ATTI DEL CONVEGNO La Sharka in Italia Stato dell`Arte e

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Consorzio di Tutela
Pesca di Verona IGP
ATTI DEL CONVEGNO
La Sharka in Italia
Stato dell’Arte
e Prospettive
per il Fututro della
Peschicoltura
Verona, 25 novembre 2009 - ore 9.00 / 13.00
Auditorium G. Verdi - Veronafiere
Viale del Lavoro, 8
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La Sharka in Italia
Sommario
DIFFUSIONE DELLA SHARKA IN ITALIA
pag. 03
IL NUOVO DECRETO MINISTERIALE
DI LOTTA OBBLIGATORIA
pag. 06
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE
DELLA RESISTENZA ALLA SHARKA
IN NUOVI GENOTIPI DI PESCO
pag. 07
IL MIGLIORAMENTO GENETICO
PER RESISTENZA A SHARKA IN PESCO
pag. 10
VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO
DI CULTIVAR E SELEZIONI AVANZATE
DI DRUPACEE NEI CONFRONTI DELLA SHARKA
pag. 16
IL VIVAISMO FRUTTICOLO
E L’EMERGENZA SHARKA
pag. 18
2
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La Sharka in Italia
DIFFUSIONE DELLA SHARKA IN ITALIA
G. Zanini, T. Visigalli
Servizio Fitosanitario - Regione Veneto.
Cenni storici
Il virus della vaiolatura delle drupacee, Plum Pox Virus (PPV) è
stato identificato per la prima volta nel 1917 in Bulgaria su susino. Si ebbero successivamente segnalazioni in altri paesi balcanici Macedonia e Romania (1920). Nel 1926 a questa virosi
fu attribuito il nome di Sharka che in lingua bulgara significa “vaiolo” per i caratteristici sintomi che possono ricordare la temibile
malattia che colpisce lʼuomo . Nel 1935 il virus provocò notevoli
danni in coltivazioni di susino della Jugoslavia e nello stesso
anno la malattia comparve anche su albicocco; in Ungheria la
Sharka fu riscontrata qualche anno dopo (1938). Nel decennio
compreso tra il 1940 e il 1950 la virosi si insediò in altri paesi balcanici quali la Romania (1941), lʼAlbania (1947), e la Cecoslovacchia (1952). In Europa occidentale fece la sua comparsa in
Germania (1956), Austria e Polonia (1961), Unione Sovietica
(1962), Olanda (1966), Grecia e Svizzera (1967), Gran Bretagna, Turchia (1968), Francia, Svezia (1970), Italia (1973), Israele
e Belgio (1974), Spagna e Portogallo (1984), Cipro (1992).
DallʼEuropa il virus migrò in altri continenti Siria e Egitto (1987),
Cile (1992), Stati Uniti (1999) e in Canada (2000).
Attualmente il virus è endemico in Europa Orientale epidemico in Europa meridionale e centrale e considerato
eradicato in Svizzera, Danimarca, Olanda e Belgio.
Diffusione della Sharka nel Mondo ( Tab. 1 )
ANNO DI COMPARSA
PAESI
1917
1935
1938
1941
1947
1952
1956
1961
1962
1966
1967
1968
1970
1973
1974
1984
1987
1992
1999
2000
Bulgaria
Yugoslavia
Ungheria
Romania
Albania
Cecoslovacchia
Germania
Austria, Polonia
Unione Sovietica
Olanda
Grecia, Svizzera
Inghilterra, Turchia
Francia, Svezia
Italia
Belgio
Spagna, Portogallo
Egitto, Siria
Cile
U.S.A.
Canada
Diffusione della Sharka in Italia
In Italia la prima segnalazione ufficiale di presenza del virus
risale al 1973 su piante di albicocco in Val Venosta (BZ) e
due anni dopo nel 1975 su susino nella Valle del Sarca
(TN). Nel 1982 la malattia fu segnalata in Emilia Romagna
su susino e albicocco ed in Piemonte su susino nel 1983.
Nel 1986 il virus fu riscontrato nel Lazio ed in Sicilia; dal
1987 al 1990 piante infette di susino e albicocco furono segnalate in Puglia e Basilicata. In Basilicata nel 1992 vi fu la
prima segnalazione della virosi su pesco e ciliegio. Nel
1995 in pescheti della provincia di Cesena e nel 1996 nel
veronese, fu isolata una forma molto aggressiva del virus il
ceppo PPV-M (Marcus). Nello stesso anno (1996) lo stesso
ceppo venne segnalato in Lombardia nel 2000 e nelle Marche. Nel 2004 vi fu la prima segnalazione in Friuli Venezia
Giulia di Sharka su susino (ceppo D).
Diffusione della Sharka in Italia ( Tab. 2 )
ANNO DI
COMPARSA REGIONE/PROVINCIA COLTURE
1973
1975
1982
1983
1986
1987
1988
1996
1996
2000
2004
Bolzano
Trento
Emilia Romagna
Piemonte
Lazio – Sicilia
Basilicata
Puglia
Veneto
Lombardia
Marche
Friuli Venezia Giulia
albicocco
susino
susino, albicocco
susino
susino, albicocco
susino, albicocco,
susino, albicocco
pesco
pesco
albicocco, pesco
susino
Presenza della malattia per specie ( Tab. 3 )
REGIONE
PROVINCIA
ALBICOCCO
PESCO
Abruzzo
Basilicata
Bolzano *
Campania
Emilia Romagna *
Friuli Venezia Giulia
Lazio
Lombardia
Marche
Molise
Piemonte
Puglia
Sicilia
Trento
Veneto
No
si D
Si D
si D
si D e M
No
So
si M
Si
-si D
si D e Ric
-No
si D e M
no
si M
no
no
si M
no
si D
si M
si M
-si M
no
-si M
si M
SUSINO
si M
no
Si D
no
si D e M
si D
si D
si D
no
-si D
si D
-si D e M
si D e M
Dati: V. Vicchi; A. Babini - Workshop Faenza 2008.
(Fig. 1) Le foglie della vegetazione primaverile presentano piccole macchie
od anulature clorotiche.
Anelli clorotici su foglie di San Giuliano
affetto da Sharka.
(Fig. 2) Aree necrotiche depresse su
frutti di susino Morettini 234 dovute a
Sharka.
Attualmente la presenza del virus è segnalata in quasi tutte
le Regioni italiane ove si coltivano piante sensibili ( albi3
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La Sharka in Italia
cocco, pesco e susino) come riportato nella tabella 3.
Nella tabella 4 sono riportati i dati riepilogativi del numero
di piante o superficie in ettari oggetto di provvedimenti eradicativi da parte dei Servizi fitosanitari regionali in seguito
al ritrovamento del virus nei frutteti. Nella medesima tabella
sono riportati i valori dei contributi erogati per le azioni di
ristoro del danno arrecato alle imprese dalle estirpazioni
coattive; i dati denotano una presenza del virus non omogenea nelle diverse Regioni italiane e unʼattività di eradicazione che si concentrata soprattutto nelle Regioni
frutticole del Nord : Piemonte, Lombardia , Emilia Romagna
e soprattutto Veneto. La nostra regione rappresenta, infatti,
oltre il 90% della superficie estirpata e lʼ80% degli importi
erogati.
Estirpi e contributi ( Tab. 4 )
REGIONE
PROVINCIA
PIANTE ESTIRPATE
Abruzzo
426
Basilicata
19
Bolzano *
2.230
Campania
7.980
Emilia Romagna *
3.396.166
Friuli Venezia Giulia 33
Lazio
1.107
Lombardia
18.917 e 26 ha
Marche
119
Molise
-Piemonte
57.457
Puglia
489
Sicilia
-Trento
5.648
Veneto
84.350 e 794 ha
Totali
348.507 e 820ha
CONTRIBUTI EROGATI
€
Si non indicato
-19.300
151.220
169.732
--577.697
Non indicato
-300.000
---15.500.000
19.601.122
Dati: V. Vicchi; A. Babini - Workshop Faenza 2008.
* Elargiscono contributi anche nel 2008.
Situazione in Veneto
La superficie a drupacee (pesco, susino, ciliegio e albicocco) in Veneto è di 8.977 ettari e rappresenta attualmente il 5,7% della superficie nazionale indicata in
154.885 ettari . Per il solo pesco (pesche e nettarine) la
superficie in Veneto è di 5.342 ettari pari 5,7% di quella
nazionale che è di 92.697 ettari.
La provincia maggiormente investita a pesco è Verona
con una superficie di 4.421 ettari ed una produzione di
662.720 quintali di cui 335.680 di pesche e 327.040 di
nettarine. (dati Istat 2009). Questa provincia è risultata la
prima ad essere colpita e la più danneggiata. Per forza
di cose lʼattività di contrasto alla malattia posta in essere
dalla Regione tramite il Servizio Fitosanitario, si è sviluppata prevalentemente in questa zona.
ATTIVITÀ NEI FRUTTETI
Il 1996, è stato l'anno in cui è stata accertata per la prima
volta in un'azienda specializzata alle porte di Verona, la
presenza di Sharka (ceppo M) su pesco. Partendo da
4
questo primo riscontro, nello stesso anno, sono state effettuare altre verifiche in aziende limitrofe, che hanno
confermato la presenza del virus.
Nel 1997 il monitoraggio è iniziato dalle aziende situate
intorno ai focolai rilevati nel 1996 e si sono allargati via
via comprendendo tutti i comuni a vocazione peschicola.
I controlli terminavano laddove si riscontrava una percentuale di piante colpite superiore al 10% del totale, limite
previsto dal Decreto di lotta obbligatoria per l'estirpo dell'intera superficie. Lʼestirpo delle piante doveva essere
effettuato sette giorni dopo il ricevimento dellʼordinanza
Nel 1998 e nel 1999, il monitoraggio consisteva nel ricontrollo delle aziende visitate lʼanno precedente e di un allargamento progressivo della superficie ispezionata. Gli
estirpi immediati venivano ordinati sulle piante infette e
non all'intera superficie. Questa decisione ha consentito
alle aziende fortemente colpite di effettuare la raccolta
sulle piante asintomatiche, rimandando l'estirpazione totale, se l'infestazione superava il 10%, nel periodo invernale. Nel 1998 è stata sperimentata inoltre la tecnica
della diagnosi precoce mediante il controllo sui fiori delle
varietà a fiore rosaceo con la finalità di eliminare le piante
infette prima dell'inizio del volo degli afidi e cercare così
di contenere la diffusione della malattia..
Negli anni 2000 e 2001, sono state ispezionate tutte le
piante delle aziende sottoposte a controllo ma le ingiunzioni di estirpazione sono state emesse solo per le piante
infette.
Nel 2001, dopo 5 anni di monitoraggi e di abbattimenti, è
apparso evidente che i tentativi di eradicazione della malattia non avevano sortito lʼeffetto desiderato. Si è deciso
pertanto di concentrare i controlli nelle aree adiacenti a
quelle gravemente colpite e alle aziende che ne facevano
espressa richiesta, auspicando ed incentivando un autocontrollo delle aziende interessate dal problema.
Nel 2002 e nel 2003, sono state controllate un numero
esiguo di aziende e nel 2004 è stato effettuato un monitoraggio della malattia nelle aziende confinanti con la regione Lombardia.
Negli anni successivi sino ad oggi, considerata la progressiva diffusione del virus e la sua distribuzione uniforme sul territorio, la Sharka è stata considerata non più
tecnicamente eradicabile e quindi i controlli si sono limitati solamente a situazioni particolari.
Nel corso di unʼindagine territoriale effettuata nel 2009
sulle superfici a drupacee del veneto, nelle province di
Treviso e Rovigo dove il virus (ceppo D), era stato individuato e successivamente eradicato, sono stati riscontrati
due focolai del ceppo M in altrettanti frutteti di pesco e
susino.
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La Sharka in Italia
Controlli nei frutteti ( Tab. 5 )
SUPERFICIE
ISPEZIONATA
ETTARI
ANNO
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006*
2007*
2008*
2009
AZIENDE
ISPEZIONATE
98
1.112
1.049
1.802
900
221
65
25
40
2,5
14
7
4
24
40
385
480
861
413
98
28
11
13
1
6
17
10
21
* ispezioni su fonti di prelievo
ATTIVITÀ NEI VIVAI
Dopo il rinvenimento della Sharka, nel 1997 sono stati intensificati i controlli nei vivai che ospitavano drupacee e
sulle fonti di approvvigionamento; ai controlli erano interessate le province di Verona, Padova e Rovigo. Nel 2000,
considerata la forte presenza del parassita, la provincia di
Verona è stata esclusa dal prelievo di materiale vivaistico.
N. PIANTE
ISPEZIONATE
65.395
634.831
661.687
1.109.973
538.868
142.610
41.092
15.353
20.106
1.500
8.400
3.150
2.520
15.417
N. PIANTE
SPARSE
SUPERFICIE
ESTIRPATA
ETTARI
3.805
3.958
5.061
24.129
32.945
7.281
3.715
652
2.497
0
0
0
48
17,4
309
348
112
0
0
0
0
0
2.5
0
0
0
0
tate piante infette di pesco e susino in due vivai. prontamente eradicate con disposizioni del Servizio Fitosanitario.
Controlli nei vivai -drupacee- ( Tab. 6 )
ANNO VIVAI ISPEZIONATI ASTONI ISPEZIONATI ASTONI
INFETTI
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
110
74
83
63
122
115
75
89
2.081.996
2.272.986
2.383.085
2.104.617
2.653.220
1.800.000
2.200.000
2.500.000
103
3
0
77
10
0
0
0
ANNO VIVA
SUPERFICIE
ISPEZIONATI ISPEZIONATA / HA
VIVAI
ASTONI
INFETTI NFETTI
2005
2006
2007
2008
2009
0
2
1
0
2
70
99
86
88
88
49,76
180,00
142,00
163,00
201,22
(Fig. 3) Sharka su fiori di pesco.
