2- PIANTA DELL’AGAVE
Le Agavi sono originarie delle zone tropicali e subtropicali del continente americano, con particolare riguardo al Messico, Indie occidentali, America meridionale. Le loro caratteristiche ne hanno permesso l’ampia diffusione nella regione
mediterranea. Verso il quarantesimo anno di età emette uno scapo fiorale riversando in esso tutta l’energia con morte della pianta stessa.
CICLO BIOLOGICO :
Le xerofite o piante xerofile sono vegetali adattati a vivere in ambienti caratterizzati da lunghi periodi di siccità o da clima arido o desertico, definiti genericamente ambienti xerici. Una categoria particolare di piante xerofile presenta anche adattamenti a vivere su suoli ad elevato accumulo di salinità; in
questo caso le piante sono denominate alofite e possono colonizzare anche
ambienti umidi, ma che per l'elevata tensioneosmotica mantengono prerogative analoghe a quelle degli ambienti xerici.
CONDIZIONE AMBIENTALI:
Le condizioni ambientali in cui si insediano le xerofite sono caratterizzate da
terreni generalmente asciutti o permeati da acque salse e da un'atmosfera secca. Tali condizioni sono sfavorevoli alla vita delle piante normali in quanto l'aria
secca intensifica la traspirazione senza la compensazione da un adeguato assorbimento idrico da parte delle radici: in assenza di adattamenti morfologici o
fisiologici di tipo xerofitico, le piante vanno incontro all'appassimento temporaneo e, infine, all'avvizzimento.
L’ADATTAMENTO:
Gli adattamenti xerofitici, sviluppati sotto l'aspetto morfologico o fisiologico,
hanno lo scopo di limitare l'impatto del deficit di umidità, rallentando la traspirazione e le perdite d'acqua per evaporazione dai tessuti, oppure di attivare
meccanismi fisiologici che permettono la sopravvivenza in condizioni critiche
per tempi anche molto lunghi.
L'adattamento alla siccità non si accompagna necessariamente ad un adattamento all'alta temperatura: la siccità di un ambiente può essere dovuta ad una
scarsa piovosità e ad uno scarso apporto idrico anche in ambienti freddi. Tuttavia l'alta temperatura è uno dei fattori principali che intensificano
l'evapotraspirazione, perciò gli adattamenti xerofitici sono spesso accompagnati da adattamenti ad alte temperature. In questo caso le piante sono dette anche termoxerofite o termoxerofile. Rientrano in questa categoria le piante tipiche degli ambienti aridi o desertici delle regioni temperate calde e di quelle
tropicali
Gli adattamenti più evidenti del fusto e dei rami, che si riscontrano in un gran
numero di piante xerofile, riguarda la presenza di un tessuto parenchimatico,
detto parenchima acquifero, in grado di accumulare riserve d'acqua. Questa
proprietà è dovuta alla presenza di mucillagini nei vacuoli, che hanno la proprietà di richiamare e trattenere cospicue quantitativi d'acqua. Le piante che
mostrano questo adattamento sono comunemente chiamate piante succulente
o piante grasse per la consistenza carnosa e l'elevato tenore in acqua del fusto
o delle foglie. In altri piante la proprietà di accumulare acqua è affidata
all'epidermide pluristratificata.
Le piante succulente si annoverano in particolare nelle famiglie delle Cactaceae, delle Euphorbiaceae e delle Crassulaceae, tuttavia sono numerose le specie
succulente appartenenti ad altre famiglie. Questo carattere si accompagna
spesso alla perdita precoce delle foglie o al loro mancato o ridotto sviluppo o
alla loro trasformazione in spine, perciò i rami assumono anche la funzione di
svolgere la fotosintesi. Ad esempio, nel fico d'India le foglie sono presenti solo
nei giovani germogli ma vengono perse precocemente, mentre i rami, detti
cladodi, assumono una forma appiattita per svolgere al meglio la funzione fotosintetica.
La mancanza delle foglie e il passaggio della funzione fotosintetica ai rami è un
adattamento xerofitico che non si accompagna necessariamente alla presenza
dei parenchimi acquiferi, anche se questo adattamento è meno diffuso. Un esempio di questo comportamento è il pungitopo, nel quale le apparenti foglie
sono in realtà rami fortemente appiattiti e che assumono una disposizione e
una forma del tutto analoga a quella delle foglie
Singolari sono la morfologia e l'anatomia dei Pachypodium, piante succulente
dell'Africa. I Pachypodium hanno un portamento dendroide e riassumono più
caratteri xerofitici che conferiscono un habitus analogo a quello delle Cactaceae
e delle Euphorbiaceae succulente.
FUSTO:
Il fusto, detto specificamente pachicaule, ha uno spiccato ingrossamento alla
base ed è sede di accumulo di riserve idriche, mentre la parte superiore e le
rade ramificazioni portano un apparato fogliare poco sviluppato. L'intero apparato di sostegno, fusto e rami, svolge anche funzioni fotosintetizzanti che integrano oppure sostituiscono del tutto la funzione svolta dalle foglie. La specificità dell'habitus dei Pachypodium risiede nel fatto che l'apparato fogliare, pur essendo ridotto nel complesso, è composto anche foglie dal lembo piuttosto sviluppato, portando ad un marcato contrasto morfologico fra il fusto e parte superiore.
