolo arabo nel corso della sua storia lo hanno portato a contatto
con genti diversissime, dai berberi agli indiani e se da una parte il patrimonio culturale
fondamentale è rimasto immutato sostrato comune, dall’altra parte spinte particolaristiche
hanno impresso la loro influenza così da generare diversificazione. La musica araba oggi è
meno omogenea che in passato e forse faremmo bene a parlare di musica marocchina,
algerina irachena e così via. Ciò che va sottolineato è quindi il fattore geografico.
L’estensione nella Dar al Islam di un patrimonio che oggi a tratti è difficilmente un fattore
unificatore. Tutto ciò ovviamente alla luce di una antica somiglianza che esiste ancora in
teoria e in struttura.. Ogni Maqam possiede inoltre una sua specificità un suo contenuto
emotivo, ovvero una specifica espressività melodica. I trattati di musica araba sono
parecchi e tutti databile in un periodo di tempo che va dal nono al tredicesimo secolo. Non
esistono dei materiali cartacei però che accompagnino il musicista durante la sua
esibizione, ma è lasciato ampio spazio all’improvvisazione. Un “concerto” può durare
diverse ore, durante le quali si avvicendano più esecutori che suonano il repertorio detto
anche “Wasla” esso si compone per:
- una serie di brani cantati di diversa velocità
- un intermezzo strumentale o apertura della seconda parte del concerto
- l’improvvisazione strumentale o vocale che può avere diversa collocazione nel concerto.
Musica islamica
Questa forma artistica vocale e strumentale è stata creata dagli abitanti del mondo
islamico, regione che si estende dalla costa atlantica del Nord Africa al Sud-Est asiatico, e
che comprende parte dell'Africa, l'Asia sudoccidentale e centrale, e il subcontinente
indiano. Nonostante le diversità nazionali e culturali, le arti musicali dei popoli musulmani
condividono alcuni caratteri di base. Una salmodia coranica della Malaysia o delle Filippine,
ad esempio, è praticamente indistinguibile da una medio-orientale, e la poesia cantata di
un paese dell'Asia centrale come l'Afghanistan trova precise corrispondenze nei suoi
modelli dell'Occidente asiatico. La musica folcloristica del mondo musulmano mostra
inoltre le tracce di tradizioni preislamiche o di altri popoli con cui la cultura è entrata in
contatto. La musica leggera in generale si rifà tanto agli stili popolari quanto a quella
classica, a seconda degli interessi e delle esperienze dei musicisti e del loro pubblico.
Caratteristiche generali
Dei due tipi fondamentali di musica del mondo islamico, uno permette più libertà nei ritmi
( il modello è costituito dalla recitazione cantilenata, o salmodiata, del Corano, la
cosiddetta qiraah, o lettura), mentre il secondo si può definire "poesia musicale", perché
qui gli schemi ritmici si ripetono con regolarità. Pur permettendo anch'essi una certa
libertà improvvisativa, i generi che compongono la poesia musicale sono per lo più basati
su un motivo già composto o tradizionale. Entrambi i tipi di musica tendono a dividere il
brano in segmenti riconoscibili. La caratteristica deriva dalla tipica salmodizzazione del
Corano: indipendentemente dall'esecutore, dal suo paese di origine, dal contesto in cui si
esibisce o dal genere di musica che esegue, l'influsso della lettura coranica risulta evidente
nella divisione del brano in frasi musicali separate da pause più o meno lunghe. Il pezzo
può anche articolarsi attraverso alterazioni improvvise: può cambiare l'esecutore, la
strumentazione, il modo melodico o ritmico, il livello di altezza, il tipo di ritmo (a scansione
fissa o libera) e altri parametri.
La sua complessità
Nel corso dei secoli i musulmani hanno utilizzato non solo il tono e il mezzo tono familiari
all'orecchio occidentale, ma anche intervalli di un quarto di tono, di tre quarti, di cinque
quarti e di un tono e mezzo. La varietà degli intervalli accresce il vocabolario tonale e ne
aumenta la complessità. Un dato numero di tali intervalli viene a costituire una sorta di
scala, un segmento di tre, quattro o cinque toni. A loro volta questi segmenti vengono
combinati formando una scala di una o due ottave che definisce il modo melodico, o
maqam (o anche, nella musica persiana, dastgah), sul quale si basa l'improvvisazione o la
composizione. I trattati arabi prevedono fino a 52 maqam, i più usati dei quali sono 12.
Non meno complessa e fertile è la struttura ritmica. Anziché le misure standard di due, tre,
quattro o sei battute, i musulmani preferiscono la scansione libera improvvisata della prosa
musicale e gli intricati modi ritmici della poesia musicale. Il modo ritmico (iqa) consiste in
un modulo che si ripete per ventiquattro e più battute; il ciclo ritmico comprende tempi in
battere (dum) e in levare (tak). Ad accrescere la complessità della linea melodica si
aggiunge l'ornamentazione: non c'è quasi nessuna nota che sia eseguita senza un
abbellimento o un espediente ripetitivo.
L'astrattezza e le combinazioni modulari
Nell'Islam la musica, come le arti visive, è fondamentalmente una forma astratta. I
mutamenti di altezza, modo, ritmo e tempo hanno scarsi rapporti con il contesto
extramusicale – la storia o lo stato d'animo espresso dal testo – di un brano cantato.
L'esecutore opera sugli elementi musicali con lo scopo di sottolineare le divisioni
strutturali. Un peso pressoché nullo ha l'armonia, mentre ci si concentra sul disegno tonale
e ritmico di una singola linea melodica. La musica islamica si basa inoltre sulla
combinazione di brevi motivi melodici e ritmici e non produce lunghe melodie unitarie. Si
fa spesso uso della ripetizione, identica o variata, di motivi, toni importanti nel modo
melodico, e frasi, linee o sezioni di ritornelli. Spesso il ritorno a un motivo o a una frase di
ritornello coincide con la fine di un ciclo ritmico e con il ritorno al tono principale del modo
melodico.
Strumenti
Lo strumento principale della musica islamica è la voce umana, spesso usata da sola o con
un minimo di accompagnamento strumentale. Il liuto a pizzico esiste in duplice versione,
con il manico lungo e corto. Il più importante è quello chiamato 'ud, simile al liuto
europeo, di cui è progenitore . Anche i liuti ad arco sono importanti, e molti di essi portano
il nome di rabab.
Gli strumenti ad aria di maggiore importanza sono quelli ad ancia doppia (della famiglia
dell'oboe) – come il libanese mijwitz e l'egiziano mizmar – e un particolare tipo di flauto
dolce ricavato da una canna, chiamato ney. Un altro strumento usato per
l'accompagnamento musicale è il Quanun, che ha 72 corde ed un suono simile a quello del
clavicembalo. I tamburi usati più spesso sono:
Il Darabukka;
Il Riqq (il tamburo più piccolo)
Il Daff (usato in nord - Africa)
Il Bendir