0
15.640
90
0
2.365
Situazione attuale
Attualmente la situazione nei frutteti può essere così
sintetizzata: nelle aree peschicole del Veronese il virus
della Sharka è insediato e non più tecnicamente eradicabile la sua diffusione è in costante aumento. Nelle
province di Padova, Treviso e Rovigo nelle ristrette zone
di coltivazione del pesco, la malattia è presente in 2
aziende sia su pesco
che susino su 21 ispezionate. Nel padovano sono risul
(Fig. 4) Faccia interna
o superiore.
(Fig. 5) Faccia
esterna o inferiore.
5
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La Sharka in Italia
IL NUOVO DECRETO MINISTERIALE
DI LOTTA OBBLIGATORIA
Premessa
Sulla G.U. n. 235 del 9 ottobre 2009 è stato pubblicato il
Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e
Forestali 28 luglio 2009 (DM), concernente la “Lotta obbligatoria per il controllo del virus Plum pox virus (PPV),
agente della «Vaiolatura delle drupacee» (Sharka)”.
Il nuovo decreto abroga il precedente DM che era stato approvato (1996 e 1999) in un momento in cui la Sharka
aveva iniziato a manifestare tutta la sua pericolosità e virulenza.
Le motivazioni che hanno influito sulla scelta di approvare
un nuovo decreto sono:
1. in alcune aree del territorio nazionale il virus è da ritenersi insediato e non più eradicabile, perciò cʼè la necessità di procedere ad una zonazione per differenziare le
misure da applicarsi nelle aree dove il virus compare per
la prima volta o è presente ancora in forma sporadica da
quelle aree invece dove il virus è insediato e dove non
ha senso applicare misure eradicative.
2. prevedere condizioni fitosanitarie ancora più rigorose, di
quelle precedentemente in vigore, per la produzione di
materiale vivaistico in modo da garantire la circolazione
di materiale non contaminato dal virus.
Zonazione e misure fitosanitarie specifiche
Per quanto attiene alla delimitazione dello stato fitosanitario
del territorio, il DM allʼart. 4 stabilisce che i Servizi fitosanitari regionali sulla base dei monitoraggio ufficiali condotti
annualmente, definiscono lo stato fitosanitario del loro territorio, secondo gli standard FAO, individuando:
- zone indenni: zona dove il virus non è stato riscontrato o
è stato eradicato;
- area contaminata: campo di produzione o vivaio in cui è
stata accertata la presenza di PPV, anche con analisi;
- zona di insediamento: territorio dove la diffusone del PPV
è tale da rendere non più possibile lʼeradicazione;
- zona tampone: zona di almeno 1 Km tra zone con status
fitosanitario diverso (indenne- contaminata indenne- insediamento).
Per ogni diversa zona il DM prescrive specifiche misure
(artt. 5-6-7-8) in funzione e coerentemente con il diverso
status fitosanitario. Nelle zone indenni qualora si riscontri
la presenza di infezioni di PPV (con conferma da analisi di
laboratorio) lʼarea viene definita contaminata; le piante
ospiti devono essere estirpate entro 15 giorni o almeno capitozzate per evitare lʼemissione di polloni. Nelle aree contaminate le piante ospiti con sintomi vengono estirpate
anche senza conferma dʼanalisi. Qualora la percentuale di
piante infette superi il 10% è prevista lʼestirpazione dellʼintero campo. Nelle aree contaminate è vietato il prelievo di
materiale di moltiplicazione. Lʼarea contaminata è considerata eradicata dopo tre cicli vegetativi senza sintomi o in
assenza di piante ospiti. Nelle zone di insediamento è assicurata adeguata informazione ed assistenza tecnica alle
aziende frutticole per lʼadozione di strategie di controllo e
per favorire lʼimpiego di varietà tolleranti o resistenti. Eʼ vietato lo svolgimento dellʼattività vivaistica e il prelievo di materiali di moltiplicazione. Nelle zone tampone viene
6
eseguito un monitoraggio particolarmente minuzioso; in
questa zona è vietato lʼesercizio dellʼattività vivaistica e il
prelievo del materiale di moltiplicazione.
Le regole per lʼattività vivaistica
Una particolare attenzione viene posta dal DM alle modalità
con cui deve essere svolta lʼattività vivaistica di produzione
di piante e materiale di moltiplicazione di drupacee con
lʼobiettivo di garantire la circolazione di materiale non contaminato dal virus. Innanzitutto la produzione vivaistica di
piante e materiale di moltiplicazione di drupacee è prevista
solo in zone indenni, aree cioè che a seguito di accurati
monitoraggi si possono considerare esenti dalla presenza
di piante infette. Inoltre i campi di produzione vivaistica devono avere una distanza di almeno 300 m. dai frutteti; una
distanza inferiore può essere autorizzata dal Servizio Fitosanitario Regionale solo a seguito di un ulteriore piano di
controlli.
Nelle zone insediamento e nelle zone tampone lʼattività può
essere svolta esclusivamente in serra con un sistema di
protezione anti afidi (“Sreeen House”).
Il materiale di moltiplicazione
Il DM prevede anche misure particolarmente rigorose per
lʼapprovvigionamento del materiale di moltiplicazione . Infatti lʼart.10 prescrive che detto materiale debba essere prodotto e certificato ai sensi del DM 20 novembre 2006 e cioè
proveniente dal circuito della certificazione nazionale virus
esente o, per i portinnesti, essere certificati o ottenuti da
seme, condizione questʼultima che garantisce la virus
esenza.
Tenuto conto però che solo una piccola parte del materiale
di moltiplicazione di drupacee rientra nella sistema di certificazione nazionale per scelta dei costitutori o perché soggetta a brevettazione, è tuttavia consentito utilizzare innesti
non certificati a condizione che il materiale provenga da
campi di piante madri ubicati esclusivamente in zone indenni e in cui le piante sono contrassegnate ed ispezionate visivamente e con analisi di laboratorio; il vivaista
ha inoltre la responsabilità di inviare al Servizio Fitosanitario
Regionale i risultati delle analisi eseguite, prima di procedere la prelievo. Il DM prevede anche lʼobbligo, da parte di
chi acquista materiali di moltiplicazione provenienti da altri
Paesi, di informare il Servizio Fitosanitario della movimentazione di queste partite. Eʼ stato posto anche un limite
anche alla possibilità della autoproduzione che può essere
svolta solo con lʼutilizzo di materiale certificato o per la produzione di varietà locali.
Misure in vivaio
Le misure che si applicano nel caso di comparsa del PPV
in vivaio sono logicamente connesse alla impostazione generale che è stata data dal DM per garantire la produzione
e la circolazione di materiale di moltiplicazione di drupacee
esenti da Sharka e costituiscono anche misura applicativa
di quanto dettato dalla direttiva comunitaria per lʼuso del
passaporto delle piante del Genere Prunus.
Qualora si riscontri la presenza di PPV in vivaio, le piante
appartenenti al lotto risultato infetto devono essere distrutte. Per il restante materiale di propagazione presente
in vivaio viene sospeso lʼuso del passaporto, fino alla eradicazione dellʼaerea contaminata, o in alternativa e previa
valutazione del rischio fitosanitario, dette piante possono
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La Sharka in Italia
essere spostate o commercializzate verso zone di insediamento a condizione che uno specifico piano di campionamento eseguito dal Servizio Fitosanitario Regionale del
materiale asintomatico abbia dato esito negativo. La sospensione del passaporto fino alla eradicazione dellʼaerea
contaminata è prevista anche nel caso in cui un vivaio, precedentemente costituito, venga a trovarsi allʼinterno di una
zona tampone di unʼarea contaminata. Anche in questo
caso è possibile, in deroga, autorizzare lo spostamento e
la commercializzazione verso zone di insediamento o zone
a basso rischio fitosanitario, previa esecuzione di un piano
di controlli e di campionamento del materiale asintomatico.
La deroga è estesa alle produzioni di materiale eseguita in
serra con sistemi di protezione anti afide (“Sreeen House”).
Lʼart. 14 prescrive che il materiale vivaistico in produzione
al momento di entrata in vigore del DM possa essere commercializzato entro due anni nel rispetto delle condizioni
preesistenti e su autorizzazione del Servizio Fitosanitario
Regionale.
Conclusioni
Lʼistituzione delle zone di insediamento nelle regioni in cui
è largamente diffuso il PPV consentirà ai Servizi fitosanitari
regionali di concentrare i propri sforzi nelle zone tampone
e nelle zone indenni al fine di contenerne lʼ ulteriore diffusione.
La disciplina precisa e puntuale dello svolgimento dellʼattività vivaistica sullʼintero territorio nazionale è condizione
necessaria per la salvaguardia delle produzioni vivaistiche
nellʼinteresse dei produttori agricoli.
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI E VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA ALLA
SHARKA IN NUOVI GENOTIPI DI
PESCO
Luciano Giunchedi, Carlo Poggi Pollini
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali
(DISTA), Università di Bologna, viale Fanin 44, 40127, Bologna, [email protected]
Parole chiave: plum pox virus, trasmissione, diagnosi, selezione varietale, tolleranza.
La sharka rappresenta una devastante avversità in
grado di compromettere la commerciabilità dei frutti di parecchie varietà di albicocco, susino e, in minor misura, di
pesco e nettarine.
Agente della malattia è il virus delle drupacee
(Plum pox virus = PPV), incluso nel genere Potyvirus, famiglia Potyviridae.
In natura PPV infetta numerose specie appartenenti al genere Prunus ed alcune piante erbacee annuali
della flora spontanea dei frutteti di drupacee, fra le quali si
possono ricordare: Capsella bursa-pastoris, Cirsium arvense, Clematis sp., Convolvulus arvensis, Lamium album,
Rumex crispus, Solanum nigrum, Taraxacum officinale (Llacér e Cambra, 2006)
Per quanto riguarda le drupacee, vengono infettati
principalmente albicocco, susino europeo e giapponese,
pesco, nettarine, percoche, mirabolano, susino Marianna
e P. insititia. Particolarmente su pesco e nettarine lʼinfezione è diffusa anche in Italia.
Occasionalmente il virus è stato riscontrato anche in mandorlo e in ciliegio acido e dolce.
Fra le specie ornamentali e spontanee di Prunus è stato individuato in P.x blireana (susino da fiore), P. brigantina
(pruno del Delfinato), P. glandulosa (mandorlo da fiore), P.
persica f. atropurpurea, P. serotina (ciliegio nero) e nellʼarbusto P. spinosa (prugnolo). Sperimentalmente sono risultate suscettibili a PPV altre specie del gen. Prunus fra cui
P. besseyi, P.x cistena, P. davidiana e P. tomentosa (James
e Thompson, 2006).
PPV consta di numerosi isolati che si differenziano
per caratteristiche sierologiche e molecolari, per il diverso
comportamento epidemiologico, per la virulenza e per il potere patogeno orientato verso una o più specie di drupacee
(Candresse e Cambra, 2006). Sulla base delle omologie di
sequenza del genoma, delle risposte sierologiche e di altre
caratteristiche gli isolati fino ad ora caratterizzati si riuniscono in sei gruppi nettamente distinti di cui tre principali,
qualificati come:
PPV-D (Dideron): presenti soprattutto negli impianti di susino e albicocco nei quali sono diffusi con efficacia da afidi.
Evidenziano scarsa propensione ad infettare il pesco anche
se esistono isolati, riscontrati in Nord America e marginalmente in Francia, capaci di impiantarsi e diffondersi nei frutteti della drupacea. Raramente sono diffusi tramite afidi da
impianti di susino e albicocco a quelli di pesco anche se
contigui e sono poco o per nulla diffusi da afidi nellʼambito
di pescheti costituiti con materiale infetto;
PPV-M (Marcus): predominano nelle coltivazioni di pesco
dellʼEuropa. Sono diffusi dagli afidi vettori con maggiore efficacia e inducono sintomi più accentuati in pesco rispetto
agli isolati del gruppo D. Rappresentano la forma epidemica del virus in grado di espandersi rapidamente allʼinterno di un pescheto anche a partire da pochi centri iniziali
dʼinfezione;
PPV-Rc (Ricombinante): derivano da una forma (ricombinante) originata dal processo di ricombinazione fra lʼRNA
genomico di un isolato di PPV-M e quello di un isolato di
PPV-D presenti nella stessa pianta. Hanno come centro di
dispersione lʼex Jugoslavia e sono frequenti nelle coltivazioni di susino e albicocco dellʼEuropa centrale e orientale.
In Italia sono stati riscontrati in alcune piante di albicocco
cv. Ninfa. Sono diffusi da afidi in modo efficace in pesco,
susino e albicocco e sufficientemente competitivi per insediarsi in nuove aree.
I tre gruppi minor sono qualificabili come:
PPV-C (Ciliegio): trattasi di isolati adattatisi agli alberi di ciliegio limitati allʼEuropa centro-orienatale. Sperimentalmente infettano anche pesco, susino e albicocco i quali
evidenziano sintomi analoghi a quelli indotti da altri isolati;
PPV-El (El-Amar): isolati trovati in alcuni impianti in Egitto;
PPV-W (Winona): insolito isolato da susino individuato in
Canada.
La trasmissione di PPV da pianta a pianta avviene
facilmente tramite il materiale di propagazione vegetativa
ottenuto da una pianta infetta ed anche, a differenza degli
altri virus che infettano i fruttiferi, per mezzo di diverse specie di afidi, mentre non si trasmette per seme e per polline.