RADICI:
L'apparato radicale non presenta sostanziali adattamenti morfologici, tuttavia
può essere considerato un carattere tendenzialmente xerofitico la profondità
delle radici. In generale la maggior parte dell'apparato radicale delle piante si
sviluppa nei primi decimetri di profondità, dove l'attività chimica e biologica è
più intensa. In ambienti aridi diverse specie approfondiscono una parte delle
radici anche di alcuni metri, riuscendo ad assorbire l'acqua eventualmente presente in strati più profondi.
FOGLIE:
L'apparato fogliare delle specie xerofile è quello che in generale presenta gli
adattamenti più determinanti. La xerofilia nelle foglie può esprimersi in vari
modi. I più frequenti sono i seguenti:
•
riduzione della superficie traspirante;
•
•
elementi istologici che aumentano la resistenza intrinseca al flusso di vapore verso l'atmosfera;
elementi istologici che rallentano le perdite d'acqua per evaporazione.
La riduzione della superficie traspirante si manifesta con meccanismi differenti,
anche combinati, che si riconducono ad una riduzione del numero delle foglie o
della loro ampiezza o all'assunzione di forme adatte a disperdere minori quantità d'acqua.
FOTOSINTESI:
La fotosintesi CAM (acronimo di Crassulacean Acid Metabolism), attuata nelle
Crassulaceae, nelle Cactaceae e in alcune specie di altre famiglie (es. Ananas,
Agave, ecc.), è un adattamento xerofitico vero e proprio perché consente lo
svolgimento della fotosintesi anche con gli stomi chiusi. Nelle vie metaboliche
ordinarie delle piante C3 e delle piante C4, infatti, la fotosintesi necessita
dell'apertura degli stomi affinché si svolgano gli scambi gassosi (ingresso della
CO2 e uscita dell'O2. In caso di chiusura degli stomi, pertanto, le piante non
svolgono la fotosintesi.
Nelle piante a metabolismo CAM si svolge una via metabolica alternativa che
rappresenta un'evoluzione adattativa del ciclo di Calvin, proprio delle piante
C3. La fase luminosa e la fase buia sono infatti separate nel tempo: durante la
notte la pianta apre gli stomi, permettendo l'ingresso della CO2 che sarà fissata
da un acido a tre atomi di carbonio (C3), prevalentemente l'acido malico, accumulato nei vacuoli. Durante il giorno, a stomi chiusi, gli acidi C4 accumulati
nel corso della notte saranno metabolizzati nel ciclo di Calvin.
La via metabolica CAM ha un'efficienza fotosintetica molto bassa, tuttavia permette lo svolgimento della fotosintesi in condizioni ambientali che impedirebbero le altre vie. Un aspetto interessante del metabolismo CAM consiste nel
fatto che pur avendo una base genetica, il meccanismo è innescato dalle condizioni ambientali: la fotosintesi CAM si svolge infatti in condizioni di clima arido,
ma in occasione di giornate umide, ad esempio dopo un temporale, le piante
CAM svolgono il ciclo di Calvin secondo il meccanismo delle piante C3. La fotosintesi CAM, pertanto, va intesa come una risorsa metabolica integrativa che
consente il proseguimento dell'attività vegetativa anche in condizioni proibitive.
DISIDRATAZIONE:
La capacità di disidratare e reidratare i tessuti è forse uno degli adattamenti
xerofitici più estremi, diffuso per lo più fra gli organismi inferiori. Casi molto
più rari si riscontrano tuttavia anche nelle Piante. L'esempio più spettacolare è
quello della rosa di Gerico, emblematicamente chiamata anche Pianta della Resurrezione. Questa licopodiofita è in grado di disidratare completamente i tes-
suti dei propri microfilli e sopravvivere a condizioni di ambiente secco anche
per decine d'anni restando in uno stato di latenza; con la completa reidratazione la pianta riacquista la vitalità e la funzionalità senza perdere le proprie
strutture morfo-anatomiche.
Un fenomeno di questo genere ricorda approssimativamente la proprietà di
molti microrganismi, come ad esempio i lieviti, di essere conservati per liofilizzazione e rivitalizzati con la reidratazione. Singolare è trovare un comportamento simile, in natura, presso organismi più complessi come le Licopodiofite,
piante vascolari affini alle Felci.
La particolarità di questo comportamento lo differenzia nettamente dagli altri
adattamenti xerofitici. Infatti, nei casi precedenti si assiste ad adattamenti che
presuppongono il mantenimento dell'attività vegetativa in condizioni più o meno estreme; oppure la perdita, in condizioni sfavorevoli, degli organi che rappresentano il fattore di criticità, salvo poi rigenerarli al ripristino delle condizioni favorevoli; oppure l'adattamento dei ciclo biologico all'alternanza fra condizioni favorevoli e sfavorevoli.
L'esame microscopico dei tessuti disidratati mostra una particolare struttura
cellulare nella pianta disidratata, in cui si evidenziano in particolare i cloroplasti
schiacciati. Con la reidratazione le cellule si rivitalizzano, gli organuli cellulari
ripristinano la loro morfologia funzionale e le attività biochimiche si riavviano.
APPARATO FOGLIARE
APPARATO FOGLIARE
I FIORE DELL’AGAVE