Melissa
(Melissa officinalis L.)
Famiglia: Labiatae
Descrizione botanica
È una pianta erbacea perenne, mellifera la cui altezza può raggiungere i 50-90 cm. La radice è
costituita da un breve ed esile rizoma, un pò ramificato. Ha fusti a sezione quadrata, eretti,
sottili e ramificati. Le foglie sono picciolate, opposte, ovali con le nervature in risalto nella
pagina inferiore; hanno margine seghettato e sono ricche di peli secretori. I fiori, bianco-rosei,
sono riuniti in piccole infiorescenze all’ascella delle foglie; il frutto è un tetrachenio con
piccoli semi di colore scuro. Il peso di 1000 semi è di circa 0,5-0,6 g (Catizone P., Marotti M.,
Toderi G., Tètènyi P., 1986).
Diffusione e mercato
La melissa è originaria dell’area mediterranea quindi è diffusa nelle zone temperate dell’
Europa centrale, Africa settentrionale, Asia occidentale. In Italia si può trovare spontanea in
ambienti con altitudine compresa tra 0 e 1000 m s.l.m. anche se si è visto che all’aumentare
della quota diminuisce il rendimento in olio essenziale (Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini
L., 1997).
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I dati dell’I.S.A.F.A. del 2001 riportano una superficie di circa 40 ha destinati alla
coltivazione della melissa ma si sono avuti ulteriori aumenti negli ultimi anni. Viene coltivata
in Piemonte, Toscana, Lombardia, Marche e vi sono modeste coltivazioni anche in altre
regioni. I prodotti (foglie e olio essenziale) sono destinati, nella maggior parte dei casi, al
consumo fresco da industrie di profumi ed erboristerie.
Esigenze pedoclimatiche
Essendo una pianta ombrofila e igrofila preferisce climi freschi, umidi e la mezza ombra (non
ama l’esposizione diretta al sole nelle ore più calde della giornata). È sensibile al freddo
intenso, agli ambienti secchi ma anche alle nebbie prolungate. I terreni ottimali sono quelli
profondi, fertili e di medio impasto, anche se, cresce e si sviluppa in quelli pesanti, purchè sia
assicurato lo sgrondo delle acque (Beldì F., Accorsi E., 2008).
Tecnica colturale
Propagazione – Si può propagare per seme, rizoma, divisione dei cespi.
La semina può essere eseguita direttamente in campo o in semenzaio. La prima tecnica è
poco adottata perché richiede elevate quantità di seme, la germinabilità è bassa e i semi hanno
costi piuttosto elevati. Più diffusa è la semina in semenzaio in diversi periodi dell’anno
(inverno o estate) a seconda della disponibilità di locali riscaldati. Si utilizzano circa 2 g di
seme per ogni m2 di semenzaio da cui si otterranno circa 500 piantine, sufficienti per un 100
m2. Quando le piantine saranno alte 3-7 cm e avranno 5-6 foglie si può procedere al trapianto.
La divisione dei cespi può essere fatta su piante di 2-4 anni di vita, da ogni pianta madre si
possono ricavare 20-40 piantine; può essere fatto in inverno-primavera e su impianti di
piccole dimensioni in quanto è una tecnica piuttosto costosa.
Sesti d’impianto – Si consiglia di mantenere distanze tra le file di 50-60 cm e di 25-30 cm
fra le piantine. Queste distanze corrispondono ad un investimento di 10-12 piantine/m2 (Beldì
F., Accorsi E., 2008); generalmente si tende ad aumentare la densità di investimento qualora
il prodotto debba essere utilizzato per la distillazione perché viene ridotto lo sviluppo delle
foglie basali che sono più ricche di olio essenziale.
Preparazione del terreno – L’impianto può durare anche 5-10 anni, ma per ottenere una
resa remunerativa non conviene superare i 3-5 anni. Può seguire una coltura sarchiata, prati
stabili e cereali, ma non il mais. Il terreno destinato all’impianto deve essere privo di malerbe
perenni e rizomatose.
Nel periodo autunnale si esegue un’aratura di media profondità e in primavera, prima del
trapianto, si prepara il terreno con una fresatura. Sarchiature interfila vengono eseguite alla
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ripresa vegetativa ed ogni volta che sia necessario (2-3 volte l’anno). È possibile effettuare
una pacciamatura per ridurre i costi delle scerbature. Vanno eseguite delle rincalzature lungo
la fila dopo la raccolta per proteggere le piante dal freddo e favorire il ricaccio Agrosarda
(2002).