I rapporti di trasmissione tra PPV e gli afidi vettori
sono di tipo non persistente (Giunchedi, 2003). Con questa
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La Sharka in Italia
modalità di trasmissione le particelle virali sono prelevate
dai vettori da cellule epidermiche infette, molto rapidamente, nel giro di alcuni secondi-qualche minuto, durante
la fase iniziale del processo di alimentazione in cui gli afidi
eseguono punture di assaggio ed aspirano brevemente il
contenuto di cellule epidermiche, senza condurle a morte,
per determinare lʼaccettabilità di un ospite vegetale. Terminate le punture di assaggio, nel caso di una pianta riconosciuta come un ospite favorevole lʼoperazione di
alimentazione degli afidi continua con la ricerca dei tubi
floematici.
Nel caso in cui, invece, una pianta non sia identificata come un ospite compatibile, gli afidi interrompono il
processo di alimentazione, ritraggono gli stiletti boccali ed
abbandonano la pianta.
Tuttavia con lʼintroduzione nellʼapparato boccale di
succo cellulare di una pianta infetta da PPV, delle particelle
virali sono fissate, tramite lʼattività intermediaria di una proteina virale ausiliaria, in analogia con tutti i Potyvirus, sulla
cuticola di rivestimento del tratto distale del canalicolo mascellare da dove vengono depositate in nuove cellule epidermiche con la saliva secreta al loro interno nel corso di
successive punture di assaggio. Il periodo di ritenzione
dellʼinfettività nei vettori è relativamente breve e varia da
alcuni minuti a qualche ora, a seconda che gli afidi viruliferi
eseguano o meno punture di alimentazione dopo lʼacquisizione del virus. Tuttavia un afide può infettare parecchie
piante dopo una singola acquisizione.
In seguito allʼacquisizione ed inoculazione dei virus
non persistenti durante le punture di assaggio si comportano da vettori di tali virus anche specie di afidi che non colonizzano in modo permanente le loro piante ospiti.
Per quanto riguarda PPV, è trasmesso da una ventina di specie di afidi di cui si ricordano: Brachycaudus helychrisi, Myzus persicae e Phorodon humuli tra quelle
infeudate alle drupacee, Aphis gossypii e A. spiraecola fra
le specie che non colonizzano le Prunoidee.
La diffusione di PPV a lunga distanza è effettuata
esclusivamente attraverso marze, astoni e portinnesti infetti.
Riguardo alla diffusione a media e breve distanza
oltre al materiale utilizzato nella propagazione vegetativa
infetto è molto importante lʼazione degli afidi vettori.
In pratica, lʼintroduzione del virus in una nuova
area avviene tramite materiale vegetale infetto, mentre la
sua diffusione secondaria in campo è dovuta essenzialmente alle forme alate migranti fra cui le specie maggiormente responsabili sono quelle che si posano senza
distinzione su numerose piante di drupacee senza colonizzarle. Di conseguenza anche i trattamenti aficidi non servono per reprimere la diffusione di PPV in campo.
La principale attività di volo degli afidi vettori si concentra nei mesi di aprile, maggio e giugno a cui corrisponde
il periodo di maggior diffusione dellʼinfezione in campo.
La velocità di diffusione secondaria di PPV in un
frutteto dipende da un complesso di fattori che si influenzano reciprocamente fra cui in primo luogo la specie di
pianta ospite, il ceppo di virus, la frequenza di piante infette
nellʼambito dellʼimpianto e la popolazione di afidi vettori e,
secondariamente, lʼetà e lo stato vegetativo delle piante.
Più in particolare, nel caso di giovani peschi con elevata vigoria o di peschi abbandonati con numerosi succhioni, il tasso di diffusione del virus è superiore rispetto ad
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impianti in stato vegetativo equilibrato.
In generale, nel caso di pescheti infetti con isolati di
PPV-M la loro diffusione secondaria tramite afidi è molto
rapida tanto che, in mancanza di interventi di distruzione
degli alberi infetti allo scopo di ridurre le sorgenti dʼinoculo
per gli afidi vettori, possono essere infettati tutti gli alberi di
un frutteto in 5-6 anni. Al contrario, la pronta estirpazione
dei peschi infetti individuati nel corso di 2-3 sopralluoghi
annuali, purchè avviata con livelli dʼinfezione molto bassi
ed effettuata in modo continuativo negli anni, limita la comparsa annuale di nuove infezioni al 2-3% degli alberi per
almeno 10 anni.
In questo caso le nuove infezioni sono attribuite ad
afidi viruliferi provenienti dallʼesterno dellʼimpianto o che acquisiscono lʼinfezione da peschi infetti nel frutteto non individuati durante i sopralluoghi.
Meno rapida è la diffusione secondaria sia degli
isolati di PPV-M sia di quelli di PPV-D negli impianti di susino e di albicocco, nei quali occorre più tempo (fino anche
a 14-16 anni) per la loro propagazione a tutti gli alberi di un
frutteto (Labonne e Dallot, 2003).
Il diverso comportamento epidemiologico degli isolati
di PPV-M nei frutteti di susino e albicocco rispetto a quelli
di pesco dipende dalla maggiore efficacia con cui infettano
il pesco, nel quale si diffondono dal punto di inoculazione
da parte di un afide a tutto lʼalbero in 4-5 anni, a differenza
di quanto avviene nei susini e albicocchi nei quali il virus
tende a rimanere localizzato alla branca in cui è stato inoculato.
In aggiunta, i peschi si comportano da sorgente
dʼinoculo del virus per gli afidi vettori dalla ripresa vegetativa fino a tutto agosto, contrariamente a quanto avviene
per lʼalbicocco che funge da sorgente dʼinoculo non oltre la
fine di giugno.
Lʼimportanza della rimozione dei peschi infetti per
contenere la diffusione secondaria di PPV-M si ricava
anche dalla localizzazione in campo dei peschi infettati un
anno dopo lʼaltro. Eʼ stato accertato che nellʼambito di un
pescheto lʼ80% dei peschi infettati annualmente sono situati entro un raggio di 12 m. da uno previamente infettato
e sradicato, mentre a media distanza, fra pescheti, il 90%
di peschi infettati ogni anno sono situati entro 200 m. da
uno previamente infettato, anche se nuove infezioni sono
possibili a oltre 600 m. da un pesco infetto.
Per quanto riguarda lʼimportanza epidemiologica
dellʼarbusto spontaneo P. spinosa, è da ricordare che raramente viene riscontrato infetto anche nelle aree con elevati
livelli dʼinfezione delle drupacee da frutto, inoltre il virus
tende a rimanere localizzato a poche foglie di un arbusto.
In pratica, si ritiene che questa specie, allo stesso
modo delle piante erbacee spontanee bienni o perenni
ospiti di PPV a causa del loro limitato sviluppo fogliare rispetto al fogliame delle drupacee, non influenzi lʼepidemiologia del virus nelle aree in cui è presente nei frutteti di
drupacee. Al contrario, nelle aree in cui lʼinfezione è stata
eradicata, le piante sopra menzionate potenzialmente potrebbero svolgere la funzione di assicurare la perpetuazione del virus nellʼambiente.
Il controllo della sharka è basato essenzialmente
sullʼeliminazione delle piante colpite in campo, lʼuso di materiale di propagazione sano e, ove disponibile, lʼuso di germoplasma resistente alla malattia. L'unica strada
percorribile è quindi la prevenzione. Nonostante, però, i
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La Sharka in Italia
controlli per lʼindividuazione delle piante infette e gli interventi di eradicazione dei focolai individuati, la malattia continua pericolosamente a diffondersi, tanto che molti
pescheti sono stati distrutti e molti frutticoltori hanno dovuto
abbandonare la peschicoltura.
Dai numerosi studi effettuati, è emerso che la resistenza a PPV è strettamente connessa al patrimonio genetico della pianta, al ceppo del virus, alla sua
concentrazione e distribuzione allʼinterno della pianta.
Molto importanti nella valutazione della resistenza sono risultati essere i sintomi su foglie e frutti, oltre che sui germogli e fiori, che possono sensibilmente variare in relazione
alla specie, alla cultivar e al ceppo virale. Va inoltre evidenziato che i numerosi lavori intrapresi per accertare la resistenza/tolleranza alla malattia non giungono sempre alle
medesime conclusioni e lasciano aperti alcuni dubbi legati
principalmente al fatto che le valutazioni hanno interessato
un unico ceppo del virus o sono state fatte per un periodo
limitato trascurando lʼeffetto ambientale o la distribuzione
del virus allʼinterno della pianta. A volte, i test diagnostici
non erano sufficientemente sensibili (ELISA) o il livello di
tolleranza non sufficientemente dettagliato, o limitato alla
sola presenza dei sintomi sui frutti (Scorza, 2002).
Così, ad esempio, i risultati dei test condotti su varie
cultivar hanno portato a valutazioni assai contrastanti. Si
possono ricordare ad esempio i risultati ottenuti da vari autori sulla cultivar Suncrest, indicata come resistente senza
manifestare sintomi sui frutti (Balan et al., 1995), tollerante
con sintomi sulle foglie e in modesta percentuale (15%) sui
frutti (Polak e Pivalova, 1997), molto suscettibile con sintomi sia su foglie che frutti (Gabova, 1994). Alcune varietà
di pesco ritenute invece, in base al test ELISA, resistenti a
PPV, come Flavorcrest e Glohaven, se sottoposte ad analisi molecolari come RT-PCR, manifestano la presenza del
virus; per questo motivo si preferisce classificarle come tolleranti allʼinfezione virale, tolleranza che in alcuni casi sembra legata al periodo di latenza della malattia che può
andare da 1 a 7 anni ed oltre (Faggioli e Di Lernia, 2000).
In considerazione della notevole variabilità dei risultati
finora emersi, sembra pertanto molto difficile lʼindividuazione di germoplasma di pesco resistente o sicuramente
tollerante.
In base ai numerosi studi effettuati, poche sono le
cultivar di pesco a larga diffusione dotate di una certa resistenza alla sharka. La maggior parte delle varietà classificate come moderatamente suscettibili (Balan et al., 1995;
Gabova 1994; Mainou e Syrgiannidis, 1992) sono infatti
delle varietà locali, generalmente di scarso interesse per le
principali aree di coltivazione del pesco.
Le varietà tolleranti sono poi raccomandabili in zone
dove ormai la malattia è endemica, mentre in altre zone
questa strategia non è ancora consigliabile, in quanto le
piante di tali varietà, non manifestando sintomi evidenti
della malattia, sono veri e propri portatori sani del virus che
ne favoriscono la diffusione. Per queste zone, il miglioramento genetico sta puntando sullʼimpiego di specie selvatiche resistenti al PPV strettamente imparentate con il
pesco, come Prunus davidiana. In Francia è stato intrapreso un programma di miglioramento genetico per stimare
il livello di resistenza di P. davidiana e paragonarlo con varietà di pesco, specie selvatiche ed alcune varietà di susino.
Tra tutti i genotipi valutati due sole varietà di pesco ornamentale (Russel Red e Early Double Red) sono risultate
resistenti sia al ceppo D che al ceppo M, insieme ad otto
semenzali di P. davidiana provenienti dalla Cina (Escalettes
et al.,1998).
Le difficoltà nella diagnosi del PPV hanno stimolato
una continua evoluzione dei metodi diagnostici, che oggi
sono basati non solo sullʼosservazione diretta dei sintomi,
ma soprattutto su metodi di laboratorio come la tecnica sierologica ELISA e sulla diagnostica molecolare con varie
procedure (RT-PCR, IC-RT-PCR) che consentono una caratterizzazione specifica anche dellʼisolato virale presente
(Candresse et al., 1995; Myrta et al., 1998); più di recente
lʼidentificazione specifica dei vari ceppi del PPV è stata realizzata anche mediante lʼutilizzo della real time PCR (Varga
e James, 2005). Eʼ noto come tale tecnica possa essere
utilizzata per la diagnosi di un patogeno presente in concentrazione molto ridotta nei tessuti della pianta e di come
sia possibile utilizzare il sistema anche per analisi di tipo
quantitativo (Olmos et al., 2005). Questo approccio, che
potrebbe consentire di conoscere il grado di colonizzazione
e la moltiplicazione del PPV nel suo ospite, apre nuove prospettive in un programma di miglioramento genetico, basato sullʼindividuazione di varietà tolleranti o resistenti. Più
di recente inoltre è stato messo a punto un metodo di diagnosi basato sulla tecnologia real time PCR (Spot real time
RT-PCR) che consente la diagnosi del virus anche da campioni prelevati durante il periodo di riposo vegetativo della
pianta, quando la diagnosi è più difficoltosa a causa del
basso titolo virale (Capote et al., 2009).
Dal 2007 la sezione di virologia vegetale del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali (DISTA)
dellʼUniversità di Bologna, unitamente al Dipartimento di
protezione delle piante e microbiologia applicata di Bari
(DPPAMA) e allʼ Istituto sperimentale per la patologia vegetale di Roma – inserite in un progetto nazionale triennale,
finanziato dal Ministero dellʼAgricoltura e Foreste e coordinato dal dott. A. Liverani dellʼIstituto sperimentale per la
frutticoltura di Forlì, dal titolo “Miglioramento genetico del
pesco per il controllo del virus della Sharka”- hanno approntato congiuntamente un protocollo sperimentale per una valutazione
preliminare
del
grado
di
suscettibilità/tolleranza/resistenza alla Sharka di nuove accessioni di pesco e vari ibridi, in cui almeno un parentale
abbia mostrato un certo grado di resistenza al PPV, come
P. davidiana. Le accessioni di interesse sono state innestate su indicatori/portinnesti da seme o micropropagati
certificati virus-esenti (GF 677 o GF 305), previamente inoculati con un ceppo del PPV e mantenute in ambiente controllato (screen-house o serre da quarantena).
Tale valutazione è in corso di realizzazione mediante
lo studio dellʼevoluzione della risposta di ogni accessione
con il seguente protocollo:
Luogo della prova: autonomo per le varie U.O.
Inoculazione: doppia inserzione (chip budding) sopra il
punto dʼinnesto di porzioni di tessuto corticale provenienti
da piante di pesco infette con PPV – ceppo M, isolato 0019,
fornito dal DPPAMA.
Tesi: inoculazione di 3 piante per ogni accessione, una è
stata lasciata come testimone non inoculato.
Innesto accessione: 3 gemme di ogni accessione vengono innestate a chip budding sui 4 portinnesti.
Rilievi sintomatologici: periodici su fiori, foglie e frutti; con
valutazioni sullʼintensità dei sintomi, sulla distribuzione degli
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La Sharka in Italia
stessi nelle piante e sullʼeventuale riduzione dellʼattività vegetativa.
Saggi di laboratorio – 1: test sierologici: sia sulle piante
inoculate che sui controlli sani mediante test DAS-ELISA,
sia in presenza che in assenza di sintomi.
Saggi di laboratorio – 2: test molecolari: in assenza di
sintomi ed in caso di negatività del campione al saggio
ELISA, i campioni verranno controllati con la real-time PCR.
Nel corso del progetto è prevista la ripetizione dellʼinoculazione per quelle accessioni risultate negative al
PPV in tutti i test effettuati; sono altresì previste azioni correttive (ripetizione degli innesti) nel caso di mancato attecchimento degli innesti con morte delle accessioni.
Le unità operative coinvolte nel progetto hanno in
corso di valutazione un centinaio di nuove accessioni, i risultati saranno disponibili verso la fine del 2010.
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IL
MIGLIORAMENTO GENETICO PER
RESISTENZA A SHARKA IN PESCO
A. Liverani1, A.R. Babini2, D. Bassi3, F. Brandi1, L. Conte4,
L. Ferretti5, D. Giovannini1, E. Giordani6 , V. Nencetti6, F.
Palmisano7, G. Pasquini5, P. Piccirillo8, C. Poggi Pollini9,
R. Quarta4, C. Ratti9, A. Sartori4, V. Savino7, M. Terlizzi4,
I. Verde4
1) CRA- Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì
2) Servizio Fitosanitario Regione Emilia Romagna
3) Dipartimento di Produzione Vegetale dellʼUniversità degli
Studi di Milano
4) CRA- Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
5) CRA – Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale
Roma
6) Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli
Studi di Firenze
7) Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia
Applicata, Università degli Studi di Bari
8) CRA- Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta
9) Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali,
Alma Mater Studiorum di Bologna
Lʼemergenza sharka, malattia provocata dal Plum pox
virus (PPV), coinvolge numerosi Paesi europei in cui
si coltivano le drupacee (Prunus spp.). In Italia, la virosi è stata individuata nel 1973 su albicocco, in Val
Venosta; da allora, e nonostante le misure precauzionali messe in atto in tutto il territorio, si è diffusa in
quasi tutte le regioni italiane, costituendo una grave
minaccia per le zone di maggiore coltivazione delle
drupacee. La situazione si è aggravata alla fine degli
anni ʼ90, quando in diversi pescheti del veronese e del
cesenate è stato isolato il ceppo M del PPV, il più virulento per questa specie. Gli interventi finora messi in
atto per contrastarne la diffusione, quali lʼeradicazione
delle piante infette (nei casi di infezione più estesa
lʼespianto del frutteto), lʼimpiego di materiale vivaistico
virus-controllato e la lotta agli afidi, i principali vettori
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La Sharka in Italia
del virus, hanno solo ritardato ma non bloccato la diffusione della malattia, che in alcune zone è diventata
endemica.
Per le sollecitazioni provenienti dalle Regioni più colpite da questa virosi (Veneto, Emilia Romagna, Lazio),
nel 2007 il Mi.PAAF ha finanziato il primo progetto di
ricerca nazionale “Miglioramento genetico del pesco
per il controllo del virus della sharka” (PPVCON). Questo progetto, di durata triennale, sta affrontando il “problema sharka” con approccio multidisciplinare,
coinvolgendo breeders, virologi e genetisti molecolari
con lʼambizioso obiettivo di costituire materiale genetico tollerante o resistente al virus e adatto agli ambienti di coltivazione italiani.
Fonti e natura della resistenza alla sharka in pesco
La ricerca di fonti di resistenza alla sharka e lo sviluppo
di genotipi resistenti sono attualmente due tra gli obiettivi più importanti nei programmi di breeding condotti
in Europa sulle specie di Prunus coltivate. In alcune,
ma non in tutte le drupacee, sono state rinvenute fonti
di resistenza.
In albicocco, ad esempio, alcune cultivar (Bora, Harcot,
Harlayne, Lito, Stella, Stark Early Orange, etc.) sono
caratterizzate da elevata resistenza al PPV e in grado
di trasmettere questo carattere alle progenie, in alcuni
casi secondo un modello mono/oligogenico (cv Lito),
in altri sotto controllo poligenico (cv Harcot). Anche nel
susino europeo sono già state individuate fonti di resistenza sia di tipo quantitativo che qualitativo (ipersensibilità). La resistenza di tipo quantitativo è presente
nelle varietà ʻStanleyʼ, ʻPresidentʼ, ʻRuth Gerstetterʼ,
mentre ʻJojoʼ è la prima prugna al mondo che presenta
resistenza per ipersensibilità. La differenza tra questi
due tipi di resistenza è sostanziale: un individuo dotato
di resistenza quantitativa non manifesta sintomi in misura evidente od economicamente rilevante, ma può
essere infettato e costituire, a sua volta, una potenziale
fonte di inoculo per le altre piante. Un individuo ipersensibile localizza ed elimina il virus tramite la necrosi
delle cellule della pianta circostanti il sito di penetrazione, in altre parole manifesta la “resistenza assoluta”. Lʼipersensibilità è un carattere di estremo
interesse nel breeding per la resistenza alla sharka e,
poichè la trasmissione del carattere nella progenie è
elevata, esso è attualmente sfruttato nellʼattività di ricerca condotta su susino in Germania (Hartmann e
Neumüller, 2006). Nel pesco, purtroppo, dallʼampio
screening varietale attuato da diversi gruppi di ricerca
europei non sono emerse fonti di resistenza al PPV,
sebbene esista tra le cultivar saggiate una notevole differenza nel livello di suscettibilità. Uno studio pubblicato di recente ha classificato come tolleranti nove
cultivar di pesco: Blaze Prince, Canadian Harmony,
Harken, June Prince, Legend, Loring, Rosired 1, Springcrest e Suncrest. La tolleranza osservata è probabilmente correlata ad una resistenza di tipo quantitativo,
come precedentemente osservato in pesco (Decrooq
et al., 2005). Tali cultivar possono essere coltivate con
successo in zone endemiche in quanto, quando infette,
solo pochissimi frutti manifestano i sintomi della
sharka, e solo in forma di limitate punteggiature o anulature (Polak, 2008).
Una ricerca triennale condotta in Emilia Romagna ha
caratterizzato il grado di suscettibilità/resistenza al
virus delle principali varietà di pesco, albicocco e susino coltivate in regione, sia attraverso la risposta ad
inoculazioni sperimentali col ceppo PPV_M, sia col monitoraggio eseguito dal Servizio Fitosanitario sulla diffusione della malattia in campo. Lo studio ha
confermato lʼinsidiosità del virus, che è molto difficile
da individuare con soli rilievi visivi, dato che la sintomatologia sovente riguarda solo settori della pianta,
una singola branca ad esempio, e che può avere un
periodo di latenza molto lungo . In alcuni genotipi,
come ad esempio ʻSweet Redʼ e ʻAlixʼ, si è manifestato
solo dopo tre anni dallʼinoculo. Delle 59 cultivar valutate, ʻMaria Dolceʼ, ʻSummer Ladyʼ e ʻMorsiani 90ʼ non
hanno mai mostrato sintomi né sono risultate positive
ai test sierologici e molecolari, nonostante le piante venissero re-inoculate ogni anno (Poggi Pollini et al.,
2008).
Non essendo stata ancora rinvenuta in pesco, la resistenza è stata cercata in specie botanicamente vicine
ed affini al pesco. In Francia, è stata trovata in P. davidiana (clone P1908): nella progenie ottenuta dallʼincrocio ʻSummergrandʼ (nettarina a polpa gialla) x P1908
sono stati identificati 6 QTL (Quantitative Trait Loci) di
cui uno, altamente correlato con la resistenza, sembra
omologo a quello individuato in albicocco in quanto,
come in albicocco, è localizzato nella parte distale
dellʼ LG1 (Decrocq et al., 2005). Anche in alcune cultivar di mandorlo (P. dulcis), specie consanguinea al
pesco, è stato trovato il carattere di resistenza, almeno per quanto riguarda il ceppo PPV-D, che per incrocio può essere trasferito al pesco (Martin-Gomez,
Rubio e Dicenta et al. 2004).
Biotecnologie a supporto del miglioramento
genetico
Lʼavvento delle biotecnologie sta profondamente modificando lʼapproccio della ricerca inerente i caratteri di
interesse delle piante arboree: grazie ad esse è stato
possibile, ad esempio, approfondire le conoscenze riguardanti le caratteristiche genetiche e strutturali del
virus responsabile della sharka, la cui conformazione
è, oggi, conosciuta nel dettaglio (lunghezza, diametro,
caratteristiche del rivestimento capsidico, funzione dei
vari geni). Il breeding tradizionale per indurre resistenza al PPV è stato affiancato dallʼingegneria genetica:, a partire dagli anni ʼ90 è stata percorsa la via
transgenica, usando il batterio Agrobacterium tumefaciens come vettore di un costrutto contenente il gene
codificante la proteina di rivestimento del PPV nel DNA
di susino (Scorza et al., 1994). Uno dei cloni transgenici ottenuti, clone C5, oggi cv ʻHoneySweetʼ, non ha
mai mostrato i sintomi della malattia, né dopo inoculazione mediante afidi, né dopo innesto a gemma con
materiale infetto. Risulta, inoltre, resistente ai 4 principali ceppi del PPV e capace di trasmettere la resistenza per incrocio. Transgenico è anche lʼapproccio
che prevede il silenziamento dellʼespressione genica
del virus col trasferimento, via A. tumefaciens, in porzioni di semi maturi di pesco, susino e albicocco, di un
costrutto rappresentato da una sequenza virale
(senso) e dalla sua sequenza complementare (anti11
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La Sharka in Italia
senso) separate da un introne (Ilardi et al., 2007). Il costrutto, una volta inserito, determinerebbe la produzione di RNA a doppia catena (dsRNA) che
interferirebbe con quello del virus impedendone il funzionamento. Un approccio simile è stato eseguito su
Nicotiana benthamiana, con lʼobiettivo, però, di conferire alla pianta una resistenza sistemica allʼinfezione
virale grazie al promotore rolC di A. rhizogenes, che
viene espresso nelle sole cellule del sistema vascolare: le piante di tabacco trasformate con il costrutto ihprolC-PP197 hanno mostrato resistenza sistemica alla
virosi. Lo stesso approccio potrebbe, secondo gli autori
(Pandolfini T. et al., 2003) essere sfruttato per la produzione di piante arboree transgeniche. In entrambe le
tecniche, al trasferimento del gene è indispensabile far
seguire la rigenerazione di piante dai tessuti trasformati, che per specie come il pesco è un traguardo non
ancora realizzato.
Al momento, la via dellʼipersensibilità sembra, rispetto
a quella transgenica, la più conveniente da perseguire
nella lotta alla sharka. Questo sia perché la coltivazione in pieno campo di individui OGM in Europa è fortemente ostacolata, sia perché il carattere di
resistenza posseduto nel C5 è di tipo quantitativo e
quindi non preserverebbe dallʼinfezione le altre piante.
Dʼaltra parte, lʼipersensibilità è una forma di risposta
patogeno-specifica, e pertanto potrebbe non preservare la pianta dallʼinfezione di nuovi ceppi. Inoculando
la cv. Jojo con isolati di PPV-M, PPV-D ed un ricombinante naturale di questi, Polak e collaboratori (2005)
hanno riscontrato che la cultivar era solo parzialmente
ipersensibile nei confronti del ceppo D, tanto che, dopo
un periodo di crisi successiva allʼinoculo, le piante mostravano una certa ripresa vegetativa e lʼinfezione veniva trasmessa al portinnesto (San Giuliano). Le
biotecnologie, infine, possono essere di grande aiuto
al breeding tradizionale per lʼindividuazione e il mappaggio dei geni di resistenza, e nella loro associazione
a marcatori molecolari di facile utilizzo, così da agevolare il lavoro di selezione riducendo i tempi ed i costi
per lʼottenimento di varietà migliorate.