Irrigazione – Viene fatta dopo il trapianto per favorire l’attecchimento delle piantine e, se
necessario, dopo gli sfalci. Il volume d’adacquamento deve essere limitato e preferibilmente
sottochioma per ridurre l’insorgenza di malattie radicali e fogliari (Beldì F., Accorsi E.,
2008).
Concimazione – Con l’aratura può essere apportato letame (250q/ha). All’impianto si
distribuiscono a seconda delle necessità: 50 kg/ha di N, 100 kg/ha di P e 150kg/ha di K; negli
anni successivi, alla ripresa vegetativa, si utilizzano 50 kg/ha di N, 80 kg/ha di P, 100 kg/ha
di K che possono essere dati anche con più interventi.
Avversità
I climi caldo-umidi e l’umidità eccessiva del terreno possono predisporre le piante ad attacchi
fungini, si possono avere danni dovuti a septoriosi (Septoria melissae) o “vaiolatura della
melissa”, con le tipiche macchie fogliari che in seguito ingialliscono e poi disseccano, in
particolare nella parte basale delle piante. Bisognerebbe, in tal caso, raccogliere prima la
vegetazione sana e poi eliminare le parti malate (Catorci et al., 2006).
Si possono verificare anche attacchi di insetti (cicaline e coleotteri) che causano danni a
foglie e fusti.
Raccolta, resa e utilizzazione
Si raccolgono le cimette fiorite ad un’altezza da terra di 10-15 cm. Per usi erboristici (tisane)
normalmente si eseguono due sfalci (in particolari situazioni anche tre) delle sommità
immediatamente prima della fioritura. Se si vuole ricavare l’olio essenziale tramite
distillazione bisogna raccogliere in piena fioritura. Si deve evitare di rovinare le foglie che
possono annerire e perdere così di valore; è buona norma procedere rapidamente con la
trasformazione (essiccazione o distillazione) perché il prodotto è facilmente fermentescibile.
Le rese oscillano fra 8-12 t/ha di prodotto fresco pari a circa 5-6 t di prodotto secco, ma
bisogna considerare che nei primi anni sono notevolmente inferiori. Dal prodotto si può
estrarre mediante distillazione l’olio essenziale con una resa di 4-20 kg per ettaro (Beldì F.,
Accorsi E., 2008).
Le foglie e i fiori hanno un intenso profumo di limone, vengono utilizzate per aromatizzare
cibi ma soprattutto in liquoristica, profumeria e fitofarmacia. L’olio essenziale contiene una
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serie di sostanze aventi azione sedativa, antispasmodica (Hanlidou E. et al., 2004),
antidolorifica nonché antimicrobica e antivirale (Schnitzler P., et al., 2008).
Bibliografia
Agrosarda (2002) – L’officina delle erbe: la valorizzazione delle specie vegetali officinali.
Osservatorio industriale della Sardegna.
Beldì F., Accorsi E. (2008) – Le classiche da tisana: menta e melissa. Bio-agricoltura
n.108/2008; pag. 27-30.
Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P. (1986) – Coltivazione delle piante
medicinali e aromatiche. Patron Editore; pag. 229-233.
Catorci A., Cesaretti S., Gatti R., Menghini M., Pancotto D., Recchi A. (2006) Recupero, sperimentazione e promozione di piante officinali e medicinali. Piano di sviluppo
locale GAL SIBILLA - Regione Marche, Programma leader plus 2000-2006.
ISAFA (2001) – Indagine sulla consistenza e le caratteristiche della produzione di piante
officinali in Italia. Comunicazioni di ricerca 2001/3.
Hanlidou E., Karousou R., Kleftoyanni V., Kokkini S. (2004) - The herbal market of
Thessaloniki (N Greece) and its relation to the ethnobotanical tradition. Journal of
Ethnopharmacology 91 (2004); pag. 281–299.
Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini L. (1997) – Testo-atlante di anatomia vegetale e delle
piante officinali. Piccin Editore; pag. 120-121.
Schnitzler P., Schuhmacher A., Astani A., Reichling J (2008) - Melissa officinalis oil
affects infectivity of enveloped herpesviruses. Phytomedicine 15 (2008); pag. 734-740.
Siti internet consultati
www.pianteofficinali.org
www.ilgiardinodelleerbe.it
www.venetoagricoltura.org
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