Metodi di valutazione della suscettibilità/resistenza
al PPV
La determinazione del grado di suscettibilità di un genotipo alla sharka è resa difficile dalla natura erratica
di questo virus, che non si distribuisce omogeneamente nella pianta, non ha una concentrazione costante nel tempo (massima alla ripresa vegetativa e
tendenzialmente in decremento nel corso dellʼestate)
e, infine, può avere un periodo di latenza anche di diversi anni. La valutazione della resistenza al PPV di un
genotipo può dirsi, pertanto, accurata quando alla risposta allʼinoculazione artificiale in ambiente confinato
e controllato, sia associata la risposta di pieno campo
in ambienti caratterizzati da una elevata pressione infettiva. In un genotipo dotato di resistenza quantitativa, la gravità dei sintomi manifestati può variare in
funzione di fattori ambientali (in condizioni di stress le
piante manifestano sintomi più gravi): questo spiegherebbe in parte alcune discrepanze nella classificazione
di alcuni genotipi per livello di suscettibilità/resistenza
(es. le susine ʻStanleyʼ e ʻPresidentʼ oppure le albicoc12
che ʻStellaʼ e ʻGoldrichʼ), in diverse esperienze. Entrambe le fasi richiedono alcuni anni. Eʼ molto importante, inoltre, valutare la resistenza di un genotipo a
diversi ceppi e/o isolati del virus (Escalettes et al.,
1998)
Diverse le metodologie oggi impiegate per valutare la
suscettibilità di un genotipo. Il test classico prevede
lʼinnesto di 1-2 gemme provenienti da materiale infetto
sul genotipo da valutare, previamente innestato su un
portinnesto sano e suscettibile (su pesco ed albicocco
viene generalmente impiegato il GF305). Una variante
più “severa” (Pascal et al., 2002), è lʼinnesto di 1-2
gemme del genotipo da saggiare su un portinnesto previamente infettato. Simile la metodologia utilizzata, su
susino, da Hartmann e collaboratori, che prevede lʼinnesto del genotipo da valutare su un intermedio infetto
precedentemente inserito sul portinnesto virus-esente.
Le piante inoculate vanno poi controllate per più di un
ciclo vegetativo, sia con rilievi visivi che con analisi immunologiche e/o molecolari, I sintomi dellʼinfezione sul
gentile o sul portinnesto vengono visivamente classificati secondo una scala di gravità. La presenza/assenza del virus ed il riconoscimento del ceppo viene
effettuata usando anticorpi mono o policlonali (metodo
immunologico ELISA) o con la tecnica della RT-PCR
(Reverse Transcriptase-Polymerase Chain Reaction),
che consente di amplificare una sequenza di DNA a
partire da RNA virale presente nei tessuti infetti. Le
analisi molecolari sono considerate più affidabili di
quelle sierologiche, sia perché molto più sensibili nel
rilevare la presenza del virus a concentrazioni bassissime, sia perché in grado di meglio discriminare il
ceppo di appartenenza (Candresse et al., 1998).
Lʼidentificazione dei vari ceppi del PPV è stata di recente effettuata anche mediante uso della real time
PCR (Varga e James, 2005), tecnica che consente di
quantificare la presenza del virus nei tessuti della
pianta (Olmos et al, 2005). Questo approccio, che potrebbe consentire di conoscere il grado di colonizzazione e la moltiplicazione del PPV nel suo ospite, apre
nuove prospettive in un programma di miglioramento
genetico, basato sullʼindividuazione di varietà tolleranti
o resistenti. Più di recente, infine, è stato messo a
punto un ulteriore metodo diagnostico che, utilizzando
la tecnologia real time PCR (Spot real time RT-PCR),
consente la diagnosi del virus anche su campioni prelevati durante il periodo di riposo vegetativo della
pianta, nei quali la diagnosi è più difficoltosa a causa
del basso titolo virale (Capote et al, 2009).
Il progetto PPVCON
Coordinato dallʼUnità di Ricerca per la Frutticoltura di
Forlì del CRA (CRA-FRF), il progetto PPVCON coinvolge breeders, virologi e genetisti molecolari di 9 istituzioni scientifiche (tab. 1). Lo scopo generale del
progetto è la costituzione di accessioni di pesco resistenti/tolleranti al PPV, sebbene gli obiettivi specifici di
ciascuna U.O. siano assai articolati: valutazione del
grado di suscettibilità di accessioni di diversa provenienza, caratterizzazione degli isolati di PPV, studio del
rapporto ospite/parassita, messa a punto di sistemi di
selezione assistita.
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La Sharka in Italia
Tabella 1. Unità operative coinvolte nell'attività di breeding del progetto PPVCON.
Sigla
CRA-FRF
CRA-FRC
Di.Pro.Ve
Dista-BO
CRA-FRU
DPPMA-BA
CRA-FRU-BIO
DO-UFI
CRA-PAV
Unità Operativa
CRA- Unità di Ricerca per la
Frutticoltura, Forlì
CRA- Unità di Ricerca per la
Frutticoltura, Caserta
Dipartimento di Produzione Vegetale
dell’Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Agroambientali, area di Patologia
Vegetale, Università degli Studi di
Bologna
CRA- Centro di ricerca per la
Frutticoltura Roma, gruppo di
Miglioramento Genetico
Dipartimento di Protezione delle Piante e
Microbiologia Applicata, Università
degli studi di Bari
CRA- Centro di ricerca per la
Frutticoltura Roma, gruppo biologia
molecolare
Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura,
Università degli Studi di Firenze
CRA – Centro di Ricerca per la
Patologia Vegetale, Roma
Responsabile
Alessandro Liverani
Pasquale Piccirillo
Collaboratori
Federica Brandi, Daniela
Giovannini
Loredana
Ciarmiello,
Antonio De Luca
Ilaria Mignani
Carlo Poggi Pollini
Luciano Giunchedi, Anna
Rosa Babini,
Stefano
Borsari, Chiara Lanzoni,
Claudio Ratti, Concepcion
Rubies Autonell, Valerio
Vicchi
Luigi Conte
Vito Savino
Ignazio Verde
Elvio Bellini, Edgardo Giordani
Marina Barba
Le cinque UO di Miglioramento genetico (CRA-FRF; CRAFRU-MG; CRA-FRC; DO-UFI; Di.Pro.VE.MI) stanno procedendo secondo due direttive di ricerca. La prima ha per
obiettivo la determinazione del livello di suscettibilità di selezioni promettenti/cultivar di pesco provenienti dai più recenti programmi di miglioramento genetico delle U.O.
suddette. Alcune di queste accessioni sono asintomatiche
in ambienti a forte pressione del virus, altre in possesso di
resistenze nei confronti di altri patogeni.
La seconda ha per obiettivo la costituzione di nuove selezioni che associno la resistenza a sharka allʼelevato valore
pomologico. A tale scopo sono già stati eseguiti e sono in
programmazione per tutta la durata del progetto incroci tra
cultivar/selezioni di buona qualità agronomica e pomologica con fonti di resistenza di diversa provenienza, alcune
delle quali reperite da specie affini al pesco. in collaborazione con le U.O. di patologia
Le UO di patologia (DISTA-BO; CRA-PAV; DPPMA-UBA)
collaborano allʼattività di breeding nella determinazione e
nella classificazione del livello di resistenza posseduto dai
genotipi di cui sopra, applicando protocolli operativi condivisi. Inoltre, stanno conducendo ricerche finalizzate ad approfondire le conoscenze sulle modalità di trasmissione del
virus.
Alle UO di biologia molecolare (CRA-FRU; Di.Pro.Ve.MI) è
affidato il compito di coadiuvare lʼattività di breeding elaborando delle metodiche funzionali alla selezione precoce
degli individui resistenti. Tra le azioni previste, la costruzione di mappe di associazione a partire da popolazioni segreganti per il carattere della resistenza, pianificate in
collaborazione coi breeders; la localizzazione sulle mappe
ottenute di tratti monogenici o poligenici della resistenza al
Alessandra Bazzoni, Donato
Boscia, Antonio Cardone,
Angelantonio Minafra,
Francesco Palmisano
Roberta Quarta, Maria
Teresa Dettori, Sabrina
Micali, Jessica Giovinazzi
Valter Nencetti, Daniele
Morelli, Enzo Picardi
Graziella Pasquini, Luca
Ferretti
PPV; il tentativo di localizzare nella mappa gli RGA (geni
responsabili della resistenza già identificati in altre specie
ma con caratteristiche comuni trasversalmente alle specie);
lʼidentificazione di marcatori molecolari strettamente associati ai caratteri di resistenza ricercati, per la selezione assistita (MAS) delle progenie.
Primi risultati del Progetto
Valutazione del grado di suscettibilità di accessioni di
recente diffusione
Dallʼinizio del progetto sono state saggiate più di cento acTab. 2 Elenco accessioni in corso di valutazione per la resistenza a PPV
Tipo
Elenco
Pesche Bianche
Alirosada, Greta, Crizia, Aliblanca, Snow Brite, Maria Regina
Pesche Gialle
Nettarine Bianche
Rubyrich, Kaweah, Tardibelle, Vistarich, Zee Lady, Redhaven, Maycrest, Glohaven, Rich Lady,
Supercrimson Gold, Elegant Lady, Contender, Soleada,
Neve, Maylis, Maria Lucia
Nettarine Gialle
Alitop, Venus, Morsiani 90, Laura, Rose Diamond, Nectagrand Ambra, May Fire, Nectagrand 1
Selezioni
IF7310828,194 Q XLII 11, 194 Q XL 12, 195 R XLIV 23, 195 R XLIV 24, 195 R XLIV 25, 394 Q
XXXVII 52, 393 Q XIV 54, 394 Q XXXVII 54, 393 Q XIV 55, 394 Q XXXVII 55, 193 Q XVI 63,
194 R XXXIX 64, 194 R XXXIX 65, 194 R XXXIX 66, 193 Q XVI 69, 194 Q XXXIX 97, 194 Q
XXXIX 100, 195 R XLIII 124, 195 R XLIII 123, 195 R XLIII 127, 194 Q XL 10, 393 Q XIV 56, 193
Q XVI 62, 194 Q XXXIX 118
F1P72 (ibrido P. ferganensis x IF7310828), BC1 19, BC1 25, BC1 61 (prodotti di reincrocio
con IF7310828 ricorrente);
Selezioni da Prunus
ferganensis
Germoplasma di
diversa provenienza
B 591750, Chun Hun, Jing Yu, NJ 307 (A 111-12), NJ Weeping (PI 91459), S 5898:128, S
6699, T 16, Romaner, Amarillo De Agosto 1, Helena Cling, Chimarrita, Quetta, Bei Jing.
Zhao Xiang, Maruja, Da Ju Bao, Buco Incavato, Contender (NCT 544), HB 11-11, OuroIapar, RR 53-272, Capucci 18, Toschina di Novembre, Salkaja, Siberian C , S 5898128,
Helena Klin 6, Chimarrita, Elberta, Fei Cheng, Hardyred, NJ 307, Pieri 81, GF 677, NJ
Weeping, Harrow Blood, Kamarat, Rosa Dardi, Jing Yu
cessioni (tab.2), con la stessa metodologia di inoculo e di
valutazione. Si è utilizzato lo stesso ceppo del virus (PPVM GR0019), fornito e
13
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La Sharka in Italia
caratterizzato dal DPPMA di Bari. La stessa UO ha proposto di classificare la suscettibilità di ogni singola accessione
in funzione della risposta delle piante allʼinfezione virale.
Ogni accessione in cui compaiono i sintomi (confermati dal
test ELISA), viene definita suscettibile. Le accessioni asintomatiche su fiori, foglie e frutti vengono classificate come
tolleranti se negative in ELISA, ma positive in RT-PCR; resistenti se positive solo in real time PCR; immuni se negative a tutti i test.
Da questo ampio screening non sono emerse accessioni
immuni, ma è stata confermata la notevole variabilità nella
suscettibilità riscontrata in indagini similari. Fra le più promettenti, due accessioni del vecchio germoplasma peschicolo italiano (Kamarat e Pieri 81), classificate come
tolleranti Altre accessioni, seppur valutate per soli due cicli,
sembrano possedere pari livello di tolleranza: tra queste,
la cultivar ʻCapucci 18ʼ e le selezioni ʻ394 Q-XXXVII 55ʼ,
ʻ195R -XLIII 127ʼ, ʻ394Q -XXXVII 52ʼ del CRA-FRU.
Il fatto che nelle piante legnose, a differenza delle erbacee,
la risposta allʼinfezione virale sia strettamente dipendente
dallo stato fisiologico dellʼospite e dalle condizioni ambientali (Dosba et al., 1994), tanto che sono necessari periodi
di valutazione pluriennali (Kegler et al., 1998), impone una
certa cautela nella valutazione dei risultati sinora acquisiti.
Dʼaltra parte lo scopo fondamentale di questi studi è individuare fonti di resistenza putative da impiegare in successive combinazioni dʼincrocio: la validazione di questi risultati
preliminari si avrà con la valutazione della resistenza nelle
eventuali progenie da queste costituite.
Costituzione di nuovo materiale genetico
Le UO di breeding hanno eseguito incroci controllati iniziando, in alcuni casi, lʼattività nellʼanno precedente lʼavvio
del progetto. Come fonti di resistenza sono state impiegate
le migliori selezioni dellʼINRA di Avignone [ibridi (ʻSummer
Grandʼ (pesco) x Prunus davidiana): SD40, SD45, SD75,
SD81] e dellʼUniversità di Davis (California)[ibridi (ʻPadreʼ
(mandorlo) x ʻ54P455ʼ (pesco)) X ʻHesseʼ (pesca da industria)) autoimpollinati: UCD-F8.5-156, UCD-F8.5-166].
Come parentali migliorativi per le caratteristiche pomologiche sono state impiegate cultivar commerciali (ʻMaria Aureliaʼ, ʻBig Topʼ, ʻSuncrestʼ, ʻNectarossʼ, ʻRuby Richʼ ecc.),
selezioni in avanzata fase di studio (IFF 954, IFF 974, IFF
983, 19-CE-95, 47-CE-FP, 100-CE-95, 101-CE-FP, 126CE-95 , 153-CE-FM, ecc.) e cultivar di recente licenziamento provenienti dallʼattività di breeding delle UO stesse
(Ufo 6, Sole 3, Sole 4, Sole 5, Alitop, Alired, Ghiaccio 0,
Ghiaccio 1, Ghiaccio 2, Ghiaccio 3).
In totale, sono state effettuate sinora circa 100 combinazioni dʼincrocio, che hanno prodotto 3570 semenzali, attualmente in fase di valutazione in campo. Grazie agli
incroci effettuati prima dellʼavvio del progetto, già nel primo
anno è stato possibile alle UO di patologia cominciare la
selezione per la tolleranza al virus su alcune popolazioni,
secondo la metodologia di valutazione precedentemente
descritta. Durante il periodo estivo è stato effettuato lʼinoculo del virus (ceppo PPV-M-0019 Gr) su piante di GF305
mediante doppia inserzione (chip) di tessuti provenienti da
piante infette. Nellʼautunno seguente, due-tre gemme dormienti dei semenzali ottenuti dalle UO di breeding sono
state innestate a ʻchip buddingʼ su 3 piante di GF305 infette
e 1 sana di controllo. Alla ripresa vegetativa, la valutazione
della resistenza/suscettibilità è stata effettuata visivamente
14
e successivamente controllata coi test sierologici e molecolari. Ogni UO di patologia ha controllato, in media, un
centinaio di semenzali/anno. Questi sono stati scelti casualmente, per i primi 2/3 anni, dalle UO di breeding, che solo
a partire dal 2009 hanno potuto inviare alle U.O. di patologia materiale già parzialmente selezionato per le caratteristiche pomologiche. I primi risultati delle valutazioni di
suscettibilità al PPV sono riportate in tab.3. Complessivamente, a fronte di 330 semenzali saggiati (alcuni anche per
2-3 anni consecutivi) ne sono stati individuati 34 putativamente resistenti alla sharka. Mediamente, solo il 7% dei semenzali classificati come resistenti hanno come genitori i
cloni di mandorlo dellʼUSDA, mentre il 15% è figlio di cloni
di P. davidiana dellʼINRA. La selezione pomologica delle
progenie è appena iniziata: la maggior parte ha caratteristiche intermedie rispetto ai genitori di partenza, anche se
fenotipicamente prevalgono i tratti del frutto qualitativamente inferiori ereditati dal genitore paterno (lʼibrido resistente).
In linea di massima, gli ibridi con sangue di Prunus davidiana sono più colorati rispetto a quelli da Prunus dulcis,
che invece conferisce migliore pezzatura. Indipendentemente dal parentale resistente, nelle popolazioni ottenute
si riscontra un peggioramento nella consistenza della polpa
rispetto alle varietà , la cui qualità organolettica è comunque già ad un livello “accettabile”.
Non tutte le 15 selezioni classificate come resistenti al PPV
hanno fruttificato, ma quelle che hanno già avuto una valutazione pomologica si collocano qualitativamente in posizione intermedia fra i due parentali. Questo risultato è molto
interessante, perché evidenzia come sia possibile combinare carattersitiche qualitative buone e resistenza.
Tabella 3. Materiale genetico ottenuto dalle UO di breeding e selezionato per
resistenza a PPV dalle UO di Patologia Vegetale nell’ambito del Progetto PPVCON
UO
Padre resistente
Semenzali
“Classe 0”
“Classe 1”
saggiati
(resistenza)
(elevata
N°
(%)
tolleranza
(%)
CRA-FRF
SD 40
28
21,4
14,3
DISTA
SD 75
24
16,6
4,1
SD 81
5
0,0
20,0
UCD-F8,5-156
27
7,4
14,8
UCD-F8,5-166
56
7,1
5,3
DO-UFI
SD 81
99
6
9
CRA-PAV
Di.Pro.Ve
SD 45
50
8
14
DPPMA-BA
SD 75
23
21,7
8,6
SD 81
18
16,6
0
TOTALE
330
10,3
9,3
Messa a punto di sistemi di selezione assistita
Una popolazione di 88 individui ottenuta dallʼincrocio della
cultivar ʻMaria Aureliaʼ con lʼibrido SD81 è stata analizzata
mediante microsatelliti SSR allo scopo di costruire una
mappa di associazione sulla quale localizzare geni legati alla
resistenza a PPV. Gli SSR sono stati scelti in base alla posizione su altre mappe di associazione del genere Prunus, in
modo da avere una copertura uniforme e completa del genoma. I profili di amplificazione sono stati risolti tramite corsa
elettroforetica su gel di agarosio ad alta risoluzione (MetaPhor® , Cambrex Ltd) e solo in pochi casi tramite elettroforesi
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La Sharka in Italia
capillare su gel di acrilammide (Beckman-Coulter CEQ8000).
La mappa è stata elaborata tramite MAPMAKER EXP 3.0.
La fenotipizzazione è stata effettuata tramite screening visivo
dei sintomi, saggi ELISA e qRT PCR. Lʼanalisi dei QTL è stata
effettuata tramite MapQTL 4.0 usando statistiche parametriche e non parametriche.
La mappa ottenuta è attualmente composta da 10 gruppi
di associazione riconducibili a 8, il numero cromosomico di
base del pesco. Ad eccezione di due inversioni nel gruppo
LG1 e una in LG7, tutti gli altri microsatelliti posizionati seguono la localizzazione in base alla quale erano stati scelti,
confermando la sintenia e la colinearità ampiamente osservate tra le specie del genere Prunus. Lʼanalisi dei QTL ha
messo in evidenza la presenza di due regioni coinvolte
nella resistenza al virus, una in posizione distale su LG1
ed una in posizione distale su LG7. Questʼultima regione
risulta implicata anche nel QTL per il carattere “movimento
discendente ristretto” (MDR), che considera la difficoltà di
traslocazione del virus verso il basso come il risultato di
una componente genetica della resistenza portata dal
nesto, misurata attraverso il rilievo della sintomatologia visibile sul portainnesto.
Prospettive
Nonostante i rigidi controlli e gli interventi di estirpazione
delle piante infette, attuati in molte regioni italiane, la sharka
continua a diffondersi, soprattutto nei pescheti, principalmente a causa del virulento ceppo M. La situazione in alcune regioni si sta aggravando e, di conseguenza,
diventano sempre più onerosi gli interventi necessari ad
isolare i focolai e a contenere lʼespansione della malattia.
Il ricorso allʼimpiego di varietà tolleranti, almeno dove questa malattia è endemica, appare lʼunica strategia percorribile per consentire la coltivazione di questa specie.
I primi risultati ottenuti dal progetto PPVCON sembrano
molto incoraggianti: alcune accessioni di pesco (vecchie
cultivar del germoplasma italiano e selezioni costituite nellʼambito del progetto stesso) presentano una resistenza putativa alla sharka, sebbene siano ancora qualitativamente
non competitive con le cultivar commerciali. È quanto mai
opportuno quindi proseguire gli studi su questo e altro materiale che, inoculato artificialmente, si presenta refrattario
allʼinfezione per confermarne la resistenza direttamente in
campo, in zone con forte presenza del virus. La nuova normativa di lotta alla malattia, che prevede la presenza di
zone di insediamento, offre proprio lʼopportunità di avviare
concretamente queste sperimentazioni.
Nonostante questi primi successi, la strada è ancora lunga.
Dʼaltra parte nessun progetto di miglioramento genetico di
piante da frutto riesce a dare risultati applicativi in soli tre
anni, tanto più se il carattere da selezionare è una resistenza e la fonte di resistenza deriva da altre specie, pomologicamente molto distanti dagli eccezionali traguardi
qualitativi cui oggi si è giunti in pesco. A titolo esemplificativo, la resistenza a sharka derivante dal Prunus davidiana
appare regolata da almeno sei regioni genomiche (QTL), e
quindi la probabilità di abbinare nelle progenie il carattere
buona qualità del frutto e resistenza alla sharka è decisamente bassa. Ciò rende necessario lavorare con ampie popolazioni ed eseguire i test di resistenza su numerosi
individui. Al riguardo, lo sviluppo di metodologie di selezione assistita potrà fornire un valido aiuto nellʼaccelerare
lʼindividuazione dei portatori di resistenza. Non va trascu-
rata, infine, la strada delle biotecnologie per introdurre
anche in pesco, così come in susino, geni di resistenza, soprattutto se verranno confermati i risultati di riuscita rigenerazione di tessuti di pesco trasformati (Scorza c.p.).
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15
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La Sharka in Italia
VALUTAZIONE DEL
COMPORTAMENTO DI CULTIVAR E
SELEZIONI AVANZATE DI
DRUPACEE NEI CONFRONTI DELLA
SHARKA
Anna Rosa Babini, Valerio Vicchi, Servizio Fitosanitario, Regione Emilia Romagna, Via di Saliceto 81, 40128 Bologna,
Carlo Poggi Pollini, Claudio Ratti, Luciano Giunchedi, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro ambientali (DiSTA),
Università di Bologna, Viale Fanin 40, 40127 Bologna,
Alessandro Liverani, Federica Bardi, CRA FRF, Consiglio
per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA),
Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Via La Canapona 1 bis,
47100 Forlì,
Federica Fontana, Alimos Az. Sperimentale Martorano 5, Via
Calcinaro,1920, 47521 Cesena.
e-mail : [email protected]
Parole –chiave: Plum pox virus (PPV), varietà
resistenti/tolleranti; inoculazione per chip-budding.
La Sharka, causata da Plum pox virus (PPV), è la più dannosa e pericolosa malattia delle drupacee, perché è trasmessa con facilità dagli afidi e tramite gli organi di
moltiplicazione vegetativa delle piante, causando ingenti
danni qualitativi e perdite delle produzioni. Nonostante gli
sforzi delle istituzioni di protezione delle piante e delle organizzazioni di quarantena, la malattia si è diffusa negli
areali di coltivazione delle drupacee di molti Paesi europei
ed extraeuropei. In Italia da oltre 30 anni sono segnalati focolai di PPV in numero crescente di anno in anno, così che
molte aree possono ormai essere considerate zone di insediamento. Questo significa che in questi territori non ha
più senso continuare la lotta mediante lʼestirpazione delle
piante infette perché la diffusione di PPV è tale da renderne impossibile la completa eradicazione.
L'impiego di varietà resistenti/tolleranti risulta attualmente
l'unico mezzo per contenere gli effetti negativi del virus
nelle aree di insediamento ed anche la selezione varietale
da parte dei diversi costitutori non può più prescindere dalla
valutazione del comportamento nei confronti di PPV delle
nuove varietà. Per questo dal 2003 nellʼambito di progetti
di sperimentazione finanziati dalla Regione Emilia Romagna , in unʼapposita struttura protetta da afidi, vengono attuate prove di valutazione del comportamento di cultivar,
portinnesti e “selezioni avanzate”di drupacee nei confronti
della sharka. Durante i primi 3 anni di prova è stato verificato il comportamento nei confronti di PPV di 59 cvv. di
pesco, 19 di albicocco e 19 di susino. Di queste 21 cvv. di
pesco, 4 di albicocco e 3 di susino hanno mostrato sintomi
leggeri, mentre i peschi Morsiani 90, Summer Lady, Maria
Dolce, gli albicocchi Bora, Pieve, Aurora, Pisana, Sungiant,
Orange Red, Harva ed il susino Liablù non hanno evidenziato sintomi sulle foglie e sui frutti, presenti, invece, sui
polloni radicali (Poggi Pollini et al., 2008).
La sperimentazione è proseguita dal 2007 prendendo in
esame un ulteriore gruppo di nuove varietà e selezioni in
corso di valutazione di pesco, albicocco e susino, nonché
alcune di quelle risultate tolleranti nella prova precedente.
16
Materiali e metodi
Nel corso del 2007 sono state messe a dimora, presso
lʼazienda Martorano 5 di Cesena, allʼinterno di una struttura
a prova di afidi tipo “screen house”, 4 piante innestate su
portinnesti commerciali, appartenenti a 48 varietà e selezioni di pesco, a 25 varietà e selezioni di albicocco e a 6
varietà di susino.
Lo stato sanitario delle piante nei confronti di PPV, ACLSV
(Apple Chlorotic Leaf Spot Virus – Virus della maculatura
clorotica fogliare del melo), PDV (Prune Dwarf Virus – Virus
del nanismo del susino), PNRSV (Prunus Necrotic Ringspot Virus – Virus della maculatura necrotica anulare dei
Prunus), e di PLMVd (Peach Latent Mosaic Viroid - viroide
del mosaico latente del pesco) è stato verificato mediante
saggi sierologici ELISA e/o analisi molecolari, dai quali
sono risultati presenti solo ACLSV e PLMVd, nelle piante
di due biotipi (Romagna Bright e sel. 95-277).
Prima della ripresa vegetativa (primavera 2008) 3 piante
per ogni tesi/varietà sono state inoculate mediante chipbudding, cioè inserzioni, sopra il punto di innesto, di
gemme e/o porzioni di tessuto corticale prelevate da piante
di pesco GF 305 infette con PPV ceppo M, isolato 0019
UBA mentre una pianta è stata lasciata come testimone
non inoculato. Le inoculazioni sono state ripetute in settembre 2008 e in giugno 2009 a carico delle piante che fino ad
allora non avevano evidenziato sintomi di PPV.
I controlli sintomatologici per valutare il comportamento
delle piante in esame sono iniziati in marzo 2009 prendendo in esame la corteccia dei giovani rami di pesco e i
fiori di tipo rosaceo della drupacea. Sono poi proseguiti in
aprile - maggio su tutte le piante osservando attentamente
le foglie, mentre da giugno fino al momento della raccolta
sono stati ispezionati i frutti.
In maggio-giugno dalle piante che non mostravano sintomi
di PPV sono state raccolte alcune foglie per eseguire saggi
di laboratorio di tipo sierologico ( DAS-ELISA ) e molecolare ( real-time RT-PCR ) ( Capote et al., 2009)
Risultati
Rilievi sintomatologici
I rilievi effettuati hanno evidenziato la comparsa, su differenti organi di molte delle piante inoculate, di sintomi ascrivibili a PPV, di differente intensità (indicata in tre classi in
ordine crescente di intensità :+;++;+++) e tipologia, come
riassunto nelle tabelle: 1a, 1b, 2 e 3.
Più in particolare sono state osservate anulature clorotiche
con contorno rossastro, tipiche del PPV, sui rametti di un
anno di 7 varietà di pesco (15%). Considerando, invece, le
39 varietà e selezioni con fiori rosacei, hanno evidenziato
striature/rotture di colore sui petali, tipiche di PPV, complessivamente 24 varietà e selezioni( 62%).
Da aprile a giugno sono stati rilevati, sulle foglie, sintomi
di diversa intensità su 44 biotipi (92%). Questi sintomi, sotto
forma di maculature ad andamento sinuoso e/o anulature
clorotiche, per lo più adiacenti alle nervature, apparivano
in modo più o meno marcato, a volte contornate da fiammeggiature con aloni verde chiaro che poi, con il proseguire
della stagione vegetativa, viravano in molti casi al rossobruno. Talvolta interessavano solo le foglie di poche branche della chioma, in altri casi erano presenti sulla quasi
totalità dei rami anche se le foglie interessate dai sintomi
erano quasi sempre quelle collocate nella parte basale dei
rami. Sintomi di diversa foggia e gravità (variabili da leg-
convegno atti:Layout 1 20/11/09 14:46 Pagina 17
La Sharka in Italia
gere chiazzature e anulature fino a evidenti deformità) sono
comparsi anche sui frutti di 27 varietà e selezioni (56%).
Per contro 3 selezioni ed 1 varietà non hanno evidenziato
alcun sintomo (Tabb. 1a e 1b).
In riferimento allʼalbicocco, i rilievi sintomatologici sono
stati effettuati su foglie, frutti, nonché sulla vegetazione dei
polloni radicali.
Delle 25 varietà e selezioni osservate, 13 hanno mostrato
sintomi sulle foglie, consistenti nelle tipiche anulature clorotiche e maculature lineari per lo più adiacenti alle nervature. Riguardo i frutti, le deformazioni, maculature della
buccia e del nocciolo tipiche di PPV sono state osservate
su 4 delle 13 varietà che avevano fruttificato (31%). In 12
biotipi (48%) non sono comparsi, fino ad ora, sintomi né su
foglie né su frutti; per altro 5 di questi presentavano i sintomi caratteristici di PPV sui polloni radicali (Tab. 2).
Tutte le varietà di susino in prova sono risultate suscettibili
a PPV con sintomi evidenti sulle foglie, mentre la valutazione dei sintomi sui frutti è stata fatta in maniera incompleta per la scarsa o mancata fruttificazione di alcune
varietà (Tab. 3)
Analisi di laboratorio
I saggi sierologici DAS-ELISA, effettuati per PPV e ripetuti
2 volte, utilizzando le foglie di 51 piante appartenenti a 17
cvv. e selezioni che non manifestavano alcun sintomo di
PPV, e di 13 appartenenti a 5 cvv. e selezioni che presentavano solo leggere maculature, hanno dato risultati positivi
per PPV solo per queste ultime. Il saggio molecolare, effettuato su 9 campioni di albicocco e pesco asintomatici
nella chioma, ma che mostravano sintomi sui polloni radicali, ha evidenziato la presenza del virus in piante della cv.
Goldrich (Tab. 4).
Tab 1a. Valutazione del comportamento di biotipi di pesco all’infezione
M: cvv. risultate molto sensibili
Tipologia
Varietà
Sintomi su:
rametti fiori rosacei
foglie
NG
NECTAPRIMA
+++
+++
NG
BIGBANG
+++
+++
NB
ROMAGNA RED
+++
+++
+++
NG
HONEY BLAZE
+++
+++
NG
ROMAGNA BIG
++
++
NB
MAGIQUE
+++
+
+++
PB
ALIROSADA
+++
++
+++
NG
NECTAREINE
+++
+++
+++
NB
NECTAPERLE
NG
NG
NG
PB
ROMAGNA GOLD
HONEY ROYAL
HONEY GLO
ALIBLANCA
NB
NB
ROMAGNA 3000
ROMAGNA TOP
NG
PG
PB
PG
ROMAGNA GIANT
PLAGOLD 5
PLAWHITE 10
EARLIRICH
PG
NG
PG
PP
PG
ROYAL MAJESTIC
HONEY KIST
ROYAL TIME
SWEET CAP
FILINA
SEL.00-408
SEL.84/364/026
SEL.84/364/060
SEL.84/364/089
SEL. 393 Q XIV55
SEL. 393 Q XIV54
SEL. IFF 1147
*
+++
frutti
+++
+++
+++
+++
++
++
+
++
+++
+
++
++
+++
+++
++
++
++
++
+++
++
+++
++
+++
++
++
++
+++
+++
++
++
+?
+?
++
+++
++
+++
++
++
+++
+++
++
+++
+++
+++
+++
++
++
+
++
++
+++
++
+
++
*
+++
++
di PPV –
++
++
++
*
*
*
+
++
+
++
+?
+?
++
++
*= fiori campanulacei
Considerazioni conclusive
Alla fine del 2° anno di osservazioni e saggi, 23 varietà e 7
selezioni di pesco sono risultate altamente suscettibili a
PPV, con sintomi evidenti anche sui frutti e la loro valutazione può essere considerata conclusa.
14 varietà e 3 selezioni che hanno manifestato sintomi
poco o punto evidenti, in particolare sui frutti, possono essere considerate promettenti per il carattere della tolleranza, proprio per lʼesiguità o la mancanza dei sintomi sui
frutti. In particolare le 3 selezioni e la varietà che non hanno
evidenziato sintomi fogliari e che sono risultate negative al
saggio sierologico saranno oggetto di accurati controlli e
saggi di laboratorio di tipo molecolare (Tab. 1b). Allo stesso
modo verranno attentamente controllati gli albicocchi risultati senza sintomi, presenti, invece nei polloni radicali, per
confermare il carattere di tolleranza fin qui constatato.
Tab 1b. Valutazione del comportamento di biotipi di pesco all’infezione di PPV –
M: cvv. risultate poco sensibili.
Tipologia
Varietà
Sintomi su:
fiori rosacei
foglie
frutti
PG
PLAGOLD 10
++
++
PB
ALIPERSIÈ
++
-
Bibliografia
Poggi Pollini C., L. Bianchi, A.R. Babini, V. Vicchi, A.Liverani, F. Brandi, L. Giunchedi, C. Rubies Autonell and C.
Ratti, 2008. Evaluation of Plum pox virus infection on different stone fruit tree varieties. Journal of Plant Pathology,
90, (1, suppl.), 27-31.
Capote N., E. Bertolini, A. Olmos, E. Vidal, M. C. Martìnez,
M. Cambra, 2009* Direct sample preparation methods for
the detection of Plum pox virus by real-time RT-PCR , International Microbiology (2009) 12:1-6
NG
NG
ROMAGNA
BRIGHT
DIALONA
*
-
+
++
+?
-
PP
PG
PP
PG
NG
PG
ROMAGNA FLAT
TASTIRED
UFO 3
ZEE DIAMOND
NEW TOP
ROYAL LEE
*
+
++
-
++
+
+
++
+
++
+?
+
+?
+?
PG
PG
PB
PB
ZEE LADY
ROYAL PRIDE
Plawhite 5
KEVINA
1*
++
+
++
++
+
-
SEL 95-277
SEL IFF 1148
SEL IFF 650
*= fiori campanulacei
1*
-
-
-
17
convegno atti:Layout 1 20/11/09 14:46 Pagina 18
La Sharka in Italia
Tab.2 Valutazione del comportamento di 25 cultivar e selezioni
all’infezione di PPV – M
Sintomi su:
Varietà
Polloni radicali
foglie
CARMEN TOP
+++
+++
SWEET RED
++
cvv
ORANGE RUBIS
+++
+++
FARCLO
++
molto
+++
SWEET
COT
+
+
INCOMPARABLE DE
++
MALISSARD
sensibili
LE-2924
++
LE-3220
++
LE-4312
++
PIEVE
cvv
e selez.
poco
BIG RED
LE-3276
sensibili
BO 96621021
cvv
e selez.
molto
tolleranti?
+++
frutti
+++
+++
+++
frutti assenti
?
frutti assenti
?
_
+
+
_
frutti assenti
+++
+
_
_
BORA
+++
_
+++
_
SPRING BLUSH
+++
_
GOLDRICH
+++
_
1 frutto
?
_
_
_
_
frutti assenti
Tab.3 Valutazione del comportamento di 6 cultivar di susino all’infezione di PPVM.
Sintomi su:
Varietà
foglie
frutti
HIROMI RED
+++
*
JOANNA RED
++
*
GAIA
+++
*
SONGRIA 15
+++
*
CRIMSON GLO
+++
*
BRAROSSA
+++
++
* = assenza di frutti.
Tab. 4 Risultati dei saggi di laboratorio con differenti tecniche di analisi su biotipi che
non manifestavano sintomi di PPV
Varietà / selezioni
Saggio
Saggio
specie
DAS-ELISA
Real time -RT PCR
albicocco
BORA
neg
neg
albicocco
AURORA
neg
neg
albicocco
SPRING BLUSH
neg
neg
albicocco
GOLDRICH
neg
p os
albicocco
FLAVOR COT
neg
neg
albicocco
LE-2927
neg
neg
pesco
Plawhite 5
neg
neg
pesco
SEL 95-277**
neg
neg
pesco
SEL IFF 1148
neg
neg
18
IL VIVAISMO FRUTTICOLO E L’EMERGENZA SHARKA
Luigi Catalano e Roberto Savini
CIVI – Italia, Via XX Settembre, 4, 00187 Roma
([email protected])
+++
frutti assenti
++
AURORA
FLAVOR COT
LE-2927
di albicocco
Introduzione
In Italia, la necessità di intraprendere percorsi produttivi che permettessero la garanzia della sanità e della
corrispondenza varietale delle produzioni vivaistiche
è stata affrontata in areali ed in tempi diversi, con motivazioni differenti, seppur con lʼunico obiettivo di offrire piante di più elevata qualità ai frutticoltori.
Il comune denominatore di tali processi che per le
drupacee si svilupparono a partire dagli anni ʼ80 in
Emilia Romagna (1982), Veneto (1985) e Puglia
(1989) (Murolo e Ponti, 1999) fu la contemporanea
presenza in tali regioni di una determinata volontà politica nella progettazione ed attuazione di tali attività,
grazie alla presenza di autorevoli istituzioni scientifiche che si occupavano di tali tematiche ma, soprattutto, per la forte determinazione del vivaismo
organizzato che intendeva così dare una concreta risposta ai programmi di qualificazione che ormai da
decenni erano operativi in Olanda e Francia.
A queste iniziative di carattere regionale e avviate su
scala volontaria, successivamente sono subentrati
programmi obbligatori di carattere nazionale o che
avevano origine in direttive di emanazione comunitaria.
Breve cronistoria dei provvedimenti legislativi
con incidenza diretta sul vivaismo
Specificatamente al virus della vaiolatura delle drupacee (PPV) meglio noto come agente della Sharka,
fu in Puglia che nel 1989 il Governo Regionale avviò
il primo programma di certificazione obbligatoria contro questa malattia per albicocco, pesco, susino e rispettivi portinnesti.
A seguito della segnalazione della Sharka in numerose regioni italiane, seppur in maniera confinata e
non diffusa, fu quindi emanato un apposito provvedimento con lʼobiettivo di contenere ed eradicare la pericolosa malattia a livello nazionale: Il decreto di Lotta
obbligatoria contro il virus della vaiolatura delle drupacee, emanato il 26/11/1992.
Successivamente esso fu adeguato e completato con
altro provvedimento del 29/11/1996.
In esso venivano, tra lʼaltro, date precise indicazioni
relative sia alle “fonti di approvvigionamento del materiale di propagazione”, sia alla conduzione di
“campi di piante madri e vivai”.
In particolare, tra le prescrizioni obbligatorie che incisero fortemente sullʼattività vivaistica vi erano
convegno atti:Layout 1 20/11/09 14:46 Pagina 19
La Sharka in Italia
• Il controllo sanitario delle fonti di approvvigionamento (piante madri che fornivano le marze)
• La registrazione delle attività di moltiplicazione del
materiale propagazione vegetale (contrassegno
delle piante madri, numero delle piante prelevate,
numero degli innesti effettuati, ecc.).
Altro aspetto innovativo di questo DM, che merita di
essere sottolineato, era quello relativo alle novità vegetali:“… i costitutori di nuove varietà di drupacee,
prima di cedere a terzi a qualunque titolo il materiale
di propagazione, devono certificare sotto la propria
responsabilità la sanità almeno per il PPV.”
Successivamente, in ottemperanza a quanto richiesto
Dir. 77/93/CEE, fu emanata la normativa relativa al
“passaporto delle piante CE” - DM 22/12/1993, poi
aggiornato dal DM 31/1/1996, che riguardava gli organismi nocivi da quarantena, Sharka compresa.
Con lʼentrata in vigore di tale documento, i controlli e
la certificazione del materiale di propagazione cambiò
radicalmente per quanto riguarda i seguenti aspetti:
1. abolizione del certificato fitosanitarie di accompagnamento per le piante allʼinterno della Comunità
(in quanto il territorio comunitario viene considerato
come spazio senza frontiere);
2. “il passaporto delle piante” è il documento ufficiale
di accompagnamento di tutte le specie elencate
negli allegati, comprese tutte le prunoidee;
3. istituzione di un Registro ufficiale dei produttori
(RUP) che dà il diritto a chiedere alle autorità fitosanitarie lʼautorizzazione allʼemissione del passaporto delle piante;
4. lʼistituzione di “zone protette”, ovvero di aree dove
lʼintroduzione di alcuni vegetali è consentita solo se
si rispettano precisi requisiti (prodotti in aree prive
di determinati patogeni da quarantena altrove presenti nella Comunità).
secondo appositi protocolli tecnici.
Secondo tali norme spetta ai vivaisti garantire che le
proprie produzioni rispettino tali requisiti minimi, attraverso una sorta di autocertificazione.
Di contro, i Servizi Fitosanitari Regionali, in quanto
organismi ufficiali responsabili dei controlli, verificano
che siano soddisfatti i requisiti di legge. Una volta accertato ed accettato il processo produttivo, il vivaista
viene accreditato ed autorizzato ad emettere il “documento di commercializzazione”.
Tali norme sono in ulteriore fase di revisione e riproposizione, tantʼè che è stata emanata una nuova Direttiva Europea – Dir. CE 2008/90, che prelude ad
una nuova definizione della categoria CAC che comprende anche mutate responsabilità per i vivaisti e
dei compiti propri delle autorità di controllo.
Ultimo in ordine di tempo è anche il nuovo Decreto di
lotta obbligatoria alla Sharka (DM 28/7/2009), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 del 9-10-2009 .
Oggi il vivaista può altresì offrire materiali di propagazione che, oltre ad ottemperare a tali norme obbligatorie, possono essere ulteriormente qualificati
nellʼambito dei programmi nazionali di certificazione
volontaria dei materiali di moltiplicazione (DM
20/11/2006).
Urge un cambio di strategia nellʼaffrontare il problema Sharka
Tale provvedimento, a seguito dellʼimplementazione
delle normative comunitarie sulle misure di protezione e diffusione nella Comunità di organismi nocivi
ai vegetali – Dir. 2000/29/CE, è oggi reso operativo
in Italia dallʼapposito Decreto Legge 214/2005.
Alla luce delle norme sopra citate, negli ultimi anni il
settore vivaistico professionale ha dovuto aggiornare
ed adeguare lʼorganizzazione aziendale e le modalità
i produttive.
Tutto ciò ha richiesto forti investimenti ed energie per
adempiere a quanto previsto da tali norme e per il
raggiungimento di livelli qualitativi del materiale di
propagazione che dessero garanzie agli utilizzatori e
permettessero al vivaismo italiano di essere competitivo anche a livello internazionale.
Se tali provvedimenti riguardano gli organismi nocivi
da quarantena, altre norme hanno inteso affrontare
gli aspetti relativi a parassiti e patogeni pregiudizievoli la qualità dei materiali di propagazione.
Sono queste le norme che riguardano la produzione
e commercializzazione dei materiali di propagazione,
recepite in Italia con il DM 14/4/1997, che definiscono
la meglio nota categoria CAC (Conformitas Agraria
Communitatis).
Con essa viene sancito lʼobbligo per tutti i vivaisti (=
fornitori) dellʼUnione Europea di produrre materiali di
propagazione che soddisfino requisiti minimi di qualità fitosanitaria e di corrispondenza varietale, da controllare e garantire
Malgrado tutti gli adempimenti richiesti ai vivaisti
(emissione del passaporto delle piante e documento
di commercializzazione, accertamento sanitario delle
piante fonti di approvvigionamento, registrazione
della produzione e movimentazioni delle merci da
parte dellʼazienda, ecc.), di fatto la Sharka è ormai
ampiamente diffusa in alcune zone del nostro Paese,
tanto da ritenersi ormai non più eradicabile.
Gli sforzi profusi dal vivaismo professionale sono così
sistematicamente vanificati e non sortiscono i risultati
sperati.
Pur se in questa condizione, un recente rapporto prodotto da un consorzio europeo di istituzioni scientifiche nellʼambito di un progetto nel VII Programma
19
convegno atti:Layout 1 20/11/09 14:46 Pagina 20
La Sharka in Italia
Quadro UE (Progetto SHARCO – Sharka containment) illustra i risultati di unʼindagine da cui emerge
che, a differenza della maggior parte dei Paesi europei, lʼItalia, come anche in parte Francia e Spagna, è
al momento interessata solo parzialmente dalla malattia, con aree significative sia come estensione, sia
per lʼimportanza delle produzioni frutticole che al momento risultano indenni.
Lʼimportanza di un nuovo approccio per affrontare il
problema Sharka, e quindi la necessità di dotarsi di
norme aggiornate, è comunemente accettata anche
dalla base vivaistica, con la forte convinzione però
che il problema debba essere affrontato con una strategia comune e condivisa da parte di tutti gli attori
della filiera frutticola.
Il nuovo DM di lotta obbligatoria, pur prendendo atto
di questa situazione non sembra orientato e basato
su questi principi, in quanto il vivaista è di fatto lʼunico
soggetto cui sono rivolte le attenzioni del legislatore.
A nostro parere esso non affronta il problema in una
più ampia visione che coinvolga anche altri attori
della filiera, come produttori agricoli, frutticoltori singoli ed associati in organizzazioni più o meno organizzate.
Alcuni punti critici del nuovo DM di lotta obbligatoria alla Sharka
Mentre da una parte il vivaista è sottoposto a tutta
una serie di oneri amministrativi e rispetto di precise
prescrizioni tecniche, dallʼaltra parte sembra che tali
requisiti non riguardino altri soggetti a vario titolo impegnati nella filiera frutticola.
Ci si riferisce allʼormai consolidata tendenza dei frutticoltori a gestire, in maniera autonoma lʼapprovvigionamento, la produzione e la distribuzione del
materiale di propagazione al di fuori delle regole che
invece vigono per il comparto vivaistico professionale.
In questa maniera la fase vivaistica viene superata e
con essa tutte le attività di controllo sui prodotti e sul
processo produttivo da parte di chi ha tale compito.
Appare infatti utopico prevedere e/o richiedere un
controllo militare del territorio vista lʼesiguità delle
forze in campo.
Né tantomeno i Servizi Fitosanitari delle varie regioni
italiane sono riusciti ad applicare in maniera univoca
ed omogenea le regole nei territori di loro competenza.
Si assiste ad interpretazioni integraliste e rigide delle
norme fino alla loro totale disattesa, che di fatto determinano la presenza di numerose “zone franche”
dove non si applica alcuna regola.
Tali comportamenti portano a forti sperequazioni di
mercato che finiscono per penalizzare proprio chi è,
o cerca di essere, rispettoso delle leggi, vanifican20
done il comportamento nella legalità e gli investimenti
profusi.
Pur consapevoli della necessità di dotarsi di nuove
regole, lʼimpressione è che lʼapproccio adottato sia di
tipo ragionieristico e notarile, senza di contro assicurare alcuna garanzia per chi rispetta le regole.
Eʼ fin troppo facile e semplicistico esercitare le proprie funzioni limitando le azioni di controllo esclusivamente ai soliti vivai che intraprendono percorsi di
qualificazione delle produzioni su scala volontaria,
senza intervenire minimamente su chi opera abusivamente lʼarte della propagazione delle piante, o su
chi con lʼalibi dellʼautoproduzione (a seconda dei casi
riferita alla singola azienda, ad una cooperativa o addirittura ad unʼintera organizzazione dei produttori)
elude qualsiasi norma e forma di controllo.
Altro aspetto che suscita perplessità è la mancanza
di proposizioni su come salvaguardare le “zone indenni” dove giustamente concentrare lʼattività di propagazione. Ciò determina lʼassunzione da parte del
vivaista di rischi dʼimpresa e di investimenti elevatissimi e troppo aleatori.
Considerata lʼepidemiologia della malattia ed il ruolo
di garante della sanità del territorio assegnata ai Servizi Fitosanitari Regionali, ci si aspetterebbe lʼadozione di misure chiare e di lungo respiro atte a
preservare e mantenere lʼintegrità delle “zone indenni”.
Ci sono mezzi giuridici che possono limitare la destinazione dʼuso delle proprietà private adiacenti o prossimali alle strutture vivaistiche in tali zone??
Cosa succede al vivaista che con immaginabili investimenti necessari, trasferisce la propria attività in
zona indenne, e poi si trova la zona classificata in
altra maniera??
Un ulteriore punto di discordanza è quello relativo alla
copertura degli oneri per il monitoraggio delle aree
circostanti i vivai da parte del Servizio Fitosanitario,
che sono indicati a carico dei vivaisti. A nostro parere
è il SFR responsabile di tali aspetti, non il singolo vivaista.
Richieste e proposte dei vivaisti per affrontare
lʼemergenza
Accertato che è lungi dallʼessere disponibile materiale di propagazione di pesco, ma anche delle altre
drupacee, caratterizzato da comportamenti di resistenza nei confronti della malattia, che nello stesso
tempo abbia caratteristiche pomologiche e di qualità
in linea con quanto richiesto dal mercato, oggi la prospettiva più realistica sembra quella di disporre di genotipi che pur se infetti mostrino un comportamento
asintomatico sui frutti (Palmisano et. al., 2008; Vicchi
e Babini, 2009).
Lʼemergenza Sharka in atto richiede quindi di essere
convegno atti:Layout 1 20/11/09 14:46 Pagina 21
La Sharka in Italia
affrontata con rinnovate energie e nuove strategie,
sperando che tutti i soggetti coinvolti siano in grado
di operare nellʼinteresse di un quadro comunemente
condiviso e non di parte.
Pur non condividendo pienamente quanto riportato
nel nuovo DM di lotta obbligatoria, di seguito si riportano alcune proposte che, se attuate potrebbero innalzare il livello di garanzie che accompagnano il
materiale di propagazione e potrebbero costituire un
valido strumento di contenimento contro lʼespandersi
dellʼepidemia di PPV.
1) Autorizzare le attività di moltiplicazione (campi di
piante madri e vivai) in aree dichiarate dal Servizio
Fitosanitario competente per territorio esenti da focolai di Sharka e da altri organismi nocivi da quarantena, secondo i requisiti tecnici richiesti dalle
norme tecniche per la produzione di materiale di
moltiplicazione certificato (DM 20/11/2006);
2) Rendere obbligatorio il prelievo di marze esclusivamente dai campi di piante madri, siano essi quelli
del programma di certificazione, sia altri di categoria C.A.C., con piante madri saggiate singolarmente
al PPV, con divieto assoluto di prelievo di materiale
dai frutteti;
3) Rendere obbligatoria la cartellinatura degli astoni,
con cartellini contenenti tutti i dati obbligatori richiesti dalla normativa sulla C.A.C. e sul passaporto
delle piante. Ciò al fine di avere la piena tracciabilità
delle piante;
4) Prevedere controlli del materiale provenienti anche
da altri Paesi comunitari, prima che essi siano utilizzati sul territorio nazionale. Tale norma, seppur in
contrasto con la libera circolazione dei materiali,
permetterebbe un maggiore controllo dellʼepidemia,
specie per materiali provenienti da nazioni dove la
situazione è totalmente compromessa (es. alcuni
Paesi dellʼest Europa);
5) Assicurare indennizzi per i vivai che, seppur hanno
avviato le attività in piena regola e con i dovuti permessi, in corso dʼopera si ritrovano poi a ricadere
in zone interdette dallʼattuale legislazione.
Nel contempo, si auspica un rapporto di collaborazione
con le autorità di controllo - Servizi Fitosanitari - costruttivo e mirato alla gestione del problema nel quale, oltre
a dover dare tutte le assicurazioni del caso, ci dovranno
essere anche misure a salvaguardia e tutela dello sforzo
e degli investimenti profusi.
Solo una strategia comune e condivisa potrà forse dare
una seria risposta, seppur dai risultati tutti da verificare,
al problema Sharka.
Bibliografia
MUROLO O., PONTI I., 1999. Organizzazione e gestione del Servizio di Certificazione in Italia: ruolo delle
Regioni e Province autonome e dei rispettivi Servizi fitosanitari. In: Atti Convegno Nazionale su Certificazione
delle produzioni vivaistiche. Locorotondo, 14 e 15 ottobre 1999: 23 – 35.
PALMISANO F., BAZZONI A., DI DONNA A., BASSI D.
e SAVINO V., 2008. Resistenza a Sharka in pesco: risultati preliminari. In: Atti IV Convegno nazionale sulla
Peschicoltura Meridionale. Caserta, 6 e 7 marzo 2008:
264 – 270.
VICCHI V. e BABINI A.R., 2009. Sharka: è necessario
un salto di qualità. Rivista di Frutticoltura, LXIX (3): 41 –
44.
Conclusioni
Al termine della trattazione ed articolazione dei punti
sopra esposti, si ribadisce con forza e convinzione
che il settore vivaistico è pronto a fare il proprio dovere per offrire le massime garanzie al fine di contribuire a ridurre il rischio fitosanitario costituito dalla
Sharka.
Tale chiaro proposito deriva dalla consapevolezza del
ruolo ricoperto e dalle forti ricadute che esso ha su
tutto lo svolgersi della filiera frutticola, convinti che il
ruolo svolto è ancora insostituibile. Non è presunzione,
ma solo prendersi le proprie responsabilità.
Atteggiamento che si auspica anche da parte degli altri
attori coinvolti in tale problematica.
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La Sharka in Italia
Notes
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La Sharka in Italia
In Collaborazione con:
• SOI - Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana - Sezione Frutticoltura
• CRA - Centro di Ricerca di Frutticoltura di Roma e Unità di Ricerca di Frutticoltura di Forlì
• Federazione Provinciale Coldiretti di Verona
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